Il mago

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Il Mago e la vigilia di Natale

di RenĂŠe Gentilli


1º Mattia scopre la stanza di luce Un Mago molto famoso, era stato incaricato di organizzare uno spettacolo alla vigilia di Natale, in un grande ospedale di città, per i piccoli ospiti del reparto di pediatria. Ma i medici non avrebbero voluto da lui la solita rappresentazione, le solite magie. Quei bambini erano speciali e meritavano un trattamento particolare, un’emozione diversa dalle solite risate, qualcosa che potessero portare con se, ovunque fossero andati una volta dimessi dal reparto. Erano sicuri che il Mago li avrebbe stupiti perché anche lui era speciale, aveva una sensibilità particolare e sicuramente sarebbe stato in grado di aiutare i loro piccoli pazienti. Il Mago, che tra l’altro si chiamava ......... ( per ora lo chiamerò Miki, ma se volete dargli un’altra nome, potete farlo, non mi offendo!), era andato a cercare gli oggetti necessari per lo spettacolo, nella sua stanza segreta. Vi domanderete, dove può essere collocata una stanza segreta di un Mago? Beh ognuno di voi immagino che penserà ad un luogo particolare. Si, ora vedete apparire nella vostra mente il posto pensato, ma per un Mago, il tempo e la materia, come la luce e lo spazio, non


sono esattamente così come i nostri sensi sono abituati a percepire; quello che può sembrare un muro, per il Mago diventa una porta per andare in un’altra città o in un’altro luogo, oppure in un vaso o dove in quel momento é necessario essere. Così anche per il nostro Mago, la stanza segreta non si trovava in un posto preciso, ma all’occorrenza appariva di fronte a lui, in qualsiasi posto o momento egli si trovasse. Il Mago aveva deciso di farla apparire nel sottoscala dell’ospedale, in modo di avere il necessario a portata di mano, o meglio ancora, a portata di bacchetta. Pronunciando:” Porta arcobaleno appari di fronte a me....” , una bellissima porta apparve proprio li nel sottoscala, di fronte a lui. Il posto si era illuminato coi colori dell’arcobaleno. Tutto il sottoscala e le stanze adiacenti ad esso, erano così lucenti, ma così lucenti, che chiunque fosse passato in quel momento, avrebbe avuto bisogno di un paio di occhiali da sole. Ma per Miki, il nostro Mago, la luce era parte della sua natura, la usava per i trucchi del mestiere, era per lui normale vedere attraverso di essa. Così aprendo la porta e la stanza, non mi credereste mai, vi sembrerà assurdo, ma invece era veramente così, nella stanza non si trovavano porte o finestre, ma c’era soltanto luce. Ma gli oggetti, le scatole, insomma dove metteva i suoi attrezzi del mestiere? Potete dirmelo voi? Guardando con più attenzione, si poteva scorgere una serie di sfumature di colori, come quelle della porta arcobaleno e avvicinandosi piano piano, senza muovere troppa aria, si vedeva un numero dorato su ogni sfumatura di colore. Ma le sfumature erano numerose, forse infinite. Non credo che il Mago volesse catalogare così le cose, sarebbe stata una follia, quanto tempo ci sarebbe voluto? No, non credo proprio. Infatti a lui era bastato fare un cenno con la mano ed ecco l’oggetto apparire . Ma con tutte le spiegazioni che vi ho dato sulla stanza e sullo spazio segreto del Mago, mi sono scordata di dirvi che qualcosa di insolito era avvenuto e che il Mago non se n’era accorto. Vi ricordate che la stanza si trovava nel sottoscala dell’ospedale? Ecco, appunto, l’ospedale. In quei giorni molti erano i visitatori dei pazienti e molte persone, provenienti da altri paesi erano venute in città per comperare i regali di Natale o per sbrigare delle commissioni, prima delle feste. Così l’ospedale era tutto un via vai di gente. Insom-


ma, per farla breve, ad un certo punto un bambino di nome Mattia, ( se volete dargli un altro nome potete farlo ), si era perso e vedendo una bellissima luce colorata illuminare le scale di fronte a lui, incuriosito, era disceso giù, proprio nel momento che il Mago aveva detto alla porta arcobaleno di apparire, senza accorgersi di Mattia. E Mattia, che era un bambino di 8 anni, molto sveglio, era riuscito ad entrare due secondi dopo il Mago, infilandosi come un felino silenzioso, che aspetta il momento giusto per appropriarsi della preda. Il Mago era così preso dai suoi pensieri, che non se n’era proprio accorto. E si, questo non era proprio normale. Nessuno fino ad allora era entrato, sopratutto senza chiederlo al Mago. Ma come abbiamo detto prima, la stanza non aveva porte o finestre, era tutta luce. Come poteva Matteo nascondersi? Non c’era un posto, un angolo, niente. Così il bambino, chiudendo gli occhi, sperava di diventare invisibile. Ma non poteva funzionare così perché non era una stanza qualsiasi e non era una stanza conosciuta da Matteo, era un luogo dove solo il Mago poteva esercitare i suoi poteri. Inoltre Mattia non era con gli occhi completamente chiusi, perché curioso com’era, non resisteva all’idea di sbirciare, per vedere cosa stava facendo il Mago. E si era accorto che di fronte a se, c’era un’enorme volto, che lo fissava. Aprendo poi, del tutto gli occhi, aveva notato con paura, che il volto del Mago era molto serio e arrabbiato, molto arrabbiato. Mattia si era sentito piccolo, piccolo, perso in quella vastità , in quel viso così grande e pauroso:” Come sei entrato? Perché sei venuto a disturbarmi nel mio spazio personale? “ Ma Mattia non riu-


sciva a rispondere, perché era terrorizzato da quel volto, da quella voce. E un forte dolore dentro, era esploso sotto forma di pianto, così forte da ricoprire come un’enorme onda, tutto lo spazio e oltre. Il Mago che in realtà era tenero e buono, ascoltando quel grido di paura, aveva deciso di calmarlo, accarezzandolo e prendendolo in braccio. Agli occhi del bambino appariva alto e aveva delle braccia lunghe. Mattia tra un pianto e l’altro, era attento a tutte le mosse del Mago e aveva visto che la sua mano era scivolata in una tasca della giacca. E all’improvviso tirò fuori da questa ... un bellissimo cappello verde pieno di piume come quello della banda del suo paese. Mattia si era calmato e prima di capire cosa stesse succedendo, era avvolto in una calda mantella a fiori. Era la mantella del Mago? E il cappello, come poteva uscire dalla tasca della giacca? Ma le domande in quel momento, non sembravano importanti, perché il bambino lentamente si era addormentato nelle braccia del Mago, vivendo in una dimensione lontano dallo spazio e dal tempo, dove esisteva soltanto pace e felicità .


2° Toby

Nel frattempo, il Mago era intento a terminare la raccolta degli oggetti necessari, tra l’altro aveva preso dei conigli e dei colombi e.... giusto dimenticavo Toby. Chi é Toby ? Ma ogni Mago che si rispetti possiede un’animale speciale, e il nostro Miky aveva e credo abbia ancora, un piccolo bastardino, per l’appunto Toby. Era vispo, molto intelligente e sembrava parlare con il suo padrone; in realtà era il Mago che capiva Toby come fosse suo figlio. Essendo bastardo, non si capiva che tipo di cane fosse; alle volte sembrava un cane da caccia dal pelo rasato, altre volte un cane lupo in miniatura. Insomma, in fondo non era importante, lui era Toby e basta. Toby, alla vista di Mattia, incominciava a scodinzolare, a girare attorno al Mago, a saltare di gioia ed infine ad abbaiare, così tanto che:” Toby smettila, sveglierai il nostro ospite, smettila Toby. “ Ma il cane non ne voleva sapere. Si avvicinava sempre di più al bambino, che nel frattempo stava dormendo nell’amaca di fronte alla porta arcobaleno. Il cagnolino aveva incominciato a leccargli la faccia. E Mattia, aprendo gli occhi, stiracchiandosi, come se fosse mattina, si era accorto del cane e della stanza di luce. “ Ma dove mi trovo? Oh giusto, sono dal Mago... Ma lui dov’è


? Ma adesso che ci penso, dove saranno mia sorella e la mamma e il papà ?” , si era domandato Mattia, riprendendo a piangere, ricordandosi che si era smarrito. Ma questa volta il pianto non era così forte come l’altra volta, perché il Mago era lì con lui e quel cane strano lo stava leccando ancora, come se avesse capito cosa Mattia provasse in quel momento. “ Piccolo, hai fame? Non piangere più. Piuttosto dimmi, come ti chiami?”, aveva chiesto il Mago a Mattia, che nel frattempo aveva appoggiato la gabbia delle colombe per andare da Lui e consolarlo. Poi, accarezzandogli la testa prendendolo dolcemente tra le braccia, sorridendo, se lo era messo sulla schiena, portandolo in giro, cantandogli una dolcissima melodia. Anche questa volta, Mattia si era calmato incominciando a ridere, ridere felice: “ Mi chiamo Mattia e tu come ti chiami?”,”vuoi sapere il mio nome vero, o quello del Mago?”, “ no il tuo nome vero” , rispose Mattia. “ Certo, il mio nome vero, perché il nome è importante, mi rappresenta. Mi chiamo Miki, ma è il diminutivo di Michele, sai come l’Arcangelo Michele. Dimmi, dove sono i tuoi genitori, e da dove vieni?” . Mattia non sapeva dove erano i suoi genitori, sapeva solo che erano in ospedale a trovare la nonna che si era rotta il braccio. E non sapeva neanche come si chiamasse la città, dov’era casa sua, perché avevano traslocato da poco. Prima viveva vicino al mare ed era bello per lui giocare tutti i giorni con gli amici sulla spiaggia. Ora in città era tutto più complicato; si doveva attraversare la strada e poi un’altra strada, per arrivare ai giardini, che non erano molto grandi o


