L'arte e la matematica

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L’arte e la matematica

Rita Spinazzè



L’arte e la matematica

Rita Spinazzè classe 5aB, a.s. 2014/2015 Liceo Artistico Statale Bruno Munari Vittorio Veneto



Introduzione

Di fronte alle opere di Mondrian e di Escher ho sempre provato un forte interesse ed apprezzamento che, personalmente, ritengo dovuto anche a quei criteri soggettivi e quasi innati che caratterizzano il gusto estetico proprio di ogni individuo. Imbattendomi diverse volte nei dipinti e nelle stampe di questi due artisti durante il mio percorso scolastico e di formazione personale, ho potuto ogni volta approfondire in maniera diversa la loro produzione artistica, l'evoluzione del loro pensiero e quindi del loro stile, giungendo ad ipotizzare un possibile collegamento tra le opere della loro maturitĂ , ovvero, una tendenza di entrambi gli artisti ad una rappresentazione che si servisse di forme (Mondrian), piuttosto che di princĂŹpi (Escher), geometrici e matematici. Questa considerazione mi ha indotto a cercare di capire, attraverso alcuni scritti sia di artisti che di matematici, i legami tra le due discipline che, apparentemente possono sembrare molto diverse, ma in passato, ad esempio nell'Antica Grecia o nell'Europa Rinascimentale, hanno incrociato i loro percorsi. In questa trattazione, quindi, oltre ad aver ripercorso le scelte stilistiche piĂš significative dei due artisti olandesi, ho cercato di focalizzare alcuni dei momenti storici e delle opere che testimoniano, a mio parere, come i due "mondi" dell'arte e della matematica non siano poi cosĂŹ inconciliabili.



Capitolo 1 Verso la visione vera della realtà “Esclusi sempre più dalla mia pittura tutte le linee curve finché le mie composizioni constarono solo di linee verticali e orizzontali.” Pieter Cornelis Mondrian

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Piet Mondrian (1873-1944) fu uno dei maggiori esponenti del movimento artistico d’avanguardia detto Neoplasticismo, conosciuto anche con il nome De Stijl, dal titolo della rivista che Theo Van Doesburg (1883-1931) fondò nel 1917 insieme a Mondrian. L’importanza di questo movimento è stata riconosciuta dalla critica recente, ed in particolare da Giulio Carlo Argan (1909-1992) che spese molte parole in proposito, riconoscendolo insieme al suo opposto, il Dadaismo, come una delle due correnti che nella prima metà del Novecento riportarono il problema dell’arte al punto zero, riconducendo l’operazione artistica ad atto estetico puro. Cerchiamo dunque di capire, anche attraverso alcuni scritti di Mondrian, l’evoluzione che portò l’artista da un pittura ispirata dalla natura, ad una tensione intellettuale verso le forme geometriche astratte ed ai colori puri. “Cominciai a dipingere giovanissimo. Amavo dipingere paesaggi e case visti in un tempo grigio, scuro, o in una luce di sole fortissima, quando la densità dell’atmosfera offusca i particolari e accentua i grandi contorni degli oggetti. (…) Dopo vari anni, la mia opera cominciò a deviare sempre più dagli aspetti naturali della realtà. L’esperienza fu la mia sola maestra; sapevo ben poco del movimento d’arte moderno. Quando vidi per la prima volta l’opera degli impressionisti, Van Gogh e i Fauves, la ammirai, ma dovevo cercare da solo la mia strada. La prima cosa a mutare nella mia pittura fu il colore. Abbandonai il colore naturale per il colore puro. Ero pervenuto a sentire che i colori della natura non possono essere riprodotti sulla tela. (...) Mi recai per la prima volta a Parigi. Fu attorno al 1910, quando il cubismo era ai suoi inizi. Ammirai Matisse e gli altri Fauves, ma fui attratto immediatamente dai cubisti, e particolarmente da Picasso e da Léger. (...) Gradualmente pervenni a rendermi conto che il cubismo non accettava le logiche conseguenze delle sue proprie scoperte, che non stava sviluppando l’astrazione verso il suo fine ultimo (...). Durante questo periodo di ricerca, eseguii molti dipinti astratti di alberi, case, piante e altri oggetti. (...) [Tornato in Olanda, durante la guerra 1914-18], continuando la mia opera di astrazione in una serie di facciate di chiese, di alberi, di case ecc. Sentivo però che stavo lavorando ancora come un impressionista, e che stavo continuando a esprimere sentimenti particolari (...). Esclusi sempre più dalla mia pittura tutte le linee curve finché le mie composizioni constarono solo di linee verticali e orizzontali, le quali formavano croci, ciascuna separata e staccata dall’altra. (...) Cominciai a determinare forme: le linee verticali e orizzontali divennero rettangoli. Essi apparivano ancora come forme staccate contro un fondo; il loro colore era ancora impuro. Sentendo la mancanza di unità, misi i rettangoli a contatto: lo spazio divenne bianco, nero o grigio; la forma divenne rossa, blu o gialla. Unire i

