Partners - Anno VIII - n.47-48 2019
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Transform 2 Succeed: Diventare
INCHIESTA L’alba della nuova UCC pag. 38
un DX Partner
PANORAMI
Le sempre più ricche rubriche di scenari pag. 14
pag. 10
INCHIESTA
La sicurezza un anno dopo GDPR pag. 51
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TRA VIRGOLETTE Un Partners Sempre Piu’ Ricco
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PRIMO DIGIT 5 priorità per il cloud
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TRANSFORM TO SUCCEED Diventare un DX Partner
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PANORAMI
PARTNERS Anno VII - numero 47-48
Direttore responsabile: Gaetano Di Blasio In redazione: Giuseppe Saccardi, Paola Saccardi Grafica: Aimone Bolliger
Data Center fondamenta dell’Artificial Intelligence Datacenter più agili e flessibili Huawei: plasmare il futuro dell’Italia insieme Vertiv supporta e prepara il canale per la crescita del mercato I principali trend per il canale nel 2019 Il cloud pubblico è in crescita Gartner: la metà delle offerte PaaS sono in cloud
Redazione, amministrazione, pubblicità: REPORTEC srl via Marco Aurelio, 8 -20127 Milano Tel 0236580441 - Fax 0236580444 www.partnersflip.it partners@reportec.it pubblicità: edmondo.espa@reportec.it Diffusione: 35.000 copie Iscrizione al tribunale di Milano n° 515 del 13 ottobre 2011. Stampa: Media Print Srl, Via Brenta 7 37057 S.Giovanni Lupatoto (VR) Immagini: Dreamstime.com Proprietà: Reportec Srl, c.so Italia 50, 20122 Milano Tutti i diritti sono riservati Tutti i marchi sono registrati e di proprietà delle relative società
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OAD: Osservatorio Attacchi Digitali in Italia L'OAD, Osservatorio Attacchi Digitali, è l'unica iniziativa in Italia per l’analisi sugli attacchi intenzionali ai sistemi informatici delle aziende e degli enti pubblici in Italia, basata sui dati raccolti attraverso un questionario compilabile anonimamente on line. Obiettivo principale di OAD è fornire reali e concrete indicazioni sugli attacchi ai sistemi informatici che possano essere di riferimento nazionale, autorevole e indipendente, per la sicurezza ICT in Italia e per l’analisi dei rischi ICT. La disponibilità di un'indagine sugli attacchi digitali indipendente, autorevole e sistematicamente aggiornata (su base annuale) costituisce una indispensabile base per contestualizzare l'analisi dei rischi digitali, richiesta ora da numerose certificazioni e normative, ultima delle quali il nuovo regolamento europeo sulla privacy, GDPR. La pubblicazione dei rapporti OAD aiutano in maniera concreta all’azione di sensibilizzazione sulla sicurezza digitale del personale a tutti i livelli, dai decisori di vertice agli utenti. OAD è la continuazione del precedente OAI, Osservatorio Attacchi Informatici in Italia, che ha iniziato le indagini sugli attacchi digitali dal 2008. In occasione del decennale OAD, in termini di anni considerati nelle indagini sono state introdotte numerose innovazioni per l’iniziativa, che includono:
• sito ad hoc come punto di riferimento per OAD e come repository, anno per anno, di tutta la documentazione pubblicata sull'iniziativa OAD-OAI: https:// www.oadweb.it • visibilità di OAD nei principali social network: pagina facebook @OADweb, in LinkedIn il Gruppo OAD https://www. linkedin.com/groups/3862308 • realizzazione di webinar gratuiti sugli attacchi agli applicativi: il primo, sugli attacchi agli applicativi, è in https:// aipsi.thinkific.com/courses/attacchiapplicativi-italia • questionario OAD 2018 con chiara separazione tra che cosa si attacca rispetto alle tecniche di attacco, con nuove domande su attacchi a IoT, a sistemi di automazione industriale e a sistemi basati sulla block chain • omaggio del numero di gennaio 2018 della rivista ISSA Journal e di un libro di Reportec sulla sicurezza digitale ai rispondenti al questionario OAD 2018 • ampliamento del bacino dei potenziali rispondenti al questionario con accordi di patrocinio con Associazioni ed Ordini di categoria, quali ad esempio il Consiglio Nazionale Forense con i vari Ordini degli Avvocati territoriali • Reportec come nuovo Publisher e Media Partner • collaborazione con Polizia Postale ed AgID (in attesa di conferma).
PRIMO PIANO PRINTING E D OCUMENT MANAGEMENT il printing in mobilità Ricoh annuncia nuove multifunzione intelligenti
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INCHIESTA L’ALBA DELLE NUOVE COMUNICAZIONI Lo scenario dell’ucc La flessibilità e la sicurezza della comunicazione di Snom Il cloud e la flessibilità di Avaya per tutte le esigenze IL GDPR UN ANNO DOPO L’IT Security cambia pelle Enel: la cyber security abilita la digitalizzazione
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SPECIALE E-COMMERCE RETAIL SEMPRE PIÙ DIGITALE
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UN PARTNERS SEMPRE PIU’ RICCO Il nuovo numero di Partners si arricchisce con una nuova rubrica a cura di Primo Bonacina, un ben noto esperto del settore. Continua poi la collaborazione con IDC e crescono le nostre inchieste, ben due su questo numero. Molti i temi trattati nella sezione Panorami, con scenari tracciati da analisti ed esperti di varie aziende, in particolare su argomenti
Si aggiunge nel nuovo numero una rubrica a cura di Primo Bonacina, esperto del settore, e prosegue la collaborazione con IDC
di Gaetano Di Blasio
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come l’intelligenza artificiale supportata dalle tecnologie di ultima generazione e dalle necessarie infrastrutture. Il Primo Piano è dedicato a Printing e Document Management, un ambito ben lungi dall’essere travolto, come in tanti ritenevano, ipotizzando l’ufficio senza carta. Anzi, proprio la trasformazione digitale spinge il bisogno di innovazione in un settore dove crescono esigenze di uno smart working intelligente. L’ufficio in mobilità deve essere sostenuto da tecnologie che rendano realmente libero il lavoratore di operare sul campo, a casa o, in sintesi, ovunque e comunque, con una piena produttività. Il tema è trattato anche nell’inchiesta dedicata alla Unified Communication e Collaboration, che svela le modalità d’utilizzo del Voip e delle nuove soluzioni per comunicare e lavorare con
strumenti all’avanguardia, grazie soprattutto all’avanzare del cloud anche in questo settore dell’ICT. La seconda inchiesta riguarda il tema sempre attuale della sicurezza, con particolare riferimento al GDPR che è entrato in vigore circa un anno fa (ufficialmente a maggio del 2018, ma in pratica l’adeguamento è diventato legge nel settembre dello scorso anno). Dopo un anno il 70% delle aziende si dicono compliant, per contro ciò significa che sussiste un 30% di aziende ancora non in regola. Eppure la “nuova” legge raccogllie consensi. Nell’inchiesta sulla security segnaliamo anche l’intervista a Yuri Rassega, Head of Cyber Security (CISO) di Enel Group. Chiude il numero lo speciale verticale dedicato al mondo del retail, con una serie di dati relativi all’evento milanese di NetComm. v
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5 PRIORITÀ PER IL CLOUD
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a scelta di un fornitore cloud cui affidare la propria infrastruttura (o, almeno, una buona parte di essa), le applicazioni e i dati può risultare un processo complicato. Non ci sono due cloud provider uguali e la mancanza di framework oggettivi condivisi per la valutazione rende la scelta del giusto fornitore, una vera sfida per qualsiasi CIO. Ho letto al riguardo un recente articolo di Gartner e l’indicazione rivolta ai CIO (Chief Information Officer) era chiara: “Fai attenzione perché le scelte che fai oggi avranno sicuramente un impatto assai duraturo. Non vorrai poi dover guardare indietro con rammarico”. Scegliere e gestire le offerte cloud è una competenza fondamentale per i CIO, dato il ruolo centrale del cloud computing nelle iniziative IT di prossima generazione come la trasformazione digitale, l’Internet of Things (IoT) e l’intelligenza artificiale (AI). E allora da dove iniziare? Gartner suggerisce cinque riflessioni
Scegliere e gestire le offerte cloud per i CIO richiede alcune necessarie riflessioni per aiutare i CIO nella selezione, acquisto e implementazione di architetture cloud. 1. Verifica le caratteristiche e le criticità delle offerte dei principali fornitori di servizi cloud Quando si seleziona un fornitore cloud, occorre considerare in che modo la sua architettura s’integrerà con i flussi di lavoro dell’azienda, ora e, prevedibilmente, in futuro. Non dimenticate che le architetture delle principali piattaforme cloud sono estese, complesse e spesso difficili da comprendere fino in fondo dall’esterno. Inoltre, i dettagli tecnici architetturali di ogni fornitore sono spesso proprietari e presentano limitazioni e vincoli. Nonostante queste difficoltà, è importante identificare le componenti chiave dell’ar-
chitettura cloud, capire come queste lavorano insieme e il modo in cui tutto ciò influenza la soluzione generale. Le priorità per i CIO che vogliano veramente trarre beneficio dal cloud includono: self-service provisioning, elasticità, accesso alla rete, sicurezza, conformità alla normativa, capacità operative. 2. C apire come le offerte cloud si sovrappongono ai vostri requisiti e criteri chiave Prima di scegliere un fornitore di servizi cloud, considerate come la sua offerta si rapporta alle vostre esigenze e criteri. Ad esempio, quando si sceglie un servizio cloud pubblico, i requisiti base sono spesso la semplicità, le prestazioni, la disponibilità di un ampio set di funzionalità a costi competitivi. Tuttavia, molte aziende stanno guar-
di Primo Bonacina si occupa d’informatica dal 1980. Con PBS - Primo Bonacina Services (www.primobonacina.com) fornisce consulenza e ”best practice” digitali in ambito sales/marketing/HR
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dando oltre tali requisiti di base per identificare i fattori che favoriranno una relazione strategica e a lungo termine. Le aree chiave da considerare sono diverse se si tratta di architetture Infrastructure-asa-Service (IaaS) piuttosto che Application Platform-as-aService (aPaaS). Per lo IaaS, le aree da considerare includono: computing, networking, storage, sicurezza e supporto. Per aPaaS, occorre anche analizzare le componenti architetturali delle applicazioni, gli strumenti di sviluppo, la virtualizzazione, l’architettura di hosting, l’implementazione del codice, la gestione del ciclo di vita, la scalabilità e disponibilità. 3. Pianificazione e i controlli per attenuare i rischi di sicurezza e conformità Man mano che le organizza-
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zioni adottano il cloud pubblico, aumenta la necessità di rispettare le normative, in particolare quelle sulla privacy. Ad esempio, il regolamento generale sulla protezione dei dati dell’Unione Europea (GDPR), entrato in vigore il 25 maggio 2018, si applica a tutte le organizzazioni che trattano dati personali di chiunque risieda nell’UE. Con questo in mente, i CIO devono conoscere l’approccio del loro fornitore cloud sul GDPR e gli strumenti che fornisce per certificare la conformità. 4. L’importanza del cloud management Grazie alla rapida adozione dei servizi cloud e alla conseguente crescita di questo mercato, i fornitori di cloud stanno rilasciando continuamente nuovi strumenti e servizi, il che sta aumentando l’importanza delle piattafor-
me e degli strumenti di gestione del cloud stesso. Di conseguenza, le organizzazioni IT devono identificare una serie di criteri per la valutazione delle soluzioni di cloud management e una strategia completa per guidare i processi di selezione e implementazione di tali soluzioni. 5. Conoscere le proprie opzioni di processo e architettura per l’attuazione della governance del cloud Quando si sceglie il cloud, le organizzazioni spesso privilegiano il costo e la capacità di implementare nuove applicazioni in tempi rapidi (il cosiddetto “time-to-market” o “time-to-functionality”) rispetto a fattori di scalabilità e supporto a lungo termine. Tuttavia, è essenziale che i CIO si prendano il tempo necessario per riflettere in
termini di cloud governance, poiché evoluzioni inizialmente non previste possono comportare impatti e costi significativi in seguito. Un’efficace cloud governance e una chiara strategia di progettazione a lungo termine fornisce ai CIO la possibilità di dimensionare il proprio sistema in modo efficace, evitare il proliferare indesiderato di applicazioni e infrastrutture e ridurre le complessità totali di gestione. Ciò aiuta a ridurre il rischio di un “retrofitting” disastroso dell’infrastruttura mesi o anni dopo che è stata trasformata in una piattaforma critica. Come vi state muovendo? E voi come vi state muovendo? Quale la vostra offerta o domanda cloud? Come l’avete scelta o costruita? Come la farete evolvere? Ne vogliamo parlare? v
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DIVENTARE UN DX PARTNER Otto passi per trasformarsi in partner di successo a supporto degli ecosistemi digitali
• La trasformazione digitale sta drasticamente modificando gli orientamenti di spesa delle aziende utenti, di conseguenza anche gli operatori di canale devono modificare il proprio DNA per cogliere le opportunità offerte del cambiamento. • Il partner deve creare KPI che siano comprensibili non solo dall’IT, ma anche dal business, sempre più coinvolto nelle decisioni di lancio di iniziative digitali e nei finanziamenti delle stesse. • Sfruttare le potenzialità dei social media per comunicare le specializzazioni, amplificando l’effetto del “passaparola”. • Creare un ecosistema di peers evolvendo dall’approccio di competition a quello di co-opetition.
di Sergio Patano, senior research and consulting manager di IDC Italia
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Gli investimenti ICT delle aziende italiane, negli ultimi anni, sono tornati a crescere e soprattutto hanno modificato la loro composizione. Non più soltanto conservativi, hanno in molte aziende aperto la strada all’innovazione. È la diretta conseguenza della trasformazione che stiamo vivendo e che ha una portata in ampiezza e profondità che avviene solo una volta ogni generazione e che sta cambiando per sempre la struttura dell’industria ICT. Il tempo di agire era “ieri”, per non perdere le opportunità aperte da questa rivoluzione e continuare a rimanere rilevanti nel proprio mercato di riferimento. Ma ancora oggi è possibile entrare in corsa, recuperare il gap rispetto ai cosiddetti digital disruptor, ovvero quelle aziende che non solo hanno abbracciato per prime la trasformazione digitale (DX), ma ne hanno anche definito perimetri e traiettorie evolutive. Queste aziende stanno già beneficiando appieno dei vantaggi della DX, uno su tutti la crescita delle revenue derivanti da iniziative digitali tre volte superiori alle iniziative tradizionali. Stare al ritmo di queste aziende non è facile, anche per quelle imprese che da sempre sono a fianco delle organizzazioni italiane nella definizione e nel dispiego di tecnologie: gli attori del canale ICT. Sebbene storicamente si siano già verificate evoluzioni dei modelli di business per rispondere a nascenti domande del mercato, i partner hanno in media dimostrato una capacità di cambiamento più lenta rispetto alle esigenze dei clienti. La velocità dell’attuale trasformazione dei mercati, unita alla velocità con cui nuovi player ICT si affacciano nel settore e nuovi modelli di business si impongono
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sgretolando i precedenti, non consente più alcuna titubanza. Gli attori del canale devono portare avanti un percorso trasformativo, o meglio ancora evolutivo, per diventare “DX partner”. La trasformazione digitale è infatti molto più di una “semplice” evoluzione tecnologica: è un’evoluzione dei modelli di business, dei domìni di competenza e della conoscenza approfondita di use case. Sono 8 le aree di trasformazione digitale che il canale deve abbracciare, secondo IDC. Giocando in casa, la prima area di trasformazione è sicuramente quella relativa alla tecnologia. In un contesto in cui la spesa IT, come accennato in precedenza, sta dando segnali di ripresa, le aziende hanno drasticamente spostato i propri investimenti da tutto ciò che è IT tradizionale, focalizzato cioè principalmente sul mantenimento dell’infrastruttura ICT, verso soluzioni e tecnologie che sono i pilastri della Terza Piattaforma teorizzata da IDC (Cloud, Social Business, Big Data & Analytics e Mobility) e verso quelli che sempre IDC definisce gli Acceleratori di Innovazione, quali la sicurezza di nuova ge-
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nerazione, la realtà virtuale e aumentata (AR/VR), l’Internet of Things (IoT), il cognitive computing e l’intelligenza artificiale (AI), la robotica e il 3D printing. Ampliare il proprio portafoglio di offerta includendo tali soluzioni tecnologiche o – meglio ancora – i servizi per la loro implementazione, integrazione e manutenzione, mette i partner nella condizione di accedere a un mercato in forte crescita, destinato a catalizzare una percentuale sempre maggiore del budget ICT delle aziende. La seconda area è quella relativa ai modelli di vendita. Gli operatori di canale devono migrare i propri modelli da un approccio orientato ai progetti a uno maggiormente centrato sullo sviluppo di ricavi ricorrenti. La crescita delle entrate ricorrenti consente ai partner di investire in modo più coerente e prevedibile nella costruzione di nuove capacità, nuove opportunità e nuovi modelli di business, consentendo di ridurre sensibilmente le fluttuazioni dei ricavi dei modelli basati principalmente su progetti. I partner che non stanno seguendo questo percorso di entrate ricorrenti in realtà non stanno creando o generando il massimo valore per il loro business e per i loro clienti.
