22 minute read
di Gianmarco Mancosu, “
L’IstItuto LuCE nELLa guErra d’EtIopIa 211
LUCE, l’ambasciatore Giacomo Paulucci di Calboli Barone (1887-1961), coadiuvato da un apposito comitato tecnico interministeriale:
Advertisement
«ai fini pertanto dell’organizzazione e del funzionamento del suddetto Reparto il Presidente dell’Istituto Nazionale Luce costituirà, sotto la sua Presidenza, un Comitato Tecnico, del quale farà parte un rappresentante del Ministero della Stampa e Propaganda ed in seno al quale ciascun Ministero coinvolto dovrà designare il proprio rappresentante». Secondo Mussolini, il presidente dell’Istituto Nazionale Luce, «conformemente alle istruzioni impartitegli, dovrà riferirmi sull’andamento dei lavori del Comitato e sull’opera del Reparto».18
Per le attività fotocinematografiche era istituito all’Asmara, «con l’ausilio dell’Alto Commissario per l’A. O. e del Ministero per la Stampa e Propaganda», un «apposito servizio» diretto dall’avvocato e giornalista Luciano de Feo (m. 1974), fondatore del LUCE e poi direttore dell’Istituto Internazionale di Cinematografia Educativa (IICE), «il quale curerà di conseguenza il collegamento con la sede di Roma».19 Il servizio doveva operare secondo le direttive militari e logistiche dell’Alto Commissariato e secondo l’indirizzo artistico e censorio del Ministero della Stampa e della Propaganda e del suo ufficio asmarino. Il compito del servizio era la raccolta della documentazione fotocinematografica, mentre la selezione del materiale da utilizzare nei cinegiornali era rimessa al comitato tecnico di Roma.20 Il Reparto A.O. aveva dunque due componenti: quella operativa, tra l’Asmara e Adigrat, svolgeva le riprese sull’avanzata secondo le disposizioni dell’Alto Commissariato e dell’ufficio periferico del ministero della stampa e propaganda; mentre la componente direttiva, a Roma, era
18 ibidem. 19 Lettera del 7 settembre 1935 di Mussolini a Paulucci e ai rappresentanti dei ministeri militari e delle Colonie e alla MVSN, conservata all’Archivio di Stato di Forlì (ASF), fondo “Giacomo Paulucci Di Calboli Barone” (GPDCB), b. 247 “Istituto Nazionale LUCE”, f. “Presidente del Reparto foto-cinematografico LUCE per l’Africa Orientale. Settembre 1935”, s. f. “Reparto Cinematografico A.O.”. 20 ASF, GPDCB, b. 247 “Istituto Nazionale LUCE”. Fascicolo “Presidente del Reparto fotocinematografico LUCE per l’Africa Orientale. Settembre 1935”. Sotto-fascicolo “Reparto Cinematografico A.O.”, lettera di Benito Mussolini a Giacomo Paulucci di Calboli e ai rappresentanti dei Ministeri della guerra, della Marina, dell’Aeronautica, delle Colonie e alla MVSN, 7 settembre 1935.
212
War films
del tutto autonoma, forte della legittimazione diretta del Duce.21
Questa commistione di autorità sovraordinate al Reparto A.O. riflette i conflitti di attribuzione tra i vari uffici periferici dei dicasteri nazionali ed il ministero delle Colonie: infatti il 16 settembre 1935 il ministro Lessona comunicava all’Alto Commissario De Bono che De Feo avrebbe curato il collegamento del Reparto con la centrale di Roma “per il tramite del Ministero delle Colonie”.22 Lessona disponeva inoltre l’immediata partenza per l’Asmara di Paulucci e De Feo con una trentina di operatori del Reparto A.O. e chiedeva a De Bono di curarne la sistemazione logistica, sottolineando che era «cosa desiderata personalmente dal Capo del Governo».23
Sebbene un’ampia partecipazione di ministeri e istituzioni avesse collaborato nel fornire le risorse e parte del personale del neonato Reparto Luce A.O., al fine di adempiere alla volontà espressa da Mussolini di creare una produzione foto-cinematografica quanto più possibile coordinata e centralizzata, qualche giorno prima dell’inizio dell’avanzata il presidente Paulucci chiese a De Bono di sollecitare i comandi delle tre Divisioni della Milizia a presentare al Reparto A. O. gli operatori foto-cinematografici delle Camicie Nere.24 Da questo documento si possono trarre due interessanti spunti: il primo conferma che oltre all’Istituto Luce operavano in colonia alcuni operatori, nello specifico nei ranghi dell’esercito, che vennero poi subito integrati nel Reparto A.O.; il secondo dimostra come la legittimazione diretta di Mussolini sia stata immediatamente recepita da Paulucci e da De Feo, che lavorarono per accentrare sotto l’ala del Luce tutta la produzione cinematografica informativa di guerra.
