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2.3 Sette Chiese e Appio, le borgate dei sistemi brevettati

2. COME, QUANDO E DOVE NACQUERO I NUCLEI DI BARACCHE E RICOVERI GOVERNATORIALI 67

prevalenza. Nelle sale di soggiorno […] esiste un solo gabinetto di decenza, inusabile a causa della sua sporcizia. […] Molte famiglie sono ricoverate nel dormitorio pubblico sin dal 1933»86 .

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Questa immagine da girone dantesco si associa alla descrizione della borgata pervenutaci dalle memorie di Orsola Ledòchowska, religiosa polacca, fondatrice della Congregazione delle Suore Orsoline del Sacro Cuore di Gesù Agonizzante, presente a Boccea e a Primavalle sin dal 1932. Conosciuta la miseria che vi regnava scrisse: «Quanto è disperato l’esilio di quei poveri senzatetto! È un orrore: 180 baracche, circa 900 poveri senzatetto, uomini quasi selvaggi! Hanno fame, bestemmiano terribilmente!»87 . Con l’aiuto del Vaticano fu costruita la chiesetta parrocchiale di S. Maria Assunta, con la mensa e il laboratorio per i corsi di cucito, dove ebbe inizio, il 2 giugno 1933, la missione della Congregazione. A Primavalle svolse attività di soccorso dei malati poveri anche la Compagnia delle Dame di carità di S. Vincenzo de Paoli, della parrocchia S. Maria delle Fornaci, presieduta da Maria Pompilj (sorella del cardinale Pompilj, vicario del Papa), cui Mussolini ogni anno elargiva un sussidio di 500 lire. Nel 1933 la Compagnia visitò 911 abitazioni e fornì assistenza a 86 famiglie e 124 malati88 .

2.3 Sette Chiese e Appio, le borgate dai sistemi brevettati

Negli stessi mesi in cui si costruì Primavalle, altre case rapide spuntarono a sud della città, in via delle Sette Chiese, cui venne stanziata la parte più cospicua delle risorse destinate alle borgate in questi primi anni Trenta. Il punto scelto per l’insediamento, a circa un chilometro dal quartiere Garbatella, era compreso tra il fosso di Grotta Perfetta a sud, via delle Sette Chiese a nord e per il resto circondato da terreni appartenuti a diversi proprietari89. Deciso dal Governatorato nel gennaio 1930, rappresentò una tipologia di qualità intermedia nell’ambito delle soluzioni per fasce poverissime (una distinzione ravvisabile, tra l’altro, nel discorso pronunciato da Boncompagni per l’insediamento della Consulta di Roma90, l’unica occasione in cui il tema delle borgate comparve in una seduta della Consulta ino alla nomina del nuovo governatore), ma il loro destino fu quello di una precoce assimilazione alle case rustiche91 .

L’appalto fu foriero di una serie di infortuni, inizialmente legati allo

86 ACS, MI, DGAC, Istituti di beneicenza, affari generali provinciali, 1940-42, b. 100, f. 26071-103, rapporto 8 marzo 1942. 87 Zoia J. Zdybicka, Orsola Ledòchowska. Santa dei tempi dificili e segno di speranza, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2004, pp. 170-1. 88 ACS, SPD, C.O., 509.215-3. 89 ASC, Cpp, 18 dicembre 1936. 90 Ivi, Consulta di Roma, Verbali, 10 settembre 1930. 91 Ivi, DG, n. 187, 11 gennaio 1930.

stato di crisi della ditta aggiudicataria. L’impresa interpellata fu la Sacir, detentrice del brevetto “Pater”, sistema di fabbricazione di casa rapida messo a punto dall’ing. Dario Pater. La Sacir chiese di poter afidare i lavori in sua vece all’impresa Argurio e Falzetti, la quale non riuscì a procurarsi il capitale necessario a causa del dissesto di un istituto di credito92. Fu così costretta a trasferire la licenza di costruzione del sistema Pater all’impresa Salic che, incaricata dei lavori nel luglio 1930, si impegnò a consegnare 150 vani alla ine di ottobre, 350 a novembre, 500 a dicembre, un totale di 1000 vani per un importo di cinque milioni di lire93 .

Non più casette a un solo piano terreno, dunque, ma fabbricati formati da due o tre piani, con altezza issata a 3,20 m, venti centimetri in più delle baracche in muratura. I muri perimetrali poggiavano su basamenti di calcestruzzo (cemento aggiunto a pietrisco mediante le prime macchine impastatrici); le fondamenta erano più consistenti (anche se il basamento, dello spessore di un metro, non era totalmente interrato) e il vespaio eseguito con griglia di cemento e riempimento di tufo. I muri erano composti da tavoloni prodotti da un impasto di truciolato di legno e cemento, rivestiti di intonaco. I pianerottoli, i gradini delle scale e quelli dei portoni d’ingresso realizzati in graniglia bianca, una specie di surrogato del marmo. Le case, formate da uno o più vani oltre la cucina, erano munite di lavandino, scolapiatti, rubinetti, scarico a sifone e sedili dei gabinetti fatti in legno. Nelle case arrivava l’acqua corrente mediante dei cassoni da 200 litri; gli scarichi delle acque luride erano tenuti distinti da quelli per le acque chiare, collegati alla fogna stradale o ai pozzi neri mediante fognoli94. La Salic ottenne anche l’appalto per la sistemazione stradale, in particolare per assestare gli accessi alle abitazioni95 .

