BIRDWATCHING & WILDLIFE -N 1 2013

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BIRWATCHING & WILDLIFE Magazine


SOMMARIO: pag 4: L’intervista: Gianluca Farina. di Cristina Usanza pag 10: Autostrade invisibili e Motel per il popolo migratore. di Riccardo Di Giuseppe pag12: Le parate nuziali dei fenicotteri. del Dott. Marco Scutellà pag 16: In punta d i piedi. di Troise Carmine Washi pag 24: Il ponte che si mette al collo :”la BRIDGE”. di Andrea Simoncini pag 30: Etica della fotografia Naturalistica. di Lorenzo Nottari pag 34: I falchi del Sinai. di Giusy Baffi pag 38 best shots

LA LETTERA DEL DIRETTORE: Il primo numero del 2013 è uscito, non senza difficoltà, d’altronde gli impegni sono tanti, ma mi scuso comunque con tutti i nostri lettori, sperando di regalarvi ancora degli splendidi articoli, dei fantastici racconti e delle foto spettacolari!!! Ringrazio ancora tutti coloro che hanno collaborato e che collaborano a questa rivista. Buona lettura Riccardo Trevisani


BEST SHOT Margitta Shuff Thomann


L’Intervista: di Cristina Usanza

Gianluca Farina

Buongiorno a tutti gli amici…. eccoci di nuovo qui, per leggere un'altra interessante intervista ad un membro del nostro gruppo .... che ci allieta spesso con le sue fotografie...ma bando alle ciance.."ascoltiamo" e leggiamo ciò che Gianluca ha da dirci:


C- quando è nato il tuo amore per la fotografia ed in particolare per la fotografia naturalistica? G-nell'estate del 2008.Tutto è nato per caso, quando un giorno mi hanno regalato una reflex, una Canon 1000 D. Da quel momento ho iniziato per gioco a scattare fotografie al parco delle Cornelle a Valbrembo, in provincia di Bergamo e giorno dopo giorno mi sono innamorato della fotografia naturalistica. C- quale è la tua attrezzatura, da cosa è composta ? G- La mia attrezzatura è composta da un corpo macchina Canon 1D Mark IV e da obiettivi Canon 300 mm 2.8 L IS, 70/200 f 2.8 L IS, un moltiplicatore x 1.4 III, un flash Canon speedlite 430ex e un cavalletto Manfrotto. C- come ti apposti, quali sono i luoghi che prediligi per il tuo tipo di fotografia? risposta-Il modo di appostarmi dipende dal luogo nel quale mi trovo. Infatti ogni luogo è predisposto per appostamenti diversi e credo stia nell'intuito del fotografo scegliere quello migliore volta per volta. Per quanto riguarda i luoghi, prediligo quelli nei quali il silenzio è sovrano per permettere agli animali di esprimersi secondo natura.


C- ci sono fotografie "del cuore", quelle che ti hanno dato più soddisfazione? G-Non ho una fotografia del cuore, ma quelle che mi hanno dato maggior soddisfazione sono quelle scattate al Martin Pescatore. Questo perché, nonostante numerosi tentativi, non ero mai riuscito a fotografarlo. C-pensi che la fotografia naturalistica comporti un maggior impegno rispetto alla f o t o g r a fi a d i s t r a d a , g l a m o u r o v i a discorrendo? G-Non so se la fotografia naturalistica sia più impegnativa rispetto ad altre tipologie fotografiche, in quanto non ho esperienza in quest'ultime. Sicuramente la fotografia naturalistica è molto impegnativa, perché richiede pazienza nel saper aspettare il momento giusto per lo scatto, senza avere la certezza di riuscire a fotografarlo. Credo però che tutto sia ripagato dalla soddisfazione nel cogliere l'attimo giusto di un animale tanto atteso.


G-cosa consiglieresti a chi si avvicina per la prima volta a questa tipologia di fotografia? G_Consiglio prima di tutto il rispetto della natura e degli animali, perché quando entriamo nel loro habitat non dobbiamo essere troppo invadenti e irrispettosi, in modo da garantire la loro salvaguardia. Inoltre prima di iniziare a fotografare una specie, bisognerebbe conoscerne le abitudini e i comportamenti. C-quale è l'animale che vorresti riprendere in assoluto? risposta-Mi piacerebbe avere la possibilità di fare un safari in Africa, per poter fotografare animali che in Italia si possono fotografare solo in cattività. Credo che per un fotografo naturalista la soddisfazione maggiore sia riuscire a fotografare un animale nel suo ambiente naturale.


C-credi che la fotografia naturalistica possa essere di aiuto per la salvaguardia dell'ambiente? Se si, perchĂŠ? Â G- Per la salvaguardia ambientale penso che ci sia bisogno di interventi piĂš specifici rispetto a quello della fotografia. Ma credo che questa possa essere utile per avvicinare le persone alla natura. Ti aggiungo che vivo in provincia di Bergamo e ho un sito dove pubblico le mie foto : www.naturalmenteclick.com.



