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L’emigrazione intellettuale
L’emigrazione russa nei fondi del Ministero degli Affari Esteri 45
tra amici e conoscenti. La proposta della donna, che rimane inascoltata, è audace quanto disperata:
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Né io né mio marito abbiamo amici qui e per ogni opera che mio marito nobilmente fa per servire l’Italia si deve sputare sangue, nel vero senso della parola, per cavarne qualche lira per noi…
Il fascicolo comprende un lungo testo dattiloscritto di analisi del libro di Anan’in su Leopardi datato agosto 1940 (b. 369, f. Le drame de Leopardi. Anagnine Eugenio).
Tra i fascicoli che riguardano più strettamente le opere, un paio sono dedicati a libri di Maksim Gor’kij, alcuni vietati nel 1936 (b. 578, f. Gorky Maxim),19 un altro nel 1938 (b. 419, f. La culture et le peuple). Mentre nel 1943 la Storia della Russia20 di Nikolaj Ottokar riceve parere positivo per la ristampa, giacché il libro “risulta scritto con perfetta obbiettività di storico”, tuttavia l’incaricato dell’esame del volume (il cui nome è indicato a margine del documento) richiama l’attenzione su una frase “sottolineata a p. 149, inopportuna al giorno d’oggi e che può essere soppressa senza nuocere alla serietà scientifica del libro” (b. 471, f. Storia della Russia. Ottokar Nicola).
Al filosofo Nikolaj Berdjaev sono intestati due fascicoli, entrambi relativi all’opera Un nouveau Moyen-âge, 21 di cui si riproduce in traduzione italiana un lungo estratto intitolato Democrazia, socialismo e teocrazia (b. 375, f. Un nouveau Moyen-âge di Berdajeff, f. Berdiaev Nicola. Un nuovo medioevo).
Per fare l’esempio di nomi meno noti, due fascicoli sono intestati a Grigorij Alekseevič Aleksinskij, ex deputato della Duma, autore di libri anticomunisti, emigrato a Parigi (b. 529, f. Alexinski Gregoire, b. 533, f. Alekinski Gregoire).22 Lo stesso Aleksinskij, che nel 1943 al Ministero “non sembra persona da meritare molto credito”, nel 1937 aveva proposto all’ambasciatore d’Italia a Parigi, Cerruti, un’anteprima di un suo libro su Lenin, giacché un capitolo riguardava l’Italia, e aveva omaggiato il governo italiano della brochure di argomento geopolitico Ou et pourquoi va l’Humanité?, scritto da un ex colonnello della cavalleria dei cosacchi del Don, poi divenuto tassista a Parigi (AP, 1931-45, b. 26, f. Miscellanea).
19 Le opere di cui si vieta l’introduzione e la circolazione in Italia sono: Un événement extraordinaire (ed. Parigi 1936); Dans les bas fonds (ed. Parigi 1936); Problems of Soviet Literature (di autori vari tra cui Gor’kij, ed. Londra 1936, contiene due pp. di descrizione dell’opera); Days with Lenin (ed. New York 1936). 20 Nicola Ottokar, Breve storia della Russia: Linee generali, Bari, Laterza, 1936. 21 Nicolas Berdiaeff, Un nouveau Moyen âge: reflexions sur le destinées de la Russie et de l’Europe, traduit du russe par A. M. F., Paris, Plon, 1927. 22 Uno dei due fascicoli riguarda il volume Gregoire Alexinsky, Un quart de siècle de régime communiste: bilan d’une experience, preface de M. Armand Meggle, 1941 (MINCULPOP, b. 529).
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Negli elenchi del MINCULPOP si trovano anche nominativi di semplici impiegati del Ministero, come il traduttore Petr Urusov, che lavora per il servizio stampa estera del Ministero della Cultura Popolare dal 1940 al 1944 (MINCULPOP, b. 471, f. Ourousoff Pietro) o Dmitrij Rodionov,23 interprete del servizio intercettazioni dal 1935 almeno fino al 1941 (b. 482, f. Radionoff Demetrio).24 Il fascicolo di Eva Kuhn contiene un solo documento del 1937, in cui la moglie di Giovanni Amendola si propone al Ministero per lo spoglio di giornali e riviste straniere e per traduzioni (MINCULPOP, b. 439, f. Kuhn Eva - traduttrice varie lingue).