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Terzo ambito di azione è quello della definizione del target. Se fino a “ieri” l’interlocutore principale era il responsabile ICT aziendale, da approcciare principalmente attraverso disquisizioni tecnologiche e specifiche tecniche, anche perché unico decisore aziendale per gli investimenti in prodotti, soluzioni e servizi ICT, nonché unico owner del budget aziendale, “oggi” non è più così. Il contesto di riferimento è drasticamente cambiato, con la tecnologia che è assurta a fattore principale del successo aziendale. Questo ha reso le linee di business (LoB) sempre più “affamate” di tecnologia per portare avanti iniziative di trasformazione digitale, rendendole anche sempre più disponibili a partecipare agli investimenti. Secondo le ultime analisi di IDC, oltre il 60% dei progetti DX vede coinvolti in prima persona i responsabili delle LoB, che contribuiscono nel 45% dei casi in modo fattivo anche al loro finanziamento. Per poter cogliere queste opportunità è però necessario che i partner di canale cambino il proprio linguaggio e aiutino i loro referenti storici a fare altrettanto. È necessario parlare la lingua del business, che in alcuni casi è anche il vero digital leader aziendale, facendo emergere quali sono i risultati che le iniziative digitali possono portare con metriche che non siano più solo tecnologiche, ma più focalizzate su ambiti di interesse aziendali: dalla crescita del fatturato alla crescita della profittabilità, dal concetto di miglioramento della customer experience (CX) ai tassi di fidelizzazione del cliente, dalla riduzione dei costi in conto capitale e operativi (CAPEX e OPEX) al miglioramento del time-to-market.
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La specializzazione è un’altra delle aree fondamentali in questo percorso trasformativo. Le ragioni che devono spingere i partner in questa direzione sono molteplici. Una prima è legata all’ondata di innovazione tecnologica che la Terza Piattaforma e gli Innovation Accelerator hanno portato sul mercato e che rende impossibile riuscire a coprire tutto lo stack tecnologico in modo esauriente e approfondito. La seconda è di cambiamento dei modelli di business e di differenziazione sul mercato. Più un partner è specializzato, più competenze di dominio avrà sviluppato trasformandosi in un vero insider e rendendo quindi più complicato per i concorrenti mettersi sullo stesso piano. Consolidando la leadership in quell’ambito si getteranno le basi per migliorare i margini di profitto. Altra area su cui i partner devono focalizzare la propria strategia evolutiva è lo sviluppo di soluzioni altamente riutilizzabili e multivendor. La fornitura di soluzioni replicabili, che si basa su piattaforme e ambienti di sviluppo
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di facile utilizzo, garantisce il successo grazie alla creazione di ecosistemi forti. I no-coder devono essere messi nelle condizioni di estendere e personalizzare tali soluzioni, grazie alla fornitura di componenti non di prodotti finiti che permettano loro di combinare gli elementi per creare soluzioni su misura. Un approccio come questo mitiga i rischi per il cliente finale, che va quindi ad implementare soluzioni già testate, con un costo complessivo per lo sviluppo decisamente inferiore e la possibilità di velocizzare il processo di adozione. In tal modo i partner possono sviluppare una proprietà intellettuale e quindi una specializzazione rivendibile sul mercato e quindi modificare drasticamente il mix di revenues, riducendo il peso della componente di rivendita e migliorando sensibilmente la profittabilità aziendale. Gli operatori di canale devono poi migliorare il lifecycle management di prodotti e servizi portando preferenze, esperienze e aspettative dell’utente finale nello sviluppo di prodotti e ser-
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vizi attraverso l’analisi dei feedback ricevuti anche attraverso l’applicazione di soluzioni di Intelligenza artificiale (AI) ai social media. Non solo. Questo implica la creazione di un circolo virtuoso che partendo dagli stimoli esterni porti a suggerimenti per migliorare, arricchire, espandere i prodotti/servizi. Anche il marketing nell’era della trasformazione digitale dei partner deve evolvere verso il referral digital marketing, sfruttando appieno le potenzialità che la comunicazione digitale mette a disposizione, amplificando in modo esponenziale il vecchio passaparola. Questo è possibile creando contenuti che siano originali, rilevanti per l’end user, acuti/intelligenti/ profondi, e oggettivi. Obiettivo è influenzare i propri clienti fin dalle fasi che precedono l’acquisto di un prodotto o servizio. Infatti, oltre il 60% dei decision maker aziendali contatta un vendor solo dopo aver preso già una decisione di acquisto. La creazione di un ecosistema è l’ultimo ma forse il più dirompente passaggio del processo trasformativo che abbiamo descritto. I partner devono effettuare un fondamentale cambio di mentalità che li porti da un approccio di competition nei confronti degli altri partner a uno di co-opetition, di collaborazione e integrazione per creare un nuovo sistema di relazioni. Obiettivo è quello di stabilire delle relazioni win-win tra peers (Partner to Partner - P2P) e tra partner e clienti finali, basato sulla combinazione di specializzazioni complementari in grado di fornire all’end-user un prodotto/soluzione/servizio completo e di eccellenza che generi un valore oggettivo e dimostrabile. v
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Data Center fondamenta dell’Artificial Intelligence Continuano gli investimenti nel campus di Data 4, che ha ospitato l’evento sull’AI 2030, presenti i vertici della società, l’ambasciatore francese in Italia, esponenti della regione Lombardia ed esperti del settore di Gaetano Di Blasio
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l data center fa pensare a un monolito, ma è al suo interno che si immagazzinano enormi quantità di dati e là si elaborano. Per quanto oggi si parli di edge computing e si aspetti il 5G come fosse la panacea di tutti i problemi dell’ICT, è nel data center che che si crea innovazione. Quest’ultima, però, non è fine a se stessa e deve essere guidata per portare vantaggi alla società, ai lavoratori e alle imprese. L’intelligenza artificiale è il tema del momento che nel campus di Cornaredo e Settimo Milanese, è stato affrontato soprattutto sul fronte etico. Come accennato, l’utilità è necessaria, ma non si deve perdere l’obiettivo: il miglioramento delle condizioni di vita per tutti. A questo sta lavorando l’Unione Europea, che ha messo intorno a un tavolo alcuni dei massimi esperti di Intelligenza Artificiale, per studiare quelle che potranno diventare le regole per la realizzazione e la messa in esercizio dei sistemi per l’AI. In particolare, in questo gruppo si trova Stefano Quintarelli, che ha subito illustrato il concetto cui si stanno orientando: “trustworthy”, cioè “degno di fiducia”.
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Stefano Quintarelli,
Si sa che le innovazioni trovano sempre delle resistenze. Nel caso dell’AI, forse anche per come è stata “disegnata” dalla letteratura e dal cinema (basti pensare a Terminator e Matrix). Le proteste si sono già manifestate violentemente, per esempio in un sobborgo di Phoenix, in Arizona, per oltre un anno la popolazione ha lanciato pietre e bucato gomme alle auto a guida autonoma appartenenti a un servizio sperimentale della società Waymo, tentando anche di spingerle fuori strada, secondo quanto riportato dal New York Times. Le paure sono tante, ma quella percepita come più concreta è relativa alla cancellazione di tipologie d’impiego. Ogni rivoluzione industriale ha cancellato alcuni posti di lavoro, creandone altri. La rapidità del rinnovamento fa credere che il ricambio porterà un bilancio negativo, anche perché si pensa che saranno penalizzati gli individui con una bassa scolarizzazione. È comunque una questione di obiettivi, sottolinea Piero Poccianti, presidente dell’Associazione AIxIA ed esperto di Artificial Intelligence, il quale precisa :«si tratta di continuare a lavorare tutti, ma meno. Le forme d’intelligenza artificiale, ha mostrato Poccianti sono varie, come gli stessi strumenti usati per far imparare alle macchine, ma è l’educazione che si vuole trasmettere a fare la differenza. Torna la questione della fiducia, questa volta nei confronti dei governi e delle lobby, che gli obiettivi dovranno stabilirli, perché, nella finanza, per esempio, gli algoritmi sono indirizzati a massimizzare i profitti, ma senza alcun riguardo etico o limini nelle speculazioni. Il bilancio lavorativo presenta effettivamente un rischio, perché,
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Davide Suppia, Country Manager di DATA4 Italia
come evidenzia Paola Generali, vice-Presidente dell’Associazione Nazionale Imprese ICT (Assintel), già oggi il settore ICT (Information e Communication Technology) lamenta una carenza di esperti. Tanto che in molti chiedono insistentemente nuove modalità di formazione. Per esempio, Davide Cervellin, Analytics, Insights and Big Data Leader di Boocking.com, intervenuto all’IDC Data Intelligence Conference 2019, ha affermato: «I data analyst avrebbero più bisogno di avvicinarsi al business che non imparare un linguaggio di programmazione in più». Probabilmente sarebbe utile un segnale dal governo, ma, intanto, si è potuto registrare l’impegno di Data 4, società francese specialista dei data center, che ha organizzato l’evento Rivoluzione 2030 anche per inaugurare il quarto data center nel campus di Cornaredo e Settimo Milanese, alle porte di Milano. Il nuovo data center è parte di un investimento di 250 milioni di
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euro, di cui 140 già utilizzati. Più in generale il Paese Transalpino, come ha ricordato l’ambasciatore di Francia Christiane Masset, rappresenta un esempio di scambio virtuoso per le due nazioni europee e, in particolare per la Lombardia. Molti i piani di sviluppo nell’area lombarda, come hanno ricordato l’amministratore Delegato del Gruppo Data4, Olivier Micheli e il vice presidente della Regione Lombardia Fabrizio Sala. Pure di business ha parlato Alessandro La Volpe, vice presidente di IBM, che nel campus milanese ha basato il data center. A Davide Suppia, Country Manager di DATA4 Italia, l’onore e l’onere di inaugurare l’avvio delle operazioni nell’edificio 4 del
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campus, cui seguirà a brevissimo (già deciso l’acquisto) la realizzazione del quinto e, probabilmente prima di fine anno, anche quello del sesto. La struttura appena rilasciata è stata progettata dopo un impegnativo lavoro di ricerca indirizzato, spiega Suppia, a ridisegnare il Data Center per renderlo più smart e pronto ad accogliere sistemi di Artificial Intelligence e High Performance Computing. Il manager continua: «La peculiarità del quarto Data Center è il rafforzamento dell’aspetto “Next Generation”, un design ancora più modulare ed eco-performante che consente alta scalabilità, una più facile gestione, nonché l’allineamento con i criteri di so-
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stenibilità ambientale a livello europeo del Gruppo, garantendo livelli di massima sicurezza fisica e di efficienza energetica» L’apertura del quarto Data Center rientra nel percorso di evoluzione di DATA4 Italia che oggi è in fase di sviluppo con una percentuale di crescita del 20% nel 2019 e una previsione di duplicazione del fatturato nel 2023, afferma il manager. Questi è fiducioso, anche perché, dopo la partenza del programma di canale, «ci stiamo configurando come uno dei più dinamici punti di riferimento in Italia del mercato Outsourcing, rispondendo alle esigenze di tutte quelle realtà (dagli hyperscaler ai fornitori di servizi digitali, dalle imprese medio-grandi alle start-up innovative), che sono accomunate dall’esigenza di ac-
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celerare la loro trasformazione digitale facilitando ad esempio l’implementazione dell’hybrid IT e delle multi cloud platform, oltre a interconnettersi con i network nazionali e internazionali più performanti. Il campus, viene evidenziato dai tecnici di Data4, si trova in un’area che da 170 anni non è stata soggetta a inondazioni o terremoti ed è stata dotata di tutti i sistemi di sicurezza fisica e logica. Inoltre è in una posizione privilegiata, a solo 15 minuti da Milano e a 3 Km da Via Caldera e dal Milan Internet Exchange, disponendo di una serie di risorse di primo livello,a cominciare dall’infrastruttura ad alto voltaggio “power-resilient” e dall’iperv connettività.
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È disponibile il nuovo libro SMART & DIGITAL TRANSFORMATION
SMART & DIGITAL TRANSFORMATION sempre più Aziende, ambienti produttivi e città sono always-on, Smart, ma si deve garantire flessibilità, d sicurezza e accesso al multiclou
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Datacenter più agili e flessibili Il datacenter sta attraversando una fase di profonda trasformazione, dettata dalla necessità di gestire nuove generazioni di applicazioni, orchestrare risorse e dati al core, all’edge e all’end-point, nonché supportare l’eredità legacy. Se ne è parlato all’IDC “Datacenter of the future 2019” di Gian Carlo Lanzetti
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n occasione dell’evento “Datacenter of the future 2019” tenutosi di recente a Milano, è emerso come il nuovo datacenter sarà un’infrastruttura digitale, agile, distribuita e sicura, dove i servizi saranno erogati al business, dove e quando serviranno. Un dato interessante, frutto di un’indagine tra gli iscritti, è che per il 17% del campione il datacenter è già diventato una fonte di profitto, per il 74% resta un centro di erogazione di servizi mentre per il restante 9% rimane tuttora un centro di costo. Posizioni e pesi destinati a mutare in futuro sotto le sferzate innovative che si vanno abbattendo su di esso. Le sfide, come si può anche rilevare dai dati appena citati sono numerose. Di una cosa si deve però subito sgombrare il campo, come ha detto Sergio Patuano, Associate Research Director di IDC Italia nel suo keynote
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speech: «Il datacenter è morto nella sua versione monolitica ma con l’avvento del cloud è risorto a nuova vita, con tutta una serie di specificità, di requisiti e di caratterizzazioni che il tempo delineeranno sempre meglio, alla luce anche delle dieci prediction di IDC a livello mondiale».
Le 10 prediction di IDC:
1. La necessità di rendere sicuro il crescente volume dei dati generati all’edge guiderà il 40% delle aziende a creare e gestire Data vault in molteplici colocation facilities. Il volume di dati è previsto in crescita da 1ZB nel 2010 a 50ZB nel 2025. Un ruolo crescente nella gestione/coordinamento delle diverse tipologie di datacenter (Data vault, cloud e on premise) è prevista per il colocator. 2. Nel 2019, l’80% dei nuovi servizi digitali enterprise sarà costituito da workload compositi che necessiteranno di interconnessioni sicure e affidabili con dati e analytics di terze parti in cloud o colocation. Un peso importante spetterà all’open source mentre un ruolo crescente sarà svolto dalla Sdn-Sdwan. 3. Entro 3 anni, il 70% delle aziende adotterà infatti soluzioni dinamiche di SD-Network per garantire sicurezza e flessibilità nell’interazione tra cloud, datacenter e edge 4. Entro il 2021, il 60% delle aziende dovrà accedere a infrastrutture di power/cooling che operino a 3 volte gli standard odierni per gestire le crescenti fluttuazioni e richieste dei sistemi. 5. Entro il 2022, il 50% degli asset IT all’interno dei DC saprà funzionare autonomamente grazie a funzionalità integrate che sfrutteranno sistemi e strutture IT smart. Le piattaforme di controllo e monitoraggio saranno AI-enabled. 6. Entro il 2022, il 40% delle aziende raddoppierà la propria spesa in asset IT all’edge e in colocation rispetto a quella nei DC per fornire servizi digitali a “cose” e utenti. Sarà necessario in quest’ottica selezionare un’unica piattaforma standard per gestire servizi edge-based come pure centralizzare il controllo per avere consistenza e sicurezza. 7. Entro il 2023, il 60% delle aziende utilizzerà modelli di consumo flessibili e a basso costo che sfrutteranno depositi di risorse
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IT forniti congiuntamente da HW vendor e colocator. Sarà necessario scegliere i modelli di consumo più adatti ai workload compositi e definire chiari standard e metriche per le relazioni tra IT e business nonché richiedere a HW vendor, colocator e services partner dettagli sui consumi flessibili. 8. Entro il 2019 il 25% delle aziende si sposterà dal consolidamento di grandi DC verso la modernizzazione di DC più piccoli ben localizzati per supportare le nuove applicazioni di calcolo data-intensive. In questo caso sarà pertanto opportuno investire in network automation e sicurezza per semplificare il remote monitoring come pure stringere partnership con colocator che dispongono di capabilities di asset management. 9. Dopo il 2020, la maggior parte delle aziende sposterà gli investimenti dall’ammodernamento dei DC esistenti verso l’implementazione di piattaforme cloud dedicate da cui lanciare servizi innovativi 10. Da ultimo, infine, entro il 2022, il 40% della spesa verso colocator sarà per la gestione avanzata degli asset e l’ottimizzazione dei servizi, non più per servizi di facility e di connettività di base. Inoltre anche i colocator dovranno essere in grado di fornire funzionalità per migliorare agilità e flessibilità
Il “cloud –in-a-box” di Lenovo
Il tema delle sfide è stato l’argomento ripreso da Roberta Marchini, Technical Sales Manager di Lenovo Data Center Group Italia: «Non solo sono richieste maggiori risorse di calcolo, che possono essere sia on premise che in cloud, ma sono necessarie anche risorse di elaborazione in prossimità dei dispositivi IoT, il cosiddetto edge computing, dove l’ambiente non è controllato e quindi è necessario dotarsi di risorse computazionali che possano lavorare anche in condizioni estreme. L’approccio più efficiente e flessibile è quello software defined; l’ambizione di Lenovo è di accompagnare i clienti nel loro percorso di trasformazione fornendo loro un’infrastruttura IT innovativa, affidabile e flessibile, grazie anche alle numerose partnership che l’azienda ha. Infatti, non sempre una soluzione è adatta alle specifiche esigenze di tutti i clienti.»
