92 minute read

Dal Regno di Napoli al Regno delle Due Sicilie 1734-1860

Dopo che nel 1734 Carlo III di Borbo ne ebbe vinto gli Austriaci, Napoli tornò ad essere la capitale di uno stato indipendente dopo oltre due secoli di signorie straniere.

Pur trattandosi di un regno indipendente, però, Napoli aveva legami strettissimi con la Spagna, aveva un Borbone sul trono , aveva riconqui s tato l'indipendenza grazie ad un esercito spagnolo; logico quindi che l 'o rganizzazione militare risentisse, almeno nei primi decenni, di questi vincoli, di questa sua origine, che spagnole fossero le ordinanze e la lingua di servizio e che di derivazione spagnola fossero quindi anche la bandiere.

Advertisement

Sia pure con qualche variante le bandiere napoletane si rifacevano infatti ai modelli spagnoli introdotti in uso dalla Reale Ordinanza del 28 febbraio 1708 , modificata poi nel 1737.

Ogni reggimento di fanteria aveva in dotazione tre inse g ne, una detta «Colon nella » e le altre due «Sensiglie>> 1: la Colonnella era bianca con le grandi armi del Regno coronate e attorniate dagli ordini cavallereschi, mentre le altre due, pure bianche , erano ornate dalla cosiddetta «Croce di Borgogna» rossa con corone dorate poste all'estremità dei bracci, o «basto ni » c he dir si vog lia , secondo le prescrizioni dell ' ordinanza spagnola: «y cuatro coronas que cierren la s puntas de las aspas »

Documento di grande importanza a supporto di quanto prescritto dalle ordinanze è costitu ito da una tela di anonimo, ascrivibile agli anni immediatamente s ucces sivi al 1750 , conservata presso il Museo Nazionale di San Martino a Napoli e raffigurante una delle prime parate svoltesi a Piedigrotta.

La tela conferma, come abbiamo detto. i dati ufficiali pur se non ci permette di aggiungere altri dettagli a causa delle dimensioni dei soggetti riprodotti.

Se infatti sono chiaramente identificabili le bandiere <<Sensigl ie » decorate dalle croci di Borgogna rosse e dalle corone, e si distinguono anche dei particolari aggiuntivi, quali le aste di legno, i puntali dorati e le cravatte, una bianca ed una rossa, le bandiere «Colonnelle» dei diversi reggimenti, i cui Alfieri formano un gruppo compatto, appaiono solo come delle macchie bianche dal centro multicolore.

Lo stesso dipinto inoltre ci fa conoscere inoltre un'interessante variante di inversione di colore.

Infatti sia il reggimento di fanteria « Real Macedonia» che i tre reggimenti dragoni presenti alla parata hanno «s ensiglie» di colore rosso con croce di Borgogna bianca.

Il motivo di questa inversione di colori ci è tuttora ignoto anche se per il Real Macedonia lo si potrebbe attribuire al fatto di essere quel reggimento composto di Albanesi e di non essere quindi, secondo la terminologia militare napoletana, un reggimento « nazionale », mentre per i reggimenti di cavalleria e dragoni il ros so come colore di fondo si deve arttribuire senz'altro all'usanza spagno la.

Gli stendardi dei dragoni raffigurati nel quadro sono di piccole dimensioni e sono guarniti su tre lati da corta fra ng ia in filato d'argento.

Bandiere le gge rmente diverse da queste ebbero i reggimenti «provinciali», almeno finchè vissero questa loro partic olare condizione di << milizia» chiamata in servizio solo periodicamente, e cioè negli anni c he vanno dal 1744, quando vennero istituiti, al 1765, quando vennero definitivamente incorporati nell'esercito.

L ' articolo VI del Titolo TI della «Ordinanza per la formazione, regolamento, servi z io , Suss iJte n::,a e Disciplina d e lLi Dodici Reggimenti Provinciali del Regno di Napoli» rifacendosi ancora una volta a modelli spagnoli, disponeva che <<ciascheduno dè Reggimenti Provinciali terrà tre bandiere uniformi a tutte le altre dell'Esercito; con distinzione però, che solamente la Bandiera della Compagnia del Colonnello porterà l'Impresa Reale, collocando bensì nè quattro angoli della medesima l'Impresa della Provincia, di cui sarà il Reggimento: e la Bandiera della Compagnia del Tenente Colonnello, e quella del primo Capitano dovranno tenere la croce di Borgogna; collocandosi nel vacuo superiore di essa l'Impresa della suddetta Provincia, e negli altri tre le seguenti parole, cioè Reggimento della Provincia di ».

Il sistema di distinguere i reparti ponenndo lo stemma della provincia di appartenenza sulle bandiere lo ritoveremo in seguito sulle bandiere dei Provinciali della fine del secolo.

Un 'altra variante di notevole importanza riguardo alle insegne convenzionali di questo primo periodo è rappresentata dalle bandiere dei reggimenti siciliani, nella fattispecie del reggimento Valdemone, raffigurate in un affresco dipinto sopra la porta di una delle sale di Palazzo Castrone, poi Giardina di Santa Ninfa, situato tra Corso Vitto1io Emanuele TI e Vicolo del Lombardo a Palermo.

L'affresco, di buona fattura, rappresenta una scena bucolica in cui appaiono gruppi di nobili riuniti in una specie di pic-nic campestre che si svolge alla presenza dell'intero reggimento Valdemone nel quale fanno bella mostra di sé la bandiera Colonnella e la Sensiglia.

La Colonnella presenta il drappo bianco contornato da una cornice in cui si alternano rettangoli gialli e quadrati rossi e neri , al centro del quale campeggia l'aquila coronata di Sicilia con le grandi armi del Regno caricate in petto.

La Sensiglia ha anch'essa il drappo bianco contornato dalla stessa cornice decorata però da fiammelle gialle, rosse e nere anziché da rettangoli , al centro del quale campeggia la croce di Borgogna le cui braccia non hanno corone alle estremità.

Queste bandiere sono comunque in linea con i privilegi di cui godevano i tre reggimenti Siciliani, qui rappresentati dall'aquila siciliana e dalle cornici tricolori, dei quali il giallo e il rosso volevano rappresentare sicuramente i colori araldici dell'isola e il nero, probabilmente la «valle» da cui il reggimento prendeva il nome.

Le bandiere hanno le aste di legno naturale, il puntale dorato e le cravatte bianche e rosse secondo l'ordinanza.

In una splendida raccolta di stampe acquarellate raffiguranti l'esercito come era verso il 1780, scoperta da poco ed appartenente ad una collezione privata romana, appare l'insegna del reggimento Real Palermo che, rispetto ai modelli in uso, presenta alcune varianti di notevole interesse , ovvero:

- le corone d'oro non sono più collocate alle estremità delle braccia della croce di Borgogna bensì ali' interno degli spazi triangolari del drappo;

- l'asta è di legno dipinto a spirali bianche e rosse;

- le cravatte sono entrambe di colore rosso

Questa bandiera ci pone dei quesiti cui non è facile dare una risposta: siamo in presenza di un modello di insegna particolare in dotazione ai reparti <<Reali»-Real Borbone, Real Farnese, Real

Napoli, Real Palermo, Real Italiano, Real Campania - oppure si tratta di un modello di transizione prima dell'abolizione definitiva delle corone, che spariranno, come vedremo, di li a poco?

L'unico dato certo è che le tenute raffigurate nella serie sono perfettamente in regola con le ordinanze dell'epoca.

Un discorso a parte va fatto per le insegne dei due reggimenti di fanteria della Guardia allora in servizio, il reggimento delle Reali Guardie Svizzere e quello delle Reali Guardie Italiane, per quelle dei reggimenti Svizzeri e dei reggimenti esteri.

I reggimenti delle Guardie Italiane e delle Guardie Sizzere avevano anch'essi Colonnelle e Sensiglie ma con caratteristiche del tutto diverse, perlomeno fino alla fine degli anni ottanta, anch'esse mutuate dalle ordinanze spagnole.

Queste bandiere particolari son raffigurate all'interno di un opera monumentale, il «Teatro Militar d'Europa», compilato tra il 1758 e il 1760 dal marchese AlfonsoTaccoli, nel quale sono raffigurate con minuzia e dovizia di particolari gli eserciti degli stati europei soggetti ai Borboni, Spagna, Francia ed ovviamente Napoli; il manoscritto è conservato presso la Biblioteca del Palazzo Reale di Madrid.

I due reggimenti di guardia avevano in dotazione, contrariamente a quanto prescritto per la linea, una bandiera Colonnella «dinastica» con il drappo seminato di gigli d'oro, e le Sensiglie identiche alle colonnelle dei reggimenti di linea; le colonnelle erano di colore «morado» per il reggimento svizzero e di colore scarlatto per il reggimento italiano.

Mentre il rosso era il colore dinastico della casa di Borbone-rosse erano le coccarde dell'esercito e rosso sarà il colore che ritroveremo nelle bandiere ottocentesche della Guardia Realeil morado era il caratteristico colore delle bandiere del reggimento delle Reali Guardie Spagnole, una specie di viola intenso ottenuto mescolando in parti diseguali il rosso e il nero.

Nell'armata spagnola infatti i due reggimenti di Guardie, quelle Spagnole e quelle Vallone, avevano anch'essi in dotazione una tipologia di bandiere simile: il primo aveva la Colonnella di colore «morado» seminata di gigli d'oro e le Sensiglie bianche ornate dalla croce di Borgogna rossa coi bracci coronati, al centro della quale campeggiavano le Armi del Re gno circondate dal Toson d'Oro e sostenute da due leoni.

Il secondo invece aveva la Colonnella e le Sensiglie uguali a quelle delle Guardie Spagnole ma col fondo rispettivamente bianco e blu scuro.

Dei reggimenti svizzeri esistenti in questo primo periodo, Wirtz, Jauch e Tschudi conosciamo le bandiere Sensiglie ma non le Colonnelle, che erano probabilmente simili a quelle degli altri reggimenti.

Di quest'ultimo reparto sono note anche le insegne che possedeva nel 1733 quando, come reggimento Niderost al servizio spagnolo, i suoi primi tre battaglioni accompagnarono a Napoli l'infante Don Carlo di Borbone, divenuto l'anno dopo Re di Napoli.

L'originale della bandiera sensiglia, conservato in Svizzera presso l'Historische Museum di Samen, è molto interessante poiché riunisce le caratteristiche delle bandiere svizzere e quelle delle bandiere spagno le dell'epoca.

Il drappo era attraversato dalla grande croce bianca ed era ornato da sei fiamme per campo di colore rosso, nero, giallo, bianco, blu e rosso: su tutto campeggiavano i due bastoni di Borgogna scarlatti con le corone d'oro alle estremità.

Questa bandiera dovette durare assai poco dato che ne esiste un altra di aspetto differente conservato attualmente a Schwyz e riportato a suo tempo anche nel «Fahnen buch »; il drappo misura 2 metri e 30 centimetri per lato, è sempre ornato dai bastoni di Borgogna le cui estremità però sono prive di corona e toccano gli angoli del drappo, e da cinque fiamme di colore nero , giallo, rosso, blu e bianco.

Le bandiere degli altri reparti sv izzeri erano al solito caratterizzate dalla grande croce bianca e dai quarti ornati da «fiamme» variamente colorate, ovvero:

• reggimento Wirtz:set te fiamme blu, rosse, bianche, nere , bianche, rosse e blu ;

• reggimento Jauch: nove fiamme blu, rosse, bianche, nere , grigie, nere, bianche, rosse e blu;

• reggimento Tschudy: nove fiamme blu, rosse, bianche, gialle, verdi, gialle, bianche, rosse e blu:

Di queste bandiere esistono due versioni, quel la riportata da May de Romainmotier s ul I' «Histoire Militaire» pubblicata nel 1788 a Losanna e quella di Italo Cenni, che differiscono tra loro solo per la disposizione dei colori: per il reggimento Wirz , tuttavia, de May de Romainmotier raffigura la bandiera attraversata da una rossa croce di S.Andrea ed ornata da quattro fiamme nere , bianche , rosse e blu.

Sempre grazie alle due fonti citate conosciamo anche le nuove insegne del reggimento delle Reali Guardie Svizzere: nel primo caso la bandiera è guarnita da quattro fiamme per campo, di colore rosso, bianco, giallo e nero, nel secondo le fiamme sono nere , bianche, gialle e rosse.

Italo Cenni riporta anche la Colonnella, bianca , disseminata di piccoli gigi i d'oro, con al centro uno scudo barocco con le armi reali.

Le insegne degli altri reparti esteri inquadrati fino al J789 nell'esercito ci sono ancora sconosciute, con la sola eccezione del reggimento vallone di Namur, il cui alfiere con relativa bandiera sensiglia appare su una delle tavole che costituiscono la collezione Winkhuizen custodita a New York presso la Public Library.

La bandiera è completamente bianca con al centro uno scudo ovale attorniato da bandiere e sormontato da corona, nel quale appaiono delle armi gentilizie che, nonostante tutte le ricerche effettuate, restano ad oggi sconosciute; l'asta sembra essere in legno naturale, sormontata dalla classica picca in metallo dorato sotto la quale sono annodate due larghe cravatte, una bianca ed una rossa, bordate e frangiate d'oro.

Nel 1795 la compagnia delle Reali Guardie del Corpo, formata da giovani delle più nobili famiglie del regno, venne sciolta perché nella loro cerchia c'era chi affettava simpatie per il «giaco binismo», per le nuove idee che trionfavano in Francia; lo scontro con la rivoluzione era ormai vicino.

Al suo posto venne creato il Real Corpo delle Guardie composto di ufficiali dei vari corpi dell'esercito, e strutturato su due divisioni di fanteria e due di cavalleria, oltre ad un plotone separato, ai quali venne assegnata una bandiera ed uno stendardo.

La bandiera ebbe « .;/ campo rosso sparso di piccioli gigli in oro; nel centro della quale vi sarà lo Scudo delle Reali Armi ricamato in oro, argento e sete colorite » risultando del tutto s imile a quella delle Guardie Svizzere salvo per il colore di fondo che sottolineava lo status «Reale» del nuovo reparto.

Le Guardie del Corpo a cavallo ebbero un'insegna del tutto simile ma a forma di stendardo, bordato di frangia in argento.

Pur se il comportamento dei quattro reggimenti di cavalleria napoletana in Alta Italia durante la campagna del 1796 era stato splendido, e non erano mancate neppure le lodi di Napoleone , l'esercito, nel suo complesso, mancò alla prova soprattutto per deficienza di comandanti, e, intrapresa la guerra sul finire del 1798 , si sbandò nel giro di poche set t imane mentre a Napoli ed in quasi tutta la parte continentale del regno veniva proclamata la repubblica.

Quel che non aveva saputo, o potuto, o voluto fare l'esercito, lo seppe fare la popolazione: le «masse» calabresi e pugliesi del cardinale Ruffo, i contadini d'Abruzzo, gli insorti di Terra di Lavoro riuscirono, pur con il concorso di circostanze favorevoli, a ricacciare i Francesi ed arimettere Ferdinando IV sul trono.

Con la restaurazione del dominio borboni co l'esercito venne radicalmente riorganizzato, sciogliendo e ricostituendo ex-novo molti reggimenti, cambiando, ancora una volta, le uniformi ma sopra ttutto introducendo in uso nuove bandiere, la cui prima menzione, per quel che attiene la fanteria, possiamo rintracciare nel «Regolamento ossia Ordinanza colla quale si prescrive la forma de Vestiari, Equipaggi, Cuoiame ed armamento, di cui dovrà far uso il nostro Real Esercito» datato 1° giugno 1800, che verrà confermato poi dal successivo Regolam ento del 1803.

Il documento in questione è di importanza capitale: sancisce infatti l'abbandono definitivo delle bandiere di modello spag nolo e l'adozione della croce costantiniana dell'Ordine di San Giorgio, di carattere più schiettamente nazionale.

All'articolo 20 - «Delle Bandiere per uso della Infanteria» - il regolamento dispone: «ogni Reggimento avrà 6 bandiere, cioè 2 per ogni Battaglione. Una sarà denominata Colonne/la; tutte le altre sensiglie.

A proposito della Colonnella stabilisce poi; «Tutto il campo della bandiera sarà bianco, d' ormesino a due capi hen battuto, della dimensione di palmi otto in quadro (circa 1 metro e 87 centimetri).

Da una parte verrà ricamato in seta lo stemma delle nostre Regali Armi, dall'altra opposta vi sarà anche in ricamo la Croce Costantiniana, e wtto di essa le lettere indali indicanti il Reggimento, a co lor nero. Nei quattro angoli di amho i campi vi saranno ricamati quattro gigli con seta gialla, in mezza di una ghirlanda di alloro di figura ovale»

Le bandiere Sensiglie , invece , «saranno costrutte di stoffa, consimili a quella Colonnel/a, e della medesima dimension e. In ambo Le parti verrà ricamata la Croce Costantiniana, e sotto di quella le lettere iniziali».

L'o rigine dell'ordine costantiniano di San Giorgio, la cui croce troviamo ora sulle bandiere, viene fatta risalire a Costantino il Grande, che lo avrebbe costituito nel 313 dopo Cristo, ma gli storici ne attribuiscono la paternità all'imperatore bizantino Isacco Angelo Comneno, il quale, ad imitazione delle mili zie rei igiose delle crociate, costituì nel 1190 l'associazione cavalleresca di carattere militare-religioso, consacrandola alla difesa dell'impero.

Alla fine del XVII secolo l'u ltimo dei Comneni, Giovanni Andrea Flavio dei Lascaris Paleologhi, duca di Tessaglia e principe di Macedonia, privo di discendenza, assegnò il Gran Magistero dell'ordine a Francesco I Farnese duca di Parma e Piacenza e ai suoi successori.

L 'a tto ebbe la conferma e l'approvazione dell'Imperatore Leopoldo I e del papa Innocen zo XII.

