Partners n.49

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Partners - Anno IX - n.49 2020

P AR TNERS INFORMAZIONE E FORMAZIONE PER IL CANALE ICT A VALORE

GENN-FEBB n°49

Cloud and Managed Services

Primo Digit: Ogni

azienda è un “Media Business”

SPECIALE PANORAMI Banking pag.38

5G e la sfida per la privacy pag.14

pag. 08

INCHIESTA

Printing e Document Management pag.28


OAD: Osservatorio Attacchi Digitali in Italia L'OAD, Osservatorio Attacchi Digitali, è l'unica iniziativa in Italia per l’analisi sugli attacchi intenzionali ai sistemi informatici delle aziende e degli enti pubblici in Italia, basata sui dati raccolti attraverso un questionario compilabile anonimamente on line. Obiettivo principale di OAD è fornire reali e concrete indicazioni sugli attacchi ai sistemi informatici che possano essere di riferimento nazionale, autorevole e indipendente, per la sicurezza ICT in Italia e per l’analisi dei rischi ICT. La disponibilità di un'indagine sugli attacchi digitali indipendente, autorevole e sistematicamente aggiornata (su base annuale) costituisce una indispensabile base per contestualizzare l'analisi dei rischi digitali, richiesta ora da numerose certificazioni e normative, ultima delle quali il nuovo regolamento europeo sulla privacy, GDPR. La pubblicazione dei rapporti OAD aiutano in maniera concreta all’azione di sensibilizzazione sulla sicurezza digitale del personale a tutti i livelli, dai decisori di vertice agli utenti. OAD è la continuazione del precedente OAI, Osservatorio Attacchi Informatici in Italia, che ha iniziato le indagini sugli attacchi digitali dal 2008. In occasione del decennale OAD, in termini di anni considerati nelle indagini sono state introdotte numerose innovazioni per l’iniziativa, che includono:

• sito ad hoc come punto di riferimento per OAD e come repository, anno per anno, di tutta la documentazione pubblicata sull'iniziativa OAD-OAI: https:// www.oadweb.it • visibilità di OAD nei principali social network: pagina facebook @OADweb, in LinkedIn il Gruppo OAD https://www. linkedin.com/groups/3862308 • realizzazione di webinar gratuiti sugli attacchi agli applicativi: il primo, sugli attacchi agli applicativi, è in https:// aipsi.thinkific.com/courses/attacchiapplicativi-italia • questionario OAD 2018 con chiara separazione tra che cosa si attacca rispetto alle tecniche di attacco, con nuove domande su attacchi a IoT, a sistemi di automazione industriale e a sistemi basati sulla block chain • omaggio del numero di gennaio 2018 della rivista ISSA Journal e di un libro di Reportec sulla sicurezza digitale ai rispondenti al questionario OAD 2018 • ampliamento del bacino dei potenziali rispondenti al questionario con accordi di patrocinio con Associazioni ed Ordini di categoria, quali ad esempio il Consiglio Nazionale Forense con i vari Ordini degli Avvocati territoriali • Reportec come nuovo Publisher e Media Partner • collaborazione con Polizia Postale ed AgID.


TRA VIRGOLETTE Il cloud al servizio dell’innovazione supporta lo sviluppo 7

PRIMO DIGIT Ogni azienda è un “media business”

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PANORAMI

PARTNERS Anno IX - numero 49

gennaio-febbraio 2020 Direttore responsabile: Gaetano Di Blasio In redazione: G iuseppe Saccardi, Paola Saccardi, Edmondo Espa Ha collaborato: Gian Carlo Lanzetti Grafica: Aimone Bolliger Redazione, amministrazione, pubblicità: REPORTEC srl via Marco Aurelio, 8 -20127 Milano Tel 0236580441 - Fax 0236580444 www.partnersflip.it partners@reportec.it pubblicità: edmondo.espa@reportec.it Diffusione: 35.000 copie Iscrizione al tribunale di Milano n° 515 del 13 ottobre 2011. Stampa: A.G.Printing srl, via Milano 3/5, 20068 Peschiera Borromeo (MI) Immagini: Dreamstime.com Proprietà: Reportec Srl, c.so Italia 50, 20122 Milano

La quinta fase del rinnovamento IT: dal mainframe al cloud Trend Micro delinea il nuovo panorama delle minacce 5G e la sfida per la privacy dei dati aziendali e personali Il ruolo strategico dei vCPE nella virtualizzazione di reti e servizi

PRIMO PIANO CLOUD HOSTING E MANAGED SERVICE Cloud, pubblico, ibrido e privato, hosting e managed service Il cloud ibrido si conferma come il modello preferito per l’IT Il computing ibrido domina la strategia IT Centro Computer cavalca l’onda del cloud Il programma MSP di Check Point disponibile con Arrow Il modello di Achab per i Managed Service Provider

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Tutti i diritti sono riservati Tutti i marchi sono registrati e di proprietà delle relative società

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INCHIESTA CARTA E DIGITALE S’INTEGRANO IN NOME DEL BUSINESS 28 La gestione smart dei documenti aziendali 36

SPECIALE BANKING IL BANKING ROMPE GLI SCHEMI ALLA RICERCA DI RICETTE DIGITALI La metamorfosi digitale delle banche: complessità e rischi La nuova strada dell’Open Banking

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IL CLOUD AL SERVIZIO DELL’INNOVAZIONE SUPPORTA LO SVILUPPO Il cloud è sempre più presente su queste pagine e non potrebbe essere altrimenti, considerando quanto fondamentale sia diventato per lo sviluppo rapido delle applicazioni e, più in generale, dell’innovazione tutta. Secondo gli analisti di IDC, siamo entrati nella quinta fase di rinnovamento delle infrastrutture informatiche e il cloud è in prima fila. Basti pensare alla potenza e flessibilità necessaria per lo sviluppo dell’artificial intelligence e delle soluzioni smart. Da un lato la produzione di dati, dall’altro la trasformazione di questi ultimi in informazioni e via andare verso il machine learning e il deep learning, per arrivare a decisioni consapevoli e processi automatizzati. Diversi articoli trattano il punto di vista degli analisti, che mettono in guardia i rischi di strategie non “ragionate” e adeguato al livello di maturità aziendale. Ci sarebbe da approfondire tematiche etiche, anticipate,

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di Gaetano Di Blasio

peraltro, dagli albori della letteratura fantascientifica e della cinematografia, ma ci limitiamo, dato il contesto, agli aspetti relativi all’innovazione. Resta il fatto che il cloud sta accelerando lo sviluppo di nuove tecnologie, soprattutto, soluzioni, impossibili da concepire prima. Non si tratta di potenza di calcolo, quanto di flessibilità, ma occorre fare attenzione ai costi nascosti, che si trasformano, ma non scompaiono mai. Un appuntamento che ritorna su Partners è quello del printing e document management, che su questo numero prende la forma dell’inchiesta realizzata dalla redazione. Molte imprese dispongono di una grande quantità di dati, che, però non riescono a utilizzare, perché i dati sono “imprigionati su carta” Si tratta di dati cruciali, che non entrano nel flusso

informativo e non contribuiscono alle analisi, riducendo l’efficacia delle strategie per la data driven enterprise. Uno dei settori che sta cercando di sviluppare il business in chiave sempre più digitale e, quindi, con un massiccio ricorso al cloud è il banking. In particolare, lo sviluppo dell’Open Banking, reso possibile dalla direttiva PSD2, entrata in vigore in tutta l’Unione Europea lo scorso settembre è un elemento importante per sfruttare la potenza dei dati. D’altro canto, in tale comparto, la business intelligence ha sempre avuto un’importanza notevole, che non poteva altro che accrescere con digital transformation. Anche qui, peraltro, occorre un’attenzione particolare alla sicurezza e alla privasy. Al settore bancario è dedicato uno speciale verticale. v

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OGNI AZIENDA È UN “MEDIA BUSINESS” O ggi la battaglia per l’attenzione sui media, tradizionali e online, è diventata “brutale”. Il pubblico è esposto a un’enorme quantità di contenuti ed è provvisto di un numero mai visto finora di diversi modi per usufruirne. Il passaggio dalla fruizione tradizionale (prevalentemente incentrata su pubblicazioni cartacee e programmazione televisiva standard) a quella online (siti, aggregatori e consumo di contenuti on-demand) ha cambiato le regole del gioco per le aziende. La soluzione? Ogni azienda deve ora saper padroneggiare l’arte della narrazione (“storytelling”) e, al contempo, l’autonoma creazione e la distribuzione di contenuti di valore. Stiamo parlando di “content marketing”? Non proprio o, comunque, non solo. Secondo Wikipedia “il content marketing è una tipologia di marketing che prevede la creazione e condivisione di media e contenuti editoriali al fine di acquisire clienti. Queste informazioni pos-

Le aziende devono imparare a gestire nuove forme di comunicazione con la clientela, sono essere esposte in una varietà di tipologie. Il content dal content marketing crea interesse per marketing allo un determinato prodotto/servizio e intrattiene il pubblico, storytelling attirandone l’attenzione. Considerato l’evoluzione dell’inbound marketing, il content marketing ha lo scopo di attrarre utenti tramite la creazione e diffusione di contenuti pertinenti. Tali contenuti non devono per forza avere carattere pubblicitario, ma anche informativo/ illustrativo”. Diventare un’organizzazione orientata ai media, non equivale, però, a concentrarsi sul semplice content marketing. Le aziende che puntano al content marketing spesso, infatti, considerano la creazione e la distribuzione dei contenuti come una priorità del team marketing. Pensare a un’azienda come a una

sorta di “media business” vuol dire che ognuno fa parte del processo di creazione dei contenuti che diventa quindi uno sforzo aziendale. Perché lo storytelling è importante L’unico modo per costruire un marchio forte è quello di conquistare l’attenzione del pubblico di destinazione. Ma i potenziali clienti (che hanno notoriamente poco tempo a disposizione in relazione all’enorme quantità di contenuti potenzialmente fruibili) si limitano a prestare attenzione solo a ciò cui tengono veramente. Questo significa che la vostra storia deve toccare le loro corde. Significa coltivare l’abilità essenziale della narrazione. Ogni organizzazione è quindi nel business della creazione e distribuzione di conte-

di Primo Bonacina si occupa d’informatica dal 1980. Con PBS - Primo Bonacina Services (www.primobonacina.com) fornisce consulenza e ”best practice” digitali in ambito sales/marketing/HR

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nuti perché le storie sono al centro di contenuti ed esperienze che attraggano, coinvolgano e convertano i prospect in clienti. Oggi quasi ogni azienda è una società di software perché il software è penetrato in tutti gli aspetti della nostra vita e ha rimodellato il nostro modo di agire. Analogamente, ogni azienda è un “media business” perché questo è l’unico modo per giocare un ruolo significativo in un mondo dove l’attenzione è una risorsa sempre più scarsa. Il successo dipende (1) dalla qualità dei contenuti, (2) dalla loro distribuzione Non è più sufficiente produrre grandi contenuti, ne’ possedere un buon canale di distribuzione. Le aziende devono saper fare bene entrambe le