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rettangoli equivaleva a continuare le linee verticali e orizzontali del periodo precedente sull’intera composizione. (...) Di fatto i rettangoli non sono mai un fine in se stessi ma una conseguenza logica delle linee che li determinano, le quali sono continue nello spazio; essi appaiono spontaneamente in conseguenza dell’intersezione di linee orizzontali e verticali. Inoltre, quando i rettangoli sono usati da soli, senza altre forme, essi non appaiono mai come forme particolari, essendo il contrasto con altre forme a dare origine a distinzioni particolari. (…)” [1]

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1 P. Mondrian, Notte d’estate, 1907 2 - 3 P. Mondrian, Natura morta con vaso di spezie I e II, 1911-1912

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4 P. Mondrian, Molo e Oceano, 1915 Attraverso questo procedimento di allontanamento dalle tecniche tradizionali, Mondrian diede importanza all’atto che realizza l’esperienza estetica, quello con cui la coscienza si fa forma astratta, essenziale e geometrica. Il suo obiettivo è quello di arrivare ad una definizione rigorosamente razionale dello spazio, costruendo le sue opere secondo un esprit de géométrie1 fondato sulla conoscenza matematica. L’artista riteneva che la conoscenza della realtà non dovesse fare affidamento solamente sugli strumenti soggettivi di percezione dell’uomo, cioè i sensi, ma soprattutto su quei principi logici e comuni di funzionamento della razionalità. La pittura di Mondrian è basata, infatti, sugli elementi geometrici di base: la linea, il piano e i colori fondamentali. Utilizzando questi “strumenti” visivi l’artista olandese realizza, tra il 1920 e il 1940, dei quadri che si assomigliano tutti, ma che dipendono, ciascuno in modo Blaise Pascal nella sua ultima opera, I Pensieri, distingue la capacità intuitiva di cogliere la verità delle cose (esprit de finesse) dalla facoltà di ragionamento legata al sapere matematico (esprit de géométrie).

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diverso, da una situazione percettiva, sensoriale o emotiva differente. Ogni esperienza sensibile, seppur diversa dalle altre, rivela alla fine la struttura costante della coscienza, un comune denominatore identificabile graficamente con una “griglia” di coordinate, che crea ogni volta riquadri simili, ma allo stesso tempo, una composizione diversa e unica. La ripetizione di forme rettangolari (più o meno quadrate) è da considerare come un ulteriore elemento in comune tra le tele di Mondrian e uno dei caratteri principali della natura. Secondo questa concezione, quindi, l’arte non è più vista come frutto di un’immediata intuizione dell’artista2, ma come ragionata espressione dei rapporti tra opposti: intelligenza e sentimento, utile e bello, oggettivo e soggettivo…

5 P. Mondrian, Victory boogie-woogie, 1943-1944 2

A differenza di come era concepita dai simbolisti e dai sintetisti.