Autostrade invisibili e Motel naturali per il popolo migratore di Riccardo Di Giuseppe – Naturalista, Responsabile dell’Oasi WWF di Macchiagrande

Verrebbe da dire che la Riserva Naturale Statale “Litorale Romano”, estesa dalle dune di Capocotta a quelle di Palidoro, non sia altro che il tratto di un’immensa autostrada caratterizzata dalla presenza di tanti Autogrill e Motel sparsi qua e là. Il perché di questa affermazione può essere facilmente spiegato: a tutti noi sarà capitato, principalmente nel periodo estivo, di programmare qualche giorno di vacanza sistemando le nostre valigie in macchina e mettendoci in strada, magari per raggiungere qualche bella località di montagna e per godere di un po’ di fresco. Durante il nostro viaggio in autostrada, se troppo lungo, siamo soliti fare delle soste in Autogrill per mangiare, riposarci e magari anche per andare al bagno. Gli uccelli migratori durante i loro incredibili viaggi lungo “rotte non asfaltate”, e per questo a noi invisibili, fanno esattamente la stessa cosa: durante il loro tragitto ogni tanto si fermano in punti strategici, che possono essere considerati dei veri e propri “Motel naturali”. All’interno di questi, principalmente rappresentati da boschi, coltivi, foci di fiumi, canali di bonifica e dalle stesse Oasi WWF, moltissime specie migratrici trovano cibo e rifugio. La penisola italiana, nel complesso sistema di migrazione tra nord Europa ed Africa, riveste di sicuro un ruolo strategico primario, essendo distesa come un ponte naturale attraverso il Mediterraneo.

Falco pescatore a caccia presso l’Oasi di Macchiagrande (foto di Lorenzo Nottari)


In essa, la Riserva Naturale Statale “Litorale Romano” gioca un ruolo altrettanto determinante, rappresentando un’importante area di sosta lungo le varie rotte migratorie. Dal periodo autunnale fino agli inizi di dicembre (migrazione autunnale), si sono infatti potute osservare specie ornitiche spettacolari e di eccezionale rarità, e lo spettacolo sembra destinato a continuare anche nei mesi che verranno. Il giorno 11 novembre all’interno dell’Oasi WWF di Macchiagrande è stato osservato un Falco pescatore (Pandion haliaetus): erano più di cinque anni che non lo si vedeva volteggiare in aria. Caratteristiche che lo rendono facilmente riconoscibile sono, oltre alla notevole apertura alare, il ventre bianco candido e la testa bianca su cui spicca una larga banda nera che attraversa l'occhio. Il falco pescatore è un rapace fortemente specializzato in quanto si nutre quasi esclusivamente di pesci, in particolar modo di quelli che vivono in acque superficiali; è stato osservato infatti mentre pescava sul Canale Delle Acque Alte che attraversa l’Oasi. Dal 12 novembre a Maccarese, nei campi che costeggiano Via delle Pagliete, si aggira invece un Falco sacro (Falco cherrug), specie in pericolo d’estinzione, minacciato dalla falconeria; il rapace si fa vedere verso mezzogiorno intento a cacciare i piccioni: dopo aver avvistato la preda la insegue e la prende al volo, approfittando dell’effetto sorpresa. Molto probabilmente l’esemplare proviene dall’Ungheria o dalla Slovenia ed è diretto verso paesi più caldi dove trascorrerà l’inverno. Nei coltivati ad erba medica, nella zona di Viale di Campo Salino, sono state invece avvistate decine di Gru (Grus grus). La Gru è una specie nidificante in Europa centrale, Scandinavia e Russia. Durante la migrazione autunnale gli esemplari possono percorrere due distinte vie: una occidentale, diretta verso Sud-Ovest e che attraversa Francia, penisola iberica e Marocco, e una orientale, diretta verso sud e che attraversa nord Africa, Turchia, Israele, Sudan ed Etiopia. Altra specie osservata nei pressi delle Vasche di Maccarese è l’Aquila minore (Hieraaetus pennatus); pur non nidificando in

Italia, il Mediterraneo centrale e la penisola italiana vengono comunque interessati dalla migrazione di questo rapace, che è un migratore trans-sahariano cioè svernante a Sud del Sahara, fino al Sud-Africa. Passando dall’entroterra alla spiaggia e infine al mare lo spettacolo non cambia: a Focene nel mese di febbraio di quest’anno sono state osservate autentiche rarità: Gazza marina, Svasso cornuto, Orco marino e Orchetto marino. E ancora Fenicotteri, Oche selvatiche, Aironi e tanti altri: un vero e proprio spettacolo della natura. Loro saranno sempre fedeli al nostro territorio e noi, con il nostro operato, dovremmo essere certi di non deluderli.