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Ecco la ragione per la quale Lenovo costruisce i propri elementi infrastrutturali di base - server, storage, networking - sotto il brand ThinkSystem - che i clienti possono usare per costruire soluzioni infrastrutturali “alla carta”. Un esempio di questo approccio è il recente annuncio del server Edge ThinkSystem SR350, progettato con dimensioni e peso ridotti, e in grado di funzionare in condizioni ambientali estreme. Lenovo costruisce inoltre soluzioni “chiavi in mano”, sotto il brand ThinkAgile, che offrono ai clienti integrazione, livelli di servizio e di supporto premium per poter attivare rapidamente i servizi richiesti. Un esempio sono le soluzioni ThinkAgile HX powered by Nutanix, ThinkAgile VX powered by VMware vsan, ThinkAgile MX in collaborazione con Microsoft e ThinkAgile CP, basata sul software Cloudistics, un vero e proprio “cloud-in-a-box”.
Il Cloud At Customer di Oracle
Accedere al public cloud non è sempre facile da parte delle aziende, soprattutto per quelle che si trovano a dover rispettare regole di data sovreignity stringenti o a non disporre di un accesso alla rete sufficientemente veloce da garantire il rispetto degli SLA indispensabili per il funzionamento dei processi di business. «Queste aziende – sostiene Riccardo Romani, Iberia, France & Italy Sales Consulting Leader Oracle - apprezzano il paradigma cloud e vorrebbero abbracciarlo ma per i vincoli di cui sopra, non possono utilizzare risorse Public e quindi cercano di modernizzare il proprio datacenter con progetti di private cloud o tentano la strada dell’hybrid cloud. Il rischio per loro è di perdere, nel tempo, competitività ed efficienza, non avendo modo di sfruttare la continuous innovation delle applicazioni che viene declinata in modo prioritario su Public cloud. In questo ambi-
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to così difficile, Oracle si propone con una particolare intuizione, nota come Cloud At Customer». Si tratta di una formula tecnico-commerciale che distacca una porzione del Public Cloud Oracle e lo colloca a casa del cliente, fornendolo in forma di Opex pay-per-use: si tratta di un’appliance pre-integrata HW/SW perfettamente speculare a ciò che Oracle stessa utilizza nei propri Public Cloud Datacenter e dotata dello stesso stack Iaas e PaaS, per la quale Oracle mantiene la gestione remota, sgravando il carico di operations a carico del cliente. «Ma il fiore all’occhiello del Cloud At Customer – continua - è la possibilità, di disporre localmente dell’innovazione continua che caratterizza i servizi pubblicati sul nostro Public Cloud: a un cliente Cloud At Customer interessato ad un nuovo servizio, basterà infatti usare l’interfaccia self-service dell’appliance per selezionare il servizio che desidera ed esso verrà iniettato nell’appliance con la stessa flessibilità e velocità del Public Cloud, ma v nella piena sicurezza del proprio datacenter».
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Huawei: plasmare il futuro dell’Italia insieme Nonostante le diatribe con il governo americano e la Comunità europea, l’Italia è un mercato che interessa molto al gruppo cinese Huawei che ha appena chiuso l’esercizio 2018 con un fatturato di quasi 105 miliardi di dollari di Gian Carlo Lanzetti
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L
a splendida cornice di Villa Erba sul Lago di Como ha fatto da sfondo alla prima edizione del Huawei Enterprise Day, evento in cui ha presenziato Thomas Miao, Ceo della consociata italiana. Il tema del convegno è stato “Touch the Future” e ha visto Huawei Enterprise guidare un momento di confronto costruttivo con i protagonisti dell’innovazione tecnologica, ponendosi nel ruolo di efficace partner delle aziende italiane, le università (14 quelle con cui sono stati stretti accordi di collaborazione), l’amministrazione e le città, in quel processo di digital transformation necessario per garantire competitività a livello internazionale. Si diceva dell’interesse per l’Italia. Un interesse non esplicitato a parole ma con i fatti e le iniziative di coinvolgimento con il mondo accademico e della ricerca e con le imprese. Oggi il gruppo ricava quasi la metà del suo fatturato (per la precisione 50,9 miliardi di dollari) dall’attività consumer, 42,9 miliardi dalle vendite ai carrier e 10,9 miliardi dal mercato Enterprise. L’evento di Villa Erba sta a indicare la volontà di Huawei di aggredire ora più massicciamente proprio il mercato Enterprise, in tutte le sue declinazioni produttive e applicative. Su questo punto Miao è stato molto esplicito: “Vogliamo essere un enabler della trasformazione digitale in Italia, con una strategia che fa perno sulla costruzione di un ecosistema digitale e sulla condivisione dei successi. In questo quadro le infrastrutture Ict saranno le base del mondo intelligente.” Il Ceo ha anche aggiunto che la missione individuata per questa operazione appare chiara. Si tratta di portare “La tecnologia digitale a ogni persona, casa o organizzazione per arrivare ad avere un mondo intelligente e quindi tutto connesso”. In Italia ci sono già banche, utilities e broadcaster che hanno scelto le tecnologie Huawei per i programmi di trasformazione digitale.
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Del resto le argomentazioni e gli strumenti per fare bene non mancano. Huawei è un gruppo che spende molto nella Ricerca e Sviluppo, considerata tuttora probabilmente la sua arma migliore come dimostra l’esperienza che sta maturando nell’area delle nuove reti di telecomunicazioni 5G. Nel 2018 tale attività ha assorbito la considerevole cifra di 14,8 miliardi di dollari versus i 13,8 dell’esercizio precedente. Quasi il 15% dei ricavi.
Huawei e CRS4, pongono agli amministratori locali e sui benefici che ne derivano per i cittadini. Obiettivo del progetto è la costruzione di una piattaforma cloud reginale che eroghi servizi smart as a Service alle Pubbliche amministrazioni locali che ne richiedono l’utilizzo. Il focus per adesso è su Cagliari, inclusa la sperimentazione del 5G.
Un portafoglio nutrito
Nell’ambito dell’Enterprise Day si è svolto anche il Partner Summit 2019 in cui è stato ribadito l’impegno di Huawei per la realizzazione di un ecosistema di partner aperto, collaborativo e vantaggioso per tutti. Tra le principali novità del nuovo programma di canale e dell’organizzazione di supporto ai partner sono stati annunciati: - Un programma di canale ulteriormente semplificato, soprattutto per quel che riguarda la gestione degli ordini e l’utilizzo dei fondi marketing; - L’introduzione di nuovi schemi di incentivazione anche per i partner di livello Gold e Silver; - L’implementazione di politiche di ‘skill transfer’ attraverso corsi gratuiti di formazione pre-vendita dedicati ai partner; - Il potenziamento delle funzioni di supporto e un aumento dei fondi destinati al finanziamento di attività di marketing definite in maniera congiunta. In conclusione dalla prima edizione del Huawei Enterprise, che ha visto la partecipazione di circa 500 ospiti, arriva il messaggio che in un momento in cui il nostro Paese si trova a un punto di svolta in campo tecnologico è necessario che le imprese sappiano accogliere il cambiamento e siano in grado di sfruttare le grandi opportunità offerte da questa nuova era digitale. Huawei è pronta a dare loro v una mano importante.
La divisione Enterprise di Huawei fornisce soluzioni Cloud, Big Data, IoT e Intelligenza Artificiale, oltre a una gamma di prodotti per data center, all-flash storage e WiFi. Integrando queste tecnologie nella sua piattaforma digitale, Huawei contribuisce a rendere le città più intelligenti e sicure guidando la trasformazione digitale dei suoi clienti in settori verticali quali quello finanziario, dell’energia e dei trasporti, accreditandosi come uno dei principali attori della trasformazione digitale. A fronte di un chiaro impegno negli investimenti in Ricerca e Sviluppo e con la determinazione di continuare su questa strada, Huawei si pone l’obiettivo di sviluppare soluzioni strategiche sempre più all’avanguardia e, come detto, portare la rivoluzione digitale a ogni persona, casa e organizzazione per realizzare un mondo totalmente connesso e intelligente. Uno spazio importante dell’evento è stato riservato anche al tema delle Smart City, con la testimonianza di Annalisa Bonfiglio - Presidente del Centro di Ricerca, Sviluppo e Studi Superiori in Sardegna (CRS4) - che ha focalizzato il proprio intervento sulle sfide che i progetti di città intelligenti, come quelli sviluppati nel Joint Innovation Center di
Thomas Miao, CEO Huawei Italia
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Ecosistema di partner aperto
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Vertiv supporta e prepara il canale per la crescita del mercato Il nuovo programma per i partner assicura loro competenze per fornire consulenza e soddisfare le prossime esigenze di edge computing e digitalizzazione di Gaetano Di Blasio
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l Vertiv Partner Program, presentato in aprile nell’area Europa, Medio Oriente e Africa, entra nel vivo, articolandosi in tre elementi principali: un nuovo piano di incentivi, un portale rinnovato per i partner e un portfolio ancora più ricco. Sopra tutto ciò si trova una strategia mirata che consente, alla sempre più ampia base di partner, di accrescere le proprie competenze per fornire servizi di consulenza e mettere in grado i clienti di soddisfare appieno le esigenze di efficientamento nelle strutture di power e cooling nei data center o nelle emergenti installazioni di edge computing. Negli ultimi dodici mesi, gli esperti di Vertiv hanno realizzato una ricerca continua per arrivare a definire i quattro principali archetipi di edge computing, identificando gli “use case” più promettenti per il 5G, o, in altre parole, le opportunità commerciali più sicure e immediate per i partner. Inoltre, i vertici di Vertiv hanno attuato una precisa strategia al fine di posizionare i propri partner in modo appropriato rispetto alla capacità di cogliere tali opportunità in termini di competenze, strumenti di vendita e fidelizzazione, consentendo di fornire servizi di consulenza gratuita a beneficio degli utenti finali. Ci spiega Stefano Mozzato, da 25 anni all’interno dell’organizzazione (entrato come Hiross, ha vissuto tutti i successivi sviluppi fino a Emerson Network Power, ora Vertiv) e oggi country manager in Italia: «In passato si investivano due o tre giorni per effettuare una valutazione della struttura di un potenziale cliente e proporre un aggiornamento della stessa. Per molti partner, che servono realtà piccole, magari con un rack solo o una data room da 20 metri quadri, questo approccio è troppo oneroso».
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Stefano Mozzato, Country manager Italia di Vertiv
«Per questo – continua il manager – abbiamo adottato un metodo diverso, reso possibile dalla nostra lunga esperienza, che ci ha consentito di definire metriche rispetto alle quali classificare il tipo di carico e impostare il da farsi di conseguenza: per esempio, se il carico per rack è tra i 500W ai 2,5KW, allora si studia il layout dei server; se, invece, il carico è tra i 4 e i 7KW, allora si analizza come viene distribuita l’aria». In pratica, vengono installati dei sensori, che spesso si lasciano al cliente, in modo da realizzare, per esempio, una mappatura termodinamica del data center, che fornisce un’analisi di come si comporta la struttura nel tempo. «È un po’ come un “runner” che porta al polso un dispositivo in grado di misurare i parametri fisici personali durante la corsa. In questo modo bastano un paio d’ore per fornire al cliente una roadmap delle operazioni che è opportuno realizzare per rendere efficiente la propria struttura», prosegue Mozzato, aggiungendo: «Questo approccio strutturato ci permette di formare sul campo i nostri partner. Con alcuni di questi abbiamo già incontrato molte aziende utenti e l’obiettivo è di continuare, perché tutti possano poi operare in autonomia». Il grande vantaggio per i partner e, di riflesso per gli utenti finali, consiste nel vero e proprio servizio di consulenza che viene erogato a quelle che, in massima parte, sono piccole e medie imprese le cui esigenze di strutture power e cooling crescono con l’industry 4.0 o l’IoT e la digitalizzazione in generale. Non si tratta di una consulenza legata alla vendita, ma di tracciare un percorso su cui è il cliente a decidere cosa e come investire; né si tratta di una perizia tecnologica, perché la sensoristica già installata consentirà di monitorare l’andamento delle esigenze energetiche; ma è un assessment di business, dove gli strumenti installati sono gli abilitatori del business. Fino a ieri, infatti, evidenzia Mozzato, il servizio di consulenza si riduceva «a fornire un consiglio del tipo: quell’UPS è piccolo per le tue esigenze”, mentre con il nuovo approccio permettiamo ai nostri partner di crescere for-
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nendogli la competenza adeguata per chiedere al cliente: “Oggi sei qui, ma quali sono i tuoi piani? Dove vuoi andare?”, perché se entro due anni vuoi spostare i tuoi apparati IT in una struttura in co-location, probabilmente ha senso fare solo il minimo necessario per garantirti una continuità. Se, invece, consideri che questa infrastruttura di power e cooling sia un tuo asset e intendi mantenerla, allora ti proponiamo un percorso, che, magari, non include il prodotto a cui avevamo pensato inizialmente». Si eleva il processo di vendita su un altro livello e, afferma Mozzato, cambia l’approccio che anche i system integrator partner di Vertiv utilizzavano, rivendendo i dispositivi con una conoscenza derivante dal mondo IT, focalizzati sull’idea di vendere la soluzione nuova in quanto migliore. Oggi si propone una consulenza a livello di business, scegliendo di investire tempo, risorse e strumenti, come i suddetti sensori. Un investimento il cui ritorno garantito è quello di assicurare un canale più competente e sempre più efficace nel servire i propri clienti. Questi ultimi risultano più soddisfatti, perché se servirà la tecnologia, il suo acquisto sarà ben motivato, il suo valore meglio compreso, ma, a quel punto, sarà in secondo piano rispetto alla competenza che il partner trasmetterà.
Digital ed edge computing
I vertici di Vertiv stanno inoltre investendo sulla strategia di posizionamento, come rimarca Joachim Fischer, channel sales director di Vertiv in Emea, tornando sul tema del 5G e delle potenzialità del power e cooling presso la periferia (l’edge, appunto). A tal proposito è stato presentato il gruppo di continuità Liebert GXT5 (UPS), che integra le soluzioni di edge computing lanciate a novembre 2018 (Vertiv Geist rPDU e Vertiv VR Rack). Disponibile attraverso i partner di canale in Europa, Medio Oriente e Africa in una vasta gamma di varianti, questa famiglia è stata progettata per cogliere le nuove offerte dall’edge computing, sia per le attese soluzioni 5G, sia per le attuali esigenze spinte dalla digital transformation e dalla smart economy. In particolare, il gruppo di continuità Liebert GXT5, unico UPS montato su rack, dispone di socket controllati individualmente per una maggiore sicurezza e può anche essere gestito in remoto per semplificare la complessità dell’edge e supportare le profonde trasformazioni che si verificano in molti settori, come retail, v sanità, servizi finanziari e Industria 4.0. 25 PANORAMI
I principali trend per il canale nel 2019 A 2019 avviato si può iniziare ad analizzare, con l’aiuto di Karl Roe, VP of Services and Cloud di Nuvias, quelli che saranno gli sviluppi del canale IT nel corso dell’anno di Giuseppe Saccardi
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niziamo analizzando il quadro generale, è l’incipit di Karl Roe, VP of Services and Cloud di Nuvias Group, entrando subito in argomento. Il primo elemento che viene all’attenzione, osserva il manager, è che la semplice vendita di prodotti non è più sufficiente per creare un differenziale di valore riconosciuto dal cliente e per realizzare una buona vendita. Oggi, risulta sempre più evidente quanto il canale sia in evoluzione per cercare di rispondere all’esigenza di una reale integrazione tra i sistemi IT, in termini di connettività e applicazioni per gli utenti. Questo significa molto di più che collegare semplicemente le diverse apparecchiature e connetterle le une con le altre. Il canale deve estendere il proprio portfolio di prodotti “off-the-shelf ” e sviluppare applicazioni e software specifici, se non addirittura personalizzati, per fornire soluzioni su misura che supportino la spinta dei clienti verso la Digital Transformation e cambino il modo in cui essi operano. Poi c’è, quasi inutile dirlo, il cloud. Mentre la migrazione verso il cloud si sposta dalla fase promozionale a quella di testing ed implementazione vera e propria, il canale deve aiutare i clienti a compiere l’ulteriore passaggio dagli ambienti cloud ibridi alla realizzazione di soluzioni completamente API-driven e cloud-integrated. Le API (Application Programming Interface) disponibili oggi, laddove non esistevano in precedenza, devono essere sfruttate dal canale per creare nuovo valore. Come in molte aree specialistiche hitech, anche in questo caso vi è una carenza di competenze nello sviluppo di API e di sistemi efficienti, che soltanto gli operatori di canale lungimiranti, possono aiutare a colmare.