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Capitolo 2 Le magiche visioni di Escher “Per me si tratta sempre di porre dei limiti al piano limitato, di metterci una fine, farne una composizione.� Maurits Cornelis Escher

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Il visionario artista Maurits Cornelis Escher (1898-1972) nacque e visse la sua infanzia in Olanda, dove frequentò la Scuola di Architettura e Arti Decorative di Haarlem. Influenzato dalla volontà di suo padre iniziò gli studi per diventare architetto, ma ben presto il suo particolare talento fu scoperto da uno dei suoi insegnanti di disegno Samuel Jessurun de Mesquita (1868-1944), che lo incentivò a coltivare questa sua passione per le arti grafiche. Una volta terminata l’accademia viaggiò per molto tempo in Italia, in particolar modo al Sud, dove oltre ad incontrare la sua futura moglie (Jetta Umiker), ebbe l’opportunità di realizzare la maggior parte delle sue stampe litografiche e xilografiche ispirate al paesaggio, di cui lo attirava più di ogni altra cosa la struttura geometrica che scoprì nelle montagne e nei paesi. “Per quanto riguarda l’architettura, nei miei quadri ho subito molto l’influenza delle strutture dell’Italia meridionale, nelle quali si possono spesso riconoscere influssi norman-

6 M.C. Escher, (Vecchie) Case a Positano, 1934

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ni, romanici, saraceni e moreschi. Fra le altre cose, vado matto per le cupole che assomigliano a pagnotte, per i tetti piatti e imbiancati e le pareti di stucco. Ho visto quasi tutti questi elementi sulla costiera amalfitana (Positano, Amalfi, Atrani, Maiori, Minori). I miei quadri esprimono nostalgia per l’assolato Sud.” [2]

7 M.C. Escher, Morano, Calabria, 1930 Stabilitosi a Roma nel 1923 realizzò delle opere aventi come soggetto la Basilica di San Pietro e un’interessante serie di vedute della città durante le ore notturne, ma a causa del clima politico, sempre più pesante, che andava instaurandosi durante il regime fascista, nel 1935 decise di trasferirsi in Svizzera con la famiglia. Qui il suo soggiorno fu breve e la sua produzione artistica molto scarsa a causa del paesaggio innevato che non gli procurò alcun tipo di ispirazione, ma forse proprio grazie a queste circostanze, Escher cercò di allontanarsi da una rappresentazione diretta e realistica della realtà in favore di illustrazioni che portassero alla luce le sue “visioni interiori”. Il 1936 fu un anno importante per tutta la sua produzione successiva poiché, in seguito alla visita della città di Granada in Spagna, l’artista ebbe

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8 M.C. Escher, Interno di San Pietro, 1935 9 M.C. Escher, Roma Notturna, Colonna Traiana, 1934 10 M.C. Escher, Roma Notturna, Colosseo, 1934

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modo di scoprire il mondo della tassellazione: una tecnica che prevede la suddivisione di una superficie con tessere, o forme chiuse, in modo tale da ricoprirla interamente, senza sovrapposizioni o spazi vuoti. Osservando e riportando nei suoi schizzi le decorazioni che ricoprivano i pavimenti e le pareti dell’Alhambra1, cominciò a studiare e a cogliere le numerosissime possibilità che la divisione regolare del piano offriva, da lui stesso definita: “la più ricca fonte di ispirazione da cui io abbia mai derivato le mie idee”.

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11-12 M.C. Escher, Mosaici dell’Alhambra, 1936 13 M.C. Escher, Divisione regolare del piano. Esempi di sistemi a quadrati, 1960

“In primo luogo il mio lavoro è strettamente connesso alla divisione regolare del piano. Tutte le immagini degli ultimi anni derivano da questo, dal principio delle figure congruenti che, senza lasciare nessuno “spazio aperto”, riempiono il piano all’infinito o in modo illimitato.” [3] Una volta compresi i meccanismi di funzionamento di questa tecnica attraverso numerosi studi, Escher cercò di costruire delle tassellazioni “viventi” in cui fossero facilmente riconoscibili delle figure che avessero un significato e non si limitassero solamente a suddividere il piano con forme geometriche puramente decorative. Giunse a questo risultato a partire da griglie triangolari, quadrangolari o esagonali e distorcendo il contorno del Complesso architettonico andaluso a Granada. Etimologicamente, Alhambra (in arabo la Rossa).

