revista esPosible agosto de 2015, nº 53. Questi mandarini non meritano di finire nella spazzatura

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LA RIVISTA DELLA GENTE CON INIZIATIVA

QUESTI MANDARINI NON MERITANO DI FINIRE NELLA SPAZZATURA

AGOSTO 2015 / NUMER O 53

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Cucina di riciclo e ridistribuzione per minimizzare lo sperpero di alimenti


Grazie agli Enti Amici esPosible raggiunge molti più lettori Alianza por el Agua n AMREF n Centro Guaman Poma de Ayala n Compromiso RSE n CREAS n Cultura de solidaridad n Diario Responsable n EAPN- European Anti Poverty Network n Eco-unión n El Rastrell n El blog alternativo n Envolverde n Fairtrade Ibérica n Fundación Atenea n Fundación Casa de la Paz n Fundación CONAMA n Fundación Bureau Veritas n Fundación Hazloposible n Fundación IRES n Fundación Pere Tarrés n

Fundación PROhumana n Fundación RAIS n Fundación Rey Ardid n Fundación Tomillo n Fundación Unesco-Etxea n Geoparque de Sobrarbe n Instituto Internacional de Formación Ambiental (IIFA). Fondo Verde n Ihobe n Plataforma de ONG de Acción Social n Quiero salvar el mundo haciendo marketing n Red aragonesa de entidades sociales para la inclusión n Scouts de Aragón n Scouts de España n Transformando futuros n WASA-GN n

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SOMMARIO

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Scoperchiamo il bidone della spazzatura! Gettiamo via più di un terzo del cibo che produciamo. Sempre più aziende del settore agroalimentare adottano misure contro gli sprechi, mentre varie iniziative rendono visibile il problema come primo passo nella ricerca di soluzioni.

La ridistribuzione al potere

Fare in modo che il cibo avanzato raggiunga la tavola di chi ne ha bisogno invece di perdersi nella discarica. La redistribuzione è il grande obiettivo di otto buone pratiche che si stanno mettendo in pratica a tutti i livelli della catena alimentare.

“Le sfide principali per sradicare gli sprechi alimentari”

SEZIONI: Ciò che dicono o tacciono le etichette energetiche 31 esPosible commerciare con giustizia 32 Non buttarlo via, rendilo immortale 34

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Domandiamo a distributori, produttori, industriali e organizzazioni di consumatori quali sono in loro opinione le principali sfide per eliminare gli sprechi alimentari. La conclusione principale? La soluzione deve essere globale.


SCOPERCHIAMO IL BIDONE DELLA SPAZZATURA È in corso un’emorragia di alimenti adatti al consumo che si perdono o finiscono nella spazzatura a tutti i livelli della catena alimentare. La buona notizia è che alcune aziende del settore iniziano a ridistribuire gli avanzi per metterli in tavola a chi che ne ha più bisogno. Contemporaneamente stanno sorgendo collettivi per dare visibilità a questo problema, come primo passo verso la sua soluzione.

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aragozza, una notte qualunque. Vicino a un bidone ci sono tre ragazze di etnia gitana: “Siamo venute per il pane”, spiegano. Più in là, una famiglia con dei bambini piccoli, “Cerchiamo il cibo per la cena e, se ce n’è abbastanza, anche per il pranzo di domani”, spiegano ad alcuni giovani rumeni e a un gruppo del collettivo Feeding Saragozza, durante uno dei loro percorsi attraverso lo sperpero per le pattumiere dei negozi e i supermercati della città. Tutti stanno aspettando che l’addetto del supermercato accanto esca per buttare la spazzatura. Yogurt e latticini non ancora scaduti, verdure perfettamente commestibili, un sacco di pane, dolci... “È uno scandalo, ci sono altre soluzioni, altri modi di fare le cose”, si lamenta María Ramillete, membro di Feeding Saragozza.

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Pianeta sprecato.

Gli attivisti stanno cercando di parlare con un addetto del supermercato per sensibilizzarlo; una volta, hanno convinto un dipendente addirittura di permettere loro di portare fuori in un carrello i prodotti scartati dai ripiani. “Quando pieghi il problema e chi sono i beneficiari, molta gente si implica”, racconta Maria. La Spagna è il sesto paese nell’Unione europea che spreca più alimenti adatti al consumo umano: 7,7 milioni di tonnellate l’anno, pari a 21.000 tonnellate al giorno, secondo un rapporto del Parlamento europeo. Se, in risposta ai dati in possesso dalla Commissione europea, il 5% di questo totale corrisponde al settore della distribuzione, risulta che ogni notte, quando si chiudono gli stabilimenti, si sprecano circa 1.000 tonnellate, come denuncia lo studio

Ogni alimento che buttiamo nella spazzatura rappresenta un’ingiustizia scandalosa in un mondo in cui 1 miliardo di persone soffrono la fame.


marche commercializzano confezioni prive di queste fette. Dove finiscono tutte queste eccedenze? Nel bidone della spazzatura. Se volete delle prove, non dovete far altro che dare un’occhiata al TED talk che Tristram Stuart offrì a Londra nel maggio 2012. Stuart è un attivista inglese che pubblicò nel 2009 un famoso libro “Waste: Uncovering the Global Food Scandal” (Spreco: svelando lo scandalo globale del cibo) convertitosi in una sorta di Bibbia della cultura del riciclo alimentare, tradotta in varie lingue. Nello stesso anno organizzò a Londra il suo primo Feeding the 5.000 in Trafalgar Square: grazie ai volontari, si salvarono prodotti condannati alla pattumiera da mercati e negozi in quantità sufficiente da sfamare 5.000 persone, in un grande pranzo comunitario, rivendicativo e festivo. Se con una sola macro-raccolta abbiamo ottenuto cibo sufficiente a riempire migliaia di pance, cosa non si potrebbe fare con una redistribuzione sistematica di alimenti non commerciabili tra le persone che ne hanno bisogno? Si tratta di sostenere un’economia circolare contro l’economia lineare in cui siamo immersi, difende Susanna. “Estraiamo, consumiamo e buttiamo via”, descrive. Da allora, questo tipo di banchetti ci sono svolti in tutto il mondo: Parigi, Dublino, Manchester, Sidney, Amsterdam e Bruxelles. A novembre

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“Cosa fanno i supermercati con gli alimenti che non vendono?” elaborato da FACUA - Consumatori in Azione nel 2014. Ma non si tratta solo della distribuzione. Gli sprechi sono abituali in tutti i livelli della catena alimentare. Cominciando dalla produzione, dove la speculazione sugli alimenti provoca la presenza di eccedenze e una diminuzione dei prezzi tali che per l’agricoltore diventa antieconomico fare il raccolto. Contemporaneamente, un terzo di generi alimentati perfettamente idonei viene sentenziato per motivi estetici. Ade esempio quella banana troppo curva o quel pomodoro il cui colore o dimensioni che “non corrispondono agli standard estetici che ci hanno imposto”, spiega Gaby Susanna, co-fondatrice e presidente della Piattaforma Aprovechemos los Alimentos (Ricicliamo gli alimenti). Le materie prime che passano più o meno indenni allo stadio successivo, quello della trasformazione, soffrono nuovi cali durante il processo industriale. “Sai quante foglie verdi, con tutte le vitamine e i minerali che contengono, vengono scartate al momento di impacchettare le insalate insacco già tagliate e pulite in vendita nei centri commerciali?”, domanda Susanna. Quando si parla di insalate preparate, si parla di fagiolini verdi tagliati quasi a metà per farli entrare nei vassoi. O la prima e l’ultima fetta del pan carré che a molti consumatori non piace, dimodoché alcune


I percorsi dello spreco. Il collettivo Feeding Saragozza mentre salva dalla spazzatura alimenti un buono stato. 2014, anche a Barcellona, organizzato dalla piattaforma Aprovechemos los Alimentos. I consumatori, le famiglie, le persone che riempiono i Feeding 5.000 e che sono tempo parte del problema e allo stesso la chiave della sua soluzione. Nelle case, alla fine della catena alimentare, secondo gli esperti è dove si produce la maggior parte degli sprechi. Nel 2012, la Hispacoop, la Confederazione spagnola di cooperative di consumatori e utenti, si è infiltrata di nascosto durante una settimana nelle case di 413 famiglie osservando come in quel periodo si buttavano via 554 chili di alimenti, pari ad oltre 30.000 chili l’anno, 76 chili per ogni casa, più

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La Spagna è il sesto paese nell’Unione europea che più alimenti adatti al consumo umano spreca: 7,7 milioni di tonnellate l’anno, 21.000 tonnellate al giorno, secondo il Parlamento europeo.

di 32 chili a persona. Estrapolando queste cifre all’intera popolazione, risulterebbero più di 1 milione tonnellate di sprechi domestici all’anno solo in Spagna. “I consumatori spagnoli buttano via il 18% circa del cibo che comprano, sprecando alimenti per valore di 11.000 milioni di euro ogni anno” denuncia un’altra analisi condotta dal marchio Albal nel 2011, aggiungendo che il 45% di quanto buttato nei contenitori di residui organici avrebbe potuto essere salvato pianificando, manipolando e stoccando meglio gli alimenti. I due rapporti coincidono sul fatto che i consumatori non sono coscienti della quantità di cibo che sprecano. “Credono che la percentuale dei loro sprechi sia del 4%, quando in realtà raggiunge il 18%,” spiega lo studio Save Food di Albal. “Informazione, formazione e sensibilizzazione”, è la ricetta prescritta da José Esquinas, professore del Politecnico di Madrid. Questi Feeding di massa, o quelli più modesti organizzati a Zaragoza per 1.000 persone, o da Comida Basura (Cibo spazzatura), ormai inattiva a Madrid, i pranzi organizzati con gli avanzi di EL PLAT di Gràcia a Barcellona... Queste ed altre iniziative contribuiscono a rendere visibile lo scandalo. “Penso che abbiamo appena iniziato a renderci conto del problema: un primo passo per risolverlo,” afferma Susanna e coincide con Maria Ramillete. È fondamentale arrestare l’emorragia di alimenti nelle case ed esercitare


pressione su tutti gli altri livelli della catena perché si facciano le cose correttamente. I commensali dei Feeding the 5.000 sono invitati a firmare un manifesto in cui si impegnano a ridurre i loro sprechi alimentari e ad esigere alle aziende e ed i governi di fare altrettanto. Come dice Tristram Stuart: “Noi, la gente, abbiamo il potere di frenare questo tragico spreco di risorse solo se consideriamo i rifiuti alimentari come socialmente inaccettabili su larga scala, se facciamo tutto il chiasso possibile discutendone, se parliamo con le aziende, se diciamo ai governi che vogliamo frenare lo spreco di cibo. Noi abbiamo il potere per forzare questo cambio”. Elena Sevillano

“Noi, la gente, abbiamo il potere di frenare questo tragico spreco di risorse solo se consideriamo i rifiuti alimentari come socialmente inaccettabili su larga scala”. (Tristram Stuart)

Feeding the 5.000. Èun movimento globale che organizza pasti di massa con prodotti alimentari di scarto.