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cose in modo da rispondere rapidamente ai cambiamenti nelle preferenze del pubblico. Costruire competenze in una sola di queste due aree equivale, infatti, a rischiare di perdere l’attenzione del pubblico a favore di concorrenti che abbiano un forte DNA orientato alla creazione di contenuti e, al contempo, anche un potente canale di distribuzione. I contenuti, per quanto di alta qualità, devono venire forniti attraverso i canali preferiti dal pubblico, in quel preciso momento. Analizziamo il trend relativo alle pubblicazioni cartacee. I giornali tradizionali hanno subito un forte calo di lettori ed entrate pubblicitarie perché, in molti casi, hanno fatto fatica a seguire il passaggio del pubblico dall’offline all’online. Mentre la qualità del loro

contenuto non era cambiata, le preferenze dei lettori lo erano e alcuni giornali si sono purtroppo mossi in ritardo. D’altro canto, le aziende che hanno costruito le loro attività su grandi canali di distribuzione stanno investendo nella creazione di contenuti. Netflix è stata inizialmente una piattaforma per la distribuzione di contenuti “Hollywood on demand”. Tuttavia, ora sta investendo in modo aggressivo nella creazione di propri spettacoli e film, e spende diversi miliardi di $ l’anno per produrre contenuti originali. Netflix non è l’unica azienda a riconoscere che un potente canale di distribuzione può essere più redditizio se abbinato a contenuti proprietari. Amazon spenderà oltre $8 miliardi per la creazione di contenuti entro il 2022,

mentre Apple sa che non può permettersi di restare indietro e prevede di aumentare il budget annuale per contenuti originali per iTunes a $4 miliardi entro il 2022. Allo stesso modo, Google sta intensificando l’investimento per i contenuti originali di YouTube. Ciò vale anche per le società SaaS. Anche loro potrebbero dover imparare a raccontare storie attraverso il loro canale, fornire contenuto in più formati e distribuirlo attraverso un numero crescente di canali e piattaforme. Dovremmo quindi iniziare a sentirci a nostro agio con l’idea di guardare il canale Microsoft, Oracle o Salesforce e ciò potrebbe accadere molto prima di quanto si pensi. In effetti, sta già accadendo. Avete notato l’aumento dei contenuti video su LinkedIn?

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Storytelling aziendale Ogni azienda ha una sua storia. Che cosa ha spinto i fondatori a creare la società? Erano forse in difficoltà con il problema che stanno ora risolvendo con il loro prodotto/servizio? Quali sfide hanno affrontato nelle fasi iniziali della loro azienda? Quali intuizioni hanno contribuito a dare forma all’azienda com’è adesso? Le storie aziendali ruotano, in genere, attorno a quattro personaggi principali: azienda, cliente, mercato e team. Indipendentemente da chi sia l’eroe, ogni storia segue la trama universale della narrazione che descrive il “viaggio” del personaggio principale. Per esempio, un video o un articolo possono descrivere le sfide del cliente e il modo in cui la vostra organizzazione o prodotto lo abbia aiutato a superarli. Le storie possono emergere da qualsiasi ambito. Per un’azienda che agisca da “media business”, tutte le

notizie (interne o esterne) rappresentano un’opportunità per creare una storia. Gli avvenimenti dentro l’organizzazione offrono spesso l’opportunità di costruire storie avvincenti. Magari il vostro CEO parlerà a un evento di settore o la vostra azienda aprirà un nuovo ufficio. Forse la vostra squadra ha raggiunto un traguardo importante o un vostro ingegnere ha ottenuto un brevetto. Comunicate questi momenti importanti sotto forma di storie. Allo stesso modo, seguendo trend e notizie di mercato, le aziende possono inserirsi in conversazioni di tendenza. Quindi, se le aziende creano storie nate al proprio interno o contribuiscono a discussioni e notizie provenienti da

altre fonti, stanno comunque impegnando l’attenzione del cliente e, così facendo, costruendo valore per i loro marchi. Ecco perché le organizzazioni devono inserire i loro manager e dipendenti in tutte le discussioni importanti. Il valore di un marchio aziendale è proprio legato allo sforzo e al posizionamento online di tutti i dipendenti. Come vi state muovendo? In poche parole, ogni azienda è oggi un “media business” e deve operare come tale. Voi l’avete capito? Come vi state muovendo? Avrete un programma di creazione di contenuti e un canale di comunicazione? Il vostro CEO è una “social media star”? Ne vogliamo parlare? v

di Primo Bonacina si occupa d’informatica dal 1980. Con PBS - Primo Bonacina Services (www.primobonacina.com) fornisce consulenza e ”best practice” digitali in ambito sales/marketing/HR

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La quinta fase del rinnovamento IT: dal mainframe al cloud La modernizzazione dell’IT entra in una nuova era secondo IDC di Gaetano Di Blasio

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egli anni sono state annunciate diverse “rivoluzioni” informatiche, con il susseguirsi di nuove tecnologie “disrupting”, tanto che si è andato perdendo l’effetto

sorpresa. Oggi siamo entrati nella quinta fase della modernizzazione dell’IT, stando a quanto dichiarato dagli analisti di IDC. Non si può negare che i computer evolvono con gran rapidità e così pure applicazioni e architetture. Le innovazioni hanno man mano portato ad aggiornare l’infrastruttura, con un campione di aziende che potevano sfruttare il momento giusto per affrontare il cambiamento. L’accelerazione del rinnovamento, però può portare qualche difficoltà. Anche perché nuove metodologie impattano sulla competitività delle imprese. Il primo punto cruciale riguarda, ovviamente, il cloud, con la migrazione di un numero di sempre maggiore di applicazioni e workload verso le piattaforme cloud, che è diventata un passaggio obbligatorio dei processi di trasformazione e innovazione digitale delle imprese. Queste vedono aprirsi non solo la possi-

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bilità di sviluppare nuovi modelli operativi, caratterizzati da più agilità, scalabilità e governance, ma possono accedere a ecosistemi di soluzioni altrimenti irraggiungibili. È chiaro, come accennato, che ciò si ripercuote sulle modalità di disegno ed erogazione delle applicazioni. D’altro lato, le nuove generazioni di hardware sono sempre state fortemente influenzate dalle applicazioni in corso e dalle loro evoluzioni. Quindi, sostengono i ricercatori della società d’analisi statunitense, si è entrati nella quinta fase dei processi di modernizzazione organica dell’IT dopo che le prime quattro sono state quelle del mainframe e del batch programming, delle architetture client/ server e pc, della virtualizzazione e infine del cloud computing. La fase odierna dell’IT aziendale è caratterizzata dalla “democratizzazione” di nuove tecnologie - dai container e microservizi agli orchestratori di ambienti cloud, fino alle piattaforme di Machine Learning - che consentono di realizzare straordinari livelli di efficienza ed automazione nella gestione di ambienti estremamente più complessi che in passato. Per questo, gli analisti di IDC prevedono che entro il 2020 il 60% dei workload aziendali sarà fatto migrare nel cloud. Cosicché si possa rispondere ai requisiti di flessibilità, velocità e continuità del servizio richiesti dai processi di trasformazione digitale. Inoltre, entro il 2022, circa il 75% delle operazioni per la gestione dell’IT sarà guidato proprio dall’automazione intelligente. v

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Trend Micro delinea il nuovo panorama delle minacce Un futuro complesso, esposto e mal configurato. Le minacce alla sicurezza non calano, anzi, aumentano con la diffusione delle nuove tecnologie. Lo rivela il Report 2020 della società di Paola Saccardi

Da sinistra: Salvatore La Barbera, Gastone Nencini e Rik Ferguson

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a 32 anni Trend Micro si impegna per contrastare le minacce informatiche, a partire dall’antivirus per arrivare alle minacce più complesse che riguardano infrastrutture IT in continua evoluzione e con minacce che si evolvono. Oggi si assiste a un’ampia varietà di applicazioni, servizi e piattaforme e tutto va protetto. Le minacce sempre più complesse avranno la tendenza a combinare i rischi tradizionali con le nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale che verrà utilizzata per compiere truffe aziendali. Restano sempre presenti alcune minacce che si ripetono da anni, come estorsioni e phishing, ma i rischi maggiori arriveranno dalle migrazioni cloud e dagli ambienti DevOps, che esporranno le organizzazioni a rischi anche di terze parti. Con questo scenario in corso Trend Micro ha realizzato il nuovo report dal titolo “La nuova normalità: previsioni Trend Micro sulla sicurezza per il 2020” presentato nel corso della quinta edizione del suo Security Barcamp, un evento organizzato per fare luce sulle tendenze per il nuovo anno. Lisa Dolcini, marketing manager della società in Italia, ha introdotto alla platea presente gli ospiti sul palco, tra i quali Rik Ferguson, Vice President Security Research di Trend Micro e Gastone Nencini, Country Manager di Trend Micro Italia. Al loro fianco anche la Polizia postale e il Politecnico di Milano. Rik Ferguson ha ricordato che 7 anni fa veniva presentato il Project2020, un documento che portava alla luce le previsioni sul futuro della tecnologia. Ferguson, che ha commentato i trend in corso, ha ironizzato: «Ora che siamo nel 2020 possiamo vedere cosa abbiamo indovinato e cosa è andato diversamente» riferendosi per esempio alla diffusione della augmented reality di cui si era previsto un maggiore utilizzo e potenziali pericoli. Il ricercatore ha anche sottolineato che il mondo online e quello reale sono sempre più “vicini” tanto che in futuro gli hacker potranno

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riuscire a «minacciare la percezione della realtà delle persone». Gastone Nencini, invece, ha ricordato l’importanza di fare informazione alle persone, ai cittadini, per istruirle sui potenziali rischi informatici. Trend Micro in questo senso si sta impegnando in Italia per diffondere questa cultura, anche tra i giovani attraverso un programma di volontariato presso le scuole. La Polizia postale ha sottolineato come il fenomeno della truffa si basi spesso sulla falsificazione e simulazione. «Un soggetto che finge di essere un altro, solitamente tramite e-mail rubate, per ingannare qualcuno che opera all’interno di aziende o istituti bancari» ha spiegato Salvatore La Barbera, dirigente della Polizia Postale di Milano, con una vasta esperienza nel settore della criminalità, che lo ha portato ad occuparsi di financial hacking, frodi telematiche su larga scala, uso fraudolento dei mezzi elettronici di pagamento e attacchi informatici. La Barbera ha spiegato che la Polizia postale ha intrapreso un progetto con il mondo bancario per raccogliere informazioni sui destinatari delle frodi e per inserire all’interno di un’apposita banca dati gli iban che risultano sospetti e verso i quali vengono a priori congelati i trasferimenti di denaro, per evitare possibili truffe. La tecnologia è sempre più pervasiva e abbraccia tutti i settori, da quello aziendale, a quello bancario, ai cittadini privati alla pubblica amministrazione, perché consente evidenti vantaggi, ma allo stesso tempo non è immune da possibili attacchi informatici.