Il 26 settembre 1935, nell’imminenza dell’inizio delle operazioni, il Co-
21 Rimarcata anche nella relazione sull’attività del Reparto inviata da Paulucci alla Presidenza del Consiglio il 15 giugno 1936. ACS, Fondo PCM 1934-1936, b. 2046, f. 17.1/3422, s. f. “Situazione dei conti al 30 aprile 1936”. 22 MAE, MAI, Etiopia. Busta 181/10 - 883, f. “AOI - Attività dell’Alto Commissariato A.O.
Stampa e propaganda”, s. f. “Servizio cinematografico: funzionamento - personale - materiale”. 23 ibidem. 24 MAE, MAI, Busta 181/10 - 883, f. “AOI - Attività dell’Alto Commissariato A.O. Stampa e propaganda”, s. f. “Servizio cinematografico: funzionamento - personale - materiale”, lettera del 26 settembre 1935 di Paulucci ad Emilio De Bono.
L’IstItuto LuCE nELLa guErra d’EtIopIa 213
mando Superiore inviò ai comandi dipendenti un’importante circolare (la 09107) in cui si comunicava ufficialmente la costituzione e la messa in funzione del servizio fotocinematografico A. O.:
«Il Reparto funziona in patria guidato dal presidente Luce e dal Comitato Tecnico Interministeriale; funziona in colonia sotto la guida di De Feo ed è costituito dalla sezione cinematografica “E” del Regio Esercito e da operatori civili».
La documentazione fotocinematografica raccolta dal Reparto doveva avere un duplice scopo: da un lato servire per la storia militare della campagna e l’addestramento delle truppe (come risulta dal “Memoriale per le riprese cinematografiche” allegato al comunicato) e dall’altra fornire materiale per la propaganda in Italia, in A.O. e all’estero. La sezione cinematografica “E” dipendeva in via disciplinare direttamente dal comando superiore. Il personale civile dipendeva in via disciplinare dal capo del servizio fotocinematografico. Tutto il personale doveva comunque sottostare alle limitazioni che furono poste dai comandi militari.25 Il Reparto Luce A.O. fu quindi a tutti gli effetti inquadrato nell’esercito, e sebbene si facesse riferimento nello specifico alla sezione cinematografica “E” del Regio Esercito, in realtà anche il personale civile proveniente prevalentemente da Roma e dall’Istituto Luce nel svolgere le proprie mansioni di ripresa e produzione filmica, doveva sottostare ai limiti imposti dalle necessità militari.
Con l’inizio delle riprese, la ripartizione delle competenze tra i comandi militari in Africa e il comitato tecnico di Roma non mancò di suscitare problemi. Così già il 1° ottobre De Bono specificava che la circolare 09107 sulla costituzione del Reparto A. O. non modificava la precedente 07300 del 4 settembre sulla costituzione dell’Ufficio stampa e propaganda asmarino.26 L’Alto Commissario chiariva che
25 ibidem (stessa collocazione), circolare, a firma de Bono, n. 09107 del 26 settembre 1935, emessa dall’Alto Commissario dell’A. O., inviata ai vari comandi militari di stanza in Eritrea e Somalia, all’Ufficio Stampa e Propaganda Africa Orientale, all’Istituto Luce e per conoscenza al Gabinetto personale di Emilio De Bono. 26 MAE, MAI, busta 181/10 - 883, f. “Alto commissariato A. O. Stampa e Propaganda, Attività dell’alto commissariato AO stampa e propaganda”, s. f. “Ufficio stampa A.O.: costituzione - funzionamento - personale - alloggi del personale e sistemazione uffici”, circolare 07300 del 4 settembre 1935 inviata dal Comando Superiore di Stato maggiore ai vari co-
214
War films
«tale Reparto fotocinematografico ha il compito di coordinare ulteriormente tutti i mezzi e gli uomini che devono essere impiegati nell’attività di presa foto-cinematografica sia nei riguardi della propaganda che della documentazione storico-militare addestrativa».
