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La diffusione della cultura italiana in Russia e russa in Italia

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INDICE DEI NOMI

INDICE DEI NOMI

I rapporti culturali nell’Archivio del Ministero degli Esteri 99

Non si vuole qui proporre l’analisi delle cause dell’anomalia sovietica nel contesto dell’espansione culturale italiana durante il fascismo, che potrebbe costituire materia di ampio approfondimento e integrare studi sul tema.5 Ci si limita a presentare i documenti utili alla riflessione rintracciati nei fondi dell’Archivio del Ministero degli Esteri, da cui in via preliminare si possono ricavare almeno due dati: lo stato di semiabbandono in cui vissero gli italiani in Urss durante il fascismo e la distanza tra la visione della diplomazia e la prassi della politica fascista nelle strategie di espansione culturale nell’area.

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Per quanto riguarda la diffusione della cultura russa in Italia, la documentazione dell’ASMAE non dice molto sui numerosi canali non istituzionali che ne favorirono lo sviluppo, ma offre alcune preziose informazioni complementari, poiché generalmente per l’attivazione di corsi di lingua e letteratura russa nelle università, la creazione di istituti di culture slave e la sovvenzione di scuole di lingue occorreva il parere del Ministero degli Esteri.

La documentazione sulle scuole italiane all’estero si trova perlopiù concentrata nell’Archivio Scuole, un fondo piuttosto disorganico che per lunghi periodi manca di un inventario e per altri presenta grosse lacune. Nel complesso la documentazione, opportunamente integrata con quella di altri fondi, permette di valutare la consistenza e il radicamento delle colonie di connazionali in Russia/Urss,6 l’entità dell’investimento italiano nella propaganda culturale in quel territorio e in parte anche lo spazio concesso a livello governativo per gli scambi e lo studio della cultura russa in Italia. Documentazione integrativa all’Archivio Scuole si trova principalmente nei fondi Ambasciata a Mosca e Affari Politici, dei quali in origine una posizione era dedicata alle scuole, ma altre informazioni sul tema, soprattutto sugli istituti in Italia, possono ricavarsi anche dai fondi Affari Commerciali e Ministero della Cultura Popolare.

Nell’insieme la documentazione si può dividere in due parti:

5 Si allude in particolare a due opere: Benedetta Garzarelli, “Parleremo al mondo intero”: la propaganda del fascismo all’estero, cit. e Stefano Santoro, L’Italia e l’Europa orientale: diplomazia culturale e propaganda, 1918-1943, Milano, F. Angeli, 2005. Garzarelli fornisce informazioni generali per la conoscenza dell’apparato italiano di propaganda all’estero e concentra la sua analisi sulle campagne realizzate in Francia e in Germania. Santoro, pur esponendo ampiamente il contributo degli esuli russi al processo di avvicinamento della diplomazia culturale italiana all’Europa orientale, esclude la Russia e l’Urss dalla sua trattazione: “Il settore geografico preso in considerazione è l’Europa orientale, nell’accezione generalmente accettata, ovvero i territori compresi fra le «frontiere linguistiche orientali delle popolazioni tedescofone e italofone ad occidente, e i confini politici della Russia/Urss ad est»” (p. 23). 6 Per alcuni dati generali sull’emigrazione italiana in Russia e Urss nel Novecento vedi Marco Clementi, “In Russia”, in Storia dell’emigrazione italiana. Arrivi, a cura di P. Bevilacqua, A. De Clementi, E. Franzina, Roma, Donzelli, 2002, pp. 171-179.

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 una parte generale riguardante gli ordinamenti scolastici, gli accordi italo-russi per incentivare la diffusione delle rispettive culture, le informazioni sulla diffusione degli insegnamenti di lingua e cultura in Italia e Russia;  una seconda parte sulle scuole e gli istituti italiani di cultura in Russia/Urss, in cui si sono voluti trattare anche quei brevi ma importanti esperimenti culturali nati spontaneamente subito dopo la rivoluzione, come lo Studio Italiano di Mosca e la Società per lo studio della cultura italiana di Leningrado.

Le primissime notizie conservate dal Ministero degli Affari Esteri sull’ordinamento scolastico russo nel Novecento riguardano la riforma scolastica del 1902 e, successivamente, la normativa sull’apertura di scuole private, che nel 1907 prevede possano essere fondate e dirette esclusivamente da sudditi russi (Scuole, 1888-1921, X, b. 526, f. Russia).

