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8. LA POLITICA DELL’IFACP NEI CONFRONTI DEL SUO INQUILINATO
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amministrativo-disciplinare svolta dagli ufici di zona. Una riforma del 1926, infatti, aveva strutturato la gestione amministrativa dell’ente su un principio di decentramento, afidando agli ufici di zona la gestione degli alloggi compresi in ciascuna zona così come l’attività di vigilanza e assistenza sociale di queste. Il provvedimento conferì inoltre alla Presidenza tutti gli atti riguardanti l’assegnazione degli alloggi20. Inine, col fascismo venne meno ogni preoccupazione di tenere aperto un canale di confronto con gli inquilini, pur nelle forme circoscritte previste dal Regolamento del 1922. Furono così abolite le «scorie del passato intonando la struttura dell’Ente alla Nuova Era», con la soppressione del rappresentate delle classi operaie in seno al Consiglio e quella delle Commissioni degli inquilini e del personale. Il Consiglio venne portato a sette membri (il presidente, tre membri di nomina governatoriale, i tre rappresentanti dei dicasteri delle Finanze, dell’Economia Nazionale, dei Lavori Pubblici). Le istituzioni accessorie vennero sviluppate e incrementate; alle Case dei bambini, asili modello e «titolo d’onore per l’Istituto di Roma», si afiancarono le istituzioni educative degli adolescenti e degli adulti: locali dei Fasci e Ricreatori, l’opera Balilla, il Dopolavoro, le Biblioteche, le Palestre, le Scuole, spacci cooperativi, «in modo da creare tutto un insieme organico e salutare». Costantini poteva inalmente compiacersi dell’opera di elevazione sociale così organizzata, compiuta da un’amministrazione rinnovata e «guidata al più sano spirito fascista»21 .
8.2 Le istituzioni accessorie organizzate dall’Ifacp Uno speciale banco di prova in cui si testarono effetti e risultanze di questo vasto esperimento pedagogico è certamente da rintracciare nel modo di funzionamento degli Alberghi della Garbatella. A differenza dei ricoveri gestiti per conto del Governatorato, si trattava di «un istituzione stabile, igienica, confortevole e decorosa», di facile vigilanza e in grado di offrire ai ricoverati «il modo di non dimenticare le più elementari norme dell’igiene della decenza e del vivere civile», nonostante conservasse il carattere di temporaneità nei riguardi di ciascuna famiglia alloggiata. In essa gli ospiti sarebbero stati «fraternamente accolti e umanamente trattati e protetti, seppur sottoposti a quella ferrea disciplina che è condizione essenziale per la tranquilla esistenza di una così complessa e vasta collettività» 22. Oltre a scoraggiare la permanenza degli ospiti con quote di afitto elevate e la minaccia dello sfratto facile, si cercò di coniugare la stretta Ivi, 1926, n. 47, Nuovo ordinamento amministrativo. Ivi, Allegati, 1927-I, Costantini, L’Istituto per le case popolari in Roma dal 1903 al 1926 cit. 22 ACS, SPD, C.O., 509.813, L’Istituto per le case popolari cit., p. 17.
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