Riccardo Di Giuseppe


Le parate nuziali nei fenicotteri. Foto n 1

Può capitare, a partire dall’inizio di dicembre, di osservare piccoli gruppi di fenicottero mentre eseguono strani movimenti, simili a comportamenti di allarme. Se in quel momento siamo sicuri di non avere arrecato disturbo o non notiamo altri disturbi nei paraggi o, meglio ancora, se vediamo che solo una piccola parte della popolazione è coinvolta in questi movimenti, possiamo ragionevolmente pensare di trovarci di fronte ad una parata nuziale. Alcune foto, da me scattate alla fine di dicembre scorso ad Orbetello, ci aiuteranno a descrivere questo incantevole evento. Le posture assunte durante le parate nuziali e il corteggiamento derivano in molti casi da comportamenti legati alla pulizia, alimentazione o altro e sono spesso accompagnate da richiami sonori (Kear, Duplaix-Hall, 1975).


Figura n1

foto 2

figura n 2

Vediamo ora i principali comportamenti di corteggiamento mostrati dal fenicottero nel periodo preriproduttivo e riproduttivo (Ogilvie, Ogilvie, 1986): 1. Head flagging: i fenicotteri stirano il collo e la testa, portandoli più in alto possibile, con il becco rivolto verso l’alto e, ritmicamente, girano la testa da una parte all’altra (foto 1). 2. Wing salute: spiegano le ali per pochi secondi mostrando i loro colori contrastanti mentre la coda è dritta e il collo molto teso (fig.1).


3. Inverted wing salute: il collo è teso e viene portato avanti, la coda in alto. Le ali vengono aperte all’indietro con le punte in alto (foto 2). L’effetto è un lampo improvviso rosso e nero. In genere viene usato come risposta al comportamento 2. 4. Twist preen: torcono il collo all’indietro sul corpo come per pulirsi, con il becco all’indietro e le ali parzialmente aperte (foto 3). 5. Wing-leg stretch: estendono la zampa e l’ala della stessa parte del corpo all’indietro. 6. Marching: una folla sincronizzata marcia compatta, con repentini cambi di direzione (v. foto 4).

foto 3

I comportamenti di parata preludono alla formazione delle coppie. Il maschio si avvicina alla femmina mentre sta mangiando e cominicia a seguirla. Se l’approccio ha successo, i due partners si esibiscono in comportamenti quali l’allungamento simultaneo del collo (accompagnato da flebili richiami). Prima della copula la coppia si allontana dal gruppo, la femmina comincia a camminare in circolo immediatamente seguita dal maschio il quale assume la postura di uncinamento (fig.2). Appena la femmina si ferma ha luogo la copula. Il maschio, bilanciandosi con le ali aperte, si appoggia con le zampe in mezzo all’attaccatura delle ali della femmina.


Dopo la copula entrambi i partners possono emettere insieme richiami con il collo allungato (Ogilvie, Ogilvie, 1986; Del Hoyo et al., 1992). Occhio, quindi, in questo periodo ad osservare cosa fanno gruppi in movimento di fenicottero rosa! Vediamo se qualcuno riesce a postare nel gruppo foto inerenti all’argomento di oggi. Nel prossimo numero parleremo della nidificazione, un periodo dell’anno al quale ci stiamo avvicinando.. Dott. Marco Scutellà Segretario letture italiane – Flamingo network http://www.infs-acquatici.it/#Progetto%20fenicottero Presidente ALV https://www.facebook.com/pages/Associazione-ALV-Vasche-di-Maccarese/260221667343189


In punta di piedi... incontro i miei Amici nelle loro dimore Montane - Sur la pointe des pieds... je rencontre mes Amis dans leurs demeures Montagneuses - On tiptoe... I meet my Friends in their Mountain abodes ♥

Alla scoperta della preziosa fauna del Parco Nazionale Gran Paradiso - Valle d’Aosta – Vallée d’Aoste - Italia Testo e foto di Troise Carmine – Washi, già Guardaparco del Parco Nazionale Gran Paradiso


