Dossier - Il carcere di Rimini: racconti da dietro le sbarre
Dossier Il carcere di Rimini: racconti da dietro le sbarre
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imini è una città dai molti volti, un’ambivalenza, e un’ambiguità che si rispecchia nella vita quotidiana e dei cittadini - la più percepibile è la differenza tra la stagione estiva, quella del turismo, e il periodo invernale - ma anche nei “Casetti”, come viene chiamata la Casa circondariale della città. All’inizio dell’anno che sta per concludersi, l’8 gennaio 2013, la Corte Europea dei Diritti Umani ha imposto, entro un anno, l’assunzione di un piano per le autorità italiana per le riforme in ambito penale e penitenziario nel nome della protezione della dignità umana. L’anno è quasi concluso. Ai molti allarmi, come quello del Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano, sull’onore del paese messo a rischio, non sono seguiti i fatti. E in effetti, di fronte al collasso del sistema penitenziario, più che l’onore del paese, viene in mente la dignità calpestata di decine di migliaia di persone.
follamento carcerario più alto dell’Unione In questo momento vi sono 22 mila de- Europea. Il sistema è oltre il limite del coltenuti in più rispetto ai posti letto regola- lasso, con decine di detenuti stipati in celmentari. In Italia si registra il tasso di af- le di pochi metri quadri, costretti, a volte,
a stare in piedi a turno per mancanza di spazi. Nessuna attività di laboratorio. Ad oggi la pena è tutto tranne che rieducativa.
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All’interno di questo panorama desolante, come si pone il carcere di Rimini? Ci aiuta a fare il punto Elia de Carodell’Associazione Antigone “per i diritti e le garanzie nel sistema penale” che mantiene un Osservatorio sulle condizioni di detenzione nelle carceri italiane con controlli periodici alle singole case circondariali. La casa circondariale di Rimini “Casetti”, è stata costruita negli anni ‘70 nelle prime colline di Rimini, in via Santa Cristina. Dispone di 177 posti e di due reparti a custodia attenuata. Il primo An-
sponde Elia de Caro - è un istituto particolare che vive profonde differenze tra il periodo invernale e quello estivo. Le condizioni in inverno sono buone e migliori degli altri istituti della Regione. L’estate, invece, la struttura soffre di gravi problemi di sovraffollamento, alta percentuale di tossicodipendenti e altissimo tasso di turnover. Il numero dei detenuti aumenta vertiginosamente a partire dall’inizio della stagione estiva, soprattutto per reati di spaccio e prostituzione. Alcuni hanno anche problemi di abiti e vestiario, perché vengono arrestati d’estate e non hanno una completa vestizione. Nelle stesse celle di 12-18 metri quadrati, ad esempio, in inverno possono esserci fino a 7 persone, numero alto ma ancora sostenibile, ma in estate possono superare le 10 con grandi problemi di convivenza e gestione”.
dromeda, si trova in una struttura distaccata dal corpo principale. Ed è composto da 3 stanze per 4 persone con cucina e spazio comune. Il reparto Cassiopea, invece, fa parte della struttura principale ed è composto da 3 celle per 3 detenuti ciascuna. Nella struttura principale ci sono alcune celle larghe - rispetto agli standard na- Il problema dell’aumento cronico di zionali - di 12-15 metri quadrati, alcune carcerati per metà dell’anno ha anche anche 18. altre ricadute. “In questi ultimi anni - continua Elia de In generale qual è il giudizio sul carcere Caro - a causa della diminuzione dei fondi riminese? si è riscontrata una continua diminuzione “La casa circondariale di Rimini - ci ri- delle attività laboratoriali. Inoltre le attività
Dossier - Il carcere di Rimini: racconti da dietro le sbarre tossicodipendenza e alla prostituzione. Il 50% dei detenuti è di origine straniera. Il problema del sovraffollamento, come già detto, si presenta soprattutto nei mesi estivi, mentre la situazione torna stabile in quelli invernali. Tra il 2012 e il 2013, la garante regionale dei detenuti Desi Bruno ha effettuato tre ispezioni nel carcere riminese (due a febbraio e agosto del 2012 La maggior parte dei detenuti è e una nel febbraio 2013) e ha riscontrato in carcere per reati connessi alla notevoli criticità. Nel febbraio 2012 erano sono rivolte ai condannati in via definitiva, quindi molti detenuti, soprattutto in estate, non fanno attività. Un altro elemento tipico del carcere riminese, infatti, è la bassa presenza di definitivi rispetto ai giudicati. A fine del 2010 - ultimo dato censito - su quasi 250 detenuti, solo 60 erano definitivi e 180 no, ed è probabile che ad oggi le proporzioni non siano cambiate”.