Essendo nel 1731 estinta la famiglia Farnese, l'Infante don Carlo, figlio di Filippo V Re di Spagna e di Elisabetta Farnese, divenne erede del Ducato di Parma e assunse il titolo di Gran Maestro dell'Ordine Costantiniano.

Salito nel 1734 sul trono dì Napoli, trasferì nel regno la sede dell'Ordine nonostante le proteste del Duca di Parma Don Filippo e dì suo figlio Ferdinando.

T orniamo alle nostre bandiere: fortunatamente, una volta tanto alle prescrizioni scritte si accompagnano i disegni ufficiali anche se tra le une, in Italia, e gli altri, nella collezione Anne S.K.Brown di Provid ence, c'è di mezzo l'oceano; nella citata collezione sono infatti conservati due disegni originali, probabilmente allegati al regolamento.

Di queste insegne, che definiremo m/1800, esis tono anche nove esemplari - in origine erano dieci ma uno è sparito - catturati dai francesi nel 1806 a Lagonegro, a Campotenese e a Franca villa e conservate presso la Camera dei Deputati a Parigi.

Dei nove esempla ri, due rappresentano le Colonnelle dei reggimenti di linea Real Principessa e provinciale di Abruzzo Citra, sette rappresentano le Sensiglie dei reggimenti di linea Real Sanniti (quatt ro), Real Principessa (uno) e Real Alemagna (due).

Si riporta in dettaglio la descrizione di questi esemplari che rimarranno in uso , pressochè invariate, fino alla fine del regno di Francesco II 0 :

• Bandiera Colonnella:

Drappo bianco , misurante 2 metri in quadratura, recante nei quattro angoli due serti di alloro ricamati in seta verde ed intrecciati alla sommità, in ciascuno dei quali è racchiuso il giglio in ricamo di seta d'oro.

Al centro del drappo, sul verso, sono ricamate in filo di seta colorato le grandi armi del regno, racchiuse in un grande scudo barocco, attorniato dagli ordini del Toson d'Oro, Costantiniano di S.Giorgio, di San Gennaro e di S.Ferdinando e del Merito, e sormontato dalla corona reale, il tutto in ricamo d'oro

Sul recto appare la croce gigliata dell'ordine costantiniano di San Giorgio, di colore rosso porpora, caricata del monogramma di Cristo in oro (X e P ) posto tra le lettere greche maiuscole alfa ed omega; alle quattro punte della croce sono le quattro iniziali d'oro I .H.S.V . (In Hoc Signo Vinces).

• Bandiera Sensiglia:

Identica alla bandiera Colonnella ma con la croce dell'ordine costantiniano di San Giorgio ricamata sia sul recto che sul verso.

Su entrambi i tipi di insegna veni vano riportate le iniziai i identificative del reparto cui appartenevano, ricamate in filo nero lungo l'orlo inferiore del drappo, tra i due rami di alloro degli angoli.

Le tipologie esistenti sono:

- R.F.R.P. "' : Reggimento Fanteria Real Principessa 2°; 20

- R.F.R.S. : Reggimento Fanteria Real Sanniti;

- R.F.R.P. : Reggimento Fanteria Real Principessa;

- R.F.R.A. "': Reggimento Fanteria Real Alemagna.

Tutte le bandiere erano provviste di aste in legno dipinte a strisce spirali bianche e di rosse, sormontate da una freccia in metallo dorato a forma di foglia, sotto la quale erano annodate due sciarpe in seta, una bianca ed una rossa, e due cordoni con grossi fiocchi in filato ritorto d ' oro.

Nel gruppo di bandiere che si trovano a Parigi ce n ' è una , come abbiamo visto, il cui verso si distacca nettamente da quello delle altre raffigurando, anziché la Croce Costantiniana, I'emblema della provincia cui apparteneva il reggimento, appunto un reggimento «provinciale»; nella fattispecie si tratta del JO dell ' Abruzzo Citra - a un dipresso le attuali provincie di Chieti e di Pescara - come viene indicato dalle iniziali «F. V.P.A.C.I.R.» che stanno per «Fan teria Volontaria Provinciale Abruzzo Citeriore Primo Reggimento ».

Anche questa bandiera corrisponde perfettamente alle prescrizioni ufficiali contenute nel1'editto sull'organizzazione delle truppe provinciali «Mditia Provincialis i nstituitur» del 12 luglio 1800.

L' ruticolo 16 dell'editto prescriveva infatti che: «le bandiere e gli stendardi dei reggimenti avranno impresso da una parte lo stemma delle Nostre Reali Armi, e dall'altra quello della rispettiva Provincia, coll'indicazione numerativa del Reggimento».

L'asta, la freccia , le sciarpe ed i cordoni delle bandiere dei reggimenti Provinciali erano identiche a quelle in uso per le insegne dei reparti di linea.

I regolamenti non parlano degli stendardi di cavalleria e dragoni, ma un disegno della collezione Brown ce ne offre fortunatamente una raffigurazione ufficiale che non si discosta se non per misure e dettagli dai modelli di bandiere approvate per la fanteria

Lo stendardo in questione aveva il drappo quadrato di seta bianca bordato di frangia di filato arricciato e di ricamo a volute, il tutto in oro ma privo di gigli, di se rti di alloro e di iscrizioni.

Al centro del drappo era ricamato il grande scudo barocco con le armi real i e gli ordini equestri, mentre dall'altra parte, non visibile nel disegno, doveva certamente campeggiare la croce del Costantiniano; lo stendardo era provvisto di asta a lancia di torneo esagonale, sormontata da freccia in metallo dorato e guarnita di sciarpe bianche e rosse e di cordoni con fiocchi d'oro. Quasi certamente gli ste ndardi sensigli erano identici ma decorati su entranbe le facce dalla croce del Costantiniano.

Così, per un caso fortuito, proprio sul finire del seco lo dei lumi - per Napoli il Settecento finisce con il 1806, l 'occ upazione e il <<decenn io francese» abbiamo una serie completa di bandiere che ci permetterà di inquadrare anche le bandiere in uso nel periodo che va dalla Restaurazione al 1860.

Le vicende storiche del periodo compreso tra il 1800 e il 1806 sono note: sottoscritto il trattato di pace con la Francia, l'esercito rientrava in patria e veniva riordinato nel1 'aprile del 1801 pur tra mil1e difficoltà di carattere economico e politico - non bisogna dimenticare che i francesi occupavano, secondo una clausola del trattato di pace, il litorale adriatico e ionico dal Tronto fino a Taranto - difficoltà che portarono alla sospensione di ogni nuovo reclutamento nel g iugno del 1803.

Nel frattempo l'ostilità della corte di Napoli verso Parigi - non dimentichiamo che la regina era la sorella di Maria Antonietta - cresceva sempre più , tenuta a freno solo dalla presenza del corpo di occupazione franco-italico di Gouvion de Saint Cyr, fino a tollerare le diserzioni fomentate da agenti britannici tra le file dei reparti napoletani, e a nominare nel 1804 Ispettore Generale dell'esercito il fuoriuscito francese Damas, particolarmente inviso alla Francia.

L'anno dopo il corpo francese veniva ritirato da Napoleone, che ne aveva bisogno per utilizzarlo di lì a poco contro l'Austria, e che fingeva di credere alle buone intenzioni del governo di Napoli.

Nel settembre del 1805 l'ambasciatore napoletano a Parigi firmava un trattato di neutralità, quando già dieci giorni prima il suo governo aveva sig lato un trattato con i russi e preparava un accordo con gli inglesi per schierarsi al loro fianco contro la Francia.

Poco dopo un corpo di spedizione anglo-russo sbarcava a Napoli, si duniva all'esercito napoletano, e si andava a schierare lungo la frontiera pontificia, minacciando così il fianco meridionale del sistema militare francese.

Ai primi del gennaio 1806 tuttavia, appresa la notizia della vittoria di Austerliz , glianglorussi si inbarcavano lasciando l'esercito napoletano da solo a fronteggiare i francesi, le cui truppe più vicine erano di stanza ad Ancona e a Bologna.

Abbandonato dagl.i alleati il re Ferdinando IV restava in balia di Napoleone, che aveva affermato che «la dinastia di Napoli ha cessato di regnare» e che aveva spedito contro di lui un grosso esercito comandato da Massena , il cui compito era quello di mettere il fratello Giuseppe sul trono dei Borboni.

Fallito il tentativo di far insorgere il popolo come era avvenuto nel 1799 , la corte si imbarcò per la Sicilia, lasciando il Damas e l 'ese rcito in ritirata verso la Calabria; a Campotenese i reparti venivano raggiunti , accerchiati e sconfitti e solo poche migliaia di uomini riuscivano ad imbarcarsi per la Sicilia.

Durante il primo anno nel1'isola , i reparti continuarono ad utilizzare le bandiere m/1800 che avevano in precedenza nel vecchio esercito, anche se spesso i nomi non corrispondevano più con quanto appariva ricamato sui drappi; questo stato di cose durò fino al 1807 quando venne stabilito l'uso di nuovi model1i di bandiere , dei quali purtroppo non sappiamo nulla.

Il primo, e per ora unico, accenno alle bandiere di questo periodo ci viene dalla «Reale Ordinanza per la istituzione e regolamento del novello esercito de'Yolontari Siciliani» pubblicato a Palermo nel 1808.

Secondo il paragrafo XII del quarto capitolo, gli 8 reggimenti di guarnigione - quattro di Palermo, uno di Trapani, uno di Messina, uno misto di Milazzo e Messina, uno di Catania ed uno misto di Siracusa ed Augusta - avrebbero dovuto avere due bandiere ciascuno, mentre i 23 reggimenti di Cacciatori - 10 nel Val di Mazzara (Girgenti, Mazzara. Sciacca, Termini, Marsala, Licata, Polizzi, Corleone, Sutera e Morreale) 7 nel Valdèmone (Forie di Messina, Patti , Cefalù, Traina, Taormina, Aci Reale e Castro Reale) e 6 nel Val di Noto (Noto, Caltagirone, Lentini, Castrogiovanni, Ragusa e Terranova) ne avrebbero dovuta avere una sola.

Le bandiere in questione dovevano «essere tutti indistintamente simili e della forma seguente: il Campo bianco, nel centro l'Aquila di Sicilia in atto di volare, conservando nel suo petto li tre Gigli d'oro, stemma della nostra famiglia. Alli quattro angoli le due Armi del Valle, e della Città Capoluogo del Reggimento incrociate».

Queste nuove bandiere, che richiamano alla memoria quelle settecentesche del reggimento Valdèmone, erano ornate come detto l'aquila di Sicilia, il cui aspetto potrebbe essere quello che appariva sul frontespizio del regolamento: era quindi al volo alzato, coronata, stringeva negli artigli i collari degli ordini Costantiniano di San Giorgio e del Santo Spirito ed era caricata in petto del grande scudo con le armi del regno, accollato dagli ordini del Toson d'Oro e di San Gennaro e sormontato dalla corona reale.

Le scritte identificative del reparto ricamate lungo l'orlo inferiore erano sostituite, in questo modello, dallo stemma della provincia o «Valle» e da quello della città.

Per quanto riguarda i reparti di fanteria di linea sappiamo che nel 1807 vennero introdotti nuovi modelli di bandiere, dei quali non abbiamo alcuna descrizione, neanche parziale: potrebbero essere servite di modello a quelle successivamente approvate per i Volontari, ed aver avuto lo stesso aspetto senza gli stemmi, quasi certamente sostituiti dai gigli borbonici.

È anche vero però che l'aquila di Sicilia, legata da sempre ai reparti indigeni , potrebbe essere stata sostituita nel caso di reparti «esteri», dalle grandi armi del regno come avveniva per le bandiere in uso dal 1800.

La fuga di Napoleone dall'Elba nell'anno 1814 e la decisione di Murat, che deteneva, non dimentichiamolo, la corona napoletana, di schierars i con il cognato anticipandone le mosse e facendosi sconfiggere a Tolentino dagli Austriaci, fecero si che le cose tornassero rapidamente al posto loro assegnato dalla storia, cosicchè gli anglo-austriaci entrarono a Napoli il 23 maggio 1815, con il secondogenito del re, Leopoldo.

L'anno 1816 terminava con il completo riassetto del l'esercito e con una importante riforma di carattere istituzionale: la legge dell' 8 dicembre, infatti, decretava la nascita del «Regno delle Due Sicilie» in luogo dei due regni di Napoli e di Sicilia uniti fino ad allora dalla persona del Re, unico sovrano.

La Sicilia avrebbe continuato a godere di privilegi particolari ma non più della Costituzione del 1812, che venne abolita.

Anche per il periodo che va dal 1815 al J860 la mancanza di documenti scritti relativi alle insegne militarti è pressochè assoluta, mentre, per fortuna, numerose sono le fonti iconografiche che ci hanno permesso di descrivere l'evoluzione delle bandiere napoletane fino alla fine del regno avvenuta nel 1860.

La prima di queste fonti è rappresentata da un quadro del pittore Aloisi, custodito presso la Reggia di Caserta, raffigurante la posa della prima pietra della chiesa di S.Francesco di Paola a r reggimenti di fanteria e di artiglieria avevano in dotazione una bandiera «Reale» per ogni battaglione e due «Bandiere di manovra>>; le bandiere venivano conservate, secondo quanto narra Henri Ganter nella sua «Histoire du service militaire des Régiments Suisses a la salde de l'Angleterre, de Naples et de Rome», « in un fodero di tela cerata, recante in caratteri maiuscoli il suo numero (del reggimento Nda) e il nome del suo colonnello (l'autore si riferisce ai reparti svizzeri di cui era stato sottufficiale) esse (le bandiere Nda) erano depositate nel locale addetto al rapporto degli ufficiali, vicino al corpo di guardia del posto di poli::.ia della caserma, sotto la sorveglian::.a e la responsabilità dell'ufficiale di iuardia: una sentinella era posta all'ingresso.

Napo Ii, nel 1817: in esso appaiono i Granatieri della Guardia Reale che hanno tra i ranghi due bandiere.

Le insegne in questione sono senza ombra di dubbio del modello 1800, bianche con le armi reali e la croce del Costantiniano.

La seconda fonte iconografica, senz ' altro la più importante , ci viene dagli Stati Uniti, dalla Anne S.K. Brown Military Collection di Providence:si tratta di acquarelli probabilmente di carattere ufficiale databili al 1827-29 circa, in cui sono raffigurate solamente le insegne dei reparti di fanteria e di cavalleria della Guardia Reale e gli stendardi del reggimento di cavalleria di linea «Re».

I disegni, senz'altro realizzati a corredo di una disposizione ufficiale, non solo forniscono una serie di dettagli relativi alle aste, alle frecce e alle sciarpe ma illustrano i nuovi modelli delle bandiere in uso nei reparti della Guardia Reale trale quali riappaiono le bandiere a fondo rosso, non più in uso dagli anni '70 del secolo precedente.

La terza fonte iconografica è costituita da una serie di stampe databili intorno agli anni '30, nelle quali son raffigurati, tra l'altro, due alfieri dei reggimenti di fanteria Farnese e Real Palermo con le rispettive bandiere; queste seguono fedelmente i modelli stabiliti per la Guardia, con l'eccezione del l'iscrizione identificati va del reparto.

Queste bandiere uscivano dai loro foderi ogni volta che il reggimento doveva sfilare armato in grande uniforme.

Per le esercita:,ioni e per i campi reggimentali o di brigata, esse venivano sostituite da due copie, alle quali non venivano resi gli onori ».

La bandiera Reale era di seta bianca, di forma rettangolare , munita di guaina dello stesso materiale e colore che permetteva di fissarla all'asta, e decorata in ogni angolo da un giglio d'oro racchiuso tra due rami di alloro di colore verde.

Al verso del drappo erano dipinte le grandi armi del Regno delle Due Sicilie in colore, iscritte in uno scudo moderno o «sannitico» dorato, cimato dalla corona reale e accollato dai collari degli ordini del Toson d'Oro, del Santo Spirito, del Costantiniano di San Giorgio, di San Gennaro, di San Ferdinando e del Merito e di San Giorgio della Riunione.

Al recto erano dipinte altresì le insegne dell'Ordine Costantiniano di San Giorgio nella versione ottocentesca, ossia con la croce gigliata a braccia più corte di colore cremisino con orlatura blu scuro, e con la «X» del monogramma di Cristo più grande, di colore giallo con orlo blu.

Lungo l'orlo inferiore del drappo, al verso e al recto, era riportato il numero e il predicato del reggimento in lettere dorate.

L'asta delle bandiere era in legno, a sezione circolare dipinta con vernice ad olio scarlatta, sulla quale, stando ai disegni d'epoca citati, sembra fosse applicato a spirale un nastro di colore bianco fissato da chiodini a testa piatta di metallo dorato; la freccia era sempre del tipo a foglia, piatta, con una forte costolatura centrale, in metallo dorato.

Veniva fissata all'asta mediante due bandelle in ferro assicurate al legno da due viti per parte.

Il fondo dell'asta era dotato di un corto puntale in ferro, grazie al quale la bandiera poteva essere piantata nel terreno.

Sotto la freccia venivano fissate, mediante dei lacci in seta dorata, quattro corte cravatte, due cremisi e due bianche alternate tra loro; ogni cravatta era bordata da uno stretto gallone d'oro, guarnita da una corta frangia di grossa canottiglia pure d'oro ed era decorata da foglie ricamate in oro disposte a zig -zag.

Tra una foglie e l'altra erano ricamati dei tondini in oro.

Intorno alla parte superiore dell'asta venivano annodati due cordoni di filato d'oro guarni ti da fiocchi di grossa canuttiglia pure d'oro.

Il discorso che riguarda le cosiddette <<bandiere di manovra» è molto più complicato anche se, in questo caso specifico, possiamo contare su alcune tracce scri tte, la citata opera del Ganter e il « R egolamento concernente il vestiario, cuojame ed armamento, del pari che i f?eneri di dote, di cui debbono fare uso gl'individui della Guardia di sicurez:;,a interna della città di Napoli» pubblicato il 20 maggio del 1835.