dovevi restare a casa, in camera e basta. Il Mago guardando l’orologio che aveva nella tasca, si era accorto del tempo che era volato. Molte cose dovevano essere ancora sistemate; bisognava dar da mangiare agli animali, Toby per primo. Così si era rivolto al bambino dicendo: “ Senti, adesso finisco di dare la pappa agli animali, poi ti porto su al primo piano e vediamo di capire dov’è tua nonna, va bene? “, “ si, mia nonna Anna e mia mamma Valentina credo che si domanderanno dove sono finito”. “ Per far prima, mi aiuterai a dare la pappa a Toby, visto che avete fatto amicizia. Tieni dagli questa ciotola e versa il contenuto della scatola blu.”. Toby alla vista della ciotola saltellava, scodinzolava; aveva proprio fame!! Aveva messo tutto il muso e le orecchie dentro, incominciando a morsicare anche la ciotola .Mattia osservava divertito. Il Mago nel frattempo aveva pulito le gabbie dorate dei colombi. Poi aveva dato da mangiare ai conigli e agli uccelli. Tutto era pronto. Prendendo il bambino e mettendolo sotto il mantello, aveva semplicemente detto, “Porta arcobaleno chiuditi”, per trovarsi nel sottoscala dell’ospedale. La porta era sparita, non c’era traccia della sua presenza. Mattia era eccitato e non vedeva l’ora di raccontare tutto alla mamma. Era con il Mago e si sentiva sicuro; sapeva che avrebbe ritrovato la sua famiglia. Infatti, saliti al piano superiore aveva ritrovato la mamma che, agitata, veniva verso di lui :” Mattia, ma dove sei stato? È da mezz’ora che ti cerco, perché sei scappato via? Va bene, dopo mi racconti tutto, ma adesso vieni che andiamo a salutare la nonna. Scusi signore ... non l’ho vista prima. Grazie per avermelo riportato. Lei è ?”, “.. si sono il Mago Miki e suo figlio mi ha seguito, perché si era perso. È un bravo bambino e vorrei perciò, invitarvi alla festa che si terrà in ospedale alla vi-


gilia di Natale. Naturalmente potete portare gli amici di Mattia e i vostri conoscenti. Mattia mi farà da aiutante se vuole. Cosa ne pensi Mattia?”, “ oh mamma dì di si, ti prego!”, “ va bene, intanto nonna deve restare ancora per un po’ e sarà contenta di partecipare ad una festa.” Il Mago sorrideva a Mattia salutandolo. Poi si era inchinato verso sua madre e senza farsi notare, aveva messo nella tasca del ragazzo un bigliettino scritto con caratteri d’oro: “Il MAGO MIKI,invita la famiglia di Mattia alla festa di Natale. Portare con se molta FELICITÀ , molta ALLEGRIA e molto AMORE e lasciare ogni tipo di preoccupazione a casa. “ Sotto c’era un numero di telefono per contattarlo se necessario, soltanto a mattina. Mattia era felice e la mamma non sapeva come tenerlo fermo. Arrivati nella stanza della nonna, il bambino non vedeva l’ora di raccontare del Mago, del cane, insomma di tutto e mettendo le braccia attorno al collo della nonna, la stringeva forte e la baciava ripetutamente :” Nonna non sai che avventura mi è capitata. Proprio non puoi immaginartelo.....”


3° I Preparativi del Mago

Il Mago, ritornato a casa, ancora una volta si era rivolto alla porta arcobaleno, dicendo:” Porta Arcobaleno, apriti! “. A questo punto mi chiederete come mai la porta era lì e non in ospedale, o come poteva essere lì, come poteva essere in due luoghi diversi? Certo, ma come avevo spiegato precedentemente, la porta era dove era necessario che fosse. È in quel momento il Mago aveva bisogno di terminare i preparativi per la festa, quindi serviva in quel momento. Ma dove poteva apparire una porta come quella in casa, in un appartamento di città? Ma naturalmente all’entrata, dove c’era già una porta. Bastava dire, porta Arcobaleno apriti.... e la porta appariva, si apriva e il Mago entrava, come la stanza di luce fosse sempre stata li. Ora, essendo il Mago a casa sua, la stanza di luce appariva differente, perché la luce era più calda, sembrava dorata e c’erano degli oggetti che in ospedale non erano apparsi. C’era una poltrona molto comoda e un tavolo per poter scrivere e appoggiare oggetti, anche grandi, ma poteva diventare una scrivania da computer o altro a seconda delle necessità .In quella stanza era riapparso Toby che naturalmente, alla vista del Mago, incominciava a scodinzolare, girargli attorno e abbaiare dalla contentezza. “ Bene “, disse il Mago:” ho capito che sei felice di rivedermi. Ma adesso ho da fare. Vieni, eccoti qualche biscottino. Stai buono seduto vicino a me. Guarda che bella pallina ho da darti!” . Prese la pallina rossa e verde dal cassetto del tavolo e lanciandola lontano, sperava che il cucciolo lo lasciasse lavorare in pace. Ma Toby abbaiava, si agitava e non stava fermo, prendendo prima la pallina, poi il biscotto e poi la pallina.... “ Insomma, Toby stai fermo! fermo! ..” Al terzo fermo, pronunciato dal Mago, finalmente esausto,


Toby si era addormentato accucciandosi ai piedi del Mago. Russava beato sognando prati bellissimi su cui rotolarsi e correre. A questo punto vi chiederete se Toby era un cane vero o se era costretto a vivere soltanto nella stanza di luce. No, non abbiate paura. Quando il Mago non era a casa, per sicurezza, lo lasciava lì. Ma ritornando a casa, lo portava fuori, come tutti i cani del mondo e lo teneva con se in camera. Insomma, Toby era un cane come tutti gli altri e il Mago era un padrone come potremmo essere tutti noi, affettuoso, premuroso, ma severo quanto basta, perché se no Toby ne approfittava, come tutte le persone viziate. Soffermiamoci sul compito che il Mago doveva portare a termine: doveva esibirsi per i bambini dell’ospedale , e anche per i parenti, gli infermieri, i medici, ma anche per le persone entrate per caso e gli inservienti. E poi non bisognava dimenticare Mattia. Ma quale ingrediente magico poteva introdurre nello spettacolo? Non doveva essere un’esperienza soltanto per quella serata, ma gli spettatori dovevano ricevere qualcosa da poter riportare con sé nei loro cuori. Era seduto comodamente nella poltrona e cercava di capire cosa fare, guardando fisso con gli occhi rivolti verso un colore della parete luminosa. Poi, si era alzato sorridendo, perché aveva capito cosa prendere e posando la mano sul numero 3 dorato, aveva tirato fuori lì, una scatola molto grande, con molti disegni su tutti i lati, molto luccicanti. Il contenitore era pesante, così decise di lasciarlo a terra. Poi, sollevato il coperchio, si era messo a rovistare all’interno della scatola. Così ad un certo punto, si era trovato con i piedi sollevati da terra e con la testa


e il busto, totalmente all’interno di questa, come se la scatola lo volesse ingoiare. Aveva però trovato l’oggetto che stava cercando; non era più grande del palmo della sua mano. E mettendoselo rapidamente in tasca, io non potrei dirvi che tipo di oggetto fosse stato, perché non era possibile capirlo. Rimettendosi a sedere tutto soddisfatto, fece un lungo sospiro di sollievo; adesso tutto era pronto per il grande evento.


4° Il sogno

La sera prima della festa, Mattia era molto agitato e si girava nel letto, senza riuscire ad addormentarsi. Continuava a pensare al Mago, alla stanza di luce e al cane Toby che zompava su e giù senza mai fermarsi, abbaiando in continuazione. Ma i pensieri erano così vividi che ad un certo punto, Mattia non era più in grado di capire se era sveglio o era stato proiettato in un sogno molto strano. I suoi pensieri diventavano reali e le immagini erano sempre più luminose. Ad un certo punto era apparso un tavolo ed era esattamente quello della stanza del Mago. Sopra il tavolo c’era una grande scatola colorata, piena di disegni strani. Mattia, avvicinandosi, aveva notato che una specie di faccia, si era formata sul lato della scatola . Si, era proprio un volto; c’erano due occhi, anche se in quel momento erano chiusi, c’era una bocca e un naso. Avvicinandosi ancora un pochino, Mattia, con suo stupore, sentiva la scatola russare. E si era accorto che stava sognando, perché pronunciava delle frasi molto strane come, se vuoi aprirmi bussa o toccami e grattami dietro, sotto il coperchio ecc. ecc. Così Mattia si era messo ad osservare con cura la scatola e sollevando il coperchio, stava cercando di capire cosa poteva esserci dentro. Ma la scatola era vuota e...: “ Beh cosa fai? Perché mi hai tolto il coperchio? Non sai che mi devi chiedere il permesso? “ Mattia, che non aveva mai visto una scatola parlante e che non riusciva a capire se stava dormendo o no, si era preso uno spavento e così il coperchio della scatola, inavvertitamente, era caduto a terra. “ Ahi, ma stai attento a quello che fai! Ti piacerebbe che qualcuno, sbadato come te, ti togliesse la testa e te la facesse ruzzolare via?” Ma la scatola stava parlando davvero, com’era possibile? No Mattia non poteva crederci. Aveva preso il coperchio e lo aveva rimesso sulla scatola, ma questa volta, ogni movimento era


controllato, eseguito lentamente, in modo da prestare la massima attenzione. “ Ma tu parli? Ma le scatole normalmente non parlano!”. “ Certo che sei strano, certo che le scatole parlano”. La risposta era immediata e forte, così il coperchio si era sollevato ancora e Mattia aveva il suo da fare nel riporlo delicatamente al suo posto. “ io sono la scatola del Mago e tu non puoi continuamente toccami. Se vuoi qualcosa devi dire la solita frase che si dice, rivolgendosi ad una scatola magica: scatola apriti e portami...... Se no io mi innervosisco e non riesco più ad aprirmi per bene. Le conseguenze poi, ricadranno su di te. Hai capito?” Mattia non credeva a quello che stava sentendo ed era terribilmente a disagio. Ma, non capendo bene cosa stava accadendo, dava delle risposte con frasi sconnesse, dicendo di aver capito, ma in realtà tutto era confuso. Cosa sarebbe potuto ancora avvenire? “ Allora Mattia, appoggia la mano sul mio coperchio e ripeti la frase che ti ho detto oppure lasciami in pace e vai da un’ altra parte.” Il nostro amico era veramente sbalordito, non riusciva a connettere e sopratutto non si ricordava la frase da pronunciare. Ma poi come faceva a sapere il suo nome? Ma la scatola continuava nervosamente a ripetere allora, allora, allora cosa fai, che Mattia prese coraggio e disse di non aver capito cosa doveva fare. Così la scatola sospirando, riempiendosi d’aria, gonfiandosi, rispondeva con aria seccata: “ Appoggia la mano sul mio coperchio e ripeti con me ... scatola apriti e portami.... il resto lo devi decidere tu.Cosa vuoi che ti porto? “ Mattia aveva messo la mano sul coperchi, ma in realtà non riusciva a pensare, non aveva niente da chiedere, era confuso. Così, ricordandosi del coniglio del Mago,visto nella stanza di luce, aveva iniziato con, portami il coniglio, ma non avendo finito la frase, specificando quale coniglio voleva, la scatola, aprendosi, aveva fatto saltar fuori si un coniglio, ma molto strano e luminoso che non stava mai fermo, continuava a girare su se stesso e a correre attorno alla scatola come una trottola. Mat-