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Il problema del cambio di modello di business
L’altro grande cambiamento, continua Roe, coinvolge i rivenditori tradizionali ed i nuovi operatori di canale nell’adozione del modello “as-a-service”. Nel frattempo, molti Managed Service Providers (MSP) aggiungono molteplici tipologie di servizi alla loro offerta, come la sicurezza per diventare MSSP, mentre nascono anche i DevOps as-a-service, assicurando grandi opportunità di delivery nello sviluppo e integrazione del software. Gli utenti finali spesso sono diffidenti verso i progetti di sviluppo del software e dei relativi costi di implementazione, ma è proprio in questa circostanza che i partner fidati di canale possono intervenire con la loro conoscenza e competenza per guidare i progetti di trasformazione, confermando un investimento fisso, chiaro e misurabile. Dalle criticità che potrebbero determinare l’evolversi delle strategie per gli operatori di canale nei prossimi 12 mesi, ecco alcune previsioni nei settori chiave della tecnologia.
Meglio una sicurezza a due fattori
Se il 2018 è stato l’anno di entrata in vigore del GDPR, il 2019 sarà invece l’anno della verità. Stiamo ancora aspettando le prime sanzioni dovute al GDPR in primis con Facebook, BA e Cathay Pacific. Ransomware, cryptomining, trojan bancari, filtro VPN sono soltanto alcune delle principali minacce malware che continueranno a sfidare aziende e consumatori nel 2019. Ma la posta in gioco sta sensibilmente aumentando con lo spionaggio, il cyber crimine e le azioni di sabotaggio pilotate dagli stati-nazione, con particolare attenzione al collegamento con gli utenti finali più vulnerabili. Il continuo spostamento del vettore di attacco dalla rete all’utente determina una rivalutazione delle modalità di gestione della sicurezza, con un crescente riconoscimento che la consapevolezza e la
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formazione del personale contro gli attacchi informatici sono fondamentali per la protezione di queste aree più vulnerabili. E con il rischio di ripetere, mette in guardia il manager, quanto già accaduto negli anni precedenti, forse nel 2019 ci si renderà realmente conto della vulnerabilità delle password a singolo fattore di autenticazione.
Analisi dei servizi di Unified Communications (UC)
Un altro punto è costituito dall’UC. La velocità di adozione dei servizi di Unified Communications nel 2018 non ha soddisfatto molte previsioni fatte all’inizio dello scorso anno. Tuttavia, i dati degli utenti sul consumo effettivo dei servizi di UC consentiranno, alle aziende, prevede Roe, di vedere come il personale collabora ed interagisce per migliorare la produttività e misurarne anche l’adozione da parte degli utenti. C’è stata una spinta continua dei vendor di UC per entrare nello spazio dei service provider e per offrire le loro applicazioni dal Cloud. I system integrator oggi offrono servizi di rete e vengono acquisiti dai service provider. Anche i Direct Marketing Reseller (DMR) stanno investendo nelle proposte di servizi e nelle funzionalità cloud e stanno aumentando il valore della fornitura di software e hardware standard. Gli stessi distributori si basano molto meno sull’hardware. Il panorama generale dei fornitori di servizi di UC si sta stabilizzando con nuove partnership e tipologie di provider emergenti, cosa che molto probabilmente continuerà nel 2019.
Il fattore tempo
Solo il tempo potrà dire se queste previsioni sono corrette o meno, evidenzia Roe, ma fare ipotesi plausibili non è un esercizio banale e per un rivenditore riuscire a farle correttamente ed agire essendo v informato può avere un impatto importante sui profitti
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Il cloud pubblico è in crescita Gartner prevede una crescita globale del Cloud Pubblico del 17,5% nel 2019. Entro la fine dell’anno oltre il 30% dei nuovi investimenti software dei fornitori di tecnologia passeranno dal ‘cloud-first’ a ‘cloud-only’
PREVISIONE DI RICAVI DEI SERVIZI DI PUBLIC CLOUD A LIVELLO GLOBALE (IN MILIARDI DI DOLLARI) (fonte: Gartner Agosto 2018) 2018 2019 2020 2021 2022 Cloud Business Process Services (Business Process as a Service) Cloud Application Infrastructure Services (Platform as a Service) Cloud Application Services (Software as a Service) Cloud Management and Security Services Cloud System Infrastructure Services (IaaS) Total Market
49.3
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57.0
61.1
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182.4 214.3 249.8 289.1 331.2
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l mercato mondiale dei servizi cloud pubblici è previsto in crescita del 17,5% nel 2019 raggiungendo i 214,3 miliardi di dollari, contro i 182,4 miliardi del 2018, secondo le stime della società di analisi Gartner. Il segmento di mercato in più rapida crescita sarà costituito dai servizi di infrastruttura del sistema cloud, o infrastruttura come servizio (IaaS), che si prevede aumenterà del 27,5% nel 2019 fino a raggiungere i 38,9 miliardi di dollari, da 30,5 miliardi di dollari nel 2018 (vedi Tabella 1). Il secondo tasso di crescita più alto pari al 21,8% sarà raggiunto dai servizi di infrastruttura cloud application o dal platform as a service (PaaS). «I servizi cloud stanno decisamente scuotendo il settore – ha affermato Sid Nag, vicepresidente alla ricerca di Gartner -. In Gartner non conosciamo fornitori di servizi, oggi, i cui modelli di business e crescita dei ricavi non siano influenzati dalla crescente adozione di strategie ‘cloud-first’ nelle organizzazioni. Ciò che vediamo ora è solo l’inizio, però. Attraverso il 2022, Gartner prevede una crescita del settore dei servizi cloud di quasi tre volte la crescita dei servizi IT complessivi. » Secondo i recenti sondaggi di Gartner, più di un terzo delle organizzazioni considera gli investimenti nel cloud come una delle prime tre priorità di investimento, il che sta influenzando le offerte del mercato. Gartner prevede che entro la fine del 2019, oltre il 30% dei nuovi investimenti software dei fornitori di tecnologia passeranno dal ‘cloud-first’ a ‘cloud-only’. Ciò significa che il consumo di software basato su licenze sarà ulteriormente ridotto, mentre SaaS e modelli di consumo di cloud basati su abbonamento continueranno a crescere. «Le organizzazioni hanno bisogno di servizi legati al cloud per entrare a bordo di cloud pubblici e trasformare le loro operazioni mentre adottano servizi cloud pubblici», ha affermato Nag. Attualmente quasi il 19% dei budget sul cloud viene speso per servizi relativi al cloud, come consulenza cloud, implementazione,
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Gartner: la metà delle offerte PaaS sono in cloud Secondo la società americana di analisi quasi il 50% delle offerte PaaS sono cloudonly. Si prevede un spostamento degli investimenti strategici in questo settore
migrazione e servizi gestiti, e Gartner prevede che questa percentuale aumenterà fino al 28% entro il 2022. «Finchè il cloud resta una tendenza principale nella maggior parte delle organizzazioni, i manager di prodotti tecnologici per i servizi correlati al cloud dovranno concentrarsi sulla fornitura di soluzioni che combinino esperienza ed esecuzione con le offerte dei provider hypersclae», ha affermato Nag. «Questo approccio complementare guiderà sia la trasformazione che l’ottimizzazione dell’infrastruttura e delle operazioni di un’organizzazione». v
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econdo la società di ricerca Gartner, quasi la metà delle attuali offerte platform as a service (PaaS) sarebbero in cloud. Attualmente, ci sono più di 360 fornitori in 21 segmenti di mercato, che offrono più di 550 offerte PaaS. Il 48% percento di queste offerte sono ‘cloud-only’, come spiega Gartner. Nessun venditore ha un punto d’appoggio in tutti i 21 segmenti, il 90% di essi, invece, opera solo all’interno di un singolo segmento di mercato PaaS. «I leader aziendali e tecnologici stanno spostando gli investimenti strategici nel cloud - ha affermato Yefim Natis, vicepresidente alla ricerca e analista di Gartner -. Il cloud computing è una delle principali forze dirompenti nei mercati IT che sta guadagnando fiducia. Sebbene molte organizzazioni prevedano un ammortamento a lungo termine dell’infrastruttura on-premise, i fornitori di quasi la metà delle piattaforme cloud scommettono sulla crescita di quest’ultimo e scelgono il delivering solo in cloud» ha commentato Natis. Pertanto Gartner prevede che la spesa IT delle aziende per le offerte basate su cloud supererà la spesa per le offerte non in cloud entro il 2022. Si prevede che il fatturato totale del mercato PaaS raggiungerà i 20 miliardi di dollari nel 2019 e supererà i 34 miliardi di dollari nel 2022, secondo stime comunicate da Gartner. In questo passaggio al cloud, i servizi di database e application platform rappresentano i segmenti di mercato più grandi, con blockchain, esperienza digitale, servizi di platform serverless e di intelligenza artificiale/machine learning (AI/ML) che si posizionano come i più innovativi. Gli analisti di Gartner approfondiranno il tema dei servizi Cloud Platform e Key Cloud Computing in occasione dell’evento Gartner Enterprise Architecture & Technology Innovation Summit v 2019, che si terrà il prossimo 3-4 giugno a Londra. PASSAGGIO AL CLOUD PER CATEGORIA (fonte: Gartner Agosto 2018) 2018 2019 2020 2021 2022 System infrastructure 11% 13% 16% 19% 22% Infrastructure software 13% 15% 17% 18% 20% Application software 34% 36% 38% 39% 40% Business process outsourcing 27% 28% 29% 29% 30% TOTAL 19% 21% 24% 26% 28%
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PRINTING
PeDM PRIMO PIANO
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ED OCUMENT MANAGEMENT
di Gaetano Di Blasio
La digital transformation e la stampa a supporto di un’impresa agile Tutti oggi dispongono di uno o più dispositivi mobili. Più precisamente, secondo la più recente edizione del report sul digitale, realizzato in collaborazione da We Are Social e Hootsuite, lo scorso anno erano circa 51 milioni gli utenti di device mobili in Italia, con un tasso di penetrazione ormai pari all’85%. Un trend in crescita, soprattutto contando uno spettro di dispositivi sempre più ampio, che a smartphone, tablet, notebook, wearable e smart device vari, aggiunge anche servizi e reti in grado di aumentare costantemente il numero di utenti e oggetti intelligenti connessi. Accanto a device mobili dalle prestazioni ottimizzate, prosegue infatti lo sviluppo di reti mobili dalle caratteristiche sempre più avanzate, che in versione 4G garantiscono una copertura oramai quasi totale della popolazione italiana, mentre in Italia è appena partita la corsa al 5G, per ora un’accessibilità limitata alle principali città, con velocità nominali tuttora ridotte (sottolineiamo i vincoli particolarmente restrittivi in Italia a tutela degli ancora poco chiari effetti delle emissioni elettromagnetiche), peraltro in grado di fornire prestazioni adeguate a un ampio impiego di applicazioni dall’altissimo uso (quali di banda, come contenuti in streaming, video in full HD e altre). Intanto cresce l’ecosistema infrastrutturale e applicativo supportato dal cloud e da piattaforme sempre più intelligenti, che garantiranno piena operatività alla smart economy, caratterizzata da ecosistemi che hanno già iniziato a superare i tradizionali confini fisici delle imprese. Una realtà ormai visibile che, qualora permangano dubbi, è confermata dall’Osservatorio Enterprise Application prodotto dalla School of Management del Politecnico di Milano. Questo rileva che il 64% delle Direzioni IT aziendali considera mobility e collaboration fra i trend più rilevanti del futuro, con un impatto già visibile sulle attuali scelte applicative, sempre più orientate a una logica di sviluppo “mobile first”. v
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PeDM PRIMO PIANO
IL PRINTING IN MOBILITÀ Stampare da qualunque device e in qualsiasi condizione a supporto di chi svolge attività in field o lavora in modalità Byod
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a mobility è presente in tutti i processi di lavoro legati al digitale, tuttavia molti processi operativi legati al document management restano legati alla stampa. Per questo, una strategia per il lavoro in mobilità non può trascurare il mobile printing. Le imprese non possono permettersi di rinunciare alle potenzialità rappresentate dalla relazione con la clientela in mobilità né rallentare sul fronte dell’automatizzazione ed efficientamento dei processi. Non è un caso se alcuni analisti stimano che, nel nostro Paese, i progetti legati a questo ambito assorbiranno già dal prossimo anno la metà dei budget IT aziendali, come ci svelano gli esperti di Brother. Le opportunità, più precisamente, spingono gli investimenti verso una logica di maggiore flessibilità, soprattutto per quanto riguarda aspetti critici come
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di Gaetano Di Blasio
la gestione del magazzino, le operation, il supporto alle vendite e quello alle attività del personale in campo (commerciali, ispettori, certificatori, manutentori, trasportatori e molti altri).
Dal magazzino alla stampante in campo Per esempio, gli investimenti relativi alla trasformazione del magazzino convoglieranno, ci rivelano sempre gli esperti di Brother, su applicazioni a supporto delle attività per la gestione della logistica, sfruttando tecnologia WiFi, geolocalizzazione, terminali industriali o dispositivi inossidabili. Sul fronte della sales force automation, invece, ci si aspettano investimenti indirizzati alle applicazioni a supporto di attività di promozione, raccolta ordini, tentata vendita. Sul piano parallelo della Mobile Field Force Automation, gli investimenti si orienteranno verso applicazioni a supporto di attività in campo, come la manutenzione, fruibili da smartphone, tablet, notebook. Infine, la produttività personale sarà aumentata da servizi mobile in grado di permettere agli utenti di collegarsi alla rete aziendale e di disporre di strumenti per la produttività e la collaboration. La mobilità, in pratica, aumenta il valore lungo tutta la catena produttiva ma questo indipendentemente dalla produzione di documenti cartacei (fatture, certificazioni, offerte, rapporti o altro). Ecco perché Brother ha investito nella creazione di numerosi dispositivi adatti all’utilizzo in campo e in mobilità, che
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consentono di accelerare i processi e di ridurre il rischio di errore, aprendo nuovi fronti e nuove opportunità per quanto riguarda la stampa in mobilità.
La questione della firma Per tutte le attività in campo, laddove si presenta l’esigenza di avere conferma formale delle attività svolte (per esempio, un ordine o una ricevuta alla consegna delle merci), la soluzione più immediata rimane ancora la firma autografa su un documento cartaceo. Ai fini della normativa italiana l’unica firma alternativa con validità legale è la cosiddetta firma “grafometrica” (ossia la Firma elettronica avanzata) che richiede l’implementazione di una piattaforma software dedicata e un hardware specifico. Si tratta, evidenziano in Brother, di un’alternativa onerosa (sia in termini economici sia di gestione). In prospettiva la firma elettronica può introdurre in azienda interessanti potenzialità di risparmio, magari in abbinamento a soluzioni di document management e archiviazione sostitutiva, ma resta il fatto che, nella maggior parte dei casi, il cliente richiede comunque una stampa cartacea come forma di ricevuta. Una stampante portatile è quindi conveniente per chi lavora in campo. Qualche esempio aiuta a comprendere i vantaggi:
Inoltre, Brother ha progettato una gamma di accessori dedicati alla disinfestazione in campo. È possibile massimizzare la reale portabilità delle stampanti portatili utilizzando le custodie di trasporto di Brother o di terzi (alcune di esse sono personalizzabili per soddisfare esigenze specifiche). Sono disponibili sia custodie semplici sia custodie integrate con alloggiamento e alimentazione della carta. In particolare la gamma PJ A4 offre in opzione una custodia per il trasporto, una custodia in gomma e una custodia per stampante portatile. • La vendita in campo - Come accennato, in molte attività, stampare in campo è necessario e dunque occorre attrezzare un ufficio che, ovviamente comprenda una piccola stampante mobile. Questa deve essere pic-
• Stampanti portatili per la disinfestazione - Abbiamo scelto uno scenario inconsueto, ma tanti ricorderanno che ci sono stati casi anche riportati in cronaca sui problemi d’infestazione in grandi città. Gli addetti che intervengono devono fornire vari documenti per qualificare il lavoro svolto e le sostanze chimiche pericolose eventualmente utilizzate. Grazie a una soluzione portatile, Brother consente di fornire tutta la documentazione corretta e leggibile in caso di emergenza.