Come si è detto, anche in altri fondi possono trovarsi singoli documenti o brevi carteggi su esponenti della cultura russa attivi in Italia, anche se perlopiù si tratta di informazioni non rilevanti. Per fare qualche esempio: nel 1922 il Ministero della Pubblica Istruzione chiede di poter inviare in Germania Boris Jakovenko per uno studio sull’ordinamento dell’insegnamento tecnico (AP, 1919-30, b. 1533); un faldone del 1925 contiene notizie sulla scultrice e traduttrice Lydia Pavil de Pavigli Tacconi e sui cantanti Nikolaj e Natal’ja Rakovskij (AP, 1919-30, b. 1545); al 1928 risalgono le pratiche del visto della collaboratrice del Museo delle Belle Arti di Mosca, Ol’ga Ivancova, che si reca alcuni mesi a Napoli e Pompei per ricerche (AP, 1919-30, b. 1551, f. Passaporti);25 un carteggio della primavera del 1930 riguarda le caute manovre per far emigrare in Italia Georgij Anan’in, fratello dell’esule Evgenij Anan’in, che riesce infine a ottenere il visto (AP, 1919-30, b. 1561, f. Protezione); nel 1933 è segnalato il fermo del giornalista italo-russo Ivan Bergamasco* per propaganda antisovietica nel porto di Napoli (AP, 193145, b. 11, f. Incidenti vari); nel marzo 1936 Tat’jana Suchotina Tolstaja chiede il permesso di tenere una conferenza sul padre nella sala Borromini a Roma “in favore dei cattolici russi residenti in Italia” (AP, 1931-45, b. 22, f. Rapporti culturali); nell’agosto 1938 ottiene un visto d’ingresso per motivi
23 Dai fascicoli della Polizia politica (ACS) intestati a Dmitrij Rodionov e a suo fratello Michail, pittore, sappiamo che i due si trovano in Italia da prima del 1924 insieme alla sorella Vera. Simpatizzanti del regime, entrambi i Rodionov forniscono informazioni alla polizia politica sui russi bianchi che si trovano in Italia. Michail era il collegamento italiano con i Mladorossi (vedi M. Canali, Le spie del regime, Bologna 2004, p. 703). Anche Vera, a partire dal 1938, lavora come traduttrice per il Ministro della Cultura Popolare. Nel 1941 il capo di gabinetto del Ministero chiede ragguagli su Dmitrij e Vera al capo della polizia Carmine Senise poiché i due sono oggetto di una denuncia anonima che li definisce agenti provocatori di sentimenti anti-tedeschi. 24 Alle intercettazioni delle trasmissioni in russo dell’Ispettorato Radio del Ministero della Cultura Popolare, da quanto si apprende dalla premessa all’inventario delle Carte Benigni (p. 11), lavorò anche Andrej Šeremetev, e il servizio era coordinato da esperti quali il linguista Antonino Pagliaro e il giurista Tomaso Napolitano. 25 Ol’ga Mitrofanovna Arnol’di Ivancova non tornerà più in Urss, come si apprende dalla scheda biografica di Giuseppina Giuliano consultabile sul web www.russinitalia.it.
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di studio il famoso architetto Boris Iofan, che aveva vissuto e studiato in Italia diversi anni ed è titolare di un passaporto sovietico ordinario (AP, 193145, b. 31, f. 7 - passaporti).
Tra gli Affari Politici si trova un carteggio sul critico Akim L’vovič Volynskij, studioso di Leonardo da Vinci: nel novembre 1920 il sovrintendente del Castello sforzesco, che ospita l’Archivio storico civico e al suo interno la Raccolta Vinciana, chiede al Ministero degli Esteri di interessarsi perché Volynskij sia lasciato tornare in Italia da Pietrogrado, dove versa “in tristissime condizioni di salute”, nella speranza che possa curarsi adeguatamente e proseguire i suoi studi. La pratica è sollecitata al Comune di Milano dal comm. Michele Ivanov di Roma (verosimilmente si tratta del compositore Michail Michajlovič Ivanov), e inoltrata alla Legazione d’Italia a Revel’, ma tra le carte del fondo AP non se ne trova l’esito, che con ogni probabilità fu negativo. Si apprende però che Volynskij aveva fatto una donazione di 1.300 lire alla Raccolta Vinciana, facendo anche omaggio all’ente fondato da Luca Beltrami di tutti i volumi utilizzati nelle sue ricerche su Leonardo (oltre duecento opere), per cui il Comune di Milano si considera in debito nei suoi confronti (AP, 1919-30, b. 1522). Il nome di Volynskij torna anche in un documento del 1926 relativo a traduzioni italiane di suoi libri: AM, b. 82, f. Pubblicazioni.