Dove aumentano i rischi

Con la diffusione del cloud computing in un numero sempre maggiore di aziende, ma non solo, soprattutto in quelle di dimensioni minori che grazie al cloud possono ottenere vantaggi prima insperati, i rischi per la sicurezza saranno in aumento. Lo studio di Trend Micro evidenzia che i cyber criminali cercheranno di impadronirsi sempre più dei dati custoditi nel cloud, attraverso attacchi basati su immissioni di codice che prenderanno di mira sia i cloud provider sia le librerie di terze parti. Secondo quanto suggerito dal report, il maggior utilizzo di codice di terze parti che alimenta la cultura DevOps farà aumentare i rischi. I componenti compromessi dei container e delle librerie utilizzate in architetture serverless e di microservizi, fanno aumentare la superficie dell’azienda esposta ai rischi e i metodi di difesa tradizionali faranno fatica a tenere il passo. Un altro settore a rischio è quello dei Managed Service Provider, che i criminali informatici sarebbero interessati a colpire per

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Le previsioni di Trend Micro elencate in breve: Il futuro è complesso • Gli attaccanti non avranno problemi ad aggirare patch incomplete e applicate in modo affrettato • I cybercriminali utilizzeranno le piattaforme blockchain per le transazioni clandestine • I sistemi bancari saranno nel mirino con open banking e malware per bancomat • I deepfake creati con l’intelligenza artificiale saranno la nuova frontiera delle frodi aziendali • I Managed Service Provider saranno colpiti per distribuire malware e scatenare attacchi supply chain • Gli attaccanti approfitteranno dei bug trasformabili in worm e deserializzazione Il futuro è esposto • I cyber criminali utilizzeranno dispositivi IoT per azioni di spionaggio ed estorsione • Chi adotterà il 5G dovrà mettere al sicuro le reti softwaredefined • Le infrastrutture critiche saranno colpite da ulteriori attacchi e fermi della produzione • Gli ambienti home office e di lavoro da remoto ridefiniranno gli attacchi supply chain Il futuro è mal configurato • Le vulnerabilità dei container saranno tra i principali problemi di sicurezza per i team DevOps • Le piattaforme serverless aumenteranno la superficie di attacco a causa di errori di configurazione e codici vulnerabili • Errori di configurazione da parte degli utenti e il coinvolgimento di terze parti non sicure, aumenteranno i rischi nelle piattaforme cloud • Le piattaforme cloud saranno preda di attacchi basati sulle loro vulnerabilità come gli SQL iniection, attraverso librerie di terze parti

raggiungere altre organizzazioni e non soltanto per rubare i dati critici, ma anche per installare malware e sabotare fabbriche intelligenti oppure estorcere denaro attraverso il ransomware. Infine, un altro ambito in cui bisognerà fare attenzione sarà quello della supply chain. Spesso i lavoratori si connettono da remoto attraverso reti Wi-fi poco protette oppure creando dei potenziali rischi alla sicurezza ma anche le aziende che interscambiano i dati in modo digitale. Anche le vulnerabilità nei dispositivi domestici connessi potranno essere utilizzate come punto di accesso alle v reti aziendali. 13 PANORAMI


5G e la sfida per la privacy dei dati aziendali e personali Il 5G rappresenta una sfida sull’utilizzo dei dati da parte delle aziende e per la privacy e la riservatezza dei dati. Il punto di vista di Stan Lowe di Zscaler di Giuseppe Saccardi

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egli ultimi anni il tema della riservatezza dei dati è andato crescendo di importanza ed è oggetto di una crescente attenzione. Sotto i riflettori sono in particolare finiti aspetti quali la privacy e i dati personali degli individui. «La gente ha iniziato a rendersi conto che i propri dati e le informazioni personali sono beni di grande valore. Le aziende usano e raccolgono dati per vendere alle persone ciò di cui pensano che abbiano bisogno, per commercializzare numerose idee e costruire rappresentazioni digitali di noi stessi, in modo che possano prevedere cosa faremo o non faremo, come ci comporteremo o cosa compreremo», evidenzia Stan Lowe, Global Chief Information Security Officer di Zscaler L’ampio dibattito che ha seguito l’introduzione del GDPR ha fatto si che le persone oltre ad essersi rese conto del valore dei propri dati, abbiano anche iniziato a chiedersi cosa le aziende ne stiano effettivamente facendo. Un poco alla volta hanno iniziato a prendere il controllo dei propri dati e della propria privacy, rendendo le aziende direttamente responsabili per la loro raccolta e il loro utilizzo.

Il problema dello stare al passo

Un’altra sfida che le imprese devono oggigiorno affrontare è il ritmo con cui i governi sviluppano e attuano le politiche. Nello stare al passo, le aziende emergenti hanno evidenziato una capacità di innovazione con un ritmo più veloce di quan14 PANORAMI

to i governi possano introdurre regolamenti, come il GDPR. «Con le leggi e gli organi governativi che di solito sono più lenti di circa cinque o sei anni rispetto agli innovatori, che introducono costantemente novità sui modi di usare i dati che raccolgono, l’onere di queste aziende è di usare i dati in modo sicuro, equo ed etico» osserva Lowe. In definitiva, i dati personali rappresentano una merce commerciabile. E le aziende hanno molto potere quando si tratta di usare i dati che raccolgono. Quindi sarà importante che, nel prossimo decennio, i dati vengano utilizzati in modo responsabile ed etico.

La sfida del 5G

Tra le sfide da affrontare probabilmente quella più grande per la privacy dei dati nel prossimo decennio sarà costituita dal 5G. Con la sua diffusione su larga scala tutto e tutti diventeranno più connessi che mai. I dispositivi IoT nelle strade e nelle case saranno probabilmente in buona parte connessi in 5G. Alexa, Google Home, l’auto e praticamente tutto ciò che comunemente si utilizza raccoglierà costantemente i dati e li inoltrerà alle aziende per scopi di marketing e per costruire profili digitali. Il rischio di una società orwelliana, gestita non dai governi ma dalle aziende potrebbe essere dietro l’angolo. I dati personali verranno utilizzati in modi sinora mai immaginati, per vendere prodotti, per influenzare e conoscere le persone. «I dati sono un bene di enorme valore, e spesso stiamo cedendo la nostra identità digitale senza nemmeno rendercene conto. Diffondendo conoscenze sulla nozione di identità digitale, su come vengano creati, perfezionati e costantemente aggiornati i profili online delle persone, possiamo imparare a non essere esposti inutilmente anche in questo mondo incredibilmente v connesso» osserva Lowe. Stan Lowe, Global Chief Information Seucirty Officer di Zscaler

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Il ruolo strategico dei vCPE nella virtualizzazione di reti e servizi I vCPE e gli uCPE ricoprono un ruolo chiave nello sviluppo delle VNF e dei nuovi servizi. Luigi Meregalli di CIE Telematica ne evidenzia gli aspetti salienti di Giuseppe Saccardi

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a virtualizzazione delle reti e la distribuzione a livello di periferia (o di Edge) della capacità di calcolo, l’esigenza di attivare rapidamente e a basso costo nuovi servizi hanno accresciuto negli ultimi tempi l’attenzione posta su una nuova interpretazione del classico CPE (Customer Premises Equipment) ovverossia il dispositivo di rete posto presso l’utente finale e riferito come vCPE o CPE virtuale. In sintesi, un vCPE consiste in un approccio che trasforma le operazioni precedentemente basate su hardware in funzioni virtuali basate su software. Se dalla enunciazione concettuale si passa a quella pratica, quello che ne deriva è che i dispositivi di rete degli utenti quali router,

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firewall o VPN sino ad ora basati su hardware dedicato si trasformano in applicazioni software e assumono una incarnazione virtuale fruibile in base alle specifiche esigenze. Il motivo dell’interesse per i vCPE ha varie motivazioni, alcune di costo e altre meramente funzionali. Nel complesso però, è il risultato della ricerca da parte dei provider di soluzioni atte a realizzare infrastrutture di rete a costi più bassi e allo stesso tempo in grado di erogare servizi a valore facilmente attivabili ed espandibili, da aggiungere alla mera fornitura di connettività e di capacità di banda che offre profitti sempre più limitati. L’elenco dei servizi può essere molto lungo ma un esempio è rappresentato dai servizi IP-VPN per la connessione di sedi distribuite, servizi di sicurezza gestita, o il trunking SIP (Session Initiation Protocol). Sono tutti servizi, questi ed altri, che permettono di operare su due piani: da una parte riducendo i costi di erogazione e gestione, dall’altra differenziando i servizi in modo da ottenere un vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti.

vCPE e NFV

La virtualizzazione di un CPE è un processo inserito nel più ampio contesto della virtualizzazione delle funzioni di una rete (NFV). Quest’ultima si riferisce alla separazione delle funzioni svolte da una rete dall’hardware di base. In pratica è una visione per cui è possibile sviluppare funzioni senza doversi dotare di hardware specifico e bloccante ma utilizzando uno strato fisico che svolge le funzioni fondamentali e che lo fa con apparati economici e standardizzati. Il core di una NVF è costituito dalle funzioni che gestiscono servizi quali quelli di firewalling o di load balancer. A loro volta le funzioni NFV possono essere fatte girare su macchine virtuali (VM) nel livello alto dell’infrastruttura hardware della rete così come su un white box (ovverossia un hardware non specializzato) possono risiedere più macchine virtuali che ne utilizzano le risorse.

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Luigi Meregalli, General Manager di CIE Telematica

Espresso come sopra sembrerebbe che tutto vada bene e non ci siano problemi. Dopo tutto si può vedere un vCPE e il suo sistema operativo (OS) come una piattaforma su cui vengono di volta in volta ospitate le funzioni NFV necessarie. Invece delle domande da porsi ci sono e derivano dalla considerazione che : • Si è in presenza di una varietà di fornitori di piattaforme OS vCPE e di opzioni open source. • Diverse esigenze richieste alla piattaforma vCPE e relativo software. • Le modalità di provisioning zero-touch (ZTP) e di gestione dei servizi virtuali e la complessità dei controlli in ambienti cloud e multi-cloud. • Sono diversi i fornitori nella catena del valore, compreso in questo le aziende che forniscono gli uCPU (universal CPE) e le VNF. Prevedere l’evoluzione che si avrà nel futuro non è quindi semplice. Indipendentemente da come si evolverà l’ecosistema in vCPE nel prossimo futuro una società di ricerca e analisi come AvidThink prevede in ogni caso che la piattaforma vCPE ricoprirà sempre più un ruolo strategico nel mercato SD-WAN, considerazione basata sul fatto che già ora molte delle funzioni che semplificano l’uso, la scalabilità e la gestibilità che le aziende si aspettano da una SD-WAN sono fruibili tranne una piattaforma vCPE. Alcune piattaforme vCPE forniscono già funzionalità integrate di tipo VNF come routing e firewall. Linux stesso è già dotato di una serie di funzionalità che potrebbero essere integrate nella piattaforma vCPE per fornire un ampio set di funzioni. Con l’evoluzione del mercato i fornitori di piattaforme vCPE aggiungeranno probabilmente ulteriori funzionalità alla propria piattaforma per far fronte alle esigenze di aziende e service provider.

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L’approccio RAD e CIE per un vCPE a prova di rete virtuale

Passando dai concetti teorici alla loro concretizzazione pratica, una risposta alle esigenze sopra analizzate per quanto concerne in particolare i vCPE, l’ha data RAD, società specializzata nello sviluppo di soluzione per la virtualizzazione dello strato di edge di una rete. Le soluzioni che ha sviluppato, evidenzia Luigi Meregalli, general manager di CIE Telematica (www.cietelematica.it), società di ingegneria che rappresenta storicamente RAD in Italia, hanno l’obiettivo di fornire gli strumenti necessari a operatori e gestori di reti per erogare servizi garantiti basati su CPE virtuali e carrier grade. Tra le funzionalità che li caratterizzano vi sono ad esempio: • Un sistema operative unificato (vCPE-OS) che gira su qualsiasi piattaforma del tipo white box e che garantisce una base comune per il software e le funzioni da erogare. • Dispositivi pluggable per i diversi tipi di connettività richiesta . • Una orchestrazione dei dispositivi di rete tramite il software di gestione e di orchestrazione dei domini centralizzata RADview, orchestrazione che viene realizzata tramite API standard. • Funzioni embedded di sicurezza. «L’aspetto saliente dell’approccio RAD è che il vCPE è una soluzione modulare e aperta che si adatta ad ambienti di rete di qualsiasi fornitore di rete di accesso, VNF, alla piattaforma hardware e alla orchestrazione. Inoltre, il vCPE sviluppato da RAD abilita l’accelerazione dell’hardware e mette a disposizione funzioni specializzate che includono MEF CE2.0, PTP Grandmaster timing e uno switching wire-speed sia a livello 2 che 3. Della rete. E, non ultimo, l’analisi del traffico e l’encryption», ha osservato Meregalli.

