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copertina T10 9-04-2004 14:45 Pagina 1

T.01 Tecnologie delle produzioni pulite per l’efficienza ambientale dell’attività alberghiera. marzo 2001

T.06 I sistemi di gestione ambientale per gli alberghi. Linee guida per un approccio semplificato. giugno 2003

T.02 Ospitare i cicloturisti. Manuale di marketing per conquistare e fidelizzare il segmento dei cicloturisti. giugno 2001

T.07

T.03 Turismo e Web. Guida alla progettazione e realizzazione di un sito di qualità. ottobre 2001

T.08 Organizzare l’albergo per il mercato d’affari. Manuale di marketing per conquistare e fidelizzare la clientela business. ottobre 2003

T.04 Acquisti ecologici per gli alberghi. Linee guida, criteri e consigli per la scelta dei prodotti da utilizzare negli hotel. dicembre 2002

Il marketing passaparola nel turismo. Manuale per gli operatori dell’ospitalità. luglio 2003

T.09 L’albergo eco-sensibile. Manuale di marketing per realizzare un’ospitalità attenta all’ambiente. novembre 2003

Nel turismo, nonostante le dichiarazioni di principio per le quali al primo posto ci dovrebbe essere la soddisfazione dei bisogni dei consumatori, ogni sforzo è ancora largamente proteso a vendere quel che si produce. Nel sistema dell’ospitalità turistica l’atteggiamento dominante vede ancora un utilizzo semplicistico e per certi versi primitivo del marketing. Si potrebbe parlare a questo proposito di un approccio al mercato ancora molto “intuitivo”, o meglio “spontaneo”. Da parte delle imprese, ed anche da parte degli Enti Pubblici che pure esercitano un ruolo importante nell’arena del turismo, ci si interroga poco sui reali bisogni delle persone alle quali ci si rivolge, sulle modalità più corrette per comunicare con loro. Molte conoscenze vengono date per scontate, per acquisite una volta per tutte, e si tende a ripetere quanto è stato già sperimentato, con alcuni aggiustamenti frutto dell’esperienza o dell’imitazione dei concorrenti. Nel parere di Giancarlo Dall’Ara, autore di questo volume, il marketing non può essere ridotto solo ad una questione di comunicazione pubblicitaria, di promozione o di tecniche e di tattiche. Il consumatore attuale, il cliente, è a disagio nel vedere i suoi bisogni omologati a quelli degli altri, ed esige un rapporto ben diverso. Il contenuto di questo volume testimonia l’importanza delle relazioni nel contesto delle problematiche dello sviluppo turistico, e spinge a riscoprire una delle chiavi tradizionali del successo dell’offerta turistica romagnola, alla luce delle nuove teorie ed ipotesi di marketing.

T.05 L’Ecolabel Europeo per il servizio di ricettività turistica. Linee guida per l’applicazione e rassegna delle esperienze esistenti. giugno 2003

Provincia di Rimini Assessorato al Turismo

Colori compositi

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Piazza Malatesta 28 47900 Rimini tel. 0541 716380 fax 0541 783808

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Gestire le relazioni nel turismo. Una nuova cultura di marketing per Enti e destinazioni.

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Collana Manuali operativi per imprese turistiche

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Gestire le relazioni nel turismo. Una nuova cultura di marketing per Enti e destinazioni.

manuali operativi per imprese turistiche

turismo@provincia.rimini.it www.turismo.provincia.rimini.it

Provincia di Rimini Assessorato al Turismo

10 – aprile 2004


Manuale di marketing, indirizzato agli operatori turistici, realizzato nell’ambito della convenzione tra l’Assessorato al Turismo della Provincia di Rimini e Giancarlo Dall’Ara Coordinamento progetto: Massimo Masini, Francesca Sancisi (Provincia di Rimini) Redazione a cura di: Giancarlo Dall’Ara Collana a cura di: Massimo Masini, Dirigente Servizio Turismo Provincia di Rimini Si ringrazia: Paola Sorci Progetto grafico: Relè Stampa: Graph - Rimini


Per informazioni: Assessorato al Turismo Provincia di Rimini Piazza Malatesta, 28 - 47900 Rimini Tel. 0541 716380 Fax 0541 783808 turismo@provincia.rimini.it


L'autore

Giancarlo Dall’Ara si occupa di turismo dagli anni ‘70, è stato direttore di importanti Consorzi di Albergatori, e poi docente di marketing al CST di Assisi e all’Università di Perugia. Ha elaborato Piani di sviluppo per Enti turistici pubblici e privati in quasi tutte le regioni d’Italia. Ha coordinato per molti anni l’immagine del Trentino turistico. È autore di numerose pubblicazioni sulla materia turistica, edite da Franco Angeli.


Indice

Presentazione

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Abstract Premessa: la lenta diffusione del marketing nel turismo, tutti lo conoscono ma pochi lo adottano

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1 Marketing e relazioni 1.1 PerchĂŠ questo lavoro? 1.2 Lo Scenario in 12 parole chiave 1.3 Il punto degli studi sul tema delle relazioni 1.4 La situazione attuale e le nuove prospettive

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2 Otto proposte e alcuni spazi di operativitĂ 2.1 Marketing interno 2.2 Valore di legame 2.3 Verso un nuovo modello di Ufficio informazioni 2.4 Customer satisfaction 2.5 La fonte delle informazioni 2.6 Una organizzazione mirata alla gestione delle relazioni 2.7 Nuove competenze e nuove figure professionali 2.8 Sistemi di Relazione

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Bibliografia

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I mercati cambiano piĂš velocemente del marketing. Philip Kotler

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Presentazione

La Provincia di Rimini offre al palcoscenico del turismo italiano ed internazionale alcune destinazioni conosciute e consolidate nell’immaginario collettivo come “marche” turistiche di primo piano. Il ruolo che esse debbono giocare si confronta sempre di più con una realtà complessa che richiede organizzazione e efficienza in chiave di Destination management che comprenda tutti gli aspetti sensibili dell’offerta turistica. In questo contesto, uno degli elementi di successo della destinazione turistica deriva dalla capacità di stabilire relazioni e renderle durature nel tempo. A tutti i livelli, con i turisti, con gli operatori del turismo, con gli organi di informazione, con gli opinion leader del sistema, ecc. Il punto di partenza di questo lavoro è dato, quindi, dal bisogno di ripensare all’utilizzo del marketing nel turismo e più in generale nel mondo dell’ospitalità, di riuscire a calarlo nel contesto reale che caratterizza in particolare l’area della provincia di Rimini. Lo stimolo concreto è venuto da alcune affermazioni contenute nel volume-ricerca sul marketing passaparola, pubblicato nella collana dell’Assessorato al Turismo della Provincia di Rimini nel corso del 2003 (T7). Il contenuto di quel volume testimonia l’importanza delle relazioni nel contesto delle problematiche dello sviluppo turistico, e spinge a riscoprire una delle chiavi tradizionali del successo dell’offerta turistica romagnola, alla luce delle nuove teorie ed ipotesi di marketing. Sempre in quel volume è stata evidenziata la necessità che anche gli Enti e le Associazioni si debbano occupare di relazioni, sia ipotizzando nuovi strumenti, che prevedendo un uso innovativo degli uffici informazione, e ponendosi infine anche l’obiettivo di contare su figure professionali nuove. Questi temi sono stati ripresi nel nuovo lavoro di Dall’Ara con l’intento di offrire soprattutto ad Enti ed Associazioni che si occupano di turismo, un nuovo approccio

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e al tempo stesso un nuovo piano di lavoro. Come denuncia l’autore, molte delle difficoltà che attanagliano il sistema turistico, sono imputabili al fatto che diversi operatori, pubblici e privati, sembrano non aver compreso fino in fondo l’ampiezza e la profondità dei cambiamenti in atto e che il gioco di squadra tra gli stake holder del sistema turistico locale è condizione necessaria allo sviluppo turistico. Gestire bene le relazioni serve al sistema complessivamente ed agli operatori singolarmente. Non si può chiedere uno sforzo in tal senso al privato senza mettere in gioco una rinnovata professionalità del pubblico in un percorso parallelo verso lo stesso obiettivo. Con questo libro vogliamo offrire uno stimolo ideale ed un aggancio concreto agli Enti che si occupano a vario titolo di promozione e comunicazione turistica ed alle destinazioni che sono costantemente in prima linea per vedere emergere sempre più la specificità della loro proposta. Massimo Gottifredi Assessore al Turismo & Ospitalità della Provincia di Rimini

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Abstract

Molte delle difficoltà che attanagliano il sistema turistico, e quello romagnolo in particolare, sono imputabili al fatto che diversi operatori, pubblici e privati, sembrano non aver compreso fino in fondo l’ampiezza e la profondità dei cambiamenti in atto. Lo Scenario del passato, se paragonato a quello attuale, era molto più statico. Poi le cose hanno cominciato a cambiare, la concorrenza si è fatta sentire sempre di più, e sempre più vicina. La domanda ha mostrato esigenze nuove e almeno apparentemente imprevedibili, ed anche il sistema intermediario ha cominciato a mutare. Lo scenario, da statico, si è così trasformato in turbolento, logorando rapidamente competenze e conoscenze degli operatori. Oggi la domanda non è più passiva, il consumatore è sempre più autonomo, e impossibile da affrontare secondo meccanismi rigidi (stimolo-reazione), mentre il consumo sta diventando sempre di più strumento di aggregazione e generatore di relazionalità. Così che il successo dipende dalla capacità di gestire relazioni interattive con gli acquirenti. Lo stesso Kotler ritiene oggi che il marketing debba superare l’ossessione per la transazione a tutti i costi, “una sindrome che porta a una vendita oggi e alla perdita di un cliente domani”, e giunge ad affermare che a differenza del marketing del passato che riteneva che la dote di maggiore importanza consistesse nella capacità di individuare nuovi clienti, debba considerare piuttosto obiettivo primario il mantenimento e lo sviluppo delle relazioni con i clienti esistenti. L’obiettivo strategico è dunque quello di trovare una modalità di ottimizzare le relazioni sotto ogni aspetto. Ma se anziché esaminare la letteratura in materia, si guarda alla realtà del settore turistico, la situazione si presenta ben diversa. Nonostante la piena consapevolezza del fatto che siamo di fronte ad un nuovo Scenario, caratterizzato da un nuovo tipo di consumatore, non si vede da parte delle imprese e delle Istituzioni quel capovolgimento di prospettiva che sarebbe legittimo aspettarsi. La fase “dalle transazioni alle relazioni”, nel turismo non è ancora cominciata.

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Da queste riflessioni e dall’analisi di quanto sostengono le diverse Scuole di marketing delle Relazioni, emergono alcune proposte, di seguito solo tratteggiate: > Il marketing interno Sino ad oggi si è pensato al marketing come ad una funzione tutta rivolta all’esterno. Completamente trascurato risulta invece il versante interno. Le campagne si fanno per i turisti non per il personale. Gli educational si fanno per i giornalisti, per i T.O., ma educational per dipendenti, collaboratori e tantomeno fornitori, di norma non sono previsti. La via maestra per superare questa forma di “miopia” è il marketing interno. > Il valore di legame Nel turismo si tende ad attribuire tradizionalmente poca importanza al valore di legame che nasce in vacanza, ad esempio non si offrono alle tribù che nascono durante le vacanze, le occasioni per tornare a frequentarsi. Se si assume questo punto di vista emerge che lo sforzo dei soggetti interessati allo sviluppo turistico dovrebbe tendere: - a valorizzare servizi che mettano in relazione più individui in una sola comunità, - e a permettere alle tribù che spontaneamente si formano in occasione della vacanza di continuare a esistere, di pensare cioè a quali servizi offrire, anche semplicemente virtuali, per permettere loro di continuare ad esistere ed anzi a svilupparsi. > Gli Iat Gli Iat di norma non tendono a stimolare i sensi dei visitatori, anzi si può scoprire che sembrano progettati per rimuovere qualsiasi suggestione sensoriale (l’odore di fresco e pulito…, osservare con il tatto, fare delle esperienze, essere coinvolti dalle atmosfere…). Anche nel momento dell’erogazione del servizio informativo però, il consumatore vuole essere riconosciuto come persona caratterizzata da un comportamento attivo, da protagonista, in grado di contribuire direttamente alla creazione del servizio - nel caso specifico una informazione personalizzata, non standard - con il rifiuto conseguente del ruolo passivo al quale gli uffici tradizionali tendono a confinarlo. Lo spazio dovrebbe essere progettato di conseguenza, con l’obiettivo strategico di

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stabilire rapporti con i visitatori, stimolare la comunicazione interpersonale e aumentare la fedeltà. > La Customer Satisfaction Si è spesso portati a ritenere che l’atto di acquisto di una vacanza in un determinato luogo sia in quanto tale la dimostrazione massima del gradimento e della soddisfazione degli utenti, e si dimentica volentieri di guardare l’altro lato della medaglia, i clienti persi. In Italia e in Emilia Romagna in questi decenni sono stati persi interi mercati esteri. Da qui l’invito a monitorare con maggiore attenzione la soddisfazione delle persone in vacanza. > Le fonti di informazione L’analisi della letteratura disponibile mostra come il processo di reperimento delle informazioni nel turismo a tutt’oggi risulti essere relativamente poco conosciuto e più in generale poco studiato. Quello che qui ci preme sottolineare è che forse non si è ancora riflettuto a fondo su quante siano le fonti di informazione per un consumatore non “controllate dal marketing”, o meglio verso le quali il marketing non esercita alcuna attività esplicita. > Una organizzazione mirata alla gestione delle relazioni Nella relazionalità, nelle forme sistematiche di relazioni, può trovare corpo l’esigenza di affrontare la domanda in modo più evoluto e maturo, certo più complesso, con un’ottica trasversale, nella quale, lo specifico turistico non è necessariamente centrale, e nella quale la persona non è completamente “esterna”, né al prodotto, né alla comunicazione, come si ha nella visione meccanicistica del marketing. Ciò comporta conseguenze sia rispetto alla Risorsa Umana, che al tipo di organizzazione. > Nuove figure professionali L’efficacia dei processi erogativi dei servizi e delle interazioni con la clientela è direttamente correlata all’adeguatezza della risorsa umana. Le figure professionali necessarie sono diverse e vanno dagli addetti alla gestione del passaparola, ai ciceroni-divulgatori, passando per i “part time marketer”, ed i

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responsabili delle strategie di marketing relazionale delle destinazioni. > I Sistemi di Relazione Per attivare Sistemi di relazioni che si caratterizzano per una logica trasversale, più vicina a quella del marketing territoriale, che a quella del marketing turistico, occorre evitare di ridurli ad interventi episodici, e prevedere il coinvolgimento di un numero elevato di operatori del territorio. D’altronde secondo il marketing relazionale la funzione di marketing non è necessariamente assolta da una specifica unità organizzativa, ma si caratterizza proprio per essere una funzione diffusa. Giancarlo Dall’Ara

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Premessa: la lenta diffusione del marketing nel turismo, tutti lo conoscono ma pochi lo adottano

“Il marketing non è un qualsiasi strumento x, ma il condizionamento totale di un’azienda nella convinzione che tutto debba essere organizzato secondo la domanda” Gerd Gerken Nel turismo, nonostante le dichiarazioni di principio per le quali al primo posto ci dovrebbe essere la soddisfazione dei bisogni dei consumatori, ogni sforzo è ancora largamente proteso a vendere quel che si produce. Nel sistema dell’ospitalità turistica dunque l’atteggiamento dominante vede ancora un utilizzo semplicistico e per certi versi primitivo del marketing. Si potrebbe parlare a questo proposito di un approccio al mercato ancora molto “intuitivo”, o meglio “spontaneo”. Da parte delle imprese, ed anche da parte degli Enti Pubblici che pure esercitano un ruolo importante nell’arena del turismo, ci si interroga poco sui reali bisogni delle persone alle quali ci si rivolge, sulle modalità più corrette per comunicare con loro. Molte conoscenze vengono date per scontate, per acquisite una volta per tutte, e si tende a ripetere quanto è stato già sperimentato, con alcuni aggiustamenti frutto dell’esperienza o dell’imitazione dei concorrenti. Molti operatori privati continuano ad avere una visione miope del mercato, e si limitano ad azioni di routine, trovandosi spesso ad andare in guerra con le armi ormai spuntate dei conflitti precedenti; oppure si limitano a porre attenzione solo al fattore prezzo, dimenticando spesso che una politica orientata al prezzo, inevitabilmente “basso”, basata su sconti e riduzioni, non comporta necessariamente buoni risultati. Sul versante degli enti pubblici l’approccio al marketing viene confuso con l’adozione di semplici tecniche di promozione, e di comunicazione pubblicitaria, e si tende a dimenticare che: - una comunicazione massiccia non crea necessariamente migliori performance o business per i privati,

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- tali modalità di operare nel mercato hanno come conseguenza certa solo quella di rendere il mercato ulteriormente superaffollato di comunicazioni. Quanto alle Associazioni la visione corrente del marketing è quella di una disciplina da conoscere, da tenere nel cassetto, e da utilizzare però solo in determinate situazioni. È raro trovare Associazioni che facciano del marketing la loro bussola strategica. Nel parere di chi scrive il marketing non può essere ridotto solo ad una questione di comunicazione pubblicitaria, di promozione o di tecniche e di tattiche. Il consumatore attuale, il cliente, è a disagio nel vedere i suoi bisogni omologati a quelli degli altri, ed esige un rapporto ben diverso. Ciò che l’orientamento al marketing dovrebbe comportare è che è necessario: > saper ascoltare i consumatori, perché i consumatori sono la fonte privilegiata delle informazioni, > saperli poi considerare - clienti, istituzioni o persone che siano - come entità individuali, e non come mercati anonimi o semplici “bacini di utenza”.

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1. Marketing e relazioni

La crescente moltitudine di relazioni dà origine a nuove opportunità. Richard Normann 1.1 Perché questo lavoro Gli attuali strumenti e le attuali modalità di promozione hanno registrato sinora risultati incerti che hanno contribuito a generare una certa stanchezza nell’approccio del marketing tradizionale. L’approccio tradizionale dal punto di vista teorico inoltre ha mostrato non pochi limiti. Ad essere sotto accusa è in primo luogo la visione per la quale solo il venditore avrebbe un ruolo attivo nel mercato, ed al consumatore spetterebbe solo il ruolo bersaglio; una visione che nel parere di molti esperti non sarebbe più rispondente alla realtà del mercato. Ed in effetti, se si analizza quanto accade nel settore del turismo, si scopre che la logica che sottende gli interventi posti in essere da operatori pubblici e privati è quella meccanicistica, per la quale ad ogni stimolo deve necessariamente corrispondere una risposta. In questa visione i turisti sono considerati elementi passivi, bersaglio delle attività di marketing e di promozione, soggetti “influenzabili facilmente” dalla pressione promozionale. Sempre in questa visione i consumatori sono l’oggetto di studi e di ricerche, e sono esclusi da ogni programmazione, non sono invitati a partecipare cioè alla progettazione dei servizi né alla costruzione di prodotti. e si pensa che la loro autonomia sia limitata alla scelta tra le alternative proposte da chi fa promozione e commercializza. Come si vede si tratta di un’ottica molto sterile. Diretta conseguenza di questa situazione è la sottovalutazione dell’importanza del marketing interno, di quelle attivi“Abbiamo una altissima percentuale di clienti fedeli - ha tà cioè rivolte: recentemente dichiarato Michele Melloni direttore - a coloro che offrono il prodotto, o lo generale Valtur - ma in realtà non abbiamo fatto mai devono presentare ai consumatori finali, niente per sollecitare questo target o stimolare la loro - o a coloro che con la loro presenza scelta” (da una intervista pubblicata su TTG Italia 14 luglio contribuiscono a crearlo, i clienti1. 2003, “Progetto di fidelizzazione per i clienti”).

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Altra conseguenza di questa situazione è la sottovalutazione dell’importanza del marketing relazionale, cioè di una strategia a lungo termine che mira allo sviluppo ed al rafforzamento di rapporti continui e durevoli con i clienti. Tutto ciò non a caso visto che gli strumenti del marketing interno e del marketing relazionale richiedono uno sforzo organizzativo assai maggiore di quelli in uso, ed una impostazione completamente diversa. Il sociologo Giampaolo Fabris ritiene che per comprendere davvero il significato di orientamento al cliente le organizzazioni dovrebbero ribaltare completamente la loro logica. Le imprese “prodotto centriche”, essendo orientate verso il prodotto cercano di imporre le loro offerte a ogni cliente potenziale; e a ben vedere così facendo si caratterizzano per avere una filosofia che segue questo schema: assetimput-offerta-canali-clienti. In tal modo le imprese però non riescono a conoscere bene i loro singoli clienti, e non possono esprimere fino in fondo le loro potenzialità. Se fossero orientate davvero al cliente, sostiene sempre Fabris, avrebbero un approccio diverso, partirebbero dalla loro comprensione, e seguirebbero lo schema diametralmente opposto: clienti-canali-offerte-input-asset. In paesi come l’Italia, la Francia e la Scandinavia gran parte della letteratura attuale sul marketing sottolinea i limiti della visione tradizionale, alla ricerca di metodologie e strumenti che rispetto al passato siano più in grado di: > capire meglio i consumatori e dare risposta alle nuove domande, > mostrare una maggiore coerenza con la cultura degli operatori, > aumentare l’efficacia delle azioni. In altre parole si ritiene che il marketing tradizionale non sia in grado di interpretare correttamente il nuovo scenario, ed il suo utilizzo “acritico” finisca per offrire delle armi spuntate agli operatori. Diversi autori ritengono necessario un aggiornamento culturale e propongono per questo di pensare diversamente ad alcuni concetti chiave del marketing tradiziona-

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le e di vedere sotto una luce diversa temi quali la domanda, il consumo, il consumatore, il mercato. Prima di entrare nel cuore dell’argomento di questo libro può essere dunque interessante valutare cosa può comportare uno sforzo di aggiornamento in termini di conoscenza dello scenario attuale. 1.2 Lo Scenario in dodici parole chiave Molte delle difficoltà che attanagliano il sistema turistico, e quello romagnolo in particolare, sono imputabili al fatto che diversi operatori, pubblici e privati, sembrano non aver compreso fino in fondo l’ampiezza e la profondità dei cambiamenti in atto. Lo scenario del passato, se paragonato a quello attuale, era molto più statico. Al termine di ogni stagione i consuntivi degli operatori turistici pubblici o privati non si discostavano di molto da quelli degli anni precedenti: - i turisti provenivano dagli stessi bacini geografici, - il soggiorno medio non cambiava di molto, - le esigenze della domanda si ripetevano di anno in anno, - quanto alle iniziative da intraprendere per migliorare la performance delle destinazioni o delle imprese, si pensava fosse sufficiente ripetere ciò che era appena stato fatto, che poi era esattamente quello che si faceva da molti anni. In quello scenario il tasso di fedeltà della domanda era elevato ed il cambiamento era caratterizzato da un ritmo lento che permetteva agli Enti turistici di programmare con un orizzonte temporale lungo, ed agli operatori privati di replicare sostanzialmente le stesse iniziative promozionali e di commercializzare gli stessi prodotti. Inoltre la realtà dell’offerta turistica viveva ancora una fase spontanea, nella quale gli operatori gestivano prevalentemente una posizione di rendita. Poi le cose hanno cominciato a cambiare, la concorrenza si è fatta sentire sempre di più, e sempre più vicina. Alcuni competitor anziché cercare di trovare turisti nei bacini lontani, hanno cominciato ad erodere le quote di mercato detenute dalle realtà consolidate, come la nostra.

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La domanda ha mostrato esigenze nuove e almeno apparentemente imprevedibili, ed anche il sistema intermediario ha cominciato a mutare. Abbiamo assistito a fallimenti di colossi internazionali che sembravano dominare il mercato della domanda; abbiamo poi assistito a grandi concentrazioni, alle integrazioni verticali di intermediari alla ricerca di un controllo sempre più elevato dell’intera filiera del prodotto turistico, allo sviluppo di politiche di distribuzione multicanale, alle aggregazioni di operatori in network, ai timori ed alle nuove opportunità generati dalla diffusione di internet… Lo scenario, da statico, si è così trasformato in turbolento, nel senso che non solo il ritmo del cambiamento si è accentuato, ma nel senso che è anche diventato sempre meno prevedibile, più instabile e discontinuo, logorando rapidamente competenze e conoscenze degli operatori. Tra gli autori italiani che si sono maggiormente occupati delle conseguenze di questa situazione vi è Giampaolo Fabris, dai lavori del quale sono ripresi alcuni dei concetti presentati qui di seguito. > a. La domanda Nel paradigma tradizionale del marketing concept viene adottato il meccanismo “stimolo-risposta” per spiegare le reazioni degli acquirenti e dei mercati alle azioni manageriali. La domanda è considerata come una grandezza reattiva; il soggetto attivo è solo il venditore: l’albergo, il campeggio, e per estensione la destinazione. È lui che raggruppa i consumatori in segmenti omogenei, che predispone offerte e strumenti, e che avvia modalità di comunicazione, e più in generale pone in essere politiche intenzionalmente dirette a condizionare i comportamenti dei consumatori per ottenere da loro, soggetti passivi dello scambio, una reazione d’acquisto. Ma nella realtà attuale il “mercato della domanda” non è più passivo. Si prenda in esame il settore dell’industria: nella produzione automatizzata e flessibile il consumatore diventa attivo, perché partecipa al processo di progettazione e realizzazione del bene fornendo indicazioni sulle proprie specifiche esigenze. Così, grazie all’interazione con i clienti, ad esempio, la National Panasonic Bycicle

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giapponese per rispondere alle loro esigenze, si trova a commercializzare più di dieci milioni di differenti modelli di biciclette. Non diversamente su internet il consumatore turista può partecipare attivamente al processo di produzione e diventare creatore di valore per le imprese. Da un lato il turista può fornire indicazioni sulle preferenze individuali o sui pacchetti da costruire, attraverso feedback nella forma di questionari sul web, messaggi e-mail o semplicemente attraverso modelli di “cliccaggio”, dall’altro lato i tour operator forniscono prodotti o servizi modulari, come i voli, le camere, i tour, il noleggio di auto e consentono all’utente di partecipare allo sviluppo di uno specifico pacchetto di vacanze usando un menu di opzioni2. Il T.O. francese Terre d’Aventure per rispondere alle esigenze dei propri clienti, propone viaggi senza guida né accompagnatore: sono gli stessi clienti che decidono la data di partenza ed il circuito da effettuare. In altre parole il consumatore è sempre più autonomo, e per questo imprevedibile e impossibile da affrontare secondo meccanismi rigidi (stimolo-reazione). Tra chi vende e chi acquista hanno luogo relazioni nelle quali sempre più spesso gli acquirenti sono soggetto attivo nella ricerca di informazioni, nella richiesta di prodotti particolari, nel processo di erogazione dei servizi, nel processo di comunicazione. > b. Consumatore Il termine consumatore postula, secondo la sociologia contemporanea, un soggetto economico che si comporta nell’agire di consumo in maniera dissimile dagli altri momenti dell’esistenza. Nella teoria classica il consumatore era visto quasi come un ragioniere a tempo pieno, un soggetto razionale teso alla massimizzazione dell’utilità; la semplice osservazione di quanto accade attorno a noi mostra però che quelQuesto è ciò che per lungo tempo hanno sognato sia la visione non corrisponde affatto alla i venditori che i consumatori: ottenere un’alta qualità di realtà. 2

prodotti fatti individualmente, e quindi personalizzati, al costo di una produzione di massa, obiettivo reso possibile dalle caratteristiche di Internet (Linee Guida per il marketing turistico on line, Europa Inform, Rimini, maggio 2001).

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Oggi il consumatore, e quel particolare tipo di consumatore che è il turista, si presenta eclettico e pragmatico, imprevedibile, incoerente… quasi un soggetto


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dalle mille identità. I suoi comportamenti contraddittori (si pensi ad esempio a come convive la ricerca dell’autenticità, con la seduzione del falso) non lo meravigliano. Il nuovo consumatore è flessibile, dà più spazio alle emozioni, alla sensorialità, è consapevole della propria autonomia decisionale e del proprio potere. Non solo sa scegliere, ma sa anche consigliare e influenzare il consumo di altri. Molte imprese sono consapevoli del fatto che il consumatore è il loro patrimonio più prezioso, e hanno per questo rinunciato ad atteggiamenti autoritari (o prendere o lasciare), unidirezionali o comunque non simmetrici. Il nuovo rapporto, consumatore/azienda tende ad assomigliare sempre di più al “business to business”, dove la relazione è simmetrica, tra attori che si conoscono, improntata a rispetto e fiducia reciproca. > c. Consumo Nel vecchio paradigma il termine consumo aveva solo connotati negativi, e rinviava al significato di spreco di risorse. Oggi si tende ad osservare che consumo significa anche altro. Secondo l’approccio comunicativo il consumo permette agli individui di instaurare relazioni, di coprire ruoli, di rendere intelligibile la propria realtà. Il consumo, come sarà chiaro quando si prenderà in esame il fenomeno delle tribù, è sempre di più generatore di relazionalità, strumento di aggregazione. Vi sono comunità come quelle che si formano spontaneamente fra utenti di un prodotto, oppure che vengono stimolate da un’azienda che le promuove, le sponsorizza o le ospita sul proprio sito. Le comunità del consumo nascono perché un gruppo di utenti interessati ad un prodotto/servizio sente l’esigenza di confrontarsi per soddisfare al meglio il bisogno che si riconosce in quell’area del consumo. Il consumo di un prodotto o di un servizio può diventare un vettore di comunione, e come un totem per le tribù primitive, funge da polo di attrazione per le tribù post moderne e da supporto per i loro riti. E il legame che si sperimenta nell’interazione non è necessariamente costruito a priori da una azienda, anzi nella maggior parte dei casi viene creato dagli stessi attori coinvolti.

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> d. Fedeltà Se si leggono le indagini Eurisko sulle vacanze degli Italiani si scopre che in merito alla fedeltà nelle scelte, tre italiani su quattro dichiarano di gradire il cambiamento della località di vacanza e desiderano vedere posti nuovi. Risposte non molto diverse si leggono sulle indagini relative ad altri paesi esteri. L’infedeltà sta aumentando in tutti i settori dei beni e dei servizi. Lo Studio GPF & Associati stima che circa il 14% dei consumatori sia indifferente alle marche, ma i “monogami” che erano il 48% all’inizio degli anni ‘90 sono ora ridotti al 35%, mentre risultano in forte ascesa i “poligami”, cioè i “grandi traditori”, che sarebbero il 51% della popolazione. Dunque se il tasso di “vischiosità” dei prodotti crolla, di fronte a quello che è stato definito un consumatore “ondivago”, occorre prendere atto che la fedeltà sta diventando un fattore strategico, da saper gestire e coltivare. > e. Mercato e marketing Nel marketing ortodosso il processo di acquisto è un processo sostanzialmente teso alla soluzione dei problemi, si acquista una punta di trapano per risolvere il problema di fare un foro nel muro, e l’acquirente non può interferire o condizionare la natura dell’offerta. Come si è già detto il venditore è il soggetto attivo, e l’acquirente è il soggetto passivo dello scambio, che viene concepito come una pura transazione. Il mercato3 luogo economico deputato alle transazioni è caratterizzato da una struttura atomistica, con un elevato numero di acquirenti con aspettative aggregabili in segmenti omogenei. Se nell’economia di mercato si parlava di venditori e compratori, oggi si tende a parlare di fornitori ed utenti, e le transazioni lasciano sempre più spazio alle relazioni commerciali4. Nell’approccio relazionale che caratterizza il marketing delle cosiddette Scuole del Nord a partire dagli anni ‘80, i mercati si configurano come reti di cfr. “Relazioni interattive con gli utilizzatori” Annalisa relazioni interattive interconnesse, e Tunisini, Micro & Macro Marketing n. 1, 1994 non come un sistema atomistico. Il succfr. Jeremy Rifkin “L’era dell’accesso” Mondadori, cesso dipende dalla capacità di gestire Milano, 2000. relazioni interattive con gli acquirenti. 3

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Il marketing management in particolare riguarda sia la gestione delle relazioni interattive con gli attori del mercato, che anche la gestione della comunicazione tra gli attori interni all’impresa che gestiscono le relazioni con quelli esterni. Nell’approccio relazionale, la strategia di marketing e le relative scelte operative poggiano su tre elementi: - acquirente e venditore sono entrambi soggetti attivi nel processo di scambio, - per entrambe le parti coinvolte il valore derivante dalla transazione tende ad aumentare quando la transazione viene ripetuta nel tempo, - il rapporto tra cliente e fornitore supera l’ottica conflittuale e si caratterizza per un forte orientamento alla collaborazione e allo sviluppo di un reciproco impegno al successo comune5. > f. Struttura dei mercati Riprendendo le parole di Fabris si può affermare che in passato la metafora alla quale si faceva riferimento per descrivere la struttura dei mercati era quella della piramide. L’altezza della piramide indicava il livello dei prezzi, e la base il livello venduto. A mano a mano che ci si approssimava al vertice aumentavano i prezzi e diminuivano i volumi. Il riferimento divenne poi il salvadanaio, con una base ridotta ed un rigonfiamento al centro; circoscritto era il settore caratterizzato da prezzi alti. Oggi la metafora è la clessidra: è proprio nella fascia dei prezzi medi che si registra una maggiore sofferenza e contrazione delle vendite. Rispetto al prezzo si è assistito ad un fenomeno di “laicizzazione” da parte del consumatore, che è sempre meno disponibile a fare rinunce sul fronte della qualità. La clessidra indica il declino dei prodotti medi, come prezzo, qualità e immagine. Sarà sempre più difficile per questi trovare spazio nei mercati. Ma la clessidra indica anche una continua aspirazione ad una qualità elevata.

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cfr. Matteo Caroli “Il marketing territoriale” FrancoAngeli,

Milano ‘99.

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> g. Target Lo stesso concetto di target-group, da molti definito come uno dei risultati più


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interessanti ed innovativi dell’approccio di marketing è oggi visto come figlio di una visione meccanicistica e militare. Target vuol dire bersaglio, il consumatore è terra di conquista, una visione agli antipodi rispetto all’orientamento al consumatore, per il quale il consumatore è una persona da servire e con cui dialogare, non da aggredire. > h. Tribù Per chi si occupa di mercato, il fatto nuovo degli anni ‘90 e dei primi anni 2000, è dato dalle tribù. Sempre più consumatori sono caratterizzati da un grande desiderio di stare insieme, di un “milieu comunitaire”, di empatia, di appartenenza, di scambiare atmosfere ed emozioni. Il consumo costituisce così il collante di nuove forme di socialità. Ne aveva parlato Gerd Gerken, esperto di marketing tedesco, già nei primi anni ‘90, ma il tema è oggi rilanciato da Bernard Cova. Anche se almeno inizialmente le tribù si caratterizzano per l’assenza di interesse commerciale, le tribù hanno un bisogno latente di stare insieme e di legami sociali, e si possono costituire attorno ad una marca o ad un prodotto, un punto vendita, un personaggio, un luogo di incontro. Si tratta di una appartenenza che ha una forte coloritura emozionale6. > i. Prodotto Nelle società moderne i beni si vanno dematerializzando. I prodotti sono sempre di più visti come “vettori di comunicazione”, e se il consumo viene sempre più interpretato come linguaggio è perché ciò che si scambia sul mercato sono sempre più segni, immagini, messaggi. Oggi si tende a ritenere che la pubblicità sia il principale strumento attraverso il quale avviene questa “significazione”7. Più in generale è la comunicazione che vende promesse, sogni, desideri, ed è in grado di trasformare la fisicità dei prodotti nell’immaterialità di un’aspirazione. La comunicazione commerciale trasforma le merci in significati, anche se il consumatore svolge un ruolo attivo nella costruzioGiampaolo Fabris “Il nuovo consumatore: verso il ne del significato di quelle merci, grapostmoderno”, Franco Angeli, Milano 2003. zie alla sua capacità di aggiungere e a Giampaolo Fabris “Il nuovo consumatore verso il volte di modificarne il significato.

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postmoderno” Franco Angeli, Milano 2003.

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> l. Autenticità Tradizionalmente si considera “ricerca dell’autenticità” quel desiderio che i turisti manifestano quando cercano di vedere cosa c’è oltre le apparenze superficiali, oltre il sipario, e dietro le quinte. Bernard Cova stima che il 54% della domanda oggi cerchi autenticità. La ricerca dell’autenticità si inserisce nel filone della ricerca identitaria, che deriva dallo sradicamento moderno dell’idealizzazione del tempo trascorso, lontano dai fenomeni di globalizzazione. La ricerca dell’autenticità guida alcune modalità di vivere il quotidiano, ad es. l’autentico dietro l’angolo, il decommercializzato che pure richiede un sacrifico in termini di tempo, i prodotti scelti e consumati anche dalla gente del luogo (non quelli della pubblicità e delle etichette ufficiali). Autentico è quindi oggi latore di senso, vettore di legami con le persone e i luoghi, soprattutto quelli del passato. Il consumatore è diventato molto attento alle proprie sensazioni nel contatto con il personale di un’impresa soprattutto se si propone come autentica, ed è in grado di sottoporla ad una vero e proprio esame. Oggi oltre all’autenticità del prodotto il consumatore chiede anche l’autenticità delle intenzioni dell’impresa. > m. Esperienze Per Pine e Gilmore un’esperienza è principalmente una nuova categoria di offerta che è particolarmente adatta ai bisogni del consumatore post moderno. Le esperienze, anche se finora largamente non riconosciute come tali, sono distinte dai servizi, come i servizi lo sono dai prodotti ed i prodotti lo sono dalle merci. Quando una persona acquista una esperienza, “paga per spendere il suo tempo nel fruire di una serie di momenti memorabili che l’azienda organizza, come in uno spettacolo teatrale, per impegnarlo in modo diretto”. Ed in effetti, osservando il comportamento dei consumatori, li vediamo sempre di più alla ricerca di esperienze avvolgenti che li intrattengano, che li coinvolgano, e che siano memorabili.

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Beni e servizi sembrano non bastare più. I luoghi di acquisto stanno diventando luoghi di esibizione permanente nei quali lo shopping significa ben di più che fare la spesa; per avere successo i punti vendita devono offrire alle persone un’esperienza sorprendente e spettacolare. La disciplina del marketing si sta riorientando di conseguenza e tende a privilegiare una concezione esperienziale, tesa cioè a far sperimentare al consumatore delle sensazioni fisiche ed emotive durante l’esperienza con il prodotto e la marca. Tra i luoghi privilegiati del marketing esperienziale si trova sempre di più il punto vendita, nel quale tra l’altro si può stabilire un vero rapporto interattivo con i clienti. Come si è già rilevato, oggi il consumo sfuma i suoi significati tangibili per divenire linguaggio e comunicazione, così molte offerte che sembrano dei prodotti sono in realtà degli artifici che servono a inserire un cliente in un contesto, o in una narrazione, che lo coinvolge sul piano emozionale. I villaggi, i musei, i negozi che sembrano delle destinazioni turistiche o i parchi tematici nei quali gli ospiti possono sperimentare tutti i loro sensi, le camere di albergo a forma di gondola, o che ricostruiscono i mondi sognati dagli ospiti, sono progettati affinché il consumatore possa sentirsi trasformato, in senso emotivo, dall’acquisto. > n. Qualità Per un lungo periodo la qualità è stata intesa come conformità ad una serie di parametri come se l’obiettivo di difetti zero fosse davvero il paradigma della qualità e lo strumento per soddisfare il consumatore. Il nuovo paradigma vede invece il passaggio da difetti zero a defezioni zero. Per definire la qualità si ritiene oggi che occorra un mix di indicatori oggettivi e soggettivi, ad esempio la capacità di un servizio di suscitare emozioni, la sua attualità culturale, la possibilità di permettere di fare esperienze, il “value for money”. E ciò significa che ai fini di una corretta definizione della qualità la conoscenza del target è primaria. In altre parole il vero parametro per chi produce e offre servizi dovrebbe essere la

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qualità percepita, la qualità così come viene soggettivamente recepita dal consumatore8. 1.3 Il punto degli studi sul tema delle relazioni Ogni manuale di marketing spiega che inizialmente la disciplina del marketing era tutta protesa verso il tema della produzione. Il consumatore era nello sfondo. Storicamente parlando si tratta di un periodo che va dagli anni ‘30 agli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale. Nel turismo le cose sono ancora in gran parte così: a differenza di quanto accade nel settore industriale, nel turismo siamo ancora fermi alla prima fase del marketing, con il consumatore che non ha ancora occupato la posizione centrale che gli compete, ma continua a rimanere nello sfondo. Tutt’al più si può affermare che oltre all’attenzione al tema della produzione dei servizi e della relativa promozione può esservi, soprattutto in aree come quella romagnola, una maggiore attenzione alle vendite. Resta il fatto che la seconda fase della storia del marketing, quella caratterizzata dalla attenzione al consumatore, nel turismo, è iniziata spesso solo a parole. Ai risultati delle ricerche sui consumatori infatti non corrispondono di norma azioni coerenti. È sufficiente esaminare i piani promozionali di molte Regioni per accorgersi che negli ultimi dieci anni vi sono stati ben pochi segnali innovativi, azioni cioè create apposta per rispondere alle profonde mutazioni intervenute nella domanda e più in generale nello Scenario. I budget sono largamente orientati alle stesse voci, pubblicità e partecipazioni a fiere, da sempre. Così, la terza fase che caratterizza il marketing oggi, quella definibile “dalle transazioni alle relazioni”, nel turismo non è ancora cominciata.

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Ma di cosa si tratta? Gli operatori di marketing del passato - ha scritto Kotler - ritenevano che la dote di maggiore importanza consistesse nella capacità di individuare nuovi clienti. I venditori passavano la maggior parte del tempo nell’acquisizione di nuovi clienti piuttosto che nel coltivare le relazioni con quelli esistenti. L’acquisizione di un nuovo cliente veniva celebrata come la vittoria Giampaolo Fabris op. cit.

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in una gara, mentre occuparsi dei clienti esistenti non aveva lo stesso significato. Oggi il modo di pensare degli operatori di marketing - prosegue sempre Kotler - è esattamente il contrario. Il mantenimento e lo sviluppo delle relazioni con i clienti esistenti si considerano obiettivo primario. La parola chiave è dunque sempre più “relazioni”. Una scelta questa che trova conferma nelle ricerche, leggendo le quali si scopre facilmente che tra le tendenze in atto che delineano il consumatore vi è l’espressione del sé intesa come ricerca di relazioni non stereotipate, ma per così dire di “maggiore spessore”. Solo per fare un esempio, più di tre quarti dei Francesi considerano la vacanza come il periodo ideale per gli incontri, lo sostiene una indagine dell’Istituto RMS effettuata per la rivista Echo Touristique nel 2000. Sembra un paradosso commentano gli estensori della ricerca: “in città si ignora chi sia il vicino di casa, ma a migliaia di chilometri di distanza si è avidi di fare nuovi incontri e nuove amicizie”. Dunque le relazioni sono cruciali per i consumatori, per le loro attese, e diventano cruciali per il marketing delle imprese. Tra i primi autori che hanno avuto il merito di rivedere l’approccio tradizionale del marketing spostando l’attenzione dalla produzione all’utilizzo, dal prodotto/servizio al processo, dalla transazione alla relazione, vi è stato Richard Normann. Normann ha insegnato a interpretare il servizio come produzione dell’intangibile, mostrando in particolare come il servizio si produca sul campo nell’interazione con il cliente. Con il concetto di “momento della verità” Normann suggerì che l’analisi di un’azienda dovesse partire dall’interfaccia con il cliente, non dalla produzione, né dal prodotto. Più in generale grazie a questi studi il cliente cominciò a diventare molto di più di un semplice terminale passivo. Il business veniva visto in una prospettiva nuova: non derivava dagli asset dell’azienda ma veniva generato dalle relazioni con i clien-

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ti. Il flusso fondamentale non era quello che andava dalla fabbrica verso l’esterno ma dal cliente verso l’interno. Con Normann quindi la prospettiva si ribalta: il mercato come bacino viene sostituito/integrato dal cliente come fonte. Gli studi di Normann misero alla luce che la realtà stessa delle imprese stava cambiando e la “struttura dei costi si era modificata”: una quota relativamente maggiore degli investimenti andava alla distribuzione, al marketing, al branding, alla ricerca e sviluppo, anziché alla produzione. I costi cominciavano a riflettere significativamente l’importanza delle relazioni con i clienti. E poiché gli investimenti in relazioni con la clientela erano così ingenti, era necessario prevedere anche un ritorno finanziario dalle relazioni con i clienti, assicurandosi la fedeltà del cliente. La chiave del successo diventava così un utilizzo intelligente del rapporto con il cliente. Service management, programmi di fidelizzazione, club clienti, tessere fedeltà, marketing relazionale, programmi di qualità con Normann diventano le nuove parole d’ordine della teoria manageriale. Anche grazie a quegli studi nacque e si sviluppò, soprattutto a partire dagli anni ‘80, la cosiddetta Scuola svedese del marketing, secondo la quale il marketing va concepito come management delle relazioni, rivolto cioè a creare, sviluppare e mantenere un network di relazioni che assicurino la sopravvivenza e la crescita dell’impresa. In quell’approccio il marketing diventa interattivo, cioè si basa su rapporti bilaterali e multilaterali, e finisce per assumere un’ottica di lungo termine, perché le relazioni richiedono tempi lunghi per essere costruite e mantenute. Gli argomenti di questo punto di vista hanno finito con l’influenzare anche i grandi rappresentanti della Scuola americana del marketing, quelli che avevano visto le loro idee venire riprese, acriticamente, in tutto il mondo. Lo stesso Kotler9 ritiene oggi che Philip Kotler “Il marketing secondo Kotler”, Il Sole 24 il marketing debba superare l’ossessioOre, Milano 1999. ne per la transazione a tutti i costi, “una

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sindrome che porta a una vendita oggi e alla perdita di un cliente domani”. Kotler è tra quanti sostengono oggi che siamo di fronte ad una situazione paradossale: le imprese spendono il 70% del loro budget di marketing per attirare nuovi clienti, mentre il 90% delle entrate è costituito da clienti abituali. “Privilegiano i nuovi clienti trascurando gli acquisiti e registrano tassi di abbandono compresi tra il 10 ed il 30%. Spesso le aziende propongono le offerte migliori ai nuovi clienti e non a quelli già acquisiti”. Schematizzando, le imprese non si dovrebbero limitare semplicemente a vendere un prodotto, e ciò per diversi motivi: - il valore di un’impresa è dato sostanzialmente dal valore del ciclo di vita dei suoi clienti, - un cliente perduto rappresenta qualcosa di più rispetto alla perdita della prossima vendita. È l’intero ciclo di vita del rapporto con il cliente che se ne va, - si stima che il costo di un nuovo cliente che sostituisca quello precedente, rappresenti cinque volte quello di mantenere un cliente soddisfatto. Da tutto questo deriva l’invito a: - tenere sotto osservazione il grado di soddisfazione dei clienti acquisiti, senza dare per scontata tale soddisfazione. - cercare di trasformare i clienti abituali in sostenitori secondo la vecchia regola per la quale la migliore pubblicità è un cliente soddisfatto, che fungerà quasi inevitabilmente da fonte di referenza per gli altri. Diversi autori per raggiungere tali obiettivi, invitano le imprese a considerare i propri clienti come partner, incoraggiandoli a fornire suggerimenti e opinioni. Tra quanti hanno messo a punto in modo più organico l’approccio relazionale del marketing vi è Christian Gronroos, autorevole esponente della scuola svedese, per il quale il marketing ruota attorno al rapporto con il cliente e in questo rapporto gli obiettivi delle parti in causa vengono raggiunti mediante vari tipi di scambi.

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Costruire il rapporto con il cliente diventa pertanto l’obiettivo più importante. E tutti devono essere coinvolti in questo processo. Gronroos sostiene che i rapporti a breve termine sono assai più dispendiosi di quelli a lungo termine, e anche se è importante cercare di avere nuovi clienti, il principale interesse strategico è di vendere ai clienti esistenti. Per Gronroos il marketing consiste nello “stabilire, mantenere e rafforzare i rapporti con i clienti, e con altri partner in modo da trarne profitti e da raggiungere gli obiettivi delle parti in causa. Questo si ottiene mediante un reciproco scambio ed un reciproco mantenimento delle promesse”10. A questa definizione Gronroos fa seguire una postilla che recita “le risorse del venditore, vale a dire personale, tecnologia e sistemi, devono essere usate in modo tale da conservare e rafforzare la fiducia del cliente in queste risorse e quindi nell’azienda stessa”. Di qui l’importanza di studiare correttamente il rapporto tra azienda e cliente. Gronroos fin dagli anni ’80 aveva delineato il concetto di “ciclo di vita del rapporto con il cliente” individuando tre fasi: - lo stadio iniziale nel quale un cliente potenziale può ignorare i servizi dell’azienda, - la fase dell’acquisto nella quale il cliente è consapevole di una necessità che l’azienda può soddisfare. Nel corso del processo di acquisto il cliente potenziale “valuta il servizio in rapporto a ciò che egli cerca e a ciò che egli è disposto a pagare”, - se il risultato è positivo il cliente decide di provare il servizio, entra quindi nella fase di consumo. Ora il cliente può osservare come l’azienda sia in grado di prendersi cura di lui e dei suoi bisogni. Se il cliente sarà soddisfatto il rapporto potrà eventualmente continuare. Questa impostazione permette all’azienda che è in grado di riconoscere in quale fase del ciclo di vita si trovano i clienti che intende raggiungere, di individuare venditore fa una serie di promesse, dalle quali deriva che gli strumenti di marketing più opportuper conservare quel rapporto nel tempo, occorre ni. mantenerle, e per sviluppare ulteriormente quel rapporto 10

Nello stabilire o mantenere il rapporto con il cliente il

occorre fare una serie di nuove promesse.

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Stadio del Ciclo di vita dei rapporti con i clienti obiettivi di marketing Fase iniziale > creare interesse nell’azienda e nei suoi servizi Fase di acquisto > vendere Fase di consumo > prendersi cura/stimolare un rapporto duraturo (adattamento da Gronroos C. “Management e marketing dei servizi” 1994)

Gronroos ritiene che nello stadio iniziale possa essere sufficiente l’approccio tradizionale del marketing, anche se sottolinea i limiti di strumenti quali la comunicazione11. Nella fase di acquisto è invece opportuno un mix di marketing tradizionale e relazionale; ma nella fase di consumo le attività del marketing tradizionale possono influire poco sulle preferenze dei clienti nei confronti del servizio. È nella fase di consumo che il marketing interattivo diventa essenziale. Infine per mantenere il cliente occorre “un continuo adattamento alle necessità, accompagnato dalle attività di marketing secondo lo stadio del ciclo di vita in cui si trova il cliente. Se l’azienda non è in grado di dare al cliente ciò che gli è stato promesso, questi può andarsene a qualsiasi stadio del processo”. Come è dimostrato dal modello del ciclo di vita del rapporto con il cliente nel contesto dei servizi il marketing non è unicamente una funzione intermedia tra produzione e consumo o uso. Durante la fase di consumo o uso, il marketing è una parte integrante dei servizi di produzione e di erogazione. In altre parole la gestione dei momenti di verità delle interazioni acquirente-venditore (l’incontro del servizio) è una mansione del marketing di cui sono responsabili anche i reparti operativi, del Esaminando il marketing tradizionale emerge che “i tipi personale e delle risorse umane. Il perdi comunicazione come la pubblicità avvengono a un sonale operativo può allora essere defilivello astratto per i consumatori (e il pubblico in nito “part time marketer”. In questa logica il personale deve imparare a generale). Essi implicano promesse e/o informazioni che svolgere il compito in modo che i clienpossono essere o non essere vere; tuttavia per quanto ti desiderino ritornare, rafforzando così riguarda il cliente o il cliente potenziale, la validità di il rapporto con l’azienda. questi tipi di comunicazione deve ancora essere

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comprovata. Il momento della prova è quando il cliente si trova di fronte alla realtà” (Gronroos 1995).

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Quindi per Gronroos il marketing può


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essere suddiviso in due funzioni separate: la funzione degli specialisti che si occupano della maggior parte delle attività tradizionali del marketing mix e delle ricerche di mercato, e la funzione legata alle interazioni acquirente-venditore nelle quali le mansioni del marketing vengono svolte da “part time marketer”. I momenti della verità, quando acquirente e venditore interagiscono, possono anche essere considerati, e definiti, i momenti dell’opportunità. La funzione del marketing interattivo riconosce che ogni componente, umana e non, della produzione di un servizio dovrebbe interessare il marketing e non essere considerata soltanto attività operativa. Dunque nella visione di Gronroos il marketing relazionale può essere considerato una strategia che ha un carattere di continuità; con questo approccio il marketing viene considerato come un processo continuo dell’intero ciclo di vita del rapporto con il cliente, e può essere descritto come un circolo. Per tenere il cliente nel “circolo” è necessario un continuo adattamento alle necessità, accompagnato da attività di marketing mirate secondo lo stadio di vita in cui si trova il cliente. Come si è già visto se l’azienda non è in grado di dare al cliente ciò che gli è stato promesso, questi può andarsene a qualsiasi stadio del processo. Anche l’attività di comunicazione attuata dall’impresa assume la veste di un circolo. Il circolo della comunicazione consiste di quattro parti: > aspettative/acquisti > interazioni > esperienze > passaparola/referenze. Un cliente o un cliente potenziale ha certe aspettative e quindi può decidere di fare un acquisto; vale a dire che il rapporto esistente con il cliente continua o si crea una nuova vendita, rispettivamente. A questo punto il cliente passa allo stadio di consumo, e qui il cliente viene coinvolto in interazioni con l’azienda e percepisce le dimensioni della qualità tecnica e della qualità funzionale del servizio che gli è stato

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fornito. Queste interazioni comportano molti momenti della verità e dell’opportunità. E qui che si hanno gli effetti della comunicazione interattiva. Le esperienze che derivano dal fatto che un cliente è stato coinvolto in interazioni acquirente-venditore, si moltiplicano poi per mezzo del passaparola. Le referenze e le testimonianze rappresentano un modo attivo per l’azienda di usare la comunicazione orale positiva nel marketing, capitalizzando dalle fonti potenziali di buone comunicazioni orali. Un moltiplicatore relativo al passaparola negativo, spesso citato nel contesto dei servizi e riportato da Gronroos, è dodici; non esistono ricerche specifiche che dimostrino la veridicità di questa cifra, ma la tendenza è chiara e invia un messaggio: non si può sottovalutare il passaparola. Gronroos sostiene che il venditore deve essere consapevole del circolo della comunicazione, e sostiene che a fronte di interazioni eccellenti, in teoria almeno, la comunicazione pubblicitaria potrebbe essere necessaria solo a fronte di servizi completamente nuovi. In sintesi: nell’approccio relazionale le prospettive di relazioni a lungo termine, portano alla conclusione che il marketing non è dato solo da un gruppo di specialisti, ma dall’intera organizzazione. Il personale deve rendersi conto che il modo in cui svolge il proprio lavoro è una responsabilità di marketing, di conseguenza esiste un gran numero di part time marketer. La funzione di marketing in altre parole non va confusa con il settore marketing, che è solo una soluzione organizzativa, per i compiti canonici (pubblicità, prezzi, ricerca…); l’impiego del marketing nell’azienda comporta un approccio diverso, si potrebbe dire a 360 gradi. E comunque deve portare a fare sì che soprattutto quanti hanno la responsabilità immediata di fornire il servizio debbano svolgere attività di marketing. Di più: un orientamento al marketing richiede che la responsabilità nei confronti dei clienti non sia concentrata su poche persone, ma venga compresa e accettata da tutti.

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Anche la qualità del servizio si basa sulle interazioni tra l’organizzazione e i suoi clienti, dove si verificano i momenti della verità. Dunque per Gronroos il problema è la gestione del sistema di produzione del servizio. Tra gli autori italiani che hanno compreso la svolta del marketing relazionale e l’hanno approfondita per primi, è da considerare Giancarlo Ferrero per il quale alle origini del marketing relazionale vi sono i mutamenti sopravvenuti sul versante della domanda. In primo luogo la domanda di personalizzazione dei prodotti (con il relativo disinteresse dei prodotti in serie) manifestata dai consumatori, frutto del loro desiderio di esprimere la loro personalità, attraverso il comportamento di acquisto ed il possesso dei beni. Il marketing sentendo la necessità di prestare una attenzione sempre maggiore alle esigenze del cliente e alla sua soddisfazione, ha puntato ad acquisire una sempre migliore conoscenza delle sue specifiche esigenze, e ad offrire prodotti e servizi davvero pertinenti e tempestivi, nonché pienamente rispondenti alle sue aspettative. Se si sposta l’attenzione dalle transazioni alle relazioni, il compito degli studi di marketing per Ferrero dovrebbe consistere in primo luogo nell’esaminare come tali relazioni possano configurarsi, quali criteri e quali procedure possano essere adottate per attivarle e gestirle efficacemente. In questa logica il marketing relazionale deve concentrare l’attenzione più che sulle singole politiche operative, sulle scelte riguardanti la struttura organizzativa ed i sistemi operativi. Infatti non essendo possibile pianificare con ampio anticipo i contenuti delle politiche da adottare, fattore critico di successo diviene la capacità di creare condizioni e strumenti adeguati per poter elaborare e coordinare tali politiche durante lo sviluppo della relazione. Il posizionamento strategico e lo sviluppo di competenze distintive non vengono più fatti dipendere principalmente dalle capacità di adattamento all’ambiente e dalla gestione dei fattori produttivi controllati direttamente, ma dalle capacità relazionali dell’impresa, dal complesso di risorse che attraverso le relazioni l’impresa è capace di mobilitare, dalla crescita delle conoscenze e dalla valorizzazione delle risorse possedute, conseguibili attraverso i processi di interazione con le altre imprese. Per Ferrero inoltre il concetto di relazione è direttamente collegato a quello di atmo-

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sfera che è stata definita la sovrastruttura emozionale della relazione12, che, basata sulla percezione delle persone, rappresenta “l’insieme degli atteggiamenti che le parti coinvolte nella relazione assumono nei confronti del partner e della relazione stessa”. D’altronde la stessa esperienza mostra continuamente come un’atmosfera favorevole possa semplificare l’intero processo di marketing e contribuire efficacemente al raggiungimento degli obiettivi.

Dal marketing relazionale al marketing relazionale totale Di recente Gummensson ha definito il concetto di marketing relazionale “totale”, cioè di un marketing basato non solo sulle relazioni con i singoli clienti, ma anche sulle reti di rapporti che l’impresa intrattiene con i vari interlocutori aziendali. Questa impostazione è stata ripresa da Tonino Pencarelli e tradotta nello specifico turistico. Secondo Pencarelli il marketing relazionale può assumere una impostazione più ampia, assumendo come compito il governo dei rapporti sia con i consumatori finali che con tutti gli stakeholder dell’impresa, abbracciando così una prospettiva reticolare e olistica. “Le organizzazioni turistiche dovrebbero puntare anche a inserire e raccordare la propria offerta e le proprie attività in un contesto di relazioni che travalichi il rapporto diadico con i singoli clienti, indirizzandosi verso un approccio di governo delle relazioni più ampio, centrato sul network e sulla rete di rapporti con gli altri partecipanti all’industria turistica”. Il marketing relazionale che diventa così “totale” è basato sulle relazioni, intese come relazioni organizzativamente diffuse con l’ambiente (il network) interno ed esterno e non circoscritto ai rapporti tra fornitore e cliente. L’applicazione di questo concetto al turismo permette di affrontare l’esigenza che l’industria dell’ospitalità ha di capacità relazionali diffuse e di forme di cooperazione necessarie per costruire un vantaggio competitivo ed uno sviluppo equilibrato.

1.4 La situazione attuale e le nuove prospettive Prima di descrivere la situazione degli studi relativi al marketing relazionale in Italia, è necessario valutare brevemente il contributo di uno studioso, che è anche un consulente di marketing di fama internazionale, molto sui generis: Gerd Gerken Gerken è diventato particolarmente famoso a livello internazionale dopo aver dato alle stampe, nella prima metà degli anni ‘90, un libro qui già ripreso, dal titolo provocatorio e significativo: Addio al marketing! 12

Sandstrom M. citato da Ferrero (1992).

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Una delle sue tesi è che in un mercato


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instabile e contraddittorio, l’unico fattore in grado di permettere all’impresa di sopravvivere alle fluttuazioni e alle turbolenze è dato dalle relazioni. Più precisamente le relazioni sono qualcosa che è sempre presente nel mercato, indipendentemente dalle mutazioni in atto. Le relazioni si configurano dunque per essere l’unica costante in un mercato dinamico e turbolento. Per Gerken le relazioni sono sempre presenti nel mercato, e sono più stabili della domanda e del consumo. L’obiettivo strategico è dunque quello di trovare una modalità di ottimizzare le relazioni sotto ogni aspetto. Per questo il nuovo marketing, dice Gerken, dovrebbe essere impostato non tanto sulla domanda quanto sulle relazioni; non si tratta naturalmente di manipolare la domanda, ma di configurare forme di qualità relazionale, in una sorta di coevoluzione. Per questo la comunicazione relazionale deve essere sganciata dagli obiettivi di mercato. “Il marketing, sostiene Gerken, dovrà imparare a mettersi in relazione con i raggruppamenti sociali in modo credibile, continuativo e disponibile all’apprendimento. Entrambe le parti infatti imparano l’una dall’altra”. In pratica Gerken propone di “immergersi nei flussi del cambiamento”, e di inventare nuove forme di dialogo, quali le riviste “scenario”, riviste con le quali cioè promuovere intenzioni, progetti e processi all’interno di determinati scenari, e poi i club, i network, le sponsorizzazioni… Come si vede si tratta di argomenti che hanno avuto molto seguito. Ma anche se il libro ed il pensiero di Gerken, oltre ai testi di Gronroos e di Normann, hanno avuto una grande eco in Italia, il marketing relazionale nel nostro paese è stato per lo più inteso come semplice evoluzione del direct marketing. Ciò ha significato che le imprese si sono limitate spesso ad adottare solo strumenti di tipo operativo: > realizzazione di archivi di dati, > segmentazione dei clienti prevalentemente in base a valutazioni sulla loro redditività,

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> politiche di prodotto per soddisfare i clienti fedeli, > offerta di servizi pre e post vendita. Analizzando la letteratura in materia certo non mancano in Italia studiosi che intendono il marketing relazionale come una strategia basata sulla personalizzazione dei prodotti con un diretto coinvolgimento dei consumatori, un approccio cioè che presuppone la necessità di instaurare rapporti basati sull’interattività, la connessione, la creatività, con l’obiettivo di far stabilire relazioni, tra produttori ed acquirenti, configurabili come vere e proprie “learning relationship”. Una visione in sostanza, nella quale i clienti finiscono per essere considerati come partner. Ma si tratta di posizioni prevalentemente accademiche, che si trovano solo sui libri. Infatti se anziché esaminare la letteratura si guarda alla realtà del settore turistico, la situazione si presenta ben diversa. Nonostante la piena consapevolezza del fatto che siamo di fronte ad un nuovo Scenario, caratterizzato da un nuovo tipo di consumatore, non si vede da parte delle imprese e delle Istituzioni quel capovolgimento di prospettiva che sarebbe legittimo aspettarsi. Internet viene ad esempio ancora utilizzato prevalentemente come grande vetrina, l’interattività viene usata con parsimonia, i call center vengono usati prevalentemente per le emergenze, il passaparola è lasciato vegetare spontaneamente, i momenti della verità stentano a diventare le opportunità auspicate dagli studiosi, il tema della soddisfazione dei consumatori non è visto nell’ottica di sviluppo della fedeltà, e più in generale le possibilità di dialogo non vengono esplose nelle loro potenzialità, il che equivale a sottoutilizzarle. Eppure - come si è visto - le imprese e gli Enti potrebbero contare su teorie consolidate, da mettere a frutto, ed avrebbero anche la tecnologia per una gestione delle relazioni adeguata. Da queste semplici considerazioni si può dedurre che per un rapporto con il consumatore non conflittuale, ma cooperativo, non basta una buona teoria, ma occorre una cultura coerente, una vera rivoluzione copernicana, una attività costante di “fine tuning”, che permetta di restare in contatto con la domanda, percepire correttamente le richieste e le esigenze dei consumatori.

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Per instaurare il dialogo, in altre parole, l’elemento di base è la ricerca: occorre entrare di più di oggi in sintonia con il consumatore. Oggi l’impresa si confronta quotidianamente con un consumatore maturo, un interlocutore consapevole del proprio potere contrattuale, dimostrato dall’“inarrestabile declino della fedeltà”. Da tutto questo però non è ancora derivata la necessità per il marketing nel turismo di saper rispettare il consumatore, di saperlo ascoltare, e di saper dialogare con lui. Se le relazioni con i clienti sono il vero capitale dell’impresa, la rivoluzione culturale della quale si sente la necessità consiste nel considerare davvero il consumatore come un interlocutore nel lungo termine, e non il semplice destinatario di messaggi e relazioni più o meno casuali. Se la creazione di un rapporto duraturo con lui è strategica, la sua soddisfazione dovrebbe davvero essere considerata l’investimento più redditizio per l’impresa, e dunque l’obiettivo da privilegiare. Ma per fare questo non bastano buoni prodotti, non basta delegare alla sola front line il rapporto con i clienti, ma occorre che tutta l’impresa sia orientata al marketing delle relazioni. Una prospettiva che può riempire di contenuti in parte nuovi i temi sin qui affrontati è quella proposta dal marketing tribale. Per Bernard Cova13, docente francese di marketing, gli uomini non agiscono in un vuoto sociale, senza dimensioni di gruppo, in balìa delle sole suggestioni pubblicitarie. Secondo Cova nell’attuale società post moderna il mondo tradizionale, ormai perduto, viene idealizzato; aumenta il fascino del passato, e si assiste anzi ad un’inversione di polarità: “tradizionali” vengono percepiti oggi la modernità ed il progresso, e “moderni” vengono invece percepiti la tradizione e il regresso. 13

Basato su Bernard Cova “Il marketing tribale” Ed. Il Sole

24 Ore, Milano 2003.

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Ciò che non esiste più, diventa l’oggetto di una ricerca di tipo idealistico.


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Cova ritiene che il marketing non debba accentuare il senso di sradicamento dell’uomo contemporaneo ponendo l’accento su innovazioni continue, ma debba piuttosto puntare su arcaismo, autenticità, ponendo l’accento sul richiamo di un’altra epoca, sulla nostalgia. Gli individui sempre più isolati14 cercano di ristabilire un legame sociale arcaico e comunitario in seno a raggruppamenti che hanno almeno formalmente l’aspetto di tribù. La comunità dell’epoca postmoderna però non è quella tradizionale, in quanto oggi a differenza del passato, ogni soggetto mantiene la propria autonomia ed è assolutamente libero di uscire dal gruppo quando lo desidera. La comunità è di tipo emozionale: permette cioè di provare emozioni senza dover instaurare legami sociali, senza obblighi. Ciò che costituisce la logica sotterranea della tribù è un identico tipo di affettività che caratterizza i membri, un’esperienza comune, una passione condivisa (poterne parlare, dare un senso all’esperienza che appassiona). Raggruppamenti emozionali certo sono sempre esistiti, ma la novità è secondo Cova l’attuale ampiezza del fenomeno: club genealogici, della degustazione di vini, appassionati di sport estremi, associazioni in difesa di… collezionisti di monete, di bustine di zucchero… In questa visione il prodotto o il servizio è un vettore di comunione, come un totem per le tribù primitive, e funge quindi da polo di attrazione per le tribù post moderne e da supporto per i loro riti. Il marketing che ne deriva, e che Cova definisce “tribale”, si fonda sulle relazioni stabilite tra le comunità e i mutamenti del consumo. Rispetto al marketing tradizionale il marketing delle tribù anziché instaurare una relazione diretta con una persona, con il singolo consumatore, vuole rafforzare i legami con il gruppo. In altre parole nel marketing tribale al centro non vi è la relazione tra impresa e cliente, ma quella tribale, La postmodernità è, secondo Cova, caratterizzata da un spesso rituale, tra cliente e cliente. esasperato individualismo.

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Più precisamente il marketing tribale non cerca di stabilire un legame personale con il cliente quanto piuttosto di mantenere il legame tra i clienti stessi, considerati nel loro insieme e non presi singolarmente, aiutandoli a condividere le loro passioni. Il marketing tribale si sforza di sostenere il legame sociale tra soggetti uniti da una passione comune, in questo senso offre legami più che merci, e serve a fidelizzare. In sintesi, il marketing tribale fa della relazione il vero scopo e dell’emozione condivisa il mezzo per raggiungere tale scopo.

Il marketing tribale in azione: - Analizzare il valore di legame della propria offerta, - Individuare i gruppi tribali esistenti che possono diventare potenzialmente interessanti, - Lavorare in collaborazione con i membri delle tribù per elaborare un’offerta capace di sostenere i riti della tribù (prodotti, servizi, luoghi…), - Mantenere un tono non commerciale, - Fidelizzare.

Cova sottolinea poi un altro aspetto che dimostrerebbe come nella visione del marketing tribale sussista un’idea adulta del consumatore, sostiene che un altro importante distinguo tra marketing tradizionale e marketing tribale è dato dal fatto che mentre nell’ottica tradizionale le aziende avevano una visione ingenua del consumatore, il marketing tribale riconosce e vuole anzi mettere a frutto le competenze dei consumatori.

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2. Otto proposte e alcuni spazi di operatività

Con le consuete, pesanti strategie del marketing si sarà sempre mentalmente in ritardo, G. Gerken Il marketing di oggi si basa su un’intenzionalità troppo rigida e univoca, mentre i mercati sono diventati da lungo tempo dei sistemi aperti interattivi e fluttuanti, G. Gerken 2.1 Marketing interno Nella prima parte di questo lavoro è emerso con evidenza come: - il marketing non sia dato solo da un gruppo di specialisti, né solo dall’utilizzo di alcuni strumenti quali la pubblicità, ma dall’intera organizzazione, - il modo in cui il personale svolge il proprio lavoro è una responsabilità di marketing, - alla gestione della comunicazione tra gli attori interni all’impresa sinora si è dedicato uno spazio insufficiente. Sino ad oggi però si è pensato al marketing come ad una funzione tutta rivolta all’esterno. Nel turismo in generale i piani di marketing hanno un solo versante: il mercato. Non diversamente dalle opinioni comuni il marketing è visto come qualcosa che riguarda i turisti e gli intermediari. Completamente trascurato risulta invece il versante interno. Le campagne si fanno per i turisti non per il personale. Gli educational si fanno per i giornalisti, per i T.O., ma educational per dipendenti, collaboratori e tantomeno fornitori, di norma non sono previsti. A livello interno tutt’al più si fa formazione o aggiornamento, ma si tratta di interventi non strettamente legati ad una strategia di marketing, raramente finalizzati ad obiettivi di marketing. Ma le imprese che focalizzano la loro attenzione esclusivamente sulla clientela esterna, sui turisti cioè da conquistare, soffrono di una forma di miopia del marketing. La via maestra per superare questa forma di “miopia” è il marketing interno. Il marketing interno assomiglia di più ad un processo di evoluzione che ad una atti-

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vità di formazione o ad una campagna, e può essere considerato come un potente strumento per avere risorse umane adeguate e per generare una cultura del servizio coerente. Gli strumenti del marketing interno sono: > formazione, > comunicazione interna, > sostegno da parte dei dirigenti, > informazione, > gestione delle risorse umane. Tutta una Scuola di pensiero sostiene che per fare promesse occorre attivare il marketing esterno, ma per mantenere le promesse occorre il marketing interno. Si ritiene cioè che capacità e motivazione dei dipendenti, una cultura del servizio, riuscire a preparare adeguatamente i dipendenti ai momenti della verità (dove clienti e dipendenti entrano in relazione), siano le premesse indispensabili per mantenere le promesse. Ha scritto Daniela Cini, “per giungere ad erogare un’offerta coerente con le promesse fatte e con le aspettative dei consumatori è necessario integrare sostanzialmente tre aspetti del marketing. Il marketing esterno, che comporta le tradizionali attività delle ricerche di mercato, pubblicità, prezzo, pubbliche relazioni; il marketing interattivo per gestire le relazioni fra venditore e cliente, ed instaurare relazioni durature e profittevoli con questi ultimi; il marketing interno perché essendo le imprese di servizi people intensive, è necessario sviluppare un approccio attivo che influenzi l’atteggiamento, la motivazione, il comportamento del personale, affinché sviluppi una mentalità rivolta al servizio ed una prestazione orientata al cliente”. In base a questo approccio i beni ed i servizi, come pure le campagne di marketing esterno, dovrebbero essere proposti (“venduti”) al personale prima di essere offerte all’esterno. Sempre in coerenza con questo approccio ad ogni materiale realizzato da un Ente turistico pubblico dovrebbe corrispondere un materiale illustrativo, informa-

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tivo/divulgativo per gli operatori privati dell’area che vanno messi al corrente delle nuove campagne, delle nuove linee di strumenti promozionali in termini di obiettivi perseguiti, di mercati considerati “target”, di filosofia di marketing.

Marketing interno Secondo Gronroos il marketing interno è una strategia di management in cui l’accento cade su come sviluppare nel personale l’attenzione al cliente. La crescente necessità di marketing interno è dovuta alla riaffermata centralità dell’elemento umano in tutti i settori di attività che prosperano nell’attuale clima competitivo. La risorsa più critica e più scarsa oggi è il personale opportunamente formato e orientato al servizio. Nel caso di un marketing basato sulle relazioni poi, il ruolo dei clienti è vitale. Il concetto di marketing interno implica che l’insieme del personale sia motivato al meglio perché sviluppi una mentalità rivolta al servizio e una prestazione orientata al cliente attraverso un approccio attivo. Ciò comporta due processi di gestione: - la gestione degli atteggiamenti, (es. personale motivato a un comportamento da part-time marketer”), - la gestione della comunicazione (es. comprendere e accettare la missione). Si sente infatti sempre di più la necessità di un atteggiamento mentale del management maggiormente pro-attivo, e per questo vi è bisogno di informazioni sulle procedure del lavoro, sulle promesse fatte ai clienti, su ciò che vogliono i clienti. Le persone a contatto con il cliente, dice Gronroos, formano un target naturale per il marketing interno, sono loro ad avere contatti immediati con il cliente e a svolgere i compiti richiesti dal marketing interattivo. Tuttavia queste persone (part time marketers) dipendono direttamente dall’ausilio che possono ottenere da altri colleghi e funzioni dell’azienda, nonché dalla loro mentalità e dal loro orientamento al servizio. Così che un impiego attraente e un ambiente di lavoro adeguato, risultano anch’essi molto importanti. In sintesi il marketing interno va visto come una parte fondamentale della filosofia generale strategica, e dello stile manageriale di dirigenti e quadri.

Se il marketing interno è di norma sottoutilizzato, proviamo a vedere di seguito quali potrebbero essere le modalità di intervento ipotizzabili, e tali da mostrare una forte coerenza con gli obiettivi che molti Enti ed Operatori turistici si sono dati: > a. rendere consapevoli i diversi soggetti coinvolti nelle problematiche del turismo dell’importanza non solo economica del settore, > b. prevedere la diffusione di una cultura che sappia mantenere specificità ed

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identità come valore sia per i residenti per gli operatori, che per i visitatori, > c. coltivare cultura dell’ospitalità e atteggiamenti vocazionali, > d. sensibilizzare i residenti ed in genere gli addetti, allo scopo di migliorare il sistema complessivo dell’ospitalità, o di produzione dei servizi, > e. avviare processi di comunicazione verso gli attori locali allo scopo di attribuire senso turistico allo spazio, agli eventi e ai beni presenti nel territorio, > f. superare l’inadeguatezza di un approccio al marketing che mantiene rigorosamente separati il momento della produzione-erogazione del servizio da quello della distribuzione, > g. sviluppare nel personale una mentalità davvero “orientata al cliente”, > h. prevedere interventi di promozione in loco per valorizzare anche le potenzialità inespresse, per mettere a rete l’offerta, fidelizzare la domanda e stimolare il ritorno, > i. stimolare l’insieme degli operatori ad animare la proposta e l’offerta, nonché ad agire direttamente nel mercato ed a sviluppare una maggiore forza promocommerciale, > j. stimolare la diffusione dell’approccio di marketing nel territorio, allo scopo di poter contare su vere e proprie strategie di marketing diffuso. 2.2 Valore di legame Nella prima parte di questo lavoro è emerso che nell’attuale società, molti individui sempre più isolati cercano di ristabilire un legame sociale arcaico e comunitario in seno a raggruppamenti che hanno almeno formalmente l’aspetto di tribù. Secondo Bernard Cova le persone cercano di dare un senso ai loro comportamenti facendo del consumo un modo per instaurare relazioni con gli altri. Il sistema di consumo non sarebbe più sentito come primario rispetto al legame interpersonale, ma come gregario e secondario, finalizzato cioè all’obiettivo di instaurare/mantenere relazioni. Nell’agire di consumo, come dicono i sociologi, il legame, dunque, conterebbe più della merce. Questa tesi, per inciso, ci permette di dare una risposta più soddisfacente di quelle attualmente in uso, alla domanda “perché le persone vengono in vacanza in riviera,

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dove cioè il prodotto-vacanza non è sempre migliore di quello dei concorrenti”. Le persone sceglierebbero la costa romagnola non tanto per il prodotto quanto per la possibilità che qui hanno, evidentemente più che altrove, di socializzare, instaurare relazioni e legami tra di loro. Una tesi questa, almeno in parte, emersa anche in occasione di uno studio presentato da Savelli qualche anno fa, e relativo alla costa romagnola, percepita come autentica nelle proposte di ospitalità a dimensione familiare, in grado di offrire relazioni e legami significativi. Si è anche visto che al centro della tesi di Cova, del suo modo di intendere il consumo, anziché il soggetto in sé, isolato, quello che di norma interessa il marketing, c’è il legame tra due o più individui.

Il valore di legame Il valore di legame è un dato che viene raramente compreso nel concetto generico di valore. Il valore di legame di un prodotto o di un servizio corrisponde al valore del prodotto stesso, nella sua potenzialità o capacità che si esprime nella costruzione/potenziamento dei legami tra gli individui.

Nel turismo si tende ad attribuire tradizionalmente poca importanza al valore di legame che nasce in vacanza: - non si offrono alle tribù che si formano durante le vacanze, le occasioni o i territori per tornare a frequentarsi, - non si fornisce loro il supporto per farlo prosperare. Eppure gli operatori turistici sono perfettamente consapevoli di: - quanta parte della domanda scelga una destinazione o un albergo proprio in conseguenza di conoscenze e rapporti maturati in occasione di un soggiorno, - quanta parte delle persone che si conoscono in vacanza continuano poi, dopo il soggiorno a restare in relazione e a frequentarsi. Se si assume questo punto di vista emerge che lo sforzo dei soggetti interessati allo sviluppo turistico dovrebbe tendere:

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- a valorizzare prodotti o servizi che siano soprattutto in grado di mettere in relazione più individui in una sola comunità, - e a permettere alle tribù che spontaneamente si formano in occasione della vacanza di continuare a esistere, di pensare cioè a quali servizi, anche semplicemente virtuali, offrire per permettere loro di continuare ad esistere ed anzi a svilupparsi. Un ruolo particolare può essere dato in questo contesto da: - uffici informazione, che proprio in questa ottica andrebbero rivisti e ripensati, come si propone nel prossimo paragrafo, - Internet, - e più in generale dai Prodotti di Area e dal Sistema Turistico Locale.

PdA Con il termine Prodotto d’Area si vuole intendere un Sistema di ospitalità, che si caratterizza attraverso le relazioni tra gli elementi tangibili e intangibili che lo compongono, e che ha l’obiettivo di valorizzare la qualità, l’identità e la vocazione di un territorio, e di aumentare il potere di attrattività di una destinazione.

Dal marketing “tribale” possono derivare stimoli di operatività interessanti anche per gli operatori privati. Dall’analisi degli argomenti affrontati da Cova deriva ad esempio che lo sviluppo del valore di legame richiederebbe di aggiungere metafore e ritualità, forme di sacralità all’esperienza che si può fare in un albergo, in un ristorante o durante un soggiorno. Si può pensare ad iniziative “iniziatiche o di passaggio”, si può pensare di proporre esperienze commemorative, o legate al calendario e cicliche… In questa logica i “riti” non dovrebbero essere considerati la ciliegina sulla torta, ma dovrebbero diventare parte integrante dell’offerta stessa. Ecco, a puro titolo esemplificativo, quali potrebbero essere i cinque supporti per il rituale alla base del valore di legame, in occasione di un soggiorno:

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- le cose, cioè gli oggetti di culto, - gli abiti, cioè i costumi rituali, - gli spazi, i luoghi di culto e/o memoria, - le parole, le formule magiche, - le immagini, le icone. 2.3 Verso un nuovo modello di Ufficio informazioni Nel volume di questa stessa collana dedicato al passaparola venivano suggeriti una diversa concezione ed un diverso utilizzo degli uffici di informazione turistica (IAT). Lo stesso Assessorato al Turismo della Provincia di Rimini, delineando il concept del “nuovo ufficio Iat”15 parla correttamente di centralità del turista e delle sue esigenze, di “ruolo attivo del visitatore”, e sollecita: - una innovazione degli spazi in modo da rendere funzionale questo tipo di prospettiva, - un diverso rapporto con gli imprenditori turistici locali, - una attività conoscitiva nei confronti dell’utenza degli Iat. Negli anni ’60 l’ufficio informazioni turistiche era gestito in chiave product oriented, con la mentalità cioè di un Ente che fa un regalo al visitatore che entra, quando gli offre gratuitamente una piantina o un depliant. All’epoca il layout era scarno, essenziale, proponeva l’immagine di un ufficio, a volte di un magazzino. L’arredo era funzionale allo staff, e così pure gli orari di apertura. La concezione logistica e strutturale era decisamente “orientata al prodotto” anziché al consumatore. Dagli anni ’80 lo Iat si trasforma avvicinandosi sempre più al turista, comincia a cambiare l’arredo e si organizzano i corner informativi per aree tematiche, si presta maggiore attenzione agli espositori, alle vetrine, si organizza in modo diverso l’accoglienza, anche quella telefonica, e si effettuano le prime ricerche sulle esigenze dei turisti che si rivolgono agli Iat, e Cfr. Bando per l’affidamento di un progetto/prototipo sull’impostazione che il materiale deve per l’innovazione degli Iat, 31 luglio 2001.

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avere per essere davvero funzionale. Oggi per molti Iat sono previsti standard di qualità relativi ad aspetti strutturali, architettonici, alla copertura geografica, al personale e alle competenze che questo deve avere, al periodo di apertura, alle attrezzature, alle attività svolte. Se si osservano però le esigenze della domanda attuale si nota come il modello di Iat si possa ulteriormente evolvere. È stato ad esempio rilevato che gli Iat di norma non tendono a stimolare i sensi dei visitatori, anzi si può facilmente scoprire che sembrano progettati per rimuovere e censurare qualsiasi suggestione sensoriale (l’odore di fresco e pulito…, osservare con il tatto, fare delle esperienze, essere coinvolti dalle atmosfere…). E come si ricorderà, nella prima parte di questo elaborato era emerso che proprio il bisogno di fare esperienze caratterizza il consumatore che “sembra essere sempre di più alla ricerca di situazioni avvolgenti che lo intrattengano, che lo coinvolgano, e che siano memorabili”. È poi possibile osservare come la partecipazione del cliente al sistema di erogazione del servizio, che fa dell’approccio tradizionale del marketing un paradigma inadeguato, è particolarmente evidente proprio nel comportamento che il visitatore ha oggi negli Iat. Anche nel momento dell’erogazione del servizio informativo il consumatore vuole essere riconosciuto come persona caratterizzata da un comportamento attivo, da protagonista, in grado di contribuire direttamente alla creazione del servizio - nel caso specifico una informazione personalizzata, non standard - con il rifiuto conseguente del ruolo passivo al quale gli uffici tradizionali, la prassi consolidata e molta letteratura tendono a confinarlo. L’analisi del comportamento dei turisti che entrano negli Iat mostra chiaramente come sia proprio lì che spesso si realizzano le decisioni trasformate poi in acquisto, per questo alla luce degli obiettivi generali di questo lavoro, sembra indispensabile

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dare come obiettivo agli Iat quello di diventare veri e propri incubatori di relazioni. In altri termini per cogliere le opportunità emerse nell’analisi dello scenario lo Iat può avere un ruolo strategico nello sviluppo delle destinazioni, ma deve essere più attivo di quanto non sia stato sinora e più “pulsante”, così che il turista possa sentirsi più che un ospite gradito, un protagonista e non un soggetto passivo. L’analisi del nuovo Scenario mostra chiaramente come ci sia bisogno di strumenti per dialogare; lo Iat dovrebbe diventare il luogo deputato allo sviluppo dei rapporti interattivi con i clienti, in un contesto, o in una narrazione, che li coinvolga sul piano emozionale. Lo spazio dovrebbe essere progettato di conseguenza, con l’obiettivo strategico di stabilire rapporti con i visitatori, stimolare la comunicazione interpersonale e aumentare la fedeltà. Ad esempio più lo spazio è organizzato in modo da racchiudere suddivisioni in locali e poi interstizi, curve, recessi, angoli e scompartimenti che consentono alle persone di girare e incontrarsi percorrendo spazi semiaperti e semichiusi, più si favorisce da un lato la relazionalità con il personale, e dall’altro l’interazione di tipo comunitario16. E ciò permette di aumentare il valore di legame. Al contrario più lo spazio è uniforme e piatto, trasparente e sovraespone la gente che lo attraversa, più risultano limitate le possibilità di interazione e si abbassa il potenziale del valore di legame. Dunque è l’obiettivo di trasformare lo Iat in medium per comunicare, in luogo per permettere a chi lo visita di socializzare, divertirsi, di essere protagonista oltre che avere informazioni, è decisamente percorribile se solo si sarà capaci di prevedere i necessari interventi di tipo strutturale e gestionale. Uno Iat così configurato potrebbe diventare una antenna importante ai fini della conoscenza della domanda e del suo grado di soddisfazione.

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Si è già detto, a proposito di marketing tribale che le comunità nascono dal bisogno di stare insieme e di quali legami sociali possano nascere attorno ad un prodotto, ma Cfr. B. Cova, op. cit. anche attorno ad un punto vendita, un

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luogo di incontro, quale in effetti è uno Iat. Già nel volume dedicato al passaparola si concludeva affermando che se lo Iat stimola ed avvia le relazioni, gli operatori privati possono poi trovare le porte aperte per la loro attività, possono dare un loro contributo e soprattutto possono poi continuare a gestirle.

Alcune domande da porsi nella gestione del cliente dello IAT Si può influenzare la tempistica della domanda? Il cliente, il turista che entra in uno IAT ha del tempo libero mentre è in attesa? I contatti con il personale vengono utilizzati al meglio? Vengono cioè colte tutte le opportunità che si presentano quando si ha di fronte un visitatore del territorio? Ci sono cose che i clienti vorrebbero fare da soli, bypassando il personale addetto? In altre parole vi sono spazi che possono essere concessi loro per stimolare/gratificare il loro senso di autonomia? L’interesse e le conoscenze dei visitatori degli uffici informazioni potrebbero essere utilizzate, ed essere messe a frutto dal personale? Ci sono elementi di disturbo, barriere che influenzano negativamente l’erogazione del servizio informazione degli IAT, e la sua efficacia? Vi sono spazi e opportunità per un comportamento attivo e autonomo dei visitatori?

2.4 Customer Satisfaction Come si è già sottolineato la conseguenza del fatto che oggi il consumatore non voglia sentirsi più come un bersaglio, o una “terra di conquista”, quanto piuttosto come un interlocutore maturo, è l’aumento del suo potere effettivo rispetto alle Istituzioni, e alle imprese che erogano servizi. Gli addetti al marketing sono sempre più consapevoli del potere di scelta dei consumatori, ed il declino della fedeltà ai prodotti - della quale si è parlato nella prima parte di questo lavoro - ne è la controprova. E tutto questo rappresenta una ulteriore spinta al marketing relazionale, che prevede una funzione di ascolto, di monitoraggio, di interazione e di dialogo. In questo contesto la soddisfazione del consumatore è sempre di più considerata come l’investimento più redditizio dell’impresa, la via maestra per generare fedeltà e per valorizzare il patrimonio più importante che un’impresa ha: i propri clienti.

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Un consumatore fedele, lo confermano chiaramente le ricerche, costa di meno in termini di marketing, spende mediamente di più, è meno sensibile al prezzo, ed in più può diventare ambasciatore di un’offerta o di un prodotto stimolando altri utenti potenziali e generando passaparola. Tutto ciò in teoria. Nel settore del turismo - nonostante la consapevolezza che le persone scelgono la meta delle loro vacanze soprattutto in base a due criteri direttamente correlati alla soddisfazione (esperienze precedenti e passaparola) - si può osservare come la maggior parte dei soggetti coinvolti, pubblici o privati, abbia una percezione non corretta, non adeguata alla realtà dei turisti, relativamente in particolare al tema “grado di soddisfazione”. Se si escludono le ricerche avviate dalla Provincia di Rimini, Assessorato al turismo17, sono ancora relativamente pochi gli studi che vengono effettuati per misurare la soddisfazione dei turisti, e quelli attualmente in uso si limitano spesso ad utilizzare delle tecniche di rilevazione non molto sofisticate (i questionari nelle camere degli alberghi e nei ristoranti ne sono un esempio), in ogni caso non adeguate alla centralità del tema “soddisfazione” nelle strategie di marketing. Si è spesso portati a ritenere che l’atto di acquisto di una vacanza in un determinato luogo sia in quanto tale la dimostrazione massima del gradimento e della soddisfazione degli utenti, e si dimentica volentieri di guardare l’altro lato della medaglia, i clienti persi. Secondo Federalberghi “L’Italia ha perso negli ultimi due anni 13 milioni di presenze turistiche, passando da 238 milioni del 2001 a 225 milioni del 2002”. 17

il progetto “Customer Satisfaction” dell’Agenzia per il

Marketing di Distretto della provincia di Rimini, è portato avanti già da qualche anno in accordo con l’Università di Bologna, sede di Rimini, con la Camera di Commercio di Rimini e con il Convention Bureau della Riviera di Romagna.

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In Emilia Romagna in questi decenni sono stati persi interi mercati esteri. I dati UIC sull’andamento degli arrivi degli stranieri in Italia, per regione, attribuiscono all’Emilia Romagna 3.539.000 arrivi nel 2002, una quota


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pari ad appena il 4,40% sul totale arrivi esteri in Italia. Il turismo estero organizzato in molte località della regione è diventato residuale, e mancano ancora all’appello le cosiddette aree test e le aree nuove (i “nuovi” mercati) verso i quali si sono state da tempo impostate iniziative promozionali. In generale si dimentica anche che la prenotazione di una vacanza, come l’acquisto di tanti altri prodotti, avviene sempre di più per sostituzione18, che cioè anche nel turismo il grado di competizione è elevatissimo. D’altronde è a tutti noto come il consumatore insoddisfatto tenda a raccontare le sue esperienze negative, le sue disavventure ad un elevato numero di persone. Si parla a questo proposito di effetto diapason, e si può oggi affermare che l’effetto diapason è moltiplicato oltre che dalle Associazioni consumeristiche anche da Internet. Dunque il tema della soddisfazione è oggi - se possibile - più cruciale di quanto non fosse nel passato. Tra gli aspetti di interesse ai quali sinora non è stata prestata adeguata attenzione, ma che si rivela di grande importanza ai fini del nostro lavoro, anche in termini di operatività, è che la soddisfazione dei consumatori, degli ospiti cioè, è direttamente legata ad altri due temi: - il primo è che anche l’immagine di un servizio, di un erogatore del servizio, e di un’area, come rivela l’evidenza empirica, influenza la percezione della soddisfazione. Un’immagine elevata ad esempio mostra di avere una funzione di ombrello, di protezione e di garanzia, con evidenti conseguenze in termini di soddisfazione percepita. In altre parole ai fini di una comprensione della soddisfazione dei turisti, anche l’immagine va considerata come parte integrante del qualità di un prodotto; - il secondo è relativo alla qualità delle relazioni che si instaurano tra gli ospiti stessi: migliori, più forti relazioni si instaurano tra i turisti, più la vacanza piace; questa affermazione è il risultato di diverse si può citare il caso della Croazia, che nel 2003 ha ricerche, una delle quali è riportata di superato il numero di arrivi detenuti prima della guerra. seguito, Al primo posto i tedeschi.

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La soddisfazione dipende dalle relazioni tra i clienti “Un’analisi della soddisfazione del cliente nei servizi ad elevata partecipazione” Chiara Orsingher Micro & Macro Marketing, n.1 aprile 2003 Obiettivo dello studio è quello di analizzare l’effetto che esercitano le relazioni instaurate dai clienti durante la fruizione del servizio sul loro livello di soddisfazione globale. Un tema questo scarsamente studiato dalla letteratura di marketing. Obiettivo è anche quello di verificare se e in che misura la presenza di più clienti durante la prestazione del servizio e le relazioni che questi instaurano tra loro contribuiscono alla valutazione globale. La partecipazione del cliente è una delle peculiarità delle attività dei servizi. Già diverse teorie all’inizio degli anni ‘90 avevano mostrato che un cliente socializzato percepisce maggiore soddisfazione rispetto ad uno non socializzato. La progressiva acquisizione di norme, valori e pratiche organizzative aiuta infatti il cliente a definire le proprie aspettative, riducendo lo scarto tra queste ultime e la performance e generando così soddisfazione. Uno degli aspetti specifici del turismo è che la coproduzione del cliente avviene in presenza o in interazione con altri clienti. Esistono anche evidenze empiriche che mostrano che le relazioni tra i clienti durante l’esperienza di servizio contribuiscono in maniera notevole al giudizio di soddisfazione globale. L’esempio del Clib Med è emblematico: l’impresa non lascia al caso lo sviluppo di queste relazioni facendo in modo che i clienti abbiano numerose occasioni di condivisione durante tutto il soggiorno. Le conclusioni dello studio che ha analizzato il ruolo e l’importanza che svolgono le relazioni tra clienti nella costruzione del giudizio di soddisfazione, confermano le intuizioni iniziali. Dal punto di vista manageriale occorre allora considerare l’importanza della gestione della partecipazione per l’impresa di servizi: se le relazioni tra i clienti possono essere una fonte importante di soddisfazione è allora necessario creare un ambiente favorevole all’interazione ed una serie di opportunità pianificate di incontro tra i clienti. La soddisfazione dipende dall’interazione tra clienti e dalla qualità delle relazioni che essi sono capaci di creare durante l’esperienza di servizio. L’impresa può identificare tra i clienti dei facilitatori capaci di favorire il processo di socializzazione e rendere le relazioni più facili.

Per affrontare in modo adeguato il tema della soddisfazione dei consumatori, sono dunque almeno due le conseguenze che emergono ai fini di questo lavoro: - operatori privati ed operatori pubblici devono concentrare i loro sforzi nell’obiettivo di facilitare la nascita e pianificare lo sviluppo di relazioni di qualità, - il tema dell’immagine di una destinazione mostra di avere una utilità strategica, un ruolo importante anche ai fini del tema della soddisfazione. Questa riflessione aprirebbe poi la questione di come creare un’immagine sufficientemente forte, e se sia

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corretta l’opinione assai diffusa nel nostro settore per la quale si ritiene valida l’equazione “più pubblicità, più immagine”.

L’immagine Contrariamente all’opinione comune che tende a distinguere tra prodotto e immagine, un approccio corretto al marketing tende a sottolineare come il prodotto sia la componente fondamentale dell’immagine, spesso la più importante. “Il prodotto in sé è già un messaggio. Per il servizio che offre, per le forme che ha, per il nome che porta, per la veste che indossa, ogni prodotto prima ancora di qualsiasi campagna pubblicitaria si presenta sulla scena attrezzato (…) per generare metafore” (Frontori 1986). A questo proposito sostiene Gronroos “dato che l’immagine è realtà, se la comunicazione al mercato non corrisponde alla realtà, la realtà normalmente vince”, e le attività di comunicazione che non si basano sulla realtà finiscono per creare soltanto delle aspettative (Gronroos 1994).

Abbiamo già visto come lo Iat potrebbe diventare un luogo privilegiato per effettuare azioni di monitoraggio verso la domanda, ed essere concepito come una sorta di barometro del grado di soddisfazione. Il tema della soddisfazione però ha anche un versante relativo alla ricerca. Dal punto di vista metodologico tra gli esperti si sottolinea che il parametro da monitorare per valutare il grado di soddisfazione è non solo la qualità intesa come “conformità ad una serie di parametri”, quanto piuttosto la qualità percepita in maniera soggettiva dall’utente. L’incrocio di queste due valutazioni costituisce probabilmente un modello più attendibile per una valutazione della customer satisfaction, e per avviare ricerche adeguate. 2.5 La fonte delle informazioni Un approccio che voglia considerare il consumatore come una persona adulta, autonoma e non schiava di processi e meccanismi deterministici di scelta, non può non studiare a fondo il tema del processo di informazione e le sue implicazioni relative alla questione delle fonti di informazione per la scelta della vacanza, e delle destinazioni di vacanza.

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L’analisi della letteratura disponibile mostra come il processo di reperimento delle informazioni nel turismo a tutt’oggi risulti essere relativamente poco conosciuto e più in generale oggetto di poche attività di ricerca, tutto sommato sostanzialmente poco analizzato. Proviamo a ricostruire un percorso ipotetico, quello che spesso si trova condensato nei manuali di psicologia applicata al marketing: dal punto di vista teorico una persona, o un gruppo, che avesse deciso di assumere informazioni prima di effettuare una determinata scelta, giungerebbe al punto di trovarsi di fronte ad una serie di possibilità tra le quali, appunto, scegliere (“insieme conosciuto”); da tale gamma di possibilità poi qualcuna sarebbe scartata, sino ad arrivare ad un altro insieme: “quello considerato”. Approfondendo le informazioni o valutandole emergerà quindi un nuovo insieme: l’insieme prescelto. Nella fase finale del processo decisionale qui descritto il singolo o il gruppo finirà per effettuare una scelta in quest’ultimo insieme (decisione). Occorre sottolineare che il quadro decisionale descritto, nella sua razionalità e semplicità, ha un valore puramente esplicativo. Il problema infatti è che non solo non esiste una teoria che sia perfettamente in grado di spiegare il processo descritto, ma non esiste neppure un processo decisionale standard, valido per tutti i consumatori. Il modello descritto permette però di comprendere che le attività di marketing hanno il compito di cercare di collocare una informazione all’interno di una fonte che venga utilizzata davvero (insieme prescelto); oppure, non necessariamente in alternativa, il marketing ha il compito di rendere una fonte di informazione, o uno strumento, così credibile da essere realmente utilizzato dal consumatore nella fase critica della decisione. Questa visione, seppure interessante, è stata messa in crisi da non pochi studiosi. Greg Carpener e Kent Nakamoto, ad esempio, hanno messo in discussione l’assunto per il quale i clienti sanno fin dall’inizio ciò che vogliono, al contrario essi imparano a volerlo, e le fonti di informazione, e lo studio relativo, possono avere dunque un ruolo ancora più importante di quanto non si ritenga comunemente.

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Ma per identificare le fonti di informazione e misurare la loro rispettiva importanza è necessario prevedere ulteriori fasi di ricerca, domandare ai turisti di più e meglio di quanto non sia stato fatto sinora, come siano venuti a conoscenza dell’esistenza di una particolare offerta, o di una particolare destinazione, le fonti alle quali si siano rivolti, il tipo di informazione ottenuta da ciascuna fonte, il grado di credibilità attribuita da loro alle singole fonti, per valutare infine il grado di influenza che ogni fonte è davvero in grado di esercitare rispetto alla decisione finale. In generale si ritiene che oggi, rispetto al passato il turista sia assai più informato, acquisti e consulti di più le guide, le riviste specializzate, i media in generale, internet e, naturalmente le opinioni delle persone con le quali è in relazione o delle quali si fida. Occorre però considerare che sussistono delle differenze di comportamento da parte dei consumatori e di quel particolare tipo di consumatore che è il turista a seconda che le scelte siano caratterizzate da un alto grado di coinvolgimento o da un basso grado di coinvolgimento. Rispetto alle seconde, le prime sembrano essere caratterizzate da un alto livello di ricerca di informazioni, dalla consultazione di varie forme di informazione e dalla valutazione/confronto delle varie alternative.

La ricerca delle informazioni tra incertezza, rischi percepiti e abitudine Più in particolare bisogna considerare che la ricerca delle informazioni è per il consumatore una delle possibilità attraverso le quali ridurre il grado di rischio connesso ad ogni tipo di acquisto. Il rischio che il consumatore percepisce è infatti dovuto alle condizioni di incertezza in cui effettua l’acquisto, incertezza che riguarda molti aspetti, che vanno dall’obiettivo specifico per il quale si effettua l’acquisto stesso (che il consumatore può non avere esattamente esplicitato), alle possibilità “tecniche” del prodotto di rispondere all’obiettivo perseguito, agli effetti , per così dire, sociali dell’acquisto stesso. Il rischio del consumatore, in sostanza, è sia di tipo funzionale, per quanto attiene agli aspetti tangibili del prodotto, sia di tipo “psicosociale”, per gli aspetti immateriali, per la capacità di rispondere ad aspettative e desideri interiori e sociali. Il rischio psicosociale ha a che fare con il senso di autorealizzazione, con il rafforzamento della propria identità, con la considerazione e la stima provata dagli altri. I prodotti turistici, con un’alta valenza simbolica e con un totale coinvolgimento della persona nell’esperienza di acquisto/fruizione, comportano sempre da parte del consumatore un elevato livello di rischio percepito, sia in termini tecnici (mezzi di trasporto, orari di volo, comfort della camera, …), sia, e soprattutto, in termini immateriali (atmosfera, accoglienza, qualità delle relazioni, arricchimento interiore, prestigio che deriva dall’esperienza di vacanza,…). Tanto la ripetitività dell’acquisto, che comporta un certo grado di fedeltà alla marca o alla destinazione, quanto la ricerca di informazioni costituiscono modalità attraverso le quali è possibile minimizzare il rischio dell’esperienza turistica. E’ importante sottolineare che il consumatore non solo recepisce e seleziona le informazioni che gli vengono inviate,

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ma è parte attiva di un processo di comunicazione che lo coinvolge direttamente. I consumatori si attivano per cercare, raccogliere, trasmettere ed elaborare le informazioni decidendo le fonti, le tipologie, e la quantità di informazioni da utilizzare per arrivare alla decisione di acquisto. Più il consumatore è coinvolto nell’acquisto più è disposto a spendere, in termini monetari o di tempo, per ottenere le informazioni di cui ha bisogno. Le informazioni sono poi strettamente finalizzate allo specifico tipo di rischio che il consumatore vuole tenere sotto controllo, e tanto più il rischio percepito è di tipo psicociale, tanto più il consumatore tenderà a preferire fonti imparziali. Mentre le fonti aziendali possono essere ritenute valide per quanto riguarda gli aspetti tangibili e funzionali, per quanto riguarda i contenuti simbolici del prodotto o servizio, il consumatore cerca prevalentemente altre fonti, e quanto viene recepito tramite esperienza diretta e fonti personali diventa influente nella decisione di acquisto. Chi deve prendere una decisione complessa normalmente consulta quante più fonti possibili di tipo interpersonale per acquisire informazioni non di parte. Gli studi sul consumatore evidenziano che i materiali promozionali di ogni tipo hanno un effetto quasi irrilevante per aiutare il consumatore a ridurre il rischio percepito quanto il rischio stesso riguarda gli aspetti immateriali del prodotto, e che in questo caso le fonti aziendali possono costituire solo un valido sostegno a conferma di ciò che il consumare apprende tramite altri canali.

Quello che qui ci preme sottolineare è che forse non si è ancora riflettuto a sufficienza su quante siano le fonti di informazione per un consumatore non “controllate dal marketing”, o meglio verso le quali il marketing non esercita alcuna attività esplicita. Come già detto, i consumatori possono ottenere infatti informazioni oltre che da mezzi di comunicazione e dagli strumenti della comunicazione di marketing anche dalla famiglia, da amici, da persone delle quali si fida o che interpella di proposito. Ciò che è interessante sottolineare è che normalmente i consumatori attribuiscono un valore diverso alle fonti di informazione, il valore maggiore si ritiene sia di norma attribuito alle opinioni personali, piuttosto che a quelle non personali e in qualche misura influenzate, se non gestite dal marketing. Philip Kotler sostiene che il valore delle informazioni e quindi il loro potere di condizionamento, varia anche in relazione al ruolo che l’individuo che ne è portatore svolge nel processo decisionale (che può riguardare una persona singola o un gruppo), e almeno dal punto di vista teorico si possono distinguere cinque ruoli:

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- il promotore, la persona cioè che per prima suggerisce l’idea di intraprendere una particolare attività, - il persuasore, chiunque influenzi la scelta o decisione finale, - il decisore, la persona che alla fine prende una decisione, - il compratore, la persona che paga, - il fruitore, chiunque si impegni o consumi l’attività scelta. Tutto questo spinge a far considerare di più del passato: - la necessità di non dare per scontato, ma anzi di studiare a fondo il tema: come si informa il turista? - l’importanza del fattore umano come fonte di informazioni per la scelta, - la necessità di indirizzare le attività di marketing verso la fonte che esercita un ruolo effettivo nella decisione, senza trascurare però gli altri ruoli (promotore, persuasore, compratore..), - che per le attività di marketing si aprono nuove strade, si delinea ad esempio il compito di cercare di collocare una informazione all’interno di una fonte che venga utilizzata davvero ma anche di rendere una fonte di informazione così credibile da essere realmente utilizzata dal consumatore nella fase critica della decisione. 2.6 Una organizzazione mirata alla gestione delle relazioni È opinione comune che le organizzazioni debbano adattarsi a condizioni in cambiamento, che debbano rispondere alle mutevoli esigenze dei loro clienti. Da ciò deriverebbe che “adattarsi” per le istituzioni significhi limitarsi ad “adattarsi passivamente” e reattivamente. La stessa diffusione della cultura del marketing tradizionale ha contribuito a questa opinione. Si ritiene cioè che le Istituzioni di norma non siano in grado di imporre unilateralmente la loro definizione del mondo esterno, o, in altre parole che esse non siano in grado di imporre ai loro potenziali referenti, i turisti nel nostro caso, un modello di comportamento. Normann sostiene però che nella battaglia per conquistare la loro posizione esse possono riconfigurarsi, e così facendo diventare attori di riferimento. La riconfigurazione, secondo Normann, implica qualcosa di più che un adattamento

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passivo al modello dell’organizzazione di riferimento, e qualcosa di meno del predominio assoluto; il processo consiste nella co-creazione di un sistema di relazioni. Il cambiamento può avvenire attraverso un miglioramento continuo, o attraverso un radicale ripensamento e rinnovamento del modello di relazioni (non dunque un cambiamento reattivo-adattivo, ma proattivo cioè dall’interno verso l’esterno). Anche nella visione del marketing relazionale - come si è visto - il posizionamento strategico e lo sviluppo delle competenze distintive necessarie non vengono più fatti dipendere dalle capacità di adattamento all’ambiente e dalla gestione dei fattori produttivi controllati direttamente, ma dalle capacità relazionali dell’impresa, dal complesso di risorse che attraverso le relazioni l’impresa è capace di mobilitare, dalla crescita delle conoscenze e dalla valorizzazione delle risorse possedute. Ho già avuto occasione di sostenere che per una gestione del marketing adeguata agli obiettivi e corretta anche dal punto di vista interno alla disciplina, occorre in primo luogo un cambiamento di mentalità e una diversa cultura di tipo gestionale ed organizzativo. Al modello militare del marketing fatto di strategie, campagne, target, campi di battaglia, promozioni, avversari… ha di norma, fino ad oggi corrisposto una struttura interna gestionale altrettanto rigida composta di settori, divisioni, task force… Alla base di un nuovo atteggiamento andrebbe posta dunque la concezione per la quale, a differenza di quanto sostenuto dal marketing classico, esiste sempre meno una netta distinzione tra comportamento dei consumatori e di quanti offrono loro servizi. Ciò è particolarmente evidente nel turismo dove i turisti sono parte integrante dell’ambiente, del prodotto ospitale, e dove - lo si è visto - i turisti sono parte attiva e indispensabile del processo di comunicazione. Se l’ipotesi è vera occorre prendere atto del fatto che il grado di partecipazione fisica, emotiva e intellettuale del cliente al servizio dipende anche dalle scelte manageriali delle organizzazioni turistiche a livello di informazione e coinvolgimento della clientela. Ed in effetti se si analizzano alcuni casi (ad es. quello relativo al Club Med) è possibile verificare come anche i turisti mostrano capacità di controllo della qualità, commercializzazione e progettazione di nuovi servizi.

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2:2.6

Nella relazionalità, nelle forme sistematiche di relazioni, può trovare corpo l’esigenza di affrontare la domanda in modo più evoluto e maturo, certo più complesso, con un’ottica trasversale, nella quale, lo specifico turistico non è necessariamente centrale, e nella quale la persona non è completamente “esterna”, né al prodotto, né alla comunicazione, come si ha nella visione meccanicistica del marketing. Ciò comporta conseguenze sia rispetto alla Risorsa Umana, che al tipo di organizzazione. Per le Istituzioni una ipotesi è quella di prevedere ad esempio una funzione finalizzata alle relazioni, che preveda la gestione di attività continuative nel tempo (non di breve durata), che dovrebbero procedere in parallelo con le altre iniziative ed i progetti di marketing. Più precisamente l’adozione di questo approccio necessita l’avvio di un processo che può prevedere quattro momenti: > 1. l’uscita progressiva dall’intenzionalità unilaterale, imput-output che ha sinora dominato la scena sia in termini di comunicazione, che più in generale di rapporto, tra Enti ed Organizzazioni turistiche e turisti; > 2. la costruzione di sistemi di informazione, analisi e monitoraggio della domanda, e più in generale del mercato, con particolare attenzione al tema della soddisfazione e della ricerca delle informazioni di base per la scelta di una vacanza; > 3. l’avvio di un sistema di contatti e di forme di dialogo, e più in generale forme di vicinanza con i “consumatori”, su temi ampi, in un’ottica trasversale, che non sia orientata quindi solo alle tematiche propriamente turistiche; > 4. l’obiettivo di avviare tra domanda di riferimento e sistema ospitale un processo di formazione circolare, e quindi una coevoluzione. 19

Sostiene Gerken che nel marketing tradizionale la

concezione del comportamento è errata perché non tiene conto del fatto che tra offerente da un lato, e richiedente dall’altro, ha luogo un processo di formazione circolare e quindi una coevoluzione. La concezione meccanicistica va dunque abbandonata.

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Si è usato intenzionalmente il termine “coevoluzione”19 per indicare sia la modalità di trasformare le Istituzioni e di riconfigurarle per diventare attori e soggetti di riferimento, sia la necessità


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di non correre più passivamente “dietro ai trend”, ma cercare piuttosto di esserci quando nascono, e se possibile di costruirli assieme a coloro che li creano, per usare la terminologia di Gerken. Non a caso nel punto di vista di Gerken, analizzato nelle pagine precedenti “non vi è più un consumatore al quale mirare, vi è solo un flusso di culture del consumo e di orientamenti contraddittori con i quali si dovrebbe con-fluire o dai quali esser trasportati come l’onda trascina con sé il surfer”; il marketing viene sostituito dalla mimesi, e diventa interfusione20. Assumere questa ottica significa che se non si può affrontare la domanda in maniera meccanicistica occorre avviare un nuovo rapporto di cooperazione, e di stimolo alla componente partecipativa dell’agire delle Imprese e delle Istituzioni. Quanto alle conseguenze in termini di strumenti da adottare per stimolare e gestire le relazioni, oltre all’utilizzo degli strumenti più o meno tradizionali (mailing, telefono, “door to door”, internet, promoter, riviste “scenario”…) si delinea l’importanza di:

20

- permettere agli utenti di poter comunicare e dialogare in qualsiasi momento attraverso sportelli, numeri verdi e attraverso Internet, oppure attraverso la creazione di veri e propri network, Meeting Point, e territori di incontro, - attivare un filo diretto, e dei punti di incontro con il Trade. Proprio nella logica della coevoluzione si dovrebbero prevedere dei forum, o meglio ancora dei veri gruppi di lavoro comuni, come si fa tra partner della stessa impresa; - prevedere attività di marketing interno, proposte al Sistema turistico locale (per residenti, operatori dell’ospitalità…), che attività di formazione all’esterno, prevedendo seminari, percorsi formativi e di aggiornamento, con temi “ampi” che riguardino il miglioramento della professionalità dei partecipanti, l’approfondimento delle problematiche relative alla comprensione del fenomeno del turismo, e della gestione delle relazioni. Tutto ciò con l’evidente scopo in particolare di promuovere forme di vicinanza e di dialogo; - ripensare gli uffici informazione nelle forme indicate nelle pagine precedenti; - organizzare e proporre da parte degli Cfr. G. Gerken “Addio al marketing”, ISEDI 1994.

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Enti di Promozione turistica, servizi agli operatori (data base, rapporti, manuali operativi, sportelli consulenziali…) con la logica relazionale che qui si è precisata; - prevedere un’azione di monitoraggio sulle aspettative dei turisti e sul loro grado di soddisfazione, e più in generale sulla capacità della proposta di mantenere le promesse. In questo quadro si delinea anche l’importanza di non trascurare, ed anzi di valorizzare, le iniziative del volontariato e più in generale delle attività organizzate dalle associazioni locali rivolte ai residenti ed ai turisti, per la loro capacità di rappresentare lo spirito del territorio con modalità non standardizzate.

Un indicatore? Si è detto più volte che uno dei fattori più preziosi per un’impresa sono le relazioni con i suoi clienti, i dipendenti, i fornitori, i dettaglianti… il capitale relazionale è l’insieme del capitale di conoscenze, dell’esperienza, della fiducia del quale essa dispone nei confronti dei suoi clienti, dipendenti, fornitori e partner. Queste relazioni spesso valgono più degli asset fisici dell’impresa. Le relazioni determinano il futuro valore dell’azienda. Qualsiasi passo falso in queste relazioni compromette la performance aziendale. Le imprese potrebbero prevedere un “indicatore relazionale” che descriva i punti di forza, i punti di debolezza, le opportunità i rischi attinenti una relazione. L’impresa deve reagire in fretta e porre rimedio agli eventuali indebolimenti delle relazioni importanti. Il marketing transazionale dedicava la maggior parte dei suoi sforzi a cercare nuovi clienti, trascurava l’interdipendenza tra i suoi principali stakeholder e la loro funzione, decisiva per il successo dell’impresa. Come si è detto con il marketing relazionale avviene una svolta significativa nel paradigma di marketing, si passa da una valutazione esclusivamente in termini di competizione e di conflitto alla valutazione in termini di reciproca interdipendenza e cooperazione, viene cioè riconosciuta l’importanza delle diverse parti che cooperano per erogare il valore migliore al cliente. Occorre però avere strumenti di verifica di quanto si fa. Questa dell’indicatore relazionale suggerita da Kotler, può essere un’idea da valutare.

Quanto allo specifico della gestione delle relazioni attraverso internet può essere interessante valutare questa scheda operativa, ripresa da Davide Ellis.

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Strumenti

Tipologia

Tempo del messaggio

Relazione con altri membri

Vantaggi

Svantaggi

Mailing list

Libero invio di e-mail a tutti gli iscritti a una lista

Differita

Immediata (ma l’accesso alla lista di distribuzione può avere sbarramenti e rimozioni per abusi)

Comunicazione trasversale tra membri, immediatezza degli aggiornamenti, possibilità di raccontare per esteso i fatti

Possibilità di innescare dibattiti senza fine, replay, inutili, spamming fuori tema

Chat

Dialogo attraverso client di chat o servizi con interfaccia web

Diretta

Immediata (ma con Velocità nelle supervisione di lea- domande/risposte, der di chat) linguaggio emozionale, discussioni a più voci e dialoghi privati

Bacheche

Aree per iscrizione libera di messaggi (senza spazio di replica)

Differita

Immediata (ma chi ha permessi da administrator può rimuovere messaggi fuori tema)

Possibilità di formu- Spetto impossibile lare richieste espli- sapere se il mescite a tutta la com- saggio è stato letto munity, opportunità di vendita/acquisto

Forum

Tabellone in cui si iscrivono interventi e repliche

Differita

Immediata (ma chi ha permessi da supervisore può cancellare messaggi fuori tema)

Suddivisione e raccolta di messaggi a tema (thread), linearità degli interventi che si susseguono

Newsletter

E-mail periodica con Differita aggiornamenti per tutta la community

Mediata dal redatto- Scrittura meditata e Rischio di elaborare re della newsletter possibilità di fare il notizie già superate dagli eventi punto su periodi medio-lunghi

Mod

Diretta Spazio virtuale in 3D per il gioco, la chata o la consultazione di servizi

Immediata (ma con supervisione di un teacher)

Esplorazione di mondi tridimensionale, illusione di maggior concretezza nel permanere dentro una community

Necessità di applicazioni non molto diffuse, regole di gioco non immediata

Instant messengere

Chat individuali e di gruppo con appositi client

Diretta

Immediata

Velocità di comunicazione notizia immediata sulle persone on line possibilità di cercare con appositi motori nuovi membri

Difficoltà di configurazione su Lan con alti livelli di sicurezza

Pagine web personali

Pagine html realizzate dagli utenti e inserite in specifiche aree della community

Differita

Immediata

Raccolta di materia- Difficoltà di publishing per non esperti le individuale in un’unica area, possibilità di illustrare con immagini

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Brevità, incompletezza delle informazioni, linguaggio spesso criptico

Possibilità di andare off topic o di replicare argomenti già trattati con dispersione di forze


2:2.7

2.7 Nuove competenze e nuove figure professionali Nella parte di analisi di questo lavoro è emersa la necessità che non solo le imprese, ma anche gli Enti e le Associazioni che si devono confrontare con un nuovo Scenario, si devono occupare di relazioni sia ipotizzando nuovi strumenti, sia prevedendo competenze e figure professionali nuove. Enrico Finzi, sociologo, Presidente di diversi Istituti di ricerca, ha ripreso il pensiero dell’antropologo Eugene Beaty per il quale, ad esempio, le persone non si recano più al ristorante per soddisfare un bisogno primario connesso alla sopravvivenza; quello del bere e del mangiare. Se fosse davvero quella la motivazione, potrebbero benissimo andare in un supermercato e risparmiare. E, sempre secondo Finzi, non è vero neppure che la motivazione principale che spinge il consumatore a investire tempo e denaro al ristorante ha a che fare con la qualità dei cibi o delle bevande. Il nucleo della questione sta altrove: nel piacere di condividere un’esperienza sensoriale e simbolica con altri. Dunque gli ingredienti e le loro preparazioni sono solo il mezzo per assumere insieme, per con-sumare, per con-sentire. Il focus, ne deriva, non è tanto nell’offerta materiale quanto nel modo di porgerla (il servizio) e specialmente nell’ambiente, che non è dato tanto dagli arredi quanto dalla gente che lo crea, dalle relazioni. Lo stesso Gabriele Calvi, presidente dell’Istituto di Ricerca Eurisko ha scritto che “la qualità di un prodotto o di un servizio tende sempre più marcatamente a coincidere con quella della relazione fra chi produce o vende, e chi acquista ed usa”. Insomma ci sembra sia sufficientemente dimostrato che l’efficacia dei processi erogativi dei servizi e delle interazioni con la clientela è direttamente correlata all’adeguatezza della risorsa umana. Chi infatti si deve occupare di creare e gestire quel reticolo di relazioni grazie al quale dimostrare rispetto ai “consumatori” e circondarli di attenzioni? Chi si deve occupare delle forme di comunicazione interattiva che si instaurano nei momenti della verità? - di novità e sorprese che le persone possono trovare nel luogo di vacanza, - di proposte originali,

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2:2.7

- di incontri con persone o personaggi in assenza dei quali spesso le destinazioni diventano intercambiabili? - di stimoli comunicativi e di qualità delle esperienze che si possono realizzare? In questo lavoro si è mostrato un complesso di azioni e di problematiche infatti, che non può svilupparsi spontaneamente con coerenza rispetto agli obiettivi. Le figure professionali necessarie sono diverse e vanno dagli addetti alla gestione del passaparola, ai ciceroni-divulgatori, passando per i “part time marketer”. Esiste un gran numero di part time marketer; sappiamo che quanti hanno la responsabilità immediata di fornire il servizio - a cominciare dal personale di accoglienza, e dagli addetti di sala - devono saper svolgere attività di marketing. Ma vi anche una evidente necessità di figure professionali responsabili delle strategie di marketing relazionale delle destinazioni. Secondo Ferrero per la gestione di una strategia di relazioni di successo sono necessarie alcune competenze distintive: - l’orientamento al consumatore, - le capacità commerciali, - la flessibilità e la possibilità di adattamento delle prestazioni alle esigenze specifiche dei clienti, - la qualità dei prodotti e dei servizi offerti, - i prezzi praticati, - l’efficacia delle strutture organizzative adottate. Questi fattori possono essere ricondotti a due competenze di base21: - la problem solver ability, ovvero la capacità di offrire una prestazione o un prodotto che per le sue caratteristiche di funzionalità, qualità, prezzo per i servizi annessi, sia in grado di soddisfare le esigenze dell’acquirente e di migliorarne la performance. - La trasfer ability, cioè la capacità di fornire la prestazione con modalità tali da renderla utilizzabile nel modo più confacente agli obiettivi ed ai vincoli del cliente. 21

Cfr. Ferrero G. “Il marketing relazionale” op. cit.

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2:2.8

Al fondo si conferma la necessità di una cultura fatta di competenze ampie, di flessibilità che deve caratterizzare gli operatori nel turismo. 2.8 Sistemi di relazione Jeremy Rifkin nel suo libro “L’era dell’accesso” ha sostenuto che “per quanto l’idea possa sembrare astrusa in un mercato dominato dal compratore è possibile aprire la porta ad un potenziale cliente solo se si abbandona il proposito di vendergli qualcosa”. Nell’economia delle reti il vero obiettivo diventa quello di catturare l’attenzione dei clienti, un traguardo questo che diverse aziende sono disposte a raggiungere anche a costo di utilizzare come strumento di marketing la distribuzione gratuita di prodotti. “Mantenere viva l’attenzione conquistata dipenderà dalla capacità delle aziende di offrire servizi efficaci e di creare relazioni durature”. In questa prospettiva uno strumento interessante e forse da privilegiare, consiste nella costruzione di veri e propri sistemi di relazioni caratterizzati da eventi e iniziative, realizzati in accordo con altri operatori o con gli Enti di promozione turistica che operano nel territorio, e tesi a presentare la gamma delle offerte dell’area nella quale si trova l’azienda ospitale. I sistemi di relazione si caratterizzano per una logica di continuità, e per una logica trasversale, più vicina a quella del marketing territoriale, che a quella del marketing turistico: attraverso gli eventi previsti (serate promozionali, incontri con autori, artigiani, artisti e naturalmente operatori dell’ospitalità, work shop, convegni, mostre…) si cerca di presentare l’intera offerta, secondo modalità non solo turistiche.

Cosa sono i Sistemi di relazioni La maggior parte degli addetti al marketing si ostina a considerare il mercato e la domanda come composta da “consumatori”, o nella migliore delle ipotesi da “clienti”, anziché da persone. Ma il consumo è solo un aspetto di una attività al tempo stesso sociale e individuale. La persona che acquista è la stessa persona che legge un libro, ha dei sentimenti… l’individuo è un insieme fatto di conscio e di inconscio, che vive in un contesto, e il comportamento di consumo non può essere valutato come una variabile indipendente, ma come una parte di un tutto. Un sistema di relazioni nasce dall’idea che il modo più corretto di rapportarsi nei confronti dei turisti

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2:2.8

sia quello di considerarli non tanto come consumatori, quanto come persone che vanno in vacanza, e come tali che si interessano non solo di alberghi e prenotazioni, ma anche di cultura locale, prodotti del territorio, relazioni con gli altri. Le attività di promozione che ne derivano pertanto non sono solo di tipo meramente turistico, ma tendono a coinvolgere anche le altre componenti dell’offerta, e l’obiettivo non è tanto quello di vendere, quanto piuttosto quello di instaurare relazioni durature. Per fare questo è necessario individuare e avviare forme di dialogo e di contatto, forme di “vicinanza” con la domanda su temi ampi ed in una ottica trasversale, non necessariamente schiacciata sul piano puramente turistico. In altre parole bisogna operare con elasticità e professionalità al tempo stesso.

Tra i soggetti da privilegiare in questo genere di interventi, gli addetti alle Relazioni Pubbliche privilegiano: > gli influenti, > e gli stakeholder, cioè i soggetti consapevoli di avere un diritto a interloquire con l’organizzazione anche per influire sul raggiungimento dei suoi obiettivi. Nel primo caso, secondo Toni Muzi Falconi, la relazione viene direttamene orientata ad accelerare il raggiungimento dell’obiettivo; nel secondo caso è necessaria una relazione capace di attirare l’attenzione dell’influente e, solo successivamente, che si proponga di accelerare il raggiungimento dell’obiettivo perseguito. Fra gli stakeholder sono da considerare: - i dipendenti, i dirigenti, gli azionisti, i grandi clienti, i fornitori, le istituzioni pubbliche di riferimento, i sindacati, i concorrenti, le associazioni di rappresentanza di riferimento, le associazioni di interesse di riferimento, i giornalisti più direttamente interessati, Fra gli influenti troviamo invece: - i giornalisti non direttamente interessati, i leader di opinione, i leader di organizzazioni con le quali si vorrebbe entrare in relazione. In sintesi, per attivare Sistemi di relazioni di successo occorre evitare di ridurli ad interventi episodici, prevederne la continuità, e questo comporta forme di marketing diffuso, gestite cioè da un numero elevato di operatori del territorio. D’altronde secondo il marketing relazionale la funzione di marketing non è neces-

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2:2.8

sariamente assolta da una specifica unità organizzativa, ma si caratterizza proprio per essere una funzione diffusa. Gestire la funzione di marketing significa quindi organizzare e dirigere una rete complessa di relazioni con i tanti attori che operano con competenze e livelli di autonomia differenziati all’interno, e nel marketing delle destinazioni all’esterno, dell’impresa L’azione di marketing deve quindi creare le condizioni per realizzare una coevoluzione della domanda e dell’offerta fondata su rapporti collaborativi, rivolta ad accrescere l’ampiezza ed il valore delle risorse mobilitabili dell’impresa per conseguire i suoi fini. In ultima analisi l’obiettivo dell’intervento di marketing è quello non di ridurre la complessità ambientale, ma al contrario di gestire e valorizzare tale complessità, favorendo una più efficace integrazione fra l’impresa e l’ambiente, in particolare ampliando le risorse dall’impresa, grazie alle relazioni instaurate con gli altri attori.

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copertina T10 9-04-2004 14:45 Pagina 1

T.01 Tecnologie delle produzioni pulite per l’efficienza ambientale dell’attività alberghiera. marzo 2001

T.06 I sistemi di gestione ambientale per gli alberghi. Linee guida per un approccio semplificato. giugno 2003

T.02 Ospitare i cicloturisti. Manuale di marketing per conquistare e fidelizzare il segmento dei cicloturisti. giugno 2001

T.07

T.03 Turismo e Web. Guida alla progettazione e realizzazione di un sito di qualità. ottobre 2001

T.08 Organizzare l’albergo per il mercato d’affari. Manuale di marketing per conquistare e fidelizzare la clientela business. ottobre 2003

T.04 Acquisti ecologici per gli alberghi. Linee guida, criteri e consigli per la scelta dei prodotti da utilizzare negli hotel. dicembre 2002

Il marketing passaparola nel turismo. Manuale per gli operatori dell’ospitalità. luglio 2003

T.09 L’albergo eco-sensibile. Manuale di marketing per realizzare un’ospitalità attenta all’ambiente. novembre 2003

Nel turismo, nonostante le dichiarazioni di principio per le quali al primo posto ci dovrebbe essere la soddisfazione dei bisogni dei consumatori, ogni sforzo è ancora largamente proteso a vendere quel che si produce. Nel sistema dell’ospitalità turistica l’atteggiamento dominante vede ancora un utilizzo semplicistico e per certi versi primitivo del marketing. Si potrebbe parlare a questo proposito di un approccio al mercato ancora molto “intuitivo”, o meglio “spontaneo”. Da parte delle imprese, ed anche da parte degli Enti Pubblici che pure esercitano un ruolo importante nell’arena del turismo, ci si interroga poco sui reali bisogni delle persone alle quali ci si rivolge, sulle modalità più corrette per comunicare con loro. Molte conoscenze vengono date per scontate, per acquisite una volta per tutte, e si tende a ripetere quanto è stato già sperimentato, con alcuni aggiustamenti frutto dell’esperienza o dell’imitazione dei concorrenti. Nel parere di Giancarlo Dall’Ara, autore di questo volume, il marketing non può essere ridotto solo ad una questione di comunicazione pubblicitaria, di promozione o di tecniche e di tattiche. Il consumatore attuale, il cliente, è a disagio nel vedere i suoi bisogni omologati a quelli degli altri, ed esige un rapporto ben diverso. Il contenuto di questo volume testimonia l’importanza delle relazioni nel contesto delle problematiche dello sviluppo turistico, e spinge a riscoprire una delle chiavi tradizionali del successo dell’offerta turistica romagnola, alla luce delle nuove teorie ed ipotesi di marketing.

T.05 L’Ecolabel Europeo per il servizio di ricettività turistica. Linee guida per l’applicazione e rassegna delle esperienze esistenti. giugno 2003

Provincia di Rimini Assessorato al Turismo

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Gestire le relazioni nel turismo. Una nuova cultura di marketing per Enti e destinazioni.

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Collana Manuali operativi per imprese turistiche

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Gestire le relazioni nel turismo. Una nuova cultura di marketing per Enti e destinazioni.

manuali operativi per imprese turistiche

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Provincia di Rimini Assessorato al Turismo

10 – aprile 2004


copertina T10 9-04-2004 14:45 Pagina 1

T.01 Tecnologie delle produzioni pulite per l’efficienza ambientale dell’attività alberghiera. marzo 2001

T.06 I sistemi di gestione ambientale per gli alberghi. Linee guida per un approccio semplificato. giugno 2003

T.02 Ospitare i cicloturisti. Manuale di marketing per conquistare e fidelizzare il segmento dei cicloturisti. giugno 2001

T.07

T.03 Turismo e Web. Guida alla progettazione e realizzazione di un sito di qualità. ottobre 2001

T.08 Organizzare l’albergo per il mercato d’affari. Manuale di marketing per conquistare e fidelizzare la clientela business. ottobre 2003

T.04 Acquisti ecologici per gli alberghi. Linee guida, criteri e consigli per la scelta dei prodotti da utilizzare negli hotel. dicembre 2002

Il marketing passaparola nel turismo. Manuale per gli operatori dell’ospitalità. luglio 2003

T.09 L’albergo eco-sensibile. Manuale di marketing per realizzare un’ospitalità attenta all’ambiente. novembre 2003

Nel turismo, nonostante le dichiarazioni di principio per le quali al primo posto ci dovrebbe essere la soddisfazione dei bisogni dei consumatori, ogni sforzo è ancora largamente proteso a vendere quel che si produce. Nel sistema dell’ospitalità turistica l’atteggiamento dominante vede ancora un utilizzo semplicistico e per certi versi primitivo del marketing. Si potrebbe parlare a questo proposito di un approccio al mercato ancora molto “intuitivo”, o meglio “spontaneo”. Da parte delle imprese, ed anche da parte degli Enti Pubblici che pure esercitano un ruolo importante nell’arena del turismo, ci si interroga poco sui reali bisogni delle persone alle quali ci si rivolge, sulle modalità più corrette per comunicare con loro. Molte conoscenze vengono date per scontate, per acquisite una volta per tutte, e si tende a ripetere quanto è stato già sperimentato, con alcuni aggiustamenti frutto dell’esperienza o dell’imitazione dei concorrenti. Nel parere di Giancarlo Dall’Ara, autore di questo volume, il marketing non può essere ridotto solo ad una questione di comunicazione pubblicitaria, di promozione o di tecniche e di tattiche. Il consumatore attuale, il cliente, è a disagio nel vedere i suoi bisogni omologati a quelli degli altri, ed esige un rapporto ben diverso. Il contenuto di questo volume testimonia l’importanza delle relazioni nel contesto delle problematiche dello sviluppo turistico, e spinge a riscoprire una delle chiavi tradizionali del successo dell’offerta turistica romagnola, alla luce delle nuove teorie ed ipotesi di marketing.

T.05 L’Ecolabel Europeo per il servizio di ricettività turistica. Linee guida per l’applicazione e rassegna delle esperienze esistenti. giugno 2003

Provincia di Rimini Assessorato al Turismo

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Gestire le relazioni nel turismo. Una nuova cultura di marketing per Enti e destinazioni.

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Gestire le relazioni nel turismo. Una nuova cultura di marketing per Enti e destinazioni.

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10 – aprile 2004


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