Il Ganter infatti affermava che le insegne di manovra « .portavano al centro un grande giglio rosso dalle due parti (verso e recto Nda), su.fondo bianco, insieme a quattro altri piccoli negli angoli»; il regolamento della Guardia di Interna Sicurezza -la Guardia, posta alla dipendenza del ministro di polizia e al comando del principe di Salerno, zio del sovrano, doveva svo lgere compi ti di guardia urbana nei dodici quartieri in cui era divisa la città - sce nde invece nei dettagli fornendoci dei particolari che possono essere senz'altro usati per completare il quadro generale riguardante questo tipo di insegne.

La bandiera, o «banderuola» come la definisce il testo, aveva il drappo di lana leggera bianca a doppio telo, misurante circa 65 centimetri per lato, decorato da quattro gigli posti negli angoli e da una legenda in ricamo posta al centro del verso e del recto « che dimostri il battaglione ed il quartiere cui si r(ferisce, e propriamente secondo quella che qui si produce per esempio, cioè»:

I O Battaglione

Quartiere S. Ferdinando

Il drappo era bordato lun go gli orli esterni da un galloncino di lana largo 9 millimetri e veniva assicurato al l 'asta mediante tre fettucce in seta, fissate al centro ed alle estremità del drappo, lun ghe circa 54 centimetri e larghe 2 centimetri.

Nel caso della Guardia d'Interna Sicurezza il gallone che bordava il drappo, i gigli, le iscrizioni e le fettucce erano di color «arena d'oro>>, un giallo carico, che era il colore delle spa lline e dei pompon i in uso nel reparto.

L'asta cui veniva assicurata, mediante le fettucce infilate dentro tre passanti d'ottone, era in legno a sezione circolare del diametro di circa 33 millimetri, era alta 2 metri e 4 millimetri ed era dipinta a strisce spirali verde ed amaranto, che erano i colori dell'uniforme e dei suo i distintivi.

La freccia, del tutto simile a quella delle bandiere Reali, era alta 28 centimetri ed era larga al ma ssimo 54 millimetri; un puntale in ferro era fissato ali' estremità inferiore dell'asta.

Una terza fonte, questa volta iconografica , è rappresentata da una stampa datata 1832 raffigurante un primo sergente del 5° reggimento di linea «Borbone», nella quale appare una bandiera di manovra il cui aspetto è molto sim ile a quanto riportato dai due documenti citati: il drappo è quadrato, abbastanza piccolo, di colore bianco, con al centro un emblema colorato non identificabile, ed è assicurato ad un'asta dipinta a strisce spirali blu, colore dell'uniforme, e cremisi, colore distintivo del reggimento, sormontata dalla freccia in metallo dorato.

Queste tre importanti testimonianze ci permettono quindi di stabilire con ragionevole certezza quale fosse l'aspetto delle bandiere di manovra:

• drappo a telo doppio, quadrato , di colore bianco con bordatura , giglio centrale e gigli agli angoli di colore rosso per tutti i reparti;'

• iscrizioni identificative del reparto riservate, come vedremo in seguito quando parleremo dei battaglioni cacciatori, a quei reparti costituiti da un solo battaglione e privi quindi di bandiere Reali;

• aste dipinte nei due colori del reparto di appartenenza, quello dell'uniforme e quello distintivo.

I due reggimenti di Granatieri della Guardia Reale (1 ° e 2°) ed il reggimento Cacciatori (3°) avevano in dotazione due diversi tipi di bandiera Reale: quelle di parata, reintrodotte come abbiamo visto verso la fine degli anni '20, e quelle di uso giornaliero.

Il modello di queste bandiere, del tutto simile a quello descritto per i reggimenti di linea , presentava le differenze seguenti:

• le bandiere «di parata» avevano il fondo di colore cremisi con le grandi armi del Regno al verso e al recto;

• le bandiere di uso giornaliero erano identiche a quelle stabilite per i reggimenti di linea, con le armi Reali al verso e il Costantiniano di S. Giorgio al recto.

• le quattro sciarpe legate all'asta delle bandiere di parata cremisi , perlomeno stando ai disegni della collezione Brown, sono disposte in modo diverso;

• le aste delle bandiere di parata , sempre dalla collezione Brown, hanno il nastro a spirale di colore giallo anziché bianco.

Di questi modelli conosciamo solo due esemplari , appartenuti al 1° reggimento Granatieri e al 3° reggimento Cacciatori, databili agli anni '40, entrambi conservati presso l'Armeria Reale di Torino (Cat.0.188 e o.189); tutti e due corrispondono perfettamente ai disegni della collezione Brown, ad eccezione dello stemma che è attorniato da due cornucopie dalle quali escono fiori e foglie, e dai collari degli Ordini del Toson d'Oro, di San Gennaro e di San Ferdinando.

La freccia reca da una parte lo stemma reale e dall'altra il monogramma F.R.; altro dettaglio inusuale è rappresentato dalle quattro sciarpe che, pur con le decoraz ioni prescritte per quelle bianche e cremisi d'ordinanza , sono in questo caso bianche, rosse e verdi.

Potrebbe trattarsi di un aggiunta fatta nell'estate del 1860 per salvare le apparenze permettendo ai reparti della Guardia di conservare le loro tradizionali bandiere da parata.

Per quanto attiene alle iscrizioni riguardanti il numero e la specialità del reggimento, ne conosciamo alcune molto diverse tra loro:

- <<1. 0 R.to GRAN_rinELLA G. 3 R. » che appare negli esemplari disegnati conservati nella collezione Brown;

- «1° R.to DEL. 3 GUAR. 3 GRA.» che appare sull'esemplare cremisi dell'Armeria Reale di Torino;

I tre reggimenti della Guardia non dovrebbero aver mai avuto in dotazione le bandiere di manovra, sostituite, come abbiamo visto dalle bandiere Reali a fondo bianco.

L'unica eccezione potrebbe essere que lla del battaglione dei Tiragliatori costituito il 5 gennaio 1856, il quale, come reparto autonomo , ricevette quasi certamente una di queste bandiere: l'Armeria Reale di Tori no (cat. O.13) ne conserva una.

È in lana scarlatta di fo rm a quadrata, misurante 53 centimetri per lato, bordata di galloncino in lana gialla: ne conosciamo solo il verso decorato da un giglio in ogni angolo e da un emble - l Nei reparti di fanteria napoletana. Svizzeri compresi , le compagnie d'ala di granatieri e di cacciatori, venivano distinte da piccole insegne s u cui campeggiavano tra l'a l tro gli emblemi della specialità. granate e cornette. 11 giglio era il distintivo delle compagnie del centro. ma centrale costituito da una granata fiammeggiante racchiusa dentro una cornetta, a sua volta racchiusa tra un ramo di alloro ed uno di quercia.

Tutti gli elementi decorativi sono ricamati in lana giallo oro.

La bandiera è assicurata tramite fettucce g iallo oro ad un'asta di legno dipinta a strisce spirali bianche e rosse, sormontata da una semplice freccia in ottone e munita di estremità rastremata in modo da poter essere infilata nella canna del fucile.

Quest'ultimo particolare farebbe pensare che si tratti non di una bandiera di manovra bensì di una «Guida Generale Serrafila», ma la ricchezza e la special i tà delle decorazioni ci inducono ad propendere per la prima ipotesi.

I quattro reggimenti Svizzeri al servizio napoletano avevano in dotazione, come quelli indigeni, due bandiere Reali e due banderuole di manovra.

Le bandiere Reali erano del tutto simili a quelle descritte per la linea , ma avevano il recto rosso decorato della croce bianca della Confederazione; al centro della croce ognuno dei reggimenti portava dipinti gli stemmi dei cantoni in cui reclutava, e cioè:

• 1° reggimento: cantoni di Lucerna, di Unterwalden, di Obwalclen, di Uri e di Appenzell;

• 2° reggimento: cantoni di Friburgo e di Soletta;

• 3° reggimento: cantoni del Vallese, di Schwitz e dei Grigioni;

• 4° reggimento: cantone di Berna.

La replica ottocentesca di un originale, conservato presso I' Historische Museum di Berna, conferma in pieno quanto prescritto dai regolamenti: sul verso campeggiano le grandi armi il cui disegno è identico a tutte le altre che conosciamo, i gigli e i rami di alJoro, mentre al recto vi è la croce bianca in campo rosso con al centro lo stemma di Berna racchiuso tra due rami di alloro.

Sopra lo stemma appare 1'iscrizione «4 . REGGIMENTO SVIZZERO» ricamata a semicerchio in caratteri neri: le legend e relative ai fatti d'armi, secondo il nostro parere, vennero aggiunte in seguito dai reduci rimpatriati.

Un iscr izione simile avrebbe dovuto apparire sul verso del drappo, sul bordo inferiore, ma non c'è: si tratta di una dimenticanza di chi realizzò la bandiera oppure i reparti Svizzeri avevano l'iscrizione solo sul recto ?

In un foglio di soldatini di carta raffiguranti il 1° reggimento Svizzero nel 1858, facenti parte di una serie intitolata «Costumi Militari Napoletani» conservata presso l ' Ufficio Storico dell'Esercito Federale Svizzero dì Berna, appare il verso della bandiera Reale caratterizzato dalle armi del Regno racchiuse in uno scudo ovale, dall'assenza dei gigli negli angoli e dall'iscrizione posta lungo l'orlo inferiore « 1° REG. SVIZZERO » in caratteri neri.

Sarà proprio l'abolizione degli emblemi cantonali dalle bandiere a far scoppiare la ribellione dei primi tre reggimenti elvetici nel luglio 1859, a seg uito della quale la maggior parte degli effettivi vennero rimpatriati: con gli elementi superstiti si costituirono due battaglioni di Carabinieri esteri, cui si aggiunse il 13° battaglione cacciatori, che nel febbraio del 1860 , assunse la denominazione di 3° battaglione Carabinieri Cacciatori.

Questi reparti ebbero certamente solo bandiere di manovra, come testimonia l 'unico esemplare conosciuto, appartenuto proprio al 3° battaglione Cacciatori Carabinieri e conservato presso l'Historische Museum di Bema.

L'insegna, di cui non è stato possibile rilevare le dimensioni né le decorazioni del verso, è quadrato, con il drappo bianco guarnito di fettuccia rossa cucita lungo i bordi, ed è decorato dai soliti gigli angolari racchiusi tra due rami di alloro, e da un emblema centrale raffigurante una cornetta col numero 3 nel tondo, racchiusa dall'iscrizione circolare <<3°. BAT.ne CARABINIERI CACCIAT.ri ESTERI».

Gli emblemi e l'iscrizione sono ricamati in filo rosso.

I battaglioni Cacciatori dell'esercito napoletano ebbero in dotazione solo una bandiera di manovra ciascuno, il cui modello rispettava grosso modo i canoni dettati nel 1835 dal regolamento per la Guardia di Interna Sicurezza, come si può rilevare dai due esemplari d'epoca appartenenti uno al 2° battaglione (Museo del Ri sorgimento di Brescia) e l'altro al1'8° battaglione (Armeria Reale di Torino, cat. 0.120).

Entrambi hanno il drappo quadrato di lana bianca con il bordo, le decorazioni e le iscrizioni ricamate in lana scarlatta; al verso dell'insegna appare la cornetta sormontata dalla corona reale con il numero del battaglione nel disco, mentre al recto appare l'identificativo del reparto disposto su due righe:

Battaglione

Cacciatori Di Linea

Nei quattro angoli sono ricamati i soliti gigli.

L 'u nica differenza tra i due esemplari riguarda le misure: quello di Torino misura 90 centimetri per 92, quello di Brescia misura inve ce 65 centimetri per 75.

La bandiera di Torino è assicurata mediante tre fettucce di lana scarlatta (colore delle decorazioni) ad un'asta regolamentare dipinta a strisce spirali gialle e verdi, colori distintivo e dell'uniforme, sulla quale manca la freccia.

Anche le scarse notizie ri guardanti gli stenda rdi della cavalleria napoletana di questo periodo sono dovute ai disegni della collezione Brown ; in essi infatti, come già detto, sono raffigurate le insegne del l O e del 2 ° reg g imento dei Cavalleggeri della Guardia completi di misure, e quelle del re ggimento di cavalleria di linea << Re ».

Lo stendardo Reale dei Cavalleggeri era di forma rettangolare largo 79 centimetri ed alto 66, in seta bianca; il verso era decorato con le grandi Armi del Regno mentre al recto appariva la croce Costantiniana, entrambi identici a quelli delle bandiere di fanteria.

Lungo l'orlo inferiore dello stendardo era ricamata in lettere d'oro l ' iscrizione

«2. 0 R.to CAVAL.ria DELLA G.a R. 1e »

Lo stendardo Reale di parata era, al pari di quello dei Granatieri e dei Cacciatori, a fondo cremisi, decorato su entrambi i lati dalle grandi Armi del Regno e dall'iscrizione identificati va del reparto.

Quest i due stendardi sono stranamente privi di frangia e dei gigli posti negli angoli, presenti invece sugli stendardi della cavalleria di linea che descriveremo in segu ito.

L'asta era simi le a quella dei reparti di fanteria salvo per il diametro, che si andava restringendo verso il fondo, per l'impugnatura in metallo dorato che ricordava le antiche aste da torneo, scolpita e dotata di guardamano, e per il puntale in ferro.

La freccia era in metallo dorato, munita di traversa al la base: l'asta era alta in tutto 2 metri e 59 centimetri.

Sotto la freccia, come nei reparti a piedi, erano annodate le quattro cravatte, lunghe solo 33 centimetri, e i due cordoni con fiocchi di canuttiglia d'oro, più corti rispetto alle cravatte.

I due reggimenti vennero trasformati nel 1838 in l O e 2° reggimento Usseri della Guardia Reale , sulle cui insegne non sappiamo nulla.

Questa tipologia di stendardi si rifà ovviamente ai modelli in uso nella cavalleria fino dal 1800, privi di gigli e di serti di alloro ricamati negli angoli; l'aspetto singolare è che sono privi di frangia, circostanza sulla quale non siamo riusciti a dare spiegazioni.

In seguito ali' ordinamento del 26 agosto 1815 la cavalleria napoletana doveva essere costituita dai due reggimenti di cavalleria Re e Regina ai quali si aggiunsero, con decreto del 9 no- vembre, altri due reggimenti della stessa specialità denominati Principe Reale e Real Borbone, tutti e quattro strutturati su 4 squadroni di campagna, che dovevano formare due «Divisioni»; con decreto del 25 luglio 1817 venne costituito un quinto reggimento di dragoni con lo stesso organico degli altri, denominato «Real Ferdinando».

Tutti e cinque i reggimenti avrebbero dovuto avere , secondo le «Tabelle di dotazione» contenute nel!' ordinanza amministrativa del 21 novembre 1818, uno standardo per divisione.

L'aspetto di questi stendardi doveva essere simile a quanto stabilito in materia nel 1800, e quindi avere il fondo bianco, la frangia d'oro , e come ornamenti le Grandi Armi e la croce del Costantiniano.

La cosiddetta «Parentesi Costituzionale» del 1820-21, cui presero parte attiva due reggimenti, Borbone e Real Ferdinando, ebbe come conseguenza il loro scioglimento; in base al decreto del 21 luglio 1821, quindi, sopravvissero solo due reggimenti di cavalleria, denominati Re e Regina.

Entrambi conservarono probabilmente gli stendardi di cui abbiamo parlato in precedenza, in ragione di quattro ciascuno, ossia uno per ogni squadrone.

Alla fine del 1828 veniva creato il <<Corpo dé lancieri Real Principe Ferdinando» elevato a rango di reggimento il 9 dicembre del 1830 , con un organico di cinque squadroni e una probabile dotazione di cinque stendardi.

Tra il 1828 e il 1829, come detto più volte, appaiono nuovi modelli di stendardi raffigurati nei disegni della collezione Brown ma solo per il reggimento cavalleria Re.

Lo stendardo Reale, pur simile a quelli dei Cavalleggeri della Guardia, presentava le seguenti differenze:

• il drappo era quadrato: in rapporto alle dimensioni di quello dei cavalleggeri della Guardia Reale, questo misurava circa 71 centimetri per lato;

• i tre lati liberi erano bordati di fettuccia e di frangia di canuttiglia d'oro; la frangia era larga circa 5 centimetri;

• negli angoli erano ricamati i gigli in oro, racchiusi tra due rami d'alloro ricamati nei colori naturali;

• lungo l'orlo inferiore era ricamata in oro l'iscrizione «R. to C. a RE »

• l'asta era più corta e misurava circa 1 metro e 96 centimetri;

• le cravatte erano lunghe circa 71 centimetri, frangia compresa, e quindi quanto lo stendardo.

Quello che sembrerebbe essere lo stendardo di manovra dei reggimenti di cavalleria è identico a quello appena descritto, ma è privo dei gigli e dei rami d'alloro ri camati negli angoli.

I due reggimenti di cavalleria non ricevettero subito le nuove insegne: il reggimento «Re» ebbe le proprie solo nel maggio del 1832 durante una solenne cerimonia alla quale assistette il sovrano con la corte al completo.

Nel giugno del 1833 l'assetto della cavalleria venne nuovamente rivoluzionato: i due reggimenti esistenti divennero 1° e 2° reggimento Dragoni Re e Regina, venne creato il 3° reggimento Dragoni Principe e il reggimento Lancieri Real Ferdinando venne sdoppiato dando vita al il 1° e al 2° reggimento Lancieri, ognuno dei quali ebbe quattro squadroni e conseguentemente quattro stendardi.

L'Ordine del Giorno del 16 settembre 1836 stabilì definitivamente che ognuno dei reggimenti di cavalleria conservasse un solo stendardo di quelli in dotazione, dando disposizioni per il ritiro degli altri tre.

