Year XIV - n 3 - ottobre 2009 Periodico Trimestrale di Ricerca e VRQ in Medicina Generale fondato nel 1996 da SIQuAS VRQ (area Cure Primarie) e SIMG sezione di Verona. Comitato editoriale: V.Caimi, L.Falasca, M.Grassi, P.Quattrocchi, P.Schianchi, A.Vaona Collaboratori: A.Battaggia, A.DallaVia, S.Girotto, G.Gottardi, M.Valente, G.Visentin Sito Web: http://www.rivistaqq.it In collaborazione con http://www.netaudit.org
Iscrizione Tribunale di Verona n. 1187 del 12/12/95
La Qualità e le Qualità In Medicina Generale
Proprietario ed Editore: Assoc. “Qualità Medica” Direttore Responsabile: Roberto Mora Direttore Editoriale: Enzo Brizio Direttore Scientifico: Francesco Del Zotti francesco.delzotti@tin.it Editorialista: Mario Baruchello mario.baruchello@tin.it Collaboratori Internazionali: Julian Tudor Hart, Paul Wallace Direzione: Via dell’Artigliere, 16 – Legnago (VR) Redazione: c/o Ordine dei Medici di Vicenza, Via Paolo Lioy, 13 - 36100 Vicenza
I memorabili workshop di Bertinoro su Netaudit e fragilità, alla presenza di Hart e Dean La ricerca per la medicina generale: dati poveri da numeri significativi o dati consistenti da persone “insignificanti”? Il concetto di fragilità per favorire l’equità sanitaria: il contributo di Julian Tudor Hart Il modello del medico generale di Julian Tudor Hart La qualità e le qualità in medicina generale - Momenti di una storia Il P.I.C.E.N.U.M. study: una iniziativa per la misura e il confronto dei dati e delle performance professionali in medicina generale ICPC-2R: una classificazione internazionale delle cure primarie adatta alla medicina di famiglia Modello predittivo combinato per migliorare la performance dei MMG Epi Info come strumento per l’audit clinico: il Registro del Diabete per i MMG Progetto VEDICLIS: creare e motivare un gruppo per un audit clinico Un nuovo modello per l’individuazione dei soggetti anziani fragili nella popolazione residente della provincia di Ravenna Net-Audit e l’SQL
I MEMORABILI WORKSHOP DI BERTINORO SU NETAUDIT E FRAGILITÀ, ALLA PRESENZA DI HART E DEAN Francesco Del Zotti – Direttore di Netaudit – MMG Verona Questo numero risulta speciale, secondo varie prospettive. Esso descrive l'ampio respiro culturale e l'eccezionalità del congresso EGPRN-‐Bertinoro, che il dr. Petrazzuoli assieme al dr. Buono, al dr. Falasca e al nostro gruppo di Netaudit hanno organizzato in primavera. Intanto abbiamo avuto ospiti di eccezione: il dr. Julian Tudor Hart dal regno Unito, il prof. Dean e la dottoressa Consuelo Beck-‐Sangue dagli USA. Molti hanno potuto ascoltare nel congresso, oltre ai numerosi relatori provenienti da tutta Europa, Julian Tudor Hart ed il fondatore di Epi Info (prof. Dean), in plenaria e in workshop su Netaudit, Epi Info e la fragilità. Noi del gruppo italiano “Netaudit” abbiamo organizzato una pre-‐conference in cui abbiamo messo a confronto vari metodi ed esperienze di Audit in Medicina Generale (MG) italiana. Non ci soffermeremo sulla nostra esperienza, il cui resoconto potete leggere nel nostro sito (www.netaudit.org) e nella lunga storia della rivista QQ, le cui prospettive vengono richiamate in questo numero da Mario Baruchello.