È invece tra le carte dell’Archivio del Commercio che troviamo un piccolo fascicolo intestato a Vjačeslav Ivanov: alla fine del 1926 il Collegio Borromeo di Pavia chiede al Ministero se nulla osti dal punto di vista politico all’assunzione di Ivanov, già avvenuta “in via provvisoria”, presentato da Nikolaj Ottokar dell’Università di Firenze come uno dei maggiori scrittori russi degli ultimi trent’anni (Almo Collegio Borromeo a Ministero degli Esteri, Pavia, 7 novembre 1926. AC, 1924-26, Italia, f. 54/60 – testo riprodotto in Appendice). Da Mosca l’ambasciatore Manzoni invia informazioni rassicuranti sul profilo politico di Ivanov, del resto il consiglio del Collegio aveva autonomamente ritenuto che, nonostante i contatti tenuti dallo scrittore con le autorità dell’Urss, il suo espatrio e il contenuto della sua opera deponessero a favore di un orientamento teorico e spirituale diverso da quello sovietico.
È frequente che intellettuali russi emigrati in diversi paesi europei scrivano al Ministero degli Affari Esteri, sperando di ottenere un sussidio dal governo italiano per continuare a svolgere le loro ricerche, come accade per l’autore di opere religiose Kolosovskij, emigrato in Bulgaria (AP, 1919-30, b. 1557, f. Miscellanea); mentre gli artisti tentano di farsi pagare trasferte e spettacoli, come Dmitrij Andreev, ex arpista di Nicola II emigrato a Parigi, che nel 1932 chiede al duce una sovvenzione per una tournée in Asia (AP, 1931-45, b. 7). Un fascicolo del 1937 è intestato allo scrittore russo Ivan Solonevič residente a Sofia, collaboratore del giornale «Golos Rossii», a tendenza monarchica, e autore di libri antibolscevichi sulla Russia contempo-
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ranea tradotti in diverse lingue (AP, 1931-45, b. 31, f. 2). Non è chiaro quale sia il legame o l’interesse del Ministero nei confronti dell’autore, ma probabilmente il rapporto informativo proveniente dalla Legazione di Sofia è preliminare alla traduzione delle sue opere, uscite in italiano nel 1939.
Evitando di segnalare tutte le piccole tracce lasciate nell’archivio del Ministero degli Affari Esteri da esponenti del mondo della cultura russa, faccio l’esempio delle notizie che riguardano i giornalisti, categoria su cui il Ministero degli Esteri e il Ministero della Stampa e Propaganda mantenevano un discreto controllo.
Le prime segnalazioni in ordine cronologico riguardano Grigorij Kirdecov,* pseudonimo di Lev Dvoreckij o Dvoržeckij, giornalista socialista vissuto in Italia nei primi anni del secolo, che nel 1906 è corrispondente per l’«Avanti!» da Pietroburgo, dove era noto anche come Fitz-Patrick e con cui ebbe a che fare l’ambasciatore d’Italia in Russia (Serie P, b. 716, f. Rivoluzione in Russia e b. 728, f. Calvino, Caffi, Leviné); negli anni successivi alla rivoluzione, dopo un tortuoso percorso ideologico, Kirdecov passa al servizio dei bolscevichi ed è il primo addetto stampa dell’ambasciata dell’Urss a Roma nel 1924 (DG Personale, X, R 2, b. 33, f. Russia 1923-27). Gli succede nel 1925 un altro giornalista che aveva vissuto a lungo in Italia all’inizio del secolo, quel Samuil Pevzner,* sospetto anarchico, che era stato tra i fondatori nel 1912 dell’Associazione della stampa estera e aveva frequentato le colonie russe di Roma e Liguria (Serie P, b. 721, f. Sudditi russi emigrati in Italia 1906-08 e Serie Z, b. 48, f. Russia – Anarchici 1909-15); dopo alcuni anni di servizio all’Ambasciata, rifiutatosi di rientrare a Mosca nel 1928, Pevzner si stabilisce a Milano, dove tra l’altro fa il corrispondente di «Poslednie novosti» (DG Personale, X, Russia, b. 44, f. 1925-32; AP, 1919-30, b. 1556).