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Rete rivoluzionata con i vCPE Service Assured di RAD

Come osservato i fornitori di servizi di comunicazione nel segmento dei servizi alle imprese si trovano ad affrontare una forte concorrenza, sia da parte di giganti OTT che offrono servizi di connettività cloud semplici ed economici, sia da fornitori SDWAN che offrono un’alternativa a basso costo alle VPN basate su protocollo IP. Per far fronte a queste esigenze, un primario fornitore di servizi di livello 1 operante nel sud est asiatico, ha adottato la soluzione vCPE Service Assured di RAD come parte di un progetto per trasformare profondamente la sua rete in una rete NFV / SDN (. La soluzione adottata dal provider include le piattaforme pCPE ETX-2v uCPE e ETX-2p a livello di sito aziendali, entrambe che girano sul sistema operativo vCPE aperto che ha il compito di gestire le risorse dedite alla virtualizzazione, nonché l’orchestrator di domini RADview integrato con SDN / NFV Orchestrator. uCPE e pCPE di RAD verranno utilizzati per continuare a fornire servizi IP VPN esistenti su MPLS e banda larga, ma consentiranno anche l’erogazione di servizi a valore aggiunto che finora non erano possibili. Tali servizi includono l’accesso sicuro e affidabile a cloud pubblici e privati, firewall personalizzati, soluzioni DDoS, Intrusion Detection Systems (IDS) / IPS e altri. Il fornitore di servizi prevede inoltre di qualificarsi nei confronti dei concorrenti utilizzando vCPE Toolbox per offrire servizi personalizzati a settori verticali specifici. Ad esempio, un pacchetto di servizi su misura per le filiali al dettaglio potrebbe includere un firewall per il breakout locale di Internet, l’ottimizzazione WAN, il controller WiFi gestito e un servizio CCTV gestito, mentre nel settore della logistica potrebbe includere anche RFID gestito per il tracciamento degli asset e il tracciamento dei veicoli. Ciò consentirà ai clienti finali aziendali e delle PMI, ha osservato Luigi Meregalli, anche di utilizzare un portale self-service per implementare e attivare autonomamente varie funzioni del loro v servizio dati aziendale. 17 PANORAMI


L’ICT non è mai stato tanto semplice, il problema è che sembra troppo semplice

CLOUD HOSTING E MANAGED SERVICE 18 PRIMO PIANO

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CLOUD, PUBBLICO, IBRIDO E PRIVATO, HOSTING E MANAGED SERVICE

di Gaetano Di Blasio

Le soluzioni, le scelte e le strategie per un futuro sempre più integrato e variegato

G

ià lo scorso anno molte aziende dimostravano di riconoscere l’importanza di perseguire una strategia multicloud per avere successo nei processi di trasformazione digitale, come spiegava Sergio Patano, Associate Research Director, IDC Italy presso IDC Italy. Ciononostante non tutte le aziende hanno compreso i rischi di una strategia cloud non adeguata alle proprie esigenze. Prima di tutto, specifichiamo cosa significa “multicloud” e come questo sia distinto da hybrid cloud, adottando la tassonomia IDC, che usa la seguente definizione: è multicloud

un ambiente che si basa su due o più cloud (public o private). Un’azienda può adottare simultaneamente cloud provider differenti per servizi d’infrastruttura (IaaS), di piattaforma (PaaS) o software (SaaS), oppure più provider per lo stesso servizio. L’integrazione tra i vari cloud non è richiesta. Quest’ultimo punto distingue un ambiente multicloud da uno definito “hybrid cloud”, un sottoinsieme formato sempre da un mix di servizi cloud private e public ma con integrazione e orchestrazione tra le varie piattaforme, così da permettere ai dati e alle applicazioni di essere condivisi e interoperabili.

Interoperabilità in un ambiente multicloud Mentre si diffonde il multiclou, le imprese devono valutare con attenzione come combinare le proprie scelte infrastrutturali, per non cadere negli errori di un rigido passato e, nel contempo, non lasciarsi influenzare dall’euforia della semplicità con cui si può accedere a tecnologie avanzate. Il rischio, per esempio, è quello di perdere il controllo dei costi.

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Cloud hosting e managed service PRIMO PIANO


Gli analisti di IDC, da parte loro, mettono l’accento sull’interoperabilità quale vero fattore simbolo di un approccio strategico per il cloud. Secondo gli esperti della nota società di analisi e ricerca, un’importante percentuale delle imprese che hanno sposato il multicloud fatica a garantire una piena interoperabilità tra i vari cloud. Più precisamente, gli analisti calcolano che il 36%, delle aziende (2mila prese in considerazione a livello mondiale) non riuscirà a raggiungere un livello di interoperabilità significativo, tra i vari cloud in uso, entro due anni. Gli analisti mettono in guardia rispetto un importante problema: “ Se le aziende non dispongono di uno strumento unificato per gestire più cloud, il risultato saranno silos di workload e di dati, con gli stessi problemi deglie ambienti legacy, che il cloud dovrebbe evitare per una maggiore efficienza, anche e soprattutto economica. Utilizzando più cloud pubblic, sostengono in IDC “i, le aziende possono scegliere le migliori tecnologie (il cosiddetto best-of-breed), ridurre i costi ed evitare il vendor lock-in”. Serve, però, uno strumento unificato per gestire i vari cloud, scegliendo, per esempio, applicazioni SaaS, per strumenti ben consolidati e infrastrutture adeguate per determinati workload.

Cloud hosting e managed service PRIMO PIANO

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Un sistema di orchestrazione consente di poter sfruttare più tecnologie e meglio. “I cloud ibridi, dove l’interoperabilità è il fattore distintivo, forniscono ulteriori vantaggi quali: “opex ridotto, migliore sicurezza, maggiore conformità, facilità di monitoraggio e gestione, posizionamento ottimale dei carichi di lavoro, accesso ai dati per le diverse applicazioni, automazione completa e altro ancora. Non tutti i risultati dell’indagine sono negativi. In particolare, gli analisti hanno evidenziato che diversi fornitori IT nonché fornitori di servizi cloud, stanno sviluppando strumenti appropriati per apportare un’esperienza cloud ibrida coerente. Per questo gli analisti ritengono probabile che fra due anni la maggior parte delle imprese disporrà di cloud ibridi o, come minimo, di

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ambienti multicloud con un significativo livello di interoperabilità.

Strategie e sfide Le ziende, per altro, devono, come accennato, valutare l’intera strategia per il cloud e il multicloud, innanzitutto decidendo quanto “veloce” deve essere. Fondamentale è il coinvolgimento in azienda: occorre che il dipartimento IT collabori con le cosiddette liee di business, sottolinea Patano, che aggiunge quanto sia importante disegnare una sequenza agevole per una migrazione verso il multicloud. Questo, per esempio, impone un’analisi accurata dell’impatto sulla struttura IT. Il cloud, sostengono sempre in IDC, impone nuovi KPI, che discendono dalle esigenze di business in continua evoluzione dal punto

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di vista tecnologico, si pensi alle nuove app e, più in generale alle nuove forme di lavoro e d’interazione con la clientela. Vanno anche acquisite capacità aggiuntive per il supporto e la messa in esercizio. Il tutto con un approccio sempre più olistico. Il multicloud, in tal senso, permette di facilitare l’implementazione di strategie, come, per esempio, quelle relative alla sicurezza e alla governance. Inoltre come accennato, può consentire di ottimizzare costi e trasparenza dei consumi. Le prestazioni possono altrettanto essere gestite con maggiori risultati, contemporaneamente migliorando l’integrazione e delle applicazioni e dei processi di business. D’altro canto, evidenziano gli analisti di IDC, non si ottiene tutto ciò per “magia”. In altre parole non sono tutte rose e fiori, ma occorre superare alcune sfide, quali: • la non facile portabilità delle applicazioni tra IaaS; • la scarsa possibilità di monitoraggio e gestione unificate; • avere un’unica policy di sicurezza fra differenti cloud; • la difficoltà di creare un unico workflow tra CSP differenti; • mantenere traccia dei costi; • la difficoltà d’integrazione con l’infrastruttura on premise per lhybrid. v

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Cloud hosting e managed service PRIMO PIANO


Il cloud ibrido si conferma come il modello preferito per l’IT L’area EMEA è in linea con il piano

quinquennale per la migrazione al cloud ibrido, ma in ritardo nel breve termine. Lo evidenzia un report realizzato da Nutanix

di Giuseppe Saccardi

N

utanix, società che sviluppa soluzioni per l’enterprise cloud computing, ha annunciato i risultati per la regione EMEA del report annuale Enterprise Cloud Index. NUTANIX Il report è stato realizzato da ENTERPRISE Vanson Bourne. LA società di EX D UReqDuireIN LO C Drive to ts men Application ricerca ha intervistato 2.650 Hybrid Cloud Growth responsabili delle decisioni in ambito IT in 24 paesi, in merito a quale tipologia di cloud utilizzano per le loro applicazioni aziendali e quale prevedono di utilizzare in futuro, alle problematiche degli ambienti cloud e a come i loro progetti cloud si sovrappongono rispetto ad altri progetti e priorità IT. I dati ottenuti mostrano che, come in altre regioni, le aziende in Europa, Medio Oriente e Africa continuano a considerare il cloud ibrido come il modello IT ‘ideale’, ma che l’implementazione di tale approccio, con la migrazione delle applicazioni fuori dal data center, sta richiedendo più tempo di quanto previsto. Anziché ridurre l’utilizzo dei data center di circa il 20% entro il 2019 (come previsto dagli intervistati nell’Enterprise Cloud Index EMEA 2018), il report di quest’anno evidenzia al contrario un aumento effettivo di quasi il 14%, di pari passo con un calo dell’utilizzo del cloud ibrido di circa il 5%, in contrapposizione al 7% di incremento previsto in precedenza. Il risultato è che le aziende nella regione EMEA si trovano in ritardo di circa 6 punti percentuali rispetto alle Americhe nell’implementazione 2019 Edition

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del cloud ibrido nonché in termini di adozione di un approccio multi-cloud. Nonostante questi dati, tuttavia, le aziende intervistate indicano piani ambiziosi per rafforzare la penetrazione del cloud ibrido nella regione dall’attuale 12% al 53% entro il 2024.