“PIÙ CIBO, MENO SPRECHI” so due: per determinare la quantità di prodotti idonei al consumo umano non vengono raccolti e abbandonati nei campi e per quantificare i rifiuti domestici), un catalogo di iniziative che riporta le esperienze ispiratrici in questo settore, nonché tre edizioni della Settimana per la riduzione degli spechi alimentari, tra le altre attività di sensibilizzazione. Dalla fine del 2014 è stata pubblicata la Guida pratica per il consumatore: come ridurre gli sprechi alimentari; la Guida pratica per ridurre gli sprechi alimentari nei centri educativi e la Guida pratica per ridurre gli sprechi alimentari nel commercio al dettaglio. Settore ortofrutticolo. Parallelamente, si lavora alla progettazione di strumenti per rilevare e ridurre gli sprechi nelle mense scolastiche e aziendali e nell’industria agroalimentare. esPosible/7

Nel gennaio 2012 il Parlamento europeo lanciava un appello a tutta l’UE per agire contro gli sprechi. Ad aprile 2013 il Ministero spagnolo dell’Agricoltura, alimentazione e ambiente rispondeva presentando la sua strategia “Più cibo, meno rifiuti” [www.ma- grama.gob.es/es/alimentacion/temas/estrategia-mas-alimento-menos-desperdicio], a cui sta lavorando da allora, incentrata su cinque assi fondamentali: lo sviluppo di studi “per conoscere il quanto, come, dove e perché delle perdite e gli sprechi alimentari”; la divulgazione e promozione di buone pratiche alimentari e azioni di sensibilizzazione; l’analisi e revisione degli aspetti normativi; la collaborazione con altri agenti; la promozione della progettazione e sviluppo di nuove tecnologie. Grazie a questa iniziativa hanno visto la luce varie indagini (attualmente ne sono in cor-


L’EMORRAGIA, ANELLO PER ANELLO DELLA CATENA Perdite + sprechi nella produzione agricola

Eccedenze alimentari nella distribuzione

Citrici: 22,5% Frutta restante: 23,1% Ortaggi: 29,2% Grassi e oli: 28,4% Vitivinicola: 22,7 % Cereali e leguminose: 26,7 %

n

(Rapporto: La perdita e lo spreco alimentare generato dalla produzione agricola di alimenti in Spagna)

L’82,2% dei distributori ritira dagli scaffali prodotti in base alle date di scadenza. n Il 20,5% dei distributori consegna abitualmente alimenti a qualche banco alimentare o ONG. (Monografico “Sprechi Alimentari. Barometro del clima di fiducia del settore agroalimentare”. Ministero spagnolo dell’agricoltura, alimentazione e ambiente. 2012).

Rifiuti industriali L’olio di oliva presenta alti valori di perdite (80 %) ma non di sprechi. n Lo seguono il pesce, crostacei e molluschi (46%), che peraltro appena presentano sprechi (meno dell’1%). n I prodotti di panetteria vantano la terza percentuale più alta di perdite (36%) e di sprechi (22%). n ll’altro estremo, la fabbricazione di prodotti lattiero caseari con poche perdite (3,6%) e sprechi assai inferiori (0,2%). n Il maggior costo economico derivante da perdite e sprechi si concentra nella lavorazione e conservazione di pesce, crostacei e molluschi, e in quello della carne e i prodotti carnici (5,3 €/kg e 4,7 €/kg di perdita e spreco rispettivamente). Al lato opposto vi sono i prodotti di macinatura, amidi e amilacei (0,5€/kg di perdite e sprechi) e lattiero caseari (0,7 €/kg). n

(Rapporto: Le perdite e gli sprechi alimentari nell’industria alimentare spagnola: situazione attuale e sfide per il futuro).

Lo sperpero domestico La maggior percentuale di alimenti scartati corrisponde al pane, cereali e altri articoli di pasticceria industriale (19,3%); seguiti da frutta e verdura (16,9%); latte, yogurt, formaggi e altri derivati lattei (13,3%); pasta, riso e legumi rappresentano il 13,2%. n

Il pranzo è il pasto in cui le famiglie sprecano più alimenti (34,6%), seguito dalla cena (26,7%), prima colazione (20,1%) e altri spuntini (18,6%). n

(Studio sugli sprechi alimentari nelle famiglie di Hispacoop. 2012).

OBBLIGARE I SUPERMERCATI A NON BUTTARE GLI ALIMENTI

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Il consulente sociale Manuel Bruscas sta raccogliendo firme, attraverso change.org, per esigere una normativa europea che obblighi i supermercati a donare le eccedenze alimentari ad enti sociali ed ONG di loro scelta. L’iniziativa segue la strada aperta da Arash Derambarsh, un consigliere comunale francese di Courbevoie che è riuscito a far promulgare in Francia una legge che impone ai supermercati a donare tutte le eccedenze che non sono riusciti a vendere. “Questa bellissima vittoria francese ha

avuto un eco straordinario in tutto il mondo. Come Arash, anche noi pensiamo sia giunto il momento di farsi avanti per esigere una normativa che freni lo sperpero di alimenti in tutti i paesi d’Europa”, spiega Bruscas, che lancia la sua petizione in collaborazione con la Croce Rossa francese, Action contre la Faim e “persone come noi intenzionate a porre fine allo sperpero di alimenti: Nikos Aliagas (Grecia), Frédéric Daerden (Belgio), Claudia Ruthner (Germania), Daniele Messina (Italia), Tristram Stuart (Regno Unito)”.


NUMERI CHE FANNO RIFLETTERE

TERMINOLOGIA SECONDO LA FAO

n Buttiamo via più di un terzo degli alimenti che produciamo.

Perdita di alimenti:

n Con il cibo che si spreca negli USA e in Europa si potrebbe

sfamare quattro volte 1 miliardo di persone che soffrono la fame. Ci sono 400 milioni di persone obese nel mondo. n In Europa, ogni cittadino è responsabile di buttar ai rifiuti

tra 95 e 115 chili ogni anno di alimenti idonei al consumo. Nei paesi sviluppati buttiamo via ogni anno 222 milioni di tonnellate di alimenti, equivalenti alla produzione di tutta l’Africa Subsahariana. n

Gran parte degli alimenti scartati quotidianamente nei supermercati è in condizioni idonee per il consumo. n

Con gli scarti quotidiani dei supermercati si potrebbero sfamare 100 persone ogni giorno. n

Calo della massa alimentare commestibile durante le fasi di produzione, post-raccolto, trasformazione e distribuzione. Le perdite sono provocate da un funzionamento inefficiente della supply chain: infrastruttura e logistica insufficienti, carenze tecnologiche, mancanza di competenze, conoscenze e capacità gestionali degli agenti coinvolti o impossibilità di accedere ai mercati. Influiscono anche i disastri naturali.

Sprechi alimentari:

Scarti di alimenti idonei al consumo, normalmente ad opera del commerciante al dettaglio e del consumatore finale. Normalmente si può evitare.

Sperpero di alimenti:

Alimenti che si perdono per decomposizione o mancato consumo. Il termine comprende quindi sia la perdita che lo spreco di alimenti.

Dati della FAO e del libro “Waste”, di Tristram Stuart, raccolti dal collettivo Feeding Saragozza.

LE TRE GRANDI SFIDE PER L’EXPO MILANO 2015 selezione di buone pratiche, ossia di iniziative di successo che si stanno portando avanti nel nostro paese, che si ripercuotono positivamente sull’alimentazione delle persone e sul pianeta, e che si consolidano nel tempo.

Web del programa desafíos: www.pabellonespana2015.com/desafios

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Il Padiglione Spagna ha molto da dire sullo slogan dell’Expo Milano 2015 “Nutrire il pianeta, Energia per la vita”. Intorno a questa proposta ha sollevato tre sfide principali, con l’attenzione posta su alimentazione e sostenibilità: La promozione della dieta equilibrata per le persone e il pianeta; la riduzione degli sprechi alimentari; la promozione dell’innovazione agricola per nutrire il pianeta. Intorno a ciascuno di questi assi, presenta una


Editore: Ecodes. Plaza San Bruno, 9, 1º oficinas 50001 Saragozza. Consiglio editoriale: Cristina Monge, Víctor Viñuales, Eva González e Ana Mastral. Coordinamento: Eva González e Ana Lapeña. Redazione: Elena Sevillano. Grafica: César Jiménez. Illustrazione controcopertina: Josema Carrasco. Fotografie dei reportage: fondo fotográfico degli Enti, Chus Sanz ed ECODES revistaesposible@ecodes.org LE SEZIONI “BUONE PRATICHE” E “LA SOMANDA” SONO PATROCINATE DA

EDITORIALE

I

PROGRAMMA SFIDE: GLI SPRECHI ALIMENTARI

l grande obiettivo che ci proponiamo dalla sostenibilità è garantire il benessere a tutte le persone rispettando i limiti del pianeta. Si tratta di un patto intergenerazionale ed intragenerazionale per non compromettere il benessere per le generazioni future. L’alimentazione, insieme al cambiamento climatico e la perdita di biodiversità, sono le principali sfide del XXI secolo, che sarà possibile vincere solo se tutti gli attori agiscono nella stessa direzione: società civile, aziende e pubbliche amministrazioni.

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In Spagna, molti di questi enti stanno già lavorando in questa direzione. In questo contesto, l’Expo Milano, dal titolo “Nutrire il pianeta, Energia per la vita”, che si svolge da maggio a ottobre 2015, ci è parsa un’ottima opportunità per rendere visibili questi attori che si trovano ad affrontare le grandi sfide dell’alimentazione sostenibile in Spagna. Per questo, il Ministero di Agricoltura, alimentazione e ambiente spagnolo, insieme ad Acción Cultural Española (AC/E) ed ECODES, hanno concepito il programma Sfide.