Un fascicoletto della Serie P è intestato al pubblicista russo Petr Ryss, autore di libri sull’Italia: se ne apprende che è stato espulso dal Regno al principio della guerra italo-turca e che il decreto di espulsione è stato revocato nel 1913, quando ha chiesto un nuovo visto per l’Italia da Pietroburgo (Serie P, b. 346).
Tra i russi segnalati a Nervi nel 1915 (Serie Z, b. 48, f. Russia) compare il nome di Isaj Fišel’son, studente di Pietrogrado, che negli anni Venti risulta iscritto all’Associazione lombarda dei giornalisti (MINCULPOP, b. 87, f. Associazione della stampa estera), alla stessa associazione nel 1921 è iscritto Savelij Šeftel’, che scrive per «Echo» di Kovno e altri giornali di Riga (MINCULPOP, b. 309), mentre nel 1922 si incontra tra i giornalisti stranieri che avevano diritto alle riduzioni dei biglietti ferroviari i nomi dello storico Mark Slonim, inviato in Italia da «Volja Rossii» (MINCULPOP, b. 309) e di Pantelejmon Michajlovič Popov, corrispondente da Trieste “di giornali russi che si stampano a Berlino e Francoforte” dal 1920 al 1922, costretto a la-
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sciare il paese perché sospettato di spionaggio a favore della Jugoslavia e della Francia (AP, 1919-30, b. 1530, f. Bolscevismo).
Articoli di Michail Pervuchin, corrispondente da Roma di diversi giornali russi, sono conservati, tradotti e commentati in varie serie: nel 1914 si traduce una corrispondenza uscita su «Russkoe slovo» “sullo stato psicologico degli italiani” rispetto alle notizie di un conflitto imminente (Serie P, b. 346), nel 1921 un altro suo articolo pubblicato sul giornale antibolscevico di Helsinki «Novaja russkaja žizn’» (AP, 1919-30, b. 1527).
Cenni su Konstantin Ketov, pseudonimo di Ivan Krejnert, corrispondente dell’Agenzia telegrafica di Pietroburgo e fondatore, insieme a Mark Šeftel’, dell’Ufficio della Stampa russa (1917), si conservano in fondi differenti e in un fascicolo personale nel MINCULPOP, relativo al 1934, quando il giornalista ormai senza lavoro e con tre figli a carico chiede un sussidio al governo italiano (AP, 1919-30, b. 1527 e b. 1541, f. Affari politici, 1° semestre; Archivio di Gabinetto, 1910-23, cas. 63, f. 1176 Ketoff Costantino; MINCULPOP, b. 586, f. Ketoff Kreinert Costantino; Affari commerciali, 1919-23, Russia, b. 161, f. Pagamento conti telegrafici del Soviet di Mosca).
Sergej Kosov, apolide russo in Italia dal 1936, corrispondente di giornali dell’emigrazione, è destinato in campo di concentramento nel 1941 per sentimenti ostili alle potenze dell’Asse, sebbene sia collaboratore di testate italiane come «Forze Armate», «Milizia fascista», «Azione coloniale», «Il lavoro fascista» e altre (b. 320, f. Kossof Sergio).
Tra i corrispondenti della stampa russa in Italia si annovera il georgiano Carlo (Scialva) Béridzé, residente a Napoli, traduttore in italiano di Shota Rustaveli e in georgiano delle massime del duce (MINCULPOP, b. 375, f. Beridzé Scialva Carlo); mentre è corrispondente da Roma di giornali svizzeri, estoni e ungheresi il fuoriuscito russo di origini estoni Giorgio Popov, autore di libri antibolscevichi, considerato uno specialista di cose russe e come tale più volte interpellato dal Ministero (MINCULPOP, bb. 313, 614, 617); il giornalista apolide russo Michail Ivanovič Kravčenko de Kasboulatt, residente dagli anni Venti a Roma, dove fa il libraio, nel 1942 è iscritto alla Associazione stampa estera e scrive per il giornale di Tokio «Nichi Nichi» (MINCULPOP, b. 438, f. Kravtchenko Michele); non mancano neanche informazioni su giornalisti ucraini, come l’apolide Jaroslav Stec’ko, del partito nazionalista, il quale con lo pseudonimo di Ivan Belendys nel 1940 redige un notiziario ucraino mensile a uso della stampa italiana (MINCULPOP, b. 541, f. Belendys Iwan).