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poligono-base in modo da ricavarne figure di esseri viventi come uccelli, pesci e rettili, ma rispettando sempre le regole della simmetria su cui erano basate le griglie sottostanti, per rendere sempre effettiva e corretta la tassellazione. A differenza dei mosaici dell’Alhambra, egli aggiunse alla rigida geometria una dimensione umana e fantastica: “I mori erano maestri proprio nel riempire completamente superfici con un motivo sempre uguale. In Spagna, all’Alhambra, hanno decorato pavimenti e pareti mettendo uno vicino all’altro pezzi colorati di maiolica della stessa forma senza lasciare spazi intermedi. Peccato che l’Islam vietasse di realizzare disegni con figure. Nei loro mosaici si limitarono a comporre forme geometriche astratte. Nessun artista mauro, per quanto ne sappia, ha

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mai osato utilizzare (o forse non gli è mai venuta l’idea), come elementi dei suoi mosaici, figure concrete e riconoscibili, per esempio uccelli, pesci, rettili o esseri umani. Questa limitazione è per me tanto incomprensibile, perché la riconoscibilità delle componenti dei miei stessi motivi ornamentali è la ragione del mio interesse, mai interrotto in questo campo.”

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M.C. Escher, Divisione regolare del piano, 1938 M.C. Escher, Divisione regolare del piano, 1952 M.C. Escher, Divisione regolare del piano, 1952 M.C. Escher, Divisione regolare del piano, 1964 M.C. Escher, Metamorfosi II, 1939-1940

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Alla fine degli anni 30, dopo aver sperimentato diverse combinazioni di forme, Escher realizzò le metamorfosi: opere in cui dall’inizio alla fine della tassellazione le figure si trasformano da paesaggi, figure umane o animali in forme geometriche e viceversa, interagendo fra di loro e, in alcuni casi, addirittura “fuggendo” dalla superficie bidimensionale del piano. Nel caso specifico, la Metamorfosi II è considerata una delle opere che riassumono la sua intera produzione, in quanto unisce il lato figurativo a quello astratto-geometrico, entrambi caratterizzanti il suo stile.

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Tra i suoi più grandi ammiratori c’erano soprattutto i matematici, che riconoscevano nelle sue opere una straordinaria e suggestiva rappresentazione artistica dei principi matematici, nonostante Escher possedesse una conoscenza solamente amatoriale della disciplina. Fu anche grazie alle amicizie con alcuni importanti matematici dell’epoca, tra cui Roger Penrose (nato nel 1931), che l’artista olandese trovò nuove idee per le sue stampe. In particolar modo le figure “impossibili” basate su strutture geometriche come la Striscia di Moebius2, il Cerchio di Poincaré 3, o il Triangolo di Penrose4, ispirarono Escher nella creazione di immagini che sfidano la logica e la percezione visiva di chi le osserva.

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18 M.C. Escher, Striscia di Moebius II (Formiche rosse), 1963 19 M.C. Escher, Cascata, 1961

Possiede la curiosa proprietà di avere solamente una faccia e un bordo. Permette di rappresentare l’infinito in spazi limitati e bidimensionali, nel caso di Escher, sia al centro che ai bordi dei suoi disegni. 4 Sfrutta una peculiarità del nostro cervello, che tende a vedere oggetti o spazi tridimensionali da rappresentazioni bidimensionali. 2 3

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20 M.C. Escher, particolare di Casa delle Scale, 1951 Le architetture assurde disegnate dall’artista soprattutto dopo la fine della guerra5, possono ricordare, per la loro costruzione apparentemente perfetta sulla carta, ma in realtà impossibile nel reale spazio fisico, le incisioni delle Carceri di Invenzione6 di Giovan Battista Piranesi, incisore e architetto italiano vissuto nel Settecento. II Guerra Mondiale. Consistono in sedici tavole realizzate tra il 1745 e il 1750. Mostrano enormi sotterranei a volta con scale e architetture fantastiche.

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Quando gli fu chiesto, durante un’intervista, il motivo del suo interesse per le figure geometriche, Escher rispose che non c’era un vero motivo, gli era semplicemente capitato di rimanere affascinato dalla regolarità della natura, ed essendo un disegnatore, aveva voluto utilizzare quelle forme (geometriche) per illustrare il contrasto tra ordine e caos. Inoltre, riteneva che le regolarità della natura fossero più facili da rappresentare, paragonate al caos provocato dai conflitti del Novecento che fecero da sfondo alla sua vita. “La costanza dei fenomeni che ci circondano, l’ordine, la regolarità, le ripetizioni e i rinnovi ciclici hanno iniziato a parlarmi con forza sempre maggiore. La consapevolezza della loro presenza mi dà pace e sostegno. Nei miei quadri cerco di rendere testimonianza del fatto che viviamo in un mondo bello e ordinato e non in un caos senza regole, come a volte può sembrare.” [4]