I servizi offerti
indigenti, i sindacati per le pratiche di disoccupazione, Il carcere di Rimini è dotato lo sportello del comune che di due classi di alfabetizzasi occupa di informazione zione per stranieri, scuole elementari e medie. Presenti giuridica. due psicologi, cinque educatori e due mediatori cultu- Gli organici rali. Quattro o cinque medici scarsi Se i detenuti sono in sovrangenerici coprono le necessità dei detenuti tra le 8 e le numero, il personale deve affrontare il problema inver22. Assicurata l’assistenza dentistica. Presenti ai Caset- so. La pianta organica del carcere di Rimini prevede la ti la Caritas che si occupa presenza di 145 agenti mendell’abbigliamento per gli
presenti 204 detenuti (a fine anno i dati del ministero ne sancivano invece 174) Il 70% erano stranieri, il 60/65% tossicodipendente. I condannati in via definitiva erano meno della metà (88) e mediamente di lieve entità le pene. Nella sua relazione però il Garante evidenzia come il sovraffollamento non consenta di adibire un reparto ai soli condannati in via definitiva così i detenuti risultano posizionati nelle celle senza alcuna considerazione della posizione giuridica. Ma c’è di peggio: nel-
tre quelli presenti effettivamente sono 102/103.
Le rimostranze dei detenuti
La Garante ha avuto anche contatti con i detenuti che hanno chiesto di poter lavorare (27 sono quelli alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria); in particolare gli stranieri hanno lamentato la mancanza di risorse che impedisce di chia-
mare casa ed hanno chiesto di incontrare il magistrato di sorveglianza.
Casa Madre del Perdono
Positivo il giudizio della Garante sulla Casa Madre del Perdono della Papa Giovanni che accoglie detenuti comuni non tossicodipendenti e propone un progetto educativo per una ventina di persone.
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la visita del febbraio 2012, la prima sezione presentava sei detenuti in celle di 15/16 metri quadri con letti a castello a tre posti. In estate si può anche arrivare, si legge nella relazione, a 10 persone con i materassi stesi a terra. Il 50% degli arresti avviene infatti tra luglio e agosto e le presenze ai Casetti superano le 300 unità. “Il reparto risulta da ristrutturare completamente con serie infiltrazioni d’acqua in occasione di eventi metereologici, con i bagni in pessime condizioni”. Proprio la prima sezione è stata oggetto di un intervento da parte dell’Ausl ma, nonostante questo, nella visita del febbraio di quest’anno la garante evidenzia come “sebbene sia stato dimezzato il numero delle persone presenti (38), permane una situazione caratterizzata da gravi condizioni igienico sanitarie, che ne consiglierebbero caldamente la totale chiusura, e di sovraffollamento delle celle.” Nella relazione si parla poi della sezione Andromeda con 16 posti in custodia attenuata per tossicodipendenti in vista dell’inserimento in comunità (“una esperienza di particolare nota da estendere ad altre realtà”) e della sezione invece
chiusa in vista di ristrutturazione (sareb- Il problema dei fondi è sicuramente il primo e principale, ed è l’elemento che bero 600mila gli euro stanziati). costringe e guida la maggior parte delle Nel carcere è presente un repar- scelte del carcere, dato che, volenti o noto per omo e transessuali, ma non lenti, in condizioni del genere viene privilegiata la spesa legata alla sicurezza e al c’è lavoro extramurario. mantenimento amministrativo. “La mancanza di lavoro extramurario è un Sulla scia di questa penuria sono dimigap, una mancanza, ed è collegata alla nuiti anche i corsi scolastici, ma è ancora scarsità dei fondi - continua de Caro - ma attiva la collaborazione con l’Enaip per i funziona molto bene la custodia attenua- corsi professionali di ceramica, giornalita nelle due strutture Andromeda e Cas- smo e altri, e col Liceo, il laboratorio di siopea. Questa è il vero fiore all’occhiello falegnameria e, nonostante una forte della struttura. L’iter prevede il passaggio contrazione di tutti i corsi, è ancora attiva dal sistema ordinario a Cassiopea - il re- la collaborazione con l’università di San parto interno, legato al corpo principale Marino. del carcere - e da qui ad Andromeda, che “Quest’anno - conclude Elia de Caro invece si trova in un edificio separato. L’unica critica che noi come associazio- torneremo a visitare il carcere di Rimini. ne abbiamo sollevato è che per realiz- Nel frattempo riteniamo che non sia più zarli sono stati utilizzati i fondi sulla legge rimandabile la riforma del sistema e gli sugli stupefacenti - da utilizzare in teoria interventi chiesti a gran voce dalla Corin attività preventive - e non del diparti- te di Giustizia Internazionale secondo cui mento amministrativo penitenziale, ma uno spazio inferiore ai 3 metri quadri per nonostante questo è stato fatto un ottimo persona è inumano ed è contrario al prinlavoro. Da sottolineare la tenacia della di- cipio di riabilitazione. È una ferita che il nostro paese può e rettrice nel mantenere questo reparto”. deve risanare al più presto”.