Nonostante il titolo, i fascicoli “giornali e giornalisti” del fondo AP contengono solo occasionalmente notizie su testate e giornalisti russi, perlopiù raccolgono invece bollettini stampa inviati al Ministero dalle sedi diplomatiche di Mosca e Leningrado. Si tratta della selezione e traduzione da parte del personale diplomatico di articoli di giornali sovietici ritenuti inte-
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ressanti per la conoscenza del paese e delle sue relazioni con l’Italia, una vera e propria rassegna stampa a cadenza settimanale.
Nel periodo precedente al riconoscimento de jure della Russia bolscevica si trova materiale analogo raccolto, tradotto e commentato da Andrea Caffi, addetto alla Delegazione commerciale italiana a Mosca sotto la direzione di Giovanni Amadori dal 1922 al 1923. I “bollettini Caffi”, con numerazione progressiva, sono relativi al periodo che va dall’agosto 1922 fino al maggio 1923 (AP, 1919-30, bb. 1530, 1536-1539; anche AM, b. 32, f. 3 - Relazioni economiche/politiche Italia-Russia 1922 e b. 42, ff. 3 e 4). Si tratta di materiali di grande interesse, sia in considerazione della penna che li redige, sia per i contenuti proposti: attraverso la lettura critica della stampa Caffi riferisce a Roma su ogni aspetto della vita politica ed economica della Russia sovietica. Sulla figura di Andrea Caffi e la sua attività in Russia l’Archivio del Ministero degli Affari Esteri conserva varia documentazione sparsa in diversi fondi, utile anche per una ricostruzione degli anni giovanili della biografia rivoluzionaria di questo “socialista irregolare” (si veda la documentazione inedita sui suoi primi arresti in età giovanile nel fondo Serie P, b. 721, f. Caffi Giuseppe; b. 728, f. Calvino M., etc.). Sulla presenza e l’attività di Caffi a Mosca si può consultare diverso materiale (AM, b. 51, ff. 2 e 3; AP, 1919-30, b. 1534, f. Missione Voronski e ripresa relazioni commerciali), tra cui un telegramma di Amadori dell’agosto 1922 relativo al suo arresto da parte della polizia politica sovietica:
Ritengo però arresto semplicemente preventivo motivato da sue vecchie amicizie con persone politiche arrestate questi giorni. […] Arresto Caffi coincide con altri numerosi arresti di menscevichi e social rivoluzionari e con una certa situazione allarmistica determinatasi a Mosca in rapporto prossima sentenza processo socialisti rivoluzionari ed in seguito risultato negativo Conferenza internazionale. Caffi per sua attività menscevica fu altre volte arrestato. Presentemente niente segnalava sua presunta attività politica (Mosca, 4 agosto 1922. AP, 1919-30, b. 1532)
Inoltre esiste un documento “da non divulgare” del 1923 sulle Vittime del terrore bolscevico, che la Delegazione commerciale a Mosca invia direttamente al Capo del Governo e che probabilmente è l’ultima importante relazione di Caffi nel periodo moscovita (Gabinetto, 1923-43, b. 160, f. Russia bolscevica).
Sempre nell’ambito della stampa, diverso materiale riguarda le pubblicazioni russe dell’emigrazione con sede all’estero. Nel 1934 il Ministero raccoglie informazioni sul giornale «Vozroždenie», in passato sottoposto a divieti e sequestri, che si decide di non vietare in Italia, come suggerisce l’ambasciatore italiano a Parigi:
Il giornale, per se stesso, non può fare né bene né male in Italia, essendo antibolscevico e anticomunista, e interessando quasi esclusivamente i russi emigrati. La sua interdizione nel Regno può soprattutto dipendere da un criterio di opportunità politica nei riguardi del Governo dell’Urss (AP, 1931-45, b. 15, f. Giornali e giornalisti).