1 3 5 6 7 8 9 11 12 13 13 14
Con brevi articoli-‐abstract diamo in particolare un resoconto dei workshop su Netaudit e audit in MG e di quello sulla “fragilità”. Il numero ospita l'intervento in esclusiva (per www.rivistaqq.it) del maestro di riferimento della nostra rivista, l'amico Julian Tudor Hart, che sin dall'inizio del nostro percorso (ormai nel lontano 1996) ha voluto essere presente al nostro fianco, tra i collaboratori internazionali fissi della rivista. Egli qui ci fornisce una chiave di lettura della sua vita e, nel nostro piccolo, dei nostri sforzi: secondo Hart in Medicina Generale non si può ambire alla "ricerca" semplicemente basandosi sull'obiettività. Bisogna combinare uno sperimentalismo di vita e di professione, ancora prima che obiettivi di ricerca in senso stretto. Tutto ciò porta i nostri sforzi oltre il semplice adattamento della ricerca epidemiologica o clinica "classiche". Le collaboratrici del dr. Falasca a Ravenna -‐ Livia Lo Presti, Anna Marcon e Agnese Accorsi -‐ ben hanno messo in evidenza i nuclei forti del pensiero di Hart e dei nostri ospiti stranieri. L'avvicinamento al problema-‐fragilità richiede certo una mente curiosa ed indagatrice, ma come Hart sostiene, richiede come "vis a tergo" sia una autentica e umana passione, sia la ricerca di “verità” socialmente scomode ed innovative. Utili infine possono risultare, in questo ambito, cartelle computerizzate rinnovate e aperte alla logica fluida dei sistemi e della fragilità, così come da me descritto in un
QQ - anno XIV n 3 - Speciale Congresso EGPRN Bertinoro 2009 - www.rivistaqq.it - Pag. 1
mio articolo del numero di questa rivista dell'agosto 2009. Un secondo motivo di eccezione del convegno è stata la presenza del prof. Dean ai workshop organizzati dal nostro gruppo Netaudit-‐EpiInfo. Nel nostro gruppo abbiamo sempre tenuto fede alla filosofia freeware tipica di prodotti di qualità per la medicina come EpiInfo ed Epidata. In Italia la MG, un po' per sua indole “libertaria” un po' per necessità (la MG non è finanziata da apparati), sin dall’inizio della sua storia ha sempre utilizzato a piene mani questi strumenti. In ciò abbiamo avuto sempre la fortuna della collaborazione fraterna del dr. Falasca (epidemiologo della direzione sanitaria di Ravenna e coordinatore nazionale di EpiInfo). Per noi è stato un vero privilegio ospitare a Bertinoro il prof. Dean con la sua validissima collaboratrice e compagna di vita dr.ssa Consuelo Beck-‐Sangue. Questa storia di collaborazione vede il suggello nella decisione di allargare il comitato editoriale con la presenza del dr. Pasquale Falasca. Il coraggio intellettuale testimoniato dai nostri tre ospiti stranieri è una conditio sine qua non, in Italia, per i MMG che vogliano diffondere le idee e di ricerca in MG. In effetti, viviamo in un Paese in cui parole vincenti, come "Ricerca", sembrano appartenere solo a grandi apparati industriali, di sanità pubblica o accademici. Rispetto a molti altri paesi europei, i MMG italiani vivono il disagio di un relativo isolamento rispetto alle grandi "cattedrali" istituzionali. Questo disagio, però, non ha impedito ad alcuni gruppi di MMG di seguire strade disagiate ma interessanti per lo sviluppo della curiosità organizzata. Netaudit e le altre storie parallele di gruppi di MMG italiani sono state presentate a Bertinoro nello specifico workshop. Tutte queste esperienze hanno in comune 3 ingredienti: a) ricerca che sfrutta le tecnologie della rete online b) partecipazione individuale volontaria c) diffusione gratuita di nuovi metodi, strumenti e metodi informatici di qualità (EpiInfo, Epidata, Sql) ed abilità per il self-‐audit e per la messa in comune di dati anonimi. Ma veniamo a sintetizzare in breve il senso di ciascuna iniziativa. Il Dr Misericordia, per il Picenum Study, ci ha mostrato come combinare in maniera "economica" una batteria di criteri e benchmark già pronti e condivisi; la facilitazione ed automatizzazione del processo di estrazione dei dati da vari software; il portale di un grande sindacato (la FIMMG). Vi è spazio di collaborazione con sistemi di audit come Netaudit, che tende ad una logica complementare: un gruppo di MMG, seguito nel tempo, che stabilisce percorsi di Netaudit al suo interno mediante un processo