Un importante nucleo di documenti risale al 1916, quando sono le alleanze della Prima guerra mondiale a dettare l’agenda della politica culturale: i governi di Russia e Italia decidono di intensificare l’insegnamento delle rispettive lingue nei due paesi per “rinserrare e consolidare i rapporti intellettuali” fra i due popoli, alleati nella guerra contro gli Imperi Centrali (Sonnino a Carlotti, Roma, 28 novembre 1916. Scuole, 1888-1921, X, b. 526, f. Russia).

Nell’ottobre 1916 il Consiglio dell’Impero zarista aveva deliberato l’abolizione dell’insegnamento della lingua tedesca in tutte le scuole russe, si era dunque venuto a creare uno spazio che la lingua italiana poteva occupare insieme alla lingua inglese. Naturalmente la Russia, per reciprocità, si aspettava che in Italia venisse incrementato l’insegnamento del russo, soprattutto nelle scuole tecniche e commerciali, ipotesi accolta dai Ministeri italiani dell’Istruzione, del Commercio e delle Colonie con forte interesse. Il progetto è occasione per una ricognizione degli istituti pubblici italiani, in cui erano già attivi corsi di lingua russa: si viene così ad apprendere che dal 1902 esisteva presso il Regio Istituto Orientale di Napoli una cattedra di lingua e letteratura russa cui si erano iscritti, nei 14 anni dalla sua fondazione, 527 studenti; corsi facoltativi di russo erano attivi presso il Regio Istituto Commerciale di Milano, con quattro ore di insegnamento settimanale, presso il Regio Istituto Commerciale “Quintino Sella” di Torino e presso il Regio Istituto Commerciale di Brescia, con tre ore settimanali in entrambi, che a Torino sarebbero divenute sei.

L’Istituto Orientale di Napoli, opportunamente interpellato, avanza una serie di ipotesi per incentivare l’insegnamento del russo in Italia e dell’italiano in Russia: borse di studio per gli studenti di russo ed esenzione dalle tasse di iscrizione, ma anche connessioni tra i corsi di lingue e le carriere nei consolati (21 novembre 1916. Scuole, 1888-1921, X, b. 526, f. Russia).

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A sostenere questa dinamica di affratellamento intellettuale interveniva una riforma dell’ordinamento scolastico dell’Impero, già presentata alla Duma, che prevedeva l’adozione di una nuova lingua straniera nelle scuole russe per rimpiazzare l’abolizione del tedesco. Per alcuni mesi italiani e inglesi studiarono il modo di aggiudicarsi quello spazio fino a che la riforma venne liquidata nel gennaio 1917 insieme al suo ideatore, il Ministro dell’Istruzione Pavel Ignat’ev, che fino ad allora si era dimostrato il più attivo sostenitore dell’avvicinamento culturale con gli alleati (Scuole, 1888-1921, X, b. 526, f. Russia). A partire da questo momento si perdono le tracce nell’Archivio Scuole del reciproco interesse culturale tra i due paesi a livello istituzionale, che riprenderanno sette anni dopo con il riconoscimento del governo bolscevico da parte di Mussolini.

Prima di allora la diffusione della cultura italiana in Russia è lasciata all’iniziativa privata ed è limitata a due o tre esperienze, di cui la più significativa è lo Studio Italiano di Mosca, di cui si parlerà in seguito. Una pratica attiva di scambio di persone e pubblicazioni è sostanzialmente impedita dalle circostanze politiche. La legislazione sovietica vieta e sanziona severamente l’invio diretto dall’estero di qualunque oggetto – in particolare di materiale a stampa – ai privati: nel 1922 la Delegazione economica italiana a Mosca risponde a una proposta commerciale delle Librerie italiane riunite spiegando che alcuni cittadini russi colti e associazioni che promuovono la cultura italiana in Russia potrebbero gradire l’invio di pubblicazioni dall’Italia, tuttavia ciò non è permesso (AM, b. 42, f. Delegazione economica italiana in Russia).