21 M.C. Escher, Serpenti, 1969

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Capitolo 3 Matematica e Arte: due mondi paralleli? “Proibita la lettura ai non matematici.� Leonardo Da Vinci

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Nonostante la matematica e l’arte possano sembrare due discipline molto diverse, e per alcuni quasi opposte, non è affatto difficile dimostrare che esiste, tra di esse, una forte relazione. Questi due “mondi” sono entrambi creazioni umane, linguaggi che cercano di esprimere dei concetti attraverso simboli matematici, piuttosto che attraverso il tratto e il colore. Nei capitolo precedenti, si è visto come anche gli artisti moderni, tra cui Mondrian ed Escher, abbiano fatto ricorso al linguaggio matematico o geometrico per esprimere la loro creatività, dimostrando che esso non è affatto un limite, ma anzi, uno strumento per far evolvere il loro genio. In questo capitolo sarà ripercorso, attraverso le opere principali e più conosciute, questo antico legame tra matematica e arti figurative, che affonda le sue radici nella cultura greca. Nonostante sia il popolo Babilonese che quello Egizio, abbiano dimostrato avanzate conoscenze matematiche, fu solo grazie ad Euclide1 (nella sua opera Elementi) che venne descritta per la prima volta la divisione di un segmento in “media e ultima ragione”, che oggi chiamiamo rapporto aureo: “Si può dire che una linea retta sia stata divisa secondo la proporzione estrema e media quando l’intera linea sta alla parte maggiore così come la maggiore sta alla minore.” [5]

AB : AC = AC : CB Il rapporto aureo, che è espresso da un numero irrazionale2, fu però scoperto dalla scuola pitagorica, e in particolare da Ippaso di Metaponto, che già attorno al VI secolo a.C., a partire dallo studio del pentagono regolare, associò al rapporto tra diagonale e lato il concetto di incommensurabilità. Il simbolo che indicava questo rapporto inizialmente era la lettera greca τ (tau), dal nome greco tomè, taglio o sezione. Fu solamente all’inizio del Εὐκλείδης, matematico e scienziato greco antico che visse durante il regno di Tolomeo I (367 a.C. - 283 a.C.). È stato uno dei più importanti matematici della storia. 2 È un numero reale non razionale, cioè non può essere scritto come una frazione a/b con a e b interi e b ≠ 0. Inoltre non forma una sequenza periodica. 1

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XX secolo che un matematico americano, Mark Barr, introdusse l’uso della lettera ϕ (phi), dall’iniziale dello scultore greco Fidia (Φειδίας)3 conosciuto anche per aver realizzato, usando il rapporto aureo, le sculture del fregio del Partenone. L’interesse per questo numero aumentò soprattutto in epoca rinascimentale, in cui venne chiamato con il nome di “divina proportione”. L’aggettivo divina è dovuto ad un frate e matematico, Luca Pacioli (14451517), che portò cinque motivazioni per cui lo definì in tal modo, riassumibili nei seguenti punti: “1. Il valore unico del rapporto aureo è paragonabile al fatto che l’unità è il supremo epiteto di Dio stesso. 2. Il rapporto aureo evidenzia tre lunghezze (AB, AC, BC) che possono essere confrontate con la definizione di Dio come Uno e Trino. 3. Le proprietà di irrazionalità del numero (inesprimibile per mezzo di frazione) sono paragonate all’inconoscibilità del divino per mezzo della ragione umana. 4. L’autosimilitudine del rapporto aureo (non dipendente dalla lunghezza del segmento da dividere) rimanderebbe all’onnipresenza e invariabilità di Dio. 5. Dio ha conferito l’essere all’intero cosmo tramite la quintessenza, così il rapporto aureo è alla base dell’esistenza del dodecaedro, figura importante nel periodo greco.” [6]

22 Raffaello Sanzio, Scuola di Atene, Euclide, 1509

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23 Jacopo De Barbari, Ritratto di Luca Pacioli, 1500 circa

Vissuto tra il 490 e il 430 a.C.