partecipativo-‐embriologico passo-‐passo, di varia e crescente complessità. Buona parte del successo di Picenum sta nelle diffusione via web di strumenti concettuali formidabili dell’informatica moderna. Spicca, in questa prospettiva, il linguaggio di interrogazione dei database SQL, che nel workshop il dr. Farinaro, membro di Netaudit, ha illustrato con passione. Lo scopo di Farinaro non è tanto quello di pretendere che ogni MMG impari i tecnicismi dell’SQL, quanto quello di trasmettere la profondità “concettuale” dell'informatica, nuovo linguaggio della scienza moderna; di incoraggiare almeno qualche MMG leader a conoscerne i rudimenti così che sia possibile, per i gruppi o Cooperative, poter realizzare agevolmente estrazioni di primo livello dal database; o sia possibile dialogare meglio con gli informatici di loro fiducia. Sempre a proposito di metodi “concettuali” dell'audit, i colleghi Buono, Casadei e Cavicchi sostengono che la diversità irriducibile della MG e della sua ricerca pretenda un sistema di classificazione, più idoneo alla MG: il sistema ICPC. Al di là di quale sistema di classificazione usare, penso che non sia più procrastinabile un modo diverso di usare i “codici”. Anche il sistema tradizionale ICD contiene aspetti psicosociali e gestionali in genere piuttosto trascurati da noi MMG, che spesso ci attardiamo nella moltiplicazione di codici simil-‐ospedalieri in cartella. Ma al di là delle nuove procedure informatiche, lo sviluppo degli audit in MG necessita di una nuova articolazione della relazione dei MMG tra loro e dei MMG con altri operatori sanitari. Questa prospettiva è stata sviluppata da Rigon e Vaona, che nel worksop hanno presentato “Vediclis”, un originale progetto della provincia di Verona in cui si è sviluppata un'osmosi tra diffusione delle competenze informatiche di una trentina di MMG e il legame di questo sviluppo con l'ECM, legame sostenuto dalla compresenza di specialisti di riferimento del gruppo nonché di siti e blog su internet. Falasca, infine, ha mostrato come un Audit tra MMG possa essere di stimolo per concretizzare una nuova frontiera: un Audit multi-‐livello e condiviso tra MMG e Centri Antidiabete pubblici. Per finire, a me sembra che il messaggio principale uscito dai workshop del Congresso di Bertinoro stia nella necessità di radicare le nuove idee e nuovi metodi -‐ della collaborazione professionale ed informatica -‐ nel terreno dell'antica passione per la professione e per la testimonianza di indipendenza, personificate dalle storie e opere di Julian Tudor Hart e Andrew Dean.
QQ - anno XIV n 3 - Speciale Congresso EGPRN Bertinoro 2009 - www.rivistaqq.it - Pag. 2
LA RICERCA PER LA MEDICINA GENERALE: DATI POVERI DA NUMERI SIGNIFICATIVI O DATI CONSISTENTI DA PERSONE “INSIGNIFICANTI”?
della malattia. Quando, ancora giovane, lavoravo a Londra come medico di famiglia, seguivo da vicino il lavoro di Sir George Pickering sulla distribuzione della pressione arteriosa in vasti campioni di popolazione, e le sue battaglie ideologiche con Sir Robert Platt. Dopo una vita spesa per la ricerca sulla natura della cosiddetta “ipertensione essenziale”, Pickering concluse che questa non era una malattia, bensì un rischio continuo distribuito, con vari risultati vascolari cronici. Sir Robert Platt sosteneva, dal canto suo, che la popolazione poteva essere suddivisa in due categorie: persone malate con l’ipertensione e persone normali senza ipertensione. I medici si occupavano del primo gruppo, ma non del secondo. Citando Pasteur, “la fortuna aiuta le menti preparate”. Visto che ero un marxista, per me era ovvio che il lavoro di Pickering spalancava le porte a territori inesplorati della ricerca e dell’azione clinica. Non all’interno degli ospedali, ma nelle cure primarie, ambito in cui avremmo potuto studiare intere popolazioni, in particolare nelle diverse realtà, di vita e di lavoro. Tutti i medici che, dopo un tirocinio in ospedale, iniziavano la professione in medicina generale, affrontavano lo stesso enorme problema: scoprivano che, rispetto a quanto avevano studiato in ospedale, pochissimi pazienti mostravano problemi circoscritti, isolati e facilmente classificabili. Ciò che trovavano nelle cure primarie era un caos, un marasma in cui le classificazioni ufficiali della malattie potevano adattarsi solo a una piccola minoranza di pazienti. In altre parole, per la maggior parte delle persone visitate, la conoscenza pregressa dei medici non era utilizzabile. Ne consegue che le nostre lacune fossero numerose. E se non sai, devi organizzarti per colmare quelle lacune. Perciò la ricerca nelle cure primarie era sia necessaria che potenzialmente ricca di risultati.