Nuove notizie sull’esistenza di corsi di lingua e cultura italiana nelle istituzioni russe risalgono al 1924. Su richiesta italiana, il Commissariato del popolo per gli affari esteri fa sapere che la lingua italiana è insegnata nella RSFSR in cinque istituzioni di livello universitario: nelle Facoltà di Scienze sociali della Prima università di Mosca e dell’Università di Leningrado, presso i Conservatori di Mosca e Leningrado, presso l’Istituto Statale di Belle Arti (AM, b. 61, f. 1). Altri documenti del 1924 testimoniano l’esistenza di un corso di lingua e cultura italiana attivo presso l’Università di Saratov (AM, b. 78, f. 1 – Rapporti culturali) e di corsi di lingua di livello non elevato nelle scuole di canto di tutte le repubbliche (Scuole, 1923-1928, IV, b. 672); inoltre la scuola privata di lingue Berlitz School svolge corsi di italiano nelle sedi di Mosca e Leningrado (AM, b. 61, f. 1).

Tra il 1924 e il 1926 i documenti descrivono due tendenze opposte: i consoli italiani studiano la possibilità di incrementare la diffusione della cultura italiana nella Russia bolscevica attraverso gli insegnamenti negli istituti statali sovietici, non solo nella repubblica russa, ma anche in Ucraina, Armenia, Georgia e Azerbaigian (Scuole, 1923-1928, IV, b. 672, f. Russia e AC, 1924-26, Russia, pos. 49/1), attraverso la riapertura di scuole e istituti italiani, avendo constatato un diffuso interesse e prefigurato una situazione

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promettente delle relazioni culturali italo-sovietiche. Da parte sovietica invece è già in corso la progressiva soppressione di tutte le iniziative, culturali e non, che non siano direttamente controllabili dall’amministrazione sovietica, compresi i corsi di italiano già attivi.

Nel maggio 1923 con un unico decreto il governo sovietico aveva chiuso lo Studio Italiano di Mosca e il Comitato degli italiani di Pietrogrado, e i diplomatici avevano perfettamente chiare le ragioni del provvedimento:

Si son volute eliminare tutte quelle organizzazioni che a pensiero della Polizia Politica avrebbero potuto nel futuro in date situazioni divenire centro di intrighi e riunioni contro il Governo dei Soviet. Così a Pietrogrado è stato sciolto il benemerito Comitato degli Italiani che sorto ed autorizzato nel 1918 all’epoca della formazione dei Soviety di ogni tipo e qualità (e vi erano allora: Soviety germanico ed austroungarico formati dai cittadini dei rispettivi Stati) era divenuto oggi una organizzazione fuori posto nell’ordinamento giuridico bolscevico, che esclude il diritto di riunione e di associazione pei cittadini russi, ed ancora più per gli stranieri. Così a Mosca è stato sciolto lo Studio Italiano che creato nel 1918 dal prof. Campa tra cittadini russi, in genere professori d’Università, amici dell’Italia e della coltura italiana, dopo avere svolto opera veramente utile per i contatti intellettuali tra i due paesi, diveniva oggi, sempre a giudizio della Polizia Politica, un ritrovo di elementi dell’intelligentia, ed ipso facto una riunione di uomini non ligi al regime e pertanto associazione culturale sospettata pericolosa (Scioglimento di società italiane in Russia, Mosca, 7 maggio 1923. AM, Delegazione economica italiana in Russia, b. 51, f. Miscellanea).

Dopo il riconoscimento politico tra i due stati i primi entusiasmi per una ripresa in grande stile delle relazioni culturali italo-russe nel giro di due anni si rivelano illusori. Nel 1926 una circolare della Direzione Generale Scuole all’estero intitolata “Notizie sullo stato della cultura italiana in Russia” chiede ai diplomatici nelle sedi estere di riferire “informazioni per quanto si può complete, ma naturalmente sommarie, sulle istituzioni e persone, italiane e straniere, che più si distinguono nel culto della nostra lingua e della nostra civiltà, sulle più notevoli loro pubblicazioni e quant’altro risulti della loro attività, con qualche opportuno giudizio sulla sua importanza ed efficacia” (Dino Grandi, Roma 6 marzo 1926. AM, b. 82, f. 1 – Rapporti culturali). L’ambasciatore Manzoni risponde facendo il punto sul grave declino degli interessi per l’Italia nella Russia postrivoluzionaria: in Urss sono in pochissimi coloro che conoscono la lingua e possono apprezzare la cultura italiana, per di più non esistono società, comitati o opere di assistenza italiane che possano condurre un’attiva propaganda. Anche gli insegnamenti di lingua e letteratura italiana segnalati nel 1924 sono stati aboliti: nessuna scuola sovietica ha più in programma l’insegnamento dell’italiano e nelle università non esistono cattedre di letteratura italiana, insegnata a Mosca in un corso di “letterature varie”. Nel complesso, conclude l’ambasciatore, l’ambiente sovietico “non può considerarsi favorevole ad una qualche nostra

