D.A.ITALIA 81 > NOVEMBRE 2013
Design
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Una delle novità più interessanti viste a Colonia è stata senz’altro il concept di Otium del designer italiano Marco Goffi, presentato da rheavendors in uno stand creato apposta per l’occasione. Otium è un elemento d'arredo concepito per riprogettare gli spazi interni e avere più funzioni. È un supporto adatto 24
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per qualunque macchina OCS ed ha la capacità di creare un ambiente unico e riconoscibile. Ogni singola ala laterale può muoversi rendendo possibile il raggiungimento di un numero illimitato di configurazioni. La nostra redazione ha incontrato ad Eu’vend Marco Goffi e gli ha posto alcune domande sul suo innovativo progetto.
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Otium, l’Uso del Tempo Durante la Pausa Caffè Intervista con Marco Goffi Com’è nato il progetto Otium? L’idea di base era quella di non parlare di caffè, perché avendo in previsione di lavorare con una realtà ben consolidata che offre un prodotto di altissima qualità, il progetto avrebbe potuto trasmettere tutto, tranne quello. È una cosa che si sapeva già: come quando ti siedi sulla Ferrari e dai per scontato che la pelle della poltrona sia di qualità superiore. Quindi il concept si è concentrato sull’uso del tempo che si fa nel momento della pausa caffè. Ho cercato di suggerire un nuovo comportamento nell’approccio a questo importante momento di pausa. Il progetto infatti si concentra su quello che è un lusso della vita contemporanea: il tempo. Volevo un oggetto che potesse identificare il luogo, essere un “condensatore” e che facesse riflettere su questa entità, che è un po’ astratta senza in realtà esserla. Il nome Otium deriva da queste tue riflessioni? Ho trasmesso queste mie sensazioni al copy con cui lavoro ed è stato lui a propormi il nome. In italiano qualcuno potrebbe associarlo ad un concetto negativo, ma in latino “otium” è contrapposto a “negotium” e significa “svago”, un concetto fondamentale per l’equilibrio. In Germania (tedeschi secondi latinisti nel mondo) è stato subito compreso. Otium sembra più un’opera d’arte che un arredamento vending. Tanta bellezza non rischia di creare distanza? Otium non è assolutamente una cosa solo da guardare. Prima della fiera ho insistito molto su questo punto
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arrivando perfino ad consigliare: “sporcatelo, mettete le tazzine, le sedie e gli accessori”, perché questa è la sua vera natura. Questo elemento di arredo ha una sua collocazione consigliata? Ha bisogno di spazi appositi? Può adattarsi a qualunque spazio espositivo, può stare appoggiato ad un muro o può essere messo in un angolo, anche se la sua forza è quella di stare nel mezzo di un’area aperta, perché le sue ali, oltre ad essere vassoi per esporre prodotti da abbinare al caffè, diventano anche un organizzatore dello spazio (aperto raggiunge i 3,30 metri) e si possono mettere dietro delle poltrone o un divano. Quali materiali hai scelto per questo progetto? Tutto il progetto parte dal concetto di natura e sostenibilità. Ho scelto il legno perché si associa perfettamente alla naturalità del caffè. Le ali sono realizzate con una nuova resina che al 50% è formata da risorse naturali rinnovabili. Realizzata da un’industria italiana, l’abbiamo concepita meno di un anno fa, vincendo un prestigioso premio ad Hannover. Oltre ai materiali, il progetto Otium ha dato grande attenzione al LCA (life circle assessement), una metodologia che valuta un insieme d’interazioni che un prodotto o un servizio ha con l'ambiente, considerando il suo intero ciclo di vita e che include le fasi di pre-produzione, produzione, distribuzione, uso, riciclaggio e dismissione finale. Tutte queste valutazioni sono state fatte, anche perché lavorando nel settore del design e non nel vending (nel vending è la prima esperienza) è una necessità, al di là di una sensibilità personale. Il percepito è importante, soprattutto nei mercati non solo italiani. Otium trova la sua perfetta collocazione in uno spazio attrezzato? Secondo me sì, perché si presta all’ambientazione con altre attrezzature. Il suo plus, visto che il progetto vuole suggerire un modo nuovo di concepire la pausa del caffè, lo vedo proprio in uno spazio attrezzato, con due poltrone ad esempio, magari mentre si carica un’iPad attraverso l’equipaggiamento elettrico di Otium. Hai avuto un’autonomia creativa assoluta o avevi dei parametri rigidi da rispettare? No, anche perché non dovendo pensare alla macchina vending, che ha dei requirement specifici, ero come un bambino al parco giochi. Avevo solo pochissime limitazioni, principalmente legate alla lavabilità e alla facilità di accesso alla macchina
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Una curiosità personale. Come mai i cavi elettrici sono visibili? È una scelta in controtendenza rispetto a quasi tutti gli altri e risponde alla volontà di dichiarare tutto quello che c’è. Non ho cercato un elemento rosso fuoco che evidenziasse la raccolta dei cavi della macchina, perché nel settore vedo che tutti cercano di nasconderli nel retro. La mia ambizione è quella di far concentrare l’utilizzatore su quello che deve fare. Il cervello funziona per gradi e nessuno si accorge dei cavi, perché ad un primo impatto ci si chiede solo a cosa serve Otium. A quel punto la missione è compiuta dal punto di vista della comunicazione e del design. Lo studio progettuale si è spinto anche all’imballaggio? Sì, assolutamente. Sempre per il discorso LCA, tutto l’oggetto è smontabile perché un imballaggio ridotto significa meno costi di trasporto e meno emissioni di CO2. Otium avrà un prezzo compatibile con il canale? Ho molta esperienza nel mio settore, ma non conosco il vending, quindi mi hanno dato un range di riferimento in termini di politiche commerciali. Ci sono anche tante opzioni, ad esempio una versione chiusa davanti e accessibile ai lati oppure accessibile ai lati e chiusa davanti e perfino quella tutta aperta. Inoltre sono disponibili diverse altezze, diverse possibilità di customizzazione, extraposti e una lunga lista di accessori.
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