tia non capiva cosa fare. Chiedeva al coniglio di fermarsi, ma il coniglio non ne voleva sapere: “ Non posso. Se mi fermo divento grande e non so cosa potrebbe succedere.” “ Oh anche tu parli? “, “ certo che parlo, ma da dove vieni? Tutti sanno che parliamo. Scatola tu non dici niente?” La scatola aveva rincominciato ad innervosirsi e aveva deciso di rispondere velocemente, arrabbiandosi sempre di più : “ Quante storie, ma è ovvio. Adesso basta vorrei riposare, sono stanca, se non riposo, Mattia ne subirai le conseguenze.” Il coniglio si era messo a girare attorno al ragazzo, facendogli girare la testa. “ Per favore, coniglio stai fermo, mi fai venire il mal di testa.” “ Non posso, te l’ho già detto, ma se insisti provo.....”, e il coniglio, che finalmente di era fermato, era diventato grande, molto grande, sempre più grande, ma anche più trasparente, lasciando intravvedere soltanto la sua luce e il suo volto, che a sua volta era enorme quasi grande come tutta la stanza e oltre. Mattia si era spaventato parecchio e non sapendo cosa fare, aveva rimesso la mano sul coperchio e...:” ti ho detto di lasciarmi riposare, non toccarmi!” “Ma il coniglio, io non so cosa fare. Per favore aiutami, non vedi il coniglio cosa combina?”. Povero Mattia era proprio nei guai. Ma la scatola, continuava a ripetere che se Mattia non l’avesse lasciato riposare ne avrebbe subito le conseguenze. Il piccolo allora si era messo a piangere e a quel punto la scatola aveva deciso di agire dicendo - coniglio ritorna da dove ti ho preso - e il coniglio si era messo a correre dentro la scatola e a sparire nelle pareti di questa. Ma qual era la conseguenza che Mattia doveva subire? Lui si sentiva come prima, la scatola era chiusa con il coperchio appoggiato sopra e la stanza... ah la stanza ... era sparita, non c’era più una stanza e tutto in realtà stava fluttuando, galleggiando nell’aria. Mattia si era accorto di essersi svegliato nel suo letto, nella sua stanza: “ oh, ma che sogno strano!”, l’ avrebbe certamente raccontato a sua sorella, a suo papà, a tutti quanti. “Buona notte Mattia e sogni d’oro! “


La scatola Magica si era rivolta a Mattia, che, senza rendersene conto, rispondeva grazie, addormentandosi felice.


5° Valentina e la filastrocca della nonna

In tutto l’ospedale si sentiva un’aria di festa. Le stanze erano addobbate con nastri stelle e piccoli angeli dorati. Sopratutto nel reparto dei bambini, le guarnizioni natalizie abbondavano. Nella sala d’attesa era stato collocato un albero di Natale e come tradizione vuole, mancava soltanto di appoggiare la stella cometa. Tutti avevano dato una mano per decorarlo. E i bambini, con l’aiuto dei genitori, erano riusciti a colorare le palline dell’albero. C’era anche qualcuno che aveva portato dei regali, per chi era lì senza famiglia, o per chi in quel momento non poteva avere i genitori con se, per via del lavoro. Ma l’Ospedale aveva come sua caratteristica di non far sentire soli, mai nessuno. Tutti dovevano sentirsi a casa, ovviamente nei limiti del possibile, era sempre un’ospedale. Così le signore anziane aiutavano i bambini e venivano riempite con l’affetto dei più piccoli. La nonna di Mattia aveva fatto amicizia con una piccola ospite, molto vispa e carina. La piccola, che si chiamava Valentina, come sua figlia, si divertiva con lei, perché nonna Anna sapeva raccontare molte storie e sapeva muovere i pupazzi di stoffa, facendoli diventare quasi veri. Ma quella mattina la nonna, incontrando Valentina e vedendola un pochino meno


allegra del solito, aveva deciso di cantarle una filastrocca che pressapoco faceva così: Se guardi bene, vedrai un fiore, una farfalla, un uccello che canta, vedrai il mare, il sole, una bianca colomba che vola. Se guardi bene, sentirai cantare, recitare, suonare, vedrai tanti bambini che ballano attorno al mondo. Dov’è che devi guardare? Naturalmente, tutto è dentro di te.

“ Valentina adesso mi fai vedere un sorriso? Si, si lo so che riesci a sorridere. Ieri hai fatto un sorriso grande come la stanza.” Valentina ripeteva: “ dento di me, dento di me” , perché la piccola non sapeva parlare correttamente, avendo 4 anni ed emozionandosi, per timidezza saltava spesso le lettere. Ora, non vorrei che voi poteste credere che in quell’ospedale tutti i pazienti giravano come se non fossero malati. Ovviamente se non potevi scendere dal letto, non è che miracolosamente scendevi e camminavi, ma le persone come nonna Anna che era pronta per andare a casa, veniva a trovare i bambini, se voleva, o le infermiere portavano i piccoli nelle sale da gioco, per fare in modo di farli soffrire il meno possibile. E nonna Anna, passati i primi giorni, dovendo adesso fare dei controlli e delle terapie, poteva andare in quelle sale e raccontare storie ai piccoli. Quella mattina era comunque arrivato il papà di Valentina e, sapendo della simpatia di Valentina per nonna Anna, l’aveva portata da lei. “ Buon giorno, come sta signora? , “ bene grazie. Fra pochi giorni mi dimettono, ma poi dovrò venire per la riabilitazione e prometto a Valentina di venire a trovarla, così posso raccontarle delle nuove storie. Va bene Valentina?”. La bambina rispondeva con un sorriso. “ Grazie ma non deve disturbarsi, avrà molte cose da fare, una volta tornata a casa, penso!” “ Ma figuriamoci ! Cosa vuole che sia. Sono ormai una pensionata, devo solo andare a prendere i miei nipoti a scuola e aiutarli con i compiti, fino a quando mia figlia o mio genero non ritornano a casa. Per un po’ Valentina, verrò a trovarti.” Proprio in quel momento entra Mattia con in mano un mazzo di fiori:” Mattia grazie, come


sono belli! Posso donarne uno a Valentina?” , “ certo nonna.” Nella stanza, che era luminosa, tutto sembrava tingersi d’oro e ormai mancava poco all’inizio della grande festa di Natale. Verso mezzogiorno, una grossa Campanella risuonava in tutto l’ospedale, facendo molto rumore e arrecando molto trambusto. Un uomo vestito di verde, con un berretto di lana a strisce bianche e rosse e con degli stivaloni gialli per la neve, annunciava, con voce molto forte che la pappa era pronta e chi poteva recarsi nella sala da pranzo doveva affrettarsi ed andare, perché il pranzo di Natale stava per iniziare. Aggiungendo che poi, chi doveva restare in camera, sarebbero stati serviti dagli aiutanti di Babbo Natale, distribuendo il cibo a tutti. Ovviamente, quel giorno tutto accadeva diversamente dal solito e gli ospiti mangiavano coi loro parenti nelle sale adibite di solito solo ai pazienti. Così Mattia e la sua famiglia erano andati a pranzare con la nonna nel reparto di ortopedia. Mattia vedeva in quella sala gente con le gambe ingessate o con braccia messe in strane posizioni, l’atmosfera era perciò diversa dal solito. Gli veniva da ridere, ma capendo che non era il caso, si era messo semplicemente a parlare con la nonna delle sue avventure con il Mago. La mamma sorrideva e la sorellina di Matteo ascoltava con occhi sgranati, incantata da quelle avventure , sperando di poterle fare anche lei. “ Mamma non credere a tutto quello che ti dice Mattia. Ha preso da te, ha molta fantasia.” Anche il padre, che era arrivato in ritardo, per questioni di lavoro, annuiva con la testa dicendo:” Mattia è sempre con la testa tra le nuvole. Mattia, invece di


raccontare quei sogni, perché non ammiri la sala. Guarda com’è addobbata. Guarda com’è bella la tavola. Sembra di essere in una reggia, o in un grande albergo, sai di quelli che abbiamo visto in montagna”. Mattia non aveva gradito molto le parole del padre. Ma diceva tra se, che quando il Mago sarebbe arrivato, i suoi genitori avrebbero capito. Lui riusciva a fare tutto, riusciva anche a far apparire quello che senti dentro. Aveva deciso di guardarsi attorno e la sala era effettivamente bella, come l’aveva descritta il padre. Lo sguardo si era soffermato al centro del loro tavolo; c’era un angioletto dorato, sdraiato, con una candela accesa. A Mattia sembrava che l’angelo gli stesse facendo l’occhiolino. Gli aiutanti di Babbo Natale incominciarono a servire a tavola. Erano piatti semplici, ma decorati e buoni. Portavano della pasta fumante, poi del purè con la carne o dei tortini di verdura per chi era vegetariano ed infine un buonissimo budino, diverso a seconda dei gusti di ognuno. Dimenticavo la torta tipica di quel paese, forse un pochino modificata, per non renderla pesante e difficile da digerire, ma era altrettanto buona e bella da vedersi. Valentina, la piccola del reparto pediatrico, era con suo papà, perché la mamma doveva ancora lavorare. Ma anche li il reparto aveva imbandito una tavola, era rotonda. E i piccoli erano seduti sui loro seggioloni. E anche in quel tavolo, proprio al centro, c’erano degli angeli sdraiati che avevano una candela accesa. È anche a Valentina gli era sembrato di vedere l’angelo che faceva l’occhiolino. Ma che strano! Come poteva essere! Ma che combinazione, non credete?