Si tratta di valorizzare una serie di iniziative portate avanti attualmente nel nostro paese, in relazione alle tre grandi Sfide connesse con l’alimentazione e la sostenibilità. In questo numero tratteremo in modo approfondito la riduzione degli sprechi alimentari, mentre negli altri due numeri della rivista parleremo della dieta equilibrata per le persone e il potenziamento dell’innovazione nel settore agricolo. Lo spreco alimentare suppone, oltre a questioni etiche, un enorme impatto ambientale e una perdita di risorse come acqua, superfici coltivabili ed l’energia, impiegate per produrre alimenti che alla fine vengono buttati nella spazzatura. In questo numero della rivista riportiamo una serie di iniziative dirette a migliorare l’efficienza dell’industria alimentare, riducendo lo spreco alimentare lungo tutta la supply chain. Così, mostriamo esperienze che valorizzano le eccedenze della produzione scartate per criteri estetici, cali di vendite o per standard qualitativi; iniziative dirette ad ottenere prodotti da residui dell’industria alimentare; iniziative che lavorano con alimenti scartati dagli scaffali dei supermercati, ed esperienze che danno importanza all’educazione dei consumatori per evitare lo sperpero di alimenti in casa. Alcune di queste esperienze lavorano inoltre per integrare la popolazione a rischio di esclusione e molte di queste destinano gli alimenti a questi collettivi. Non indugiate oltre e scoprite le buone pratiche innovative in alimentazione e sostenibilità che sono già una realtà in Spagna.


BUONE PRATICHE

Evitare che le verdure vadano dal campo direttamente alla spazzatura per motivi estetici, o che prodotti perfettamente idonei al consumo corrano la stessa sorte per colpa delle politiche delle imprese distributrici. Presentiamo iniziative che scommettono sulla ridistribuzione. Persino la plastica biodegradabile fabbricata con i residui della lavorazione di panetteria. La cultura dello riciclo degli avanzi è servita.

Testi: Elena Sevillano

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LA RIDISTRIBUZIONE AL POTERE


Dagli scaffali al banco alimentare

La catena di supermercati Eroski dedica personale e mezzi tecnici perché i prodotti deperibili che non si possono vendere, ma che sono idonei per il consumo umano, raggiungano le mense sociali in perfette condizioni.

EROSKI: LA VITA È COOPERATIVA

Grazie al suo progetto Zero Sprechi, solo nel 2014 si sono recuperate oltre 2.105 tonnellate di alimenti

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ragazza che accompagna il volontario veterano del Banco alimentare è giovane, è disoccupata e in procinto di perdere l’indennità di disoccupazione. Ma “invece di restarmene in casa stesa sul sofà preferisco aiutare il prossimo” afferma. La scena si svolge nell’ipermercato Eroski di Leioa (Bilbao), dove l’ONG accudisce per ritirare i prodotti freschi che EROSKI ritira dagli scaffali per rispettare l’impegno con i suoi clienti per la massima freschezza, o semplicemente per piccoli difetti delle confezioni, come ammaccature o rotture dell’imballo, che ne impediscono la vendita”, ma che sono perfettamente adatti al consumo. Alejandro Martínez Berriochoa, direttore di Responsabilità sociale della catena, presente alla conversazione, applaude la decisione della ragazza di prestare attenzione a quelli che stanno peggio di lei e dare una mano; crede che questo sia lo spirito giusto, che la vita funziona come una specie di cooperativa in cui chi sta meglio aiuta chi sta peggio. Ed Eroski, che di per sé è un’organizzazione dei consumatori e una cooperativa di consumo e che si vanta della sua enorme radicazione sociale, lavora per diventare un anello in più di questa catena di solidarietà.

Per questo motivo, alla sua rete di supermercati e ipermercati arrivano periodicamente i furgoni del Banco alimentare e di altre 47 associazioni locali da tutta la Spagna. Dal dicembre 2013, mese in cui si è raggiunto l’obiettivo Zero Sprechi, nessun alimento deperibile adatto al consumo è stato buttato via. Nel corso del 2014 sono state consegnate oltre 2.105 tonnellate di alimenti, seguendo un protocollo di azione che ne garantisce in ogni momento la sicurezza alimentare cui partecipa il personale dei negozi, quello delle organizzazioni beneficiarie, gli addetti allo stoccaggio a al trasporto. Alcuni dipendenti tralasciano altri compiti per selezionare i prodotti da donare e gli impianti frigoriferi per la loro conservazione, sviluppando applicazioni informatiche per snellire la logistica... Se si seguissero esclusivamente criteri economici o aziendali, se importassero solo i risultati dei bilanci, dedicare risorse tecniche e umane per movimentare “qualcosa che tecnicamente si considera spazzatura” sarebbe una spesa assurda. Ma qui parliamo di “bilancio del riciclo sociale”, come sottolinea questo dirigente. Si tratta di “considerare da un punto di vista umano e non aziendale tutti coloro che ne hanno bisogno”,


Il progetto Zero Sprechi è stato promosso dalla divisione di Martínez Berriochoa. “Abbiamo analizzato i dati sullo sperpero di alimenti nell’Unione europea e in Spagna; abbiamo ascoltato i negozianti che ci dicevano: “Guardate che qui ci sono tanti prodotti che si sprecano, e allo stesso tempo siamo interpellati da organizzazioni sociali, parrocchie e associazioni di quartiere che ci chiedono alimenti... Bisogna fare qualcosa”, ricorda. La proposta è stata approvata con gran entusiasmo dalla Cooperativa. Un anno e mezzo più tardi, ormai raggiunto l’obiettivo principale di non buttare il cibo nella spazzatura, la cooperativa si propone da un lato il miglioramento dei processi e la formazione del personale delle ONG; e dall’altro, avanzare progressivamente nella valorizzazione ambientale. “Considerare il cartone e la plastica non come rifiuti, ma come materie prime all’interno di un’economia circolare è un altro obiettivo che è stato raggiunto”. Più complicata risulta la gestione dei rifiuti organici (ad esempio, i vasetti di yogurt rotti che non si possono vendere né donare). “Stiamo lavorando per convertirli in biomassa o cibo per animali,” dichiara il portavoce di Eroski. L’intero progetto è stato affiancato fin dall’inizio da una campagna per educare i cittadini ad un consumo più razionale. Pianificare settimanalmente i menù e la spesa, annotare le date di scadenza. “Si sperpera un sacco di cibo nelle case e non ne siamo consapevoli: tutti crediamo di essere molto efficienti, che sono gli altri quelli che sprecano”, si lamentano dall’iniziativa Responsabilità Sociale. La Scuola di alimentazione della Fondazione Eroski include il corso Stop allo Sperpero, con ricette per approfittare di tutti gli alimenti e consigli dei consumatori sottolinea. stessi per fare la spesa usando il cervello. “Anche dalle esperienze negative si impara; magari questa crisi serva a prender coscienza della necessità di un consumo responsabile. Consumo e non consumismo. Si tratta di una tendenza che speriamo sia arrivata per consolidarsi”, dichiara Martínez Berriochoa. (Vedi video) www.eroski.es

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Una volta raggiunto l’obiettivo prioritario di evitare di buttare il cibo nella spazzatura, la cooperativa ha intenzione di avanzare verso la valorizzazione ambientale.


Una storia di dignità.

Il progetto di Espigoladors distribuisce alimenti e offre lavoro a collettivi a rischio di esclusione sociale. Il suo marchio possiede un valore aggiunto: una storia da raccontare.

L’IMPERFEZIONE È BELLA (E CREA RICCHEZZA)

Il marchio “es im-perfect” commercializza prodotti trasformati elaborati con frutta e verdura di scarto

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Immaginate un pomodoro: polposo, dal sapore buonissimo... Ma siccome non raggiunge le dimensioni minime imposte dal mercato, all’agricoltore non rimane altra alternativa che usarlo per il consumo personale o buttarlo via. Ma perché deve finire così? si è chiesta l’impresa sociale Espigoladors, che da agosto a dicembre 2014 si è imbarcata in un ambizioso progetto pilota: recuperare la frutta e la verdura scartata a causa di eccedenze di produzione, cali di vendite o criteri estetici. Una parte del raccolto viene deviata verso enti che offrono accesso agli alimenti a collettivi a rischio di esclusione sociale. Un’altra viene trasformata in marmellate, creme, conserve vegetali e succhi, commercializzati con un nuovo marchio denominato Es im-perfect, che dopo una prova generale, è stato lanciato nei negozi nel 2015. Pure i lavoratori di Es im-perfect (attualmente tre dipendenti) provengono da collettivi a rischio di esclusione sociale.

Espigoladors difende l’obiettivo del suo marchio: “Valorizzare prodotti brutti e imperfetti, ma altrettanto buoni e dall’identico contenuto nutritivo che altri”, risaltando “la qualità e la bellezza delle imperfezioni sia nelle persone che nella frutta e la verdura che raccogliamo, rifiutando canoni estetici rigidi e severi” e “tirando fuori il lato positivo da ogni cosa im-perfetta”, come sottolinea la direttrice Mireia Barba, “Tendiamo ad escludere le persone per il loro colore o aspetto senza renderci conto che sono altrettanto competenti quanto tutti gli altri. La selezione delle materie prime come delle persone costituisce un punto di differenziazione, una valore aggiunto, “Una storia da raccontare” afferma Barba quando gli domandiamo come vanno le vendite. “Stiamo iniziando a fare i primi passi, ma notiamo che giorno dopo giorno ci sono sempre più consumatori disposti a comprare questo genere di prodotti” assicura.


negozi di prossimità o reti di consumo e sta cercando di penetrare nel settore dei forni e le panetterie. Attualmente il loro campo di azione è limitato alla Catalogna. “Il nostro progetto è scalabile, e ci piacerebbe replicarlo altrove in Spagna mediante una formula di franchising sociale,” spiega la direttrice di Espigoladors, che sostiene l’unione intorno al suo marchio affinché tra tutti “si possa esercitare una pressione sufficiente a modificare le leggi”. Per obbligare le aziende ad esempio ad evitare che un prodotto venga scartato solo per criteri estetici, per la sua forma o colore. (Vedi video) www.espigoladors.cat

“Siamo imprenditori. La nostra intenzione è essere sostenibili nel tempo e innovare, non si può vivere di sovvenzioni, per di più con i tagli sociali” (Mireia Barba) esPosible/15

Espigoladors significa spigolatori e indica le persone che raccolgono le spighe nel campo di grano. “Stiamo creando una rete di aziende e produttori. A tutti coloro che entrano a far parte della rete di collaboratori viene consegnato un certificato che valorizza la loro donazione e attesta la responsabilità sociale aziendale”. Il marchio recita: “Siamo parte della soluzione”. Parallelamente, l’azienda organizza laboratori di abbinamento (che insegna ad esempio come si confeziona una marmellata di cipolle). Oppure iniziative dirette sensibilizzare sullo sperpero di alimenti mediante conferenze, laboratori e ricorso ai social networks. In realtà lo sperpero alimentare forma parte, insieme alla mancanza di accesso ad un’alimentazione sana e salutare e alla mancanza di opportunità dei collettivi a rischio di esclusione, della triade di problematiche attuali cui è diretto il progetto. “Ci proponiamo un modello che restituisca la dignità, che aiuti i produttori a non buttare via il cibo e incoraggiare la rete di organizzazioni sociali a dar potere ai propri utenti, formandoli per un’alimentazione sana”, descrive Barba. “Ci piace descriverci come imprenditori. La nostra intenzione è diventare sostenibili nel tempo e innovare, non si può vivere di sovvenzioni, per di più con i tagli sociali”, aggiunge. Es imperfect è già presente in catene di fruttivendoli, salumerie,


Il percorso del commercio equo.