e invitava l’USPAO a collaborare col Reparto A. O. per la presa e la raccolta di materiale foto-cinematografico inerente l’attività dei reparti militari, uniformandosi «alle direttive che dal Comando Superiore [sarebbero state] di volta fornite». Inoltre
«con la costituzione del Reparto A.O. la ripresa e la raccolta del materiale da utilizzare a scopo di propaganda e documentazione sarà svolta [anche] dagli Ufficiali e dai militari di truppa che sono in possesso di macchine di loro proprietà».
Al Reparto Luce era dunque accentrata pure la documentazione privata. Lo scopo non è del tutto chiaro: apparentemente la frase lascerebbe intendere che tale materiale fosse comunque valutato per i cinegiornali, ma finora non abbiamo trovato conferme di una tale prassi. Ma più probabilmente lo scopo era di controllare ed eventualmente censurare le fotoricordo spedite ai familiari, come suggerisce un successivo passaggio della lettera di De Bono:
«tutto il materiale di presa cinematografica raccolto sia dai professionisti civili che dai militari o dai dilettanti, dovrà perciò essere inoltrato al Servizio foto-cinematografico per l’A.O. di Asmara, il quale in questo modo verrà ad accentrare tutto il lavoro tecnico di ripresa».27
In ogni modo non tutta la documentazione fotografica della guerra d’Etiopia è conservata negli archivi del LUCE e dell’Ufficio storico dello SME: un’importante collezione, recentemente studiata da Benedetta Guerzoni, è infatti conservata presso l’Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea (Istoreco) di Reggio Emilia28 .
mandi militari operanti in Africa Orientale con oggetto “costituzione dell’Ufficio stampa per l’A.O. Istituzione ufficiali addetti ai servizi stampa”. 27 ibidem (stessa collocazione), lettera n. 3767 del 1 ottobre 1935 inviata da De Bono ai comandi di corpo d’armata, all’USPAO, al Reparto Luce A.O. 28 Raccolta da Gino Cigarini, un operatore fotografico del Regio esercito. V. Benedetta Guerzoni, “Una guerra sovraesposta”. La documentazione fotografica della guerra d’Etiopia tra esercito e istituto luce, prefazione di Adolfo Mignemi (Insmli), Reggio Emilia, RS-
Libri, 2014.
