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La crisi di luglio
-La “crisi di luglio”
Tutti i governi… e la grande maggioranza delle nazioni sono di per sé pacifiche, ma la situazione era sfuggita di mano284 .
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Con queste parole, pronunciate dinanzi al governo tedesco durante la seduta del 31 luglio 1914, Bethmann Hollweg tendeva a spiegare non tanto le cause dello scoppio della Grande Guerra quanto, fondamentalmente, il perché quella guerra scoppiò in quei giorni ed in quelle circostanze. Studiando con attenzione il confuso intreccio di nervosi colloqui, di ambigui dispacci, di sovrapposizione di ruoli, scopi e competenze, di contingenze, di ripensamenti, di sbalzi umorali che, fra il 28 giugno 1914 ed il 4 agosto dello stesso anno (giorno in cui la Gran Bretagna entrò in guerra), furoreggiò fra i più influenti personaggi politico-militari di Berlino, Pietroburgo, Londra, Vienna, Parigi e Belgrado, non avremmo grosse difficoltà a confermare, quantomeno, la sincerità dell‟asserzione del cancelliere tedesco. Tuttavia è questo un argomento che solo relativamente tocca il nostro tema. In altre parole, agli italiani non interessava conoscere le paranoie che angosciarono lo Zar Nicola e Sazonov quando decisero di ordinare la mobilitazione, o le imprecazioni di Guglielmo II contro i ritardi della diplomazia austriaca. Una volta che “la situazione era sfuggita di mano”, agli italiani interessava conoscere il frutto, e le possibili evoluzioni, di questa spiacevole situazione. A mo‟ di introduzione, basterà dire che la crisi innescata a Sarajevo inizia e si sviluppa come una crisi diplomatica tradizionale, una classica “crisi di gabinetto”, in principio anche meno rilevante, pericolosa e appariscente rispetto a quelle, simili, avvenute negli anni precedenti. Infatti, sebbene risulti evidente, sin dalle prime indagini, che il governo serbo sia in qualche modo implicato nel delitto, e sebbene tutt‟Europa, consapevole della gravità del crimine, attenda una dura reazione di Vienna, c‟è
284 Cit. in ivi, p. 306.
comunque una generalizzata fiducia nel fatto che “i meccanismi di equilibrio internazionale che hanno funzionato nelle crisi precedenti, riescano a contenere anche in questo caso la vendetta austriaca in termini accettabili dalla comunità internazionale”285. Di fatto, fino ad oltre la metà di luglio, la vita della stragrande maggioranza degli europei continua a scorrere tranquilla come sempre286 . In realtà, Vienna scorge nell‟attentato del 28 giugno, l‟agognato pretesto per sbarazzarsi definitivamente della Serbia (covo di terroristi nazionalisti slavi, polo d‟attrazione per la numerosa popolazione slava dell‟Impero, testa di ponte per l‟espansionismo russo nei Balcani e nell‟Adriatico)287, “eliminandola come fattore politico dai Balcani”288 , ma temendo una reazione russa ed una scomoda intromissione italiana, il 5 luglio, a Potsdam, chiede ed ottiene, finalmente e segretissimamente,
285 G. E. Rusconi, op. cit., p. 55. 286 “Un certo numero di diplomatici… udirono voci inquietanti, ma solo pochi… erano pienamente al corrente della situazione… l‟opinione pubblica era all‟oscuro di tutto… In Germania solo una ristrettissima cerchia di uomini era coinvolta nelle decisioni cruciali che si conclusero con la guerra, e allorché si trattò di prendere la decisione, furono consultate non più di una dozzina di persone. Lo stesso poteva dirsi dell‟Austria. I cospiratori portarono avanti il loro lavoro silenziosamente e occultamente mentre l‟Europa, ignara di tutto, si crogiolava al sole d‟estate e si godeva le vacanze”. Cfr. D. Fromkin, op. cit., p. 196. 287 Già dal 1903, quando con un colpo di stato a Belgrado la dinastia dei Karadjordjevic (sostenuta dalla Russia) scalza quella degli Obrenovic (filoaustriaca), l‟Austria comincia a temere per il potenziale destabilizzante della Serbia nei suoi confronti, ed inizia a pensare di eliminare in qualche modo la minaccia. I progetti austriaci diventeranno sempre più decisi e bellicosi dopo le due guerre balcaniche, che renderanno la Serbia più grande, potente, ambiziosa e legata alla Russia. Nel 1913 l‟Austria tentò di coinvolgere le potenze della Triplice a sferrare un attacco alla Serbia, ma le venne a mancare sia l‟appoggio tedesco (a causa della riluttanza di Guglielmo II a rischiare una guerra generale) che quello degli italiani, appena usciti dalla guerra di Libia, interessati allo status quo e a non lasciarsi coinvolgere in una grande guerra. Il 21 marzo 1913 Giolitti scrive a Di San Giuliano: “Qualsiasi azione militare… Austria… provocherebbe… azione militare Russia. Insistenza Austria per averci associati a sua azione militare tende… a togliere a noi libertà d‟azione… nostra azione scatenerebbe guerra europea, mentre Austria se lasciata sola forse se ne asterrà”; il 5 aprile Giolitti scrive ancora a Di San Giuliano: “Né Scutari né lo stretto di Corfù valgono una guerra europea… in questa non ci lasceremo involgere se non vi è un nostro grandissimo interesse o si verifichi rigorosamente il casus foederis… nostro fine… evitare… guerra europea; se questa avvenisse non averne responsabilità e non esservi implicati”. In F. Gaeta, La crisi di fine secolo, cit., pp. 418-419. In ogni caso Conrad Von Hötzendorf propose, fra il 1906 ed il 1914, una guerra preventiva contro la Serbia per ben trentadue volte. Cfr. Leo Valiani, La dissoluzione dell‟Austria-Ungheria, Il Saggiatore, Milano 1985 (I ed. 1966), pp. 11-86. 288 Questa frase racchiude, per Vienna e Berlino, varie ipotesi riguardo il destino della Serbia: annientamento, smembramento, riduzione di territorio a vantaggio di altri Stati balcanici e/o dell‟Impero asburgico, oppure semplicemente la sconfitta serba e l‟obbligo per quest‟ultima a stringere un‟alleanza con l‟Austria-Ungheria.
dall‟umorale Kaiser Guglielmo (furibondo per l‟uccisione del suo amico Francesco Ferdinando e deciso a ridar vigore al principio monarchico dopo il “regicidio” di Sarajevo) e da Bethmann (pressato dai vertici del suo stato maggiore i quali ritengono, da un lato, che la guerra contro le potenze dell‟Intesa sia comunque, in futuro, inevitabile, e dall‟altro, che la “finestra delle opportunità” stia per chiudersi)
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, l‟incondizionato appoggio diplomatico e, se necessario, militare in un‟azione punitiva contro Belgrado. Con lo scorrere dei giorni, ai diplomatici europei più perspicaci, fra cui Di San Giuliano,290 il quadro generale della faccenda comincia a diventare, paurosamente, sempre più nitido; verso la seconda metà di luglio, molti cominciano ad accorgersi che il blocco delle Potenze centrali, pur architettando un‟ “azione localizzata per punire la Serbia”, sta concertando, in realtà, una strategia di coercizione armata per imporsi seriamente nel sistema europeo, o mettendo diplomaticamente in scacco l‟Intesa, o scatenando una guerra.
Se la faccenda finisce bene… ci si potrà intendere con una Russia delusa dalle potenze occidentali… su un Austria… soddisfatta…; Se la guerra arriva, arriva da una mobilitazione russa, prima quindi di… trattative. Allora non c‟è più niente da trattare… dobbiamo attaccare per poter vincere291 .
E gli Italiani? Già il 4 luglio 1914, Bollati, discutendo con Jagow sulle possibili conseguenze dell‟attentato di Sarajevo, affermava che se l‟Austria si fosse estesa nei Balcani, l‟Italia avrebbe invocato l‟art. VII della Triplice, chiedendo compensi; in particolare “l‟Italia chiederebbe Trento, e
289 Secondo Moltke, la Germania, già pronta alla guerra, doveva quanto prima aprire le ostilità perché le possibilità di vincere sarebbero diminuite di anno in anno, considerando che Francia e Russia, non ancora preparate ad un conflitto, stavano rapidamente armandosi e colmando il divario. 290 Di San Giuliano a Malagodi (luglio 1914): “[Le potenze centrali] non vogliono la guerra; ma il passo libero, a qualunque costo. A Vienna si son fitti in testa che se la Serbia questa volta non è umiliata, la… esistenza dell‟Impero è minacciata... A Berlino si spera che la questione si risolva senza guerra, ma… la Germania crede di non avere altro appoggio all‟infuori dell‟Austria e non vuole perderlo, rimanendo isolata in un Europa che non le vuole… bene. Insomma o la Russia cede e si rassegna o l‟Austria attacca la Serbia e la Germania rimane al suo fianco per qualunque evento…; non mi pare pensabile che la Russia ceda, perdendo di colpo la posizione che si era fatta nei Balcani con mezzo secolo di lavoro diplomatico, di propaganda e con una grande guerra”. Cfr. O. Malagodi, op. cit., pp. 14-15. 291 Dal diario di K. Riezler, in G. E. Rusconi, op. cit., p. 61.
Valona se l‟Austria prendesse un pezzo d‟Albania”
292. Dieci giorni dopo, l‟ambasciatore italiano a Berlino, insospettito dai toni della stampa tedesca, sempre più aggressivi verso Serbia, Russia e Francia, e sempre più solidali con l‟Austria, tornava alla carica, chiedendo a Jagow le vere intenzioni di Vienna. Il segretario di stato tedesco diceva di non essere a conoscenza delle reali intenzioni del governo austro-ungarico, parlava di “un atto energico per impedire il riprodursi di simili eventualità”, ma contemporaneamente rassicurava Bollati che non ci sarebbero state grosse complicazioni293. Lo stesso giorno Di San Giuliano rispondeva:
I rapporti tra Italia e Austria possono essere… messi in pericolo da gravi questioni… che si riferiscono ad interessi importanti, non facilmente conciliabili, delle due potenze… credo non convenga lasciarci cogliere alla sprovvista dagli avvenimenti… e affrettarsi a stipulare… accordi soddisfacenti per entrambe…; ottenere che la Germania sondi il terreno…per un accordo italo-austriaco in previsione dei possibili eventi… nella penisola balcanica…; affinché tale positiva azione si esplichi… è necessario che… Berlino…e Vienna si penetrino… nella profonda differenza esistente tra i loro paesi ed il nostro… dell‟impossibilità pel Governo italiano di seguire… una politica non voluta dall‟opinione pubblica e dalla… Camera…; Gli accordi… da stipulare tra Italia e Austria debbono essere corrispondenti alla volontà, al pensiero, al sentimento d‟opinione pubblica e Parlamento…; i sentimenti degli italiani verso l‟Austria erano nella scorsa estate… amichevoli… tutti gli atti amichevoli… compiuti dell‟Austria durante la guerra libica, erano stati… messi in evidenza… quelli poco amichevoli… tenuti… segreti…; i decreti di Hohenlohe… offesero… la Nazione italiana, che da quel momento si è mostrata sempre più ostile all‟Austria… inclinata a vedere nell‟Austria una nemica… e nella politica di intimità tra Roma e Vienna una… politica ingenua, vigliacca, dannosa. Si è… esaltata la politica dei giri di valzer… si va cominciando a riflettere… se non sia più naturale e conveniente l‟adesione alla… Intesa, di cui una potenza è affine a noi… e due sono al pari di noi guidate da principi… moderni…; Tale è oggi lo stato degli animi in Italia… Per l‟Italia è essenziale che l‟equilibrio dell‟Adriatico… rimanga inalterato, o almeno non sia modificato a nostro danno l‟attuale proporzione di potenza, estensione e popolazione tra Italia e Austria…; in conseguenza dell‟assassinio dell‟Arciduca… la nostra politica deve… impedire… un ingrandimento territoriale dell‟Austria, cui non corrisponda un adeguato compenso territoriale in nostro favore… la difficoltà è aggravata… dalla impossibilità di appoggiare l‟Austria qualora essa presenti alla Serbia domande incompatibili coi principi liberali del nostro diritto pubblico e ispirate alle tendenze non ancora morte a Vienna né a Berlino, cui si ispirano… i sostenitori del legittimismo e del diritto divino 294 .
292 Cit. in ivi, p. 58. Ciò in risposta al telegramma di Di San Giuliano del 4 luglio (DDI, 4, 12, 77) in cui il ministro si mostra “preoccupato del pericolo di un serio turbamento che minaccia i rapporti tra Italia e Austria” in Albania, per il Lovcen, in Serbia e Montenegro. Cfr. anche DDI, 4, 12, 336 e ss., dove si parla di eventuali compensi in territori dell‟Impero asburgico. 293 Cfr. DDI, 4, 12, 204, Bollati a Di San Giuliano, 14 luglio. 294 Cfr. DDI, 5, 12, 225. Lo stesso giorno Flotow (ambasciatore tedesco a Roma) comunica le posizioni di Di San Giuliano a Jagow il quale le inoltra a Tschirschky, ambasciatore tedesco a Vienna. A Berlino (molto più che a Vienna) si reputa vitale la permanenza dell‟Italia nella
Di San Giuliano ha una visione molto chiara della situazione che si
sta per creare ed è fermo nel proposito di rivendicare la completa libertà d‟azione per l‟Italia, e nel voler mantenere inalterata la parità di potenza tra Italia e Austria nei Balcani e nell‟Adriatico, indipendentemente da ciò che può avvenire in seguito ai fatti di Sarajevo. Insomma alla Consulta c‟è chi comincia a capire la possibile evoluzione della crisi, e si va adeguando a suo modo295 .
L‟ultimatum austriaco viene consegnato a Belgrado il 23 luglio, dando quarantotto ore come scadenza per la risposta. La reazione di tutt‟Europa è negativa, considerato che la nota austriaca è palesemente inammissibile per uno stato sovrano. Ciò nonostante, il governo serbo accoglie la gran parte delle richieste austriache, ma Vienna, secondo copione, si dichiara insoddisfatta296, ed il 28 luglio schiera le sue armate alla frontiera Serba, fra la Sava ed il Danubio, cominciando a sparare allo scoccare della mezzanotte. A questo punto, la Russia, oltre a pesanti proteste diplomatiche, decide di attuare quelle misure di mobilitazione che, secondo le previsioni di Riezler, si riveleranno fatali.
Triplice. Nelle istruzioni a Tschirschky, la Wilhelmstrasse faceva presente che: “Un conflitto austro-serbo non avrebbe costituito… casus foederis per l‟Italia…; ogni mutamento nei Balcani a favore dell‟Austria avrebbe dato diritto a compensi per l‟Italia…; era opinione di Jagow che l‟Austria si mettesse… d‟accordo col governo italiano… in modo da ottenere, se non una cooperazione, cui non era vincolato dal trattato, per lo meno una rigorosa neutralità…; l‟unico compenso di… valore per gli italiani era… il Trentino, con la quale si poteva tacitare l‟austrofobia dell‟opinione pubblica. Jagow… riteneva necessario che il governo viennese… confrontasse la perdita del Trentino coi vantaggi che altrove… avrebbe ottenuto”. Cfr. A. Monticone, La Germania, cit., pp. 17-19. Per il testo e la storia della Triplice alleanza si può vedere A. Répaci, op. cit., cap. 1 e 3. 295 “Nel 1913… l‟Italia impedì azioni militari dell‟Austria in Albania e… Serbia, rifiutando la sua partecipazione…; l‟ultimatum contro la Serbia del 23 luglio… fu preparato in segreto dall‟Austria con la Germania, tenendo studiatamente al buio la terza e ai loro occhi non fida alleata, la quale non ne seppe nulla, e forse stimò conveniente, per aver le mani libere, non avvedersi neppure di quel tanto di cui le doveva giungere notizia o sentore”. B. Croce, Storia d‟Italia, cit., pp. 280-281.
296 Per i testi dell‟ultimatum austriaco e della risposta serba, cfr. D. Fromkin, op. cit., pp. 349-357.