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La denominazione di questo rapporto come “sezione aurea” comparve solamente intorno al XIX secolo, ma non esistono notizie o spiegazioni del perché venne chiamato in questo modo. Attualmente, i termini sopra citati sono intesi come sinonimi. Per definire il valore numerico di questo rapporto si può operare con delle proprietà algebriche:

Prendiamo come unità di misura della lunghezza il segmento più breve, CB. La lunghezza del segmento maggiore AC, sarà x volte CB, (dove x è un incognita, sempre maggiore di 1, visto che AC > CB). Secondo la proporzione estrema e media:

La soluzione positiva fornisce il valore del rapporto aureo, ϕ ≅ 1.618, mentre la soluzione negativa fornisce il valore della sezione argentea, Φ ≅ 0.618. Essendo un numero irrazionale, le cifre che formano ϕ sono infinite e non formano una sequenza periodica, pertanto vengono riportate solo le prime 4050 cifre: 1.618033988749894848204586834365638117720309179805762862135 44862270526046281890244970720720418939113748475408807538689 17521266338622235369317931800607667263544333890865959395829 05638322661319928290267880675208766892501711696207032221043 21626954862629631361443814975870122034080588795445474924618 56953648644492410443207713449470495658467885098743394422125 44877066478091588460749988712400765217057517978834166256249

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26312517971414320123112795518947781726914158911779919564812 55800184550656329528598591000908621802977563789259991649946 42819302229355234667475932695165421402109136301819472270789 01220872873617073486499981562554728113734798716569527489008 14438405327483781378246691744422963491470815700735254570708 97726754693438226195468615331209533579238014609273510210119 19021836067509730895752895774681422954339438549315533963038 07291691758461014609950550648036793041472365720398600735507 60902317312501613204843583648177048481810991602442523271672 19018933459637860878752870173935930301335901123710239171265 90470263494028307668767436386513271062803231740693173344823 43564531850581353108549733350759966778712449058363675413289 08624063245639535721252426117027802865604323494283730172557 44058372782679960317393640132876277012436798311446436947670 53127249241047167001382478312865650649343418039004101780533 95058772458665575522939158239708417729833728231152569260929 95942240000560626678674357923972454084817651973436265268944 88855272027477874733598353672776140759171205132693448375299 16499809360246178442675727767900191919070380522046123248239 13261043271916845123060236278935454324617699757536890417636 50254785138246314658336383376023577899267298863216185839590 36399818384582764491245980937043055559613797343261348304949 49686810895356963482817812886253646084203394653819441945714 2666823718394918... Per tentare di mostrare la non ripetitività della sequenza di queste cifre, si è scelto di costruire una tabella rettangolare di quadrati (pixel) a cui attribuire un colore in base al valore di ciascuna cifra. Essendo queste comprese tra 0 e 9, è semplice assegnare una scala cromatica ordinata. Si è ottenuto, in questo modo, un’immagine avente per base e per altezza rispettivamente un lato di 81 e di 50 quadrati4, per avvicinarsi alla proporzione aurea5.

Vedi definizione di rettangolo aureo a pag. 27 Proprio per la sua irrazionalità, è impossibile costruire un rettangolo di pixel che rispetti esattamente la sezione aurea.

4 5

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24 Rappresentazione di ϕ in scala cromatica ϕ è considerato il numero più bello dell’universo. In passato, infatti, era visto come il segno della mano del creatore nella natura: piante e animali possiedono misure che rispettano il rapporto aureo, come ad esempio, la spirale secondo cui crescono i semi del girasole o i petali di una rosa, la spirale che forma la conchiglia del Nautilus o le corna dei montoni. Irrazionale dal punto di vista matematico, ma razionalissimo dal punto di vista estetico dunque, sembra che la natura lo abbia scelto come proprio ornamento favorito nella sua armoniosa struttura. Grazie a Luca Pacioli e a Leonardo Da Vinci questa armonia venne riferita anche all’uomo, che in epoca rinascimentale era considerato misura di ogni cosa. “...dal corpo humano ogni mesura con sue denominationi deriva e in epso tutte le sorti de proportioni e proportionalita se ritrova con lo deto de laltissimo mediante li intrinseci secreti dela natura.” [7] Un classico esempio della rappresentazione delle proporzioni ideali del corpo umano è l’Uomo vitruviano di Leonardo Da Vinci, che dimostra come esso possa essere armoniosamente inscritto nelle due figure “perfette” del cerchio e del quadrato. Inoltre, anche le falangi del medio e dell’anulare