L’impatto della sicurezza Al fine di spiegare le disparità, il report rileva approcci contrastanti e meno entusiasmo in tutta la regione EMEA quando si prende in considerazione il ruolo del cloud pubblico in un progetto di cloud ibrido. Per esempio, le aziende di quest’area hanno indicato la sicurezza dei dati e la conformità come i principali vantaggi del cloud pubblico più spesso (circa il 19%) di quanto le Americhe e la regione APJ abbiano scelto qualsiasi altro fattore, mentre, allo stesso tempo, più della metà (60%) considera la sicurezza una delle principali sfide del cloud pubblico. Un minor numero di aziende nella regione EMEA riferisce che il cloud pubblico soddisfa “totalmente” le loro esigenze rispetto ad altre regioni. Inoltre, in questa regione vi è una maggiore propensione a superare il budget stanziato per il cloud pubblico, cui si aggiunge la necessità di perfezionare i piani e, talvolta, di far rientrare i carichi di lavoro nel data center al fine di

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Figure 2. Which IT Operating Model Is the Most Secure?

adeguarsi velocemente per l’implementazione del loro modello di cloud ibrido preferito. I risultati del report per la regione EMEA evidenziano in particolare che: • In linea con le tendenze globali, i piani di migrazione dai data center tradizionali verso il cloud ibrido - ipotizzati nel 2018 nella regione - non si sono ancora concretizzati. L’utilizzo dei data center è in realtà aumentato del 14% nel 2019, invece di diminuire come previsto nel report del 2018, mentre i dati del cloud ibrido sono diminuiti del 5% invece dell’incremento previsto. • Nonostante la battuta d’arresto a breve termine, la regione riferisce di piani aggressivi per sostenere l’uso del cloud ibrido nei prossimi cinque anni. Si prevede che la penetrazione del cloud ibrido nella regione EMEA passerà dal 12% a circa il 53% entro il 2024. • Le aziende della regione sono meno ottimiste nei confronti del cloud pubblico come parte di una strategia di cloud ibrido rispetto ad altre aree. Inoltre, sono anche leggermente meno propense a utilizzare un cloud privato gestito o ospitato come parte di un ambiente cloud ibrido delle aziende nelle Americhe e nell’area APJ. • Per le aziende la sicurezza dei dati è uno dei principali vantaggi del cloud pubblico nonché la sua sfida più grande. Le aziende interpellate hanno scelto la sicurezza dei dati e la conformità come i principali vantaggi del cloud pubblico più spesso (circa il 19% delle volte) di quanto le Americhe e la regione APJ abbiano scelto qualsiasi altro fattore. Allo stesso tempo, tuttavia, più della metà (60%) considera la sicurezza una delle principali sfide del cloud pubblico. • Le competenze IT esistenti e la portabilità delle applicazioni cross-cloud hanno una minore influenza nel processo decisionale

28%

Hybrid Cloud

21%

On-Prem Private Cloud

14%

13%

Hosted/ Managed Private Cloud

Traditional Datacenter

9%

9%

Public Cloud

Multicloud

Numbers in the various rows may not add up to 100% due to rounding.

Il modello cloud ritenuto rispetto ad altre regioni.trajectory Tutte leforaree geoEnterprises’ anticipated short-term cloud deployment the past year fell sh più sicuro 2018 Enterprise Cloud Index respondents predicted that their hybrid and multicloud use wo

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grafiche prese in considerazione ritengono che la sicurezza tra cloud abbia il maggior impatto potenziale sul futuro del cloud computing. Tuttavia, mentre il 46% delle aziende Nearly a quarter (23.5%) of respondents currently aren’t running any cloud technology t However, respondents’ reported plans indicateethat in one number of enterp delle Americhe quasi il year’s 44% time, delletheaziende with no cloud deployments will plummet to 6.5% and in two years’ time will drop by more t half to 3%. Regionally, thein Americas reported aritengono slightly lower of non-cloud Asia-Pacifico leincidence competenze IT use (2 compared to EMEA (25%) and APJ (24%). esistenti fattori importanti per il processo decisionale, le controparti in EMEA rispondono con solo il 38%. Analogamente, il 42% e il 43% delle aziende nelle Americhe ed Asia-Pacifico, rispettivamente, hanno citato la portabilità delle applicazioni come il principale fattore di influenza del cloud, contro il 36% delle aziende della regione EMEA. v Aziende che pianificano o

each increase by about 8% during the past year. However, overall cloud usage actually drop slightly. At the same time, use of traditional datacenters gained ground in 2019, increasing b overall, despite respondent predictions a year ago that usage would actually drop by 20.5% months’ time.

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utilizzano il cloud

There’s a need for both public and private clouds. Some industries’ security regulatio require on-premises Percentage of ECI respondents running or operations, so you hav planning to deploy cloud types to have a private option.

Figure 1. Current & Planned IT Deployments

– Ryan 52.8 Arnold, IT Director, Acumen, 51.7 LLC, Mesa, AZ +38.6 34.4 13.1

T H E N U T A N10.5 IX

32.5

22.6

ENTERPRISE

Now

Hybrid Cloud

37

-

18.7

-

17.7

21.9

20.5

CLOUD INDEX

Within 12-24 Months MultiCloud

10

+

15.7 15.8

In 3-5 Years Private Cloud

Net Change in 5 Years Traditional Datacenter

The hybrid cloud IT model is not yet pervasive, but enterprises say they plan to grow their hybrid deployments by nearly 39% over the next 5 years. Numbers in the various rows may not add up to 100% due to rounding.

Key Findings The research illustrates the following key findings:

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Cloud hosting e

Enterprises continue to rank hybrid cloud as the “ideal”managed IT operatingservice model. About 85% o respondents agreed or strongly agreed with the statement that “hybrid cloud is the ideal IT PRIMO PIANOto match the rig for my organization.” Among the reasons indicated are having the flexibility cloud to each application and use case (cited by 62% as a primary benefit of hybrid cloud)


Il computing ibrido domina la strategia IT

Vertiv prevede nuovi equilibri nel settore dei data center e che la velocità di implementazione diventerà un differenziatore critico

di Giuseppe Saccardi

I

l mercato sta cambiando, la trasformazione delle infrastrutture IT, e di conseguenza del suo motore, il data center, si sta spostando verso modelli cloud, hyperscale e colocation. Vertiv, società che progetta, realizza e fornisce soluzioni e servizi per le applicazioni mission critical, ritiene che questa tendenza continuerà a crescere, ma verrà accompagnata dallo sviluppo dell’edge, accelerato dai trend come il 5G e l’IoT. Un edge computing con forme diverse, che possa avvicinare l’infrastruttura all’utente e consenta di abilitare nuove applicazioni, dedicate, per esempio, alle smart city o alle macchine a guida autonoma, con tecnologie innovative che impongono potenza di calcolo alla periferia. In particolare, con l’inizio del 2020 le imprese dovrebbero rallentare sempre più il dibattito “on premises o cloud” che ha letteralmente dominato le conversazioni dei senior manager negli ultimi anni, a favore delle architetture ibride che incorporano modelli di cloud pubblico e privato e asset edge collegati a una rete riconfigurata. «Sta emergendo un nuo-

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vo equilibrio nell’area dei data center, in quanto il settore affronta sfide sul versante della capacità e delle applicazioni avanzate che impongono modifiche significative ai data center di tutte le forme e dimensioni - ha affermato Stefano Mozzato, Country Manager di Vertiv in Italia -. Allo stesso tempo, la velocità di implementazione sta diventando sempre più un punto di svolta nelle decisioni tecnologiche e probabilmente plasmerà investimenti e innovazione in questo spazio nel corso dei prossimi anni. Ciò si manifesterà in molti modi, ma il messaggio ai provider di apparecchiature per data center è chiaro: lo status quo non è più accettabile». Le architetture ibride sono sempre più diffuse. Nonostante il cloud computing continuerà a costituire, nella maggior parte delle organizzazioni, una parte

Stefano Mozzato, Country manager di Vertiv in Italia

importante della strategia IT, stiamo assistendo a un suo leggero cambiamento in quanto le imprese cercano di adattare il mix e la spesa IT alle esigenze delle proprie applicazioni. Man mano che aumenta la presenza di queste architetture ibride, infatti, diventa sempre più chiaro che il data center aziendale è vivo e in ottima salute, anche se il suo ruolo sta cambiando per riflettere un mix che soddisfi al meglio le organizzazioni moderne. Oggi, in un ambiente sempre più distribuito, integrato e digitalizzato, la continuità operativa garantita 24/7, diventa un aspetto imprescindibile e Vertiv, grazie ai servizi offerti alle imprese, si conferma essere presente anche in un futuro dove il ‘nuovo centro sarà la periferia’ e dove l’edge si affiancherà al data center tradizionale, supportando appieno lo sviluppo del business. Con Vertiv LIFE Services, l’azienda fornisce assistenza remota, diagnostica e monitoraggio preventivo per UPS e unità di condizionamento, consentendo di estendere il ciclo di vita delle apparecchiature, riducendo i tempi di fermo e mantenendo sempre un livello di performance ottimale per le infrastrutture. v

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Centro Computer cavalca l’onda del cloud

di Paola Saccardi

Il system integrator supporta l’adozione del cloud con l’offerta della soluzione SimplyCloud basata sulla piattaforma Microsoft Azure

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entro Computer, società di consulenza specializzata in prodotti, servizi e soluzioni IT per le aziende, presenta ‘SimplyCloud’, il nuovo servizio sviluppato sulla piattaforma Microsoft Azure. Il System Integrator continua a investire nelle aree dedicate alle soluzioni per la locazione operativa e ai servizi in cloud, avendo nel 2019 acquisito anche la certificazione come Microsoft Gold Cloud Partner. Le aziende stanno implementando le soluzioni in cloud, apprezzando gli innumerevoli vantaggi assicurati dalla nuova piattaforma in termini di elasticità e funzionalità superiori a quelle erogate dai tradizionali data center on premise. In particolare, oggi ci si aspetta dal cloud una nuova agilità organizzativa per vincere le nuove sfide di business, una migliore qualità e usabilità delle applicazioni e soprattutto la possibilità di allineare i costi in base al numero di utenti e alla durata del servizio previsto. Per rispondere prontamente alle nuove esigenze, Centro Computer ha realizzato ‘SimplyCloud’, la nuova soluzione che consente di risparmiare su tempi e costi, delegando al system integrator tutte le attività legate alla gestione del data center. SimplyCloud integra i servizi specializzati di cloud sviluppati da Centro Computer sulla piattaforma Microsoft Azure, per consentire alle organizzazioni di creare, distribuire e gestire soluzioni che in precedenza richiedevano investimenti e installazioni di infrastrutture locali.

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«I segnali che le imprese si stanno spostando verso la migrazione al cloud sono estremamente chiari - spiega Roberto Vicenzi, Vicepresidente di Centro Computer - e la tendenza che osserviamo è legata all’implementazione di hybrid cloud, il modello architetturale che consente l’integrazione di strumenti IT on premise aggiungendo i relativi servizi sul cloud. Parliamo di un cloud che non è più visto come approccio per vincolare il cliente, ma come abilitatore di nuove funzionalità che possano coprire in modalità pervasiva e veloce, le esigenze delle imprese.» SimplyCloud garantisce sicurezza al data center. Il servizio Cloud IAAS di Centro Computer è la soluzione flessibile con garanzia di costi certi che si adatta alle esigenze di gestione di ogni data center. Tre i livelli di Virtual Machine previsti (Small - Medium e Premium), che consentono di coprire ogni necessità del cliente. Ogni VM offre a corredo anche i servizi di cloud backup, di supporto remoto 24x7, di disaster recovery e di monitoring. La soluzione SimplyCloud fornita da Centro Computer assicura ai clienti di guadagnare tempo per le attività a valore tramite un servizio gestito, comprensivo di tutte le attività di amministrazione, supporto L1, L2, L3 incluso. Consente di aumentare sicurezza e SLA del data center senza costi upfront, includendo backup, DR e SLA dichiarati e garantiti da Microsoft. v

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Roberto Vicenzi, Vice presidente di Centro Computer

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Il programma MSP di Check Point disponibile con Arrow Attraverso la piattaforma cloud ArrowSphere il distributore fornisce l’accesso ai partner di canale al programma MSP del vendor di sicurezza di Paola Saccardi

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l distributore Arrow Electronics con la piattaforma cloud multi-tier ArrowSphere, ha reso più facile per gli operatori del canale accedere ai prodotti cloud dei vendor per creare soluzioni soddisfacenti per i propri clienti. Ora il distributore ha annunciato la disponibilità su ArrowSphere, dell programma Managed Service Provider (MSP) di Check Point, con l’obiettivo di supportare l’accelerazione del business sulla sicurezza cloud del vendor. Come parte del programma, è disponibile, attraverso la piattaforma ArrowSphere come licenza, utilizzando il modello Pay-As-You-Go, la soluzione di sicurezza CloudGuard IaaS di Check Point. CloudGuard IaaS di Check Point, protegge dalle minacce informatiche le risorse nel cloud, con scalabilità dinamica, provisioning intelligente e controllo su reti fisiche e virtuali. CloudGuard IaaS supporta un’ampia gamma di piattaforme cloud pubbliche, private e ibride. Funzionalità avanzate come l’auto-provisioning e l’auto-scaling insieme agli aggiornamenti automatici delle policy garantiscono che le protezioni di sicurezza siano sempre allineate ai cambiamenti del cloud. Inoltre, CloudGuard IaaS supporta un’unica console unificata per una visibilità coerente, la gestio-

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ne delle policy, la registrazione, la reportistica e il controllo in tutti gli ambienti cloud. Attraverso la piattaforma ArrowSphere i partner di canale possono quotare, ordinare, gestire, analizzare e fatturare un’ampia varietà di soluzioni cloud. Grazie alle funzionalità e all’user experience migliorate, la piattaforma è stata progettata in modo da ottimizzare la connessione tra i provider di servizi cloud, i partner e gli utenti finali. Un team dedicato di ArrowSphere aiuta i clienti a gestire l’intero flusso di lavoro e supporta i partner di canale nell’impostazione e nello sviluppo delle offerte in cloud. «CloudGuard IaaS è la prima soluzione di Check Point resa disponibile su ArrowSphere - afferma Alexis Brabant, vice president sales del business di Arrow Enterprise Computing Solutions in EMEA -. La sicurezza viene continuamente citata come una barriera per l’adozione del cloud aziendale su larga scala. CloudGuard IaaS e Arrow forniscono una risposta per facilitare l’adozione e l’espansione dei servizi cloud, consentendo ai partner di canale di servire i propri clienti con una gestione della sicurezza centralizzata e in outsourcing». Olivier Huck, responsabile del canale EMEA di Check Point, ha sottolineato: «Inserendo CloudGuard IaaS su ArrowSphere, Check Point offre ulteriori funzionalità a partner e clienti per gestire con successo i nuovi modelli di business, rafforzando al contempo la collaborazione strategica con Arrow, il nostro più grande distributore in EMEA». v

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Il modello di Achab per i Managed Service Provider La soluzione per l’innovazione delle piccole e medie imprese racchiusa nella formula del servizio gestito

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l distributore a valore aggiunto, specializzato nella scelta di soluzioni progettate per le piccole e medie imprese, spinge i partner a valorizzare le attività che hanno portato alla crescita lo scorso anno. Pronti una seri di appuntamenti caratterizzati dai cardini della strategia Achab: ascolto, fiducia, supporto, formazione, crescita, specializzazione e valore. Con un focus incentrato sulla distribuzione di di Gaetano Di Blasio soluzioni software infrastrutturali a valore, l’azienda italiana aiuterà a crescere, con eventi e iniziative varie, i partner che hanno abbracciato il modello MSP e di chi si accinge, invece, per la prima volta a conoscere il mondo dei servizi IT gestiti come modalità per sviluppare il proprio business, lavorando in maniera più efficace ed efficiente. Lo scorso anno Achab ha raggiunto una crescita del 17,8% rispetto al fatturato dell’anno precedente, e per il 2020 la previsione è di superare i 10 milioni di euro puntando sia sui prodotti vincenti già presenti a portfolio, sia su nuovi prodotti. Andrea Veca, Ceo di Achab In particolare, il distributore italiano, ha selezionato nuove soluzioni in ambito sicurezza e governance con l’intento di fornire agli MSP degli strumenti efficaci, e di valore, capaci di risolvere problematiche specifiche dei propri clienti. Come accennato, il calendario di Achab presenterà nuove iniziative ideate sulla base delle specifiche esigenze dei partner. Al centro, il MSP Day di riccione, che ravviverà il consolidamento e la formazione della community degli MSP in Italia.

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A Riccione vengono presentate le migliori soluzioni tecnologiche disponibili sul mercato per consolidare l’efficienza degli IT service provider italiani. Grande il successo dello scorso anno, tanto che è stato concepito quest’anno anche nella versione Symposium per affrontare tematiche focalizzate sulla crescita degli MSP come aziende. La prima tappa si è tenuta a inizio febbraio a Milano, con la partecipazione di oltre 110 persone per 93 aziende che si sono confrontate con relatori d’eccezione per capire più nel dettaglio il modello di business dei servizi IT gestiti, quali servizi inserire a portfolio e come prezzarli correttamente e con quali metriche misurare il rendimento della propria attività. I prossimi appuntamenti si svolgeranno il 10 luglio a Padova, dove si parlerà di strumenti funzionali al miglioramento delle performance di vendita, di come trasformare i clienti in ambasciatori, come strutturare un’offerta ICT vincente e misurarne i risultati, ed infine la tappa del 16 ottobre a Bologna, i cui contenuti verranno definiti sulla base delle richieste degli MSP stessi. Nel corso dell’anno, l’Achab Tour 2020 si riconferma come roadshow itinerante in 24 città italiane, ponendosi come momento di incontro con i clienti, oltre che con nuove realtà che ancora non conoscono il modello MSP. Non mancheranno gli eventi verticali dedicati alle soluzioni dei vendor rappresentati e altre numerose iniziative di fidelizzazione e di networking, come Aclub, l’ormai consueto appuntamento dedicato ai clienti di Achab in programma il 24 e 25 settembre sul Lago di Garda. v

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CARTA E DIGITALE S’INTEGRANO IN NOME DEL BUSINESS di Gaetano Di Blasio

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L’inchiesta di Partners sul Printing e Document Management conferma le tendenze evidenziate nella precedente indagine sullo stesso tema

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a stampa era necessaria, quando i documenti erano cartacei, ma sono decenni che i computer hanno raggiunto una diffusione di massa e da quasi un ventennio si è ipotizzato “l’ufficio senza carta”. Indubbiamente se ne consuma molta meno, ma il suo utilizzo resta alto. A livello governativo sono state avviate innovazioni che vanno nella direzione del digitale. E si è sentito il passaggio alla fattura elettronica, che non sembra abbia ridotto l’uso della carta,

Utilizzate una soluzione di Printing as a Service in Ufficio? (per esempio stampa in cloud)

Si

No ma prevediamo di adottarne una entro i prossimi 12 mesi No e non prevediamo di adottarne una entro i prossimi 12 mesi 0

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almeno non in maniera significativa presso le piccole e medie imprese. Per le piccole, anzi, si è trattato di un aggravio operativo, mantenendosi in parallelo il processo consolidato cartaceo e quello digitale. Come al solito, si dovrà aspettare perché si assesti il processo finale. Esistono, peraltro ambiti in cui è ancora necessario l’uso della carta. Sul fronte dei servizi gestiti, il dato che abbiamo rilevato è interessante e conferma la tendenza in atto non solo per il mondo del printing, ma più in generale per diverse attività operative dell’IT il ricorso ai servizi gestiti. Si sta consumando, infatti, il passaggio che vede i “vecchi” reseller, trasformarsi in fornitori di servizi che si occupano di alcuni processi, se non dell’intera infrastruttura in outsourcing. Il supporto del cloud è fondamentale per questo passaggio e nel caso del printing e document management si inizia a vederne i riscontri. Certamente si devono ancora assestare le dinamiche di mercato, ma, intanto si è notato che poco meno del 10% fra coloro che hanno risposto, utilizzano un sistema avanzato e completo, con

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Utilizzate un servizio gestito della flotta stampanti comprensivo di manutenzione e consumabili? anche la stampa in cloud. Inoltre, il 13,64% ne ha programmato l’adozione entro i prossimi 12 mesi. Come accennato, il servizio in cloud deve ancora trovare estimatori, almeno tra i nostri lettori, il 77% dei quali non è interessato. Ma più significativa ci sembra la richiesta di servizi gestiti: il 50°% già ne utilizza uno e un altro 22,73%ne ha programmato la sottoscrizione entro il prossimo anno. Resta un 27,27%, che non è interessato al servizio gestito, all’interno del quale vi è anche chi appartiene a piccole imprese che del printing fanno un basso uso e preferiscono un’autogestione, rivolgendosi a un classico retailer.

La gestione documentale e lo scanner scomparso Coerentemente, a nostro avviso, con la maturità espressa dai rispondenti al sondaggio che hanno scelto un servizio gestito, la maggioranza ha indicato di utilizzare una soluzione di gestione dei documenti che è collegata a un sistema di archiviazione sostitutiva. Si tratta di una piccola maggioranza, rispetto al 50% espresso prima, ma

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Si

No ma prevediamo di adottarne una entro i prossimi 12 mesi No e non prevediamo di adottarne una entro i prossimi 12 mesi 0

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Utilizzate una soluzione per la digitalizzazione dei documenti? Si ed è collegata a un sistema di archiviazione sostitutiva Si, ma non è collegata a un sistema di archiviazione sostitutiva No, ma prevediamo di adottarne una entro i prossimi 12 mesi No e non prevediamo di adottarne una entro i prossimi 12 mesi 0

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Utilizzate una soluzione per la digitalizzazione dei documenti?

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solo perché questa fascia che abbiamo considerata “matura” si è divisa. Una percentuale, sul totale dei rispondenti, ha infatti dichiarato di usare una soluzione per la gestione documentale, ma, per il 22,73%, non è collegata all’archiviazione sostitutiva. Un 18% circa prevede di accrescere l’infrastruttura per la gestione documentale entro il prossimo anno, ma il 22,73% non ne vuole sapere. Venendo, invece, ai dispositivi utilizzati nelle aziende, abbiamo pubblicato i dati, ma dobbiamo fare una doverosa premessa: in generale lasciamo liberi i lettori di saltare le domande, anche

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Qual è la percentuale di dispositivi aziendali per la stampa a colori? perché non capita praticamente mai che vengano saltate le risposte. C’è stata un eccezione, quindi il campione dei rispondenti, per questa domanda è stato inferiore e pari 35 individui. Forse questa riduzione aiuta a spiegare lo zero percento di utilizzatori di scanner, che non è coerente con l’uso di soluzioni per la digitalizzazione dei documenti nei processi di gestione documentale. D’altro canto, una parte importante dei rispondenti ha indicato l’uso di multifunzione, che dispongono di scanner. Tutte le medie e piccole imprese che abbiamo sentito di persona, ci hanno confermato che il multifunzione è lo strumento polivalente per tutte le loro esigenze.

Un colore smunto Se, in parte si stampa meno, in cambio lo si fa a colori. Questo, almeno, per quella fascia di “maturi”. Non siamo entrati nel merito di quanto e per cosa si stampi, magari potremo aggiungere una sezione aggiuntiva all’inchiesta sul printing. In effetti, la percentuale di dispositivi che possono utilizzare il colore è il 100% per i maturi, che, in aziende medie,

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Come sono distribuiti i dispositivi di stampa in azienda?

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Quali applicazioni sono configurate in azienda per la stampa e la scansione?

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Scansione su device

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Quali soluzioni/policy sono implementate in azienda per la sicurezza del printing/document management?

Stampa on demand tramite badge personali

Stampa con inserimento codice sul dispositivo

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stampano anche brochure e documenti commerciali. Per molte grandi, invece, come ci ha confermato il manager di una banca, si stampa in bianco e nero e e si tende a eliminare quanto più è possibile di cartaceo, in onore alla digitalizzazione. Tale strategia potrebbe sposarsi con il dato che vede pochi dispositivi a colori in molte aziende: il 40,91% dei rispondenti ha dichiarato di usare meno del 25% di dispositivi dotati di colore. Per quanto riguarda la disposizione degli apparati, possiamo osservare che prevale la logica dipartimentale, che, spesso, si combina con una suddivisione su piani diversi. Solo un 13,64% di aziende è organizzata con stampanti desktop, quindi utilizzate da singoli individui. Per un 22% circa, invece, è stata scelta la disposizione di isole di printing. Sarà interessante osservare l’evoluzione di queste scelte, che si stanno rapidamente adeguando alle logiche di smart workspace. A tal proposito si può confrontare il dato con la presenza e l’utilizzo di applicazioni configurate in azienda per la

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stampa e la scansione. Si nota una prevalenza della scansione su device, con una percentuale del 72,73%, mentre il direct printing da dispositivo mobili è utilizzato da 27,27% dei rispondenti.

La sicurezza sulla carta La dotazione di strumenti per la sicurezza del printing, almeno “sulla carta” sembra far sperare bene, visto che le soluzioni ci sono. Manca il dato sul reale utilizzo. Mi spiego: il fatto che gli strumenti ci siano, non garantisce che siano correttamente configurati. In conclusione c’è una certezza: il dato che non sorprende è la quantità di processi aziendali che necessitano di utilizzare la carta: quasi il 40% non ne può fare ancora a meno. v

L’Ufficio senza Carta sembra essere una chimera, o se ne comincia a vedere l’ombra? Che percentuale di processi aziendali prevede l’uso di documenti stampati (per esempio, circolari, bolle di accompagnamento, ricevutee così via)?

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La gestione smart dei documenti aziendali Brother spiega che l’ufficio senza carta resta una chimera, ma carta e digitale si possono e si devono integrare

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caffali, carta e polvere. Il viaggio nell’inefficienza di uffici e aziende parte da qui: da archivi affollati di documenti cartacei densi di informazioni potenzialmente utili al business, ma completamente scollegati dai flussi operativi più importanti. La gestione delle informazioni è uno dei processi critici all’interno di uffici e imprese e dovrebbe essere alimentato da tutti i dati disponibili, per supportare al meglio le capacità decisionali. Non è facile, ma raccogliere e organizzare i dati in un archivio strutturato e facilmente consultabile non è nemmeno un obiettivo irraggiungibile. Obbliga, però, alla messa a punto di un bacino informativo interamente digitalizzato, ma nel quale i processi cartacei rivestono ancora un ruolo predominante. Infatti, nonostante l’avvento di pc, smartphone, tablet e cloud, la profezia della società senza carta non si è ancora avverata. Si stampa sempre di meno e meglio, ma in ogni caso si stampa ancora. La vera sfida, quindi, è quella d’i integrare tradizione e innovazione, carta e digitale. In questo contesto, la digitalizzazione dei documenti si sta ritagliando un ruolo sempre più importante all’interno di uffici e Pmi, perché libera le informazioni contenute nelle pagine

di Gaetano Di Blasio

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stampate, alimentando i processi di business. La loro dematerializzazione permette, infatti, una condivisione più veloce delle informazioni, l’elaborazione di risposte in tempo reale, l’accesso da remoto ai dati, una maggiore protezione delle informazioni, flussi operativi più efficienti e completamente tracciabili, l’integrazione dei documenti in processi già digitalizzati, la veicolazione delle informazioni su più canali di comunicazione e, ultimo ma non meno importante, un risparmio sugli spazi fisici di archiviazione.

La spinta alla dematerializzazione e i servizi di scansione A fronte dei suddetti vantaggi, le aziende sono sempre più consapevoli che la trasformazione digitale garantisce una migliore gestione interna di tutti i dati a disposizione. Questa necessità le spinge verso una dematerializzazione delle informazioni, che consente una gestione efficiente di grandi quantità di documenti da utilizzare nei diversi flussi operativi. Migliorare l’acquisizione, l’indicizzazione e la sicurezza dei flussi documentali è fondamentale per rendere efficiente il workflow all’interno di un ufficio. Il passaggio dai processi cartacei ai flussi di lavoro digitali è la chiave di ogni azienda di successo. Scansionare i documenti e disporre di una loro

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immagine in alta qualità sono due capisaldi imprescindibili di tutte le iniziative aziendali di conformità e di efficienza. Tutto ciò si traduce in un’ottimizzazione del flusso di lavoro, grazie anche alla creazione di copie professionali, alla gestione facilitata dei supporti cartacei e all’archiviazione e condivisione digitale delle informazioni su tutta la filiera interna all’organizzazione. Si tratta quindi di processi particolarmente critici che non richiedono solo strumenti altamente professionali ed in grado di supportare pesanti cicli di lavoro, ma anche soluzioni software che consentono di facilitare le attività. I servizi di scansione e archiviazione Brother forniscono un’ottima soluzione per la gestione dei documenti e degli archivi elettronici, con soluzioni personalizzate e di semplice utilizzo. Brother, inoltre, ha deciso di implementare nei propri dispositivi numerose funzioni e soluzioni software che consentono di gestire l’informazione in maniera chiara, semplice e professionale. Sia che si scelga per un modello all-in-one (con stampante, copiatore e scanner), sia che si preferisca uno scanner standalone (incentrato sulla scansione con funzionalità avanzate e alta velocità), creare PDF ricercabili, effettuare scansioni in rete o dirette verso servizi Cloud o verso il proprio dispositivo mobile sarà facile e veloce, secondo una nuova positiva esperienza di lavoro.

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Inoltre, applicando sui documenti da digitalizzare barcode o QR code prodotti tramite le stampanti di etichette Brother, è possibile archiviare le informazioni ed organizzarle in maniera strutturata, sicura e veloce. In particolare, la più recente tecnologia di archiviazione automatica dei documenti con codice a barre di Brother è il software Brother Barcode Utility, la soluzione ideale per ottimizzare grandi volumi di scansione e per chi cerca una soluzione software semplice e facilmente integrabile nel flusso di lavoro aziendale. Il software Brother Barcode Utility, attraverso la lettura dei codici a barre contenuti nel documento, permette di scannerizzare documenti con più velocità e precisione, riducendo gli errori di archiviazione e creando un archivio strutturato, semplice da consultare. Il software riconosce il codice a barre e automaticamente processa i documenti nel disco locale, all’interno della cartella di destinazione prescelta. Questo tipo di tecnologia è indispensabile per le aziende che eseguono spesso la scansione di documenti contenenti codici a barre, come nei settori dei servizi assicurativi, nelle vendite online e nella logistica. I responsabili di Brother evidenziano tre motivi per scegliere Barcode Utility: • Facile e veloce Ottimizza e velocizza il processo di archiviazione digitale dei documenti

grazie alla scansione tramite tecnologia barcode. Bastano pochi secondi per avere un archivio strutturato. Barcode Utility raggruppa i documenti in cartelle di destinazione e li rinomina automaticamente in base alle informazioni che legge nel codice a barre. • Più sicurezza Archiviare manualmente documenti importanti in un ambiente condiviso può causare errori o perdite di informazioni chiave. Barcode Utility offre una chiara, semplice e strutturata archiviazione digitale dei documenti: le informazioni sono lette automaticamente dal barcode e i file sono salvati nella cartella prescelta. • Riduce gli errori Quando i dati sono caricati manualmente, si possono commettere facilmente errori. Invece, grazie all’automatizzazione dei processi di archiviazione e utilizzando i barcode sui documenti, le copie digitali sono salvate automaticamente con il nome corretto e nella corretta cartella di destinazione: così i documenti saranno sempre facili da trovare. v

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Confronto tra gli esperti che puntano a sfruttare la potenza dei dati, in particolare quelli open

IL BANKING ROMPE GLI SCHEMI ALLA RICERCA DI RICETTE DIGITALI

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La metamorfosi digitale delle banche: complessità e rischi

di Gian Carlo Lanzetti

L’innovazione digitale nelle banche. Di questo complesso e attuale argomento si è discusso a Bardolino (VR) in occasione del Banking Summit 2019 organizzato lo scorso autunno da The Innovation Group. Si è parlato molto di cloud e AI, poco di sicurezza e quasi nulla di blockchain

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l segmento bancario negli ultimi anni ha vissuto una trasformazione epocale, ancora lontana dal concludersi. Nel giro di dieci anni l’utile per singolo cliente delle banche commerciali italiane è più che dimezzato mentre è andato in fumo un terzo dei ricavi, sempre per singolo utente. Stando così le cose, osserva Ezio Viola, Managing Director The Innovation Group, occorrerà ridefinire il modello di business cercando nuove opportunità. Tutti i piani industriali delle banche indicano una significativa spinta a investire in strategie di digitalizzazione, il cui focus resta nella maggioranza dei casi incentrato sulla crescita dell’efficienza e la riduzione dei costi, anche sotto forma di accordi con aziende del Fintech. «Le banche - afferma Viola - stanno facendo enormi sforzi per realizzare i benefici Ezio Viola, derivanti dall’utilizzo pervasivo e intensivo delle Managing Director The tecnologie digitali. Devono però comprendere che Innovation Group digitalizzare non è sinonimo di trasformazione digitale, che la trasformazione digitale non deve essere l’obiettivo finale ma ‘semplicemente il prezzo’ da pagare per poter continuare a operare sul mercato ed essere competitivi con i nuovi attori emergenti. La metamorfosi digitale sarà ancora più accelerata dall’effetto combinatorio delle tecnologie digitali già diffuse con altre emergenti come l’intelligenza artificiale, la realtà aumentata e l’edge computing, tanto da prospettare un ambiente che possiamo definire ‘post digitale’. Un banking post digitale è possibile con modelli di banca diversi dagli attuali, che aprano tra l’altro le porte a nuovi attori e scenari competitivi tutti

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da concepire. Le sfide sono tante e complesse. Una di queste ha come obiettivo la realizzazione di una IT agile, flessibile e scalabile per il business per integrare le tecnologie innovative attraverso nuovi modelli di sourcing come il cloud».