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Anche da Varsavia e Mosca si assicura che il giornale è innocuo, “appartenendo a gruppi politici che possono essere considerati politicamente morti” (MINCULPOP, b. 529, f. Amfiteatrof Ilaria). Nel 1937 Julij Semenov, direttore del quotidiano dal 1927, contatta di sua iniziativa il Ministero degli Esteri con una “offerta”, di cui non conosciamo i contenuti, che viene valutata, sempre attraverso le informazioni fornite dall’ambasciata a Parigi, e respinta tra i più generici sospetti: “Venendo all’offerta specifica del Semenoff, credo mio stretto dovere raccomandare la più oculata prudenza nei riguardi dei giornalisti russi e del Semenoff stesso. Anche prescindendo dalle eventuali infiltrazioni sospette di cui ho già avuto occasione di parlare a proposito di La Renaissance, non mi pare si tratti di gente che dia assoluto affidamento di serietà” (AP, 1931-40, b. 24, f. Russia-Italia). L’informatore fa anche notare che il giornale, diventato di recente da quotidiano settimanale, naviga in cattive acque e forse il direttore è in cerca di nuovi appoggi. Tra i detrattori di «Vozroždenie» c’era stato in passato anche l’informatore Umberto Benigni, che in un rapporto del 1925 mostrava come lo scrittore Boris Zajcev, pur dicendosi amico dell’Italia ed essendo stato ospitato nel 1923 dall’IpEO, istituto finanziato dal governo, firmasse articoli di propaganda antifascista sul giornale parigino (il riferimento in particolare è ad un articolo del 1 dicembre 1925. Carte Benigni, b. 11, f. 10411).
I giudizi sull’indirizzo politico delle pubblicazioni degli emigrati russi sono di continuo sollecitati alle ambasciate dagli organi competenti italiani, che non abbassano mai la guardia nei confronti della stampa russa, di qualunque matrice sia, e che nel dubbio preferiscono vietare. Il più delle volte i provvedimenti di censura si rivelano frutto di un esame superficiale dei materiali e di un atteggiamento di generico ma radicato sospetto degli organi italiani di polizia nei confronti del mondo dell’emigrazione russa, come nel caso di «Poslednie Novosti» («Dernières Nouvelles») di Parigi, vietato nel 1937 per presunte pubblicazioni antitaliane, poi riammesso in seguito alla richiesta diretta del redattore Igor’ Demidov, il quale – sorpreso del provvedimento preso a carico del giornale – assicura che questo non ha mai attaccato il Regime e che ha solo riprodotto degli scritti di origine sovietica a titolo di documentazione (AP, 1931-45, b. 26, f. Stampe). Tuttavia il giornale torna a essere vietato verso la fine dell’anno successivo, “in seguito accurato esame ultimi numeri” e solo in via eccezionale è recapitato a istituzioni o personalità di provata fiducia, come l’Istituto Russicum di Roma o la contessa Tat’jana Tolstaja (MINCULPOP, b. 789, f. Dernieres Nouvelles).
La maggior parte dei materiali che evidenzia il rapporto di continua tensione tra la stampa russa dell’emigrazione e la censura fascista è prodotto dal Ministero dell’Interno e conservato nell’Archivio Centrale dello Stato (Direzione Generale di Pubblica Sicurezza, categoria A4 – Stampa estera), ma anche il fondo MINCULPOP presso l’ASMAE conserva alcuni fascicoli su pubblicazioni della diaspora russa: su «Vozroždenie» si può vedere un fa-
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scicolo con documenti del 1928 e del 1935 (MINCULPOP, b. 883, f. Renaissance; sul giornale vedi anche il fascicolo intestato a Illarija Vladimirovna Sokolova: b. 529, f. Amfiteatrof Ilaria); su altri periodici editi a Londra, Shangai, Parigi e talvolta sottoposti a sequestri divieti: b. 887 (f. Russia Today,f. Russian Daily News, f. La Russie Illustrée, ecc.); su «Poslednie Novosti» vedi b. 789, f. Dernieres Nouvelles, fascicolo corposo, con documenti dal 1936 al 1940 e la riproduzione in italiano di diversi articoli sull’Italia.
Sempre relativamente alla stampa dell’emigrazione, un fascicolo del MINCULPOP contiene materiale sull’appello del 1927 di un gruppo di scrittori sovietici, pubblicato sui giornali dell’emigrazione russa in Europa e riguardante le drammatiche condizioni, in cui sono costretti a lavorare gli autori in Urss, in particolare a causa della censura. Aldilà dell’interesse del documento, riprodotto in parte o integralmente da numerosi giornali italiani, il caso è particolarmente interessante perché, come dimostrano le carte d’archivio, portò all’attuazione di provvedimenti concordati tra la censura fascista e quella sovietica in merito all’ospitalità data nei periodici dei due paesi ai fuoriusciti dei rispettivi regimi, e quindi alla limitazione dello spazio concesso alle voci dell’emigrazione russa sulla stampa italiana.