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delle nostre dita rispettano la divina proporzione, che è presente anche nel volto e nel rapporto tra l’altezza totale del corpo e la distanza dal pavimento all’ombelico, e in numerosi altri casi. Nel corso della storia l’uomo ha dimostrato che, oltre ad essere costituito da proporzioni auree, possiede anche una tendenza a creare opere che al loro interno le nascondono, poiché, in particolare il rettangolo aureo, è ritenuto capace di conferire bellezza. Il rettangolo aureo è un poligono le cui proporzioni sono basate sulla proporzione aurea: il rapporto tra il lato maggiore e quello minore a:b, è uguale a quello tra il lato minore e il segmento ottenuto sottraendo quest’ultimo dal lato maggiore b:(a-b).

25 Rettangolo aureo

26 Partenone, facciata

In campo architettonico, la facciata del Partenone è testimonianza del fatto che anche nell’antichità questo rapporto era conosciuto ed utilizzato, soprattutto in opere importanti e legate alla spiritualità. La sezione aurea, però, non è l’unico “ponte” tra matematica e arte. Anche i solidi platonici 6 sono stati oggetto di interesse per gli artisti, ad esempio nelle tavole illustrative disegnate da Leonardo che concludono l’opera di Pacioli, e nell’opera più conosciuta di Albrecht Dürer7: Melancholia I. Quest’incisione è ricca di significati simbolici legati alle teorie alchemiOggetti matematici considerati simboli di bellezza, la cui diffusione è dovuta a Platone da cui presero quindi il nome. Sono gli unici cinque solidi regolari possibili da costruire: tetraedro, esaedro o cubo, ottaedro, dodecaedro e icosaedro. 7 Tra i maggiori pittori e incisori tedeschi. 6

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che del tempo e ai numeri. La figura centrale è una donna dalle sembianze di un angelo che siede apatica e malinconica, appunto, simboleggiando sul piano spirituale, l’impotenza creativa del genio di fronte all’umore malinconico.

27 A. DĂźrer, Melancholia I, 1514

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Sulla parete dell’edificio, in alto a destra, è scolpito il quadrato magico numerico. Si pensa che il quadrato, in cui ogni riga, colonna, diagonale, i numeri centrali e i numeri ai quattro angoli danno tutti per somma 34, rappresenti la matematica. Nell’ultima fila contiene anche l’anno di composizione dell’opera, 1514, ed i numeri 1 e 4 corrispondenti alle iniziali del nome e cognome dell’artista A(lbrecht) D(ürer) oppure sinonimi di A(nno) D(omini). La sfera e il tetraedro troncato8, inoltre, suggeriscono la base matematica dell’arte del costruire. Alle pareti dell’edificio, quasi in posizione speculare, sono appesi una bilancia ed una clessidra; il tempo che passa può essere la metafora di una vita regolata che tende a Dio, al mondo sovrannaturale, ed è anche quanto viene suggerito dalla scala che non è solo uno strumento che serve per innalzare edifici, ma diventa simbolo dell’ascesa dal mondo delle apparenze al mondo della conoscenza, in perfetta simbiosi sia con il credo cristiano che con la filosofia neoplatonica. Ma è la prospettiva, probabilmente, il legame più evidente tra arti visive e matematica. A partire dalla prospettiva di Giotto, e durante tutto il Rinascimento, è stato lo strumento più utilizzato da tutti i pittori (tra cui Piero Della Francesca, Sandro Botticelli, Leonardo) per tentare un rappresentazione fedele alla realtà, rendendo il disegno più calcolato, razionale ed oggettivo, senza tralasciare però, il forte significato simbolico dei soggetti rappresentati, tipica caratteristica dei dipinti dell’epoca.

28 Leonardo, Annunciazione, 1472-1475 Solido di invenzione propria del Dürer, soprannominato “romboedro” poichè avente sei facce, ciascuna a forma di rombo.