Julian Tudor Hart Testo dell’intervento presentato alla Conferenza della European General Practice Research Network, Centro Residenziale Universitario di Bertinoro, Italia 9 Maggio 2009 Già prima di lasciare la scuola nel 1945, mi ispiravo ad una visione marxista del mondo, ma in una dimensione romantica, adolescente, comicamente libresca. Entrai a medicina con l’obiettivo di aiutare la gente povera che capiva il mondo meglio di quanto lo capissi io. Mi piacevano i messaggi semplici. Le prove contrastanti e i dubbi non facevano che confondermi e distrarmi dal mio obiettivo. Ai giovani attivisti piacciono i messaggi semplici, lo stesso vale per qualche pensionato. Fui obbligato a crescere nel 1956 quando tutte le certezze politiche crollarono, per chiunque avesse la capacità di pensare per proprio conto. Contemporaneamente alla fine dell’impero britannico a Suez e dell’impero sovietico a Budapest, una prima profonda crepa si è aperta nella concezione imperiale
Lo studio sull’ipertensione sembrava un buon punto di partenza, poiché la sua diffusione continua e la sua costante relazione con il rischio di morte o di invalidità sembrava assomigliare a quella di altri importanti problemi di salute che rappresentavano la maggioranza delle malattie croniche osservate nelle cure primarie: insufficienza respiratoria cronica, diabete di tipo 2 e obesità, depressione ricorrente o demoralizzazione, alcolismo e numerosi altri processi in cui, in qualsiasi stadio del loro sviluppo, non viene riscontrata alcuna distinzione qualitativa tra persone normali e persone con queste cosiddette malattie. Se fossimo riusciti a tenere sotto controllo l’ipertensione in intere popolazioni nel luogo in cui vivevano e lavoravano, forse avremmo ottenuto un modello affidabile per preservare, mantenere e recuperare la salute anche in altri contesti. Ho lasciato il tirocinio che svolgevo in un quartiere povero di Londra innanzitutto per acquisire maggiore esperienza come giovane medico ospedaliero e poi come apprendista in epidemiologia; prima con Sir Richard Doll ed in seguito con Archie Cochrane. Il legame era politico. Nel dopoguerra, l’avanguardia degli epidemiologi era socialista: si trattava di riformisti
QQ - anno XIV n 3 - Speciale Congresso EGPRN Bertinoro 2009 - www.rivistaqq.it - Pag. 3
laburisti o di rivoluzionari comunisti. Quindi ho avuto la fortuna di far parte della Old Comrade Network (OCN), che equivale alla Old Boys’ Network. Attualmente rimane ben poco della OCN mentre la OBN sopravvive ancora. La ricerca ancora oggi si concentra principalmente sugli ospedali che erogano servizi alla popolazione “plebea”. C’è sempre stato un accordo tacito: i poveracci ricevono cure all’avanguardia gratuite, in cambio si lasciano studiare e si sottopongono ad esperimenti. Nelle comunità delle aree carbonifere, Cochrane studiava le popolazioni povere fuori dall’ospedale, dove le cure mediche venivano fornite da medici generici che lavorano in condizioni e con risorse molto simili a quelle della prima guerra mondiale, con visite ambulatoriali della durata di circa 2 minuti. Sono così tornato ad essere medico di famiglia, deciso a fornire cure primarie avanzate come condizione necessaria per la ricerca e l’insegnamento nel mondo reale al di fuori dell’ospedale, così come avveniva all’interno dell’ospedale. Oltre ai centri di eccellenza, c’era bisogno di creare delle periferie di eccellenza. Ho sposato Mary Thomas, che faceva parte dello staff di Cochrane, educata