In una delle tavole dedicate da Antonio Zezon al 1° reggimento Dragoni Re è raffigurato il

Portastendardo con l'insegna reggimentale, che, pur simile a quel la descritta per il reggimento Re , presenta tuttavia alcune differenze sostanziali :

• l'assenza delle c ravatte: forse venivano fissate all'asta solo in occasioni particolari;

• le due fettucce di stoffa bianca cucite alle due estremità dello stendardo, grazie alle quali questo veniva fissato all'asta secondo il sistema prescritto per le bandiere di manovra della fanteria;

• l'asta dipinta di rosso bruno, e non a strisce spirali bianche e rosse;

• le granate ricamate in oro tra rami di alloro al naturale cucite nei quattro angoli;

• l'assenza di iscrizione identificativa del reparto.

Siamo forse in presenza dello ste ndardo di cavalleria regolamentare in uso tra gli anni '40 e '50, caratterizzato dalla sostituzione del g ig lio dinastico con quello che sembra essere un emblema di specialità: se que sta teoria è esatta quali erano i distintivi prescritti per le altre specialità della cavalleria napoletana?

Chiudiamo la storia delle bandiere e agli stendardi napoletani dedicando alcune note al tricolore introdotto dal decreto del 25 giugno 1860.

Alcune note, abbiamo detto, perché ne parleremo so lo per avere conferma di alcune ipotesi riguardanti le tradizionali insegne borboniche.

11 decreto stabilì l'adozione delle nuove bandiere, accolte malissimo dalla truppa che in molti casi rifiutò di prestargli il dovuto giuramento di fedeltà non riconoscendole come proprie , prescrivendo che potessero essere confezionate utilizzando quelle in dotazione ai reparti anche mediante «aggiunta di due fasce verticali; verde l'una, rossa l'altra».

Di queste bandiere possediamo in tutto sette esemplari, tutti conservati presso l 'A rmeria Reale di Torino ad eccezione di quello del 15° fanteria, che s i trova a Napoli presso l'Archivio di Stato; quattro appartengono alla Guardia Reale (1 ° e 2° Granatieri e 3° Cacciatori), due appartengono ali' Artiglieria (reggimento R e) e l 'ultimo appartiene a lla fanteria di linea (15° Messapia).

Tutti presentano la parte centrale più larga delle altre ricavat a delle bandiere esistenti all'atto del decreto istitutivo, alla quale sono state aggiunti due rettangoli di stoffa rossa e verde.

Le caratteristiche salienti so no le seguenti:

• lo scudo posto s ul verso delle bandiere dei reggimenti della Guardia e dell'Artiglieria , è di forma diversa rispetto a quelli raffigurati nella tavola del 1825; è più schiacciato, ha la corona reale foderata di rosso ed è circondato dal solo collare del Toson d'Oro, dal quale pendono anche le insegne degli ordini di San Gennaro e di San Ferdinando;

• le iscrizioni identificative sono le seguenti:

* «1° Rto D EL. 3 GUAR 3 GRA.ri » ; (cat. 0.186)

* «2 ° Rto GRA.ri GUAR 3 Rie >> ; (cat. 0.187)

* «2° Gr.ri G. 3 R 1e »; (cat. 0.192)

* «3° R.DEL.GUAR.CAC .»; (cat. 0.191)

* «REGGIMENTO RE ARTIGLIERIA »; (cat. 0.185 e 0.190)

* « 15° REGG_to DI LINEA MESSAPIA » (Archivio Borbone , Cimeli N. 1863).

Affrontando l'argomento delle bandiere in uso per quasi due secoli nelle milizie Pontificie, ci siamo trovati di fronte ad una situazione paradossale: per il periodo che va dal l 690 al 1793 , infatti, esiste una grande quantità di documenti conservati presso l'Archivio di Stato di Roma, il che ci ha permesso di ricostruire con buona approssimazione le insegne in dotazione ai reparti.

Dalla fine del '700 fino alla 1870 , non è stato possibile rinvenire, per quante ricerche siano state fatte, alcun documento riguardante le bandiere Pontificie: esiste in compenso una splendida serie di acquarelli raccolti in volumi e conservati presso l'Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano , nei qual i so no raffigurati tutti i reparti di stanza o di passaggio a Roma dal 1814 al 1870. In questa raccolta compaiono numerose bandiere, il che ci ha permesso di colmare le lacune esistenti nella documentazione archivistica.

La descrizione delle insegne militari Pon tificie riteniamo debba partire da un documento «civile», anzi, per meglio dire <<marittimo» risalente al I 670, il manoscritto di J. Moutton scoperto e descritto da un noto studioso di vessillologia, il Muehleman, nell'articolo «Les pavillons des nations maritimes au XV/le siècle d'après le manuscrit de J.Moutton», pubblicato nel « Recueil du 4e Congrès international de Vexillologie», congresso tenutosi a Torino nel 1971.

Nel documento appare un'insegna rossa ornata da uno scudo cimato dal triregno, accollato a chiavi decussate e tenuto dai Santi Pietro e Paolo , nel quale erano dipinte le armi gentilizie del Pontefice; questa tipologi a di bandiera rimarrà costante fino al 1870 con piccole modifiche, così come resterà costante l'immagine dei due apostoli, anche se limitata alla cavalleria.

Simile doveva essere quindi l'aspetto delle bandiere in dotazione ad ognuna delle compagn ie di fanteria di cui era composto l' ese rcito negli ultimi anni del secolo XVII, come testimonia il primo documento in materia, l' « Obligatio tradendi pannum in servitium militum Pontificiorum «( Fondo Soldatesche e G a lere , B. 286, 1681-82, A.S. Roma).

Alla data del 18 marzo 1683 troviamo: «Aggiustata una bandiera per servitio della compagnia di fanteria italiana comandata dal Colonnello Giulio Cerruti ...... .................. .bandiera di taffetano turchino già ho fatto levare il fon.do di mezzo e riportatovene novo, riorlata e fatta di tutto punto la guarnigione e più sei palmi di taffetano di Roma turchino e più asta impiombata e lancetta dorata, seta per cucire e cordone per legare .......... ».

Il documento contiene la lista del materiale utilizzato per riadattare una bandiera usurata o addirittura in servizio dal pontificato precedente, dato che vi si menziona la sos t ituzione del 4ondo di mezzo» ovvero dello scu do su cui erano dipinte le armi pontificie; tutto ciò consente la descrizione del modello di bandiera in uso in questo periodo.

L'insegna doveva essere di taffetà turchino, come detto, quasi certamente bordato lungo gli orli di ricamo , la <<guarnigione » citata nel documento, con al centro uno scudo cimato dalla tiara, accollato alle chiavi decussate d'oro e d'argento, in cui erano dipinte le armi del papa Innocen zo XI, al secolo Benedetto Odescalc hi, che regnò dal 1676 al 1689.

La bandiera era fissata all'asta, probabilmente di legno non dipinto, graz ie ad una guaina di taffetà turchino; la freccia doveva essere di picco . le dimensioni, di metallo dorato, e so tto di essa venivano annodati due cordoni con fiocchi forse dorati.

Il turchino del fondo quasi certamente identificava la bandiera come una Colonnella; le bandiere di compagnia dovevano essere uguali ma di colore cremisi, perlomeno stando alle numerose info,mazioni tratte da documenti di epoca posteriore.

Questo testo rappresenta il primo di una lunga se rie in cui viene continuamente ribadito il principio che regolerà la confezione e la distribuzione delle bandiere ai reparti dell'esercito fino alla fine del XVTJJ secolo: quando un nuovo pontefice saliva al trono, alle bandiere in uso veniva tolta la parte centrale con le insegne araldiche del defunto, sostituita da una striscia di taffetà o di stoffa similare bianca, su lla quale venivano dipinte quelle del nuovo Papa.

Solamente quando le bandiere erano talmente usurate da non poter proseguire il servizio si provvedeva alla loro completa sostituzione.

La prima descrizione di bandiera pontificia avviene dunque negli anni '80 del secolo XVII, il periodo forse più oscuro, meno interessante ne1la storia di quell'esercito che pure nei due secoli precedenti si era distinto in diverse campagne militari come quelJe contro i Turchi in Grecia e in Dalmazia, ma che dopo la guerra di successione spagnola venne considerato dagli stessi Pontefici un lusso, tanto da essere ridotto a circa 4.500 effettivi polverizzati in piccole compagnie e in minuscoli presidi, quasi a volerne sottolineare il ruolo di difesa passiva e di pressocchè completa immobilità.

La situazione cambiò radicalmente nel 1708, anno della mobilitazione contro l'Impero, a seguito della quale l 'ese rcito raggiunse i 20.000 effettivi, quasi tutti banditi e disertori, con i quali si costituirono 23 reggimenti di fanteria italiani, 2 reggimenti di milizia della Marca, 2 reggimenti avignonesi, 1 reggimento fiammingo, I reggimento corso, I battaglione tedesco, I reggimento di corazze a cavalJo e 4 reggimenti di dragoni.

Tutti i reparti ebbero ovviamente in dotazione le bandiere, descritte in una serie di documenti dettagliati conservati presso l'Archivio di Stato di Roma, nel fondo Soldatesche e Galere, che si riportano per esteso.

• 5 agosto 1708, B 319.

«Conto della Rev.cla Camera per havergli fatto dieci bandiere di Taffetano bianco doppio di Roma con sue Arme di N.S. in me-::,zafatta di ta.f/etano giallo et a/li suoi contorni con monti e stelle di detto taffetano giallo commesso, tutte dipinte a due faccie con sue guaine da capo foderate di tela bianca con suoi cordoni e fiocchi cli seta Bianca e Gialla con sua asta e lancetta dorata da capo, con sua saccoccia cli seta sangalla giaila e sue fittucce.

- Per havergli fatto 47 bandiere di Taffetano cremesino doppio di Roma con sua arma di N.S. in mez-::.o, e alli cantoni di detto con suoi monti e stelle di tajfetano giallo di Roma tutte dipinte a due facete con sua testa e lancetta dorata da capo, con suoi cordoni e fiocchi di seta cremesina, con sua saccoccia di tela sangalla rossa e sue fìttucce;

- per havergli fatto 13 bandiere ( dà la stessa descrizione dei 47 esemplari citati) ..................... e a/li pi-::,~i di detto con suoi monti e stelle ...... (dà la stessa descrizione dei 47 esemplari citati);

- per haverglifatto 30 bandiere ...................... (dà la stessa descrizione dei 47 esemplari citati).

- Altre 5 bandiere di tajfetano cremisino con arme di Papa Clemente XI.. ... con due fiocchi di seta cremesi e sue punte dorate.»

• Anno 1708 Soldatesche e Galere, B.III , Armamento Generale.

« omissis Spese per fare un 'insegna: taffeta bianco doppio, tal fetà carmese doppio,fiocchi di bavella creme.se n. 0 2, asta di pino con sua punta, tella per la guaina e seta per cucire. Pittura dell'Arme».

• 6 maggio 1708, Soldatesche e Galere, B. 317.

«Per la fattura d'aver fatto una bandiera 1 di ta.ffetano cremisino di due tela lunga palmi 9

1/2 con sua guaina da capo.foderata di tela barbantina rossa con suo orlo attorno con un'Arme del Papa in mezza fatta di tajfetano di più colori tutta di commesso, e alli 4 cantoni di d.a a uno li monti e altri le stelle tutte di commesso e poi tutta dipinta e ombreggiata a chiari scuri a due .faccie con asta e saccoccia di tela sangalla rossa ovvero taffetano doppio di Roma cremis in o; asta impiombata con sua lancietta da capo di ferro dorata. Fiocchi e cordoni di seta cremisina>>.

• Ottobre 1708 , Serie Rossa , N. 0 67.

«100 bandiere, parte di tajfetano cremisino, e parte bianche, con l'impresa di N.S. con suoi fiocchi e cordoni di seta, con sue aste e lancette dorate per servitio delle nuove compagnie di Fanteria.»

• 21 novembre 1708, Soldatesche e Galere, B.328.

« fatto una bandiera di tajfetano rosso cremisino doppio di Roma con la Croce di Malta da alto a basso di Ta.ffetano bianco di Roma doppio con suoi orli e cosci ture ribattute, con una guaina da capo di d. 0 tajfetano fodrata di tela barbantina con suoi cordoni e .fiochi e asta e la lan cetta dorata con sua saccoccia di tela sangalla rossa servita per l'ill.mo Sig. Colonnello Falconieri ».

Siamo in possesso di tutti i dati necessari per tentare una ricostruzione dettagliata, anche dal punto di vista tecnico, delle bandiere di fanteria che possiamo definire come «modello 1708»; le caratteristiche erano quindi le seguenti:

• Drappo quadrato di 2 metri e 12 centimetri per lato, costituito da due teli di taffetà cuciti insieme , con guaina dello stesso tessuto foderata di tela e orlatura tutt'intorno; al centro recava uno scudo cimato dal la tiara e accollato alle chiavi in decusse, il tutto tagliato nel taffetà di vari colori e cucito, con dipinte le armi del Pontefice Clemente XI, al secolo Gian Francesco Albani.

Nei quattro angoli del drappo venivano cuciti due tra gli emblemi che componevano lo stemma del Pontefice, in questo caso i tre monti e la stella ad otto punte, entrambi di taffetà giallo.

Lo scudo, la tiara, le chiavi e gli emblemi posti negli angoli erano poi ombreggiati a chiaro e scuro.

• Asta in legno di pino verniciato sormontata da una piccola lancia in forma di foglia in ferro dorato, sotto la quale erano annodati due cordoni con fiocchi alle estremità, di seta cremisi per le bandiere di compagnia, di seta mista bianca e gialla per le bandiere Colonnell e.

Le bandiere Colonnelle erano a fondo bianco, quelle di compagnia erano invece di colore cremisi.

Quando non erano inquadrate nel reparto, le bandiere venivano arrotolate intorno ali 'asta e protette da una guaina di tela robusta guarnita di lacci in modo da poterla stringere intorno all'asta stessa; per le Colonnelle la guaina era di colore giallo, per le bandiere di compagnia era invece di colore rosso.

Tra le bandiere del 1708 spiccavano quelle del reggimento Falconieri, del reggimento Ruspoli e delle truppe della città e del Contado di Avignone.

Il primo reggimento, i cui ufficiali erano tutti cavalieri di Malta, aveva bandiere di compagnia cremisi sulle quali campeggiava una grande croce di Malta bianca le cui braccia toccavano i bordi del drappo; nel documento lo stemma papale non viene citato ma siamo certi che questo apparisse al centro della croce; le insegne del reggimento di Bartolomeo Ruspoli sono raffigurate in un dipinto coevo di autore ignoto, nel quale appare il reparto schierato in parata.

I L' insegna era destinata al battaglione di 400 fanti romani che al comando di Federico Colonna era destinato a Malta.

Sia la Colonnella che le bandiere di compagnia seguono le regole generali salvo i particolari seguenti:

• il drappo delle bandiere di compagnia era a fondo azzurro scuro, per richiamare probabilmente lo stemma di famiglia;

• lo stemma del Pontefice era posto in orizzontale al centro del drappo;

• nei quattro angoli era applicato lo stemma dei Ru spali mese di luglio 1721, ad un <<banderaro»: « ............ e aver messo !'imprese e.fatto dipingere di nuovo l'armi di N.S. Pap a Inno cenza XIII in 9 bandiere delle compagnie delle Guardie di Roma ».

È probabile che anche gli altri reggimenti levati in quell'anno avessero ricevuto bandiere simili a questa nei caratteri generali, ornate anch'esse dalle armi gentilizie del colonnello e forse distinte dal colore di fondo che riprendeva in qualche modo i colori delle armi suddette: ma questa rimane una semplice ipotesi.

L'insegna del reggimento di frà Chiarissimo Falconieri viene menzionata ancora nell'anno seguente da una nota che ne ribadisce il modello e i colori (Soldatesche e Galere, B.190 , 3 settembre).

Le bandiere in dotazione ai reparti del dominio pontificio di Avignone erano di modello particolare: mentre le Colonnelle erano a fondo turchino, decorate secondo i criteri abituali, le bandiere di compagnia dei reparti di città e del contado erano caratterizzate dal la croce bianca e dal colore dei campi, turchini per quelle della città, rossi e turchini per quelle del contado.

Al centro della croce vi erano, more solito, le insegne del Sommo Pontefice.

Nel 1721, anno in cui salì al trono il Papa Innocenzo XIII, al secolo Michelangelo Conti appaiono altri conteggi relativi alle bandiere che confermano il sistema basato sul cambio dello stemma centrale e sull'applicazione di parti di esso negli angoli dei drappi.

• Soldatesche e Galere, B.352 , Mandati Estinti.

1° giugno 1721 «Per la.fattura d'haver rimesso l'impresa, cioè levata quella della Santità di Clemente Xl e rimessa il taffetano bianco per far dipingere /'arme della Santità di N.S. Papa Innocenzo X/li a numero 7 bandiere delle soldatesche, tutte intagliate secondo le vecchie e ribattute da tutte e due le parti e.fatto il simile alle 4 cantonate, dove era la stella messoci Le aquilette, tutte contornate sotto e sopra».

• R.a e.a Ap.a, Serie Ro ssa, N. 68.

• Soldatesche e Galere, B. 21.

1° dicembre 1721: «Gio.Batta Lanini banderaro .per aver rimesso le impres e e fatte dipingere di nuovo l'armi di N.S. Papa lnnocen::,o Xlii in 9 bandiere delle compagnie delle Guardie di Roma».

Le bandiere utilizzate nel periodo successivo al 1708 rimasero quindi invariate nei caratteri generali ma, oltre a sostituirvi lo stemma del vecchio Papa con quello del nuovo, vi si app li carono delle piccole aquile di taffetà giallo negli angoli; questo sistema rimarrà invariato fino alla fine degli anni '70, quando nei conti ri g uardanti l e bandiere non verranno più menzionate le <<imprese» cucite negli angoli.

Il filo conduttore riguardante le bandiere pontificie che lega tra loro i vari periodi continua ad essere costituito da una nutrita serie di documenti d 'arc hivio, che riportiamo di seguito.

• R.a e.a Ap.a, Serie Ro ssa, N 69.