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cola, leggera e, al tempo stesso robusta e durevole. Casi tipici si presentano nelle vendite, come nei servizi di assistenza, la logistica, la pubblica sicurezza. Più in dettaglio, osserviamo come nelle vendite, gli addetti hanno spesso il bisogno di stampare tutto ciò che occorre presso la sede del cliente, senza dover comunicare con l’ufficio e chiudere la transazione sul posto. Attraverso le printer mobile Brother PJ 700 possono guadagnare tempo e cogliere al volo le opportunità con un’immediata sottoscrizione di acquisti e contratti, programmando nuove visite presso altri clienti. • Logistica/consegne - Nell’ambito della logistica si fa ancora molto uso della stampa, come prima accennato. In particolare, nel caso delle consegne, gli operatori possono usare le versatili printer di Brother per stampare diversi tipi di documenti in viaggio, sul furgone o presso la sede del cliente. La stampa tempestiva in loco è, utile per consegnare bolle di consegna, vidimazioni del ritiro merce, fatture o altro. • Sicurezza pubblica e servizi di emergenza - Montate nei veicoli e alimentate con i caricabatteria per auto, le stampanti mobile si dimostrano un’ottima soluzione per polizia, ambulanze, vigili del fuoco o ispettori. Il loro utilizzo permette di ridurre gli errori di trascrizione e consentono ai funzionari e
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al personale medico di risparmiare tempo. Anche gli ufficiali delle forze dell’ordine, non dovendo redigere i verbali a mano, eliminano possibili errori di scrittura.
Stampa in mobilità con tecnologia termica per lunga durata In buona sostanza, i vantaggi della possibilità di stampa in field si riassume in maggiore efficienza, miglior presa sul cliente, prima che l’interesse per il prodotto si affievolisca, risposte immediate ai clienti, minori costi di amministrazione, riduzione dei contatti con l’ufficio, quindi relativo risparmio di tempo, più precisione con meno errori di scrittura. Tutto ciò è abilitato da tecnologie adeguate, evidenziano in Brother. In particolare, la qualità della stampa deve essere garantita su una lunga durata nel tempo. Per questo in Brother hanno sviluppato una tecnologia termica diretta, progettata per fornire la massima affidabilità. Le stampanti per la mobilità che la utilizzano producono, infatti, le immagini attraverso il riscaldamento di una speciale carta che garantisce lunga durata al documento stampato e la possibilità di apporvi firme sempre chiare e leggibili. Quando la carta passa sopra la testina termica, il rivestimento nelle aree riscaldate producendo un’immagine. Questo apporta anche un ulteriore e impor-
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tante vantaggio per chi lavora in campo: gli operatori non devono, infatti, preoccuparsi dell’acquisto di inchiostro, toner o cartucce, né di doversene rifornire passando in azienda. Meno fastidi e maggiore efficienza, quindi. Inoltre, le stampanti basate su tecnologia termica diretta possono essere montate ovunque e con qualsiasi orientamento, senza rischi di perdite o macchie durante il trasporto. Le printer di Brother son anche insensibili alle variazioni di temperatura e umidità, caratteristica fondamentale per usarle in auto o furgoni che possono rimanere esposti al sole.
La gamma Pocket Jet per una libertà mobile in campo La gamma PJ-700 è costituita da stampanti portatili molto compatte, che forniscono una soluzione di stampa, su fogli A4 o A5, mobile robusta e durevole, studiata per applicazioni in campo per le molteplici applicazioni su illustrate. Le stampanti sono disponibili in vari modelli. Tra le caratteristiche di cui sono dotate, vanno evidenziate la connettività Bluetooth e la disponibilità di USB, WiFi e MFi per collegarle direttamente a smartphone, Pda, tablet e computer portatili senza necessitare di reti locali o connessioni Web. Le PJ-700 hanno un peso ridotto, pari a 480 grammi e una larghezza massima di a 26 centimetri. In pratica trovano facilmente posto nella 24 ore, nella custodia del computer, montate in auto con apposito kit o in altre aree di lavoro. Per esempio il modello PJ-722 è capace di stampare 8 pagine al minuto, direttamente dai dispositivi mobile e tramite USB.
rittura personalizzando sistemi ad hoc. Intanto ha sviluppato la serie RJ che ben si presta alla realizzazione di soluzioni avanzate, grazie alle caratteristiche di stampanti dotate di elevata resistenza e progettate per gli ambienti difficili. La certificazione IP54 e i test di caduta da 1,2 metri fino ai 2,5 metri (in base ai modelli), costituiscono infatti una garanzia, per esempio, per gli ambienti esposti a polvere o acqua. Più in dettaglio osserviamo che le printer RJ consentono di stampare etichette fino a 101,6 millimetri e documenti cartacei, come ricevute nel formato 2, 3 e 4 pollici di alta qualità, anche in viaggio. Un esempio di utilizzo è quello dell’etichettatura nel settore retail, per il quale Brother ha realizzato anche un’applicazione specifica. I dispositivi sono dotati di connettività Bluetooth NFC, compatibilità Mfi, emulazione ZPLII, CPCL, comandi ESC/P, Raster e P-touch Template. Tra le altre caratteristiche principali: velocità di stampa di 6 ips (pollici al secondo)/152 millimetri al secondo. Come per le Pocket Jet, anche le RJ usano la tecnologia di stampa termica che non necessita di toner o inchiostri. v
La serie RJ per soluzioni verticali In molti contesti sono richieste caratteristiche specifiche che Brother può soddisfare addi-
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RICOH ANNUNCIA NUOVE MULTIFUNZIONE INTELLIGENTI La gamma a colori A3 facilita la digital transformation e integra la piattaforma Ricoh Always Current Technology che rende disponibili aggiornamenti e altre funzionalità di Giuseppe Saccardi
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a nuova serie Ricoh IM include 13 dispositivi multifunzione intelligenti a colori A3, tra cui Ricoh IM C2000, IM C2500, IM C3000, IM C3500, IM C4500, IM C5500 e IM C6000 che si caratterizzano per una velocità di stampa rispettivamente di 20, 25, 30, 35, 45, 55 e 60 pagine al minuto.
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Oltre ad essere certificati Blue Angel ed EPEAT, tutti i modelli integrano stampa, scansione, copia, accessori per la finitura fino a formati di stampa SRA3, nonché supporto standard per la stampa mobile. La serie, ha spiegato Ricoh, si interfaccia con la piattaforma Always Current Technology di Ricoh che permette di lavorare in modo più smart grazie a tecnologie che offrono scalabilità, sicurezza, sostenibilità e semplicità. Mediante questa piattaforma è possibile accedere ad un’ampia gamma di applicazioni, aggiornamenti e funzionalità aggiuntive. David Mills, CEO di Ricoh Europe, ha commentato: «La sicurezza delle informazioni e la possibilità di accedervi rapidamente sono aspetti fondamentali per il Digital Workplace. Si spiega perché la security sia una priorità per Ricoh: i nuovi multifunzione integrano funzionalità all’avanguardia per la crittografia a protezione delle informazioni». Peraltro, ha osservato l’azienda, i dispositivi sono molto semplici da utilizzare grazie allo Smart Operation Panel, un pannello touch
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Ricoh si rafforza e acquisisce DocuWare
Ricoh rafforza la propria offerta per il Digital Workplace acquisendo DocuWare, azienda che fornisce servizi per la gestione dei documenti aziendali
dotato di un processore di ultima generazione che velocizza l’utilizzo delle applicazioni installate. L’interfaccia migliora la user-experience e può essere personalizzata per rispondere alle esigenze dello specifico ambiente di lavoro e gestire al meglio i relativi workflow. Mediante Ricoh Intelligent Support, in pratica, tecnici Ricoh possono accedere da remoto allo Smart Operation Panel per una rapida risoluzione di eventuali problematiche e per effettuare gli aggiornamenti del firmware. David Mills ha aggiunto: «Oggi le aziende devono trasformarsi sempre più velocemente. Ricoh sa bene che i propri clienti hanno nuove necessità e che gli ambienti di lavoro si estendono oltre agli uffici tradizionali. I nuovi dispositivi intelligenti di Ricoh, come ogni altra tecnologia smart, permettono di installare applicazioni con grande flessibilità per lavorare in modo più efficiente e produttivo. Chiamiamo questo approccio Dynamic Workplace Intelligence sottolineando così la flessibilità con cui lavoriamo con i nostri clienti per sviluppare ambienti di lavoro su misura». v
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Con sedi principali in Germania e negli Stati Uniti, DocuWare fornisce soluzioni per il document e workflow management, in modalità cloud e on premise, a oltre 12.000 clienti in 90 Paesi del mondo avvalendosi di una rete di 600 partner. “Il nostro obiettivo è rafforzare l’offerta dedicata alle aziende che vogliono realizzare ambienti di lavoro digitalizzati. C’è una forte richiesta da parte dei nostri clienti di massimizzare il valore dei documenti e dei contenuti aziendali per supportare la crescita del business. L’accordo con DocuWare, leader nel mercato dei content services basati sul cloud, rappresenta un passo molto significativo per riuscire a soddisfare sempre meglio queste esigenze. Ora siamo in grado di fornire ulteriori funzionalità agli attuali clienti e alle aziende che ci sceglieranno in futuro”, ha commentato l’annuncio David Mills, Corporate Senior Vice President di Ricoh Company Ltd. Peraltro, la partnership tra i due leader di mercato è di lunga data e Ricoh da tempo propone i software DocuWare ai propri clienti. «DocuWare opererà come una sussidiaria di Ricoh, per cui ci impegniamo a mantenere ed espandere il programma di partnership già in essere e a investire nello sviluppo di nuovi prodotti. Mediante Ricoh Smart Integration, DocuWare si interfaccia con la nostra gamma di multifunzione intelligenti IM C offrendo alle aziende un modo semplice e sicuro per dematerializzare i documenti e integrarli in flussi di lavoro digitali», ha illustrato Mills: In quanto al futuro Michael Berger e Max Ertl, Presidentiof DocuWare, ha spiegato: «DocuWare ha un piano di crescita ben definito per il coinvolgimento dei partner attuali e futuri nella proposta della nostra tecnologia al mercato. Il fatto che Ricoh sia leader di mercato ci dà la certezza di poter raggiungere obiettivi sfidanti e di continuare ad essere un fornitore affidabile e innovativo per tutti i nostri partner e i nostri clienti». L’acquisizione di DocuWare dovrebbe perfezionarsi nel corso dell’estate 2019, appena ottenuta l’autorizzazione delle autorità garanti della concorrenza di Germania ed Austria e una volta completate le procedure previste. Opererà come sussidiaria di Ricoh e Michael Berger e Max Ertl manterranno la loro carica di Presidenti.
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L’ALBA DELLE NUOVE COMUNICAZIONI Tra cloud e nuove tecnologie cresce l’integrazioane di soluzioni e applicazioni
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LO SCENARIO DELL’UCC L’adozione di tecnologie VoIP resta ancora in prevalenza di proprietà delle aziende, ma anche l’esternalizzazione dei servizi si fa strada grazie all’evoluzione tecnologica e al cloud
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entre nell’IT il ricambio generazionale è abbastanza veloce, diversa è sempre stata la situazione per quanto concerne i sistemi di comunicazione unificata (UCC). I motivi sono svariati, dai diversi addetti nell’ambito dell’ICT aziendale alla durata generazionale dei prodotti adottati, dalle esigenze specifiche, al problema di dover riorganizzare l’infrastruttura di rete aziendale a supporto, sino alla più recente virtualizzazione dei Pbx
come software residente su comuni server x86. A questo si è andato negli ultimi anni aggiungendo la complessità e il desiderio di evolvere verso una esternalizzazione dell’UCC fruendone come servizio erogato da terzi e/o nel cloud. Ma non si tratta solo di visione architetturale. Il problema della qualità dei servizi erogati, si pensi, per esempio ai servizi multimediali alla clientela, o quelli di videoconferenza per ottimizzare la produttività e ridurre i costi di
Quale configurazione infrastrutturale avete installato in azienda? Responses
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Centralino proprietario tradizionale presso la sede principale
Centralino proprietario VOIP
Servizio gestito da operatore o managed service provider
Soluzione UCC in cloud
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hanno permesso di inquadrare il fenomeno dell’UCC e della sua evoluzione per quanto riguarda i suoi punti più dibattuti. trasferta, è altrimenti critico perché richiede un’infrastruttura di rete di prestazioni elevate e altamente sicure che non sempre è disponibile, oppure lo è a costi elevati. In sostanza, anche quando si è consci che una nuova architettura, di proprietà o virtuale o sotto forma di servizio in cloud, sia davvero utile ai fini del business, quello che può far posporre un investimento in UCC sono i costi aggiuntivi di predisposizione del sotto sistema di comunicazione,
in mancanza del quale gli investimenti finirebbero con l’essere poco produttivi. Ciò premesso, e data l’ampia varietà di casistiche presente nelle aziende italiane per quanto concerne le soluzioni IT presenti e il fatto che quando un sistema funziona si è restii a mettervi mano e budget, quale è la situazione che si prospetta? Reportec ha analizzato in modo qualitativo la situazione ponendo ai suoi lettori una serie di domande che
La configurazione infrastrutturale installata in azienda Per quanto riguarda quanto installato la situazione vede ancora una netta predominanza del concetto di proprietà, con una percentuale di circa l’80%. In pratica, 8 aziende su 10 posseggono il sistema di comunicazione, unificato o meno che sia, VoIP o non VoiP. Se però si guarda al tipo di UCC
Per ognuna delle seguenti tecnologie può indicare (barrando la casella corrispondente) quali sono già state introdotte in azienda e quali saranno adottate nei prossimi 12 mesi? Presente in azienda
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Prevista l'adozione entro 12 mesi
Non la considero una priorità
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Rilevamento della presenza
Chat/ Messaging
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Conference Video Video call comunicazione comunicazione da pc con Teleprecence
Huddle Room
Telefoni IP in azienda
Telefonia su Organizzazione Condivisione IP tramite condivisa di di applicazioni software appuntamenti/ e/o di file (*) (Softphone, meeting Skype) (calendar)
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installato si nota come sia stata realizzata una netta evoluzione verso tecnologie recenti al fine di unificare la rete di comunicazione con quella per i dati e sfruttarne i relativi servizi. In sostanza, quasi il 70% dei centralini di proprietà è di tipo VoIP, cosa che evidenzia il profondo salto tecnologico che è stato effettuato e che peraltro permette di prepararsi ad evolvere verso soluzioni di esternalizzazione del servizio. Non trascurabile in termini percentuali è però il numero di rispondenti che hanno iniziato il percorso verso l’esternalizzazione del servizio, sia in quanto tale sia perché fruito nel cloud. La percentuale complessiva di circa il 20% indica di come sia comunque
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significativo il novero delle aziende che hanno cambiato profondamente l’approccio alla UCC. Di questi, circa la metà ne fruisce come servizio gestito da operatore o managed service provider e circa la metà sotto forma di soluzione nel cloud.
Stato attuale dei servizi e di prossima introduzione Per quanto riguarda i servizi ad oggi presenti in azienda, la situazione vede in testa, non sorprendentemente, la presenza (con il 90%) di telefoni IP, condizione peraltro necessaria per fruire di servizi evoluti di UCC. A seguire, più o meno con una percentuale dell’80%, servizi come la conferenze call, il messaging e la
videocomunicazione da pc, il calendar e la condivisione di applicazioni e file. Più distaccate, ma comunque molto fruite, risultano applicazioni come la rilevazione presenze (61%), l’huddle room ( 27%) e la videocomunicazione con telepresence (41%). Diversa è la situazione per i servizi di prossima introduzione nell’arco di dodici mesi, che, considerando la forte evoluzione già avvenuta non prevede sensibili mutamenti.
Stato della integrazione tecnologica Nell’ambito dell’integrazione delle applicazioni esistenti in azienda la parte del leone la fa l’e-mail in abbinamento alla telefonia mobile (Push e-mail)
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con una percentuale che raggiunge il 90%. Un indice di come la mobility sia oramai pervasiva nel contesto aziendale e venga considerata un fattore indispensabile per il business e il perseguimento degli obiettivi. Seguono a non molta distanza la videocomunicazione mobile (67%), email e IP telephony (64%) e via via altre applicazioni come la business collaboration, sistemi di gestione ambientale e del building automation o videocitofoni. Comincia a farsi strada anche l’integrazione con sistemi IoT, già presenti
nel 16% dei casi e significativo di come si stia preparando il passo successivo per una completa o perlomeno più forte integrazione di ambienti di office e di fabbrica o di gestione di sistemi fonia-dati fortemente distribuiti. Fatto questo rimarcato dal fatto che questa percentuale sia destinata quasi a triplicare nel corso dei prossimi dodici mesi. Tra i servizi attualmente poco integrati, ma destinati ad aumentare notevolmente nel prossimo anno, vi sono anche quelli che prevedono smartphone e telefoni collegati con sistema HR,
attualmente fruiti in poco più del 7% dei casi, ma che vedranno coinvolti il 27% dei rispondenti.