secondo i suoi altissimi standard di metodologia della ricerca. Mary comprendeva l’importanza del lavoro di squadra in fase di raccolta dei dati, e coglieva le profonde implicazioni della randomizzazione negli studi sperimentali. Insieme siamo riusciti a sviluppare un’unità periferica di eccellenza, finanziata dal Medical Research Council e supportata da una squadra di epidemiologi, statistici, specialisti di laboratorio e personale per l’elaborazione dati (il nostro lavoro precedeva l’era dei computer da tavolo). Per conto del Medical Research Council abbiamo pilotato progetti che hanno spianato la strada ad alcuni studi su vasta scala in tutto il Regno Unito. Seguendo le orme del lavoro di Pickering, abbiamo esplorato tutte le implicazioni dell’osservazione dei problemi di salute così come sono distribuiti nel corso della vita di intere popolazioni, sane o malate. La maggioranza degli epidemiologi raccoglieva pochi dati da vaste popolazioni, così ampie che i singoli individui coinvolti nelle ricerche perdevano la loro identità e diventavano numeri: dati anonimi, depersonalizzati e quindi dati impoveriti. Noi abbiamo lavorato solamente con 2.000 persone. I nostri studi più ampi, che includevano tutta la parte nord della Afan Valley e parte della Llynfi Valley (Galles del sud), contavano al massimo 5000 persone. Nonostante ciò, avevamo un’immensa banca dati di questa popolazione, accumulata nel corso degli anni, che comprendeva le cartelle di coloro che si erano trasferiti o erano deceduti. Erano persone in carne ed ossa, non numeri. Erano dati rappresentativi di coloro che, in tutto il mondo, hanno bisogni più urgenti e complessi, che dispongono di scarse risorse e registrano alti tassi di eventi clinici. Agli esperti che supervisionano centinaia di migliaia di pazienti nelle cliniche ospedaliere in trial multicentrici, e per tutti coloro che traggono profitto dal mondo così com’è oggi, le evidenze ricavate dalla nostra
piccola popolazione sembravano insignificanti: troppo pochi e troppo complicati per essere utili alle loro assunzioni riduzionistiche. Ma per i medici che sgobbano per avvicinare il mondo attuale al mondo possibile con un’applicazione razionale delle conoscenze, questi dati erano ovviamente significativi e stimolanti. Quando gli esperti insinuano che l’esperienza nelle cure primarie non è mai vasta abbastanza da andare al di là dell’aneddoto, noi possiamo rispondere organizzando la raccolta dei nostri aneddoti in storie comuni. Queste storie potrebbero essere decisamente molto più interessanti di tutto ciò che al momento troviamo sulle nostre (francamente noiose) riviste di medicina. Con il tempo ci siamo resi conto di un’altra dimensione, altrettanto importante: i singoli problemi di salute sono rari, e la maggior parte dei problemi nelle cure primarie coinvolgono più di una categoria medica o sociale. I sistemi sanitari che si basano su linee guida per la gestione dei singoli problemi presi separatamente, non lavoreranno in modo efficiente se si limiteranno a giustapporre queste linee guida, soprattutto quando la maggior parte dei pazienti presenta problemi multipli. Le linee guida diventano tubi verticali creati da e per gli specialisti, senza che i medici generici possano riconoscere e mantenere i legami interdipendenti, orizzontali, che si presentano nel mondo reale. Come ha sottolineato Barbara Starfield, questo è un settore vastissimo per la ricerca nelle cure primarie, che abbiamo appena cominciato ad