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considerevole espansione culturale e linguistica” (Roma, 25 maggio 1926. AM, b. 82, f. 1 – Rapporti culturali).7

Nel 1927, a seguito della chiusura di un corso privato di lingua italiana a Odessa organizzato dal consolato, ritenuto illegale perché attivato senza l’autorizzazione dell’amministrazione sovietica, il console generale Lamberto Toncker invia a Manzoni un articolo delle «Izvestija»: “secondo l’articolista in Italia e specialmente a Napoli esistono scuole sovietiche per l’insegnamento della lingua russa – scuole contro le quali (sempre secondo l’articolista) la legge fascista non può intervenire” (Odessa, 2 novembre 1927. AM, b. 92, f. 1 – Rapporti culturali). L’articolo non è conservato nel fascicolo, non c’è quindi modo di verificare l’esattezza, né tanto meno l’attendibilità dell’informazione, tuttavia sembra chiaro che Toncker voglia usarla per suggerire a Roma, tramite l’ambasciata di Mosca, di far valere un criterio di reciprocità tra Italia e Urss in materia di corsi di lingua.

Le singole scuole italiane in Urss, le cui vicende e alterne fortune sono descritte nel paragrafo successivo, hanno avuto percorsi autonomi, legati a diversi fattori locali, ma nessuna è riuscita a sopravvivere oltre gli anni Venti: nel 1929 Vittorio Cerruti risponde da Mosca a una circolare della Direzione Generale Scuole che non esiste più nell’Urss neanche una scuola sussidiata dal Ministero degli Esteri italiano (AM, b. 110, f. 4 – Rapporti culturali).

Al 1931 risalgono le trattative per l’istituzione di un Lettorato di lingua italiana in un’università moscovita, che Bernardo Attolico propone di affidare a Evel Gasparini, allora lettore di lingua italiana all’università di Varsavia e addetto al servizio stampa presso l’ambasciata italiana di quella città. All’origine delle trattative per l’istituzione del lettorato vi sarebbe principalmente una necessità di ordine pratico, l’urgenza di sostituire l’addetto stampa dell’ambasciata a Mosca, ruolo ritenuto “importantissimo” per quella sede, ricoperto fino ad allora da Guido Relli.8 Attolico non si nasconde che il profilo di Gasparini sia sprecato per quel ruolo, e che lo slavista non accetterebbe probabilmente di lasciare l’insegnamento all’università di Varsavia, attività cui attribuisce “essenziale importanza morale”, se non ricevendo un incarico analogo a Mosca. D’altra parte, l’ambasciatore non sottovaluta i risvolti politici della proposta:

L’istituzione di un lettorato di lingua italiana nell’URSS avrebbe senza dubbio molta importanza, dato gli attuali rapporti tra i due paesi e non dovrebbe offrire le preoccupazioni di carattere politico inerenti a una cattedra di storia o letteratura. In Russia

7 Il testo del rapporto di Manzoni si può leggere in appendice a questo capitolo. 8 Relli, il cui cognome è l’italianizzazione di Hreglich, era un triestino che dal 1924 lavorava all’ambasciata di Mosca come interprete ed esperto. Sul suo ruolo nella storia dell’ambasciata italiana tra le due guerre, vedi G. Petracchi, Da San Pietroburgo a Mosca: la diplomazia italiana in Russia, 1861-1941, cit., p. 297 e passim.

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esisteva una tradizione di interesse per la lingua italiana, che il mutamento del regime può aver sopito, ma non spenta, e che noi avremmo evidente interesse a far rivivere. È da ritenere d’altra parte che un passo per la ripresa di tale tradizione potrebbe trovare qui un terreno favorevole (Mosca. 31 luglio 1931. Scuole, 1929-1935, IV, b. 885).