I furgoni della Provincia di Pamplona realizzano la raccolta quotidiana di generi alimentari freschi tra i 73 negozi che aderiscono al programma.

Foto: Jesús Caso (MCP)

PAMPLONA: SOLIDARIETÀ PROVINCIALE

L’alleanza con i negozi per il recupero di generi deperibili per il Banco alimentare

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amplona, 2009. Ad Amparo Miqueleiz, futura responsabile dei Servizi della Mancomunidad (Amministrazione provinciale) di Pamplona, e a Carmen Lainez, direttrice dell’Area rifiuti urbani, preoccupava l’immagine delle persone che rovistavano nei bidoni dell’immondizia nei pressi dei supermercati. Non per ragioni estetiche, bensì etiche, per tutta l’angoscia, tristezza, disperazione e impotenza che trasudano da quell’immagine di persone rovistando nei rifiuti degli altri. Un 10% della popolazione in provincia di Pamplona vive al disotto della soglia della povertà. Circa 36.000 persone, tra le quali tante famiglie che solo cinque o sei anni fa erano di classe media, fino a che tutti i suoi membri non sono rimasti disoccupati e si sono impoverite. Proprio per queste persone, la Mancomunidad di Pamplona realizza dal 2010 un percorso quotidiano per 73 punti vendita aderenti di 21 imprese di distribuzione.

Si recuperano generi alimentari freschi, perfettamente commestibili ma non vendibili e si portano al Banco alimentare di Navarra. “Forniamo alimenti freschi; prima il Banco alimentare si riforniva di una serie di prodotti ma mancavano i prodotti deperibili” afferma Miqueleiz. Per arrivare fin qui, Miqueleiz e Lainez hanno dovuto riunirsi prima uno per uno con i supermercati e gli ipermercati della provincia per esporre la loro proposta e convincerli. “Gli abbiamo spiegato che non avrebbero dovuto assumersi nessun tipo di onere o perdita di tempo, al contrario. Non abbiamo ricevuto nessun rifiuto, al contrario si sono mostrati assai ricettivi e proattivi” ricorda Miqueleiz. Cinque anni più tardi, i guidatori che vanno a ritirare la merce salutano i dipendenti chiamandoli per nome. Le risorse umane e materiali necessarie per mettere in pratica questa iniziativa sono fornite dall’Amministrazione provinciale,


che ha firmato un contratto con la Fondazione Elkarkide, che si occupa di tutta la logistica della raccolta quotidiana (due veicoli isotermici e quattro persone) dal 2015. Elkarkide è una società senza scopo di lucro pioniera in Navarra nell’implementazione di servizi occupazionali e lavorativi mirati alla cura di persone sofferenti di malattie mentali. Da ottobre 2010 a dicembre 2014 il progetto ha consegnato 1.903.979 kg di alimenti al Banco alimentare, che a sua volta li ha ridistribuiti tra 267 enti sociali, che, a loro volta hanno assistito più di 33.000 persone. Il costo annuale del servizio è di 100.000 euro. Non avete mai avuto la tentazione di cancellare il progetto con la crisi? La risposta unanime dei due responsabili è un NO deciso. “Assolutamente no, anzi. Siamo un ente locale con vocazione di servizio pubblico, per migliorare la qualità della vita delle persone che risiedono nella provincia, “riflette Miqueleiz, che ricorda che se il progetto costa 100.000 euro, ne rende 800.000, pari al valore degli alimenti che altrimenti finirebbero nella spazzatura. “Siamo riusciti a ridurre la generazione di rifiuti e ad evitare gli sprechi alimentari” conclude, la direttrice. Una delle chiavi del successo è stata, come evidenziano dall’Amministrazione provinciale, “la continuità e il rigore negli orari di raccolta e consegna, per facilitare la programmazione dei donatori e dei ricettori”. La raccolta si effettua tutti i giorni da lunedì a sabato, con percorsi e orari fissi. Due delle catene collaboratrici hanno acceduto inoltre a convertirsi in punti di consegna di olio da cucina usato dei privati, che dal 2013 viene raccolto approfittando della catena logistica già predisposta. Da allora sono stati recuperati 30.831 litri, con i benefici ambientali che questo implica. Come sottolinea Lainez, il progetto accomuna ogni giorno sempre più volontà. “Si tratta di una sfida a fin di bene, in cui si vede la solidarietà della società” conclude. (Vedi video) www.mcp.es www.bancoalimentosnavarra.org

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Un 10% della popolazione in provincia di Pamplona vive al disotto della soglia della povertà. Circa 36.000 persone, tra le quali tante provenienti da una classe media impoverita.


BARCELLONA CONDIVIDE IL CIBO

L’ONG Nutrición Sin Fronteras raccoglie le eccedenze alimentari di hotel e imprese di catering

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mmaginiamo una città turistica come Barcellona, con un settore alberghiero assai nutrito. Da un lato c’è l’hotel che ha preparato il buffet per 50 ospiti, ma ha ricevuto solo 40 commensali: le 10 razioni avanzate vengono buttate via. Dall’altro lato c’è una famiglia duramente colpita dalla crisi, che non ha da mangiare. Nel mezzo, l’ONG Nutrición sin Fronteras (NSF) che da settembre 2012 funge da ponte tra i due: ritira gli alimenti cucinati, previamente congelati o confezionati sottovuoto, da 12 alberghi a quattro e cinque stelle e 15 aziende di catering e ristorazione aderenti al programma, e li trasporta e ridistribuisce tra 12 enti sociali beneficiari. Nel febbraio 2015, il progetto, chiamato BCN condivide il cibo ha recuperato più di 50 tonnellate alimenti e servito un piatto caldo (e delizioso) sulla tavola di 52.000 persone all’anno. “L’obiettivo è tutelare il diritto universale all’alimentazione dei cittadini di Barcellona in situazione di povertà”, racconta gli organizzatori.

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Alimentare e formare.

Attualmente esistono tra quattro e sei circuiti di distribuzione nella capitale e l’area metropolitana: la sicurezza alimentare è garantita in ogni momento. L’iniziativa ha ricevuto il sostegno istituzionale dell’Agenzia di Sanità Pubblica di Catalogna, l’Agenzia di Sanità Pubblica di Barcellona, l’Istituto Municipale dei Servizi Sociali del Comune di Barcellona e la Sociedad Española de Nutrición Comunita¬ria; include attività accessorie di formazione gratuita su dieta sana a basso costo, igiene e sicurezza alimentare, dirette a tutti i centri beneficiari aderenti all’iniziativa. “Abbiamo notato la necessità di formare gli utenti, il personale e i volontari dei centri sociali e di promuovere delle abitudini alimentari sane e di sicurezza alimentare” spiegano i membri di NSF. Da settembre 2012 a dicembre 2014 sono state organizzate più di 47 sessioni di formazione con laboratorio di cucina. (Vedi video) www.nutricionsinfronteras.org

Il progetto distribuisce cibo e offre attività formative gratuite su dieta sana a basso costo, igiene e sicurezza alimentare.


Non buttare via la crosta del pan carré!

I residui della produzione di panetterie e pasticcerie passano per il laboratorio per convertirsi in imballaggi.

CETECE: AMMASSANDO PLASTICA BIODEGRADABILE Dove finiscono i ritagli delle confezioni di pan carré senza crosta che si vendono al supermercato? O gli avanzi della massa per preparare i dolci e torte dopo che sono stati messi negli stampi per cuocerli? Nella maggior parte dei casi, purtroppo, nella spazzatura. Alla Fondazione Centro Tecnológico de Cereales (CETECE) di Castiglia e Leon (CETECE) sembrava uno spreco, così nel 2012 ha messo mano all’opera (in questo caso alla massa) per sviluppare un polimero plastico 100% biodegradabile (PLA) a partire da laboratori e fabbriche del settore della panificazione e pasticceria. Tre anni dopo, il Consorzio cui partecipano, oltre al CETECE, l’Istituto biotecnologico ATB in Germania, l’Università di Bangor nel Regno Unito, con il coordinamento dell’Instituto Tecnológico del Plastico (AIMPLAS) di Valencia (Spagna), presenta, appena tolto dal forno, il Bread4PLA: “Un contenitore di plastica riutilizzabile per conservare prodotti da forno, chiudendo così il ciclo di vita”. Come sottolineano i suoi creatori, il progetto,

con il finanziamento del programma Life+ della Commissione europea (Sottoprogramma di Politica e governance ambientali, Area rifiuti e risorse naturali) “rappresenta un’alternativa all’impiego delle materie plastiche, grazie all’uso di fonti di carbonio non convenzionali (i sottoprodotti dell’industria panificatrice) per la produzione di biopolimeri; suppone inoltre un importante contributo alla preservazione dell’ambiente per l’uso di fonti biodegradabili invece di risorse fossili”. CETECE è un ente privato senza scopo di lucro, nato nel 1998 come centro di formazione rivolto al settore della trasformazione dei cereali. Negli ultimi anni ha ampliato la sua attività e attualmente le sue linee di azione sono focalizzate “alla promozione della formazione, ricerca e sviluppo tecnologico, l’incremento della qualità e miglioramento la competitività” di tutti i settori agroalimentari. (Vedi vídeo) www.cetece.net

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Una nuova vita per gli avanzi delle panetterie


UNIVERSITÀ AUTONOMA DI BARCELLONA: MENJA JUST

Campagna Menja Just (mangia giusto) contro gli sprechi alimentari nel campus

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el 2010 si sprecavano quasi 500 kg di alimenti al giorno nel campus dell’Università autonoma di Barcellona. Quasi mezza tonnellata, una bazzecola! Per arginare questa emorragia nel 2011 è stata creata l’organizzazione Menja Just (Mangia giusto), che è riuscita a ridurre lo sperpero di più del 40%. Come? Con campagne di sensibilizzazione, partecipazione volontaria, la collaborazione dei servizi di ristorazione e la modifica delle condizioni di appalto per la prestazione dei servizi di ristorazione nel campus. Basandosi su azioni concrete, il piano ha raccolto più di 1.300 firme per l’introduzione di buone pratiche nella prevenzione e la gestione dei rifiuti alimentari dell’università. Ha organizzato corsi di cucina di riciclo di avanzi e una serie di pranzi solidali in cui volontari andavano ai mercati generali a ritirare i prodotti deperibili invenduti per motivi estetici, con i quali cucinavano ricette che scambiavano per cibi di facile conservazione, che a loro volta venivano distribuiti ai banchi alimentari, enti di azione sociale, ecc. Ha pubblicato guide per ridurre lo spreco alimentare nelle famiglie e nei

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La cultura del riciclo degli alimenti.

ristoranti universitari e ha collaborato alla redazione di una guida per l’implementazione di buone pratiche nella donazione di alimenti. La campagna ha impulsato “un’alleanza tra gli agenti della catena di valore degli alimenti per incoraggiare la loro collaborazione ed evitare gli sprechi”, raccontano i responsabili. Ha ottenuto la modifica delle specifiche tecniche nei capitolati d’appalto dei servizi di ristorazione di mense e ristoranti universitari, perché includano misure dirette alla riduzione degli sprechi alimentari, nonché la modifica della struttura dei prezzi nei menù universitari per renderli più proporzionati alla quantità di alimenti serviti. Contemporaneamente ha realizzato studi di fattibilità per il trasferimento di alimenti dalle mense universitarie agli enti sociali e realizzazione di alcune donazioni puntuali. “L’impegno della comunità universitaria per il riciclo degli alimenti continua e si approfondisce giorno dopo giorno” concludono i membri di Menja Just. (Vedi vídeo) www.uab.cat/mediambient

L’Università si è riempita di attività di formazione e sensibilizzazione: conferenze, pranzi solidali o edizione di guide.