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Riprendere contatto col mondo
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ll’interno del carcere si svolge un’attività frenetica: laboratori, lavori, sportelli di volontariato cercano di tenere intatto il filo che lega i detenuti al resto della società, per farli sentire ancora parte del mondo, e al contempo forniscono aiuto, competenze, e nuove professionalità. Per la maggior parte delle persone il carcere è una scatola nera. Un luogo, anzi un non-luogo di cui non si conosce nulla. Si sa, in linea di massima, perché è lì e a cosa serve, ma le modalità, e la vita quotidiana delle celle sfugge ai pensieri di tutti. Anche quando la casa circondariale, come nel caso di Rimini, è a ridosso della città, poco se ne sa e se ne vuole sapere, come se non fosse più affare dei cittadini. Una volta che i detenuti sono rinchiusi, è un problema dello stato. Questa cesura è forse l’immagine più forte e profonda del carcere. Il taglio col mondo di prima, quello fuori le sbarre, è drammatico. Chi vive in carcere perde, da
un momento all’altro, il contatto col proprio mondo - magari, come migrante, già precario - coi figli, i parenti, e anche, da un punto di vista burocratico, con tutte le pratiche che spesso si seguono per poter ottenere uno status maggiormente tutelato. Con l’intento di seguire e aiutare i detenuti stranieri nel 2006 nasce lo sportello carcere - Centro d’Ascolto nella casa circondariale di Rimini, gestito dall’associazione di volontariato Madonna della Carità. “E’ partito con l’obiettivo di fornire supporto, aiuto e sostegno per quanto riguarda il diritto all’immigrazione, il permesso di soggiorno, e per mantenere i rapporti con la famiglia e il consolato del carcerato - racconta una delle operatrici dello sportello - quindi un servizio rivolto principalmente agli immigrati, che sono soggetti deboli privi di rete parentale e con una scarsa conoscenza della lingua. Poi, col tempo, il centro si è aperto a tutta la popolazione carceraria”. Lo sportello “apre” in carcere ogni martedì
Dossier - Il carcere di Rimini: racconti da dietro le sbarre mattina, con cadenza settimanale. I detenuti possono accedere attraverso una domandina, grazie ai manifesti presenti in bacheca, oppure, se c’è un’urgenza, con una chiamata. “Cerchiamo soprattutto di dare sostegno continua l’operatrice - di ascoltare le persone e di accompagnarle in un percorso di reinserimento. C’è chi ha perso il permesso di soggiorno e vorrebbe riottenerlo, chi non ha più contatti con la propria famiglia e chi ha bisogno di riprendere le fila di quanto interrotto. “Dopo un po’ di tempo ci si conosce. Si seguono i casi nella speranza di poter fare qualcosa, ma non è facile. Le trafile burocratiche sono infinite, e più di una volta accade che quando abbiamo finito di raccogliere tutte le informazioni il detenuto è stato trasferito o se n’è andato. In questo caso, però, cerchiamo di rintracciarlo e fargli avere ciò che gli serve, grazie anche ai buoni rapporti che abbiamo instaurato con tutto il personale del carcere”. L’incontro e il confronto con la persona detenuta è un momento di aiuto fondamentale per accompagnare queste persone sole nel percorso di detenzione e
Obiettivi del progetto • Facilitare la vita del detenuto attraverso il colloquio, la consulenza legale, la consulenza linguistico-culturale, il disbrigo di pratiche amministrative, la realizzazione di attività di socializzazione e laboratoriali. • Messa in rete delle risorse utilizzando e ponendo in rete le risorse verso il cammino di reinserimento sociale. Il lavoro dello sportello, anno dopo anno, con l’appoggio e la collaborazione di tutte le figure che, a vario titolo, operano all’interno dell’Istituto di pena, si è rafforzato e si è fatto portavoce di un qualcosa che non deve passare inosservato: la responsabilità del trattamento e della risocializzazione non può essere affidata esclusivamente al personale dell’Amministrazione, ma deve estendersi e coinvolgere altre realtà sociali.
che il territorio offre sul piano dell’inclusione/reinclusione, aumentando le possibilità di reinserimento nel tessuto sociale di riferimento dei detenuti. • Collaborare con le diverse figure professionali all’interno dell’Istituto di pena, ed eventuale coinvolgimento di persone esterne di riferimento rispetto alle comunità di appartenenza.
con il permesso del magistrato. “Oltre allo sportello, la nostra associazione gestisce anche alcune attività ricreative - laboratoriali tra cui lo spazio Emeroteca (un luogo, all’interno della biblioteca d’istituto fornito di giornali e testi in lingua, adibita agli stranieri), un corso di informatica di base, aperto a 16 persone, e uno di giornalismo”.