Il Ministero degli Esteri non dimostra di cogliere l’importanza politica dell’opportunità prospettata da Attolico, limitandosi a dare il nulla osta all’ambasciatore per procedere presso le autorità sovietiche. Tra i fascicoli consultati non si conserva traccia di ulteriori passi dell’ambasciatore per l’istituzione del lettorato, certo è che Gasparini rimase a Varsavia fino al 1933 e non coprì mai quel posto.9 Sappiamo però da una sua lettera a Giovanni Maver del giugno 1931 che sarebbe volentieri accorso a Mosca in caso di successo dell’operazione, in cui svolse un ruolo di mediazione anche Ettore Lo Gatto.10 L’ambasciatore a Mosca, accogliendo un suggerimento di Lo Gatto, si era anche preoccupato di preparare il Ministero degli Esteri alla prevedibile richiesta dell’Urss di istituire per reciprocità un lettorato russo in Italia, naturalmente da affidare a un russo:

Un lettorato di lingua russa potrebbe istituirsi a Roma in dipendenza del corso libero già esistente di lingue e letterature slave, o a Padova in dipendenza del corso ufficiale di filologia slava al quale è già aggregato un lettorato di lingua ceca e sarà aggiunto un lettorato di lingua polacca nel prossimo anno, a cura dei rispettivi governi. Aggiungo che a Roma già esiste un lettorato di lingua russa presso la facoltà di scienze politiche (Mosca. 31 luglio 1931. Scuole, 1929-1935, IV, b. 885).

Anche riguardo a questo provvedimento, dal Ministero non si sollevano obiezioni in linea di principio, tuttavia la DIES (Direzione generale Italiani all’Estero e Scuole) “non saprebbe ravvisarne la pratica opportunità”, dal momento che un insegnamento di russo presso l’Università di Roma esiste già.

Nel 1935 il governo dell’Urss chiede al Ministero dell’Istruzione italiano di comunicare in quante e quali istituzioni italiane si svolgano insegna-

9 Emanuela Sgambati, Gasparini Evelino (Evel), in Dizionario biografico degli italiani, vol. 52, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1999; Remo Faccani, Evel Gasparini. Dalla letteratura russa all’etnologia slava, «Studia Mythologica Slavica», 2007, n. 10, pp. 119-136. 10 “È passato di qui Lo Gatto chiedendomi se ero sempre disposto ad assumere l’ufficio stampa di Mosca. Ho risposto di sì, ma ora esito e non so più come mi deciderò se Lo Gatto tornerà con una proposta concreta. Rulli mi sconsiglia per ragioni complesse che sarebbe troppo lungo esporre per iscritto, ma che sono sacrosante e fondate. O Attolico avrà fiducia in me e mi caricherà di lavoro (addio occupazioni letterarie!) o non ne avrò e non resterò a Mosca tre mesi. Questa è l’alternativa i cui due corni mi sono ugualmente sfavorevoli. Altrimenti andrebbero le cose se fosse possibile istituire un lettorato d’italiano a Mosca. Ma non è nemmeno il caso di pensarci. Addio dunque a Mosca!”. Anna Maver Lo Gatto, Le lettere di Evel Gasparini a Giovanni Maver, «Europa Orientalis», 2001, n. 1, pp. 298-299.

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menti di lingua o cultura russa. Roma risponde che a livello universitario prevedono corsi di lingua e letteratura russa soltanto l’Università di Studi Economici e Commerciali di Trieste, l’Istituto Superiore di Scienze Economiche e Commerciali di Venezia e l’Istituto Orientale di Napoli, mentre a livello di istruzione media non esistono insegnamenti del genere (Scuole, 1929-1935, IV, b. 885).11

Per quanto riguarda scuole o istituti italiani che promuovevano l’insegnamento della cultura russa o di altre culture slave si possono vedere in ASMAE alcuni fascicoli intestati alle istituzioni stesse.