6° La vigilia di Natale

Ma il Mago dov’era finito? Immaginate forse, di trovarlo nella stanza di luce? E no, sarebbe troppo facile, troppo scontato. Il mago era.... nascosto sotto le sembianze di uno degli aiutanti di Babbo Natale, per guardare da vicino le persone e i bambini dell’ospedale, Perché lo spettacolo era già iniziato, anche se nessuno lo poteva sapere. Ma se qualcuno avesse prestato at-

tenzione a quell’aiutante, un pochino più alto degli altri e senza barba, molto goffo, si sarebbe accorto di movimenti strani e veloci, di situazioni strampalate, comiche, che all’apparenza potevano sembrare casuali, ma in realtà erano state provocate dal Mago, per strappare un sorriso, una risata e riempire l’atmosfera di serenità e gioia. Quando qualcuno inizia a sorridere, poi, tutti sorridono o ridono, non ne possono fare a meno. Così tutto l’ospedale si era riempito di quella dolcissima sensazione e ognuno condivideva con gli altri quella gioia irrefrenabile . Quindi, non esisteva uno spettacolo vero e proprio, ma il Mago


muoveva le fila di un intreccio invisibile, che solo lui scorgeva, a meno che qualcuno, come Mattia, conoscendolo, avrebbe riconosciuto le sue virtù particolari e lo avrebbe scovato. Allora si poteva intuire che quell’intreccio di situazioni erano state create ad arte dal Mago. Così, Tra una semi capriola, un cenno d’inchino o semplicemente una risata, egli si era avvicinato a Mattia e con lo sguardo, lo aveva cercato, per coinvolgerlo in quella scena. Mattia, che aveva appena finito di mangiare, visto quell’aiutante strano, molto goffo e misterioso, lo stava fissando intensamente, riconoscendo in quel viso, gli occhi grandi e luminosi del Mago: “ Posso alzarmi da tavola Papa ? Vorrei vedere una cosa ....”, ma il mago era sparito. Dov’era andato? Mattia era rimasto fermo come una statua, solo gli occhi si muovevano per scrutare un particolare nella sala, che lo avrebbe condotto al Mago. “Certo Mattia, vai pure. Adesso ci saranno 2 o 3 ore per rilassarci prima dello spettacolo vero e proprio. Io è la mamma andremo a prenderci un caffè. Quindi vai pure.” Mattia cercava oltre la porta dell’entrata, scrutava ogni situazione strana. E infatti, dopo aver sentito una risata molto forte, girandosi, si era accorto di quell’aiutante goffo e maldestro , ma dopo pochi secondi era sparito. Poi vedendolo entrare in un’altra stanza, si era accorto della presenza di un cane che abbaiava: “ Ma quello è Toby!”. cercava di rincorrerlo nel corridoio dell’ospedale, voleva attirare l’attenzione del cane e nell’eccitazione di quel momento, Mattia non si era accorto di essere finito contro una persona. Ma contro chi era andato a sbattere il bambino? Naturalmente contro il Mago che lo stava guardando seriamente, come quella volta nella stanza di luce. Mattia questa volta non si era spaventato, perché in quello sguardo aveva riconosciuto il Mago burlone, giocherellone. E infatti questi, si era rivolto al ragazzo con un semi sorriso dicendo:” Finalmente sei arrivato! Vieni non perdiamo tempo, devi aiutarmi con i bambini che non possono alzarsi dal letto ed è già tardi! “. Non aveva finito di dire tardi che il Mago, muovendo la mano nel vuoto, materializzando, almeno quella era l’impressione, un berretto come il suo, glielo stava già mettendo in testa dicendo:” Ecco adesso sei anche tu un’aiutante di Babbo Natale.” Lo prese per mano e cantando andavano verso


i lettini dei piccoli più sfortunati. Ma voi mi chiederete che fine aveva fatto Toby? Non lo so, non posso dirvelo, ma sicuramente ricomparirà per saltare e correre verso Mattia, vedrete che lo vedremo comparire. Ma eccolo Toby, era già li con il suo berrettino simile a quello di Mattia, che girava come una trottola, facendo ridere i piccoli pazienti dell’ospedale. “ Toby, smettila adesso! Non vedi che disturbi questa piccolina? Ma come ti chiami?” , disse il Mago rivolgendosi a una bambina con delle treccine. La piccolina era a letto tutta ingessata e dolorante. “ Lisa,” aveva risposto senza sorridere. E il Mago rivolgendosi a Mattia:” Mattia metti delicatamente la mano sulla gamba malata e ripeti con me ‘ da questa gamba uscirà una bambola, e tutta la tristezza porterà via!! Dai Mattia fallo.” . E appena il Mago aveva finito di ripetere la frase con il ragazzo, nel punto dove Mattia aveva posato delicatamente la mano, una bellissima bambola aveva preso forma, finendo nelle braccia della bambina che felice, aveva iniziato a sorridere, dimenticandosi di essere malata. Mattia non aveva capito cosa poteva essere successo. Le mani del Mago erano così veloci, che non riusciva a comprendere come poteva tirare fuori dal nulla quegli oggetti. Ancora stava fissando la gamba della bambina e la sua mano, sbalordito da quello che aveva visto. Poi il Mago si era rivolto ad un piccolo paziente, seduto di fronte alla piccola di prima, e poi ad un altro. E a ognuno prestava la stessa attenzione e cura. Sembrava di assistere a una danza di una libellula che si muoveva da una canna all’altra. Ogni bambino riceveva dal Mago il giocattolo giusto, quello che in quel momento avrebbe voluto avere; tutto quello che succedeva in quella stanza, come nelle altre stanze, era incredibilmente affascinante. Mattia non riusciva a distogliere lo sguardo dalle mani del Mago, dal suo sorriso, dai suoi movimenti molto rapidi, ma nello stesso tempo l’attenzione che dava ad ogni bambino del reparto era infinita. Ben presto anche gli altri bambini si erano accorti del Mago e anche gli adulti, gli infermieri e i dottori. Così , a mano a mano che scendeva dalle scale ed entrava nelle stanze, dietro al Mago si era formata una scia di persone che contente, lo seguivano stupite. Era come nella storia del pifferaio magico, quando, suonando il piffero, dietro di se trascinava i bambini per portarli


via. Ma in questo caso era la felicità e la gioia che emanava il Mago, ad attirare le persone come una calamita. Si poteva proprio vedere una coda di pazienti e d’infermiere, che si univano in questa specie di ballo lunare, portando con se la luce della felicità , come una cometa che trasporta la luce nel cielo. Il tempo era passato velocemente e le tre ore erano volate via. Senza quasi accorgersi di niente, i bambini erano finiti nella sala delle conferenze dove tutto era addobbato a festa e al centro del palco c’era un’enorme albero di Natale. Quando i piccoli pazienti si erano accorti di quel bellissimo albero, si avvicinarono ad esso per ammirarlo e non si accorsero che il Mago un’altra volta, era sparito con il cane. E Mattia? Mattia era preso, come tutti dall’albero e in particolare dagli angeli appesi li sopra; sembravano gli stessi angeli del tavolo. Anche Valentina, la piccola paziente amica della Nonna, guardava stupita gli angeli del grande albero che sembravano fare l’occhiolino ai bambini della sala. Ma che cosa curiosa! Non sembra anche a voi?


7 Lo spettacolo ha inizio

La sala era gremita di pazienti, di parenti e di bambini, che si agitavano e parlavano, confondendosi con il suono che l’altoparlante stava emettendo. Così qualcuno si era messo sul palco, forse un’addetto dell’ospedale, chiedendo a tutti di stare in silenzio e che il Mago sarebbe ritornato con molte altre sorprese. Le luci si erano abbassate, lasciando illuminato solo l’albero di Natale. Gli spettatori non erano in grado di fare silenzio, rimaneva come un brusio di sottofondo, una specie di meraviglia trattenuta come un oh continua. Il suono di una campanella e di forti risate, riempivano le orecchie degli spettatori che, vedendo apparire Babbo Natale e non il Mago, si erano stupiti, non capendo cosa sarebbe successo dopo. Mattia più di tutti. Non riusciva a comprendere come mai il Mago non fosse lì. Nel frattempo le luci si erano riaccese e dall’alto discendeva con la sua slitta moderna, senza renne, Babbo Natale. Immaginate il loro stupore e allo sbigottimento degli adulti che, incominciavano a fantasticare, cercavano di capire razionalmente, quali tecniche avesse usato Babbo Natale per scendere dall’alto in quella ma-


niera. Ma Mattia, fissandogli il volto, si era accorto di un qualche cosa di familiare. Si gli occhi, quel sorriso.... Ma certo il Mago e Babbo Natale erano la stessa persona, non poteva che essere così. Chi avrebbe potuto scendere con la slitta se non lui? Guardando con attenzione, aveva visto una cosa nascosta che si muoveva. Ma si certamente, quello era Toby. Ma il bambino non voleva rovinare la festa e la sorpresa agli altri bambini, quindi rimase in silenzio, gustandosi lo spettacolo. A lui poi, non importava, perché il Mago era un Babbo Natale per tutti i mesi dell’anno. Babbo Natale : “ Buon pomeriggio, bambini e bambine, signori e signore. Spero che il mio arrivo non vi dispiaccia , anche se aspettavate il Mago? Ma poi arriverà.” Pubblico:” no, no, no......., evviva Babbo Natale, evviva! Babbo Natale: “ Bene, bene, ha ha ha ha, hu hu hu, In sala ci sono i miei aiutanti. Sono riconoscibili dalla barba e dal berretto di lana. Passeranno da voi con un foglio e una matita. Su quel foglietto dovete scrivere un qualcosa di prezioso per voi, un sentimento, una cosa che vorreste regalare ai vostri amici o ai vostri genitori, oppure a una persona che oggi non è qui, ma che sapete in difficoltà . Quando l’avrete scritta, i miei aiutanti vi daranno una busta per spedire la lettera a me. Quando mi arriveranno le metterò in questo sacco. Vedete?” Babbo Natale aveva in mano un sacco rosso con dei ricami dorati, e alzandolo un pochino, lo stava mostrando a tutti andando avanti e indietro per il palcoscenico. Poi, riponendolo a terra, si era messo a ridere, così forte, che tutto il palcoscenico vibrava, compreso l’albero. Babbo Natale:” Come mi arriveranno, cioè come farete a spe-


dirle, ve lo spiegherò. al momento opportuno.” Un’altra risata echeggiava nella sala e poi un’altra e ancora un’altra. Babbo Natale sembrava felice e saltellava con tanta agilità da stupire tutti gli astanti. Nel frattempo, da sotto quel sacco, Toby si dimenava, cercando di prendere un oggetto che era finito sotto . Babbo Natale:” Toby, Toby, Toby! Ma lo conoscete già? Non ha bisogno di presentazioni. Vero Toby? Ti conoscono perché stamattina hai portato un po’ di movimento tra le corsie dell’ospedale! Birichino.” Poi , prendendolo per il collare, cercava di metterlo seduto vicino ad una scatola nera, ma nera, che più nera di così, non poteva essere e... Babbo Natale:” Toby, dimmi vuoi entrare in quella scatola? “ il cane rispondendo abbaiando varie volte, girando attorno alla scatola era ritornato a nascondersi sotto il sacco. Babbo Natale:” o vuoi questa pallina, rossa e verde?” Toby era uscito un’altra volta dal suo nascondino, con un balzo improvviso e aveva afferrato la pallina dalla mano del Mago, che facendo finta di essere sorpreso, lo stava sgridando. Babbo Natale:” Toby , mi hai fregato come sempre eh! Ma adesso ti metto in castigo, “ e poi, si era rivolto ai bambini dicendo:” volete mandarlo in castigo o devo perdonarlo?” Ovviamente tutti volevano che Babbo Natale perdonasse Toby. Allora, il nostro Mago burlone, si era messo una mano in tasca, per prendere qualcosa. Cosa poteva essere? Ma certamente dei biscotti, che Toby stava già divorando, per poi balzare sulla pancia di Babbo Natale e potergli leccare il volto, rincuorando il suo padrone , dimostrando riconoscenza per lo scampato pericolo di non essere finito in quella scatola nera. Naturalmente, ogni cosa che avveniva sul palco era studiata e il duetto tra Toby e Babbo Natale, serviva per dare il tempo agli spettatori di scrivere la lettera e agli aiutanti, di raccogliere tutte le buste e consegnarle a Babbo Natale. Voi sulla lettera cosa avreste messo? A chi avreste voluto dare quel dono? Mattia stava pensando, ma non sapeva cosa fare, perché molte erano le persone a cui donare un tenero abbraccio ed un bacio, per, semplicemente, amare. Naturalmente, non si era dimenticato della nonna,