esplorare. Molto probabilmente, le conseguenze economiche di queste ricerche non piaceranno agli azionisti delle aziende farmaceutiche che fanno di tutto per moltiplicare le prescrizioni e rendere continua la somministrazioni di farmaci. La frammentazione delle cure e la demoralizzazione degli staff medici e infermieristici, obbligati a svolgere compiti standardizzati, a compartimenti stagni, senza un minimo di creatività, imposte dal modello commerciale e industriale, applicato a tutto il settore sanitario dagli anni ottanta, ha soffocato la creatività, ignorato la responsabilità sociale, premiando invece la corsa al profitto e la raccolta di dati falsati. Al momento la quantità di dati raccolti è impressionante, ma sono dati altamente sottoposti a errori sistematici ed esposti a falsificazioni inaccettabili. Anche se tornassimo alla gratuità totale del Servizio Sanitario Britannico (NHS), il cui sviluppo è stato interrotto dall’offensiva commerciale degli anni ottanta, dovremmo ancora difendere a spada tratta l’indipendenza del giudizio clinico e della raccolta dei dati. Senza rispetto per i dati empirici e per la professionalità, apriamo la porta alla volgare pseudo-scienza di Lysenko e alla persecuzione intellettuale di Mao e di Pol Pot. Rinnovare l’esplorazione del mondo reale richiederà molta fatica e una politica consapevole molto diversa rispetto a quella del ventesimo secolo. Quando, nel 1992, Mary ed io siamo andati in pensione, la nostra unità di ricerca MRG Glyncorrwg ha esalato l’ultimo respiro. Come in quasi tutte le morti, la causa
QQ - anno XIV n 3 - Speciale Congresso EGPRN Bertinoro 2009 - www.rivistaqq.it - Pag. 4
non è mai una sola, ma possiamo individuare un fattore dominante: l’assenza di una leadership politica o filosofica nel periodo seguente al 1985, quando morirono anche gli ideali del socialismo appartenenti al ventesimo secolo. La motivazione e la leadership sono fondamentali: non solo devono essere una forza motrice, ma devono avere una vocazione sociale ben precisa. Tuttavia, voi siete la nuova generazione, avete l’opportunità di scrollarvi di dosso la demoralizzazione e la sfiducia dei vostri genitori. Dove c’è morte, c’è speranza. RINGRAZIAMENTI I miei più sentiti ringraziamenti vanno al Prof. Pasquale Falasca e al Dott. Franco Del Zotti per avermi incoraggiato ed aiutato. Ringrazio inoltre la traduttrice Livia Lo Presti per il suo ottimo lavoro. RIFERIMENTI bibliografici Mark Hamilton M, Pickering GW, Roberts JAF, Sowry GSC. The aetiology of essential hypertension. I. The arterial pressure in the general population. Clinical Science 1954;13:11-35. Mark Platt R. The nature of essential hypertension. Lancet 1960;i:1189-90. Mark Collings JS. General practice in England today. Lancet 1950;i:555-85. Mark Hart JT, Smith GD. Response rates in south Wales 1950-1996: changing requirements for mass participation in human research. In, Chalmers I, Maynard A (eds), Non Random Reflections on Health Services Research: on the 25th Anniversary of Archie Cochrane’s Effectiveness & Efficiency. London: BMJ Publishing Group, 1997:31-57. Mark Heath I, Rubinstein A, Stange KC, van Driel ML. Quality in primary health care: a multidimensional approach to complexity. BMJ 2009;338:911-3. Mark Starfield B. Primary and specialty care interfaces: the imperative of disease continuity. British Journal of General Practice 2003;53:723-9. Mark Richards J. Is there an elephant in the room? British Journal of General Practice 2009;59:376-7.