Sulla scuola privata di lingue slave ed orientali viventi “Regina Elena” di Roma si conserva molta documentazione risalente agli anni 1918-1925: la scuola, “la prima di lingua-letteratura e di corrispondenza commerciale russa in Italia”, è fondata nel 1916 dal comm. Paolo Lauriti e dal senatore Pietro Blaserna, (matematico e fisico, Accademico dei Lincei, morto nel 1918) e patrocinata da nomi illustri della politica e dell’accademia italiana,12 nonché da un non meglio specificato comitato italo-russo. I corsi di russo sono affidati a Nina Fridlender e sulla loro efficacia vigilano osservatori esterni: agli esami di fine anno nel 1918 assistono il console di Russia a Roma Georgij Zabello e il consigliere d’ambasciata Ivan Persiani, mentre nel 1919 presenzia il console Majoni in rappresentanza del Ministero degli Esteri. L’anno accademico 1918/19 conta 135 iscritti, per la maggior parte allievi di scuole di commercio, commercianti, ingegneri, ufficiali e impiegati di banca (AC, 1924-1926, Italia, pos. 54/13).

Il presidente del consiglio Nitti vede nella scuola di lingua russa Regina Elena un’istituzione strategica “specialmente nei riflessi politici”, visto che “la diffusione della lingua e della cultura russa in Italia potrà molto giovare a rendere più frequenti e agevoli gli scambi commerciali con i paesi russi, ricchi di energie e di materie prime”, e si aggiunge al coro di voci che nel 1919 sollecitano il Ministero degli Esteri affinché attribuisca alla scuola un sussidio permanente adeguato al crescente numero di studenti. Tuttavia alla fine dell’anno la scuola riceve solo un “contributo d’incoraggiamento” di 2.000 lire e in alcuni anni successivi contributi straordinari.

11 La sede dell’Università di Roma non è segnalata perché allora esisteva solo un lettorato di russo, mentre la cattedra di lingua e letteratura russa, affidata a Lo Gatto, viene istituita solo nel 1941. Cf. Antonella d’Amelia, Un maestro della slavistica italiana: Ettore Lo Gatto, «Europa Orientalis», VI, 1987, p. 346. 12 Il presidente è nel 1919 lo storico e islamista Leone Caetani, il comitato di presidenza conta molti nomi di senatori e professori, tra cui Ignazio Guidi, orientalista e senatore, Francesco Lorenzo Pullé, glottologo indianista e senatore, il barone Nicola Squitti, ex ambasciatore nei paesi slavi, Giovanni Mariotti, archeologo e vice-presidente del Senato, Alessandro Dudan, storico dell’arte e deputato, ecc. (AM, b. 110, f. 4).

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Foto scuola regina Elena

Manifesto della scuola privata “Regina Elena”

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Nel 1921 la Scuola raddoppia il numero degli iscritti, che oltre al russo possono seguire corsi di giapponese, turco, cecoslovacco, sloveno e serbocroato, alcuni dei quali riservati a ufficiali dell’esercito e della marina. Il discorso inaugurale dell’anno accademico è tenuto nel 1921 dal duca Giovanni Colonna di Cesarò nell’Aula Magna dell’Università di Roma sul tema “La conoscenza della Russia e del mondo slavo”. Nel 1923 la scuola, che precedentemente era ospitata nei locali dell’Istituto medio di commercio di Roma in via del Burrò 147, risulta insediata nel Collegio Romano presso il liceo Visconti. Nel 1924 la presidenza rinnova la richiesta di sussidio, cercando la mediazione dell’ambasciatore a Mosca e insistendo sull’importanza della diffusione della lingua russa nel contesto della ripresa delle relazioni politiche e commerciali con la Russia. Nel 1925 assiste agli esami di fine corso l’ambasciatore sovietico a Roma Platon Keržencev, come si legge in relazioni e articoli di giornale del periodo conservati in un fascicolo dell’ambasciata a Mosca, dove si trovano documenti sulla scuola dal 1924 al 1929 (AM, b. 110, f. 4; vedi anche b. 101, f. 5).

Sulla fondazione nel 1920 della cattedra di studi slavi dell’Università di Padova, affidata a Giovanni Maver, cui corrisponde la creazione di una cattedra italiana a Praga, si conserva un fascicolo nel fondo del Ministero della Cultura Popolare con documenti dal 1920 al 1922 (MINCULPOP, b. 299, f. Cattedra di studi slavi di Padova). Sull’Istituto Orientale Napoli si può consultare un fascicolo del 1927 del fondo Affari Commerciali (AC, 1927, Italia, pos. 54/57).