ma neanche del papà, di tutta la famiglia. Ma un giorno, venendo a trovare la nonna, si era accorto che una bambina molto malata, stava tutto il tempo seduta su una carrozzina. E certamente lei era più malata di tutti quelli che conosceva. Aveva sempre un’espressione triste. In fondo i suoi genitori erano con lui e anche la nonna; poteva andare da loro anche dopo Natale a baciarli, abbracciarli e farli sentire il suo amore per loro. Così prendendo la penna, aveva deciso di scrivere, qualcosa per la piccola. Ma come si chiamava quella bambina? Lui non lo sapeva. Si erano incontrati per caso. Un giorno Mattia era venuto con la mamma, direttamente da scuola e quindi aveva ancora il grembiule e la cartella con se. La ragazzina, vedendolo, stava cercando di attirare l’attenzione di Mattia con dei cenni con la mano.Mattia si era accorto del suo sguardo. Così si era avvicinato chiedendole se l’aveva chiamato. La ragazzina aveva risposto di si. Poi si era messa a dialogare con Mattia, ma non dicendo mai il suo nome, ne chiedendo il suo. Nel frattempo la nonna era scesa e Mattia, salutando la bambina, le aveva detto che sarebbe ritornata a trovarla, ma la scuola, i compiti e altre faccende domestiche, avevano impedito a Mattia di incontrarla ancora. Gli occhi tristi della piccola erano rimasti impressi in lui, non riusciva a scrdarli. Adesso c’era l’occasione di aiutarla con quel biglietto. Poi sarebbe andato da lei, sicuramente. Non sarebbe andato via senza salutarla. Prendendo il foglio, aveva formulato la richiesta in modo generico, anche se era rivolta espressamente a lei, proprio perché non sapeva il suo nome, ma era sicuro che il Mago lo sapeva già. Valentina, non era in grado di scrivere. Quindi aveva bisbigliato all’orecchio del padre:” Mamma, nonnina e papà, abbaccio gande, gande, gande” ,cioè abbraccio grande. E disegnando un cuore della stessa misura del foglio, rideva e baciava suo padre, che a sua volta la stringeva forte,forte. Ma cosa avrebbe fatto Babbo Natale, con tutte quelle lettere? Non era il momento di svelarlo adesso. Bisognava invece prestare molta attenzione al Mago, perché , burlone com’era, non si poteva mai sapere cosa avrebbe combinato, anche sotto le spoglie di Babbo Natale.


8 Le lettere e la scatola nera

Tutti i presenti in sala avevano finito di scrivere la lettera e l’avevano inserita nella busta, consegnata dagli aiutanti di Babbo Natale. In quello stesso momento, il duetto con Toby era terminato. Così, fermandosi al centro della sala e prendendo in mano il sacco di prima, Babbo Natale aveva mosso la mano destra in avanti dicendo: lettere, venite da me. E queste si erano messe a volteggiare come farfalle, lentamente, senza far rumore. Non sembravano volare, ma fluttuare , come se l’aria fosse semi liquida. Babbo Natale aveva preso il sacco con tutte e due le mani e lo teneva ben aperto in modo che le letterine discendessero giù senza cadere per terra. Fra il pubblico alcuni ragazzini erano rimasti con la bocca spalancata, senza essere in grado di dire niente. Altri si erano alzati dalla sedia e saltavano, per cercare di vedere meglio. Ma la maggior parte delle persone e dei bambini, incominciavano ad emettere una OH di stupore, così prolungata, quanto il tragitto delle lettere dalla loro mano al sacco. E lo stupore continuava nel momento che il sacco, una volta chiuso, era levitato, per poi svanire nel nulla. Babbo Natale rideva di gusto. Era divertito nel vedere i volti dei bambini così stupiti e


affascinati da quello spettacolo. Emettendo dei piccoli colpi di tosse, cercava di riportare l’attenzione su di sé, per riprendere il discorso : “ Per favore, risedetevi. Cercate di fare silenzio ed ascoltatemi. Le lettere con i loro contenuti, adesso sono in viaggio verso i loro destinatari, che non le riceveranno normalmente, non sono un postino. Ma il contenuto verrà recapitato nei cuori di ognuno di quelle persone. Loro se ne accorgeranno e anche voi. Ma non adesso. Naturalmente devo finire il mio compito. Qual’è il compito di Babbo Natale? Lo sapete bambini?” Tutti i bambini presenti rispondevano in coro: “ ... donare il regalo ai bambini buoni”. Ma Babbo Natale, scuotendo la testa, aveva risposto:” No. È quello di portare gioia e amore tra la gente, o di donare un sorriso a chi è triste. I regali li ricevete già dai vostri genitori, dai vostri parenti, dai vostri amici. I regali dei valori, dei sentimenti, sono i veri regali di Natale.” Ma vedendo un po’ di disappunto da parte dei piccoli, si era avvicinato alla scatola nera dicendo:” va bene, vi farò dei regali anch’io. Ma, vedete questa scatola nera, molto nera? Dovete venire sul palco, uno alla volta ed entraci dentro; Toby vi accompagnerà, vero Toby? “. Il cagnolino non ne voleva sapere di entrare in quella scatola nera e penso che un pochino di paura l’avrei avuta anch’io. Così aveva incominciato ad abbaiare, a girare attorno alla scatola e a rizzare il pelo, come segno di difesa. Ma, mentre il povero Toby si dimenava in quel modo, il Mago, Babbo Natale, aveva aperto la scatola e meraviglia delle meraviglie, la scatola non era per nulla nera o buia, era piena di


colori, di luci e di palloncini colorati. Che meraviglia! Così Toby e anche tutti i presenti in sala, avevano smesso di preoccuparsi e non vedevano l’ora di alzarsi e andare dal Mago. Ma questi, guardando Toby e tutti i bambini, si era messo ancora a ridere, a ridere, a ridere, girando la scatola come una trottola, chiudendola e picchiandoci sopra con un martello di gomma e poi riaprendola. E i palloncini erano spariti, i colori anche. Dov’erano finiti? La scatola era vuota e alle pareti non c’erano disegni. Tutto era dipinto d’oro. Babbo Natale aveva, per l’ennesima volta, richiuso la scatola che non era piccola, ma non era pesante, almeno per il Mago, perché, nel girarla, dava l’impressione che la scatola fosse leggera come una piuma. Si era rimesso a ridere e a martellare la scatola sui lati e rivolgendosi alla platea, aveva ripreso il dialogo coi piccoli pazienti dell’ospedale: “ Cosa pensate che ci sia adesso nella scatola? Pensate che sia vuota o che siano ritornati i palloncini? Venite a constatare di persona. Uno alla volta però, a partire dall’ultima fila, girate a sinistra e poi ritornerete a destra, al vostro posto. Vi aiuterà un mio aiutante speciale, Mattia. Mattia, vieni sul palco, fatti vedere!” Potete immaginare come Mattia si stava sentendo adesso, con tutti gli occhi rivolti verso di lui! Imbarazzo, certo. Vergogna, sicuramente. Era diventato rosso come un pomodoro. Ma sapeva che il Mago per farlo sentire a suo agio, avrebbe sicuramente trovato una soluzione. La magia più grossa è una risata contagiosa. Quindi Babbo Natale che di risate era il primo artefice, aveva iniziato a giocare con Toby e a mandarlo in platea. Il cane correva, saltellava, coinvolgeva tutti, persino il nostro amico Mattia. Così ridevano, ridevano e nessuno si era accorto che intanto, Babbo Natale era sceso dal palco e aveva invitato il bambino a seguirlo. Ma non era ritornato sul palco. Stava inseguendo Toby, che stava inseguendo una pallina, che era stata lanciata da un aiutante. Ad un certo punto si era formata una coda con il cane, Babbo Natale, Mattia e gli aiutanti e gli altri bambini che avevano visto la scena. Babbo natale si era messo a cantare una filastrocca e, siccome era famosa e molto orecchiabile, tutti l’avevano ripetuta, finché la fila aveva raggiunto il palcoscenico. E in quel preciso istante, la scatola nera


si era aperta, lasciando intravvedere al suo interno, una serie di pacchi colorati, di tutte le dimensioni. I piccoli erano eccitati, non sapevano cosa fare, se entrare nella scatola o aspettare il comando di qualcuno. Ma il Mago burlone aveva studiato le espressioni dei piccoli. CosÏ aveva deciso di richiudere la scatola, di farla girare ancora e all’apparenza, tutto era sparito.


9 Il ritorno del Mago

Babbo Natale: “ Bambini, per favore, ritornate ai vostri posti. Avevo detto uno alla volta, giusto? Allora Mattia, aiuta i nostri amici a ritornare ai loro posti. Nel frattempo chiamerò il Mago. Mago se ci sei vieni da noi! “ Ma Babbo Natale e il Mago non erano la stessa persona, come poteva salire sul palco? Eppure il mago era apparso o per lo meno il suo cilindro, che stava volando in aria, volteggiando dolcemente. Poi, lentamente, si era formato una giacca e delle scarpe e ancora i pantaloni e i guanti. Tutti questi pezzi volteggiavano per la sala. Babbo Natale innervosito, si era messo a gridare:” insomma Mago, rimettiti composto e scendi” e i pezzi iniziavano veramente a scendere e piano , piano, si era veramente formato il corpo del mago che, sorridendo, salutava la platea meravigliata, con un inchino. Mago:” Signori e signore, bambini e bambine, buon giorno e felice Natale! Vorrei chiedere un minuto d’attenzione. Vedete quel sacco, si quello semi nascosto dalla scatola.? Adesso lo raccolgo. Vedete è vuoto. Guardate.” Il Mago aveva raccolto il sacco e camminava su e giù per il