Restaurare l’equilibrio.

Da un lato avanza cibo; dall’altro, manca. Consum riequilibra la bilancia ridistribuendo più di 3.300 tonnellate di alimenti tra enti sociali (dati del 2014).

CONSUM: LA RIDISTRIBUZIONE CREA BENEFICI

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l Programa Profit nasce dall’iniziativa di Consum per dare uno sbocco di carattere socialmente ed ecologicamente responsabile a tutti gli alimenti idonei al consumo umano non commercializzati. Così la cooperativa presenta il suo Programma Profit, che dal 2011 ridistribuisce gli alimenti rimasti invenduti, ma commestibili in totale sicurezza, provenienti dai suoi 428 supermercati di proprietà, 6 centri logistici e 3 scuole di fresco (dove si donano gli alimenti utilizzati nei corsi di formazione per specialisti delle sezioni dei cibi freschi). Un’applicazione informatica appositamente progettata permette di registrare e tracciare gli alimenti ridistribuiti: in maggior parte prodotti freschi, carne, prodotti lattiero-caseari, frutta e verdura, nonché prodotti di panetteria e pasticceria. Si tratta di alimenti confezionati con la corrispondente etichettatura originale, garantendo la catena sempre del freddo, raccolti direttamente dai volontari delle ONG e i servizi sociali dei comuni beneficiari. In totale 192 enti sociali delle zone più vicine a ciascuno dei centri Consum, parroc-

chie, centri aperti di assistenza all’infanzia, mense sociali, centri di integrazione sociale e occupazionale per collettivi a rischio di esclusione sociale, Caritas, Croce Rossa e banchi alimentari. Solo nel 2014, il programma ha supposto la ridistribuzione gratuita di oltre 3.300 tonnellate di cibo, per un valore economico superiore a 6,7 milioni di euro. “Da quando abbiamo standardizzato le operazioni, generalizzandole a tutta la cooperativa, sono state donate più di 6.000 tonnellate di cibo, pari a 16,6 milioni di euro”, segnalano da Consum. E questo solo per quanto riguarda il denaro. Perché, sul versante ambientale, la sua messa in pratica ha significato una riduzione l’impronta di carbonio dell’organizzazione di 6.174 tonnellate di CO2. “L’intenzione della direzione generale della cooperativa è mantenere il programma nelle nuove aperture, sia nei supermercati che nelle piatteforme di logistica e le scuole di alimenti freschi”, sottolineano dall’azienda. www.consum.es

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Il Programma Profit cerca una soluzione ambientale e sociale per alimenti invendibili


CORNELLÀ: COME PASSARE DAI RIFIUTI AGLI ALIMENTI

La Botiga Solidaria (bottega solidale) è una scommessa comunitaria per il riciclo delle eccedenze alimentari

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’obiettivo è la “canalizzazione delle eccedenze alimentari di origine commerciale verso gli enti di beneficenza e la sensibilizzazione della popolazione sulla problematica delle sperpero di alimenti”. In parole povere: fare in modo che gli avanzi di alcuni arrivino ad altri che ne hanno bisogno, e fare in modo che nel frattempo l’azione susciti una riflessione sulla necessità di un consumo responsabile. Per questo, la città di Cornellà de Llobregat (in provincia di Barcellona) ha sponsorizzato la creazione della Botiga Solidaria (bottega solidale), una scommessa comunitaria con molti attori: pubbliche amministrazioni, organizzazioni sociali e imprenditori coinvolti, dove convergono i residui delle imprese locali aderenti che, in questo modo, invece di finire nella spazzatura riforniscono la tavole delle persone bisognose. La campagna si chiama Cornellà ricicla gli alimenti e solo nel 2014 ha impedito sprecare 7,7 tonnellate di eccedenze (il doppio del 2013), ridistribuendole a più di 1500 famiglie. L’idea è nata nel dicembre 2012, dopo la contrattazio-

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Una riflessione sullo sperpero alimentare.

ne a uno studio di consulenza nel luglio 2011 della fase di studio e del progetto pilota, grazie ad una sovvenzione dell’Agenzia dei Rifiuti di Catalogna. Da allora, la crescita rete di donatori è stata incessante: a febbraio 2013 vi hanno aderito nuovi negozi in prossimità del mercato centrale, e nei mesi successivi, è stato realizzato uno studio per aggiungerne altri, oltre a dei ristoranti. L’aprile 2013 ha salutato l’ingresso di 4 supermercati della catena di supermercati Caprabo, diventati 8 solo tre mesi dopo. Nell’autunno-inverno del 2014 ha aderito anche la catena LIDL ed è stata pubblicata una guida con l’esperienza della Botiga Solidaria. Nel febbraio 2015, come ultima pietra miliare (per ora), il progetto ha cominciato a raccogliere e gestire le eccedenze degli orti comunali di Pidelaserra. Se l’esperienza si rivelerà fruttifera, potrà estendersi ad altri orti comunali, come anticipano i suoi organizzatori, che hanno intenzione di incorporare alla rete dei donatori anche altri mercati comunali e catene di supermercati di Cornellà. (Vedi vídeo) www.cornella.cat

Il Comune ha organizzato dei meccanismi di raccolta di ciò che è superfluo per alcuni per distribuirlo a chi non ne ha. Invita ad un consumo responsabile.


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http: //www.revistaesposible.org


LA DOMANDA

Domandiamo ad esperti provenienti da tutta la supply chain nelle sue diverse fasi (produzione, gestione e trasformazione, distribuzione e consumo), il loro parere su come ridurre gli sprechi alimentari nel nostro paese.

“Le sfide principali per sradicare lo sperpero alimentare”

DAVID ESTELLER Responsabile del Progetto AECOC contro lo spreco alimentare della Divisione di Comunicazione e Relazioni istituzionali

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“Il problema può essere ridotto con la sensibilizzazione e la collaborazione di tutte le parti implicate: imprese, pubbliche amministrazioni e consumatori” I dati e le cifre che misurano lo spreco alimentare sono arcinoti. In qualsiasi pubblicazione, possiamo vedere le cifre offerte dalla Commissione europea. Circa 89 milioni di tonnellate di cibo sprecate ogni anno. Esistono anche dati che circoscrivono la percentuale di queste perdite nei vari settori, una parte del settore primario, un’altra nelle famiglie, ecc. Noi dell’Asociación Española de Codificación Comercial (AECOC) crediamo che il modo migliore di ridurre lo spreco alimentare sia attraverso l’implementazione di strategie collaborative che coinvolgano tutti i livelli della catena del valore, dato che solo con la globalizzazione e il sostegno di tutti i settori è possibile ridurre la magnitudine delle cifre attuali. Per questo da tre anni AECOC coordina un’iniziativa pionieristica in Europa, L’Alimentazione non si spreca, che

mira a valorizzare gli sforzi individuali realizzati dalle aziende contro gli sprechi alimentari e pratiche di collaborazione che permettano di avanzare effettivamente nella risoluzione di una problematica importante, ma che possiamo combattere solo mediante uno sforzo congiunto. Più di 250 aziende spagnole hanno aderito volontariamente a questo progetto, una chiara dimostrazione del livello di impegno del tessuto imprenditoriale al momento di affrontare un problema dal forte impatto economico, sociale e ambientale. Come risultato di quell’impegno, le aziende stanno lavorando alla promozione delle buone pratiche mirate alla prevenzione e la riduzione degli sprechi alimentari a ognuno dei livelli della supply chain: si tratta di progetti legati allo scambio di informazioni, le operazioni di logistica e trasporto o le relazioni commerciali tra aziende produttrici e distributrici. Allo stesso modo, attraverso due gruppi di lavoro creati nell’ambito del progetto coordinato da AECOC, si lavora per fare in modo che tutte le eccedenze generate e idonee al consumo vengano dedicate a questo scopo, grazie alle donazioni a banchi alimentari e altri enti di beneficenza. A tal fine, si lavora gomito a gomito con queste organizzazioni al fine di garantire che la ridistribuzione delle eccedenze avvenga nel rispetto di tutte le garanzie di igiene e sicurezza alimentare. A tre anni dal suo inizio, possiamo affermare che il progetto avanza nella direzione giusta: la percentuale di prodotti donati a enti beneficiari è aumentata del 6%. Inoltre, sono stati formati in sicurezza alimentare 200 volontari di banchi alimentari ed enti beneficiari ed è stato istituito un punto di incontro annuale, che quest’anno celebra la sua terza edizione, in cui le aziende imparano e condividono le buone pratiche, sia a livello nazionale che internazionale, per combattere gli sprechi alimentari. Se di una cosa siamo sicuri ad AECOC è che questo problema può essere affrontato solo con la sensibilizzazione e la collaborazione di tutte le parti interessate: aziende, pubbliche amministrazioni e consumatori.