L’IstItuto LuCE nELLa guErra d’EtIopIa 215
Tuttavia i problemi di giurisdizione sull’operato del Reparto A.O. riemersero anche nel febbraio 1936, in occasione del rimpatrio forzato imposto dall’Alto Commissariato dell’allora direttore del Reparto Corrado d’Errico per presunti motivi di salute; a sostituirlo fu inizialmente designato il maggiore Carnevali, ma, richiamato costui in un servizio d’artiglieria, l’incarico passò infine al capitano Santangelo. Nella lettera inviata a Badoglio, Paulucci espresse tutta la preoccupazione del Comitato interministeriale «in relazione alle funzioni propagandistiche per la garanzia del lavoro di direzione organico». Pertanto da Roma venne deciso di rimandare Giuseppe Croce come direttore del Reparto A.O., proponendo altresì che venisse accompagnato da De Feo «al fine di migliorare il rapporto con l’Alto Commissariato e con l’Ufficio Stampa e Propaganda».29
Da questa sintetica ricostruzione dell’inizio dell’attività del Reparto Luce A.O. emerge che la stessa natura dei suoi compiti imponeva una supremazia dei comandi militari rispetto alla produzione di filmati informativi: riprendere scene di guerra significava sottostare agli ordini dei responsabili delle operazioni; d’altra parte la scelta artistica e la produzione finale, sebbene potesse essere orientata dalle citate esigenze e direttive squisitamente militari, era di competenza di organismi civili ed in particolare di una struttura facente riferimento alla volontà diretta del Duce e del suo uomo di fiducia Paulucci di Calboli. Nonostante alcune tensioni e critiche mosse all’operato di Paulucci da parte dei più alti funzionari del Ministero della stampa e propaganda,30 la struttura del Reparto A.O. rimase la stessa
29 Cfr. MAE, MAI, busta 181/10 - 883, f. “Alto commissariato A.O. Stampa e Propaganda,
Attività dell’alto commissariato AO stampa e propaganda”, s. f. “Ufficio stampa A.O.: costituzione - funzionamento - personale - alloggi del personale e sistemazione uffici”, telegramma , n° 3102 del 16 febbraio 1936, inviato da Paulucci al maresciallo Badoglio, Alto
Commissario in A. O. 30 Nella corrispondenza tra il ministro Ciano (nei mesi in cui era impiegato nel fronte etiopico) e il suo facente funzione, il viceministro Dino Alfieri, diverse volte viene criticato l’operato di Paulucci di Calboli e si ipotizza addirittura una sua sostituzione alla guida del Luce, come testimonia una lettera del 30 novembre 1935 in cui si legge «Per quanto si riferisce alla Luce ho già riservatamente parlato a Suvich circa la possibilità di trovare un incarico a Paulucci. Ti terrò informato degli sviluppi della cosa e ti sottoporrò altri nomi come presidenti». Cfr. ACS, fondo “Ministero della cultura popolare” (d’ora innanzi
MINCULPOP), b. 8, f. 31 “Alfieri”, lettera di Dino Alfieri a Galeazzo Ciano, 30 novembre 1935.
216
War films
Paulucci di Calboli alla mostra del Cinema a Venezia (1942)
per tutta la fase bellica; solo nel maggio 1936 ci fu una sorta di diatriba tra comandi militari, Ministero della stampa e della propaganda e Istituto LUCE in merito al destino del Reparto stesso una volta conquistata Addis Abeba e quindi terminata la fase bellica più importante.
La discussione fu scatenata da un foglio d’ordini inviato dal generale Melchiade Gabba il 28 maggio 1936 in cui si annunciava la smobilitazione del Reparto A.O. sostituito da una sezione cinematografica alle dipendenze del Governo Generale e dell’Ufficio Stampa africano.31 Paulucci protestò seccamente col viceré Graziani, scrivendo a lui, ai generali Gabba e Guzzoni e al capo dell’Ufficio Stampa e Propaganda Casertano, in questi termini:
31 Riportato nella lettera con cui Paulucci il 10 giugno 1936 informa sulla questione Mussolini, cfr. ACS, fondo “Segreteria particolare del Duce – Carteggio Ordinario” (d’ora innanzi
SPD - CO), b. 1251, f. 509.797, s. f. “Giacomo Paulucci di Calboli”, doc. n. 14247.
L’IstItuto LuCE nELLa guErra d’EtIopIa 217
«il Capo del Governo […] mi ha incaricato di comunicare a V.E. che intende conservare immutata l’organizzazione del Reparto da lui voluta e posta sotto la direzione tecnica ed amministrativa di un Comitato Interministeriale sedente in Roma».32 Per Paulucci «in tali circostanze è assolutamente da escludere che il Gen. Gabba abbia adottato le sue decisioni a ragion veduta, cioè dopo maturo convincimento di aver egli la potestà giuridica, e non di semplice fatto, di sopprimere il Servizio Foto-cinematografico Luce in A.O.».
Le motivazioni addotte da Paulucci a sostegno delle sue tesi riguardavano il fatto che l’autorità militare durante il periodo della guerra combattuta poteva disciplinare il funzionamento del servizio in A.O. ma non impedire il funzionamento stesso rimarcando che la fonte dell’operatività e della legittimazione era Mussolini stesso. Sopprimendo il Reparto Luce Africa Orientale i comandi militari sarebbero andati contro la legge sconfinando oltre la loro giurisdizione. Se esigenze logistiche avrebbero potuto consentire ai comandi militari una temporanea sospensione dell’attività del Reparto foto-cinematografico Luce, queste non avrebbero potuto giustificare il concentramento e lo spostamento delle facoltà e del personale del Reparto stesso sotto la giurisdizione di un altro organismo.