palco per farlo vedere alla platea. Poi chiudendolo, aveva detto una frase impronunciabile come, ABRACADABRACADABRAFRIC. Poi aveva chiesto a un bambino di venire sul palco e ad aprire il sacco, chiedendogli di toccare la stoffa e sentire cosa poteva esserci. Il piccolo, aveva fatto tutto quello che il Mago gli aveva chiesto, ma non sapeva cosa dire. Per lui il sacco era ancora vuoto. “ Sei sicuro, vuoi controllare”, continuava a ripetere il Mago. All’improvviso il sacco incominciava a prendere vita, qualcosa si era mosso al suo interno. Allora Miky, ( ricordate, era il nome del Mago ), prendendo il sacco con tutte e due le mani, aveva cercato di sciogliere il nastro che lo teneva chiuso. Ma il sacco continuava a muoversi e non era molto semplice poterlo slegare. Così aveva iniziato a ripetere una cantilena indecifrabile. La cosa strana e che il sacco si era fermato, non si agitava più. Nel frattempo il piccolo guardava stupito e si domandava cosa fosse quella cosa così agitata. Ve lo chiederete anche voi? Guardate attentamente, con gli occhi della fantasia. Vedete il Mago? Bene. Ora guardate attentamente il sacco, cosa vedete? Adesso vediamo se avete indovinato. Mago:” Sacco lasciati slegare e rivela il tuo contenuto.” Il sacco era di fronte ai piedi del Mago e del bambino. Il nastro veniva delicatamente sciolto e .... ma naturalmente, non poteva che essere così. Toby, Toby, Toby, soltanto Toby poteva essere nel sacco, come in ogni situazione divertente. Felice di essere uscito da lì, Toby continuava a correre prima verso il Mago, poi verso i bambini, poi ancora sul palco. Sembrava elettrico come una pila. Ma ci siamo scordati di Babbo Natale E Mattia? Mattia aveva eseguito gli ordini, aveva accompagnato i bambini ai loro posti. Poi si


era seduto tranquillo, vicino alla mamma. Ma Babbo Natale non c’era. Certo, dite voi, era apparso come Mago. Bene, può darsi. Per saperlo dobbiamo aspettare la fine del racconto. Vediamo. Il Mago aveva preso in mano un altro sacco, questa volta era molto più grande. E aveva rifatto le stesse cose di prima, chiamando una bambina, questa volta. Ma nel sacco non era finito più Toby, era uscito un coniglio, quello che Mattia aveva visto nella stanza di luce. Ma, guardandolo attentamente, al ragazzo sembrava che quel coniglio fosse esattamente quello del suo sogno. Come poteva essere successo? Ad un certo punto il Mago, aprendo la scatola nera di lato e facendola girare come una trottola, aveva preso il povero animale e lo aveva messo esattamente al centro . Le pareti della scatola, questa volta erano nere, sembravano inghiottire l’animale. All’inizio non era facile distinguere il coniglio, perché bisognava osservarlo con attenzione. Ma il pelo bianco, dopo un po’, era diventato luminoso e si poteva chiaramente vedere che lentamente si stava trasformando da bianco, in un blu elettrico accecante. Si era poi messo a girare, a correre come un elettrone impazzito. Il movimento del coniglio era così rapido, che non si riuscivano a scorgere i suoi lineamenti, ma solo una scia luminosa. Mattia non credeva ai suoi occhi, sembrava di rivivere il sogno. La scatola, si era messa a girare da sola, trascinata dal moto del coniglio e anch’essa girava come una centrifuga impazzita. Ma il Mago dov’era? Perché non interveniva, non fermava quel povero coniglio? Proprio in quel momento, dal fondo della sala, una voce indistinta gridava il nome di Mattia. Poi, con il passare dei minuti diventava sempre più chiara: “ Mattia sbrigati, vai tu a fermare la scatola. Tu sei l’unico che lo può fare. Ricorda il sogno!” Ma chi era che urlava in quel modo? Chi lo stava chiamando? Ne io, ne Mattia, possiamo dirvelo, perché era una voce metallica irriconoscibile. Il ragazzo era convinto che fosse stato il Mago, solo lui poteva sapere del sogno, solo lui poteva creare una scena come quella. Così Mattia, seguito dallo sguardo di mille occhi e da un suono di sottofondo sempre più grade, come un sospiro di tutta la platea messa assieme, una volta salito sul palco, si era avvicinato alla scatola per toccarla con la mano, come ave-


va fatto nel sogno. Ma, essendo tutto in movimento, il ragazzo non riusciva a trovare un posto dove appoggiare la mano. Cercava in tutti i modi di capire dove erano le pareti della scatola, quando un colore particolare aveva attirato la sua attenzione. Era la luce del coniglio. Stava per posare la mano su quel colore sperando di riuscire a toccare anche una parte della scatola, quando questa incominciava da sola a fermarsi. E con stupore, Mattia si stava accorgendo che soltanto il gesto di avvicinare la mano alla scatola, era stato sufficiente a fermare tutto il movimento. Poi il ragazzo che si era ricordato della frase del sogno, coniglio ritorna da dove ti ho preso, modificandola in coniglio ritorna a casa, aveva incominciato a recitarla ad alta voce e con fermezza. E finalmente la scatola si era completamente fermata e chiusa e il coniglio non girava più come una trottola, era finalmente sparito. Se poi fosse ritornato a casa veramente, questo Mattia non lo poteva sapere. A lui bastava constatare che tutto era tornato come prima. Beh, proprio come prima, no; mancava il Mago. Il Mago spariva sempre nei momenti meno opportuni. Ma probabilmente, tutto era calcolato. Infatti, sparito il Mago, era ritornato Babbo Natale con una serie di sacchi pieni di doni che lanciava giù dalla slitta, verso il centro del palco. Ma, come per le lettere, i pacchi, non cadevano, precipitando dall’alto , ma fluttuando nell’aria e lentamente atterrando tutti, esattamente nello stesso punto. Babbo Natale: “Bambini e bambine, signori e signore, al cenno della mia mano, dovete chiamare i vostri regali, semplicemente dicendo: “ dono del cuore vieni da me. “ Tutti gli astanti erano in attesa del cenno di Babbo Natale, che, disceso anche lui al centro del palco, stava iniziando a muoversi verso gli spettatori. Al cenno del Mago tutti insieme, i piccoli, come i grandi , avevano iniziato ad intonare quella frase, come se fosse una canzone. Senza neanche comprendere come, tutti, si proprio tutti, nessuno escluso, avevano ricevuto il dono, che era disceso lentamente ai piedi di ognuno. Babbo Natale, si era rimesso a ridere con forza e salutando con un Buon Natale a tutti i presenti e i non presenti, riprendeva la slitta e volava via, verso destinazione ignota. I bambini erano così felici, che non si erano accorti di niente, intenti a capire cosa avessero ri-


cevuto in dono. Ma Mattia aveva visto la scena e non mollava lo sguardo, osservava ogni particolare, perchĂŠ voleva capire cosa avrebbe fatto il Mago adesso. E mentre tutti erano occupati ad aprire il pacco, lui aspettava ansioso, pensando che dalla scatola nera , sicuramente il Mago sarebbe riapparso.


10 La scatola nera rivela i suoi segreti

La mamma di Mattia, vedendo che il figlio non stava guardando il regalo, era ancora rivolto al palcoscenico sperando di scorgere il Mago, cercava di attirare l’attenzione del ragazzo, dicendo: “ Mattia non apri il regalo? Fra poco andiamo via. Ormai è finito lo spettacolo. “ Ma Mattia non poteva credere che lo spettacolo sarebbe terminato in quella maniera e che il Mago non sarebbe più tornato. Si era ricordato del biglietto d’invito trovato nella tasca dei pantaloni e non c’era scritto spettacolo di Babbo Natale, ma Spettacolo del grande Mago Miki. Ma, vedendo l’insistenza della madre e anche della sorellina, che voleva andare a casa a giocare, Mattia aveva finalmente prestato attenzione al regalo. Il pacco era avvolto da una bellissima carta di riso viola, chiuso da un nastro di velluto molto bello. Il fiocco aveva dei brillantini e un bigliettino era attaccato, proprio al centro della scatola. Mattia, istintivamente, avrebbe strappato la carta e cercato di guardare il suo interno, ma la mamma lo aveva pregato di fare le cose con cura, di non stracciare e basta, ma di osservare tutto. Così, aveva cercato di aprire il nastro per bene, di leggere il bigliettino e poi di guardare cosa ci potesse essere all’interno. Uno strano rumore, aveva riportato l’attenzione di tutti, di nuovo verso il palco. Ed effettivamente, qualcosa si stava muovendo. Era Toby, ancora lui, che scodinzolava felice, vicino alla scatola nera. Mattia lo sapeva, il Mago doveva per forza ritornare, non poteva andare via senza salutare i presenti. Ma era dispiaciuto che, a causa del pacchetto, aveva distolto l’attenzione dalla scatola nera e non era stato in grado di vedere da dove il cucciolo era sbucato e...anche il Mago, che nel frattempo, si era seduto per terra, lasciandosi


leccare la faccia da Toby. Il Mago aveva cercato di non farsi notare, perché si divertiva nel vedere la sorpresa dei piccoli, nel trovare all’interno dei loro pacchi, il dono giusto per ognuno. Come poteva sapere esattamente quello che al bambino serviva? Questo rimaneva il segreto di quel momento. Ma anche i regali degli adulti erano precisi, non erano stati scelti a casaccio, così tanto per riempire un pacco. Babbo Natale non regalava soldi e neanche cose preziose. Né voleva donare oggetti molto costosi. I regali erano semplici ma speciali e tutti erano contenti di riceverli. “ Allora Mattia, stai guardando il tuo pacchetto? “, ripeteva la mamma, che nel frattempo si era accorta di Toby , ma non del Mago. “ Guarda Mattia c’è Toby, allora ci sar....” , non era stata in grado di terminare la frase, perché si era accorta che Toby stava leccando il volto del mago e , stupita, guardava meravigliata la scena di lui che rideva, mentre il cane lo leccava scodinzolando felice. Mattia annuiva, lo sapeva già. E visto che all’apparenza niente sarebbe cambiato in quel momento, si era rimesso ad aprire il pacco, a leggere il biglietto. E come tutti, si era accorto che il dono era proprio quello che stava cercando da tempo. Era un libro, ma non era un libro qualsiasi. Raccontava la vita di Mago Merlino ed era un’edizione speciale, perché aveva all’interno delle illustrazioni di un famoso disegnatore di fumetti. Il mago si era alzato, ma Toby, non ne voleva sapere di lasciarlo. Girava e abbaiava come sempre. Nel frattempo le luci della sala si erano abbassate e un faro dall’alto stava illuminando la scatola nera. Il mago aveva picchiato con la sua bacchetta su uno dei lati e questa si era aperta un altra volta; questa volta la scatola era vuota, buia e nera. Per attirare l’attenzione dei bambini, il Mago era entrato con Toby dentro dicendo:” Carissimi spettatori, vedete la scatola è vuota. Non c’è niente al suo interno. Avreste il coraggio di entrarci dentro?” Naturalmente, molti di loro, solo all’idea di entrare nel buio sarebbero corsi via. Ma una fanciulla, seduta verso il fondo della sala aveva cercato di rispondere si. E in quel momento, altri bambini stavano alzando la mano, per attirare l’attenzione verso di se. Così piano, piano, come si dice, una ciliegia tira l’altra, nel nostro caso un bambino dava coraggio all’altro e un coro di si giungeva al Mago con forza.” Quanti bambini coraggiosi! Sei di quella fila, possono