I benefici di una soluzione di UCC Non sorprendentemente, e in linea con gli obiettivi, al primo posto dei benefici ottenuti con l’adozione di una soluzione integrata di UCC si posiziona il risparmio nei costi operativi (81%). Anche la flessibilità nel lavoro (evidenziata dal 74% dei rispondenti) è uno degli obiettivi più perseguiti e che si pone al secondo posto per quanto
Può indicare (barrando le rispostae applicabili) quali sono le tecnologie integrate tra loro all’interno della vostra azienda e quali prevedete di integrare nei prossimi 12 mesi? Presente in azienda
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Prevista l'adozione entro 12 mesi
Non la considero una priorità
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E-mail + Telefonia mobile ( Push e-mail) (§)
E-mail + Fax
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Telefonia mobile + IP Telephony
Telefonia mobile + Videocomu nicazione
IP Telephony + E-mail
Soluzione Portale telefoni e smartphone e Soluzioni completa per la video citofoni telefoni collegati integrate e integrata di Business per sistemi con sistema HR con sistemi Unified Collaboration building per registrazioni contact center Communication (apertura porte, presenze/ cancelli, cartellino saracinesche)
Soluzioni IoT
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concerne i benefici ottenuti dall’adozione di una soluzione UCC. Subito a seguire si posiziona l’incremento di produttività, citato dal 68% dei rispondenti. Due gli aspetti di interesse tra gli utenti di soluzioni UCC concernenti il rapporto di un’azienda con il mercato e le sue esigenze. Il 61% evidenzia infatti di aver ottenuto un concreto vantaggio competitivo dall’adozione di un sistema di comunicazione unificata. Un vantaggio competitivo è derivato anche per quanto riguarda la riduzione del time-to-market dei servizi, evidenziato dal 56% dei rispondenti. Significativo anche il beneficio nel funzionamento di una soluzione di
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UCC assicurato da piattaforme moderne di comunicazione unificata, con la riduzione degli errori segnalata da poco più del 53% dei rispondenti.
Il problema rete e servizi di terzi Come evidenziato, le tecnologie si evolvono ma con velocità diverse per le varie componenti, e l’UCC non si sottrae a questo. Va considerato che questo è in parte e a ragione dovuto a differenti cicli di vita, a infrastrutture o dispositivi che evolvono con ritmi diversi, e con costi diversi, e quindi una certa asincronia è quasi la norma. Ed è accettabile, sempre che non ecceda le condizioni
oltre le quali a soffrirne è il business di un’azienda. Prima di mettere mano agli investimenti bisogna prestare attenzione ad alcuni aspetti come i requisiti che l’infrastruttura di rete e le linee dati dovrebbero avere per potersi avvalere in modo ottimale delle prestazioni fornite da una soluzione UCC e soprattutto VoIP. Né il miglior centralino IP né il miglior operatore di servizi VoIP possono funzionare in modo soddisfacente qualora la connettività dati e il percorso di instradamento delle sessioni non siano opportunamente dimensionati. Quello di un solido contratto che garantisca una banda minima appare
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essere una condizione sine qua non per una UCC/VoIP efficace e produttiva. Il traffico voce su linea dati si caratterizza per una comunicazione bidirezionale che permette ai due partecipanti ad una sessione VoIP di comunicare ed ascoltare contemporaneamente la voce altrui. Cosa chiedere quindi al fornitore del servizio, interno od esterno? Messi da tempo da parte gli storici Erlang della telefonia analogica, per identificare la banda dati necessaria per una corretta fruizione della telefonia VoIP si può prendere in esame il numero di chiamate SIP eseguite simultaneamente sul centralino IP ed il relativo volume
dati. Tale valore andrà confrontato con la banda minima garantita in upload verso il backbone di rete, criterio in base a cui scegliere il fornitore dei servizi Internet. In sostanza, un profilo business in grado di supportare correttamente il traffico VoIP deve indicare contrattualmente la capacità in upload. Nel caso tale dato non fosse esplicito ci si deve porre qualche domanda e, preferibilmente, interpellare qualche altro fornitore. In alcuni casi poi il diavolo si nasconde nei dettagli. Alcuni operatori utilizzano nei propri router un algoritmo che modifica la sintassi del protocollo SIP,
questo al fine di erogare all’utente le linee VoIP che ha sottoscritto nella tradizionale modalità analogica o ISDN. Utile all’operatore per fornire le proprie linee è un approccio che può impedire l’utilizzo di fornitori terzi di linee SIP “native” e in pratica limitare il grado di libertà. La scelta di consegnare il traffico voce in modalità analogica obbliga peraltro gli utenti di un centralino IP all’utilizzo di gateway di conversione del segnale PSTN e risulta in contrasto con la migrazione al “Cloud VoIP” ormai in atto ed evidenziata dalla risposte al survey. v
Avete ottenuto vantaggi all’interno di queste aree grazie all’adozione di soluzioni di Unified Communication e Business Collaboration? (barrare tutte le risposte applicabili) Si
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Incremento di produttività dei dipendenti
Vantaggio competitivo
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Riduzione del time-to-market
Risparmio nei costi operativi
Flessbilità nel lavoro
Aumento complessivo delle ore di lavoro
Riduzione degli errori
Nessun beneficio apprezzabile
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La flessibilità e la sicurezza della comunicazione di Snom Per beneficiare appieno dei vantaggi delle Unified Communications occorre proteggere dati e conversazioni e garantire un’experience elevata con terminali e soluzioni per conferenze nei più disparati scenari d’uso
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ggi la maggior parte degli utenti di telefoni professionali sa che la propria voce viene trasportata su IP, ma solo in pochi hanno consapevolezza di cosa ciò comporti, sia per quanto riguarda la qualità della comunicazione sia per le implicazioni in termini di sicurezza. Snom, nata a Berlino nel 1997, ha subito improntato la crescita della propria offerta su aspetti essenziali, come lo sviluppo di hardware e software in house, da cui scaturiscono terminali multilingua particolarmente versatili per qualunque tipologia di utenza business come soluzioni su misura per grandi operatori. L’attenzione che Snom dedica allo sviluppo dei propri telefoni e accessori riguarda anche la sicurezza, perché
se i privati impiegano piattaforme Internet aperte per chiamare a poco costo o gratuitamente amici e parenti, in ambito professionale ciò è inaccettabile, perché i fornitori di tali servizi non garantiscono la tutela dei dai e della riservatezza delle comunicazioni. Snom cura i dettagli della propria offerta affinché i clienti possano ottenere l’esperienza che si aspettano in ogni scenario di utilizzo. Per questo, la multinazionale tedesca fornisce un’ampia di dispositivi e soluzioni pienamente conformi agli standard d’interoperabilità e a quelli di sicurezza europei. Per il trasporto del traffico voce si utilizzano gli stessi canali impiegati per lo scambio degli altri dati, che si tratti di informazioni personali o di dati aziendali. L’ipotesi peggiore è che eventuali malintenzionati possano guadagnare l’accesso accesso alla rete e quindi ai dati di una società. È già successo: secondo un report di Accenture del 2019 l’ammontare dei danni da cyberattacchi alle soluzioni VoIP/UC è raddoppiato negli ultimi
Snom D785 bianco
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Beneficiare dei vantaggi delle UC nelle teleconferenze
cinque anni superando i 13 milioni di Euro nella sola Germania. Per ridurre l’incidenza di tali casi, ci spiegano gli esperti di Snom, le imprese devono valutare se il centralino IP e i telefoni utilizzati sono dotati dei più moderni protocolli e standard di sicurezza (SRTP, TLS, HTTPS, TFTP). Si tratta di protocolli che garantiscono la più elevata cifratura possibile. I dati relativi alla clientela dovrebbero essere archiviati in nazioni particolarmente sensibili alla tutela della riservatezza, come nell’Unione Europea. Inoltre, tutti i telefoni dovrebbero essere obbligatoriamente protetti da password per contrastare un semplice hackeraggio attraverso la riproduzione delle impostazioni del software. Infine, pur funzionando correttamente anche a dieci anni dall’acquisto, vale la pena valutare lo svecchiamento dei terminali VoIP in uso, se – per limiti del chipset - non riescono più a supportare gli aggiornamenti del firmware che includono nuove misure di sicurezza tra cui patch e nuovi protocolli, trasformandosi in potenziali strumenti di attacco per i cybercriminali.
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Come accennato e come traspare dall’inchiesta effettuata dalla redazione di Partners, le soluzioni per la comunicazione sono svariate. Così pure i comportamenti che ciascuno adotta e l’importanza attribuita ai diversi utilizzi. Ovviamente ogni impresa si concentra sul proprio core business e su di esso i sistemi per comunicazione e collaborazione si devono basare. Per questo, in Snom, si progettano soluzioni per massimizzare l’user experience. Per esempio, gli esperti della casa tedesca, ci illustrano come soluzioni per teleconferenze non invasive nè impattanti sul budget IT consentano oggi di incrementare la produttività di qualsiasi organizzazione, dalle startup alle PMI, fino alle grandi aziende, grazie alla loro fruibilità nei più diversi scenari d’uso. In genere un criterio nella scelta delle soluzioni per teleconferenze dovrebbe essere la qualità dell’audio, indipendentemente dall’eventuale livello di isolamento acustico della sala o dal potenziale riecheggio dei suoni. In Snom hanno affrontato tali problematiche integrando in C520-WiMi il Codec audio a banda larga G.722, che consente ai i partecipanti alla teleconferenza, in una sala riunioni, di avvalersi sia del vivavoce sia dei
due altoparlanti full-duplex. Chi siede dietro a un ostacolo o a una certa distanza dal dispositivo, può utilizzare i due microfoni DECT portatili del C520 assicurandosi che la sua voce sia udibile chiaramente. La connettività Bluetooh integrata consente inoltre agli utenti di partecipare alla teleconferenza che ha luogo tramite il C520 semplicemente collegando il proprio smartphone o headset al dispositivo. I due satelliti vivavoce DECT sono dotati di una soppressione dei rumori di fondo dinamica e di una gestione adattiva dell’eco garante di un audio in qualità HD delle conversazioni. Dispongono altresì di un tasto per silenziare il microfono. Qualora non vengano utilizzati, i due microfoni si ricaricano nel loro supporto magnetico in modo da essere pronti all’uso alla prossima occasione. Oltre a queste funzioni, anche lo Snom C520-WiMi tutela le conversazioni attraverso i più moderni standard di sicurezza tra cui l’autorizzazione secondo IEEE 802.1X, TLS e SRTP. Lo Snom C520WiMi é una soluzione completa e vantaggiosa per start-up e PMI.
Quando la conferenza si allarga… Un secondo scenario è quello di una conferenza con oltre 10 partecipanti in una grande azienda. Quando sono più persone a partecipare a una
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conversazione nella stessa sala o in ambienti separati, é importante garantire che ogni singolo interlocutore sia udibile chiaramente. In casi come questi i due microfoni portatili dello Snom C520-WiMi potrebbero non essere sufficienti. Una soluzione prevede che alcuni partecipanti possano accomodarsi in una sala sala adiacente con un’unità Snom C52-SP. Grazie a una portata del segnale DECT che arriva fino a 50 metri, queste unità possono essere collegate facilmente alla stessa stazione base. Uno scenario del genere mostra come sfruttare le funzioni di espandibilità della soluzione per conferenze Snom.
per il vivavoce portatile Snom C52-SP, la soluzione per conferenze è pronta. In questo scenario non occorre neanche l’unità di base C520-WiMi. Poiché lo Snom C52-SP non necessita, a differenza del C520-WiMi, di un’alimentazione esterna, i partecipanti possono portare il dispositivo in un’altra sala o ufficio senza dover interrompere la conversazione. Se un tempo partecipare a una teleconferenza con più persone implicava o essere vincolati a una singola sala
riunioni e al costoso equipaggiamento di cui era dotata, o doversi accontentare del vivavoce, spesso, carente dei telefoni tradizionali, oggi non è più così: i tre scenari qui esemplificati, sono e frutto di reali casistiche di impiego e sottolineano la flessibilità e versatilità di un ecosistema, quello di Snom, che consente agli utenti di trovare sempre la soluzione più adatta anche nel caso di esigenze estemporanee o situazioni impreviste. v
… e si fa portatile Un terzo scenario che si presenta spesso rappresenta il caso in cui una teleconferenza estemporanea si fa “portatile”. Utilizzando l’adattatore DECT in formato stick USB Snom A230, qualsiasi telefono da tavolo Snom può essere equipaggiato con connettività DECT. Grazie alla batteria che assicura fino a 12 ore continuative di conversazione
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Il cloud e la flessibilità di Avaya per tutte le esigenze Dalle soluzioni online per le piccole e medie imprese a quelle realizzate da service provider, fino ad arrivare al progetto custom: di Gaetano Di Blasio una strategia a 360 gradi
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gni azienda ha specifiche esigenze, in termini di applicazioni, soluzioni e servizi, che, in alcuni casi, possono essere soddisfatte attraverso il cloud computing. Quest’ultimo rappresenta una modalità di utilizzo delle tecnologie, le cui caratteristiche possono fornire molti vantaggi ma il cui valore resta legato a quello delle soluzioni, applicazioni e servizi veicolati. Ciò premesso, Paolo Bergamini, Presales Director Europe South di Avaya, ci illustra le strategie della società, che, a partire dal 2019, ha reso omogeno il proprio portafoglio di soluzioni, “confezionandolo” affinché sia fruibile in cloud. Più precisamente, Avaya fornisce tre modalità di approccio al cloud: pubblico, privato e “Powered by”. In pratica Avaya mette a disposizione le soluzioni direttamente in cloud con una proposta “a scaffale” o definita sulla base delle esigenze dello specifico cliente, o, ancora, come piattaforma per consentire a un Service Provider di costruire la propria offerta cloud. Le tre formule costituiscono
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la modalità di provisioning cloud attraverso cui le aziende possono fruire del portafoglio Avaya Intelligent eXperiences, caratterizzato da soluzioni di Customer e Team Engagement per le grandi e piccole imprese. Si tratta di tre formule che coprono le diverse richieste delle aziende alle quali si aggiunge la modalità Hybrid, che consente alle aziende di miscelare investimenti “on-premise” e “fullopex”. Per esempio, nell’ambito delle piccole e medie imprese è possibile che le loro esigenze possano essere soddisfatte da applicazioni già predefinite, disponibili attraverso servizi come Amazon o Google Cloud. Per una azienda di livello enterprise, invece, queste soluzioni “standard” non incontrano le necessità peculiari diverse per ciascuna realtà, annullando il vantaggio tipico del cloud rappresentato dalla semplicità di provisioning e dalla rapida attivazione a vantaggio invece del valore per le aziende dato dalla possibilità di eliminare le infrastrutture e i costi collegati. I diversi approcci di Avaya sono pensati proprio per soddisfare i bisogni delle disparate richieste che non possono adattarsi alla logica della “taglia unica”. In particolare, sottolinea Bergamini:
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«Un’applicazione in cloud può essere resa disponibile attraverso un modello di provisioning public cloud quando mappa un processo ben codificato e comune a molte organizzazioni, come i processi di sales o marketing automation. Quando invece un’applicazione è fortemente istanziata sui processi di un singolo cliente, include numerose customizzazioni e integra interazioni real-time come la voce o il video, spesso è più utile ed efficace orientarsi verso servizi disponibili in private cloud».