Da questa descrizione della nascita del Reparto, della sua messa in opera e da alcune delle sue interazioni con le amministrazioni coloniali, emerge la volontà di diversi soggetti e in particolare dei comandi militari di voler orientare l’attività del Reparto, probabilmente non solo per questioni logistiche ma anche per offrire la propria visione di quella che era l’avanzata militare. Inoltre la vicenda concernente il Reparto fotocinematografico Luce A.O. è lo specchio di quell’inesperienza coloniale e della confusione burocratica che caratterizzarono i pochi anni dell’Africa Orientale Italiana.33
Come mostrare l’avanzata militare
Le rappresentazioni dell’avanzata italiana che si ritrovano nei cinegiornali sono il frutto del montaggio e dell’edizione effettuati a Roma dagli operatori Luce – su direttive del Comitato Tecnico Interministeriale - del
32 ibidem. 33 Cfr. Sbacchi, op. cit., pp. 342-346.
218
War films
materiale grezzo filmato sul fronte di guerra. Soprattutto nella prima fase del procedimento sopra descritto diversi istituti, in particolare quelli militari, influirono nell’orientare le riprese: all’origine del processo che porterà alla costruzione dei cinegiornali c’è quindi un condizionamento strutturale importante di cui bisogna tener conto nel momento in cui si analizzano i contenuti emergenti dagli stessi. Focalizzato questo aspetto, lo studio delle rappresentazioni della guerra d’Etiopia offerte dai cinegiornali viene qui svolto tenendo conto del contesto e delle dinamiche che hanno influenzato ab origine la presa del materiale cinematografico grezzo, non solamente la fase di montaggio o l’eventuale censura del prodotto filmico finito che avveniva a Roma. Per questa ragione se si vuole capire come il cinema mostrò la guerra, ma anche come la guerra influenzò la produzione cinegiornalistica è necessario tenere ben presente il fatto che i vertici militari durante l’avanzata giocarono un ruolo attivo nel determinare cosa e come riprendere. I documenti esaminati mostrano come, in particolare nelle primissime fasi della campagna militare, Emilio De Bono si sia interessato direttamente alle modalità generali di narrazione dell’avanzata: in una sua lettera al Ministro Ciano, l’Alto Commissario criticò la maniera eccessiva con cui la produzione propagandistica sminuiva il nemico; secondo De Bono «Il nemico va sempre apprezzato; non demolito, ma, ripeto, occorre sempre considerarne portata, capacità e valore [per non] sminuire poi la nostra vittoria».34 Di conseguenza, in particolare durante i mesi di comando del generale De Bono, si può notare la tendenza a smorzare i toni della propaganda da parte dei vertici militari, consci delle insidie che la battaglia avrebbe potuto presentare.
Nello specifico della produzione cinematografica e cinegiornalistica, è il “Memoriale per le riprese cinematografiche in A.O.” a fornire evidenza della volontà militare di indirizzare la fase di presa cinematografica da operarsi in colonia. Questo memoriale, emesso in allegato alla già citata circolare 09107 del 26 ottobre 1935 dall’Ufficio di coordinamento del Comando Superiore di Stato Maggiore in Africa Orientale, descrive come gli operatori Luce avrebbero dovuto operare per effettuare le riprese della
34 ACS, MINCULPOP, b. 8, f. 30 “S.E. De Bono”, lettera di Emilio De Bono al Ministro della Stampa e Propaganda Galeazzo Ciano, 10 settembre 1935.