1734: « . e mutate le imprese a 2 bandiere, una mandata in Ancona per servizio e l'altra a Sermoneta pel passaggio delle truppe spagnole per Napoli» (era la scorta che accampa- gnava l'Infante Don Carlo di Borbone a prendere possesso del Regno di Napoli N.d.A.) Le imprese erano quelle di Clemente XII, al secolo Lorenzo Corsini ( 1730-40);

- Soldatesche e Galere, B.220, Conti Diversi 39-40.

• 11 aprile 1739: « .......... rifatto di nuovo l'impresa di N.S. alla bandiera della compagnia Ruspoli»;

• R.a e.a A.ca, Serie Viola, N. 23.

26 ottobre 1748 «Mutazione di impresa e cantonate ad una bandiera per servi::,io del Quartiere Reale a Monte Cavallo (con questo nome a Roma si indicava , e ancora oggi si indica da parte dei vecchi romani, il Quirinale Nda) per mutare l'impresa ad una bandiera palmi 3 taffetano cremisi alto palmi 4 e palmi 3 simile colorato giallo alto palmi 4». Le armi erano quelle di Benedetto XIV, al secolo Prospero Lambertini.

Questo è un caso del tutto particolare; lo stemma del pontefice non presentava alcuna figura araldica di spicco da poter mettere nei quattro angoli e quasi certamente vi si pose l'intero scudo con tiara e chiavi, di ridotte dimensioni.

• R? e.a A.ca, Serie Viola, Vol.24.

1748 (?) Ruolo Fortezza Castel S. Angelo.

Conto di lavori di pittura: «per aver ombrato di nuovo l'arma di N.S. colorite nella bandiera dell'Alfiere del Corpo di Guardia di Castel S. Angelo e anche si è ombrato le 4 cantonate, alta detta arma palmi 6 112 e larga palmi 4 1/2».

Grazie a questo documento sappiamo che lo scudo completo di chiavi e triregno posto al centro di questa bandiera, e certamente anche delle altre, misurava I metro e 33 centimetri di altezza e 89, 2 centimetri di lunghezza, occupando buona parte del drappo che misurava circa 2 metri e l O per lato.

Sempre dal fondo della R .a e.a A-ca, Serie Viola, B.33, apprendiamo un curioso dettaglio riguardante i reparti di stanza a Civitavecchia , i quali, al pari dei reggimenti «nobili>> levati nel 1708, ebbero il privilegio di avere bandiere ornate ai quattro angoli con gli stemmi del comandante di presidio conte Soderini e del governatore Monsignor Casoni: « 2 imprese grandi di targa di S.S. e 4 imprese dell'lll.mo e Rev.mo Monsignor Casoni e 4 imprese dell'lll.mo Conte Soderini per 2 bandiere dei soldati del presidio di Civitavecchia».

Le due insegne avevano quindi entrambe le armi pontificie dipinte al centro, ma si differenziavano per avere ognuno le «cantonate» ornate da stemmi diversi, dei quali è stato possibile rintracciare solo quello del Soderini.

• R. a C. a Ap. a, Serie Viola, N. 446. Al Provv editore delle Soldatesche Soncino.

15 novembre 1762 <ifarete prontamente la bandiera con L'impresa di N.S. per servizio del Corpo della Guardia R eale di Monte Cavallo, a riserva dell'asta che si ritrova in buon ordine»;

• Ra e.a Ap?, Serie Viola , N. 446.

30 aprile 1763 «Il Provveditore Soncino deve far fare una bandiera di taffetano bianco con lo stemma del Regnante Sommo Pontefice per servizio della compagnia Granatieri del reggimento Guardie di N.S.» (Clemente XIII al secolo Carlo Re zzonico 1758-1769).

L 'anno 1775 rappresenta una data importante nel panorama delle bandiere pontificie, in quanto per la prim a vo l ta si parla di bandiere bianche o c remisi ornate da fasce di colore contrastan t e e di profilature d'argento.

Il documento relativo viene come sempre dal fondo della Re verenda Camera Apostolica (Serie Viola, N. 86), e recita: «Per il battaglione in luogo dei Corsi, 3 bandiere nuove con l'impresa del Regnante Sommo Pontefice (Pio VI al secolo Giovanni Angelo Braschi) indorate le punte delle aste; levata l'arma di Pap a Rezzonico e rimesso il taffetano bianco per dipingere l'arma di S.S. nella Colonnella; 3 bandiere, una bianca e due rosse confascia tutt'attorno alla bianca La .fascia rossa e fascia bianca alle rosse, Larga 1/2 palmo con le cantonate di taffetano giallo e !'arme alte palmi 6 e Larghe palmi 4; canne 9 di taffetano tra bianco, giallo e turchino, bandiere gallonate d'argento».

Il reparto ebbe quindi in dotazione:

• una bandiera Colonnella bianca riquadrata da una fascia rossa profilata d'argento, con al centro il solito scudo con tr iregno e chiavi, e quattro di questi scudi, più piccoli, agli angoli;

• due bandiere di compagnia rosse riquadrate da una fascia bianca profilata d'argento, con le stesse decorazioni previste per la Colonnella.

La fascia applicata intorno ai drappi era larga circa 11 centimetri, mentre la decorazione centrale della bandiera (scudo, triregno e chiavi) era alta 134 centimetri e larga 89 centimetri circa; anche in questo caso g li stemmi applicati negli angoli riproducevano certamente quello centrale in dimensioni ridotte.

Questo modello di bandiera però se mbra restare circoscritto al solo battaglione di so ldati Corsi, poiché tutti i documenti posteriori al 1775, indicano ora per la fanteria solo bandiere di compagnia e non più Colonnelle e so lo a fondo cremisi:

• R.a e.a A.ca, Serie Viola, Vol. 601, N. 63

8 luglio 1783: per la compagnia Mantica a Strada Frattina (l'attuale Via Frattina in Roma NdA) una bandiera nuova di taffetano cremisi con l'insegna del regnante Pontefice.

• Ra e.a A.ca, Serie Viola , Vol. 175., N. 89

24 febbraio 1789: «Costruzione di una bandiera per la compagnia Munez delle Guardie simile a quella resasi inservibile: taffetano rosso, bianco e giallo; 2 fiocchi con suoi cordoni, doratura di picca e ombreggiatura di pittore.

Canne 3 palmi 3 taffetano cremisi; palmi 6 detto color oro; palmi 1112 detto bianco;

2 fiocchi con suoi cordoni cremisi; Asta foderata di velluto cremisi, 300 bollette dorate.

• R.a e.a A.ca, Serie Viola, Voi. 177, N. 313

6 giugno 1789 Costruzione di una nuova bandiera per servizio della compagnia Giraud: Taffetano rosso, bianco e giallo;

Canne 3 e palmi 3 tajfetano cremisi; palmi 6 giallo; saccoccia di barbantina;

• R.a C.a A.ca Serie Viola Vol. 243, N. 1078 del 6 g iugno 1794: a Girolamo Ghirel Ii banderaro <<Sa r ete contento di costruire colla maggiore sollecitudine possibile al prezzo conceduto di scudi 24 e denari 47 112 una bandiera di taffetano cremisi con tutti i suoi finimenti, per servizio della nuova compagnia di reclute da farsi a Senigaglia sul piede del nuovo piano provisionale conforme alle bandiere solite né quartieri: per taffetano cremisi canne 3; per taffetano color oro palmi 6; per taffetano bianco palmi 2 112; per cordoni e fiocchi; per ombreggiatura; per velluto cremisi; per l'asta; per n. 350 bollette dorate; per canne 2 ortichella per saccoccia, per spuntone e picca dorata; per fattura della suddetta asta fatta ad uso d'arte.

Come abbiamo detto, tutte le bandiere confezionate a partire dalla fine del secolo erano a fondo cremisi con il grande scudo barocco di taffetà giallo dorato, cimato dalla triregno con le chiavi in decusse, al centro del quale erano dipinte l e armi pontificali, il tutto ombreggiato a pennello; le bandiere erano dotate di asta, ora rivestita di velluto c remisi e guarnita da 300-350 chiodi di metallo dorato, sormontata dalla freccia e munita di spun tone al fondo, entrambi in metallo dorato.

Tra i documenti conservati presso l'Archivio di Stato di Roma si inserisce anche una fonte esterna non meno importante quale 1'Archivio Colonna, nel quale, tra le carte relative al Fondo Milizie B9 , viene descritta la bandiera concessa in dotazione nel 1796 all'omonimo re ggimento di fanteria.

Il documento recita: «In una L'arma di S. Santità con sotto ed attorno trofei militari, 4 bandiere di diversi colori, lancie,fucili e altro, con sotto l'arma suddetta una cartella con un nastro scritto d'oro e suoi sbattimenti (sic) «LEGIO COLUMNENSIS»; alli 4 lati si sono disposte 4 armette di S.E. (il principe Colonna NdA) e corone.

L'altra simile ma invece dell'arma del Papa si è fatta la colonna, arrna di S.E., con parimenti trofeo militare, bandiere,focili ed altro come sopra il tutto disposto con colori finissimi di carminio e lacche ed altro.

A tutte e quattro Le facciate bordura a tortiglioni con fiori cremisi .

4 bandiere palmi 10 112 larghe,palmi s 112 alte, con attorno.frangia gialla e rossa e messo d'intorno.fregio cremisi. Velluto cremisi per l'asta con chiodini dorati. Fittuccia di seta che contorna il fregio. Guaina di taffetà bianco. Picche per bandiere».

Grazie a questa esauriente descrizione abbiamo potuto ricostruire con buona approssimazione l'aspetto di queste bandiere che misuravano 2 metri e 34 centimetri di larghezza per 1 metro e 90 centimetri di larghezza, e che, probabilmente, dovevano essere entrambe di co lore bianco.

Di pari importanza è il testo in cui viene descritta l'insegna che indicava la presenza della compagnia bombardieri di Castel S. Angelo, di guarnigio ne fissa nell'omonima fortezza, datato l 7QO (R.a e.a A.ca, Serie Viola, Vol.183, N. 613 del 5 settembre):

«Conto di spesa e fattura di una bandiera in tre colori guarnita di frangia color oro con sua vaina colorata per li bombardieri di Castel Sant'Angelo.

Per avere tagliata e cucita una bandiera in tre colori, cioè bianco, turchino e rosso, Lunga palmi 9 e larga palmi 9 in striscie undici ognuna da due punti. Fatttagli la sua vaina al.fianco lavorata bianca e rossa a spire, guarnita all'intorno con frangia gialla.

Bastone tornito a'piedi e pomo tornito a capo tutto rosso».

La bandiera era quadrata, misurava di 2 metri ed 1 centimetro per lato ed era guarnita da una frangia di colore giallo probabilmente in seta: il campo era diviso in undici s trisce orizzontali alternate bianche, rosse e turchine, ognuna delle quali era larga circa 18 , 3 centimetri.

Veniva fissata all'asta tramite la guaina di stoffa dipinta a strisce spirali bianche e rosse, asta che era in le gno, sor montata da un pomo, dipinta di rosso e che veniva fissata certamente su uno degli spal ti del castello.

L 'o rigine di questa bandiera inu suale, che ricorda il vessillo della Guardia Svizzera, ci è tuttora sconosc iuta.

Se per le bandiere della fanteria l'Archivio di Stato di Roma rappresenta una miniera di documenti, lo è anche per gli s tendardi e per le cornette di cavalleria e dragoni, le cui descrizioni risultano ancora più accurate e particolareggiate.

La cavalleria pontificia contava nel 1708 quattro reggimenti in tutto, che prendevano il nome dai ri spettivi colonne lli , le Corazze d' Auttanne e i dragoni Balbiani, Albani e Romolo Fasanini. Il primo documento riguardante le insegne di cavalleria di que l periodo riguarda il reggimento dei dragoni del principe Albani, è datato 5 agosto 1708 ed è contenuto nel fondo Soldatesc he e Galere, B3 l 9:

• Conto di una ricamatrice: «Per haverfatto una cornetta,fatta doppia a due facci e di recamo ordinata per servi-;.io del Sig. Principe Albani, in più per La parte dove è !'arme, palmi 8 di lavoro in quadro rilevato in costa e tutto coperto di oro lumeggiato nei suoi chiari e scuri. in più nella parte del Santo palmi 7112 computandoci la cornice a ......... ... ».

A questa prima descrizione piuttosto sommaria ne segue un'altra, datata 20 agosto, compresa nello stesso fondo archivistico:

<<Per fattura di una cornetta di Ermesino bianco tutta ricamata d'oro, e d'argento, doppia a due faccie guarnita di frangia alta e bassa d'oro fino di Firenze, con sua guaina eia capo a capo, larga palmi 3 e _ e Lunga palmi 3 e_ con suoi cordoni di seta turchina servita per l'Ecc.mo Colonnello Maggiore.

- Palmi 6 e 713 erme.sino bianco doppio di Roma, servito per fare detta cornetta;

- Palmi _ quadretto bianco per foderare la guaina;

- Palmi 6 frangia alta e bassa d'oro fino di Firenze torta per guarnire detta cornetta;

- Once 10 per 4 fiocchi fatti a vergolo alla Francese a due ordini, con tutta vergilia d'oro fino di Firenz.e e seta turchina con i suoi cappietti d'oro riportati contorti e ritorti per detta Cornetta e cordoni di detta;

- seta turchina per cucire .

- Per haverfatto una Lancia d'acciaio intagliata e dorata per far da capo al lanciane di detta cornetta;

-p er fattura d'altre 11 cornette d'Ermesino turchino guarnite con.frangia d'oro fino di Firenze alta e bassa, torta, a due facci e con sua guaina da capo di detto ermesino foderata di barbantina, larghe palmi 3 e 1/ 2 e longhe palmi 3 e 1/ 2 fatte a coda con suoi cordoni di seta turchina e fiocchi d'oro fino di Firenze;

- canne 4 e palmi 5 di Ermesino turchino doppio di Roma per far le suddette conette;

- barbantina turchina per.foderar dette cornette;

- once 104 e grani 12jrangia alta e bassa d'oro fino di Firen-;,e torta, servita per guarnire le 11 cornette;

- cordone grosso di seta turchina servito per dette;

- once 94 e grani 821 per 44 fiocchi d'oro fino di Firen-;,e e seta turchina,jatti tutti avergola con suoi fiocchetti riportati di piedi, con suoi cappietti di vergola d' oro,fatti tutti con vergola torta e ritorta serviti per li piz::J delle cornette, e di piedi alfi cordoni;

Per haver fatto fare à posta N. I J lanci e di ferro grandi, e.fatte indorare per dà capo alli lancioni delle dette cornette di S.S.».

A completare questa minuziosa descrizione è un terzo documento, questa volta nel fondo della Reverenda Camera Apostolica datato 19 se ttembre, nel quale sono menzionati gli ornamenti e le aste che corredavano le 12 cornette del reggimento dragoni Albani:

«Conto di lavori fatti per la Rev.a Cam.a di Pitture e d'altro.

P er haver dipinti di ornamenti in oro 1 I cornette cioè Arme di N.S. e contornate di rabeschi e.fiori né mez::.i con sue code pure di rabeschi, tutti d'oro, e detti dipinti à due bordi ombrati con suo filetto d'oro attorno, sopra l'Ermes i no turchino, essendo alte Le medesime palmi 4, longhe palmi 3 1/ 2 di canna mercantile.

In più haverne fatta un'altra , quale è tutta ricamata, qual' è la Colonne ila , cioè havergli dipinto il beato S.Crescentino con suo paesino, di acquerella al naturale, et haver fatto il disegno al recamatore.

Et ............................... omissis ........... ..... et in più 12 aste cioè lancioni Lunghi 15 palmi con 8 scandelli ciascheduno, e detti scandelli fatti di color turchino ad oglio e il resto tutto dorato, cioè fascette e reggipiano conforme appariscono».

Il reg gimento quindi aveva in dotazione 12 cornette, una Colonnella e undici di compagnia , tutte tagliate a coda di rondine, a fondo bianco la prima e turchino le seconde, guarnite dalla frangia in filato ritorto d'oro e da due fiocchi cuciti alle punte delle code.

I fiocchi erano in filato ritorto d ' oro per la Colonnella e dello stesso materiale, misti però a seta turchina, per le compagnie.

Per quanto riguarda le decorazioni queste erano così differenziate:

• la cornetta Colonnella le aveva tutte in ricamo d'oro e d'argento; il verso riportava, come per le bandiere di fanteria, lo scudo con le anni del Papa, il triregno e le chiavi, mentre al recto vi era San Crescentino a cavallo nell'atto di uccidere il drago che, secondo la leggenda, terrorizzava l'agro di Città di Castello.

• le cornette di compagnia avevano invece tutti g li ornamenti dipinti, compreso lo scudo che ornava sia il verso che il recto della cornetta.

Le cornette misuravano 893 millimetri di lunghezza alle punte e 780 millimetri di altezza, e venivano fissate all'asta mediante una guaina del colore di fondo foderata di tela robusta; l 'as ta era di legno, riproduceva le antiche lancie da torneo ed era lavorata con otto scanalature.

Veniva dipinta con vernice ad olio turchina ed aveva gli spigoli profilati in oro zecchino.

Era lunga in tutto 3 metri e 35 centimetri ed era guarnita di freccia in ferro dorato e di due cordoni in seta turchina con due fiocchi al fondo, in filato ritorto d'oro per la Colonnella e d'oro misti a seta turchina per le cornette di compagnia.

Nel dicembre 1708 venne dato l'ordine di confezionare due diverse insegne di compagnia per reparti a cavallo, una cornetta per i dragoni Balbiani e uno stendardo per le corazze d' Auttanne.

A questo proposito si deve notare come la terminologia ufficiale non facesse differenza tra cornette e stendardi, ma definisse tutte le insegne di cavalleria «cornette».