Apparso sui quotidiani italiani come Il J’accuse degli scrittori russi contro la tirannide sovietica, l’appello suscita lo sdegno del governo sovietico, che per voce dell’addetto stampa dell’ambasciata dell’Urss a Roma, Samuil Pevzner, protesta con il governo italiano per aver permesso la pubblicazione delle invettive antisovietiche degli scrittori dissidenti. Ne nasce un’aspra diatriba con il capo ufficio stampa del Presidente del Consiglio, conte Giovanni Capasso Torre, che fa notare al collega con quale disinvoltura i giornali sovietici pubblichino testi dei comunisti italiani e usino sempre un linguaggio oltraggiosamente antifascista “che non può contribuire a risvegliare nella stampa italiana quel sentimento di equanimità verso il regime sovietico da lei invocato”. Al carteggio tra gli addetti stampa è allegata tutta la documentazione incriminata: ritagli di giornali, traduzioni di articoli, vignette offensive e altro. La conciliazione tra le parti, tutta ai danni dei dissidenti e della libertà di stampa, si risolve con l’impegno dell’Urss a non dare troppa visibilità ai fuoriusciti comunisti italiani, e con disposizioni italiane alle redazioni dei giornali, diramate attraverso i prefetti, perché evitino di ospitare lettere polemiche di emigrati russi o testi tratti dai loro giornali:
Ora prego V.S. officiare discretamente direttori giornali perché tralascino offrire tale ospitalità che spiace particolarmente autorità sovietiche. Resta beninteso giornali libertà critica regime sovietico ogni campo ma est bene che giornali parlino per loro conto e non ricorrano elementi russi ostili loro governo (Capo ufficio stampa della Presidenza del Consiglio ai Prefetti del Regno, Roma, 1 agosto 1927. MINCULPOP, b. 725, f. Russia 1920-1927, sf. Articoli russi su giornali italiani).
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La Russie Illustrée - Illjustrirovannaja Rossija, Parigi 21 maggio 1938
La Russie Illustrée - Illjustrirovannaja Rossija, Parigi 21 maggio 1938
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L’emigrazione russa nel mondo
Se alla presenza russa in Italia sono dedicati molti documenti del fondo AP degli anni Venti, allargando lo spettro di interesse all’emigrazione russa in genere, i materiali sono ancora più cospicui. Dal punto di vista dalla provenienza, le fonti sull’emigrazione russa si possono dividere in tre categorie: la prima, meno sostanziosa, è costituita dalle relazioni di confidenti del Ministero degli Esteri che sono in contatto con le colonie degli emigrati in Europa e riferiscono sul loro conto; la seconda è costituita da materiale proveniente dalle sedi diplomatiche italiane all’estero; la terza, la più ricca fonte di notizie, sono gli emigrati stessi.
Per quanto riguarda la prima categoria, un fascicolo intitolato “Rapporti vari” del 1921 (AP, 1919-30, b. 1526) contiene cinquanta rapporti manoscritti, in una grafia molto leggibile, di Adolfo Drago, un componente forse non ufficiale della delegazione italiana alla Commissione delle riparazioni della Conferenza della Pace, sugli ambienti russi di Parigi. Le relazioni confidenziali di Drago rivelano una conoscenza approfondita della comunità russa, frequentata almeno per il periodo aprile-agosto 1921, e sono corredati di una rassegna della stampa francese su vicende russe, di notizie generali e informazioni personali su singoli membri della colonia. Aldilà dell’affidabilità dell’informatore, che riferisce ancora nel 1922 sulla Conferenza di Genova (AP, 1919-30, b. 1530) e continuerà durante gli anni Trenta a fornire alla polizia notizie sui russi in Italia siglandosi Adier,26 questo materiale rivela un interesse notevole del Ministero per l’universo degli esuli russi, tanto che la missione a Parigi di Drago sembrerebbe avere l’unico obiettivo di studiarlo. Negli ultimi rapporti da Parigi si legge del desiderio dell’informatore di continuare la sua opera presso i russi emigrati a Berlino.