In punta di piedi, perché è così che sono arrivato nell’incantevole Valle d’Aosta - Vallée d’Aoste. In punta di piedi, perché è così che ho calpestato per la prima volta il suolo del Parco Nazionale Gran Paradiso, una tra le più antiche aree protette d’Italia (il P.N.G.P. fu istituito il 3 dicembre 1922), come a varcare la soglia di un Santuario, con rispetto, ammirazione e devozione. In punta di piedi ho percorso sentieri, ho lambito creste affilate e raggiunto vette imponenti con panorami mozzafiato, dove abita il vento, con me ad ogni passo, che sibilando mi ha baciato il volto provato dalla salita, avvolgendomi tutto ed entrando fresco nei polmoni accaldati. In tutte le stagioni, migliaia sono i metri di dislivello che ho percorso sulle montagne della Valle d’Aosta Vallée d’Aoste e lungo i sentieri del Parco Nazionale Gran Paradiso, battuti o remoti e sconosciuti. La fatica è sempre ripagata, ora dalla commozione dinanzi a grandiosi paesaggi in cui l’occhio si perde nel contare, una dopo l’altra, le vette innevate, ora dall’inaspettato o cercato incontro con la preziosa fauna alpina: ed ogni volta, come la prima volta, una tenera emozione. In punta di piedi ho incontrato, nelle loro dimore montane, numerosi esemplari di camosci e stambecchi, presenti in larga misura nel territorio del Parco; ancora più emozionante osservare la nascita dei piccoli dopo le asprezze dell’inverno, ad esaltare il trionfo della Vita, la conservazione ed il suo rinnovamento. Ho osservato anche l’imponente volo del gipeto, la cui presenza nel Parco è ormai cospicua, e l’imperturbabile leggiadria dell’aquila, l’ingenua purezza del capriolo, l’elegante maestosità del cervo, l’elusiva presenza dell’ermellino, la faceta curiosità della marmotta, la seducente diffidenza della volpe, la furtiva discrezione dello scoiattolo. In punta di piedi ho potuto godere dei superbi colori delle albe e dei tramonti, che con il loro velo infuocato avvolgono le vette innevate, ammorbidendone le asperità e rivestendole, in quei magnifici momenti, del vestito più bello.


In punta di piedi ho potuto osservare i tiepidi raggi del sole dopo il temporale notturno, che, baciando con tenerezza la fronte delle antiche pietre, ne osannano l'immortalità e ne esaltano l’eterna bellezza. In punta di piedi ho svolto il lavoro di Guardaparco nelle Valli del Gran Paradiso ed in particolare nel “Cuore del Parco”, ovvero nella Valsavarenche, dapprima in bassa valle, appena sotto il Colle del Mont Blanc, meraviglioso spartiacque tra la Valsavarenche e la Valle di Rhêmes a quota 2.205 m. La vista dal vicino Mont Paillasse, alto 2.414 m, si estende sul Monte Bianco, la Plaine di Aosta e sulle montagne circostanti a 360°. Successivamente sono stato destinato in alta valle, nella zona denominata Aouiller, un “nido d’aquila” sul Piano del Nivolet, a 2.776 m, balcone sul Massiccio del Granpa. In quella vasta area ho percorso il magico Plan Borgno e l’affascinante e segreto Vallone delle Meyes: una zona ricca di Laghi, creste e creature alpine. Il mio compito era quello di preservare i meravigliosi templi della Natura, adoperandomi affinché nessuno rovinasse la sua flora e disturbasse i suoi abitanti “di piuma e di pelo” (Paul Gayet Tancrède alias Samivel, 1907 - 1992). In punta di piedi e nel più assoluto rispetto ho carpito migliaia di immagini con la mia fotocamera, portando a casa emozioni indelebili che desidero trasmettere a quanti non hanno la fortuna di frequentare la montagna, la Valle d’Aosta - Vallée d’Aoste ed il Parco Nazionale Gran Paradiso, dimora privilegiata per la fauna ivi esistente e luogo d’eccezione per godere di spettacoli della Natura, come gli affascinanti colori dell’autunno e il tappeto degli aghi di larice lungo i sentieri, il verde vivido dei boschi, il bianco abbacinante dei paesaggi innevati, l’aria fredda del mattino, i vapori esalati dal terreno bagnato ai primi raggi di sole, la chiara luna, il rincorrersi delle nuvole, il tambureggiare del picchio sui tronchi, udito in lontananza nel silenzio ovattato delle giornate di nebbia, la caduta morbida dei fiocchi di neve, il silenzio dei valloni nascosti interrotto soltanto dal magico suono dello scontro dei possenti trofei degli stambecchi, che nel periodo invernale combattono per


supremazia sul territorio e sulla femmina contesa, il cielo stellato, il fluire incessante e fragoroso delle cascate, l’affaccendarsi delle cince sui rami, il riflesso del Granpa nei laghi Trois Becs, la fioritura degli eriofori sulle sponde del Lago Leytaz, il colore che le loro acque assumono al crepuscolo, la preziosa fauna stagliata sulle creste a mostrare la scura silhouette, il volo risoluto della pernice, i galli forcelli e la loro affascinante parata d’amore, la corsa della lepre alpina, il cielo terso o cosparso di nubi minacciose, un temporale improvviso ed il sole che squarcia le nubi irradiando le goccioline di pioggia ancora sospese sorprendendo con i colori dell’arcobaleno. La trepida attesa del sopraggiungere della stagione autunnale per inoltrarmi nei boschi ormai colorati da tinte calde, dove ogni passo è accompagnato dal fruscio del manto spesso ed omogeneo di foglie avvizzite, e sorprendere all’alba i cervi in amore, udire incantato il loro autorevole e penetrante bramito ed osservare estasiato dalle loro bocche la nebbia sottile dell’alito che si condensa al freddo del mattino, i palchi che si sporgono indietro in tutta la loro solennità mentre nell’emissione del verso si reclina il capo. Tutto sembra fermarsi dinanzi a quel titanico grido di affermazione!


È in punta di piedi che ritorno ogni volta in montagna a raccogliere solo candide e pure emozioni, a seguire nuovi percorsi per cercare nuove prospettive, scorci sorprendenti, scenari che superano sempre l’immaginazione, a lasciarmi penetrare dall’aria pura e rigida delle vette o a lasciarmi sedurre dagli odori e dai colori del bosco, ad ascoltarne i suoni armoniosi e gli inni intonati dai suoi schivi abitanti, ad aprire il cuore davanti alle distese di colore verde intenso delle praterie d’alta quota fino al limitare dei ghiacciai, a lasciarmi avvolgere dalle fitte nebbie delle valli e sentirmi loro parte integrante, a commuovermi alla percezione dei lampi di luce emessi a sera dalle lucciole, alle goccioline di rugiada adagiate il mattino sui fili d’erba, allo splendore e alla perfezione di un fiore spontaneo, all’aspra ed impervia eppur così affascinante conformazione delle rocce che via via conducono lo sguardo fino alle vette quasi a toccare il cielo...



Il sentimento radicato per quei luoghi fatica a gelare. In punta di piedi, come ciascuno dovrebbe avanzare sulla nuda e nobile terra, la quale ci sostenta e ci governa, la quale ci offre spontaneamente spettacoli di indicibile bellezza e nella quale ciascuno può ritrovare solo serenità, benessere e gioia. Solo colui che saprà porsi di fronte ad essa con animo nobile e rispettoso potrà riuscire a cogliere la grandezza e le meraviglie della Natura. Preoccupiamoci di preservarla, il nostro futuro dipende da essa! Pour Amour de la Montagne Troise Carmine - Washi



IL PONTE CHE SI METTE AL COLLO: “LA BRIDGE” DI ANDREA SIMONCINI Benvenuti nella rubrica bridge! Questa rubrica sulle bridge, fotocamere incrocio tra reflex e compatte, contiene articoli e fotografie incentrati su questa tipologia di fotocamere. Spesso i fotografi possiedono una fotocamera di questa sezione che offre escursioni focali impressionanti, anche se con minore qualità rispetto alle reflex. Vorremmo infatti che questa rubrica potesse essere utile per fotografi naturalisti che usano questa fotocamera sporadicamente o continuamente.

© JESSICA ATZORRI

© FRANCESCO SPIGA

@ MARCO PICONE


RECENSIONE: La Fujifilm HS20 EXR Questa fotocamera bridge prodotta nel 2011 è caratterizzata dal possedere un sensore EXR-CMOS, capacità di scatto continuo ad alta velocità, migliorata interfaccia utente, versatili funzionalità video, risoluzione da 16 Megapixel e zoom 30x ( 24-720mm equivalenti al formato 35mm) con avanzata tecnologia anti-mosso. Utilizzo questa fotocamera da circa un anno e mezzo e avendo avuto la possibilità di utilizzare altre bridge, ho apprezzato i seguenti vantaggi e pregi e relativi immancabili difetti tipici di questa tipologia di apparecchi. La presenza dello zoom manuale è molto pratico, preciso, veloce e riduce notevolmente il consumo delle batterie. Non di meno è la possibilità di montare sulla lente paraluce e filtro, utilissimo quest’ultimo per proteggere la lente da eventuale impronte ( capita sempre ), schizzi e polvere. Il processore EXR è anche in grado di rilevare e ridurre l’alone violaceo, comune negli scatti di soggetti scuri su fondi illuminati, oltre a migliorare la risoluzione alle estremità dell’immagine per un dettaglio più uniforme. Ottima ergonomicità e disposizione dei pulsanti per le funzioni principali stile reflex utilizzabili con un minimo di pratica, senza distogliere l’occhio dal mirino. Riproduzioni dei colori fedeli a quelli naturali, senza aberrazioni di alcun sorta, nemmeno nei forti controluce. Predisposizione per flash esterno. Video full HD Pratico l’uso di batterie a stilo AA ricaricabili che consente di avere un set di ricambio a basso prezzo e di poter disporre sempre di pile reperibili ovunque per emergenza ( ho scattato fino a 500 foto con una ricarica ) Formato file RAW Infine possiede la modalità Motion Panorama, per semplici immagini di ottima qualità a 360°, compatibilità con il comando remoto, modalità di simulazione pellicola e la possibilità di impiegare schede SDXC ad alta capacità. Queste le caratteristiche salienti più vantaggiose. All’atto pratico ho potuto constatare i seguenti relativi svantaggi: Autofocus seppur relativamente veloce (0,16 sec) a volte impreciso o impossibile da utilizzare, soprattutto utilizzando diaframmi molto aperti e difficoltà nell’utilizzarlo per soggetti in movimento veloce ( vedi uccelli in volo ). Presenza di rumore già a 400 ISO anche se ho ottenuto risultati buoni anche a 800 ISO ( che penso sia il limite massimo da utilizzare ) Mirino elettronico di scarsa qualità Mancata possibilità di utilizzare la fotocamera a 16MP dato che i migliori risultati si ottengono dimezzando i MP.


Ho utilizzato questa fotocamera nelle condizioni più disparate, ma principalmente per foto naturalistiche “documentative” e con risultati soddisfacenti. La sue dimensioni, i comandi, lo zoom manuale con relativa ghiera la rendono molto simile ad una reflex e la sensazione è questa quando la si utilizza, anche grazie alla possibilità di poter utilizzare tutti i comandi in modo manuale e personalizzato. La considero una fedele e “discreta” compagna di escursioni a carattere ornitologico, abbinata sempre all’altrettanto fedele binocolo e cannocchiale.

@ MASSIMO NOTARANGELO

@ MASSIMO NOTARANGELO


PORTFOLIO: LA RONDINE MONTANA di Mauro Gerin

(PANASONIC LUMIX FZ 45)



RECENSIONE FUJIFILM HS50 EXR

“Ammiraglia tra le bridge Fujifilm, con sensore EXR-CMOS II da ½” e 16 MP con Phase Detection AF e EXR Processor II” Si chiama Fujifilm HS50 EXR e verrà introdotta nel mercato a marzo 2013, le sue principali caratteristiche sono zoom manuale stile reflex 42x 24-1000mm, un’apertura del diaframma da 2.8 a 24mm a 5.6 a 1000mm. Autofocus più veloce al mondo, assicura la scheda tecnica del futuro prodotto, da 0,5 sec. Velocità di accensione di 0,5 sec. Stabilizzatore di immagine e obiettivo formato da 17 elementi ottici. Novità incredibile per le bridge presente una slitta a contatto caldo per flash ausiliari e l’ingresso per il microfono esterno. La batteria dovrebbe poter effettuare circa 500 scatti con una sola ricarica. La fotocamera sarà in vendita al prezzo di 500 euro. Simoncini Andrea

puoi partecipare spedendo le tue foto scattate con le bridge a fotobridgeitalia@gmail.com.


Etica della Fotografia naturalistica Quando la conoscenza e la tutela vengono prima dello scatto La discussione sull’etica della fotografia naturalistica sta vivendo un momento molto importante e ricco di spunti. Per questo ringrazio Riccardo Trevisani e gli amici di Birdwatching & Wildlife per la possibilita’ di scrivere questo articolo che vuole essere uno spunto di riflessione e spero di condivisione, affrontando diverse tematiche inerenti la nostra passione. Chi vi scrive ha la fortuna di frequentare diverse associazioni, tutte legate a filo doppio con la Natura, con la sua conoscenza e quindi il suo rispetto e tutela. Parlo di associazioni come il Cai di Roma (alpinismo e guida escursionismo giovanile) Wwf (corsi educazione ambientale e cogestione Oasi Vasche di MaccareseRoma ) e la Lipu di Ostia di cui sono un volontario attivista, birdwatcher ed educatore ambientale. Avrete gia’ capito quale e’ il mio approccio quando faccio fotografie o quando le osservo in mostre e riviste. Il fotografo naturalista e’ tra i primi e piu’ importanti comunicatori della Natura , dal suo scatto lo spettatore ne trae diversi messaggi, diversi spunti. Dimentichiamo spesso che siamo solo ospiti di questo meraviglioso palcoscenico che e’ la Natura. La maggior parte dei reportage propongono scatti in cui l’animale non viene fatto conoscere, ma e’ strumentale alla foto, al documentario, facilmente vendibile agli spettatori.

© RICCARDO TREVISANI


E’ così i leoni restano nel nostro immaginario solo dei micidiali killer, senza parlare dell’etologia dei loro branchi e dei forti legami della colonia. Oppure lo squalo bianco e’ il solito sbranatore di foche ed otarie, e non viene mai Valorizzata la sua importanza come indicatore ambientale visto che e’ una delle specie piu’ antiche del nostro pianeta. O come il falco pellegrino, che e’ conosciuto dai piu’ come il rapace piu’ veloce del Mondo, ma nessuno conosce i gli intensi legami di coppia e gli spettacolari giochi aereei preludio del corteggiamento e delle copule. Questi esempi possiamo categorizzarli nei danni “passivi” della fotografia naturalistica, danni di comunicazione, dove noi fotografi con la nostra preparazione dovremmo invece trasmettere,far nascere nei visitatori delle nostre mostre, nuovi messaggi, nuovi argomenti volti prima di tutto alla conoscenza, conservazione e valorizzazione della Natura. Se non conosciamo quello che stiamo fotografando, come interpretera’ la foto lo spettatore? Cosa vedra’ nello scatto? Questa e’ una buona domanda da porsi mentre facciamo foto e quando scegliamo quella da pubblicare. Si tratta di un miglioramento culturale che richiede tempo, conoscenza e passione ma che crea una sorte di educazione ambientale indiretta negli spettatori che, oltre ad aver visto delle foto, tornano a casa arricchiti di nuove conoscenze ed informazioni sull’argomento. E’ quindi fondamentale accrescere la nostra conoscenza, dobbiamo essere curiosi e capire quello che succede davanti a noi e che renderemo immortale con uno scatto.

© RICCARDO TREVISANI

Vorrei farvi altri esempi che possiamo chiamare danni “attivi” della fotografia naturalistica, che inconsapevolmente possiamo arrecare agli animali stessi, come le foto ai nidi ed ai rapaci notturni.


© RICCARDO TREVISANI

Foto che possono essere giudicate belle, anche tenere e dolci nel caso dei nidi oppure misteriose e magiche nel caso dei rapaci notturni. Molte specie effettuano centinaia, migliaia di chilometri per arrivare dall’Africa nella nostra penisola, per nidificare o per riposarsi e continuare il loro lungo cammino verso il nord, il meraviglioso mondo del Popolo Migratore. Esemplari che possono pesare poche decine di grammi, che hanno volato su mari e montagne per decine di giorni e che noi immortaliamo con una bella flashata,…la loro tutela e’ meno importante del portare a casa uno scatto? Oppure le centinaia di foto ai nidi che vediamo sul web, anche queste in maggior parte con il flash, scatti effettuati senza la minima etica, senza farsi domande sul disturbo creato e sulle potenzialita’ di abbandono del nido da parte degli adulti. Esiste una Direttiva Europea detta “Direttiva Uccelli” in cui sono elencate le specie maggiormente da proteggere Date un’occhiata al link e scoprirete come specie che riteniamo comuni da fotografare siano in realta’ in grave pericolo e quindi bisognose delle nostre attenzioni http://www.uccellidaproteggere.it/Le-specie/Gli-uccelli-in-Italia/Le-specie-protette Come dicevo all’inizio dell’articolo, la discussione sull’etica della fotografia naturalistica sta vivendo un momento molto importante. In molti forum di internet, concorsi e riviste specializzate le foto ai nidi non vengono accettate e vengono valutati singolarmente gli scatti per valutarne l’eventuale disturbo alla fauna.


Il messaggio che molte scuole di fotografia riportano nei loro statuti si puo’ sintetizzare in “Prima la conoscenza, poi lo scatto, fino a rinunciarne se valutiamo dannosa la nostra presenza“ Per me e’ immensamente piu’ gratificante ed emozionante osservare con il binocolo od il cannocchiale le prime uscite dal nido dei pulli delle civette. Oppure il ritorno della cinciallegra al nido ed i pulli che aspettano festosi il suo rientro. Osservando si impara molto di piu rispetto ad avere tanti mb di file raw nella scheda di memoria. Ho avuto la fortuna in questi anni di incontrare molti persone che hanno accresciuto e stimolato questa mia attenzione su un tema cosi’ importante e di avere al fianco la mia compagna Marcella, con cui condivido i valori che ho espresso nell’articolo. Fare fotografia e solo un di piu’ rispetto ad una bella giornata di birdwatching con gli amici. A chi si avvicina alla fotografia naturalistica suggerisco di frequentare le Oasi, le Riserve Naturali con il loro personale ed i volontari, fonti inesauribili di passione e conoscenza. Noterete con il passare del tempo che cambiera’ il vostro modo di intendere la fotografia naturalistica ed i vostri scatti saranno molto diversi dai precedenti,saranno, in un certo senso, piu’ consapevoli. Un testo che mi sento di suggerirvi e che affronta il tema dell’etologia degli uccelli e’ “Il Comportamento degli Uccelli d’Europa” di Gariboldi ed Ambrogio- ed.Perdisa Ricchissimo di informazioni e di splendidi disegni, solo questi valgono il prezzo del libro, in questo link una piccola presentazione del libro e dei bellissimi disegni http://www.naturebiodiversity.com/libri%20e%20riviste.html Finisco l’articolo con una frase che racchiude molto di quello che ho scritto e che e’ per me forte e vera ispirazione. E’ di Stephen Jay Gould un biologo americano ,scienziato e famoso educatore ambientale e dice : " Non vinceremo mai la battaglia del salvare specie ed ecosistemi senza creare un legame emotivo tra noi e la Natura. Perchè nessun uomo salverà mai ciò che non ama " Lorenzo Nottari – roma email lorenzonottari@hotmail.it Sito web http://tinyurl.com/LorenzoNottari Facebook https://www.facebook.com/lorenzo.nottari Associazione ALV Vasche di Maccarese http://tinyurl.com/ALV-VaschediMaccarese


I FALCHI DEL SINAI

Una giornata di workshop con Guido Bissattini Di GIUSY BAFFI Oggi giornata di workshop con Guido Bissattini, campione mondiale di fotografia naturalistica. Destinazione: riserva naturale di Nabq, un’area protetta di 600 km. quadrati nel deserto del Sinai. Man mano che viaggiamo scompaiono i grandi alberghi e le nuove zone residenziali - assurdamente costruite lungo la costa senza soluzione di continuità - ed entriamo nella tipica atmosfera del posto: la natura si riconquista i suoi colori, la sabbia e la terra si riprendono il giallo/ rossiccio, il massiccio del Sinai i suoi colori rosati, il cielo blu ha un sole ancora accecante. Superiamo piccolissimi villaggi costituiti da baracche: sono le dimore "stanziali" dei beduini, popolo nomade per eccellenza, non più arabo, non ancora egiziano. Gente di origine araba che ai tempi della delineazione dei confini si è ritrovata in territorio egiziano. Popolo nomade per eccellenza che, per vedere riconosciuti i propri diritti, deve diventare "stanziale" mandando i bambini alla scuola statale. Anni fa li vedevo percorrere il deserto del Sinai con famiglie e cammelli al seguito, più cammelli possedevano più ricchi erano; adesso sono lì, passivamente addossati ai muri di cartone o di tessuto delle loro baracche, ormai privi della loro identità etnica. Proseguiamo ancora, superiamo diversi posti di blocco con le solite formalità, i permessi, i passaporti.



E finalmente arriviamo. Una vasta laguna verdeggiante di mangrovie si estende ai nostri occhi, in lontananza s’intravede la costa rosata dell'Arabia Saudita; a delimitare il sottile confine tra la laguna e il Mar Rosso si staglia lo scheletro arrugginito di una nave incagliata sulla barriera corallina. Scendiamo dalla macchina: le nostre reflex sono pronte a scattare, Guido si toglie le scarpe e si inoltra nella laguna, io lo seguo, l'acqua è piacevolmente tiepida, cerchiamo tra le mangrovie qualche soggetto da fotografare: nulla, restiamo in attesa dei falchi pescatori. La luce del giorno inizia ad abbassarsi, un beduino ci offre del delizioso tè. L'assioma con il film "Il tè nel deserto" diventa inevitabile. Mentre sorseggiamo il tè ci raccontano che fino a non molti anni fa quel posto era il punto di riposo delle cicogne durante il periodo delle migrazioni, adesso non passano più, pare che una volta ci fosse una riserva di acqua dolce che ora, a causa dell'incuria umana, si è prosciugata.

Le ombre iniziano ad allungarsi, è giunto il momento di spostarsi in un'altra zona del deserto dove sono stati messi dei posatoi nella speranza di essere più fortunati.

Finalmente li vediamo..... tre giovani falchi pescatori appollaiati sui posatoi. Intorno a noi il silenzio è rotto dalle grida d'allarme che i falchi emettono alla nostra vista. Fortunatamente non s'involano..... con passi lenti e regolari ci dividiamo e ci avviciniamo sempre di più ai posatoi, mi rendo conto con orrore che qualche posatoio è stato trasformato in nido, un nido fatto per lo più con strisce di plastica multicolore, nera, blu, strisce strappate da sacchi della spazzatura, bottiglie vuote di plastica... insomma ogni nido assomiglia più a una discarica a cielo aperto che a un nido per la cova e la schiusa delle uova. I giovani falchi, pur restando guardinghi e diffidenti, si lasciano avvicinare sufficientemente per il mio limitatissimo obiettivo 18/200. Immersi nel più totale silenzio restiamo in attesa dell'arrivo dei falchi adulti, attesa purtroppo vanificata dall'orario. In lontananza due pescatori di granchi camminano lentamente lungo la barriera corallina.


Siamo al tramonto, dobbiamo assolutamente ripartire. Mentre la macchina procede un po' zigzagando lungo piste invisibili ognuno di noi è impegnato a guardare le foto scattate; è superfluo aggiungere che le foto di Bissattini sono tutte di una bellezza impagabile. Il sole sta calando dietro le cime del Sinai, il cielo si è tinto di rosso, abbiamo giusto il tempo di scendere al volo per un'ultima foto prima che il buio ci avvolga completamente.


© PAOLO CUSUFAI


@ MASSIMO BRAMBILLA



© SALVATORE LA GIGLIA



© SANDRO OLMEO







© MARCO CORAGLIA



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