• Soldatesche e Galere, B. 324, 23 dicembre 1708

«La Rev.a Camera Ap.ca per haver fatto due cornette di Cavalleria di N.S. sopra il damasco turchino, una a punte di lunghe:::,za palmi 4 e larga palmi 3 112 in circa, ricamate d'oro, e d'argento fino, e passata quella a pi:::,:::,i con una guarnitura à torno alta i 3 dita et in me:::,:::,o alfi siti l'Arme della Chiesa sparse in diverse maniere, cioè R e1::ni e Chiavi, e in me:::,:::,o un ' Arme grande palmi 2 tutra in ricamo d'oro con l'impresa di N. 0 s.re Papa Clemente Xl e dall'altra parte S. Pi etro e S. Paolo dipinti sopra il raso e lumeggiati tutti d'oro, e dette cornette sono state ordinate dall'Ecc.mo Mons. B enti voglio et ILL.mo Sig. Abate Valenti Collaterale, e detta cornetta a pi:::,::,i imposta di oro, Santi e Arme a tutte sue spese fuori dal fondo.

L 'altra riquadratafatta con trofei, chiavi e Padiglioni con /'Arme e i Santi, come sopra con sua f.;uarnitione attorno, ricamata di oro, e passato come sopra. grande palmi 3 112 in circa e fatto a mostre sparse».

A questo testo ne segui un secondo il 24 febbraio 1709, grazie al quale si è potuto individuare a quale reparto fossero destinate le cornette in questione:

«IL custode dell'Armeria Vaticana ha ricevuto n. 0 2 cornette nuove di cavalleria di damasco turchino, una a punte di Lunghe:::,:::,a palmi 4 e larga palmi 3 112 , e l 'altra riquadrata palmi 3, ricamate d'oro, et argento e passate con Arme di N.S.Si1::nore Clemente Undecimo da una parte, e dall'altra l'Arme della Chiesa, quali erano state.fatte per servitio delli reggimenti d'Auttan e Balbiani, li quali per essere stati riformati non sono andati in opera ................... »

Rispetto alle cornette dei dragoni Albani, quelle del reggimento Balbiani erano quindi decorate al verso dall'immagine dei Santi Pietro e Paolo, già citata nel manoscritto di Mouton, e da una serie di trofei , quali il triregno , le chiavi il padiglione simbolo della «Sede Vacante», posti ai quattro angoli di entrambe le facce dell'insegna.

L'insegna del reggimento corazze era del tutto simile ma di forma quadrata, di 780 millimetri per la to.

Quasi certamente, inoltre , le cornette Colonnelle erano di colore bianco.

L'ese rcito comprendeva, oltre ai reparti regolari , anche unità di cavalleria della milizia, e tra queste spiccava la compagnia dei Carabini rinforzati o dei «Caccia Banditi >> in attività nella Legazione di Bologna fin dal 1605.

Suo compito precipuo era la sorveglianza delle principali vie di comunicazione del circondario di Bologna, ma soprattutto il controllo del Passo della Futa, particolarmente soggetto alle imprese dei briganti: questo reparto era comple t amente svincolato da qualsiasi autorità giudiziaria e riceveva ordini direttamente da l Cardinale Legato.

L' insegna della compagnia, del tutto simile nella forma a quella dei dragoni dell'esercito regolare, viene citata in un curioso documento del!' Archivio di Stato di Roma , conservato nel fondo Congregazioni Particolari Deputate 1600-1760 (Tomo 37, Fase. 5 del 1705 ) : in quell'anno infatti il comandante de lla compagnia, certo capitano Mengarelli , stendeva una relazione in cui descriveva la cornetta del reparto, dicendo che essa aveva «l'effigie da una parte della Madonna Santissima di San Luca tutelare della città di Bologna, dall'altra L'Armi di N. Signore, dell'Eminente Legato e Vice Legato e propria dell'oratore, (il Mengarelli NdA) l'asta dello stendardo è nobile (sic), intagliata e dorata.»

Mengarelli prosegue citando un altro ufficiale , il tenente Gerolamo Spuntoni, il quale per parte s ua, affermava che «la banderuola era di colore verde con .filetti d'oro attorno» e confermava l'uso dei tre stemmi, quello papale, quello del Legato e quello del comandante.

Terminata la mobilitazione, i reparti di cavalleria vennero riformati nel febbraio del 1709 in esecuzione dell'accordo stretto con gli Austriaci, e in loro sostituzione s i costituì una sola compagnia di corazze Albani che resterà in serv izio fino al 1793 come unico reparto di cavalleria delJ'esercito pontificio

La compagn ia ricevette lo s tendardo rimesso ali' Armeria nel febbraio del 1709, stendardo menzionato in due note del marzo 1717 (Soldatesche e Galere , B. 65 }:

• 6 marzo 1717 «Attaccate Le franze d'oro alla Cornetta e fiocchi e farli fare con sua saccoccia di fustagno e tela, 2 once di cordone per detta cornetta, di seta turchina e oro. Asta indorata e verniciata».

• 8 marzo 1717 «Una cornetta di cavalleria di damasco turchino descritta nell'inventario , che è riquadrata di palmi 3, ricamata d'oro e d'argento passata per ['Arme di N.S. Clemente XI da una parte e dall'altra con l'immagine dei S.S. Pietro e Paolo , con consegnare ancora tanti fiocchi d'oro quanti saranno necessari per attaccare a detta cornetta, con cordoni simili al suo laccio, anche lafrangia d'oro che sarà necessaria».

Si noti come al lo stendardo consegnato all'armeria nel 1708 fossero stati to lti i fiocchi e la frangia, costosi e delicati, per impedirne l'usura , e come venisse protetto da una fodera di fustagno foderata di tela dal colore sconosciuto .

Nel 1748 la compagnia ricevette un nuovo stendardo in sos titu z ione di quello che la seg uiva da quarant 'anni , o rm ai usurato.

• Ra e.a A.ca, Serie Viola , N. 20, 1748.

22 novembre 1748 «Ad Agostino Jannucci Ricamatore ............. per aver recamato per la compagnia Cora::.ze, La banderuola detta la cornetta a due facciate con da una parte l 'immagine dei S.S. Pietro e Paolo, e dall'altra situata in mez::,o l'arma di S.S.formante tutto il suddetto lavoro palmi 19 riquadrati.>>

-R.a e.a A.ca, Serie Viola, N. 23, 1749.

J 3 maggio 1749, N. 513 «Robbe pel servi::,io della nuova cornetta della Guardia di Nostro Signore acquartierata a Monte Cavallo , delle Cora::,ze.

- canne 5 cordellone turchino hlù greve e al doppio de soliti once 11,fattofare a posta per guarnimento della suddetta bandiera;

- once 71 francia d'oro fino sopradorato, Lavorata alla Milanese, torta e ritorta, con sue campanelle d'oro.fino simili, con sue gaudiette (?) turchine blù, servita per porre intorno e guarnire detta bandiera della Cornetta;

-2 fiocchi grossi d'oro fino simili alla suddetta /rancia, lavorati alla Milanese con sue Radie (?) turchine e suo lavoro di oro fine simile, e n. 0 6 fiocchetti di oro fino simili piccoli per le punte, per servizio della bandiera grande della Cornetta;

- cordone grosso 1 dito di seta color d'oro e turchina blù fatto a piombini per la bandiera della Cornetta;

- cordoncino simile fino per le cappie alli 6 fiocchetti d elle punte di detta bandiera;

- per fattura di aver guarnito la bandiera grande della Cornetta e cuscita in mezw e guarnita difrancia, con sua guaina all'asta, con suoifi.occhetti alle punte».

L'unico particolare discordante rispetto a quanto finora riportato nelle precedenti descrizioni , è rappresentata dai «6 fiocchetti alle punte di detta bandiera»: dando per scontato che per « punte» il testo si riferisca alle uniche libere, quelle al flottante, dovremmo avere tre fiocchetti pendenti cuciti su ognuna di esse, anziché uno solo.

L'ultima descrizione di insegne di cavalleria appare dieci anni dopo e riguarda le cornette della compagnia Guardia dei Cavalleggeri, certamente una Colonnella e una di compagnia: il documento recita: 1758.

• R.a e.a A.ca, Serie Viola , N. 600 , Registro delle ordinazioni 1757-1771 , N. 114, 7 giugno

«Per fare le 2 cornette con !'imprese Pontificie dei Cavalleggeri Guardie di N.S.:

- canne I damasco rosso cremisino di Roma;

- canne l l tajfetano rosso cremisino di Firen ze;

- canne 1 sangalla rossa;

Guarnizio ne di frangia oro, cordoni e fiocchi d'oro e seta conforme il solito».

Le due cornette, certamente quadrate , avevano le stesse decorazioni previste per la compagnia corazze, ma con il fondo di colore cremisi per entrambe: sembra cessare quindi, anche per la cavalleria, l'uso di colori differenti per le insegne colonnelle e di compagnia, che per i reparti di fanteria finirà solo verso la fine del secolo.

La prima fonte riguardante la bandiera della compagnia della Guardia Svizzera è costituita da un quadro di Salvatore Colonelli Sciarra datato 1736 , nel quale è raffigurata la facciata del palazzo del Quirinale vista dalla scalinata che dà sull'attuale Via della Dataria; sul balcone posto sopra il portone sventolava la caratteristica insegna divisa in 9 strisce orizzontali cremisi, gialle e azzurre, colori dell'uniforme, al centro della quale campeggiava il classico scudo con triregno e chiavi con lo stemma del Papa Clemente XII, al secolo Lorenzo Corsini; i quattro angoli del drappo erano ornati da altrettanti scudi coronati disposti nel senso stesso delle strisce, nei quali potrebbero essere state dipinte le armi del comandante della compagnia o quelle stesse del Pontefice.

Entrambe le ipotesi sono valide, data l'impossibilità di decifrare il disegno a causa delle ridotte dimensioni della bandiera: noi propendiamo per la prima.

Nel 1778 ci viene confermato l ' uso di questo tipo di bandiera: il testo del documento relativo (R.a e.a Aca, Serie Rossa, N. 74) recita quanto segue:

-N. 699 1778

«Nuova insegna della Guardia Sviz:::,era:

- canne 9 tajfetano doppio di Firenze ovvero ca nn e 3 rosso, canne 3 giallo, canne 3 torchino e pittura.

Si rinnova ogni tre anni».

La stessa notizia viene confermata da un secondo testo di alcuni anni dopo (R.a e-a A.ca Serie Viola, N. 218):

- N. 1694 1783 «Nuova insegna per la Guardia Svi:::,zera: tajfetano doppio rosso cremisi, giallo e turchino».

Siamo così giunti al 1814: Napoleone viene esiliato all'Elba e a Roma, accolto dalla folla festante, fa ritorno il Papa Pio VII , al secolo Barnaba Gregorio Chiararnonti, eletto nel 1800.

Come abbiamo fatto notare al l'inizio di questo capitolo, nel per iodo compreso tra il 1814 e il 1870 non disponiamo più di fonti ufficiale riguardanti le bandiere delle forze armate pontificie: nessuna traccia si trova infatti tra le carte degli Ospizi del San Michele e di Santa Maria degli Angeli , tradizionalmente incaricati, tra l'altro, delle forniture per l ' esercito che andavano dalle metallerie ai panni, a i cuoiam i, alle guarnizioni ed ai ricami di ogni tipo.

L'assenza di documenti d'archivio viene ovviata da una preziosa fonte iconografica, intitolata «Costumi militari dello Stato Pontificio» e detta comunemente «Raccolta Piro/i» , oggi conservata presso l'Istituto per la storia del Risorgimento Italiano di Roma.

La raccolta conprende numerosi volumi rilegati , nei quali sono conservati centinaia di acquerelli e stampe che raffigurano tutti i reparti dell'esercito pontificio di stanza o in transito a Roma in un arco di tempo che va dal 1823 al 1871: è grazie ad essa e a pochi esemplari di bandiere d'epoca se abbiamo potuto tracciare l ' evoluzione delle bandiere pontificie fino al 1870.

La prima raffigurazione riguardante le nuove bandiere in dotazione ai reparti di fanteria appare solo nel 1826 , ma quasi certamente questo era l ' aspetto delle insegne fin dal 1814.

Erano quindi di seta bianca, quadrate, e guarnite da un sotti le bordo esterno e da una frangia di filo ritorto entrambi d'oro.

Al!' in temo del drappo, separata dall ' orlo esterno , era appl icata una cornice dorata di media larghezza all'interno della quale , agli angoli, era cucita una stella a sei punte ricamata in oro.

Al centro del drappo e ra dipinto in oro il solito scudo barocco, sormontato dal triregno sulle chiavi decussate e attorniato da due rami di alloro al naturale , che recava le armi del Pontefice regnante.

La bandiera era dotata di guaina di colore scarlatto bordata vertica lment e eia due orlature dentellate ricamate in oro.

L'asta era in legno, con la parte visibile rivestita di velluto rosso e guarn ita di ricamo d'oro, e dotata di freccia e di puntale entrambi in in ferro lucido: sotto la freccia erano fissati una grossa nappa di filo ritorto e due cordoni con fiocchi, tutti d'oro.

Il 27 dicembre 1815, per sopperire alla mancanza di reparti regolari, il Segretario di Stato Cardinale Consalvi stab iliva la ricostituzione del Corpo della Guardia Civica per «la sicure:::,za e la tranquillità della capitale», e ne affidava il comando al principe Don Giulio Ro spig lio si: il corpo ric evette sub i to la bandiera, simi le quella della fanteria, ma di colore azzurro chiaro e con una seconda corn ice interna costituita da una doppia ghirlanda d'oro intrecciata.

La guaina era anch ' essa di colore azzurro chiaro bordata d'oro , mentre l ' asta era ricoperta di velluto rosso e guarnita da chiodi di metallo dorato disposti in file parallele e non spirali; la freccia era sostiuita da una statuetta di metallo dorato raffigurante S. Michele Arcangelo.

Nel 1829 la stessa insegna viene rappresentata priva della cornice esterna , ma fregiata di doppia ghirlanda e di stelle a sei punte , e con l ' asta s ormontata da una semplice freccia in ferro lucido.

Tutte le bandiere finora descritte misuravano all'incirca I metro e 30 centimetri per lato.

Con l'ascesa al soglio pontificio di Papa Gregorio XVI , al secolo Bartolomeo Alberto Cappellari, avvenuta nel I 831 , non solo appaiono per la prima volta in assoluto sulle bandiere militari il bianco e il giallo che ancora oggi identificano lo stato Pontificio, ma soprattutto si codifica un modello di bandiera che , per i reparti a piedi, rimase in vigore fino ai primi anni del pontificato di Pio IX.

Ognuno dei battaglioni di Granatieri, di Cacciatori e di Fucilieri ricevette una di queste band iere che possiamo definire come << mod/1831 ».

Erano quadrate e molto più piccole rispetto a quelle precedentemente in uso, non più grandi di 90 centimetri per lato: le caratteristiche salienti erano:

• drappo quadrato guarnito di sottile bordature esterna alla quale era cucita la frangia in filo ritorto; era diviso diagonalmente in due triangoli , quello al flottante di colore bianco e quello all'asta di colore giallo carico; la frangia era di colore inverso, d ' argento sul giallo e d ' oro sul bianco.

La guaina era di colore giallo.

Il drappo recava al recto gli stessi ornamenti prescritti per le bandiere di modello precedente , scudo, alloro , triregno e chiavi, anche se leggermente diversi nel disegno, e al verso un disco di colore scarlatto con dipinti il triregno e le chiavi, bordato di fascia bianca dentellata sulla quale era ricamata in nero l'iscrizione «GREGORIO• XVI• P • O• M • »

• Asta di legno verniciata di giallo carico con puntale in ottone e freccia in metallo dorato; sotto la freccia, oltre alla solita nappa di filo ritorto d ' oro, erano fissate due corte cravatte di seta , una bianca con frangia d'oro e l'altra giallo carico con frangia d ' argento.

Su entrambe le cravatte era ricamato il triregno e le chiavi decussate, in oro sul bianco e in argento sul giallo.

Una variante a questi modelli standard è rappresentata dall ' insegna del battaglione cacciatori Zamboni, così chiamati dal nome ciel comandante, reparto costituito nel 183 l in Romagna e caratterizzato dall ' uniforme identica a quella degli analoghi reparti austriaci dell'epoca.

Il battaglione ricevette una bandiera di modello particolare cli colore bianco, guarnita di frangia a settori alternati oro e argento e ornata eia quattro cornette d'oro poste negli angoli; al centro del drappo era dipinto l'abituale emblema fatto di scudo con le armi del Papa, di triregno, di chiavi e di rami d'alloro; non sappiamo se lo stesso disegno apparisse anche dall'altro lato del drappo oppure se venisse sostituito dal disco rosso bordato di bianco.

Sotto i rami di alloro era ricamata in nero l'iscrizione «Cacciatori>>.

L'asta era dello stesso tipo delle altre ma ricoperta di velluto verde scuro , colore distintivo del battag li one, e sormontata da una semplice freccia in metallo dorato intorno alla quale erano annodati due cordoni in seta mista argento e oro, guarniti da fiocchi in filo ritorto d'oro.

Il reparto venne riorganizzato poco tempo dopo perdendo tutte le sue caratteristiche in materia di uniformi e bandiere.

La Guardia Civica adottò la stessa bandiera della truppa di linea pur conservando le caratteristiche stelle d'oro a sei punte negli angoli, la frangia interamente d'oro e sostituendo le cravatte bianche e gialle con semplici cordoni con fiocchi d'oro.

In una tavola datata 1841 la bandiera della Civica appare diversa in alcuni dettagli, ovvero:

• non vi sono più le ste lle negli angoli;

• la frangia è a setto ri alternati oro ed argento;

• vi so no le cravatte identiche a quelle stabilite per le bandiere della line a.

L e bandi ere m/1831 rimasero in uso anche ne i primi anni di regno di Pi o IX , al seco lo Giovanni Maria Mastai Ferretti, certamente fino all'avvento della Repubblica Roman a avvenuto nel febbraio del 1849; a suffragare questa t es i c'è la bandiera del 2° reggimento estero al servizio Pontificio, costituito da soldati sv izzeri.