Da altre relazioni confidenziali di minore entità e interesse si deduce che il Ministero disponeva di una rete di informatori all’estero, apparentemente non legati alle sedi consolari, che seguiva con una certa attenzione i movimenti di presunte “spie” russe attive tra gli emigrati (vedi per esempio la relazione confidenziale sulla spia Alessandro Selezneff in AP, 1919-30, b. 1527). Tra questi vi è anche Umberto Benigni, che dispone a sua volta di almeno un informatore che lo aggiorna da Parigi nei primi anni Venti sugli indirizzi politici delle varie formazioni russe in Francia e su singole personalità, con un bollettino dal titolo “Révolution et Contre-Révolution russe”, abbreviato in “R. et CR russe” (Carte Benigni, b. 11, f. 10461 e f. 10464; b. 13, f. 0103 e ff. 01-023). Benigni riferisce inoltre sui russi in Germania e Serbia, sui massoni russi in tutta Europa, sugli interessi americani negli af-
26 L’informazione mi è stata suggerita da Mauro Canali, che ricostruisce l’attività di Drago come informatore dell’OVRA in M. Canali, Le spie del regime, Bologna, Il Mulino, 2004.
L’emigrazione russa nei fondi del Ministero degli Affari Esteri 55
fari russi, e tra le sue carte vi sono i proclami in italiano, francese e inglese del granduca Kirill Vladimirovič rivolti al popolo e all’esercito russo nel 1922 (b. 13, ff. 012-020). Tra i corrispondenti parigini di Benigni vi è Marija Bogdanova, fondatrice del comitato antibolscevico “La Sainte Russie”, e probabilmente il noto barone Konstantin Vrangel’ (Carte Benigni, b. 13, f. 06 e 011).
Nella seconda tipologia rientrano i rapporti che giungono al Ministero degli Esteri dalle sedi diplomatiche in Europa, da dove i gruppi della diaspora russa sono osservati come vere e proprie entità politiche in formazione, che potrebbero avere un peso negli avvenimenti europei. Nel 1919 l’ambasciatore polacco a Roma redige un dettagliato rapporto sull’organizzazione dell’emigrazione russa in Serbia, che la Legazione italiana a Belgrado è incaricata di studiare ulteriormente per capire “1. Quale atteggiamento, palese od occulto, assuma la suddetta organizzazione nei confronti della questione adriatica; 2. Se essa sia avversa, come lo era la politica russa dell’antico regime, alla fusione dei serbi con i croati” (Conferenza della Pace, b. 41, f. 15). L’addetto militare a Belgrado segnalerà molti anni dopo, nel 1937, la nascita di una nuova organizzazione promossa in Jugoslavia da ufficiali russi, ma non a carattere esclusivamente militare: “La Piccola Russia”, nata grazie al sostegno tedesco (AP, 1931-45, b. 23, f. 1).
Diverse relazioni da Monaco e da Copenaghen del giugno 1921 riguardano il Congresso monarchico russo tenutosi a Reichenhall, in Alta Baviera, con delegazioni di emigrati russi provenienti da tutto il mondo, compresi gli USA. Il Congresso, presieduto da Aleksandr Krupenskij, fratello dell’ex ambasciatore a Roma, vede riunite le varie anime monarchiche dell’emigrazione russa, tra cui due schieramenti facenti capo l’uno al generale Vasilij Gur’ko, favorevole al granduca Dmitrij, e l’altro al generale Petr Vrangel’, favorevole al principe Alessandro di Serbia. L’evento aveva l’obiettivo evidente, sebbene non ufficiale, di “combinare un piano d’azione diretto alla restaurazione monarchica della Russia” e come tale fu seguito con attenzione anche dalle sedi di Berlino, Vienna e Belgrado. Le indiscrezioni, gli articoli della stampa e le relazioni dettagliate raccolte dal Ministero rivelano un interesse generalizzato in Europa per gli esuli russi e una preoccupazione politica tale che le autorità tedesche fecero in modo che il congresso si chiudesse in anticipo sul programma (AP, 1919-30, b. 1527).
Già con minore enfasi sono seguiti i convegni internazionali dell’emigrazione russa in Europa negli anni successivi: il congresso di Parigi dell’aprile 1926, di cui si fa portavoce in Italia Aleksandr Mjasoedov, già primo segretario dell’Ambasciata imperiale di Russia a Roma (MINCULPOP, b. 2, f. Affari generali), cui prendono parte 375 delegati provenienti da 28 paesi, tra cui “i rappresentanti più qualificati dell’élite intellettuale della scienza, della finanza, della letteratura” (cito l’informativa senza data che si trova in: Carte Benigni, b. 11, f. 10461), o la riunione dei monarchici russi,