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Mentre nell’arte classica la matematica era utilizzata come strumento tecnico, nell’arte contemporanea, invece, diventa uno strumento creativo: gli artisti si lasciano ispirare da essa, le opere ricordano “oggetti matematici” ben precisi e codificati. Si pensi ad esempio, ad opere come Numeri Innamorati di Giacomo Balla (1871-1958) la quale raffigura, tra gli altri, alcuni numeri che compaiono nella successione di Fibonacci, alla scultura di Max Bill, Kontinuität, (1908-1994) che raffigura il Nastro di Moebius, uno degli oggetti topologici più affascinanti, o alle opere di Salvador Dalí (1904-1989) tra cui Corpus Hypercubus 9 e l’Ultima Cena.

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G. Balla, particolare di Numeri Innamorati, 1920 S. Dalì, Corpus Hypercubus, 1954 M. Bill, Continuità, 1986 S. Dalì, Ultima Cena, 1955 G. Serat, particolare di Una domenica pomeriggio sull’isola della Grande-Jatte, 1883-1885

O Crocifissione.

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Ulteriori esempi di opere pittoriche che utilizzano elementi geometrici, come linguaggio o come oggetto, sono quelle realizzate da Georges Serat (1859-1891), che creava le sue tele solo grazie a puntini colorati con la tecnica del puntinismo, quelle anticipatrici del cubismo di Paul Cezanne (1839-1906), che cercava di solidificare le figure in forme geometriche pure (coni, cilindri, sfere), quelle di Kazimir S. Malevic (1879-1935) con particolare riferimento al quadrato, icona del suprematismo, quelle di Vasilij V. Kandinskij (1866-1944) composte unicamente da forme astratte, quelle di Piet Mondrian e di M.C. Escher giĂ citati in precedenza, quelle di Lucio Saffaro (1929-1998), inventore di nuove classi di poliedri, le numerose tele di Jasper Johns, artista statunitense che in piĂš di una tela ha dipinto a colori e in bianco e nero serie di numeri, e molte altre...

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P. Cézanne, Mont Sainte-Victoire, 1895 K. Malevic, Quadrato nero su fondo bianco, 1915 V. Kandiskij, Composizione VIII, 1923 L. Saffaro, Poliedro M2, 1985 J. Johns, Numbers in color, 1958-1959

La storia del continuo e bidirezionale rapporto fra matematica e pittura non è certo finita: le nuove possibilità offerte dalla grafica computerizzata hanno, ad esempio, permesso la creazione di modelli visivi di superfici e composizioni geometriche10 che hanno assunto l’aspetto di una vera e propria nuova forma d’arte.

10

I frattali sono forse una delle espressioni più note in questo senso.

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Bibliografia [1] Piet Mondrian, Verso la visione vera della realtà, New York 1942, trad. in H. Holtzman, testo autobiografico per la prima personale negli USA. [2] M.C. Escher, Diario, Costiera Amalfitana, 1969 [3] M.C. Escher, Lettera al nipote Rudolf Escher, 1944 [4] M.C. Escher, Discorso in occasione del ricevimento del Premio Cultura della città di Hilversum, 1965 [5] Euclide, Elementi [6] Lara Carlin, La sezione aurea: Dio è un matematico? [7] Luca Pacioli, De Divina Proportione, 1509 G.C. Argan, Il primo Novecento, Sansoni per la scuola, 2010 Erik Thè, Le magiche visioni di M.C. Escher, Taschen, 2003

Sitografia http://it.wikipedia.org/wiki/Pagina_principale http://www.wikiart.org/ http://www.treccani.it/ http://www.theartstory.org/ http://www.mcescher.com/ http://platonicrealms.com/minitexts/Mathematical-Art-Of-M-C-Escher/ http://www.mcescher.altervista.org/matematica.html http://godel.ilcannocchiale.it https://images.nga.gov/en/page/show_home_page.html http://www.nga.gov/content/ngaweb/Collection/highlights/highlight35101.html http://www.dm.unibo.it/saffaro/pagopere.php https://www.youtube.com/ Escher (TreccaniChannel) Maurits Cornelis Escher, la matematica nell’arte The Mathematical Art Of M.C. Escher MC Escher, Images of Mathematics… M.C. Escher Documentary (by CINEMEDIA-NPS-RNTV) [1999] Piergiorgio Odifreddi: matematica e arte Piergiorgio Odifreddi on the Arts and Mathematics Norman McLaren’s Rythmetic





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