venire da me. Non correte, c’è tempo. “ I piccoli, non sapevano cosa aveva in mente il Mago, ma si fidavano di lui. Quindi, salendo sul palco, si erano messi lì vicino, ma molto vicino, per osservare le sue mosse. Però quello che sarebbe accaduto, non lo avrebbero potuto neanche minimamente pensare. Entrando nella scatola nera, un po’ di timore lo percepivano; formicolio nella pancia, un brivido dietro la schiena, sensazione d’incertezza. Anche perché la scatola era proprio nera, proprio buia. All’improvviso si sentivano tirati su, non si sa da chi o da cosa e la paura stava prendendo il sopravvento, quando una frase del Mago, “ scatola vibra di luce e d’amore “, aveva riportato la luce nella scatola e tutto si era riempito dei colori dell’arcobaleno. I bambini effettivamente galleggiavano, come gli astronauti sulla luna. E sorpresa, c’era anche Toby e Mattia e Valentina. Tutto sembrava senza tempo senza spazio. Tutto era gioia e vera felicità. Oh dimenticavo: nella scatola era rimasto il coniglio del sogno di Mattia che volteggiava beato, non correva freneticamente; si godeva quella sensazione fluttuante, senza peso, era finalmente fermo. Mattia lo poteva vedere bene, perché volava sopra la sua testa. Il Mago si era messo davanti per vedere la reazione del pubblico. Poi li aveva invitati a salire dicendo: “ Adesso possono entrare gli altri. Venite sul palco una fila alla volta. Poi, mi raccomando, dovete rivolgere alla scatola la frase sentita prima. Ve la ricordate? Ve la ripeto ‘ scatola vibra di luce e d’amore’ Venite vi aspetto!”


Ma come farà la scatola a contenerli tutti, mi domanderete. Semplice, la scatola si sarebbe allargata per contenere tutta la gioia dei bambini presenti. Infatti, alla fine della frase ripetuta dagli altri ospiti, le pareti si erano riempite di luci, all’apparenza, scomparendo. I piccoli galleggiavano felici, sentendo la gioia di ognuno nei loro cuori. A quel punto, il Mago si era avvicinato a Mattia dicendogli:” Mattia sei stato un bravissimo aiutante. E per questo t’impresto la mia bacchetta magica. Prendila e pronuncia questa frase: “ bacchetta magica, riportaci giù!” Stai attento a pronunciarla bene, perché se no siamo nei guai. Come tu ben sai, la scatola è permalosa e vuole essere trattata bene.” Per Mattia ricevere la bacchetta del Mago, era un onore e anche una responsabilità. Ma nel momento di ripetere la frase, la bacchetta era scivolata giù e tutto attorno a lui stava rullando come una nave che doveva affrontare una bufera. Per fortuna il Mago se n’era accorto subito e anche senza bacchetta, era riuscito a trasportare dei materassi grandi e morbidi e una serie infinita di piume d’oca, per attutire le probabili cadute. Così tutti i piccoli, nel scivolare giù, si erano ritrovati su di un pavimento, ricoperto di materassi e piume. Che divertimento rimbalzare e cadere su quelle superfici! “ Dobbiamo terminare qui la nostra festa “, stava spiegando il Mago ai bambini, mentre i piccoli erano intenti a giocare con


le piume. “ Prendetevi per mano in modo da formare un cerchio. Ci siete?” Al grido di si dei piccoli, le piume si erano mosse, avvolgendoli quasi completamente. Era una scena surreale, sembrava di essere nel pianeta dei pulcini. E naturalmente, i bambini, ne approfittavano per giocare ancora con le piume, cercando di catturarle saltellando e agitando le mani. Ma il Mago si era un po’ seccato. Stava in piedi osservando la scena quando, riprendendo in mano la bacchetta, aveva incominciato ad alzare la voce, ripetendo una frase con tono fermo e distaccato:” Piume venite a me. Piume sparite! “ Ed effettivamente le piume in un secondo erano volate via, in un punto non meno precisato della scatola. Poi aveva preso la mano di Mattia e questi aveva preso la mano di Valentina e così via. Quasi in automatico si era formato un cerchio. Il Mago allora aveva incominciato a cantare chiedendo ai bambini di seguirlo. Si era formato come un’enorme biscia che, piano piano, stava uscendo dalla scatola e veniva accompagnato con le parole della canzone, ad uscire dalla sala. Ma i bambini

avrebbero voluto restare ancora lì. Senza accorgersene, tutti i presenti, compresi i parenti, gli amici e lo staff dell’ospedale,


erano entrati in quel corteo festante. Stavano tutti cantando, ridendo, vivendo quel momento con gioia. Il Mago aveva deciso di accontentare i bambini, spostando la fila di persone, come si muovono le marionette. Con un filo invisibile, muoveva i piccoli in varie direzioni; prima andando attorno alla sala, poi verso il centro, come una spirale e poi ancora verso i bordi della stanza. Mattia si era accorto che il Mago non teneva più stretta la sua mano.E anche gli altri bambini non erano più uniti come prima. Tutti stavano andando per conto proprio seguendo le proprie sensazioni. E nella sala non si capiva più chi teneva chi e dov’era andato il Mago. Anche Toby era sparito. “Signori e signore, bambini e bambine.....” era la voce del Mago.E Mattia, girando d’istinto la testa verso quella voce, si era accorto che proveniva dalla scatola nera, “ ... ogni cosa prima o poi finisce. Quindi, vorrei salutarvi e augurarvi buona sera. Vorrei ringraziarvi, per la bellissima giornata trascorsa e chiedervi di prestarmi attenzione ancora per un attimo. Vorrei che la felicità e la gioia che provate ora, restasse nei vostri cuori sempre. Cercate di ricordare le parole della frase e canticchiatela insieme a me ancora una volta. Vi ricordate come fa? Si. Allora prego Mattia inizia che noi ti veniamo dietro. Un momento. Ho dimenticato di togliere la scatola. Aspettate.” In quel preciso momento, il coniglio, che stava ancora volando e zampettando attorno alla scatola, si era messo a correre velocemente all’interno di questa. Era così veloce, che sembrava essere diventato un trottola in movimento. Anche la scatola girava, girava, girava. E all’improvviso era sparita, come i dischi volanti, che passata la barriera del suono, si dileguano nello spazio. Il Mago aveva terminato lo spettacolo, si era avvicinato a Mattia strizzandogli l’occhio come gli angeli dell’albero di Natale. Con un cenno della testa aveva fatto segno a Mattia di incominciare a cantare. Non riesco a ricordarmi le parole esatte, perché mi ero distratta ed il mio sguardo, come quello di Mattia era rivolto ai movimenti del Mago, che cantava beato, assumendo delle espressioni buffe per far divertire tutti. Ma non riesco a ricordare neanche quando era andato via, sparito alla vista di tutti, come la scatola, il coniglio e ....Toby, dov’era finito Toby? Mattia lo stava cercando, lo stava chiamando, ma non c’era. Era sparito come il


suo padrone. Peccato, l’avrebbe salutato volentieri. Certamente il ricordo di quella serata sarebbe rimasta impressa per molto tempo, anzi per sempre, in tutti i fortunati che erano presenti quel giorno. “ Mattia, eccoti! Vieni, andiamo a casa. Papà è andato ad accompagnare la nonna. Dobbiamo andare anche noi. Vieni.” Mattia girava lo sguardo verso il palco, cercava di vedere dei segnali, qualcosa. Ma questa volta non c’era Toby, che veniva incontro, che gli leccava la faccia, non c’era più il coniglio che saltava come un elettrone impazzito. E non c’era il Mago. Questa volta tutto era finito. Mattia aveva chiesto alla mamma di andare nel sottoscala per vedere se la porta arcobaleno era ancora li. Gli sembrava strano non ricevere un’ultima saluto da lui. Ma nel sottoscala non c’era più niente. Poi guardando bene si era accorto che per terra, proprio dove aveva visto apparire la porta la prima volta, c’era una busta. E mentre la stava per raccogliere, questa incominciava a muoversi e a volare come le buste dello spettacolo di Babbo Natale e a posarsi esattamente nelle sue mani. Mattia era felicissimo e tenendo stretta la busta tra le mani, era corso lungo il corridoio, su per le scale, fino all’uscita dell’ospedale, cantando, ridendo, ballando. “ Mamma, mamma, vedi che il Mago si è ricordato di me. Mi ha scritto una lettera, immagino. Vedi la busta, c’è il mio nome sulla busta, c’è il mio nome, guarda.” La madre del ragazzo, sorrideva, felice per suo figlio. E anche la sorellina, vedendo suo fratello agitato, si era scatenata, urlando:” Il Mago ha scritto una lettera, una lettera”, anche se in realtà non sapeva cosa poteva aver scritto un mago a Mattia e non credo le importasse molto. Era semplicemente agitata per l’atmosfera creata dal fratello. “ Mattia, non aprirla adesso. È meglio che la leggi con calma a casa, così te la potrai godere meglio. Vieni, la metto nel libro, in questo sacchetto.” Ma in realtà, Mattia non voleva aspettare, perché quella lettera lo attirava così come il miele attira l’orso. Il papà era arrivato, aveva preso la macchina e stava facendo segno a Mattia di entrare. Così il ragazzo si era deciso ad obbedire alla mamma. Ma non voleva separarsi dai regali del Mago e stringeva quel sacchetto forte, forte. Poi dentro di se stava pensando: “ Chissà se avrò mai la possibilità di rivedere il Mago un’altra volta?


Chissà dove sarà adesso? “ Ed è quello che vi chiederete anche voi, immagino, come altre domande a cui non ho risposto, o alcune curiosità rimaste in sospeso. Bene, aspettate di leggere la lettera del Mago e anche e sopratutto di sfogliare con Mattia il libro che gli aveva donato. E se ci saranno altre curiosità non svelate, cercherò di farlo io. A presto.