Il primo gruppo di case Pater, «sopra un terreno collinoso e di bell’effetto panoramico», fu inaugurato nel corso delle celebrazioni del Natale di Roma del ’31 (21 aprile)96. Ma in fase di collaudo ci si accorse del fallimento del progetto. Lo si apprende da una comunicazione dell’Ifacp rivolta a Virgilio Testa97, segretario generale del Governatorato:

il gruppo di Casette rapide alle Sette Chiese costruito col sistema Pater

92 Ivi, n. 865, 8 febbraio 1930. 93 Ivi, n. 5311, 5 luglio 1930. 94 Ivi, Cpp, 18 ottobre 1930 95 V Rip., titolo 9, classe 7-3, 1932, f. 144. 96 ASC, DG, n. 6613, 3 ottobre 1931. “Il Popolo di Roma”, Le nuove opere che saranno inaugurate il XXI aprile, 17 aprile 1931. 97 Un proilo sulla igura di Virgilio Testa è tracciato negli scritti di O. Gaspari, Un coraggioso Segretario che si batté per la libertà, in «Ages news», 2004, n. 5, pp. 3-32; ID., Testa Virgilio, in Il Consiglio di Stato nella storia d’Italia. Biograie dal 1861 al 1948, a cura di G. Melis, II, Giuffrè, Milano 2006, pp. 2155-86.

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ha dato cattivo esito. Secondo il parere del collaudatore, e dello stesso costruttore, occorrerebbero notevolissimi lavori per assicurare la stabilità di quelle casette già seriamente minacciata98 .

Una volta acquisite dall’Istituto, le case Pater dovettero essere ricostruite, ma essendo questa borgata, come tutte le altre, non prevista dal Piano Regolatore e nata al di fuori di esso, si presentò il problema di dover effettuare il programma di ricostruzione tenendo presenti le linee e le quote del nuovo Piano particolareggiato, afinché non ne fosse pregiudicata l’esecuzione secondo la rete stradale prevista per la zona; un compito assai lungo e dispendioso che, a quanto pare, fu subito messo da parte, visto che nel computo degli alloggi che passarono in amministrazione all’Istituto nel 1936 l’insediamento delle Sette Chiese conteggia solo 305 vani99. Quanto alle migliori condizioni di vita che ci si attenderebbe, stando alla qualità superiore dell’abitazione tipo Pater rispetto alle casette rustiche, una relazione dell’Ispettorato di zona del fascio di Appia Antica smentisce ogni tipo di considerazione del genere.

Sette Chiese si trova a circa 200 metri dalla borgata di Tormarancia, abitata da 260 famiglie (1600 persone). Gli alloggi sono governatoriali ma a pagamento. Non esistono ingrottati. Gli abitanti sono, anche qui, in grande maggioranza dell’Italia Meridionale, ed in prevalenza di Bari e di

Foggia. Un rimpatrio fatto su larga scala di questi disgraziati relitti dell’urbanesimo, sarebbe quanto mai opportuno. L’agglomerato è in ragione di sei o sette persone per vano, ed in conseguenza la situazione sanitaria è tutt’altro che buona. La t.b.c. signoreggia e circa 45 adulti capi famiglia ne sono affetti; bambini malati o predisposti ve ne sono in quantità. Il servizio sanitario viene disimpegnato dal medico condotto di Tormarancia e da quello di Garbatella, ma è insuficiente con i mezzi di cui dispone100 .

Sul piano delle comunicazioni la borgata era allacciata alla città dal percorso di due autobus, nessuno dei quali soddisfaceva le esigenze dei residenti. Entrambe le linee, la 220 che collegava Cecilia Metella con il Colosseo e la linea 22 che dal Colosseo portava alla Garbatella, rendevano obbligato un lungo percorso a piedi sia all’andata che al ritorno; in aggiunta, dal lato dell’Appia la corsa costava 1,70 lire essendo il percorso di tipo turistico101. Le case Pater furono completamente demolite nel dopoguerra. Al loro posto, tra via delle Sette Chiese, via S. Petronilla, via

98 V Rip., titolo 9, classe 4-3, 1935, f. 87, nota del 15 novembre 1935. 99 ASC, DG, n. 5934, 12 novembre 1936. 100 V Rip., titolo 9, classe 1-14, 1935, f. 1, relazione del 13 marzo 1935, sottolineature nel testo. 101 “Il Messaggero”, Altri provvedimenti da realizzare, 22 gennaio 1933. Nel 1935 le borgate Sette Chiese e Tor Marancia furono collegate alla linea 22 dall’autobus 222, cfr. “Il Popolo di Roma”, Una nuova linea d’autobus per Tor Marancia e S. Petronilla, 27 luglio 1935.

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