La bandiera ri s ponde perfettamente al modello re go lamentare salvo che per du e dettagli, la frangia interamente dorata e la mancanza s ulle cravatte delle chiavi e del triregno ric amat i: la scritta r ip ortata intorno a l di sco centrale recita «PIO • IX • P • O • M • ANNO • I • » il che fa risalire l'esemplare a l 1846, primo anno di regno del Pontefi ce .

Caduta la repubblica nell'agosto del 1849 il t riun virato cardinalitzio, (Della Gange Sermattei , Yannicelli Casoni e Altieri) si dedi cò alla rior ga ni zzazione delle forze armate attenendosi se mpre al criteri o di un esercito atto principalmente al mantenimento dell'ordine interno .

La nuova s truttura comprendeva ora il reggimento di Gendarmeria, il reggimento d ' A rt iglieria, 2 reggimenti di fanteria indigeni, 2 regg im ent i di lin ea esteri, 1 battaglione di cacciatori, 2 battaglioni sedentar i di presidio, 1 reggimento D ragoni e varie aliquote di se rvi z i.

Quas i certamente fu in questa occasione che le vecchie bandiere m/1831 ve nnero sos tituite con quelle di nuovo modello destinate a rimanere in uso, pur con qualche variante, fino a l 1870.

L 'aspe tto di que ste bandiere ci è noto grazie a ll 'unico esemplare esistente raccolto dalle tru ppe italiane su l campo di Castelfidardo i l 18 settembre 1860 e att u almente custodito presso l ' Armeria R ea le di Torino (ca t. 0.23).

L a bandi era, realizzata in seta, con tutti gli eleme nti decorativi eseguiti in ricamo , era quadrata e misurava 1 metro e 40 centimetri per lato; i co lori bianco e giallo erano gli stessi del periodo precedente ma erano ora disposti verticalmente.

Il drappo era bordato da una corta frangia in filo ritorto dorato: in ognuno dei quattro angoli era ricama ta una ghirlanda di foglie di alloro, in oro s ul bianco e in argento sul g iallo.

Al centro del drappo , probabilmente s u e ntrambi i lati, era po s to un di sco di seta rosso sc uro bordato di sottile profilatura dorata, al centro del quale appar ivano le armi di Pio IX accompagnate dalle chiavi, dal tri regno e da due rami di alloro.

Intorno al disco, esternamente, era ricamata in caratteri d 'oro la legenda «FANTERIA DI LINEA SECONDO REGGIMENTO ESTERO ».

La bandi e ra era dotata di as t a di co l ore giallo sormontata da una freccia in meta ll o dorato, alla base della quale venivano annodati due cordoni con fiocchi in oro.

D e lle a ltre bandiere non sappiamo nulla, perché o vennero distrutte o vennero trafugate p er sott rarl e alla cattura, ma erano q u asi certamente identiche a que ll a descritta probabilmente co n iscrizio ni diverse a seco nd a del reparto.

Un'altra testimonianza importante riguardante le bandiere di questo periodo , è costituita da una se ri e di fotografie di quella che potrebbe essere stat a l ' insegna de l battaglione irlandese di San Patrizio, conservata fino a l 1930 nel Collegio Irl andese di Roma.

Si trattava di un gag li ard etto a coda di rondine simile a quelli che si vedevano nelle processioni, di colore scuro stando alla foto, forse il caratteristico verde irlandese, tag li ato a coda di rondine e decorato con ricami forse d'oro fatti a trifoglio; nei quattro angol i , racchiusi dentro quattro cerc hi , l ' arpa irlandese, l a torre, le c hiav i decussate e le iniziali «S. P .» ricamate forse in oro.

Su entramb i i lati era riportato in posi zione centrale un ova le in cui appariva ri spettivamente San P atri z io in abiti vescovi li e la Vergine.

Terminata la campagna e ridottosi di conseguenza il territorio dello stato, il governo procedette all'ennesimo riordinamento dell'esercito. operazione che venne faticosamente compiuta in cinque anni, durante i quali vennero apportate piccole e continue modifiche, nell'ottica di una forza armata destinata esclusivamente alla tutela dell'ordine interno, alle parate ed al fastoso cerimoniale imposto dalle solennità religiose.

La spinta finale venne data dalla convenzione stipulata il 15 settembre 1864 tra la Francia ed il regno d'Italia, con la quale la prima s'impegnava al ritiro delle sue truppe da Roma entro due anni al massimo: questi fatti, uniti alla scarsa fiducia riposta nel governo italiano ed al trasferimento della capitale del regno da Torino a Firenze, convinsero il governo a potenziare l'esercito e a ridargli quelle caratteristiche belliche a lungo sopite.

Il nuovo esercito risultò ora costituito dalla legione dì gendarmeria, dal corpo di Artiglieria, dal battaglione sedentar i , dal corpo del genio, dal battaglione cacciatori indigeni, dal battaglione carabinieri esteri, dal battaglione zuavi, dal reggimento di fanteria di linea e dal corpo dei dragoni.

Alcuni reparti avevano già ricevuto le insegne dalle mani di Pio IX a l campo di Anzio nel 1862 e tra questi c'era il battaglione degli zuavi; della bandiera di questo reparto abbiamo solo la descrizione, dato che essa fu divisa tra gli ufficiali al momento dello scioglimento del corpo.

Era molto semp lice , costituita da un drappo quadrato di seta bipartito verticalmente con il giallo all'asta e il bianco al flottante, bordato da una frangia di filato d'oro.

L'asta, probabilmente rivestita di velluto rosso, era sormontata da una semplice freccia di metallo dorato ed era ornata dagli abituali cordoni con fiocchi in oro.

Il reggimento di fanteria di linea ricevette certamentente una bandiera identica, mentre nulla sappiamo riguardo alle bandiere degli altri reparti di fanteria indigeni ed esteri presenti a Roma alla vigilia del 1870.

La Guardia Civica continuò ad utilizzare le bandiere descritte nel 1841, che però poco dopo divennero del tutto simili a quelle dei battaglioni di linea, perdendo le caratteristiche stelle ricamate negli angoli ma conservando una frangia di tipo particolare, fatta a stretti settori alternati d'oro e d'argento.

T1 4 settembre del 1847 la compagnia «Scelta» della Guardia Civica, la l" compagnia del 1° battaglione, cambiò nome assumendo quello di «compagnia Palatina» secondo quanto stabilito dal decreto della Segreteria di Sato:

«Oggetto: Dichiarazione della Compagnia Palatina.

La Suprema Segreteria di Stato con suo dispaccio del 1 ° settembre partecipò a questo Comando Generale che a norma di sovrana disposizione la compagnia scelta dell'antica «Guardia Civica» è stata dichiarata «Compagnia Palatina »

Il 12 aprile 1850 venne proposta la costituzione di un reparto che, con la Guardia Nobile e con la Guardia Svizzera, fosse addetto alla custodia del Pontefice e dei palazzi apostolici: il reparto nacque dalla fusione della Civica Scelta, già denominata « Palatina» , e della Milizia Urbana di Roma o dei Capotori , che avvenne con provvedimento del 14 dicembre 1850.

Il nuovo reparto, denominato «Corpo della Guardia Palatina» ricevette la bandiera solo nel 1859 (Ordine del Giorno del 12 settembre), quando venne riorganizzato su due battaglioni e cambiò nome in «Corpo delle Guardie Palatine d'Onore».

L 'i nsegna in questione, raffigurata nel volume «La Guardia Palatina d'Onore di Sua Santità» era molto simile a quella dei reparti di linea: era infatti costituita da un drappo di seta rettangolare bipartito verticalmente con il giallo all'asta e il bianco al flottante, contornato da una frangia di filato divisa in settori alternati oro e argento.

Al centro era riportato uno scudo ovale a cornice dorata con decorazioni d'argento, cimato dal triregno e dalle chiavi decussate d 'oro, e affiancato da rami di alloro, dentro il quale appariva lo stemma di Pio IX .

In ogni angolo erano ricamati in oro due rami di alloro legati da un nastro.

La bandiera veniva fissata ali' asta ricoperta di velluto cremisi e guarnita da chiodi dorati disposti a spirale, e sormontata da una statuetta in metallo dorato raffigurante l'arcangelo Michele, patrono delle mili z ie celesti: sul globo che la sosteneva era riportata la scritta «QUIS UT DEUS? ».

Sotto la statuetta erano annodate due cravatte di seta bianca guarnite di frangia oro e argento, sulle quali era ricamata in lettere d'oro l'iscrizione «GUARDIA PALATINA/ D'ONORE » .

Le notizie riguardanti le insegne della cavalleria e dell'artiglieria pontificie dalla restaurazione in poi sono abbastanza scarne: la raccolta del Piroli infatti non ci ha tramandato che una bandiera appartenente al corpo d'artiglieria risalente al 1853, ed uno stendardo datato 1826 ed appartenente al reggimento Carabinieri , antenato della Gendarmeria.

In compenso esistono due bandiere originali, quella del l ' artiglieria e lo stendardo dei dragoni, entrambi risalenti agli anni '60 ed entrambi conservati presso il Museo Storico Vaticano li primo racchiudeva lo stemma di Gregorio XVI , il secondo l'arma del comandante, tradiziona lmente membro della famiglia Pfyffer di Altishofen.

Lo stendardo dei Carabinieri era quadrato, misurante circa 60 centimetri per lato, realizzato in seta di colore verde scuro, classificato come «ve rde drago>> dalla terminologia militare coeva, e bordato di frangia divisa in settori oro e argento.

All'interno dei bordi era applicata una doppia ghirlanda intrecciata in ricamo d'oro, mentre al centro appariva il solito scudo con le armi papali, ornato dalle chiavi, dal triregno e da due serti di alloro.

L'asta era in legno dipinto a strisce spirali gialle e verdi ed era cimata da una semplice freccia in metallo dorato , sotto la quale erano annodati due cordoni con fiocchi in filato d 'oro; l 'asta era munita di puntale in ferro.

Il reggimento d'artiglieria aveva in dotazione una bandiera quadrata di 90 centimetri per lato , di colore turchino scuro, decorata da una frangia e da due fiocchi in filato d'oro , questi ultimi applicati ai due angoli esterni del drappo secondo l'antica usanza: lungo tre dei quattro lati era applicato un ricamo a foglie, in oro.

Al centro della bandiera campeggiava lo scudo cimato dalla tiara e dalle due chiavi, con lo s temma di Pio IX: intorno allo scudo era ricamata in lettere d'oro la denominazione del reparto: «REGGIMENTO DI ARTIGLIERIA PONTIFICIA ».

Questo modello di bandiera, riportata dal Piroli con la data 1853 , differiva dall'esemplare conservato presso il Museo Storico Vaticano solamente per la posizione verticale dello stemma e del!' iscrizione rispetto ali 'as ta.

L'as ta era in entrambi i casi rivestita di vel lut o turchino scuro ed era so rmont ata dalla statua di S. Michele.

Per quanto riguarda il reggimento dragoni la sua insegna originale era di colore «verde drago» guarnita con una frangia , con un ricamo interno a foglie e con il solito scudo centrale con sotto l'iscrizione «DRAGONI PONTIFICI» , il tutto in oro.

Un ultimo accenno riguardante gli altri due reparti addetti alla persona del Pont efice, la Guardia Svizzera e la Guardia Nobile.

La compagnia de ll a Guardia Svizzera continuò ad utilizzare la sua storica insegna, che consisteva sempre del drappo diviso in nove fasce orizzontali alternate azzurre , gi.alle e rosse ma che in questo periodo era ornata da un ovale e da un disco posti uno sotto l'altro, entrambi di colore nero ed entrambi bordati da una cornice d'oro.

L'asta era rivestita di velluto rosso ed era sormontata da una freccia in metallo dorato a forma di giglio: sotto di essa erano annodati due corti cordoni d'oro con fiocco.

La Guardia Nob il e aveva in dotazione uno stendardo quadrato di seta bianca, orlato da una frangia di filato d'oro, decorato dalla stessa ghirlanda che appariva sullo stendardo del reggimento Carabinieri, e da trofei ricamati negli angoli, il tutto in oro.

Al centro del drappo apparivano le so lite decorazioni ricamate in oro e seta colorata.

L'asta e r a ricoperta di velluto bianco ed era cimata dalla freccia in metallo dorato; sotto di essa erano annodate due era vatte di seta candida sulle quali era riportata in caratteri d'oro, l 'iscrizione <<GUARDIA NOBILE PONTIFICIA ».

Nel 1737 Gian Gastone , l'ultimo dei Medici, moriva a Firenze senza l asciare eredi: il trono granducale passava così agli Asburgo seco ndo quanto stab ilito fin dal 1710, quando durante la conferenza tenuta a Geertruid e nberg nel quadro della guerra di Successione spagnola, le potenze europee avevano preso questa decisione s tante la ste rilità conclamata dei figli e delle figlie di Cos imo III, penultimo granduca di To sca na.

Delle bandiere utilizzate dalle esigue forze militari toscane sappiamo pochissimo, praticamente nulla: tutte le nostre conoscenze si riducono infatti ad un solo ese mplare di bandiera appartenuta probabilmente ad un reparto di fanteria, e conservata , in sieme a numerose insegne turche, nella chiesa Nazionale dei Cavalieri di Santo Stefano in Pisa.

La bandiera in que st ione è quadrata di 2 metri di lato , s uddivi sa in undici fasce orizzontali, sei delle quali certamente di colore ro sso e cinque di colore bianco o g iallo.

L ' incerte zza circa i due colori è dovuta alla vetustà del drappo e al fatto che la bandiera è protetta da una lastra di vetro, circostanze queste che rendono plausibili e ntrambe le ipotesi.

Il bianco e il rosso rappresentavano gli s torici colori della repubbli ca fiorentina forse rimast i in uso nonostante la politica dei Medici tesa ad eliminare tutto ciò che poteva ricordare I' antica libertà comunale; il g iallo e il rosso invece rappresentavano la livrea medicea ed era no presenti, ad esempio, nell ' uniforme di alcuni reparti dell'esercito quali i dragoni, che alla fine del secolo indos sava no un abito scarlatto con veste, calzoni e paramani g ialli.

Al centro della bandiera troneggiava un grande scudo barocco cimato dalla corona fiorentina a rebbi, al centro del quale erano dipinte le sei palle medicee , cinque rosse ed una turchina coi gigli di Francia, di s tinzione questa concessa nel 1466 da Luigi XI di Francia a Piero de ' Med ici.

L 'o rigine di questo stemma non è stata mai chiarita definitivamente: gli apologeti della famiglia la attribuirono al leggendario Everardo de ' Medici , il quale, ai tempi di Carlomagno , impegnato in battaglia contro il gigante Mugel s i riparò con lo scudo dai s uoi colpi di mazzafru sto, arma dalla quale pendevano cinque palle ancora fumanti di sangue umano che rimasero così impresse sullo scudo.

I detrattori invece accennavano con fine ironia alle più semplici e plebee pillole degli speziali.

Nel 1737 il trono granducale passò a Francesco III duca di Lorena, futuro imperatore del Sacro Roman o Impero, il quale riordinò l'esercito includendovi numerosi elementi s tranieri; con il decreto del 13 settembre 1753 le truppe toscane vennero riordinate e strutturate su tre reggimenti di fanteria , eredi di altrettanti reparti esistenti quali il «reggimento delle Guardie » il «reggimento di To scana» e il «battaglione di Marina» , ed un reggimento di dragoni.

L'articolo 8 del decreto parlava finalmente di bandiere: « Vogliamo che questi tre corpi abbiano delle bandiere nuove , tutte uguali , col fondo giallo, ricamate con frangi e d'oro, con aquila a doppio capo; in mezzo alla quale dovrà essere uno scudo piccolo, con le armi Liscie di Lore na e di Toscana».

Quali fossero le bandiere in uso nel periodo 1737-53 non lo sappiamo e non ci sentiamo di formulare ipotesi azzardate quale, ad esempio, quella secondo cui potrebbero essere rimaste in uso le insegne medicee.

Le nuove insegne presentavano quindi un drappo di colore giallo carico, colore imperiale, bordato da una stretta frangia di filato d'oro ed ornato dall'aquila bicipite nera sormontata dalla corona imperiale e caricata in petto di uno scudo barocco cimato invece dalla corona reale, nel quale vi erano gli stemmi di Lorena e di Toscana; lo scudo era attorniato dal collare del Toson d'oro, mentre l'aqui la str ingeva negli artigli lo scettro e la spada.

Il Giorgetti, autore dell'opera in tre volumi «Le armi Toscane e le occupazioni straniere in Toscana ( 1537-1860 )» rappresenta questa bandiera bordata da una fascia divisa in triangoli bianchi, rossi, gialli e neri, secondo l'usanza in vigore nell 'eserc ito imperiale: questa ipotesi è del tutto errata poiché il testo del decreto non parla affatto di questa decorazione, che apparirà solo verso la fine del secolo sulle bandiere toscane, ma con colori completamente diversi.

Con queste bandiere il reggimento di formazione «To scana» partecipò alla guerra dei Sette Anni subendo forti perdite, 957 caduti s u 3200 effettivi solo nel primo anno di guerra.

Il 1756 vide l'ascesa al trono di Toscana del diciannovenne Leopoldo I , il cui regno si rivelerà eccezionale per il progresso civile ed economico dello stato ma deleterio per tutto ciò che riguardava la materia militare; rimase infatti in servizio un solo reggimento di fanteria che quasi certamente continuò ad usare le vecchie bandiere fino al suo scioglimento avvenuto nel 1780.

Il suo posto venne preso da numerose quanto improbabili unità di mili zia quali le quattro compagn ie di «Truppa Civica di Presidio» a Firenze, la compagnia di Pi sa, le compagnie di milizia di Massa e di Pitiglia no in Maremma, quelle della Lunigiana, di Borgo San sepolcro, di Monterchi, di Anghiari, di Arezzo, di Cortona e di Castel Fiorentino.