Responsabile Comunicazione dell’Asociación Española de Distribuidores, Autoservicios y Supermercados (ASEDAS)

“Ora la sfida è garantire che anche le eccedenze di prodotti freschi possano essere donate con tutte le garanzie di sicurezza alimentare” I supermercati associati ASEDAS già da tempo hanno compreso che le perdite e gli sprechi alimentari costituiscono un problema globale, che richiede soluzioni condivise da tutti gli attori della catena agroalimentare, dal fornitore dei mezzi di produzione agricola fino al consumatore finale. Per questo motivo, da quasi cinque anni i supermercati stanno lavorando in due aree molto importanti per ridurre le perdite e gli sprechi alimentari. Da un lato, lavorano al miglioramento delle forniture ai negozi e al controllo dell’assortimento negli stessi, ad esempio con l’introduzione di parametri per ridurre al massimo i cali. Inoltre, si è avanzati notevolmente nella ridistribuzione di alimenti adatti al consumo, ma che non possono essere venduti, sistematizzando le donazioni alle organizzazioni benefiche in grado di assistere le persone bisognose. In questo caso, prima della crisi economica tutte le aziende facevano donazioni a istituzioni che ne facevano richiesta, ma non sistematicamente e senza tecniche di rilevazione adeguate. Adesso sono stati introdotti criteri di responsabilità sociale e, soprattutto, ogni azienda possiede una rete di ridistribuzione propria da rifornire in modo sistematico. Va segnalato inoltre che le istituzioni che ridistribuiscono questi alimenti sono diventate più professionali e che si è riusciti a ottenere un sistema assai efficiente nelle donazioni di prodotti confezionati, coprendo la maggior parte della domanda di queste istituzioni e portando avanti campagne di rinforzo in momenti specifici. Adesso la sfida è garantire che anche le eccedenze di prodotti freschi possano essere donate con tutte le garanzie di sicurezza alimentare Qui, la soluzione è più complicata perché il freddo è di vitale importanza per il trasporto e la conservazione di questi prodotti.

DAVID HURTADO Area Comunicazione della Confederación de Consumidores y Usuarios (CECU)

“Ogni anno nel mondo si perde o si spreca una pagnotta su tre, una mela su tre…” Al CECU abbiamo sempre seguito con grande preoccupazione il problema degli sprechi alimentari, un problema che richiede la partecipazione di tutti i settori per la sua risoluzione. Partendo da questa premessa abbiamosviluppato dal 2013 il progetto “Noalcubo” (no al bidone)”, un’iniziativa con cui cerchiamo di raggiungere tutti questi settori (pubbliche amministrazioni, aziende e consumatori) e coinvolgere soprattutto i cittadini, dal momento che purtroppo è proprio nelle case dove si verifica gran parte di questo sperpero. Siamo consapevoli che, secondo la FAO, un terzo degli alimenti prodotti ogni anno nel mondo per il consumo umano vanno persi o sprecati lungo la catena alimentare? Sono cifre che fanno riflettere e che sicuramente colpiranno il lettore che le legga con attenzione: una pagnotta su tre, una mela su tre... Ma se approfondiamo un po’ la notizia, ognuno di noi, ogni europeo secondo i dati, butta via una media di 75 chili di cibo all’anno.

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MARÍA MARTÍNEZ-HERRERA

Inoltre, le proprietà di questi prodotti fanno sì che la loro vita utile sia molto breve e la loro manipolazione assai sensibile, motivo per cui esistono norme di sicurezza alimentare molto più severe rispetto ai prodotti confezionati, ma dobbiamo ricordare che deve essere così per evitare rischi per la salute umana. Un’altra sfida importante infine è la ricerca di soluzioni di riciclo quando gli alimenti si convertono in rifiuti, sia nei supermercati che nelle nostre case o nei precedenti anelli della catena produttiva. Qui le soluzioni passano attraverso lo sforzo tecnologico e di coordinamento di gestori di rifiuti autorizzati e pubbliche amministrazioni per raggiungere obiettivi ambiziosi nel campo della nutrizione animale, tenendo conto la garanzia della sicurezza alimentare.


Pensiamo quindi alla parte di responsabilità di ciascuno di noi e ad attivarci nelle nostre case per evitare che, in realtà, sta già accadendo. Ci abbiamo provato noi di CECU, promuovendo un’iniziativa che consente ai consumatori di avere a portata di mano (sulla web www.noalcubo. org) informazioni esaustive per pianificare, risparmiare, riciclare ed essere responsabili in relazione agli alimenti che compriamo. Per evitare che ogni anno 75 chili del nostro cibo diventino spazzatura.

ANDONI GARCÍA ARRIOLA Comitato esecutivo di Coordinadora de Organizaciones de Agricultores y Ganaderos (COAG)

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“Vedere come il frutto del tuo lavoro si converte in eccedenza alimentare è alquanto doloroso e assolutamente indesiderato”. La perdita di alimenti lungo tutta la catena alimentare, dal suo inizio nel campo fino all’ultimo anello di una sala da pranzo, ristorante o nella cucina di casa, è un problema serio e la necessità di affrontarlo risulta evidente. Per gli agricoltori, vedere come il frutto del loro lavoro si converte in eccedenza alimentare o sottoposto a sperperi per motivi economici ed estetici o per esigenze commerciali che occultano pressioni dirette a ridurre ulteriormente i prezzi al produttore, è un’esperienza alquanto dolorosa e assolutamente indesiderata. Per la COAG, la soluzione a questa situazione passa attraverso la revisione dell’attuale quadro alimentare in cui ci troviamo. I mercati alimentari globalizzati sono marcati da un elevato carattere speculativo, non regolamentato, con grandi flussi commerciali e lunghe catene di commercializzazione, alta volatilità dei prezzi, che sono colpevoli della creazione e l’esplosione di enormi bolle speculative. Un modello alimentare mercantilistico, con finalità puramente speculative, provoca gravi danni a tutta la società e ai consumatori in particolare, oltre a generare gravi problemi di perdite nella catena alimentare. Ma è il settore agricolo e soprattutto il modello sociale dell’agricoltura, quello che paga la fattura più cara.

Nel modello alimentare delle multinazionali non rientrano le aziende agricole di carattere sociale, che creano occupazione ed economia reale nel territorio. In un contesto globale di alti livelli di povertà e fame, risulta inaccettabile lo sperpero di alimenti e la speculazione, per cui è necessario un forte impegno per lo sviluppo sostenibile dell’agricoltura come base strategica di supporto per garantire un’alimentazione a tutta la popolazione. Un’alimentazione che non può essere considerato mera merce di consumo per la speculazione e l’arricchimento di pochi, bensì un diritto universale dei cittadini e un diritto degli agricoltori e gli allevatori a produrre gli alimenti. Noi agricoltori non rifiutiamo la nostra responsabilità. È necessario il miglioramento continuo delle pratiche agricole o di movimentazione e conservazione delle nostre produzioni, ma anche del modo in cui interagiamo con il consumatore, stabilendo delle relazioni di fiducia tra entrambi. L’innovazione su questo punto è di primaria importanza. Ci siamo imbarcati in questo compito prioritario, un esempio del quale è l’iniziativa ARCo, Agricoltura a responsabilità condivisa (www.arcocoag.org), che stiamo promuovendo fin dal 2011 e che cerca di sviluppare delle relazioni dirette e stabile tra agricoltori e i consumatori, attraverso circuiti di commercializzazione brevi. Crediamo che promuovendo dei modelli di produzione e consumo rispettosi con l’ambiente e socialmente sensibili da un punto di vista agroecologico, possiamo fare progressi nella riduzione delle perdite alimentari.

EDUARDO BAAMONDE NOCHE Direttore generale di Cooperativas Agroalimentares de España

“Una delle sfide è quella di rafforzare il ruolo delle cooperative agroalimentari, dal momento che avvicinano il produttore agli ultimi anelli della catena alimentare” Il settore agroalimentare è fondamentalmente quello che produce gli alimenti. Questa affermazione, che sembra ovvia, è estremamente importante dal punto di vista econo-


Lo spreco alimentare è una problematica di carattere globale che interessa tutti i livelli della catena alimentare. Pertanto, qualsiasi iniziativa in questo settore deve appoggiarsi su un’azione coordinata e congiunta. Il produttore primario deve affrontare una serie di sfide come ostacoli naturali, fenomeni climatici, stagionalità dei prodotti, a cui si devono aggiungere la globalizzazione dei mercati, la volatilità dei prezzi e l’aumento dei costi delle materie prime. Ciò ha costretto gli agricoltori a ottimizzare le risorse delle loro aziende agricole, per cui stanno facendo grandi sforzi per impedire gli sprechi alimentari oltre che per rivalutare “eventuali perdite” fuori dalla catena agroalimentare. Tutto questo, attraverso una maggiore diversificazione delle loro produzioni, l’incorporazione dei progressi tecnologici, la distribuzione gratuita, ecc. Nelle cooperative agroalimentari infatti i prodotti non conformi alle norme stabilite nel regolamento o fissate dal mercato vengono trattati e/o approfittati in altri processi per l’ottenimento di prodotti assai differenziati come alcool vinoso, cosmetici, energia (bioenergia, biomassa), o destinati all’alimentazione animale. Di conseguenza, una delle sfide per risolvere il problema dei rifiuti alimentari è di rafforzare il ruolo delle cooperative agricole, dal momento che approssimano il produttore agli ultimi anelli della catena alimentare. Al fungere da nesso di unione tra produttore e mercato, possono costituire lo strumento ideale per adattare la produzione alla domanda ed evitare i gravi squilibri che si verificano quando aumenta l’offerta e diminuisce la domanda, o viceversa, e che portano come conseguenza la volatilità dei prezzi ed effetti così perversi come la distruzione del prodotto. Le cooperative garantiscono inoltre dei rapporti più stabili, attraverso la contrattualizzazione, che permette di migliorare la pianificazione all’apportare maggior quantità alle relazioni commerciali. Questa sfida viene accompagnata da un miglioramento della comunicazione nella supply chain rispetto alla domanda specifica del mercato, sia in termini qualitativi che temporali. Il fatto che si verifichino entrate di prodotti da paesi terzi con meccanismi di controllo differenti da quelli dell’UE, causa a volte aggravi comparativi che non contribuiscono a questo corretto dimensionamento della produzione. Un’altra sfida è quella marcata dalla legislazione. Le condizioni di accesso ai mercati delle produzioni agricoli europei sono rigorosamente disciplinate da severe norme di produzione, che offrono maggiori garanzie ai consumatori in termini di sicurezza alimentare, tutela ambientale e qualità, nonché meccanismi pubblici imposti dalla OCM. Queste norme devono essere rafforzate, arrivando persino ad estendere ad altri settori i meccanismi esistenti nel settore ortofrutticolo per la gestione delle crisi. Per quanto

riguarda il ritiro di prodotti, si dovrebbe promuovere la distribuzione gratuita autorizzando la trasformazione previa al ritiro dei prodotti. Infine, cosa più importante, si devono concentrare gli sforzi sul consumatore, dato che rappresenta l’anello della catena alimentare in cui si verificano più sprechi, per questo è necessaria una maggiore consapevolezza e adottare misure educative di buone pratiche.