Due fascicoli dell’Archivio Scuole sono dedicati invece all’Istituto per l’Europa Orientale (IpEO), fondato nel 1921 per iniziativa del capo ufficio stampa del Ministero degli Esteri, Amedeo Giannini, e patrocinato dal Ministero: uno piuttosto scarno del 1928, che contiene solo documentazione a stampa prodotta dall’Istituto (Scuole, 1923-1928, X, b. 692, f. 37 Istituto per l’Europa Orientale) e uno più corposo con documenti dal 1921 al 1932 contenente opuscoli, locandine e programmi scolastici, ma anche la documentazione sull’istituzione della Scuola di lingue orientali viventi (via Panisperna, 255), richieste di sussidi, verbali di riunioni, inviti, ecc. (Scuole, 19291935, X, b. 1019). Sempre sull’IpEO esiste un terzo fascicolo con documenti degli anni 1921-1924 del fondo del Ministero della Cultura Popolare (MINCULPOP, b. 304, f. Istituto per l’Europa Orientale). Lo stesso faldone contiene un fascicolo sull’Istituto italo-orientale, in cui si conservano un programma d’azione dell’istituto, uno statuto a stampa e una lettera di Vladimir Zabugin senza data (MINCULPOP, b. 304, f. Istituto italo-orientale).13

13 Sulla fondazione e la storia dell’IpEO vedi: L’Istituto per l’Europa Orientale e la sua attività negli anni 1921-31, Roma 1932; Angelo Tamborra, Disegno per l’ordinamento da dare all’Istituto per l’Europa Orientale (1921), «Europa Orientalis», VI (1987), pp. 321-328; Id., Gli inizi della slavistica in Italia e l’impegno civile di Ettore Lo Gatto in Studi in onore di Ettore Lo Gatto, a cura di A. d’Amelia, Roma, Bulzoni, 1980, pp. 306-313; Stefano San-

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Per quanto riguarda la rivista «L’Europa Orientale», che nasce come organo dell’IpEO sotto la direzione di Ettore Lo Gatto, si può vedere la copia dattiloscritta di un carteggio pubblicato nel 1922: si tratta di una lettera polemica di Lo Gatto in merito a una recensione alla rivista apparsa il 15 luglio 1922 su «L’Est européen» di Varsavia, e della risposta dell’autore della recensione, Georges Salski, pubblicata sullo stesso giornale il 10 ottobre 1922 (AP, 1919-30, b. 1533).

Scuole e istituti di cultura italiana in Russia e U rss

I dati che emergono con maggiore evidenza dalla documentazione sugli istituti di cultura e le scuole italiane in Russia, ma anche dal complesso della documentazione sui rapporti culturali italo-russi nel periodo 1900-1940, sono la graduale perdita di consistenza e prestigio delle comunità italiane in Urss dopo la rivoluzione d’Ottobre, e il fallimento, o la mancanza, di un programma di espansione culturale nel periodo fascista.

I tentativi di far nascere o rinascere a Mosca e Leningrado scuole o istituti di cultura italiana durante gli anni Venti e Trenta si riducono a progetti elaborati dai diplomatici in loco, talvolta anche molto motivati a promuovere servizi per i connazionali o movimenti culturali di “irradiazione dell’italianità”, ma non trovano mai l’appoggio e la “copertura” dell’amministrazione centrale. Mentre le comunità italiane in Urss si impoverivano, il governo fascista lasciava che le relazioni culturali italo-sovietiche seguissero un corso casuale, senza investire in un progetto di scambio sistematico. Il grande assente in questo contesto è dunque un istituto di cultura italiana, che nella concezione dei diplomatici doveva essere l’avamposto di una penetrazione culturale attiva nell’immenso territorio di conquista sovietico, in grado non solo di dimostrare l’amicizia tra i due paesi, ma anche di aumentare l’influenza economica e politica dell’Italia sull’Urss e favorirne l’espansione in Asia.14