È interessante quest’ultimo corso perché nasce dal desiderio di molti detenuti di Lo sportello rientra tra le attività confrontarsi con l’attualità, con quello che a sostegno dell’area educativa. succede nel mondo. Gli operatori e i volontari entrano “Una volta a settimana ci incontriamo nel-
Dossier - Il carcere di Rimini: racconti da dietro le sbarre la biblioteca del carcere e cominciamo il corso con una rassegna stampa - ci racconta una delle tre operatrici del corso di giornalismo - ognuno dei partecipanti, al momento sono 12, cerca la notizia più importante e gli argomenti di maggiore interesse su cui ragionare nel resto della settimana. Poi si leggono le notizie scritte dai detenuti la settimana precedente”. Gli articoli, quasi tutti in italiano, sono redatti in generi diversi. La maggior parte è prosa, ma non manca la poesia, la lettera e anche il sondaggio agli altri compagni di cella e del carcere. In modo speculare, i temi trattano tanto di ciò che accade fuori dalle sbarre e su cui i detenuti vogliono intervenire, quanto della vita all’interno del carcere, dei bisogni, delle necessità, di ciò che accade”. “Per molti di loro - continua l’operatrice - è importante sapere che c’è qualcuno che li ascolta e che legge i loro pensieri. Per questo abbiamo deciso di raccogliere gli articoli e fare una piccola pubblicazione mensile”. È un lavoro che si definirebbe amatoriale, eppure è uno scorcio vivo e importante di una realtà che non è separata dalla città e dal mondo che la circonda.
se ne svolgono altri, non meno interessanti: è presente la scuola media Bertola e diversi corsi di alfabetizzazione. Poi ci sono, o ci sono stati, i corsi di fotografia, di pittura, di ceramica, il cineforum, oltre al lavoro di gestione della biblioteca. “I corsi sono aperti a tutti e liberi - continua l’operatrice - e le iscrizioni seguono l’ordine delle domande. Non è facile però interessare i detenuti. Non è sufficiente dar loro uno svago. Per molti è importante fare qualcosa di utile. Per questo i corsi con più richieste sono quelli legati alla scuola e alla scrittura”.
È un modo per avere delle antenne e delle mappe all’interno del carcere. “Alcuni scritti sono stati inviati anche a rinomati premi letterari come il Carlo Castelli per la solidarietà e prossimamente si parteciperà ad uno dedicato alle più belle lettere d’amore dal carcere”. All’interno delle mura dei Casetti per fortuna c’è molto fermento. Oltre a questi corsi
Nel tentativo di tenere aperti i canali con il mondo esterno, soprattutto il delicato rapporto con i figli, l’Associazione Madonna della Carità, insieme alla Ausl, al Centro Famiglie e l’area educativo-pedagogica d’istituto ha affrontato il tema della genitorialità. Sono stati organizzati, all’interno del progetto “Padri al di là delle sbarre” il babbo natale in carcere, e anche la festa del papà, momento partecipato dai detenuti, in cui si sono svolti laboratori, momenti di riflessione, di dialogo, di festa, e di svago.