PALOMA SÁNCHEZ PELLO Direttrice Competitività e Sostenibilità della Federación Española de Industrias de la Alimentación y Bebidas (FIAB)

“L’industria alimentare e delle bevande sta lavorando da anni al miglioramento dei propri processi per ottimizzare al massimo lo sfruttamento delle risorse” Lo spreco alimentare è un problema globale che si presenta lungo l’intera catena alimentare e ha implicazioni negative a livello sociale, ambientale ed economico. L’industria alimentare è consapevole da anni dell’importanza di evitare perdite durante il processo produttivo, non va dimenticato infatti che affinché un’industria sia praticabile a livello economico e aziendale, deve essere il più efficiente possibile. Né dobbiamo dimenticare che le aziende stanno sempre più interiorizzando l’importanza della responsabilità sociale. Entrambi i motivi, efficienza e responsabilità sociale, fanno sì che l’industria alimentare e delle bevande stia lavorando da anni al miglioramento costante dell’efficienza dei propri processi, per ottimizzare al massimo lo sfruttamento delle risorse, accompagnato campagne di sensibilizzazione dei consumatori per evitare gli sprechi alimentari nelle famiglie. Negli ultimi anni, le industrie alimentari hanno avviato azioni di miglioramento di pianificazione della supply chain e sviluppato programmi di sostenibilità specifici, di valutazione e consulenza ai fornitori di materie prime, di acquisti responsabili, do assistenza alla clientela nel punto vendita per un’adeguata rotazione di prodotti, nonché piani di responsabilità sociale aziendale, tra i quali è possibile evidenziare l’incremento delle donazioni.

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mico, ambientale e della sicurezza alimentare.


A livello settoriale, la FIAB ha promosso lo sviluppo di un toolkit per aiutare le industrie a prevenire le perdite durante il processo produttivo, e oltre a una serie di raccomandazioni rivolte al consumatore, come quelle inviate nei periodi natalizi nell’ambito della campagna FIAB Approfitta il Natale - 8 giorni, 8 consigli. La FIAB e le sue aziende fanno parte anche dell’iniziativa L’alimentazione non crea sprechi, approfittala, promossa dalla AECOC; partecipa inoltre a livello europeo, attraverso FoodDrinkEurope, alla dichiarazione congiunta Every Crumb Counts (ogni briciola conta), che contiene impegni per prevenire gli sprechi alimentari, promuovere un approccio di ciclo di vita per ridurli e offrire soluzioni in questo settore.

ILEANA IZVERNICEANU Portavoce e responsabile stampa Organización de Consumidores y Usuarios (OCU)

mentre un 54% la fa qualche volta. Per quanto riguarda la data di consumo preferenziale, un 22% consuma frequentemente alimenti scaduti e un 62% lo fa sporadicamente. Alla vista di questi dati, la prima sfida che devono affrontare i consumatori è quella di comprare meglio. L’ideale sarebbe comprare quantità sufficienti e non di più. Occorre frequentemente che le offerte di formati risparmio inducano a comprare a prezzi più convenienti più di quanto sia necessario. Abitudini come fare la lista della spesa o eliminare nella misura del possibile le compere compulsive aiuteranno il consumatore ad acquistare quantità più adeguate alle sue esigenze reali. Sarebbe importante a questo proposito che anche le porzioni offerte al consumatore dall’industria alimentare e di distribuzione vengano adeguate. Un’ampia offerta di formati differenziati permetterà ai consumatori di scegliere meglio. Per una buona gestione della dispensa e del frigorifero si raccomanda di utilizzare il criterio “first in/first out” e una corretta gestione degli avanzi. Si tratta di concetti assai tradizionali in Spagna, dove esistono ricettari per cucinare gli avanzi, ma che si stanno perdendo per la fretta e i nuovi modi di cucinare e alimentarsi. Al contrario di ciò che si afferma con frequenza, risulta chiaro che la maggior parte delle persone capiscono la differenza tra scadenza e consumo preferenziale. In questo senso le date di scadenza e di consumo preferenziale stabilite con criteri obiettivi e realistici consentono una buona gestione del nostro frigorifero e della dispensa.

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“La prima sfida per i consumatori è comprare meglio. E che l’industria offra porzioni più adeguate” In Spagna, come accade in paesi vicini con un alto livello di sviluppo, i principali problemi relazionati con lo sperpero alimentare si concentrano sull’ultimo anello della catena alimentare: la distribuzione e il consumo nelle famiglie. In qualità di Organizzazione di consumatori dobbiamo senza dubbio concentrarci su quest’ultima questione e trasmettere ai consumatori informazioni accurate sulle abitudini necessarie per ridurre lo spreco alimentare. In questo modo aiutiamo a una migliore ottimizzazione delle risorse e a ridurre l’impatto ambientale della nostra attività. Studi più recenti dell’OCU indicano a questo proposito che in Spagna la ragione principale per cui si butta via il cibo è perché è scaduto: succede al 51% degli intervistati. Il 40% riconosce che butta via il cibo perché si è rovinato al non conservarlo correttamente. Il 32% butta via il cibo perché il prodotto non è di suo gusto. All’altro estremo, un 8% dei cittadini dichiara di mangiare spesso alimenti scaduti,

LORENZO RAMOS SILVA Segretario generale Unión de Pequeños Agricultores y Ganaderos (UPA)

“I circuiti di distribuzione brevi contribuiscono a vendere prodotti con bassa impronta di carbonio” Noi agricoltori spagnoli adottiamo numerose misure per ridurre al minimo lo spreco alimentare. Non bisogna dimenticare che siamo i primi interessati a far sì che la pro-


CARMEN REDONDO BORGE Responsabile Area Consumo Confederación Española de Cooperativas de Consumidores y Usuarios (HISPACOOP)

“Siamo consapevoli del ruolo fondamentale dei consumatori come ultimo anello della catena alimentare” La riduzione degli sprechi alimentari è una sfida in sé se vogliamo avere un sistema alimentare sostenibile e durevole, che contribuisce a sua volta alla sicurezza alimenta-

re e nutrizionale. Le gravi conseguenze sociali, economiche, etiche, sanitarie e ambientali causate dallo spreco alimentare sono un riflesso delle grandi dimensioni di questo problema. Per HISPACOOP, come associazione di consumatori, una delle principali sfide per sradicare lo spreco alimentare deve contare con l’adesione del consumatore. Siamo consapevoli del ruolo fondamentale dei consumatori come ultimo anello della catena alimentare. Per vari anni abbiamo cercato di sensibilizzare l’opinione pubblica spagnola sul problema degli sprechi alimentari. Ma se i consumatori non si impegnano e non assumono un atteggiamento attivo e responsabile nella lotta contro lo spreco, non otterremo migliori risultati nella riduzione dei rifiuti alimentari o l’eradicazione del problema in se stesso. Stiamo rilevando come uno dei maggiori problemi sia la mancanza di consapevolezza dei consumatori. L’approccio adottato rispetto al problema come sulle possibili soluzioni e la propria capacità di cambiamento, è assai distinto da quello di governi, produttori, distributori, rivenditori, ecc. Ai consumatori risulta molto difficile dare una dimensione idonea al problema e non sono sufficientemente consapevoli che, purtroppo, lo loro azioni e comportamenti possono contribuire ad aumentare le perdite e gli sprechi alimentari. Lo considerano come un problema altrui. Lo rimuovono, pensando che nel loro ambito domestico non si spreca nulla. Senza il coinvolgimento quindi di tutti i consumatori nell’attuazione di misure positive finalizzate al riciclo degli alimenti e il consumo di responsabile, non riusciremo a palliare il problema. Ricordiamo che l’intervento del consumatore è essenziale in quanto utente finale, il cui comportamento può influenzare e contribuire notevolmente all’eradicazione del problema. Solo le famiglie fortemente colpite dalla crisi economica hanno cambiato le proprie abitudini di acquisto e incorporato alla loro vita quotidiana comportamenti più responsabili riguardo agli alimenti, basati principalmente sulle loro esigenze di base, l’alimentazione. Di conseguenza, le nostre sfide nella lotta contro gli sprechi alimentari continuano ad essere, da un lato, far calare nei consumatori il messaggio sull’importanza di consumare e approfittare degli alimenti correttamente e in modo responsabile e, dall’altro, trasmettere ai consumatori la necessità di adottare abitudini e comportamenti responsabili nella gestione degli alimenti per contribuire a ridurre e sradicare gli sprechi alimentari in ambito domestico.

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duzione alimentare sia un sistema efficiente con le minime perdite possibili. Noi produttori europei abbiamo migliorato le nostre tecniche di lavoro al fine di ottimizzare la supply chain e sfruttare al massimo gli investimenti in sementi, acqua e forza lavoro. Tutti gli studi dimostrano che l’anello primario è quello che meno perdite soffre nella catena alimentare, essendo nell’industria, la distribuzione e i consumatori finali dove si produce un maggiore spreco di cibo. Una catena alimentare sostenibile è quella in cui gli alimenti giungono dal campo alla tavola nel minor tempo possibile e con il minor numero di intermediari possibile, pertanto noi di UPA sosteniamo dei circuiti di distribuzione brevi, che contribuiscano a distribuire i prodotti con minore impronta di carbonio e migliori caratteristiche organolettiche. Senza dimenticare l’importanza del fatto che i prodotti debbano essere riconosciuti per il valore di mercato e il prezzo che si meritano. Se l’industria e la distribuzione alimentare banalizzano i prodotti con offerte sleali ed altri comportamenti irregolari, si finisce per favorire una cattiva gestione della catena alimentare con il conseguente riflesso negativo degli sprechi. Infine, è essenziale che i consumatori siano consapevoli, ricevano informazioni adeguate e messaggi insistenti sulla necessità urgente e imperiosa, per svariati motivi, di ridurre gli sprechi alimentari nelle famiglie.


JUAN QUINTANA Segretario generale Plataforma Contendores y Sociedad

“La forte crisi economica che ha colpito l’Europa ha fatto aumentare la sensibilità sociale verso questo problema”

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Acquisita sempre più protagonismo nella società europea il dibattito pubblico sullo spreco alimentare. La forte crisi economica che ha colpito un buon numero di paesi europei, ha fatto aumentare la sensibilità sociale verso questo problema. Il cosiddetto sperpero alimentare non è imputabile a un singolo anello della catena alimentare, ma vi sono direttamente coinvolti tutti, dal produttore al consumatore finale, sia privato cittadino che ristorante. Diminuire la quantità di cibo non consumato è pertanto una sfida per l’intera società. I contenitori svolgono un ruolo importante nella società e nella catena alimentare. Vengono utilizzati come mezzo per contenere, proteggere, conservare, distribuire, stoccare e presentare prodotti e merci differenti.

Sono quindi uno strumento importante per contribuire a ottimizzare e migliorare l’uso del cibo, promuovendone progressivamente un uso razionale ed efficiente. In questo senso, il nostro lavoro e quello delle nostre aziende è rivolto a migliorare questo rapporto tra il contenitore e il contenuto, al fine di rendere questo binomio un elemento efficace ed efficiente. Uno degli effetti positivi di questo sforzo è il contributo del packaging alla riduzione degli sprechi alimentari. La promozione della ricerca, sviluppo e innovazione nel campo dei contenitori è essenziale per combinare le loro funzioni: dalla sicurezza alimentare alla protezione, trasporto e, naturalmente, il consumo dei prodotti. Le informazioni e i programmi di sensibilizzazione di consumatori e cittadini sono fondamentali per conseguire la massima tutela dell’ambiente e l’usabilità di ciò che acquistiamo e consumiamo. La partecipazione di questi stessi consumatori e cittadini è fondamentale per produrre meno rifiuti e garantire il successo dei sistemi di raccolta, differenziazione e riciclaggio. Ogni anno in Spagna si utilizzano milioni di contenitori. Per questo motivo, è necessario avanzare lungo il cammino intrapreso e consolidare un sistema di gestione adatto sia per servire la società, sia in risposta all’adempimento di obblighi normativi nel campo della gestione dei rifiuti. La Spagna occupa il 13º posto nella generazione di rifiuti da imballaggio per persona in Europa, una cifra che ci posiziona sotto la media europea e che dimostra l’impegno della società spagnola verso una gestione sostenibile dei contenitori. Il 73,7% dei contenitori domestici sono stati riciclati nel 2014, ossia 7 contenitori su 10 raggiungono un ciclo di vita completo. Ma bisogna continuare a lavorarci sopra.


CIÒ CHE DICONO OM TACCIONO LE ETICHETTE

L’Unione europea ha modificato l’etichettatura energetica degli elettrodomestici

Occhio! È un vero mostro energetico

Ulteriori informazioni: : www.market-watch.es

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L’etichetta energetica con le sue barre orizzontali verdi, gialle e rosse è ben nota ai consumatori. Si tratta di uno dei migliori strumenti esistenti per informare nei punti vendita circa l’efficienza energetica dei prodotti. L’UE intende modificare l’etichettatura, eliminando il “+++” per tornare a una scala di valori dalla A alla G. Gli studi realizzati dalla Commissione europea assicurano garantiscono che la scala dalla A alla G risulta più comprensibile ai consumatori, La Commissione intende pubblicare la proposta su come eseguirà la modifica nel costo di quest’estate. Si prevede inoltre che l’UE istituisca un database di tutti i prodotti che richiedono etichettatura e che si vendono all’interno delle frontiere dell’UE, come già fatto in altre parti del mondo, ad esempio in Australia. Si prevede che la nuova normativa entri in vigore a partire dal 1 gennaio 2017.


esPosible COMMERCIARE CON GIUSTIZIA

FLO-CERT realizza un audit a un commerciante di caffè in Germania.

Vi siete mai chiesti come vivono le persone che vi permettono di bere il vostro caffè mattutino?

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Fairtrade garantisce una vita dignitosa a tutte le persone che partecipano alla catena del valore Quando vediamo un prodotto non ci soffermiamo a pensare a tutto ciò che comporta e a tutti gli agenti coinvolti nella catena di produzione perché il caffè che beviamo ogni mattina arrivi fino a noi, passando attraverso diverse mani e processi. Gli agricoltori raccolgono i semi delle piante di caffè, li tostano e li macinano; quindi il caffè viene confezionato e trasportato perché tu possa finalmente godertelo. Questa catena è quella che Fairtrade si assicura che soddisfi tutti i criteri del commercio equo e solidale In questo modo, anche i piccoli agricoltori possono fruire di condizioni di vita dignitose. Per renderlo possibile, tutti i soggetti che aderiscono a Fairtrade, produttori, commercianti e imprese, si sottopongono volontariamente ad audit periodici a cura della società di revisione indipendente FLO-CERT.

La missione di FLO-CERT è verificare la conformità agli standard di Fairtrade: l’azienda garantisce l’adempimento dei criteri economici, sociali e ambientali e che i produttori ricevano il prezzo minimo stabilito e il premio Fairtrade. Gli auditor di FLO-CERT sono professionisti altamente qualificati, che normalmente vivono nei paesi e regioni in cui lavorano e sono familiarizzati con la cultura, la lingua e il sistema giuridico locale. Tutti gli auditor devono passare un esame e ricevono una formazione annuale. I consumatori possono essere certi che il marchio internazionale Fairtrade si applica esclusivamente a prodotti che compiono gli standard internazionali di Fairtrade a beneficio dei lavoratori e i produttori certificati. Prima di vendere i prodotti con il marchio Fairtrade, le


FLO-CERT realizza un audit a una cooperativa di caffè in Costa Rica.

Standard integrale applicabile a tutta la catena della produzione tessile di cotone Fairtrade. L’obiettivo è di migliorare le condizioni di lavoro di coloro che sono coinvolti in tutte le fasi della produzione tessile e certificare così l’intera la catena del valore. FLO-CERT è responsabile del monitoraggio e la compliance degli standard Fairtrade lungo tutta la catena del valore. Da ottobre a dicembre di quest’anno si realizzeranno audit simulati da effettuare in laboratori e fabbriche tessili.

E per saperne di più... n Seguici sui nostri RRSS: @MarchioFairtrade Facebook

Linkedin n E come sempre: cercare questo marchio

quando fai la spesa.

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organizzazioni di produttori, che siano piccoli gruppi di produttori, piantagioni o appaltatori, devono superare un audit iniziale. Terminato l’audit fisico, la relazione di audit viene inviata a FLO-CERT per la valutazione e la successiva approvazione o per il monitoraggio e follow-up di aspetti non conformi agli standard rilevati durante l’audit. La decisione di certificare è adottata da FLO-CERT, ma solo dopo la correzione di tutti quegli aspetti non conformi agli standard è possibile ottenere la certificazione Dopo aver ricevuto una certificazione iniziale da Fairtrade, le organizzazioni di produttori si sottopongono ad audit presenziali almeno due volte nel corso in un triennio. Oltre agli audit periodici, FLO-CERT conduce anche audit senza preavviso. Le aziende e i rivenditori che vogliono vendere prodotti con il marchio Fairtrade devono ricevere preliminarmente un permesso temporaneo dopo il loro primo audit, per garantire che siano in grado di soddisfare gli standard commerciali. Ciò permette ai produttori di accedere a nuovi compratori. Un altro audit completo si effettua nei sei mesi successivi alla concessione del permesso di vendita. Durante questa procedura, l’auditor verifica che tutte le transazioni siano effettuate di conformità con le norme di Fairtrade. FLO-CERT è certificata a norma ISO 17065, lo standard di qualità principale riconosciuto a livello internazionale ad organismi che gestiscono un sistema di certificazione di prodotti. FLO-CERT adempie con la norma ISO 17065 in tutte le sue operazioni di certificazione. In particolare, questa norma garantisce un sistema di gestione di qualità, trasparenza in tutti i processi e indipendenza nei processi decisionali di certificazione Quest’anno Fairtrade International sta lavorando ad un progetto che sarà lanciato all’inizio del 2016: stabilire uno


NON BUTTARLO VIA, RENDILO IMMORTALE

Il compost: spazzatura nutriente

Grafica: Rebeca Sánchez Valimaña Seguici su Facebook.com/hazloinmortal.com

Ingredienti

Cos’è il compostaggio domestico? Il compost è un tipo di prodotto fertilizzante dai attraverso un processo (il compostaggio) in cui i microrganismi viventi si “mangino” la materia convertirla in un concime naturale per i nostri riducendo enormemente la generazione di rifiuti.

rifiuti organici, si lascia che organica, per orti e frutteti,

n Composter:

è il contenitore per compost, è disponibile in commercio ma facilmente fabbricabile anche in casa: ti spieghiamo come. n Rete per recinzione giardini. n Aggraffatrice. n Residui alimentari e foglie.

Vantaggi n Riduzione

di rifiuti altrimenti diretti alla discarica e inceneritore. di emissioni da decomposizione nelle discariche e di emissioni per la combustione negli inceneritori e per il trasporto dei rifiuti. n Si ottiene un ottimo fertilizzante organico che migliora la struttura del terreno proteggendolo dall’erosione. n Anche tu potrai produrlo molto facilmente. n Riduzione

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Innanzitutto, creare la struttura con dei pallet o una cassetta della frutta.

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Quindi avvolgere la cassetta con la rete e tagliarla. Di seguito, fissare i bordi della rete con dei chiodi o un’aggraffatrice.

Per ultimo, collocare un coperchio per aprire e chiudere facilmente il contenitore, anche con un semplice pezzo di legno.


NO LO TIRES. HAZLO INMORTAL

Materiali a decomposizione rapida:

Materiali a decomposizione molto lenta:

Foglie fresche Resti di pascolo Sterco di animali di fattoria

Foglie di autunnali Stipatura di siepi dure Rami potati Segatura e trucioli di legno non trattato Gusci d’uovo Gusci di frutti secchi Lana e filamenti naturali Peli e piume Noccioli di frutta (pesche, avocado, olive, ecc.)

Pezzi di frutta e verdura Sacchetti di tè e fondi di caffè Paglia e fieno vecchi Residui vegetali Letame mescolato con paglia Fiori appassiti e piante in vaso Stipatura di siepi giovani Dicotiledoni perenni Letti di criceti, conigli ed altri animali domestici (erbivori)

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Innanzitutto stendere alla base del composter uno strato di rami e paglia per far circolare l’aria, che deve avere uno spessore minimo di 20 cm. Si raccomanda di mettere la base della scatola a contatto con il terreno. Se la cassa va collocata, ad esempio, su una terrazza, stendere uno strato di circa 3 cm di terra sul fondo del composter prima di inserire la base di rami.

Carne e pesce Prodotti lattiero-caseari Prodotti contenenti lieviti o grassi

Non utilizzare mai: Ceneri di carbone o coke Feci di cani e gatti Pannolini monouso Riviste illustrate Resti di aspiratori Filtri di sigarette Tessuti sintetici

Altri materiali utilizzabili: Ceneri di legno (spolverare in piccole quantità) Cartone, scatole di uova, tovaglioli, sacchetti e contenitori di carta Fogli di giornale (in piccole quantità)

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Inserire il resto dei materiali sempre mescolando materiali a decomposizione veloce e lenta, triturandoli il più possibile. La prima volta che si realizza il compost si deve riempire il composter fino a metà e man mano che si introducono nuovi rifiuti si deve stendere uno strato di foglie secche. La miscela di compost deve essere mantenuta sempre umida ma senza rilasciare liquidi.

All’che si introdurre nuovi rifiuti, si deve rimuovere il materiale vecchio per non attirare gli insetti. Il compost matura dopo 5 o 6 mesi circa nel composter, quando tutti i materiali siano triturati e il concime acquisti un colore marrone molto oscuro. Non smettere di riempirlo e vedrai come le tue piante cresceranno sane e forti in modo più naturale.

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Materiali a decomposizione lenta:

Evitare:


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LA REVISTA DELLA GENTE CON INIZIATIVA


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