Sottovalutando il problema nei primi anni Venti, anche in ragione del drastico ridimensionamento delle comunità di italiani in Urss, ed evitando di creare strutture ad hoc negli anni successivi, anche a causa di oggettive dif-

toro, Cultura e propaganda nell’Italia fascista: l’Istituto per l’Europa Orientale, «Passato e presente», XVII (1999), n. 48, pp. 55-78. Per altra bibliografia sul tema e sull’Istituto ItaloOrientale si rimanda a S. Santoro, L’Italia e l’Europa orientale: diplomazia culturale e propaganda 1918-1943, cit., pp. 37-46, che fa riferimento anche ai fascicoli del fondo MINCUL-

POP. 14 Su quest’ultimo tema vedi in particolare la relazione dell’ambasciatore Bernardo Attolico Rapporti culturali italo-sovietici et loro relazioni con la nostra penetrazione asiatica del 18 aprile 1934, il cui testo è riportato integralmente in appendice (AP, 1931-45, Urss, b. 15, f. Rapporti culturali).

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ficoltà logistiche e burocratiche ma soprattutto per un limite di prospettiva politica, il governo fascista finisce per dissipare il grande patrimonio di influenza e simpatie accumulato in due secoli presso il mondo intellettuale e artistico russo, facendosi superare nelle iniziative di promozione e scambio culturale da altri paesi, come Francia e Polonia.

In base ai documenti che si sono esaminati le prime notizie di una scuola italiana sono relative al 1889, quando per far fronte alle esigenze della colonia italiana locale fu aperta una scuola a Pietroburgo. Tuttavia nel 1903 la scuola veniva già chiusa, “dopo un’esistenza meschina e infruttuosa”, per carenza di mezzi e di iscritti (AM, b. 43, f. 4 Comitato degli italiani di Pietrogrado e AM, b. 78, f. Rapporti culturali). La comunità italiana di Pietroburgo era costituita all’inizio del secolo da circa 300 individui, la maggior parte dei quali artisti, ma anche commercianti, industriali, impiegati, liberi professionisti e operai.15

Dopo un intervallo di vent’anni, si hanno nuovamente notizie dell’istituzione di una scuola nel 1922, quando in una riunione del Comitato degli italiani di Pietrogrado si ventila la possibilità di riattivare un servizio educativo per la colonia italiana su nuove basi: invece di radunare in un unico locale una volta a settimana i bambini italiani di tutte le età, si propone di assumere un maestro che faccia lezione a domicilio. Partecipa alla riunione Umberto Zanotti Bianco, promotore del Comitato italiano per il soccorso ai bambini russi, che si pronuncia energicamente a favore di questa opzione, dichiarando che, una volta assunto il maestro, “il Comitato dei Bambini provvederà all’invio dei libri e degli oggetti di cancelleria necessari per l’insegnamento” (AM, b. 43, f. 4 Comitato degli italiani di Pietrogrado).

Tuttavia il progetto non va a buon fine e nel dicembre 1923 Gaetano Paternò della Delegazione commerciale a Mosca pone nuovamente la questione della riapertura della scuola (Scuole, 1923-1928, III, b. 655, f. Russia). Fatte le dovute indagini, l’istituzione viene considerata “non vitale”, esattamente come vent’anni prima: secondo il cav. Narducci, reggente il consolato di Leningrado, la cosa “dovrebbe essere risolta come lo fu allora, dato che le condizioni attuali della colonia sono ancor meno favorevoli di quel che fossero in quell’epoca, quando la colonia stessa contava persone facoltose e una Società di Beneficenza che manteneva a sue spese la scuola” (AM, b. 78, f. Rapporti culturali). Il governo italiano non prospetta ai diplo-

15 Per notizie sulla composizione delle colonie italiane di Pietrogrado e Mosca all’inizio del secolo rimando al capitolo Il rimpatrio dalla Russia della comunità italiana, in Giorgio Petracchi, Da San Pietroburgo a Mosca: la diplomazia italiana in Russia, 1861-1941, cit., pp. 210-225. Il saggio trae informazioni sulla colonia di Pietroburgo principalmente dalla pubblicazione di Raffaele Pirone, La colonia italiana di Pietroburgo, Tipografia dell’Accademia Imperiale delle Scienze, 1911. Pirone, console italiano a Pietrogrado dal 1916, fornisce qualche informazione anche sulla scuola italiana presso il consolato.

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