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L’infermeria e la sanità dietro le sbarre
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n aspetto non secondario della vita nel carcere è quello sanitario. L’infermeria è uno dei punti nevralgici della quotidianità carceraria. Nella casa circondariale di Rimini sono presenti una media di 200 detenuti - il turnover è molto rapido e la maggior parte delle persone rimane per meno di un anno, con un continuo cambiamento. Ogni giorno passano in infermeria tra le 40 e le 50 persone. Questo significa che, considerando chi si presenta tutti i giorni, in media almeno una volta ogni settimana o dieci giorni, tutti i detenuti vengono visitati per qualcosa. Di questi circa la metà - una ventina - va dal medico di base. Oltre ai medici di assistenza primaria (in totale 5, che si dividono i turni per essere presenti 365 giorni all’anno), nell’infermeria del carcere di Rimini ci sono 5 infermieri, un agente di riferimento, il direttore sanitario e alcuni specialisti. In particolare, quelli che si presentano con regolarità sono: il dentista, due psichiatri (uno del sert e uno del servizio psichiatrico) un der-
matologo (per problemi di scabbia e al- è un modo per relazionarsi con qualcuno tre malattie della pelle) e un infettivologo che non sia i propri compagni di cella, op(principalmente hiv ed epatite). pure per richiedere dei farmaci per lenire il dolore della carcerazione”. L’infermeria è un piccolo mon- La distribuzione dei farmaci viene decisa do all’interno del carcere, con le dai medici dell’infermeria e dal direttore proprie dinamiche e i suoi riti. “C’è sanitario, ne consegue che la modalità chi si presenta tutti i giorni - ci racconta tende a cambiare quando cambiano i reun dipendente - per le cause più varie. ferenti. Spesso, al di là del problema, l’infermeria
Dossier - Il carcere di Rimini: racconti da dietro le sbarre “Ci sono stati periodi in cui i farmaci per gestire gli stati emotivi si davano con una certa facilità - prosegue il dipendente - Il passaparola tra i detenuti è stato immediato, e venivano in tanti. Quando invece, come ora, le possibilità si sono ridotte, anche le richieste sono diminuite. “Oltre all’uso personale per cercare di sopportare la carcerazione, lo psicofarmaco viene utilizzato come merce di scambio. E’ una valuta pregiata spesso scambiata con le sigarette”. Come accade che un farmaco possa essere riutilizzato? “Se i detenuti riescono a non deglutirlo, allora poi possono ‘riprenderlo’ e rivenderlo. Per evitare che ciò accada, si cerca sempre di far prendere i farmaci ai detenuti direttamente in infermeria, e, quando possibile, in gocce”. Ma alcune volte l’astuzia dei detenuti riesce nell’intento. E a quel punto il carcerato è in possesso di un bene. Periodicamente le guardie fanno delle spedizioni nelle celle per controllare. E’ una lotta continua. “La vera lotta - ci dice ancora il dipendente - è per il medico tra l’ascoltare e venire
incontro alle esigenze del detenuto, per cercare di capire, in definitiva, quando dietro la richiesta per un farmaco o per una visita all’esterno c’è un vero disagio, un problema, una malattia, oppure se è solo un tentativo di ottenere qualcosa”. È un gioco da equilibristi. Ci sono notevoli responsabilità per i medici, in bilico tra il rischio di ignorare un problema di salute e quello di scivolare in un gioco in cui il detenuto ottiene un piccolo potere all’interno del carcere. E la linea è sottilissima, perché il malessere della carcerazione spesso può essere lenito in tanti modi, compreso quello di uscire per una visita. Si lavora, insomma, in condizioni di estrema difficoltà, scontrandosi con un modo di fare che tende a manipolare. Con questa mentalità i detenuti sono disposti a manipolare in primis anche la propria salute se questo serve ad ottenere qualcosa, e questo accade in maniera endemica. Dicono o fanno cose anche gravi, come tagliarsi o ingerire le pile/batterie in modo da ottenere altro.
“Dormo male, ho sonno, sono imbambolato, sto male - ci racconta un medico sono le richieste più comuni di chi viene in infermeria, solitamente con la speranza di uscire per una visita o un esame o uscire dal carcere per problemi sanitari. Ma nella quasi totalità di questi casi è questa una chimera: i detenuti vengono autorizzati ad uscire solo per le cose più gravi”. Eppure molti ci provano lo stesso, anche per rompere la monotona routine della giornata, per uscire solo per alcuni minuti da una cella sovraffollata, o per parlare con il medico. Alcuni vanno in infermeria tutti i giorni per prendere il metadone. Sono meno di una decina, su un totale di 80 ex-tossicodipendenti. Di norma il metadone viene dato solo a chi già lo prendeva fuori, non è una prassi che comincia all’interno del carcere. Poi ci sono quelli che devono fare l’insulina. E ancora quelli che vengono per traumi vari, o dovuti alle partite di calcio, oppure per cadute nella doccia. “La caduta nella doccia o il trauma dovuto alla partita di calcio - racconta un medico - è la scusa solitamente usata quando i detenuti fanno a botte. Sia quando
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le risse sono tra di loro, sia quando intervengono le guardie”. Secondo le testimonianze nel carcere di Rimini non ci sono ordinariamente spedizioni punitive, ma è mai una pratica che non si può completamente escludere dal carcere. Poi ci sono le situazioni estreme, dai transgender che chiedono ormoni, a chi per protesta arriva in infermerie a e comincia a tagliarsi. “Ricordo - dice un dipendente dell’infermeria - una delle prime volte in cui è entrato un detenuto, un uomo di cultura araba, che ha cominciato a tagliarsi. Non so se fosse per ripicca, o vendetta, ma in poco tempo s’era creato un lago di sangue. Sono quasi sempre arabi che fanno dimostrazioni di forza. Come quando, per un altra protesta, alcuni detenuti si cucirono la bocca con ago e filo”. In generale, al momento, la situazione del carcere è buona - per quanto può essere buona una situazione in carcere - ma col continuo turnover, sono sufficienti tre o quattro persone con problemi psicopatologici gravi per creare un clima pesante.
STRUTTURA Anno di costruzione e anno di consegna: anni settanta Vi sono costruzioni successive fatte nel 1994-1995. Nei nuovi stabili trovano attualmente dislocazione la Direzione, la Caserma della Polizia Penitenziaria dotata di spaccio aziendale e mensa. E’ stata di recente (tra il 2009 e il 2010) costruita una nuova sala per gli incontri con gli avvocati, molto luminosa e spaziosa. Il reparto Cassiopea è stato appena ristrutturato ed è un nuovo reparto a custodia attenuata. Lo stesso consta di celle dai 12 ai 15 mq comprensive del vano bagno che comprende anche la doccia. La doccia è confortevole in quanto è stato ricavato un mini vano all’interno del bagno. Vi è una sala per la socialità amplia e spaziosa. Nelle celle vi sono fino a 5 detenuti. fonti dati garante: (dati e dichiarazioni di Desi Bruno sono tratte
Condizioni generali esterne e interne: buone, ma poco luminosi e molto affollati. Un’ala degli edifici è invece del tutto chiusa ed è in attesa di intervento per la ristrutturazione che renderebbe disponibili altre 8-10 celle, risolvendo buona parte dei problemi del sovraffollamento. Reparti e/o Sezione omo-transessuali e sezioni a custodia attenuata “Progetto Andromeda” e reparto “Cassiopea”. La sezione IV di detenuti comuni è sempre molto sovraffollata. Qui alcune celle sono anche di 17 mq ma vi sono di media 6 detenuti (in estate anche il doppio). Spazi comuni interni: Passeggi, Laboratori Spazi comuni esterni: giardini esterni. nella relazione annuale 2012 delle attività svolte dal Garante regionale delle persone private e delle libertà personali) dati antigone: www.associazioneantigone.it
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La voce ai detenuti
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roprio nel 2013 sono nati due giornali all’interno del carcere, entrambi con l’intento di raccontare la quotidianità carceraria, ma soprattutto di lasciare libera voce e parola ai detenuti. Il primo è Liberi Dentro nato dentro le celle della casa circondariale riminese grazie al laboratorio dello sportello carcere della Caritas che ne cura la realizzazione. Il giornale è il risultato dell’attività del laboratorio di lettura e scrittura. Ne sono già usciti alcuni numeri. Si percepisce, nei pezzi scritti, la voglia di partecipare all’attualità, a ciò che succede fuori dalle singole e piccole celle, e nel contempo il desiderio di portare la propria voce fuori, di far sapere al mondo che si esiste, con i bisogni e i problemi che nascono in un carcere.
Eppure è un lavoro che non si può definire amatoriale, è uno scorcio vivo e importante di una realtà che non è separata dalla città e dal mondo che la circonda. Ed è anche una bella lezione e una bella riflessione da parte di chi ha vissute e sperimentate le situazioni difficili di cui spesso si scrive sui giornali, e oggi ne parla e mette a disposizione la propria esperienza.
Il secondo giornale è La Voce dentro, iniziativa lanciata dal quotidiano La Voce in collaborazione col comune di Rimini, l’associazione Papillon ed altre associazioni di volontariato. Il giornale uscirà ogni primo giorno del mese e saranno i detenuti a raccontare in prima persona quello che avviene nel carcere ma anche a dare la propria visione degli eventi che accadono Il giornale si propone come un collage fuori. ancora artigianale di voci e tematiche liberamente espresse e raccolte, un espe- La mia vita nella suite numero 6 rimento editoriale animato da una reda- Per quanto si cerchi di raccontare in modo zione appassionata. oggettivo e distaccato, ciò che si scrive è figlio delle proprie esperienze, e del pro-
prio giudizio. Il racconto del carcere di un giornalista che non è stato in carcere, per quanto documentato rimarrà pur sempre qualcosa di non del tutto aderente alla realtà. Di seguito, per rimediare a questa lacuna, pubblichiamo uno dei tanti articoli del giornale Liberi Dentro, in cui Davide racconta il suo arrivo e la sua vita in carcere. I numeri e gli articoli di Liberi Dentro vengono periodicamente pubblicati su www.riminisocial.it Quando si entra in carcere, dopo essere stati visitati, il capoposto, cioè l’assistente più alto in grado, ti a ssegna alla stanza e al braccio (sezione) di competenza, dove dovrai passare le tue ferie forzate. All’inizio io sono stato a ssegnato alla sezione I°, cella 9, dove gli ospitati con me erano otto. La stanza è composta da otto letti, due tavoli di legno, e da seggiole (chiamati sgabelli) che a dir la verità sono di una scomodità allucinante. Poi c’è il bagno abitabile, così abitabile che lo si usa per cucinare; però, come negli alberghi migliori, c’è il bagno in comune.
Dossier - Il carcere di Rimini: racconti da dietro le sbarre In seguito, per mia fortuna, ho trovato un pacchetto vacanze più vantaggioso e sono finito, sempre nello stesso albergo, in un braccio diverso, alla III° sezione, cella 6, non solo di numero, ma anche per le persone che vi soggiornano. Diciamo che la situazione è migliorata: piastrelle al pavimento, doccia in cella, non più la cucina in bagno. La vita dei villeggianti forzati, diciamo così, è scandita da tempi ben precisi, nel senso che la mattina verso le 7- 7.30, ci viene servito latte e caffè, gentilmente offerto dalla direzione. Poi, dopo la colazione che ritira uno di noi (il primo che si alza), ci si concentra sulla moka del caffè, che viene fatta sui fornelli da campo che abbiamo comprato non solo per il caffè, ma anche per cucinare. Diciamo che alle 8.45 quasi tutti siamo in piedi, ci laviamo, caffè, sigaretta e ci si prepara ad andare all’aria a fare avanti indietro con gli altri villeggianti. Poi c’è che rientra alle dieci, chi alle undici, faccio presente che non è obbligatorio scendere all’aria perché le camere vengono lasciate aperte dalle nove alle undici e quindi si può anche passeggiare nel corridoio, con vista panoramica incantevole sul nul-
la. Verso le undici e trenta la Direzione ci offre anche il pranzo che comunemente viene consumato tutti insieme, a tavola, che a turno viene preparato, con diligenza e tanta cura. Dopo pranzo, sempre a turno, vengono lavati i piatti, viene pulita la tavola e preparato il caffè. Devo dire che c’è chi fa il calendario per quanto riguarda le pulizie in genere. Noi, di comune accordo, abbiamo deciso che il nostro grande cuoco Paolo si dedica alla cucina che è squisita come la sua persona. Io
mi occupo di compiti vari, diciamo che, essendo lo sfortunato del gruppo, non avendo i soldi per partecipare alle spese, faccio l’aiuto cuoco. Tutte le sere, quando Paolo cucina, lo aiuto a scolare la pasta e preparare le porzioni che poi vengono distribuite agli altri. Naturalmente ci si siede a tavola sempre insieme, per rispetto, e sempre per lo stesso motivo si mangia con la maglietta. Dimenticavo che il nostro cuoco
Dossier - Il carcere di Rimini: racconti da dietro le sbarre Paolo fa un tiramisù che farebbe impallidire un pasticcere di professione. Finito di mangiare, mentre altri due, Roberto e Aldo, lavano e asciugano tavola e piatti, Walid fa il caffè, si dà una spazzata a terra, anche perché più di quello non possiamo fare, e facciamo una partita a carte finché non inizia Un posto al sole. C’è un film serale che decidiamo di guardare dopo aver consultato Famiglia cristiana. Quando tutti sono nelle proprie postazioni, cioè a letto, allora intervengo di nuovo io, nel senso che inizio il secondo lavoro, quello di pulire la cella da cima a fondo, con i vari prodotti che compriamo, il Lisoform per disinfettare il bagno, il Fabuloso per pulire il pavimento. Dopo aver fatto le pulizie vado a fare la doccia e prendo le gocce che mi fanno ANTIGONE IN CARCERE Casa Circondariale di RIMINI Via S. Cristina tel. 0541/751306 Solo Maschile - Dislocazione: extraurbana - Tribunale e Ufficio di Sorveglianza: Bologna CSSA – UEPE : Rimini
dormire e che mi ha dato l’infermiere. A quel punto otto ore di sonno non me le toglie nessuno. Un altro giorno è finito, un altro giorno comincerà domani. Noi cerchiamo di non farli sembrare uguali, ma cambiando le modalità rimangono sempre uguali. Soprattutto d’estate quando il caldo la fa da padrone. Devo anche dire che i compagni sono come i genitori, non si scelgono, ma ognuno deve adattarsi a pregi e difetti degli altri. A volte capita purtroppo di avere accanto persone che, con noi detenuti comuni, non hanno niente a che fare. Ma non succede nulla che possa venire a nostro sfavore, si fa la domandina e quello va da un’altra parte. Oppure se qualcuno non partecipa e collabora attivamente alla vita e ai lavori della cella (c’è sempre qualche furbetto), Al penitenziario è assegnato un magistrato di sorveglianza: la Dr.ssa Abiosi. EVENTI CRITICI Nel 2009 un suicidio NODI IDENTIFICATIVI E PROBLEMATICI: Sovraffollamento, alta percentuale di
gli si parla e gli si fa capire come funziona la cosa. Se continua, anche lui fa le valige e va in un’altra cella. Queste sono le piccole regole per il quieto vivere. Come quella che quando si dorme la televisione si tiene ad un volume basso; oppure che quando le celle sono aperte ma dentro si riposa, le altre persone non devono avere un tono di voce da mercato. . Come anche fuori si può avere la giornata storta o triste, anche qui nel rispetto degli altri non bisogna far pesare sui compagni di avventura, che qualche volta sono amici, i problemi che si hanno. Concludo dicendo che, per quanto brutta, per me questa è un’esperienza unica e irripetibile, e bisogna far tesoro delle piccole cose che poi si apprezzano quando si è fuori. Davide tossicodipendenti, altissimo tasso di turnover. Questo istituto attraversa ogni estate un cronico e insostenibile. Problema di forte sovraffollamento mentre di inverno le condizioni sono buone e migliori degli alti istituti della Regione.
Dossier - Il carcere di Rimini: racconti da dietro le sbarre
Condizioni materiali Il reparto “Andromeda” è l’unico a custodia attenuata presente in Emilia Romagna ed a esso accedono i detenuti alcoldipendenti o tossicodipendenti. Anche il reparto Cassiopea è destinato a detenuti td e ha forme più blande di custodia rispetto ai reparti comuni. Il reparto a custodia attenuata “Andromeda” costituisce il migliore spazio detentivo all’interno del penitenziario. Esso è sito in un caseggiato indipendente ed è suddiviso in tre stanze da 4 persone dotate di armadi e letti in legno e bagni con docce all’interno di ogni stanza. Vi è poi una cucina comune e uno spazio soggiorno-socialità sempre comune ove è sita una televisione. Per accedere al reparto di custodia attenuata viene firmato un patto trattamentale bilaterale tra detenuti e Istituto, così anche per i progetti formativi e di istruzione. Ha una propria area verde utilizzata per i passeggi e per le attività sportive. Attualmente la permanenza all’interno del
reparto Andromeda viene contenuta in 3-4 mesi dopo di che si prevede un passaggio al lavoro all’esterno o a comunità terapeutiche esterne tra cui la Centofiori che gestisce le attività del reparto. Il reparto a custodia attenuata “Cassiopea”. È il reparto utilizzato nel penitenziario per i detenuti tossicodipendenti. Le celle sono ampie 12-15 mq e tutte dotate di lavabo e docce all’interno del vano bagno ma con spazio appositamente dedicato. Vi sono max 3 detenuti per cella. Orari di accesso alle docce: L’utilizzo delle docce dipende dai vari reparti: ottima l’utilizzabilità per i reparti a custodia attenuata mentre negli altri reparti le docce sono poche ( in un reparto sono 4 per 60 detenuti) e possono essere utilizzate per 6 ore al giorno , dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18. Possibilità di utilizzo quotidiano ore d’aria: vi è uno spazio grande all’aperto dotato di tettoia in caso di
pioggia. Orari: in cella, fuori cella e dove; in socialità dentro e fuori 6 ore. Vi è anche la possibilità per 6 ore al giorno di comunicazione tra le varie celle (nel senso che all’interno di ogni sezione del carcere e reparto vengono lasciate aperte le porte delle celle per 6 ore). Cucina e sopravvitto: Il servizio mensa per i detenuti è svolto dai detenuti stessi. La cucina è amplia ma in un locale che necessiterebbe ristrutturazione. Non viene servita la carne di maiale. Nessuna segnalazione in merito al sopravvitto. Disciplina e luoghi di isolamento: Ci sono due celle predisposte per l’isolamento. Vi è regolamento di istituto e all’entrata nel carcere i detenuti ricevono l’Informa carcere, redatto in 8 diverse lingue, sugli aspetti regolamentari e comportamentali cui attenersi nel carcere.
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Credits: Dossier di www.riminisocial.it facebook.com/Riminisocial
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ognuna delle associazioni del territorio che partecipano al progetto (Caritas, Papa Giovanni XXIII, Fondazione San Giuseppe, Acli, Educaid, il Millepiedi, la Formica), e la redazione del network riminese Icaro Communication che riunisce i maggiori media presenti sul territorio Icaro TV, Icaro Sport, newsrimini. tv, Radio Icaro, il Ponte, TRE e il portale d’informazione newsrimini.it, oltre a tutti i collaboratori che di volta in volta partecipano alle inchieste e agli approfondimenti. Il Dossier è stato realizzato da Stefano Rossini. Per le foto si ringrazia Riccardo Gallini. Impaginazione, Angela De Rubeis.