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un ianco. Era la prima volta che vedevo il relitto di un sommergibile, anzi, forse era la prima volta che vedevo un relitto così intero.

Dovetti aspettare ben sei anni per capire dove mi ero immerso e che esperienza indimenticabile avevo vissuto. Infatti, nel settembre del 1984 lessi sui giornali che davanti ad Haifa una spedizione della Marina Militare italiana aveva recuperato i resti dei marinai di un sommergibile italiano affondato nel 1942: lo Scirè.

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LA CLASSE 600

Dopo la Prima Guerra Mondiale le nazioni ex-belligeranti cercarono di procedere verso accordi di disarmo nel tentativo di evitare una nuova corsa agli armamenti. Con la conferenza di Washington del 1921 si riuscì a limitare la crescita delle lotte di supericie, ma fu un fallimento nel regolamentare gli armamenti sottomarini. La successiva conferenza di Londra del 1930 riuscì nel tentativo di controllarne l’espansione deinendo due classi di sommergibili: gli oceanici, con un massimo di duemila tonnellate di stazza, e i costieri, con un massimo di seicento. Gli accordi di questa convenzione diedero l’opportunità all’Italia di puntare sulla seconda classe, poiché era idonea all’impiego nel Mediterraneo e perché le regole ne concedevano un numero illimitato. Prese perciò origine la classe più numerosa dei sommergibili italiani, deinita appunto “600”, con ben cinquantanove imbarcazioni costruite e divise in cinque serie: Argonauta, Sirena, Perla, Platino, detta anche Metalli, e Adua, conosciuta anche come Africani. Lo Scirè apparteneva a quest’ultima.

Le varie serie differivano solamente in pochi particolari, i sommergibili furono costruiti da diversi cantieri: Oto di Muggiano (Sp), Crda di Monfalcone (Go) e Tosi di Taranto.

I “600” erano sommergibili costieri o di media crociera, come si preferiva deinirli allora, erano composti da tre distinte sezioni: lo scafo interno, lo scafo esterno e le sovrastrutture. Lo scafo interno, detto anche scafo resistente, era composto da varie sottosezioni cilindriche sigillate agli estremi da calotte semisferiche, lungo le quali c’erano i tubi lanciasiluri. Un’altra sezione cilindrica era situata nella parte centrale sovrastante la camera di manovra e costituiva la parte resistente della torretta. Lo scafo esterno era costruito con forma

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