Quali fossero e se vi fossero bandiere in dotazione a questi reparti non è dato sape re poiché i rispettivi regolamenti istitutivi parlano solo delle uniformi.

Anche Leopoldo I seguì il destino del padre salendo al trono d'Austria nel 1790 e lasciando la Toscana al suo secondogeni to Ferdinando III , evento che scatenò gravi disordini risvegliando bruscamente un paese addormentato, tanto da costringere il granduca a richiedere l'intervento di truppe austriache per sedare i tumulti, e a mettere mano alla riorganizzazione del l'esercito.

Venne così costituito un reggimento di fanteria, il «Real Toscano », un piccolo reggimento di dragoni, una compagnia di artiglieria e varie unità di presidio.

Delle bandiere del nuovo reggimento esistono due varianti riportate in due fonti iconografiche diverse, un album del 1791 intitolato «Fes ta degli Omaggi a San Giovanni» conservato presso la Biblioteca Nazionale di Firenze (Cappugi 172, tavola n.13) e un figurino rappresentante un «Sotto Sargente» portabandiera del reggimento.

Nel primo documento il reggimento sfila per le vie di Firenze con musica ed una sola bandiera in testa: il drappo è quadrato, di colore bianco, bordato lungo i tre lati esterni da una cornice dello stesso colore, profilata di carminio all'esterno e di verde scuro ali' interno , e decorata da triangoli verde scuro e cremisi alternati, con le punte rivolte verso il centro della bandiera.

Al centro del drappo appare ora lo stemma del Granducato, uno scudo cimato da corona reale e posto sulla croce dell'ordine di S. Stefano, recante le armi di Ungheria antica e di Ungheria moderna (1 ° quarto) , di Boemia (2° quarto), di Borgogna antica (3° quarto) e di Bar (4° quarto) con, su l tutto, lo scu do con Lorena, Austria e Medici.

Lo sc udo era inoltre circondato dal collare del Toson d'Oro e da vari trofei militari.

La bandiera era dotata di asta di legno naturale, sormontata da una semplice freccia in ferro lucido , sot to la quale veniva annodato un grande fiocco di seta giallo oro, dal quale pendevano due corte cravatte dello stesso colore e materiale, frangiate in oro.

Il personaggio della seconda fonte porta un'insegna simile a quella appena descritta , ma che presenta alcune differenze interessanti:

• la cornice borda tutti e quattro i lati , non ha le profilature verdi e cremisi ed i triangoli s ono sempre di colore verde e cremisi ma disposti in maniera diversa;

• ai quattro angoli della cornice appaiono dei riquadri bianchi sui quali sono dipinte in oro le cifre del sovrano «F.III.»;

• l'asta è dipinta a strisce spirali bianche e rosse;

• la freccia è in metallo dorato , a forma di foglia;

• non vi sono le cravatte sostituite da due cordoni in oro con fiocco.

Questo modello di bandiera è interessante dal punto di vista storico poiché rappresenta il parziale abbandono dei criteri vessillologici austriaci in uso fino ad allora, e la creazione di un modello di bandiera «nazionale» anche se sempre legato all'impero: il significato dei colori cremisi e verde è riconducibile alla Livrea della casa di Lorena, che aveva quei colori.

Non sappiamo quale fosse l'emblema riportato sul verso di questa insegna, ma possiamo ipotizzare che fosse l'immagine della Madonna Immacolata, tradizionalmente usata negli stati sottoposti ali' Austria, e che ritroveremo nelle bandiere toscane mod/1824.

Avvolta nella nebbia più fitta appare l'insegna del neo costituito corpo dei Dragoni: possiamo solo ipotizzare che fosse simile alla bandiera di fanteria appena descritta ma ovviamente di dimensioni ridotte.

Con queste insegne l'esercito toscano giunse alla vigilia della Rivoluzione Francese che in pochi anni distrusse l'equilibrio dell'Italia settecentesca, in cui lo stato era considerato patrimonio personale del sovrano: il granduca si affrettò a stipulare addirittura due trattati di neutra] ità , uno con la Francia e l'altro con i suoi nemici, cosà che non lo salvò quando Napoleone invase la Toscana nel marzo del 1799: Ferdinando potè rientrare a Firenze per un breve periodo compreso tra il luglio di quell'anno e l'ottobre del 1800, al termine del quale venne definitivamente deposto.

Dalle ceneri del Granducato sorse il 21 marzo 1801 il Regno di Etruria, stato vassallo creato per tenere buona la Spagna, alleata dal 1796 , il cui trono venne dato a Ludovico I di Borbone duca di Parma, genero di Carlo IV re di Spagna.

Il 17 settembre 1814 Ferdinando III rientrò a Firenze e riebbe il suo stato, ampliato dal Congresso di Vienna con l'aggiunta di Piombino, dell ' Elba, dello Stato dei Presìdi e da altri distretti minori.

Il sovrano provvide immediatamente a riorganizzare l'amministrazione statale e l'esercito che risultò ora costituito da due reggimenti di fanteria, il Real Toscano e il Real Ferdinando, dal Real corpo dei dragoni, divenuto nel 1816 per esigenze operative «Real Corpo dei Cacciatori a cavallo» e dal Real corpo d' artiglieri a.

Per quanto riguarda le bandiere di questi reparti occorre fare un passo avanti di dieci anni e giungere al 1824, anno in cui Ferdinando morì lasciando il trono al figlio Leopoldo II: a questo periodo infatti risale 1'unico esemplare esistente di bandiera per la fanteria, siglato dalle cifre «L.11 »: questa bandiera era probabilmente usata, pur con cifre diverse , fin dalla restaurazione e rimase in dotazione certamente fino all'annessione al Regno d'Italia avvenuta nel 1859, come testimonia Enrico Ghisi nella sua opera <<Il Tricolore It aliano».

La bandiera in questione testimonia l'adozione dei colori bianco e rosso anche per le forze armate, colori già utilizzati per la marina e per gli edifici pubblici fin dalla metà del settecento.

L'esemplare è conservato presso il museo di Palazzo Pitti, non è inventariato e venne esposto una sola volta nel I 948, nell'ambito dell'esposizione «Mostra della Firenze granducale»: il suo stato di conservazione è pressocchè perfetto.

La bandiera è costituita da:

• Drappo di e rmesino bianco rettangolare , misurante I metro e 39 di alte z za per 1 metro e 57 centimetri di lunghe z za , con una cornice applicata lungo i quattro lati larga circa 20 centimetri , decorata da fiamme di ermes ino ro s so ritagliate e cucite ; nei quattro angoli della cornice , sul fondo bianco , sono dipinte in oro ed ombreggiate le cifre <<LII.» sormontate da corona reale.

Al centro del drappo sono dipinte:

- al recto le grandi armi del granducato cimate da corona reale, con la croce dell ' ordine di S. Stefano accollata allo scudo, circondate da bandiere , trofei militari e fronde di alloro e di quercia, e con gli ordini del Toson d ' Oro e di S. Giuseppe;

- al verso la Madonna Immacolata.

• Asta di legno dipinta a strisce spirali bianche e rosse e sormontata da una freccia in metallo dorato a forma di foglia , con entrambe le facce recanti incise le cifre «L.II.» coronate.

L' altez za totale dell'asta è di 2 metri e 35, compresa la freccia.

• Guaina tubolare di ermesino bianco rinforzata da una fodera di tela e fissata all ' asta mediante 43 chiodi a testa piatta di metallo dorato.

Questo modello di bandiera rimase in dotazione ai reparti di fanteria toscani fino alla fine di aprile del 1859 data in cui il Granducato cessò di esistere, sopravvivendo anche alla riforme del 1852-53 che soppressero i reggimenti di fanteria trasformandoli in battaglioni autonomi: Ja conferma di questa nostra ipotesi ci viene da Enrico Ghisi , il quale a proposito delle insegne adottate dal Governo Provvisorio Toscano nella primavera del 1859, affermava che«/ battag/· 1 di linea grandu c ali avevano una bandiera a fondo bianco con orlatura di fiammell e bianche e rosse: nei quattro angoli Le cifre coronate del sovrano.

Nel campo s piccavano da un lato la grand ' arme d e llo Stato, dall'altro more austriaco la Madonna Immacolata » li Congresso di Vienna aveva poi stabilito che Carlo Ludovico sarebbe salito al trono ducale solo dopo la morte della madre, e quindi avrebbe avuto il Ducato di Parma alla morte di Maria Luisa d'Asburgo-Lorena, ex consorte di Napoleone: a quel punto il Ducato di Lucca sarebbe entrato a far patte del Granducato di Toscana.

Per quanto riguarda la cavalleria, costituita , come abbiamo visto, dal reggimento cacciatori a cavallo non abbiamo alcun riscontro riguardante le bandiere , ad ecc e zione di uno schizzo di Quinto Cenni contenuto nell'album dedicato alle truppe granducali.

In esso viene raffigurato un portastendardo del reggimento datato 1849 , che inalbera un'insegna certamente di fantasia.

Lo stendardo è rettangolare , frangiato d ' oro e diviso in tre fasce orizzontali rossa, bianca e rossa, recante al centro un disco con le grandi armi del granducato, cimato da corona, accollato dalla croce di S. Stefano, dagli ordini del Toson d ' Oro e di S. Giuseppe, da due bandiere per parte e da fronde di alloro e di quercia: l ' asta è dipinta a strisce spirali b i anche e rosse ed è sormontata da una freccia in metallo dorato, sotto la quale sono annodati cordoni con fiocco in oro e addirittura due cravatte a strisce orizzontali rosse, bianche e rosse, con frangia in oro.

Questo stendardo, pu r non avendo alcun nesso logico con le bandiere dei reparti a piedi , ha comunque un fondamento storico: si tratta infatti di una delle insegne contenute nell ' opera del capitano di fregata della marina francese Le Gras «Album des Pavillons, Guidons , Flammes de toutes les puissances maritimes» edita a Parigi nel 1858, e più precisamente quella iscritta al numero IJl come «bandiera di ufficiale generale».

A questa bandiera l'artista ha aggiunto una bella frangia , elemento indispensabile per uno stendardo di cavalleria, e addirittura due cravatte.

Ammesso che il reggimento avesse uno stendardo, questo doveva al più essere del tutto simile ad una bandiera di fanteria, ma di dimensioni ridotte.

A Lucca il governo repubblicano era stato restaurato fin dal 1369, anno in cui aveva preso potere il Collegio degli Anziani che aveva a capo il Gonfaloniere di giustizia, e durò ininterrottamente fino all ' epoca napoleonica.

Secondo la tradizione delle antiche istituzioni comunali, il Comune usava una propria bandiera mentre il Governo ne utilizzava un'altra: il Comune di Lucca continuò ad usare la balzana bianca e rossa di cui riparleremo in seguito mentre il Governo della repubblica adottò un ves s illo a fondo azzurro attraversato dal motto «LIBERTAS» in oro.

L'esercito repubblicano poteva contare agli inizi del '700 sulla compagnia della Guardia di Palazzo composta da svizzeri cattolici, su una compagnia di artiglieri e su circa 700 fanti, 500 dei quali presidiavano la capitale e il resto era di stanza a Castiglione. a Viareggio e a Montignoso: a questi scarsi effettivi si aggiungevano le milizie suddivi~e in tre branche principali, le «Cerne cittadine» che contavano circa 1500 uomini divisi nei terzieri di S. Paolino, di S. Martino e di S. Salvatore, le «Cerne del Contado» dette anche «Ordinanze delle Sei Miglia » che contavano 1200 uomini 1 ed infine le «Milizie della Montagna» istituite nelle Vicarie della Garfagnana.

Del periodo settecentesco conosciamo solamente le insegne della Milizia di Lucca , detta anche «Guardia Urbana», raffigurate in un dipinto di fine '600 di Girolamo Scaglia, conservato presso la basilica di San Paolino a Lucca e intitolato «Miracolo di San Paolino».

Nel quadro appare infatti un reparto della milizia con bandiera di forma quadrata divisa in cinque strisce orizzontali alternate bianca, rossa, bianca, rossa e bianca, montato su un 'asta di legno naturale sormontata da un globo di metallo dorato.

Per quanto riguarda il resto delle truppe e soprattutto quelle di fanteria, non possediamo alcun elemento riguardante le bandiere: possiamo solo ipotiaare che esse fossero le stesse utilizzate dallo stato e dalla marina mercantile, ovvero a fondo bianco con al centro uno scudo barocco cimato da corona a fioroni, circondato da trofei di bandiere e con ai lati il simbolo della città, la pantera posta su di un piedistallo marmoreo; al centro dello scudo, su fondo azzurro campeggiava il motto «LIBERTAS» in lettere d'oro.

Nel 1799 Lucca venne occupata dai francesi e dovette sottomettersi anche per aver appoggiato Francesco Il d'Asburgo-Lorena nella guerra del 1792-95 contro la Francia: il Senato fu sciolto e fu creato un governo democratico che durò molto poco dato che, nel luglio dello stesso anno , la città venne occupata dagli austriaci che ripristinarono lo status quo ante.

Solo nel 180 I i Francesi rientrarono in possesso del territorio della repubblica che conservarono fino al 24 giugno 1805, data in cui Napoleone decise la creazione del « Principato di Lucca e Piombino», che comprese anche Massa e Carrara e sul cui trono vennero posti la sorella dell'imperatore Elisa e il marito, Felice Baciocchi.

Nel 1814 gli Austriaci entrarono a Lucca e, nonostante quanto stabilito dal Congresso di Vienna, ovvero che il Ducato passasse sotto i Borbone-Parma, vi rimasero tre anni agli ordini del generale Starhemberg prima e del colonnello Werklein dopo: il 15 giugno 1815 vennero abolite le insegne di ispirazione francese.

Nel dicembre del 1817 Maria Luisa di Borbone-Parma entrò in possesso del Ducato come reggente, poiché il figlio Carlo Ludovico aveva solo diciotto anni.

In base ai decreti del 28 febbraio e del 27 aprile 1818, il nuovo esercito ducale doveva essere composto, tra l'altro, dal battaglione di fanteria «Maria Luigia», unico reparto ad avere la bandiera il cui modello venne stabilito dal Decreto del 7 novembre , che recitava: «Considerando che la Bandiera Spagnola provvisoriamente adottata nel Ducato, essendo questo uno stato definito dalla Spagna, può dar luogo a degl'inconvenienti nel commercio marittimo, inteso il Nostro Segretario di Stato per gli Affari Esteri ordiniamo e decretiamo: La bandiera Lucchese Mercantile sarà composta dai seguenti colori: il fondo bian co, con uno scacco ali' estremità superiore della medesima presso l'asta, metà rosso e metà giallo.

La Bandiera Reale portata dalle Nostre Truppe sarà simile alla Mercantile e avrà inoltre impresso lo stemma Reale». (Bollettino delle Leggi del Ducato Lucchese - BSL-fondo Dominici, Leggi e Decreti dal 1 agosto al 31 dicembre 1818 (n. 0 3) Archivio di Stato di Lucca).

La bandiera ebbe quindi il drappo di colore bianco distinto da un quadrato iscritto nell' angolo superiore sinistro, diviso in due parti, rossa quella superiore e gialla quella inferiore, ornato dalle grandi armi del Ducato dipinte al centro.

Queste erano rappresentate da uno scudo cimato da corona gigliata d'oro con fodera rossa, acco llato dalla croce spagno l a di San Giacomo della Spada e dai col lari degli ordini del Toson d'Oro, di Carlo III e del Santo Spirito: lo scudo recava le armi dei M edici e dei Farnese al 1° quarto, di Castiglia e di Leon al 2° quarto, di Guastalla al 3° quarto e di Austria e Lorena al 4° quarto.

Su tutto una rotella dai colori bianco e rosso di Lucca caricata di una pantera al naturale rampante con il capo rivolto, e sul tutto del tutto un ritondato di Borbone: d'azzurro , a tre fiordalisi d'oro posti 2, 1, a lla bordura di rosso caricata di otto conchiglie d 'argento in cinta.

L'asta, gli eventuali ornamenti e la freccia di questa bandiera ci sono del tutto sconosciu ti .

Nel febbraio del 1831 venne istituita di nuovo la Guardia Urbana allo scopo di garantire l'ordine interno del Ducato senza essere costretti a richiedere l'intervento austriaco previsto dai trattati: la Guardia era divisa in Guardia di Lucca e Guardia Provinciale di Viareggio, di Carnaiore e di Borgo a Mozzano.

La Guardia Urbana di Lucca ebbe una bandiera che fortunatamente si è conservata fino ad oggi, anche se in cattivo s tat o, ed è attualmente custodita presso il Museo del Ri sorgimento di Luc ca gestito dalla locale sezione dell'Associazione Nazionale Combattenti e Redu ci

La bandiera è quadrata, misura circa 1 metro e 20 centimetri per lato ed è bordata da un sotti le cordoncino e da una frangia di grosso filato ritorto misto a filato più sottile, il tutto d'oro.

Il drappo è realizzato con due rettangoli di seta cuciti tra loro, bianco quello superiore e rosso quello inferiore, al centro del quale è applicato uno scudo simi le a quello descritto per l'insegna del battaglione, ma con le armi del Ducato nella versione semplificata introdotta da Carlo Ludovico nel 1824, ovvero Lucca semplice al 1° e 4° e Castiglia e Leon al 2° e 3°, con su l tutto di Borbone.

Sopra e sotto a questo emblema vi erano due nastri semicircolari dipinti di celeste intenso, con le estremità terminanti a fiocco, sui quali era dipinta in lettere dorate e ombreggiate l'iscrizione «GUARDIA URBANA/ DI LUCCA».

Anche in questo caso asta, freccia ed eventuali ornamenti ci sono sconosciuti .

114 ottobre del 1847, il Ducato di Lucca venne ceduto in anticipo alla Toscana, in anticipo perché Maria Luisa d'Asburgo-Lorena morirà solo il 18 dicembre success ivo.

This article is from: