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8.2 Le istituzioni accessorie organizzate dall’Ifacp

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Vivere in borgata

Vivere in borgata

8. LA POLITICA DELL’IFACP NEI CONFRONTI DEL SUO INQUILINATO 289

amministrativo-disciplinare svolta dagli ufici di zona. Una riforma del 1926, infatti, aveva strutturato la gestione amministrativa dell’ente su un principio di decentramento, afidando agli ufici di zona la gestione degli alloggi compresi in ciascuna zona così come l’attività di vigilanza e assistenza sociale di queste. Il provvedimento conferì inoltre alla Presidenza tutti gli atti riguardanti l’assegnazione degli alloggi20 .

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Inine, col fascismo venne meno ogni preoccupazione di tenere aperto un canale di confronto con gli inquilini, pur nelle forme circoscritte previste dal Regolamento del 1922. Furono così abolite le «scorie del passato intonando la struttura dell’Ente alla Nuova Era», con la soppressione del rappresentate delle classi operaie in seno al Consiglio e quella delle Commissioni degli inquilini e del personale. Il Consiglio venne portato a sette membri (il presidente, tre membri di nomina governatoriale, i tre rappresentanti dei dicasteri delle Finanze, dell’Economia Nazionale, dei Lavori Pubblici). Le istituzioni accessorie vennero sviluppate e incrementate; alle Case dei bambini, asili modello e «titolo d’onore per l’Istituto di Roma», si afiancarono le istituzioni educative degli adolescenti e degli adulti: locali dei Fasci e Ricreatori, l’opera Balilla, il Dopolavoro, le Biblioteche, le Palestre, le Scuole, spacci cooperativi, «in modo da creare tutto un insieme organico e salutare». Costantini poteva inalmente compiacersi dell’opera di elevazione sociale così organizzata, compiuta da un’amministrazione rinnovata e «guidata al più sano spirito fascista»21 .

8.2 Le istituzioni accessorie organizzate dall’Ifacp

Uno speciale banco di prova in cui si testarono effetti e risultanze di questo vasto esperimento pedagogico è certamente da rintracciare nel modo di funzionamento degli Alberghi della Garbatella. A differenza dei ricoveri gestiti per conto del Governatorato, si trattava di «un istituzione stabile, igienica, confortevole e decorosa», di facile vigilanza e in grado di offrire ai ricoverati «il modo di non dimenticare le più elementari norme dell’igiene della decenza e del vivere civile», nonostante conservasse il carattere di temporaneità nei riguardi di ciascuna famiglia alloggiata. In essa gli ospiti sarebbero stati «fraternamente accolti e umanamente trattati e protetti, seppur sottoposti a quella ferrea disciplina che è condizione essenziale per la tranquilla esistenza di una così complessa e vasta collettività» 22 .

Oltre a scoraggiare la permanenza degli ospiti con quote di afitto elevate e la minaccia dello sfratto facile, si cercò di coniugare la stretta

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Ivi, 1926, n. 47, Nuovo ordinamento amministrativo. 21 Ivi, Allegati, 1927-I, Costantini, L’Istituto per le case popolari in Roma dal 1903 al 1926 cit.

22 ACS, SPD, C.O., 509.813, L’Istituto per le case popolari cit., p. 17.

sorveglianza ad un’azione di proilassi sociale, realizzata attraverso la fornitura di una serie di servizi che, nel mentre davano la percezione di una maggior cura e di un sostegno beneico, allo stesso tempo restringevano la libertà di scelta dei ricoverati, che si trovavano in pratica costretti ad usufruire dei servizi interni. Cucina e Sala da pranzo comune, la Sala di Maternità, l’Ambulatorio Comunale, il Dopolavoro femminile, il refettorio materno, la Cappella gestita dalle Figlie della Carità, il Doposcuola, l’Asilo Nido erano concepiti non solo in termini assistenziali, ma inalizzati alla creazione di un ordine generale che uniformava orari, scelte, abitudini. Quando si palesarono i primi problemi e l’Istituto entrò in conlitto con il Governatorato per la gestione degli sfratti, il progetto venne riconsiderato e si studiarono le forme per renderlo meno dispendioso da un punto di vista economico. Ma le istituzioni accessorie e la sorveglianza organizzata erano intoccabili per l’Istituto, in esse risiedeva il contenuto prioritario della sua azione sociale. Affermava Costantini:

Ulteriori economie sarebbero realizzabili abolendo tutta l’assistenza

religiosa e sociale, abolendo del tutto la sorveglianza della Milizia e il personale di pulizia, ma in questo caso la isionomia di questa importante istituzione cambierebbe completamente e gli alberghi ridotti a semplici Ricoveri più o meno abbandonati a sé stessi costituirebbero anziché un centro disciplinato di educazione sociale, un vero pericolo dal punto di vista morale, politico ed igienico23 .

L’esperimento degli Alberghi fallì miseramente, ma l’idea che gli inquilini dovessero essere circondati da istituzioni che ne avrebbero seguito in modo assiduo la formazione morale, garantendo al tempo stesso assistenza e controllo, non venne affatto ripudiata, anzi: continuò a essere il corollario caratterizzante ogni quartiere dell’Istituto. Le Scuole dei Bambini, già citate, rappresentavano il primo tassello di questa opera educatrice, in cui si gettava «il seme di puri affetti e di nobili ideali». Nel 1933 le sezioni erano diventate 23 e accoglievano un migliaio di bambini. Il metodo educativo, «ispirato alla rinnovata scuola fascista», si basava

sul principio del rispettivo massimo per l’individualità del bambino. […] Qui il bambino apprende la pulizia e l’ordine; impara a scrivere, a leggere; disegna e dipinge, ricama o costruisce, rivelando qualità istintive e artistiche mirabili. Ginnastica, danza ritmica, canto e giuoco, lo abitua alla vita collettiva, socievole, diciamo cameratesca, in cui si forma il cittadino aperto e appassionato di domani. La Bandiera Nazionale è il simbolo di questa vita; il bimbo la segue e l’ama con gioia24 .

23 Ater, Allegati, 1930, All’On.le Presidente, 10 dicembre 1930.

24 “Il Messaggero”, Le scuole dell’Istituto delle case popolari, 26 settembre 1933.

8. LA POLITICA DELL’IFACP NEI CONFRONTI DEL SUO INQUILINATO 291

Alle istituzioni accessorie, e cioè gli asili, i bagni pubblici, gli ambulatori e le scuole professionali, si afiancarono le attività gestite dal partito e dalle opere socio-assistenziali-sportive. Quartieri e borgate si riempirono di opere ed istituzioni fasciste, la cui nascita era promossa dalle stesse autorità ministeriali come «materia integrativa alle abitazioni»25 . L’Istituto romano era in prima ila nella concessione gratuita o semigratuita di aree e strutture per attività dopolavoristiche, ricreative e assistenziali sotto l’egida del fascio locale e delle varie organizzazioni del regime, con particolare attenzione ai primi quartieri sviluppatisi per iniziativa pubblica, Garbatella, Trionfale, Testaccio, ma non solo ad essi26. Alla sola Federazione dell’Urbe l’Istituto garantì locali gratuiti computabili per una perdita di itto calcolata in 47.500 lire annue27, un impegno che faceva dell’Ifacp uno degli strumenti più preziosi sul terreno della ricerca del consenso operaio.

Altrettanto accadde nelle borgate, dove oltre ad appositi centri assistenziali che riunivano scuole, asili, attività ricreative e palestre, si aprirono le sedi dell’ONMI e le Case della madre e del bambino28, che raggruppavano in un unico ediicio il consultorio pediatrico, il consultorio ostetrico, il refettorio materno, l’asilo nido, il comitato di patronato e l’uficio di assistenza sociale. Persino le borgate governatoriali più vecchie e trascurate, come Tor Marancia, vennero dotate di palestre per la GIL, mentre mancavano servizi decisamente più importanti29 . Non è certo un caso se, tra tutti i possibili rimedi per far fronte alla crisi di inizio anni Trenta, il taglio delle opere fasciste non fu mai discusso seriamente, poiché non sarebbe stato possibile «spingere le economie sino alla soppressione di quelle opere assistenziali […] che caratterizzano gli Istituti autonomi per Case Popolari, e ne fanno strumento di previdenza igienica e sociale e di disciplina fascista» 30 .

25 Ministero dei Lavori Pubblici, L’abitazione popolare ed economica in Italia cit., p. 50.

26 Ater, Verbali del CdA, vol. 22, 9 ottobre 1931; vol. 23, 30 dicembre 1932 e 23 novembre 1933.

27 ACS, SPD, C.O., 509.813, L’Istituto per le case popolari cit., p. 15. 28 “Il Popolo di Roma”, Ardenti manifestazioni di fede fascista nei popolarissimi quartieri della Garbatella e di Pietralata, 1 ottobre 1935; “Il Messaggero”, Otto nuove case della Madre e del Bambino, 23 dicembre 1937. 29 “Il Messaggero”, Il Governatore a Tor Marancio, 16 novembre 1937. A Tormarancia, ad esempio, tra le tante mancanze, c’era quella dell’asilo nido ancora nel 1942. Il parroco della borgata nel febbraio di quell’anno fece richiesta di una somma in denaro per completare la costruzione di una casetta adiacente alla chiesa, in cui accogliere i bambini della parrocchia lasciati incustoditi dai genitori durante la giornata lavorativa. A suo carico, scattò un’indagine per veriicarne la condotta morale e politica, ma il parroco morì poco prima che iniziassero gli accertamenti, ACS, SPD, C.O., 530.959, Asilo a Tormarancio.

30 Ater, Allegati, 1930, n. 1, 30 dicembre 1930, sottolineatura nel testo.

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