L’IstItuto LuCE nELLa guErra d’EtIopIa 219
guerra: le azioni belliche, oltre ad essere riprese direttamente dal vero, «dovrebbero essere rese evidenti dalla produzione di speciali grafici riproducenti in planimetria, o meglio ancora prospettivamente, il terreno su cui si sono svolte»; queste azioni belliche avrebbero dovuto poi concentrarsi sull’esaltazione di ciascuna arma di combattimento, sull’avanzata della fanteria, sulla presa di posizione delle batterie e sull’esecuzione di tiri «con teleobbiettivi per riprendere l’effetto del tiro delle artiglierie e delle armi automatiche». Secondo il “Memoriale” le riprese avrebbero dovuto esaltare l’impiego dei carri d’assalto e l’attività del Genio civile nelle sue multiformi attività, nonché filmare «l’azione dei reparti chimici ed in genere tutti i mezzi impiegati per offendere e difendere». Il “Memoriale” si sofferma poi sulle modalità con cui riprendere l’avanzata e il terreno «perché ci si possa rendere conto delle possibilità e delle difficoltà strategichetattico-logistiche delle zone su cui si svolgono le azioni» e perciò si invita il Reparto A.O. a realizzare riprese «di dettaglio del terreno dalle quali si possa comprendere la sua conformazione».35
Tuttavia, nonostante le precise disposizioni impartite dai comandi militari di cui si è appena fatta menzione, nei cinegiornali di guerra ad esempio è del tutto assente il riferimento esplicito all’azione dei reparti chimici; le immagini della guerra combattuta sono rare, fatta salva qualche eccezione in cui viene mostrata l’avanzata dell’esercito che colpisce le posizioni nemiche con l’arma aerea o con i missili da terra, quindi da lontano e in maniera distaccata, quasi asettica. La guerra non è guerra per i cinegiornali, ma un’avanzata agevole e spedita nella quale la difficoltà maggiore risiede nella conquista della natura immensa.36 Come ha sottolineato Barbara Corsi i bombardamenti sono un espediente usato più per dimostrare l’efficienza dell’esercito italiano e la sua superiorità rispetto a quello abissino che per raccontare quella che fu una guerra d’annientamento condotta con
35 MAE, MAI, b. 181/10 - 883, f. “AOI - Attività dell’Alto Commissariato A.O. Stampa e propaganda”, s. f. “Servizio cinematografico: Funzionamento - Personale - Materiale”, documento “Memoriale per le riprese cinematografiche in A.O.” emesso dall’Ufficio di Coordinamento del Comando Superiore di Stato Maggiore in A.O. il 26 settembre 1935, allegato della già citata circolare 09107 di De Bono del 26 settembre 1935. 36 Cfr. documentario Luce “Reparti Avanzati”, cinegiornale (cg.) B0759 del 2 ottobre 1935, cg. B0774 del 30 ottobre 1935, cg. B0784 del 20 novembre 1935, cg. B0817 dell’8 gennaio 1936, cg. B0835 del 19 febbraio 1936.
220
War films
ogni tipo di strumento offensivo, non esclusa l’iprite e le stragi di civili, tanto che le immagini dei cinegiornali e dei documentari Luce mostrano la guerra facendola sembrare più vicina alle esercitazioni e alle parate militari che il regime organizzava in patria rispetto alla conquista dell’agognato impero attraverso la debellatio.37 Il famoso documentario “Il cammino degli eroi” di Corrado d’Errico (1902-1941) ben testimonia la volontà di mostrare la perfetta organizzazione italiana e lo spirito tenace e intrepido dei conquistatori che sfidano non tanto un esercito avverso bensì le difficoltà logistiche e naturali, mostrate come unico ma superabile ostacolo dell’avanzata dell’Italia civilizzatrice.
Se a questo aspetto aggiungiamo il fatto che le fasi della guerra non si prestarono ad una descrizione foto-cinematografica che risultasse spettacolare, ne risulta una rappresentazione lontana dalla volontà di costruirne un’immagine accattivante: a testimoniare questa relativa difficoltà nella costruzione di una rappresentazione avvincente dell’avanzata militare è lo stesso Paulucci di Calboli che in una risposta a Dino Alfieri del 24 marzo 1936 scrisse
«Ho peraltro l’impressione che la nostra guerra coloniale, per la particolare natura del terreno e per l’estensione del fronte, più che presentare urti di masse, si risolva sostanzialmente in innumerevoli azioni isolate le quali […] - singolarmente riprese - non darebbero presumibilmente maggior rendimento emotivo ed artistico degli ultimi documentari».38
Le pressioni che venivano esercitate sull’attività del Reparto Africa Orientale non si fermavano alla preliminare limitazione che il Comando Superiore imponeva agli operatori in Africa o ai desiderata provenienti
37 Cfr., Barbara Corsi, istituto luce. inventario generale dei documentari e dei cinegiornali a soggetto coloniale, “L’ora d’Africa del cinema italiano 1911 - 1989”, (cur.) Gian Piero
Brunetta, Jean A. Gili, Rovereto, Materiali di lavoro, 1990, p. 119. 38 ACS, MINCULPOP, b. 115, f. “Ufficio Stampa e Propaganda in A.O.I. – Organizzazione attività”, lettera di Paulucci a Dino Alfieri, 24 marzo 1936.
L’IstItuto LuCE nELLa guErra d’EtIopIa 221
dagli ambienti del Ministero della Stampa e Propaganda. Esse provenivano anche dal primo spettatore dei filmati ovvero Benito Mussolini, che li vedeva in anteprima a Villa Torlonia e che, raramente a dire il vero, imponeva correzioni o dava suggerimenti, come nel caso del telegramma inviato a Paulucci dalla segreteria particolare del duce in cui quest’ultimo fece scrivere che «i recenti film LUCE proiettano mucchi di morti abissini. A non tutti fanno buona impressione certi quadri. Dire a Paulucci di provvedere a tagliarli o ridurli».39
il cinema nella guerra, la guerra nel cinema.
Il racconto di questa battaglia fu epico e mitizzato in maniera da tornare utile a dispetto di un’avanzata lenta e poco scenografica e di una resistenza etiopica che subito si organizzò per combattere la colonizzazione italiana. La stragrande maggioranza degli etiopi, a dispetto della loro rappresentazione emergente dai cinegiornali che li mostrava felici di diventare sudditi,40 era decisa a combattere i progetti coloniali italiani.41 Dalle immagini dei cinegiornali il processo dell’incontro-scontro che caratterizza il rapporto coloniale è limitato ai minimi termini, e sebbene l’avanzata
39 ACS, SPD - CO, b. 1251, f. 509.797, s. f. “Giacomo Paulucci di Calboli”, telegramma n. 15881, 20 aprile 1936 inviato a Paulucci. 40 Cfr. cg. B0898 del 10 giugno 1936, cg. B0930 del 5 agosto 1936, cg. B1040 del febbraio 1937. 41 Behre Aregawi, revisiting resistance in italian-occupied ethiopia: the Patriots’ Movement (1936‒1941) and the redefinition of post-war Ethiopia, “Rethinking Resistance: Revolt and Violence in African History” (cur.) Gerrit Jan Abbink, Mirjam De Bruijn, Klaas
Van Walraven, Leiden, Brill, 2003, p. 90.
222
War films
militare dovesse essere concretizzata nei filmati come prova della forza fascista e della civiltà italiana che sottomette territori e persone, in realtà i cinegiornali mostrarono più un processo quasi tutto interno al discorso retorico fascista, poco imperiale e molto nazionale. La “fabbrica del consenso coloniale” si sforzò di avvicinare metaforicamente l’avanzata militare a quello che era l’orizzonte delle masse italiane: esaltando le vittorie militari si rimarcavano la forte identità e i valori che il fascismo avrebbe voluto infondere negli italiani, l’esaltazione militare e tecnologica era la prova tangibile di una forza ritrovata e della superiorità della stirpe italiana; la guerra intesa come confronto, come prove da vincere per corroborare virtù e miti in realtà fu mostrata come una semplice e addirittura serena imposizione di un ordine, di una volontà in cui lo strumento militare in ultima istanza non infligge danni ma semplicemente testimonia una superiorità tecnologica specchio di una superiorità morale, civile e razziale.
In questo senso in questo lavoro si è preferito approfondire non tanto le modalità con le quali il cinema abbia raccontato la guerra, bensì come la guerra abbia cercato di influenzare la produzione cinematografica e nello specifico quella cinegiornalistica. Nei meandri delle dinamiche di potere che organizzarono e regolarono il momento di produzione cinegiornalistico si sono evidenziate alcune delle traiettorie che poi hanno influenzato la costruzione delle rappresentazioni: queste traiettorie impresse alla narrazione provenivano da istituzioni diverse, in teoria ordinate gerarchicamente ma in pratica riflettenti i conflitti e le tensioni tra centro e periferia del sistema coloniale italiano nonché i rapporti tra le diverse anime che componevano l’universo simbolico e politico del fascismo.42
Nel caso dei filmati Luce sulla guerra d’Etiopia la relazione tra volontà politica e rappresentazione cinematografica non deve essere interpretata in maniera unidirezionale, anzi davanti ai tentativi di orientare la produzione operati dall’Ufficio Stampa e propaganda e in particolare dai comandi militari i cinegiornali restituirono un’immagine peculiare e non deterministica rispetto al volere delle sopraccitate istituzioni. Questo aspetto pare oltremodo interessante per due ragioni principali, di carattere politico-isti-
42 Cfr. George Mosse, l’uomo e le masse nelle ideologie nazionaliste, Roma-Bari, Laterza, 2002; Emilio Gentile, le origini dell’ideologia fascista, Roma-Bari, Laterza, 1975.
L’IstItuto LuCE nELLa guErra d’EtIopIa 223
tuzionale e culturale. Per quanto riguarda la prima ragione, i cinegiornali non restituirono rappresentazioni in toto aderenti al volere dei comandi militari o degli ambienti del Ministero della Stampa e Propaganda per il fatto che Mussolini in persona disegnò una struttura che aveva come vertice ultimo lui stesso e il Comitato Interministeriale presieduto dal suo fedelissimo Paulucci di Calboli, che sovrintendeva al montaggio e quindi alla composizione finale del prodotto filmico.
La seconda ragione riguarda invece il fatto che dai cinegiornali sarebbe dovuta emergere tutta la tensione di aspettative, di sogni, di miti che accompagnarono il racconto sull’avventura coloniale fascista, tensione che ben lungi dall’assumere una forma filmica epica si risolse in un’immagine condizionata da un’avanzata lenta e faticosa. Lo iato tra i fatti di guerra e loro rappresentazione, con i primi ripresi seguendo l’avanzata militare e la seconda creata lontano dalla colonia, restituisce filmati che privilegiarono meno l’aspetto “coloniale”, se non in qualche richiamo esotico che pare voler ricordare agli italiani che si stava combattendo a migliaia di chilometri da casa, ma che invece molto avevano di “nazionale” nel senso di una narrazione filmica incentrata sull’Italia, sugli italiani, sui loro problemi che l’impero risolverà e sulla fiducia nei confronti del fascismo.
La guerra coloniale divenne lo spazio scenico per eccellenza del fascismo, dove esso si auto-rappresentò come il lato che reclamava dei diritti rispetto a un ordine internazionale che glieli voleva negare: tra la “vittoria mutilata” e il “posto al sole” in Etiopia si nota un fil rouge in cui la ri-
224
War films
vendicazione diviene il motore che spinse a estetizzare l’azione fascista mostrando il suo spostamento dalla società italiana all’arena internazionale. La retorica fascista dalle origini «trasudava guerra»43 e nel 1935 l’invasione dell’Etiopia offrì a questa retorica la possibilità di concretizzarsi in immagini e narrative che racchiusero la sintesi dell’universo simbolico fascista, con tutte le sue contraddizioni e a discapito di operazioni militari raramente spettacolari. La guerra d’Etiopia tuttavia doveva essere vista come il motore primo dell’istanza di rinnovamento degli italiani,44 e in questo senso il cinema educativo giocò un ruolo di primo piano nel trasformare la realtà di guerra in un racconto funzionale alle esigenze politiche e culturali del regime fascista.
43 Simonetta Falasca Zamponi, lo spettacolo del fascismo, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2003, p. 72. 44 Cfr. Ben Ghiat, op. cit., p. 207.