I protagonisti e le sfide Per Francesco Legrenzi, Partner PwC’s Strategy&, sono almeno cinque le sfide che attendono le banche (quelle tradizionali e i nuovi soggetti, ovvero cinque categorie di soggetti finanziari tra cui Google, Amazon e Apple): • Una fase prolungata di tassi di interesse negativi • Elevate aspettative dei clienti per effetto dei benefici della rivoluzione digitale • Uno scenario regolamentare pesante • L’arrivo di nuovi e aggressivi competitor • La persistenza di rischi sistemici Le banche più direttamente interessate sono quelle generaliste mentre la vera novità del momento sono le banche nativamente digitali che si presentano al mercato come piattaforme aperte che danno ai loro clienti la possibilità di accedere a prodotti di terzi. Alcuni esempi sono Illimity in Italia, N26 e Revolut di derivazione estera, tutte banche presenti al summit. Il modello vincente del futuro? «Per capire quale potrà essere il modello vincente - risponde Legrenzi - può essere utile guardare a settori e

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geografie dove la rivoluzione digitale è più avanti rispetto a noi. È il caso della Cina, contesto in cui il 79% degli utenti oggi acquista frequentemente tramite mobile contro una media europea del 33%. Questo significa che il futuro modello vincente sarà quello ibrido, ovvero basato sulla integrazione di canali online e offline. Ciò vuol dire portare forme di consulenza evoluta su mobile e dall’altro accelerare la trasformazione tecnologica e, soprattutto, promuovere l’utilizzo della tecnologia digitale in ogni punto di contatto per raccogliere dati, profilare e servire meglio il cliente». L’innovazione è stato il tema dell’intervento di Paola Papanicolau, Group Head of Innovazione IntesaSanpaolo che è incentrato sulle tre strutture che nella banca si occupano di questa problematica. La prima struttura è quella che si focalizza sulla innovazione interna e quindi anche e soprattutto della trasformazione digitale. La seconda struttura porta avanti una strategia degli ecosistemi in Italia, per esempio delle smart city. La terza ha per oggetto un fondo di venture capitale che investe nelle start up, segnatamente del Fintech. «Ci sono tanti modi di fare innovazione - sostiene Papanicolau - e noi ne portiamo avanti diversi con il duplice obiettivo di ridurre i costi operativi e organizzativi, da un lato, e di aumentare le fonti di ricavo, dall’altro. Oltre che per migliorare l’esperienza nel suo complesso, tanto che i nostri primi clienti sono i 100mila dipendenti della banca. Per questo motivo stiamo

ad esempio incentivando l’uso di app in mobilità (sono già 4,9 milioni i clienti che la usano almeno una volta al mese) e facciamo il possibile per rendere stretta la collaborazione tra IT e business. Inoltre riteniamo che anche le innovazioni digitali devono essere misurabili in termini di ritorno economico e per questo devono avere una precisa caratterizzazione».

Opinioni a confronto Per Giovanni Sordello, Responsabile Operations, Immobili e Acquisti Banco BPM, gli spazi che esistono in una grande banca per trarre vantaggio dalla digitalizzazione sono tuttora enormi. «Il problema, osserva, è identificare gli ambiti

Banking Summit 2019

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nei quali vale la pena investire, che sono quelli in grado di generare valore per l’istituto. È li che noi stiamo focalizzando i nostri impegni». Il ruolo dell’Intelligenza Artificiale (AI) nelle banche? Ne ha parlato Marco Zaffaroni, COO Che Banca! (gruppo Mediobanca). «Qui, osserva, si tratta di far capire bene i vantaggi di questa tecnologia nelle sue diverse declinazioni e quindi intraprendere un percorso culturale per coglierne l’efficacia. Tra i progetti da noi avviati posso segnalare quello relativo a una chatbot in cloud al servizio della clientela che ci ha permesso tra l’altro di ridurre del 40% il costo degli operatori che possono così focalizzarsi di più su altri servizi a maggior valore aggiunto».

Concetti più o meno ribaditi da Claudio Bastia, Managing Director Italy Informatica: «La AI se ben applicata può risolvere un sacco di problemi, a cominciare da una migliore conoscenza dei clienti. Ciò presuppone una focalizzazione piuttosto spinta sugli analytics, verso cui in verità vi è un interesse crescente, andando oltre la ricerca di soluzioni puramente legate a logiche di compliance». La tecnologia può aiutare le banche a realizzare economie in tanti settori di attività oggi non ancora toccati: questo invito è arrivato da Francesco Spinelli, Client Executive, Financial Services Group Industry di Lutech, per il quale tuttavia al momento l’analisi dei dati rappresenta il bacino di maggiore valorizzazione a disposizione delle banche.

La nuova strada dell’Open Banking di Tito Labanchi

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el settembre 2019 è arrivato nel mondo bancario il nuovo strumento dell’Open Banking, reso possibile dalla direttiva PSD2, che ha portato all’introduzione di nuovi prodotti. Questi promettono di ridurre da mesi a giorni i tempi necessari per le decisioni finanziarie. Gli esperti di Experian sottolineano cinque vantaggi che le aziende possono ottenere dall’open banking per crescere, il cui segreto, peraltro, risiede nei dati o, più precisamente, negli open data. Si accorciano i tempi e salgono i volumi in un circolo virtuoso.

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Già oggi, Experian gestisce circa 25 milioni di richieste di dati nel Regno Unito (il 40% del Paese, ma è un preludio del nuovo mercato. Secondo i responsabili di Experian l’Open Banking può aiutare le imprese in 5 modi elencati di seguito:

Inclusione finanziaria e accesso al credito Le Pmi, una “massa” costituita dal 99% delle aziende europee, rappresentano un’enorme opportunità potenziale per i finanziatori, ma spesso faticano a dimostrare la loro affidabilità creditizia e, di conseguenza, hanno maggiori difficoltà a ottenere prestiti. Incoraggiando i clienti a rendere disponibili i dati relativi alle loro transazioni, i finanziatori possono

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ottenere un quadro chiaro e completo di tutte le loro entrate e uscite, mostrando la loro situazione reale. L’Open Banking consente inoltre alle istituzioni di essere molto più aperte verso i consumatori, perché grazie agli open data saranno in grado di valutare la situazione del cliente in modo più efficace, identificando i prodotti che meglio si adattano alle loro esigenze e, soprattutto, quelli che potranno verosimilmente rimborsare.

Maggiore concorrenza Consentendo ai potenziali clienti di scegliere come e con chi condividere i loro dati, l’approccio Open Banking offre alle istituzioni una maggiore visibilità sulla loro situazione finanziaria e offrire così prodotti molto più personalizzati per le singole

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E il cloud? Ne hanno parlato un po’ tutti i panelist che hanno animato le diverse sessioni. Per esempio secondo Fabio Alghisi, Manager Large Enterprises Nutanix Italia, per essere efficace una piattaforma cloud deve essere facilmente fruibile dai clienti. «Semplicità e usabilità sono gli aspetti salienti di un investimento in risorse cloud. Poi c’è la proliferazione dei costi, soprattutto quando si opta per soluzioni multicloud: va attentamente monitorata per evitare situazioni spiacevoli e impreviste» spiega il manager. Un data center in modalità cloud è stato costruito internamente da Nexi, la società che vende alle banche piattaforme per i pagamenti digitali. Lo ha detto Giuseppe Dallona, Cio di Nexi, che ha anche quantificato in circa 150 gli innesti di profili ‘forti’ fatti dalla società, a sottolineare il ruolo sempre

realtà, con costi e benefici adeguati alle esigenze specifiche. In un settore che in passato è stato accusato di essere poco trasparente, l’Open Banking consente agli istituti di credito di mostrare chiaramente agli utenti cosa possono offrire rispetto ai loro concorrenti, aumentando così le possibilità di vendita.

Migliore esperienza cliente Se l’integrazione di PSD2 e Strong Customer Authentication intende ridurre i rischi di frode, queste innovazioni possono anche aumentare l’attrito per i clienti che cercano di effettuare acquisti online. L’Open Banking aiuta a gestire questo aspetto, facilitando l’esperienza dell’utente nelle operazioni online. Con gli estesi set di dati che Open Banking apre, banche e

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istituti di credito possono compiere tutte le verifiche del caso sull’utente in modo molto più veloce, garantendo così un servizio rapido e sicuro.

Analisi avanzata dei dati per risultati più rapidi Gli investimenti sugli strumenti di analisi tendono a crescere, per affrontare l’aumento dei costi di acquisizione dei clienti e l’impatto dei crediti inesigibili. Ricerche di Forrester mostrano come quattro CEO su cinque ora riconoscano facilmente l’importanza di dati, analisi e AI per la loro crescita, con una tendenza che potrà solamente crescere con l’ulteriore aumento delle transazioni online. Man mano che vengono resi disponibili set di dati sempre più ricchi, questi consentiranno alle

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più importante delle competenze, soprattutto in un ambiente dove la questione del consolidamento delle risorse legacy è molto importante. «In questo contesto di cambiamento, una funzione importante ce l’hanno le Api, soprattutto in un’ottica di sviluppo di microservizi» dichiara il Cio. Il legacy è stato un argomento sviscerato anche da Omar Campana, Cio Gruppo Bper Banca: «La parte ancora occupata dal legacy, precisa, è grande e importante; ritengo che il 90% delle transazioni bancarie siano tuttora supportate da questi ambienti. Cosa che non dovrebbe stupire se si pensa che esistono ancora adesso 220 miliardi di righe scritte in Cobol». Da parte sua Luca Romagnoli, Emea Business Development Manager Salesforce, auspica un’estensione più in profondità del cloud: «Nelle grandi banche in prima istanza suggeriscoo di coinvolgere sempre più anche il middle office in aggiunta al front office allo scopo di recuperare efficienza per il cliente finale. All’estero gli istituti di grande dimensione lo stanno già facendo con

benefici gestionali evidenti». Una strategia digitale è stata varata anche dal Gruppo Montepaschi, sempre più pressato dalla necessità di recuperare operatività e normalità gestionale dopo le vicissitudini degli scorsi anni. «Abbiamo varato una strategia digitale - sottolinea Giovanni Damiani, Direttore Generale Consorzio Operativo Gruppo Montepaschi -, che ha nella misurazione della soddisfazione dei clienti uno dei punti cardini. Inoltre ci siamo attrezzati per essere contaminati dal Fintech: rappresentano due modi nuovi di lavorare rispetto al passato. Il tutto condito dal matrimonio con la metodologia Agile che accorcia di molto, anche del 40%, i tempi di attuazione dei progetti». v

banche di raggiungere una migliore comprensione delle abitudini di spesa dei consumatori, della loro affidabilità creditizia e del rischio di frode. Questi stessi set di dati, integrati con le migliori soluzioni analitiche del mercato, permettono un processo decisionale molto più rapido, che consente alle banche di ridurre da mesi a giorni le decisioni di prestito e contribuisce concretamente alla crescita del business.

Lotta alla frode Poiché l’Open Banking consiste fondamentalmente nel rendere più semplice l’accesso ai dati, le informazioni che mette a disposizione contribuiscono anche a fermare le frodi. Con

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il 58% delle imprese colpite da frodi di dati in EMEA (dati Forrester), è fondamentale che banche e finanziatori possano identificare immediatamente un possibile problema, in modo da poterlo bloccare prima che si verifichi realmente. Applicare il machine learning all’analisi delle frodi può aiutare a segnalare rapidamente le transazioni sospette, consentendo così alle banche di proteggere i consumatori in modo più efficace. Se il 34% delle aziende cita la perdita di clienti come effetto di maggiore impatto sulla propria attività, l’Open Banking può aggiungere un ulteriore - e fondamentale - livello di protezione sia per l’organizzazione che per i suoi clienti. v

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