11 Il libro e le spiegazioni finali

Ah, eccovi qui! Avete finito di fare i compiti o merenda? Siete riusciti a leggere il libro di Mattia e il biglietto? No? Scusate, che stupido che sono. Mi ero dimenticato di spiegarvi come si attraversa il tempo e lo spazio del Mago. Ma forse lui non vorrebbe che ve lo svelassi.O forse avrei dovuto chiederglielo prima. Me ne sono proprio dimenticato! Però posso raccontarvi quello che Mattia aveva letto la sera di Natale, quando era andato in camera sua per dormire. Allora, vediamo un po’...... Ritorno un’attimo indietro, dal momento in cui la famiglia di Mattia era in macchina, con lui che per tutto il tempo del viaggio, stringeva a sé il sacchetto contenente la busta e il libro. Appena tornato a casa, Mattia era ovviamente andato in camera sua e stava per aprire la busta, quando si era accorto che dal libro del Mago era caduto un’oggetto. Era un adesivo rotondo con tante stelline lucenti disegnate sopra. Guardandolo bene, Mattia si era accorto che in basso c’era una scritta : Aiutante del Mago Merlino. Questa scritta aveva incuriosito il ragazzo che cercava di capire da quale pagina del libro era uscito. Allora si era messo a sfogliare le pagine e si era accorto che il libro era diviso in due parti; la prima parte era effettivamente il racconto di Mago Merlino, ma la seconda parte era un manuale di


magia per aiutanti. Immaginate lo stupore di Mattia. Scorreva le pagine all’inizio velocemente, poi sempre più lentamente, per assorbire ogni particolare e cercare di comprendere il vero significato di quel dono. Arrivando alla fine del libro, aveva notato che una piccola busta era stata incollata sul l’ultima pagina. Sopra la busta c’era una scritta: aprire con cura. Effettivamente il formato della busta non dava la possibilità di aprirla facilmente e Mattia doveva prestare molta attenzione, anche perché non sapeva cosa contenesse. Con suo stupore, all’interno c’era soltanto un biglietto con scritto: guarda la lettera prima di aprirmi e poi capirai. Come poteva sapere il Mago che Mattia avrebbe aperto prima il libro della busta? Abbiamo già detto altre volte che il tempo e lo spazio per il Mago sono differenti dal nostro senso comune; egli può volare indietro come avanti e penetrare tutti i tipi di ostacoli, naturalmente usando il pensiero. Probabilmente in quel momento il Mago era entrato nella stanza di Mattia e poi era ritornato al tempo dello spettacolo per scrivere quel biglietto. Ma poi che importa sapere perché. Importante e godersi il momento presente, il racconto del libro, l’esperienze col Mago. Così Mattia non si era posto delle domande, ma aveva


aperto la busta contenente la lettera del Mago. Ecco cosa c’era scritto: Caro Mattia, ti ringrazio per essere stato il mio aiutante. Sei stato bravo, attento e coraggioso. So che sei un ragazzo in gamba e che non ti scoraggi facilmente. Queste sono delle doti rare. Perciò ho deciso di aiutarti a diventare Mago se lo vuoi. Sai, non è da tutti entrare nelle stanze magiche e tu ci sei riuscito. Questo fa di te un predestinato, un futuro mago, bravo forse più di me. Allora, posso dirti che ti seguirò, anche se da lontano e senza che tu possa vedermi, ti aiuterò. Ti spedirò dei libri come questo o degli oggetti che ti potranno servire. Ma non ti manderò un libro nuovo, prima che tu abbia compreso quello precedente. Ora fai attenzione. Osserva di nuovo la busta del libro e riaprila con cura. All’interno questa volta troverai una polvere magica. Non ha colore, ne odore, serve semplicemente per comprendere meglio le mie istruzioni, per permettermi di prendere contatto con te. Fallo soltanto mentre leggi il libro, mi raccomando e non sprecarla, è preziosa. Come prima cosa però, devi essere bravo a scuola e studiare, perché lo studio è importante sempre perché forma il carattere, la perseveranza e l’amicizia. Ora devo andare, mi raccomando, obbedisci alla mamma, non farla stancare per niente. Saluti, il Mago. Mattia era veramente al settimo cielo. Non sapeva se gridarlo al mondo intero o andare dai genitori e mostrare il libro o.... cosa poteva fare in quel momento? Cosa avreste fatto voi? Era così grande la gioia che provava dentro, che stava per scoppiare. Ma la voce del papà, che lo stava chiamando, lo aveva riportato coi piedi per terra. Aveva deciso di raccontare tutto ai suoi genitori ma non adesso, no, adesso voleva godersi quel l’attimo da solo. Così, con la scusa di dover andare in bagno, Mattia si era chiuso lì dentro e tenendo stretto il libro, con gli occhi chiusi, fantasticava, sognava avventure col Mago in mondi lontani. Ora lasciamolo da solo e restiamo anche noi in silenzio per un po’, cercando d’immaginare dov’era in quel momento il Mago. Siete in grado di dirmelo? Non credo, egli è imprevedibile. Il Mago aveva deciso di andare in altri continenti, da bambini poveri, veramente poveri, nelle bidonville, nei quartieri malfamati di città lontane, in Africa, in Sud America , per alleviare le


sofferenze dei piccoli, donando loro dei momenti di gioia e spensieratezza. Naturalmente, non aveva bisogno di prendere un aereo, perché aveva la porta arcobaleno. Quindi, se da una parte si poteva trovare in luoghi molto lontani, dall’altra poteva essere a casa sua quando voleva. Ora devo svelarvi altri misteri del Mago. Vi ricordate della scatola colorata nella stanza di luce? Si, quella grossa scatola che per poco non aveva inghiottito il Mago, quando era intento a cercare un qualcosa che potesse servire alla festa. Bene, l’oggetto che il Mago aveva trovato era una fiala contenente un misto di sentimenti, tra cui un po’ di gioia, un pizzico di spensieratezza, una bella manciata d’amore e per finire, una grossa e grassa risata. Presa al momento opportuno, senza esagerazione, è una miscela che serve sempre, per ogni situazione. Non vi pare? Ritorniamo però da Mattia, ma saltiamo la cena e la notte, per ritrovarci ancora in ospedale con tutta la famiglia. Erano andati a prendere nonna Valentina che veniva dimessa dall’ospedale. Mattia era entrato di corsa nella sala d’attesa, per poi salire le scale velocemente, mentre la mamma e il papà avevano preso l’ascensore. Mattia era felice di rivedere la nonna e non vedeva l’ora di raccontarle tutto, perché era sicuro che lei avrebbe capito e sarebbe stata attenta alle sue spiegazioni, divertendosi moltissimo. Sapeva già cosa avrebbe detto, perché era in sintonia con lei più che con gli altri membri della famiglia. Nonna era una persona speciale, piena di gioia e molto amorevole. Ma nel correre su per le scale, passando dal 1° piano su verso il 2°, Mattia aveva incontrato la piccola Valentina, questa volta con la mamma accanto, che stava salu-


tando proprio la nonna. Nello stesso momento erano arrivati con l’ascensore anche gli altri componenti della famiglia. L’ascensore si era aperto proprio in quell’istante e Mattia aveva riconosciuto la persona che era con loro; era la bambina triste e ammalata, che stava seduta su di una sedia a rotelle e non rideva mai. Ma si era lei! Questa volta sorrideva felice perché aveva rivisto Mattia e voleva raccontargli tutte le bellissime cose accadute dopo la festa del Mago. Così Mattia voleva anche lui raccontarle tutto quello che era accaduto. Aveva chiesto ai suoi genitori di poter seguire la bimba, che sarebbe ritornato in un quarto d’ora. Ricevuto il permesso dai suoi, Mattia e la bambina, che aveva 9 anni e si chiamava Linda, si appartarono nella sala d’attesa del reparto pediatrico a parlare felici, senza rendersi conto del tempo che passava. Ma era così bello vedere la bambina felice e Mattia era anche incuriosito, non capiva come poteva una lettera aver trasformato una persona così tanto. “ Sai Mattia, i medici dell’ospedale hanno trovato la causa dei miei dolori e mi opereranno fra poco. Così potrò riprendere a camminare e giocare come tutti. Posso chiederti di venirmi a trovare? Poi quando esco dall’ospedale ci possiamo vedere se vuoi. Dove abiti? “ “ Certo che voglio venirti a trovare, certo che voglio giocare con te. Io abito in questa città , sai nella zona dove ci sono i giardini con l’orto botanico. “ rispondeva felice Mattia, ancora incredulo del cambiamento che lei aveva fatto in così poco tempo. “Anch’io vivo in questa città, sai che forse siamo anche vicini di casa? Io abito in via........” , non era riuscita a finire la frase che Mattia stava ripetendo lo stesso nome: “ via del roseto... Ma guarda che combinazione!” , continuava lui, ridendo con gusto, coinvolgendo la bambina che rideva, rideva, e non finiva più. Nel frattempo, il papà di Mattia lo stava cercando e non capiva dov’era finito. Il tempo era passato velocemente e la nonna era pronta per tornare a casa. Poi si era ricordato della bambina e quindi era disceso al piano inferiore, pensando di trovarlo lì. “ Eccoti finalmente, non vedi che è tardi? Sbrigati, vieni che la nonna è pronta, dobbiamo andare a casa”. Mattia, nel vedere il padre agitato cercava di calmarlo, chiedendogli scusa; nel parlare con Linda il tempo era volato. Poi Mattia aveva chiesto


al padre di segnare il numero di telefono di Linda e salutandola, le aveva dato un grosso bacio. Dentro di se, Mattia pensava alla lettera scritta quel giorno, al Mago e a tutto quello che gli era capitato, incredulo del fatto che un atto d’amore potesse procurare quasi immediatamente, una gioia così grande. Prima di prendere l’ascensore, si era voltato verso Linda una volta ancora, per salutarla e sorridere, felice di averla conosciuta. Credo di aver risposto a tutte le vostre curiosità, e quindi vi saluto, perché devo prendere l’aereo per Rio. Mi hanno detto di aver visto il Mago da quelle parti ed essendo il suo biografo, devo cercare di raggiungerlo in fretta, prima che se ne vada da un altra parte. Perché se ricordate, lui non deve prendere gli aerei, io purtroppo si. Arrivederci, bye bye, au revoire, aufwiedersehen, insomma buona continuazione con le vostre letture preferite. Ps: Può darsi che qualche dettaglio mi sia sfuggito, o vorreste farmi altre domande. Ma non cercate le risposte molto lontano, perché vi arriveranno sicuramente in sogno. Oppure avrete la fortuna di ritrovarvi di fronte alla porta arcobaleno e parlare direttamente col Mago. Vi ricordate la frase che serve come chiave per la stanza di luce? Bene, se la ricordate entrerete sicuramente. Auguri e buone feste a tutti. HU HU HU HU HU.


Mattia: “ Vuoi vedere che Babbo Natale era lo scrittore del libro? “ Non lo saprete mai.........


CAPITOLI 1 Mattia scopre la stanza di luce 2 TOBY 3 I Preparativi del Mago 4 Il sogno 5 Valentina e la filastrocca della nonna 6 La vigilia di Natale 7 Lo spettacolo ha inizio 8 Le lettere e la scatola nera 9 Il ritorno del Mago 10 La scatola nera svela i suoi segreti 11 Il Libro e le spiegazioni finali







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