Tre famiglie per l’Intelligent Cloud Per soddisfare tutte le esigenze, Avaya, dunque, ha organizzato il proprio portfolio in tre grandi famiglie di soluzioni, raggruppate sotto il cappello di “Avaya Intelligent eXperiences”, che sono Avaya IX Digital Workplace, Avaya IX Digital Contact center e Avaya IX Mobility. L’offerta Workplace abbraccia l’insieme di sistemi e soluzioni per la Unified Communication collaboration, dalla telefonia con la gestione delle chiamate alla videocomunicazione e tutte le tecnologie e i dispositivi che arricchiscono la postazione di lavoro. Con Contact Center, ovviamente, si intendono le più recenti versioni delle soluzioni per contact center Avaya. Sotto il cappello mobility, infine, ricadono dispositivi e tecnologie dedicate al lavoro in mobilità e all’identity management. Queste famiglie di soluzioni, ci spiega Bergamini, sono fruibili nelle formule cloud precedentemente descritte e, più precisamente, costituiscono
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la soluzioni: Avaya OneCloud, Avaya OneCloud ReadyNow e Avaya One Cloud - Custom. Avaya OneCloud è la formula per l’offerta su cloud pubblico, pensato essenzialmente per le piccole e medie imprese e consente di fruire delle soluzioni Avaya IX Workplace e Contact Center. ReadyNow è la formula per un cloud privato, che garantisce alle grandi aziende una serie di funzionalità già fruibili, sia per il mondo workplace sia contact center, attraverso un’architettura unica, basata su istanze applicative disegnate per ciascun cliente. Un’architettura che permette di fornire agilità di provisioning e di operation e di realizzare le personalizzazioni e le parametrizzazioni di cui le grandi aziende necessitano. Inoltre, questa architettura garantisce la conformità a tutti i regolamenti sui dati la cui disponibilità nell’attuale contesto di mercato è richiesta in tempi molto rapidi. Avaya OneCloud - Custom consente di mettere a punto un progetto e/o servizio in una formula totalmente “à la carté”. Come accennato, esiste anche una modalità “parallela” destinata ai service provider. Si tratta, spiega sempre Bergamini, di una modalità che consente ai fornitori di servizi di aggiungere personalizzazioni a seconda delle necessità, come, per esempio funzioni di billing
Paolo bergamini, Presales Director Europe South di Avaya
o consumption metering. La soluzione custom, come suggerisce la denominazione, può essere completamente personalizzabile. S’intende anche in modalità ibrida on premise e in cloud. Per esempio, al fine di accrescere la multicanalità di un cliente, o, ancora per gestire situazioni temporanee, come nel caso di migrazioni o ingegnerizzazioni specifiche. Proprio la flessibilità determinata dall’architettura e dallo sforzo realizzato per il nuovo portfolio, consentono ad Avaya di rispondere alle esigenze di personalizzazione sartoriale che permettono di modernizzare anche attraverso il cloud le tante strutture legacy. Per quanto riguarda la scelta del cloud provider, Avaya non ha preclusioni di sorta, tendendo a utilizzare i partner con cui ha siglato delle partnership, quali Google, la cui flessibilità è apprezzata per l’offerta su cloud pubblico e AWS, lasciando la scelta, ovviamente, al cliente, soprattutto per i progetti custom. Infine, segnaliamo anche la disponibilità, per un servizio completo, di device as a service, attraverso il quale le imprese possono includere nel servizio tutti i dispositivi fisici (come per esempio apparati di video conferenza, terminali telefonici, cuffie, e così via dicendo) necessari all’attivazione e all’erogazione delle funzionalità. v
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di Gaetano Di Blasio
IL GDPR UN ANNO DOPO La legge europea sulla Privacy viene promossa dagli italiani, ma con una semplice sufficienza
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GDPR UN ANNO DOPO Pur essendo ancora in tanti a non essere in regola, la maggioranza delle imprese italiane manifesta approvazione per la nuova legge sulla privacy di Gaetano Di Blasio
A un anno dall’entrata in vigore ufficiale, la tua azienda è conforme al GDPR?
Non ancora 32,35%
Si 67,65%
Il GDPR aumenta la protezione delle imprese?
No 17,65%
Si 82,35%
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nnanzitutto una brevissima cronistoria del GDPR (General Data Protection Regulation), che è l’attuale normativa europea sulla privacy e la sicurezza informatica o cyber security. Dovrebbe essere ben nota, visto che riguarda tutte le aziende e anche i singoli individui, eppure permangono alcuni equivoci. Il GDPR è stato approvato nell’aprile del 2016dal parlamento europeo (tecnicamente, la legge Ue n. 679 del 2016). Tale parlamento decise di concedere due anni ai diversi stati membri per introdurre i regolamenti che recepissero le linee guida definite nel regolamento; quindi fissando al 28 maggio 2018 l’entrata in vigore delle regole comuni. I ritardi di tutti i paesi hanno fatto slittare l’adeguamento. In Italia il GDPR è diventato legge con il Decreto Legislativo 101/2018, varato a settembre. Non essendo l’Europa uno stato federale, il regolamento deve limitarsi a dare indicazioni e ogni nazione ha gestito il GDPR con un percorso differente. In particolare, in Italia, il Garante della Privacy, piuttosto che cancellare pe precedenti leggi, ha modificato il testo il codice vigente per adeguarlo laddove necessario. Non siamo in grado entrare nel merito di tali procedura. Va però sottolineato,
che, in Italia, esisteva già una legge molto avanzata. Per esempio, in termini di gestione dei dati, è da tempo prevista la doppia figura re “titolare” del trattamento dati e quella del “ responsabile del trattamento dati. Sempre nel nostro Paese, erano ste adottate leggi più ristrettive sull’uso dei dati personali, rispetto a quelle di altri stati. Questo avrebbe dovuto agevolare il lavoro dei legislatori e, infatti, considerando il ritardo con cui diventano leggi le direttive UE, in questo caso non bastati solo quattro mesi. Oggi non dovrebbero esserci scuse, ma dalla nostra inchiesta il primo dato che emerge è che il 67,65% delle imprese ancora non è in regola. Per quanto sia meglio dello scorso anno (quando erano in ritardo il 79% dei rispondenti alla nostra inchiesta, resta un valore alto.
Un’inchiesta, non una ricerca analitica È importante sottolineare che le nostre inchieste non sono indagini rigorose: per quanto ci abbiano risposto circa 70 manager di vario livello, non si tratta di persone selezionate con il fine di costruire un campione statisticamente significativo e rappresentativo delle aziende italiane. Lo scopo è quello di “tastare” il polso” del
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mercato, per cercare di intercettare le tendenze e trovare quale risposta per i nostri lettori ce cercano un confronto con figure loro pari .Pertanto, qualora voleste suggerire il soggetto per un’inchiesta non esitate a contattare la redazione. Questo vale per tutte le nostre inchieste che sono realizzate attraverso interviste dirette e sondaggi online, coinvolgendo i nostri abbonati e lettori. Ciò vale, quindi, anche per l’inchiesta pubblicata da pagina 38.
Se il GDPR aumenta la sicurezza lo fa perché? Perché fanno paura le sanzioni in caso di violazioni 14,71%
Perché costringe le aziende a preoccuparsi della sicurezza 17,65%
Perché aiuta le imprese a impostare un processo sulla sicurezza 67,65%
L’efficacia del GDPR Tornando alle risposte ottenute dalla redazione. Possiamo notare che il regolamento europeo è considerato uno strumento utile per aumentare la protezione delle imprese. Lo scorso anno già si pensava potesse essere un vantaggio per il 62% dei rispondenti. Oggi sono convinti dell’utilità l’82% dei manager coinvolti, si potrebbe considerare un plebiscito. Per questo abbiamo voluto approfondire un po’ di più, cercando i consensi su tre fronti: la paura delle sanzioni, la convinzione che generi consapevolezza sul tema sicurezza e, infine, la capacità di aiutare le imprese a costruire un sistema adeguato agli asset informatici e ai dati trattati, per raggiungere la conformità alla legge. Quello delle sanzioni è stato l’spetto più dibattuto al momento in cui era necessario recepire il regolamento. La multa in caso di violazione po’ arrivare, infatti, sino al 20% del fatturato. Però solo il 14,1% dei rispondenti teme le multe. In alcuni casi si tratta di aziende che non ritengono di correre grossi rischi,
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Quale percentuale del budget ICT dedichi alla cyber security? Oltre il 25% 11,76%
Meno dell’1% 20,59%
Meno del 20% 8,82% Meno del 15% 5,88% Meno del 10% 8,82%
Meno del 5% 44,12%
La gestione della cyber security nella tua azienda è tutta interna o in parte in outsourcing? Tutto in outsourcing attraverso un Managed Service provider 2,94%
Tutta interna 73,53%
Parte in outsourcing attraverso più di un Managed Service provider 2,94%
Parte in outsourcing attraverso un Managed Service provider 20,59%
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Quale di questi servizi utilizzi generico Managed Security Service 20,59% generico cloud Security Service 14,71% Endpoint Managed Security Service 35,29%
Nessuno di questi 2,94% Business continuity e Disaster recovery service 29,41%
Network Managed Security Service 17,65%
Data Backup Managed Security Service 38,24%
Data Loss Prevention Managed Security Service 35,29%
magari perché non trattano dati sensibili o trattano solo pochi dati relativi alla relazione con la clientela, spesso gestita direttamente. Un 17,65% ritiene che il GDPR sia utile a focalizzare l’attenzione dell’azienda sulla sicurezza, mentre un ben più ampio gruppo pari al 67,65%, confida che il GDPR spinga a realizzare un sistema per la sicurezza più efficace. Non possiamo , come spiegato, ritenere questi dati rigorosi, ma alcuni manager con cui abbiamo parlato sono convinti che sia uno scenario corretto. Del resto è evidente che solo il raggiungimento della “compliance” costringe a ragionare sulla sicurezza. Ma, si sa che troppo spesso c’è chi predica bene ma razzola male. Già lo scorso anno si era osservato che le aziende spendono troppo poco per la sicurezza. Prima del GDPR rilevammo una spesa per l’IT molto bassa: meno del 10%, che si può considerare il minimo indispensabile per la manutenzione e
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c’erano anche casi che si possono considerare “limite”, con di spese sotto l’%. Se sommiamo le risposte di tutti quelli sotto il 10%, troviamo che il 73,53% delle aziende sono sotto la “linea di galleggiamento” per quanto riguarda la manutenzione della sicurezza, senza considerare quelli che per protezione adottano ex voto, santini e amuleti vari, sulla cui efficacia non abbiamo ancora indagato. Però, considerando che lo scorso anno la sicurezza era per il 62% delle aziende interna e solo per il 38% in parte in outsourcing, mentre oggi è tutta interna per il 73,53%, sembra che gli amuleti siano preferiti all’affidarsi a un servizio qualificato. In effetti i. il campione non significativo potrebbe aver creato un vulnus, in questi casi, anche perché in molti non hanno risposto. Si chiedeva di entrare nel merito e non sempre si ricordano tutti i dettagli, così si passa oltre. Questo per dire che la gestione della sicurezza sta diventando un’attività
che, ben presto, neanche le grandi aziende dotate di SOC (Security Operation Center) potenti potranno sostenere. L’ecosistema della security vedrà crescere i servizi gestiti e la collaborazione con entità terze. Aldilà dei numeri, la distribuzione dei servizi mostra quanto questi si stiano diffondendo, diventando sempre più vitali per le piccole e medie imprese e utile supporto per le grandi aziende. Come lo scorso anno abbiamo indagato su come viene valutato l’investimento in cloud e possiamo notare che la sicurezza è considerata la priorità principale nella scenta del provider, seguito dal costo e solo per ultime le prestazioni. v Nella scelta del cloud provider di infrastrutture, in quale ordine hai considerato la sicurezza, le prestazioni e il costo (mettili in ordine da 1 a 3 dove 1 è quello considerato il più importante).
Costo 1,79 Sicurezza 2,41
Prestazioni 1,79
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L’IT Security cambia pelle La sicurezza si avvia a diventare sempre più un enabler dell’innovazione: non serve più solo per ridurre i rischi ma per creare anche nuovo valore aziendale
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di Gian Carlo Lanzetti
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opo avere ascoltato gli esperti che si sono succeduti sul palco in occasione della IDC Securtity Conference 2019 sembra che si debba parlare di una nuova IT Security più che di una pura evoluzione della stessa osservando il futuro immediato di questa disciplina. Sostiene Giancarlo Vercellino, Associate Research Director di IDC Italia: «Nel corso dell’evento abbiamo cercato di argomentare una traiettoria evolutiva della sicurezza IT: all’inizio il perimetro di sicurezza era la rete, poi è diventato il dato, forse domani sarà l’individuo. La tutela della persona potrebbe diventare il fine ultimo
della sicurezza, migliorando la postura di sicurezza nei comportamenti individuali e tutelando quegli asset intangibili che ciascun individuo usa con leggerezza e senza particolare attenzione, come la sua identità digitale. Inoltre oltre che sulla tecnologia sarà necessario investire in processi e formazione, in modo tale che ciascun individuo comprenda che la battaglia per la sicurezza IT si vince o si perde in base ai suoi comportamenti di ogni giorno». Dal lato dell’offerta sono da aspettarsi delle modificazioni: «Nell’immediato, aggiunge il manager di IDC, possiamo attenderci un ridisegno sempre più ampio e profondo delle tradizionali categorie applicative attraverso un impiego estensivo del machine learning. A livello globale è prevedibile un riassetto del mercato con un consolidamento nel numero degli operatori in un orizzonte di qualche anno». A proposito di mercato il software per la sicurezza IT, segmentato nelle aree della Web Security, del Security & Vulnerability Management, della Network Security, dell’Identity & Access Management e dell’Endpoint Security, rappresenta in Italia un valore complessivo di circa 380 milioni di euro nel 2018 con un CAGR 20182021 di circa 7 punti percentuali.
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Tra i nuovi fenomeni in ascesa viene additato il Doxware, di cui in verità si parla già da un paio di anni. Si tratta di una nuova forma di estorsione dove il criminale minaccia di rivelare informazioni riservate nel caso in cui non riceva in cambio una somma di denaro. In definitiva secondo IDC la Security si avvia a diventare sempre più un enabler dell’innovazione: non serve più solo per ridurre i rischi ma per creare anche nuovo valore aziendale, grazie a nuovi modelli di business come l’Edge computing. Questo significa che la sicurezza sta cambiando pelle, diventa più estesa e integrante con altre funzioni o domini aziendali, IT e non IT, con la conseguenza, ad esempio, che il Ciso dovrà occuparsi anche di cose al di fuori del suo raggio di azione.
Lo Zero Trust di Oracle Come noto negli ultimi anni, con i processi di adozione del cloud, il perimetro aziendale da proteggere non è più delimitato soltanto dalla infrastruttura “on premise”. Di conseguenza un fornitore di soluzioni di sicurezza non può più proporre ai propri clienti forme di difesa tradizionali: si deve fare un salto di qualità, in particolare integrando il controllo e la gestione dell’identità, la protezione del cloud, le applicazioni. Negli ambienti ibridi, o cloud-only, servono modelli nuovi e dinamici che sappiano contrastare efficacemente minacce sempre più complesse e strutturate. «Per rispondere a queste istanze, Oracle - come ci spiega Marella Folgori, Country Sales Leader, Security
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& Maneageability Oracle Italia - ha elaborato un proprio modello di sicurezza multi livello, definito Zero Trust. Tale approccio indirizza la difesa delle identità, delle applicazioni web e degli ambienti multicloud proprio per mitigare le minacce riducendo costi e complessità. La chiave è l’utilizzo strutturato di nuovi strumenti che consentono l’analisi del comportamento e delle attività anomale degli utenti, l’introduzione di algoritmi di machine learning che automatizzano le attività di analisi, il controllo capillare delle modalità di accesso alle applicazioni tramite meccanismi quali Single Sign On e l’autenticazione multi-fattore; a questo si affianca la capacità che questo tipo di soluzioni offre di avere sempre in tempo reale una visione della propria situazione in termini di security e di compliance, per capire sempre dove e come migliorare». Per ridurre costi e complessità, precisa ancora Folgori, soprattutto in caso di ambienti cloud, è necessario orientarsi verso opzioni di sicurezza cloud native, che consentono un’implementazione rapida e semplice e una fruzione anche da parte di personale con competenze di sicurezza meno elevate. Per evitare oneri operativi eccessivi, infine, è buona pratica adottare strumenti di analisi degli
accessi, delle identità integrati tra loro e automatizzati. Tale strategia verrà intensificata perché Ii cloud avrà un ruolo sempre maggiore in questo percorso di continuo miglioramento delle capacità di sicurezza. «Tutti i cloud provider, conclude, stanno lavorando per aumentare continuamente il livello di sicurezza dei loro ambienti; ma solo sviluppando soluzioni native in cloud si potrà realmente rispondere in modo adeguato alle nuove minacce, beneficiando, per le proprie analisi, delle possibilità computazionali e di scalabilità che solo il cloud può garantire».”
I binari paralleli di Akamai Nel settore della cybersecurity l’elemento sostanziale, dal quale dipende la funzionalità e il successo dell’intero sistema di sicurezza , sostiene Nicola Ferioli, Head of Engineering di Akamai Italia, è quello dell’interazione con l’utente: è fondamentale che sistema di difesa e utente viaggino su due binari paralleli. Il primo non deve mai impattare sul secondo; non è pensabile che i sistemi di difesa rallentino l’utente oppure ne impediscano l’accesso erroneamente. Se questo avviene, significa che la difesa non agisce in maniera corretta. Grazie anche al contributo
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dell’intelligenza artificiale, le minacce si stanno evolvendo di continuo e in modo molto rapido. Le reti bot, nella loro continua evoluzione, utilizzano tecniche sempre più sofisticate per lanciare gli attacchi e dal punto di vista della difesa è fondamentale passare ad utilizzare tecniche di intelligenza artificiale che tramite il machine learning analizzino quali sono i trend e le evoluzioni dei vettori di attacco, per poterle poi affiancare all’intelligence operata da personale umano. In poche parole, mentre in passato i meccanismi di difesa erano relativamente semplici, si poteva contare il numero di pacchetti in arrivo o mettere delle semplici soglie di accesso, ad oggi un’analisi profonda degli attacchi si basa necessariamente su tecniche di intelligenza artificiale. Senza questa, ancora una volta, viene meno l’efficacia. Abbiamo chiesto a Ferioli cosa il recente accordo firmato da Akamai con Microsoft sta insegnando? La sua risposta: «Akamai lavora con Microsoft per quel che riguarda l’integrazione della sua CDN con i Media Services e il Blob Storage di Microsoft Azure. La collaborazione, dice, facilita le aziende del settore media a rendere più conveniente la combinazione tra il processing del video sul cloud Azure con la delivery sull’Edge,
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sia nelle fasi di preparazione che di riproduzione dei contenuti. Akamai ora connette direttamente l’Edge ad Azure tramite una connessione Azure ExpressRoute ad alta velocità. Questo sta portando un notevole incremento di efficienza nella memorizzazione e nella delivery dei contenuti tra Azure e la CDN di Akamai e allo stesso tempo i clienti avranno a disposizione strutture con costi ridotti e più facilmente preventivabili. I nostri clienti stanno ampliando le proprie librerie e distribuendo una maggior quantità di contenuti a un pubblico più esteso, con livelli di qualità più elevati rispetto al passato. Molti di loro chiedono
assistenza su come semplificare la gestione e la delivery dei video, rendere scalabili i propri servizi e spostare le funzioni dei propri workflow sul cloud. Unendo le forze di Microsoft Azure, Azure Media Services e Azure Storage con l’ampia portata dell’Akamai Edge, stiamo riuscendo a creare un ambiente in grado di contenere i costi, ottimizzando, al tempo stesso, le performance e la scalabilità per i fornitori di contenuti. Lavorando a stretto contatto, Azure e Akamai potranno offrire una piattaforma in grado di aiutare i clienti ad aumentare la loro reach e a soddisfare meglio le esigenze dei consumatori». v
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Enel: la cyber security abilita la digitalizzazione
di Gian Carlo Lanzetti
Il Gruppo Enel ha inserito la digitalizzazione nel proprio piano strategico nel 2016 e ad oggi può dirsi Total Cloud, ma si aprono anche nuove sfide per la sicurezza
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Yuri Rassega, Head of Cyber Security di Enel Group
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l Gruppo Enel ha inserito la digitalizzazione nel proprio piano strategico nel 2016 e, negli anni, ha confermato la centralità di tale scelta. La trasformazione digitale è anche e soprattutto un elemento fondamentale per conseguire gli obiettivi relativi alle altre dimensioni della strategia (Efficienza operativa, Crescita industriale, Semplificazione del Gruppo e Gestione attiva del portafoglio). Oggi il Gruppo Enel è Total Cloud. «Il cloud - sostiene Yuri Rassega, Head of Cyber Security (CISO) di Enel Group - è un abilitatore strategico fondamentale che ci consente benefici nel time to market, rispondendo in modo elastico alle esigenze di capacità di calcolo e di storage. Cloud significa usufruire di servizi di calcolo gestiti in maniera industrializzata da aziende per le quali tali servizi sono il core business. La digitalizzazione apre a nuove opportunità, ma lancia anche diverse sfide nel campo della sicurezza. Gli attacchi cyber stanno crescendo esponenzialmente, sia numericamente che come livello di sofisticazione. La capacità di far fronte
agli attacchi è particolarmente importante nel settore elettrico, dove la continuità del servizio ha un’importanza fondamentale. Non a caso la cyber security è, nella strategia di Enel, uno degli abilitatori per la digitalizzazione; diamo molta attenzione alla sicurezza dei nostri asset nei diversi paesi del mondo in cui siamo presenti». Da settembre 2016 è stata costituita in Enel una specifica unità di Cyber Security a diretto riporto del Chief Information Officer (CIO) con un responsabile che ricopre il ruolo di Chief Information Security Officer (CISO) del Gruppo. Enel fonda la gestione della cyber security su due principi base: cyber security by design, che significa porre attenzione agli aspetti di sicurezza fin dalle primissime fasi di scelta, disegno e realizzazione di una soluzione e risk-based-approach, che vuol dire mettere le considerazioni sul rischio alla base di tutte le decisioni strategiche. Il cloud non fa eccezione: per questo viene prestata la massima attenzione alla scelta, progettazione e implementazione dei servizi in cloud
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più adeguati per i rischi e le esigenze di sicurezza del gruppo. Un’accurata selezione dei cloud provider, che tenga conto anche della rispondenza ai criteri di cyber security e un attento disegno dei servizi, che comprenda anche la progettazione e l’implementazione delle più adeguate misure di sicurezza, significa ottenere miglioramenti nella resilienza e affidabilità delle infrastrutture e una maggiore sicurezza per applicazioni, sistemi e dati. «Il cloud - prosegue ancora il manager di Enel - è un esempio importante, ma non certo l’unico, di interdipendenza tra aziende per servizi, sistemi o componenti, che evidenzia la necessità di cooperare sui temi cyber con le realtà e le organizzazioni esterne. La cyber security di Enel è attiva in collaborazioni con organizzazioni private, istituzioni, accademie e università al fine di condividere le migliori pratiche, i modelli operativi, sviluppare i potenziali canali per la condivisione delle informazioni, nonché contribuire alla definizione di nuovi standard, regolamenti e direttive. Le collaborazioni esterne della cyber security sono mirate anche ad esercitare una sensibile pressione verso produttori e vendor per un immediato allineamento dei loro servizi, prodotti o componenti ai più
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elevati standard di sicurezza, in una visione a tutto tondo del concetto di cyber security by design. Tale visione si attua anche attraverso collaborazioni con start-up o partnership tecnologiche per sviluppo congiunto di soluzioni che rispettino i più aggiornati standard di sicurezza e rispondano a tutti i requisiti del Gruppo».
I nuovi impegni del CISO Abbiamo chiesto a Rassega di raccontare come cambia in dette ottiche il ruolo del CISO. «In un’azienda digitalizzata come Enel, diventa sempre più rilevante il ruolo di questa figura per l’indirizzamento strategico delle iniziative di prevenzione e protezione. Il CISO ha il compito di definire, con il supporto delle diverse linee di business, la strategia di cyber security, indirizzare e monitorare le iniziative, nonché coordinare le relative attività di investimento per l’intero Gruppo. La progressiva adozione del cloud non cambia sostanzialmente questi impegni. Il CISO non ha più bisogno di dedicare la sua attenzione alle problematiche di sicurezza connesse alla gestione di un data center ma diventa sempre più rilevante il suo ruolo di indirizzamento nella fase di individuazione di servizi, sistemi, componenti. È un’evoluzione
del rapporto tra CISO e le altre funzioni aziendali in un’ottica di sempre più stretta integrazione e sinergia. Il Chief Information Security Officer è membro del Technological e Transformation Committee, a cui sono affidate tutte le decisioni tecnologiche del Gruppo, per valutarne fin dall’inizio la rispondenza ai requisiti di sicurezza. Diventa particolarmente importante la cooperazione con il Procurement, che deve ingaggiare il CISO fin dalle prime fasi di qualificazione dei fornitori, per valutarne anche gli aspetti di sicurezza, di esplicitazione delle specifiche tecniche, per inserire anche i requisiti di sicurezza e infine, nella definizione dei documenti contrattuali, perché siano completi di tutte le clausole per la salvaguardia di riservatezza integrità e disponibilità, nel rispetto dei vincoli normativi e dei requisiti aziendali». Analogamente, conclude il nostro interlocutore, è fondamentale la relazione con le Business line per valutare e gestire opportunamente gli aspetti di rischio cyber. Non ultimo il CISO è sempre attivo con le Unità responsabili del disegno, sviluppo e gestione di soluzioni, che devono mettere in pratica il principio di cyber security by design. E deve essere anche un CISO che si proietta verso l’esterno, consapevole che la cyber security di Enel dipende anche da un approccio collaborativo con partner, fornitori, competitors, enti normativi e regolatori. v
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Retail sempre più digitale Le aziende sono di fronte a una nuova era del retail: non si tratta più di eCommerce o di omnicanalità, ma di un nuovo modo di creare relazioni appaganti e durature con il consumatore digitale utilizzando le tecnologie di Gian Carlo Lanzetti
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all’interazione tra la disruption tecnologica e il nuovo consumatore nascono così nuovi stimoli per la business innovation. In questo scenario competitivo in profonda trasformazione, vinceranno le imprese che sapranno essere più adattive ai cambiamenti tecnologici e di mercato, mantenendosi tuttavia focalizzate su un unico obiettivo: la relazione con il consumatore. E’ uno dei messaggi più importanti della quattordicesima edizione di Netcomm Forum, promossa da Netcomm, il Consorzio del Commercio Digitale Italiano, che si è chiusa con oltre 17.000 presenze
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nell’arco dei due giorni. Un vero e proprio record che dimostra come l’appuntamento si sia consolidato come il principale in Italia per l’ecosistema del commercio digitale. Alla edizione di quest’anno si è discusso di molti temi tra cui, per la prima volta come intensità, di touchpoint, intelligenza artificiale e customer experience (CX).
Il ruolo dei touchpoint E-mail, sms e notifiche via app rappresentano gli strumenti più efficaci per raggiungere il cliente e fargli fare il primo passo nel processo d’acquisto: il 22% degli acquisti online sono diretta conseguenza di questi strumenti di marketing. Il punto vendita fisico mantiene la sua efficacia: la visita in negozio è decisiva per il 18,4% degli acquisti. Seguono i consigli e il passaparola (16,4%), mentre la pubblicità si attesta al quarto posto, generando l’11% degli acquisti. Il ruolo del negozio fisico si conferma fondamentale nel processo decisionale del consumatore, anche per quanto riguarda i beni e i servizi acquistati online; in particolare il passaggio in store o in filiale prima o dopo l’acquisto online è più frequente nel caso di acquisti e prodotti bancari (42,5%), food (35%) e abbigliamento (31,7%) mentre risulta più limitato in caso di viaggi (17,2%) e assicurazioni (18%). Tale comportamento potrebbe essere ricondotto al fatto che viaggi e assicurazioni rappresentano due tra i primi settori sviluppatosi sul canale e-commerce, quindi la presenza di un fattore di storicità, e dove altresì la penetrazione delle vendite online sul totale retail risultano tra le più elevate. Questa la classifica dei touchpoint più rilevanti nelle decisioni di acquisto e i trigger (vale a dire gli eventi di attivazione dell’acquisto) che hanno convinto il consumatore ad acquistare, stilata dalla ricerca di Netcomm in collaborazione con Diennea che ha indagato l’attitudine comporta-
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mentale nei processi di acquisto del consumatore, sia online che offline, riposizionando tali comportamenti rispetto al customer journey. Dall’analisi emerge come il customer journey degli acquisti online sia mediamente più articolato rispetto al percorso di acquisto che viene sviluppato per il canale offline, se rapportato alle stesse categorie merceologiche. Prima di procedere con un acquisto online, infatti, i consumatori attivano in media 1,6 touchpoint, un numero che per gli acquisti offline si attesta intorno allo 0,9. Si tratta di un dato particolarmente rilevante per i retailer, che devono tenere in considerazione l’importanza dei canali che controllano, dai siti web, ai canali social, ai blog e i forum, tutti canali strategici per entrare in contatto con il consumatore digitale.
IA e CX in auge Il retail è una delle industrie in cui l’impatto dell’applicazione dell’intelligenza artificiale potrà essere più interessante e immediato, proprio perché in grado di avvicinare anche gli utenti finali, nelle loro abitudini quotidiane, alle nuove frontiere dell’innovazione. Non a caso, nel mondo del retail sono già state adottate soluzioni di AI per migliorare la relazione con i clienti, come lo sviluppo appena iniziato dell’uso dei chatbot. A questo riguardo si può segnalare l’iniziativa di Teorema Engineering che in occasione di Netcomm Forum 2019 ha definito una promozione. La versione completa di ON-Bot è proposta con uno sconto del 30% sul prezzo di listino per il primo anno di sottoscrizione, a 419 €/mese rispetto ai 599 € del prezzo pieno, con impegno minimo di un anno. La promozione è attiva fino a fine giugno. Due le funzionalità principali che potenziano questo sistema innovativo che Teorema ha realizzato per le imprese, “Live chat” e “Domande frequenti”. Live chat permette a un operatore umano di intervenire quando il bot non ha la risposta corretta alla domanda che gli viene posta.
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La funzione Domande frequenti rende più propositivo il bot. È un’impostazione che viene attivata sulla singola knowledge base e si può impostare in modo automatico, facendo in modo che il Bot proponga le domande che più frequentemente vengono fatte dagli utenti, o in modo manuale selezionando le domande da porre agli utenti come, per esempio, promozioni, offerte speciali e prossimi eventi. Relativamente alla CX viene segnalata la sua strategicità tanto da essere diventata in poco tempo una forte priorità. Tuttavia, creare e gestire un’esperienza cliente che distingua la propria azienda dalla concorrenza non è facile. L’aumento dell’uso della tecnologia da parte dei consumatori si riflette in più interfacce di engagement e in più dati a disposizione delle aziende, ma alza anche le aspettative dei consumatori stessi: dai device mobili all’IoT, dall’elaborazione del linguaggio naturale all’AI, quello che oggi funziona per il cliente potrebbe non essere più sufficiente domani. Per rendere effettiva una strategia di differenziazione basata sulla customer experience, alle aziende viene oggi richiesta un’alta personalizzazione dell’esperienza alla quale fondare la capacità di coinvolgere e agganciare emotivamente il consumatore, di creare empatia su larga scala. IDC calcola in oltre 100 miliardi di dollari gli investimenti delle imprese europee in questa disciplina nel 2022. Tra i vendor presenti a Netcomm c’è SAP che ha appena annunciato una strategia dal CRM all’impresa intelligente guidata dalla voce del cliente. Si spiega così che a soli pochi mesi dal completamento dell’acquisizione di Qualtrics, SAP ha implementato 10 nuove offerte che combinano
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i dati sull’esperienza (X-data) con i dati operativi (O-data) per misurare e migliorare le quattro esperienze fondamentali del business: clienti, dipendenti, prodotto e brand. Per la diretta interessata il lancio di questo sistema stabilisce un nuovo standard nel mondo del software aziendale.
Conclusioni «Oggi il concetto di commercio elettronico sta perdendo di significato, lasciando spazio a quello del commercio digitale, che tiene conto di tutte le trasformazioni avvenute e ancora in atto nel processo di acquisto dei consumatori» commenta Roberto Liscia, Presidente di Netcomm. «Se l’e-commerce così come lo si concepiva fino a qualche anno fa sta cambiando, infatti, è perché a cambiare è stato in primis il consumatore: basti pensare che la distinzione stessa tra acquisto in un punto fisico o online non esiste nemmeno più tra i millennials o la generazione z. I consumatori oggi si aspettano, online e offline - sempre che la divisione abbia ancora senso di esistere -, esattamente gli stessi servizi e lo stesso tipo di esperienza». v
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È disponibile il nuovo libro SICUREZZA E PROTEZIONE DEI DATI In oltre 200 pagine il punto sulla situazione della cybersecurity e sulle dinamiche aziendali nella protezione del dato e della continuità del business. Una tematica sempre più vitale per le imprese, le quali devono mettere in conto che saranno attaccate. Ormai esistono sistemi automatici e pressioni da parte dei cybercriminali, tali per cui nessuno può sentirsi al sicuro: chi non è ancora stato attaccato lo sarà e, se non subirà danni gravi, sarà solo perché chi l’ha Reportec S.r.l. assalito cercava qualcos’altro.
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e informazioni sono un asse t sempre più centrale nella dinamica di business . Una violazione alla loro sicurezza, in termini di riser vatezza, integrità e ità, provoca danni economic i potenzialmente devastanti. Proteggere i dati e, al , mitigare il rischio d’impres a sono obiettivi basilari per un imprenditore o un d’amministrazione. Conseguir e tali obiettivi implica valutare quanto investire in confrontando l’investimento con il risparmio atteso dall’i mpedire un incidente za. ne delle minacce, la disposizio ne di tecnologie innovative, l’offe rta di servizi ad é la trasformazione dell’IT azien dale verso un concetto più allar gato di “digital ”, sono tutti elementi da cons iderare per definire una strat egia aziendale per ne dei dati e dell’impresa stess a o, implementare misure per la protezione del dato è prev isto dalle normative nternazionali, risulta altresì un elemento imprescindibile in uno scenario e la rincorsa di una maggiore competitività, include la capa cità di sfruttare ità di Internet e delle nuove tecnologie, dalla mobility al cloud, dai big data al machine. Ancor di più oggi, nel nuovo mondo “digital” dove non si vendono ma esperienze.
rdi è autore e coautore di numer osi libri, rapporti, studi e survey nel settore dell’ICT. Ha lavorato piano nel campo dell’informatica in e delle telecomunicazioni nazion ali e internazionali, maturando esperienza nel settore. È laurea to in Fisica ed è iscritto all’ord ine dei giornalisti della Lomba President di Reportec. rdia.
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o ha lavorato presso alcune delle principali riviste specializzate nell’ICT. Giornalista professionis ne dei giornalisti della Lomba ta, rdia ed è coautore di rapporti, studi e survey nel settore dell’IC gneria, è cofondatore e Vice Presid T. ent di Reportec. a collaborato con le principali case editrici specializzate nell’IC T. È coautore di rapporti, studi e dell’ICT. È laureato in Fisica ed e è iscritto all’ordine dei giornalisti della Lombardia. È cofondatore di Reportec
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