IL CONCETTO DI FRAGILITÀ PER FAVORIRE L’EQUITÀ SANITARIA: IL CONTRIBUTO DI JULIAN TUDOR HART a cura di Livia Lo Presti, Anna Marcon e Agnese Accorsi - Epidemiologia Ricerca & Sviluppo - Ravenna “Una persona fragile può essere riconosciuta con tre segni:
- diminuzione della forza e velocità del battito cardiaco - recenti modificazioni della rete sociale e ambientale (ritiro dal lavoro, morte di un familiare, mancanza di persone che possano prendersi cura in caso di malattia) - riduzione della capacità di badare a se stessi.” Julian Tudor Hart Il concetto di fragilità è una semplice, ma innovativa apertura alla nuova visione della solidarietà e della convivenza nel mondo interculturale che si apre alle porte. Queste affermazioni essenziali e innovative, cariche di esperienza umana e sociale, sono state pronunciate da Julian Tudor Hart, un medico 83enne, per 30 anni medico di famiglia nel sud del Galles, che ha studiato epidemiologia e si è occupato con scritti e conferenze della politica sanitaria dell’assistenza di primo livello. Tudor Hart è uno dei 200 medici più insigni del ‘900, secondo il British Medical Journal, ed è autore della legge inversa dell’assistenza: ipotesi che afferma che l’assistenza sanitaria erogata nelle zone deprivate tende ad essere utilizzata prima dai soggetti relativamente meno svantaggiati che vivono in quelle zone. Tudor Hart è stato ospite a Bertinoro insieme a Andrew Dean (medico epidemiologo che ha contribuito alla lotta contro le multinazionali delle sigarette degli Stati Uniti e che ha sviluppato Epi Info, il software gratuito che viene insegnato ai medici e infermieri italiani a Bertinoro) e Consuelo Beck-Sague (Pediatria dell’Epidemic Intelligence Service ed esperta di malattie Infettive dei Centers for Disease Control). I tre medici hanno tenuto alcune lezioni magistrali al seminario EQUITÀ e DIFFERENZE che si è svolto il 9 maggio 2009 presso il Museo Interreligioso di Bertinoro. Il seminario è stato organizzato dall’Azienda USL di Ravenna e dall’Agenzia Sociale e Sanitaria Regionale nell’ambito di un progetto di modernizzazione "Gestire le differenze nel rispetto dell'equità" della Regione Emilia-Romagna, in concomitanza con il congresso della European General Practice Research Network ospitato a Bertinoro dal 7 al 10 maggio. L’equità costituisce il nodo centrale di qualsiasi sistema sanitario che vuole affrontare le contraddizioni tra i bisogni di salute (pressoché illimitati) e la scarsità delle risorse necessarie per soddisfarli. L’obiettivo di un uguale utilizzo dei servizi a parità di bisogno è la forma di equità in base alla quale gli individui con bisogni simili dovrebbero essere ugualmente trattati. Ma l’equità è stata finora sottovalutata dai servizi sanitari, e questo emerge proprio quando più si accentuano le differenze nella società multietnica e multiculturale. “È stato dimostrato che le persone più povere ricevono dei trattamenti passivi ed assistenzialistici, mentre sarebbe necessario dedicare la giusta attenzione e garantire il maggior coinvolgimento di tutte le persone, indipendentemente dalla loro condizione socioeconomica”. Si sono infatti create diverse iniquità di sistema che vanno dalle differenze quali-quantitative nei servizi sociali e sanitari erogati nelle varie aree del paese, alle disinformate e lunghe liste d’attesa, allo scarso rispetto per il malato, agli sprechi e all’inappropriatezza delle richieste e delle prestazioni
QQ - anno XIV n 3 - Speciale Congresso EGPRN Bertinoro 2009 - www.rivistaqq.it - Pag. 5
erogate, al condizionamento della libertà di scelta dei malati, alla insufficiente attenzione posta al finanziamento e all’erogazione dei servizi per cronici ed anziani. L’interrogativo di come fare ad allocare e gestire al meglio le risorse disponibili garantendo al tempo stesso che tutti i cittadini possano esercitare il diritto alla tutela della salute indistintamente (equità) e possano ricevere risposte appropriate (la cura giusta alla persona e nel momento giusto), ripropongono le considerazioni iniziali di Tudor Hart sulla centralità del concetto di FRAGILITÀ. Avviare la ridefinizione dei servizi socio sanitari nel rispetto dell’equità e dell’appropriatezza è un processo che non può prescindere da un ampio, condiviso e misurabile concetto di fragilità: riconoscere i cittadini svantaggiati, a maggior rischio di eventi avversi (solitudine, isolamento, perdita di autonomia, impoverimento ed esclusione sociale, ecc.) che sono causa del progressivo manifestarsi di disabilità e non autosufficienza. Per individuare la fragilità in un individuo è però necessario comprendere quali sono i fattori di rischio (endogeni ed esogeni) che portano a tale fragilità analizzando l’individuo dal punto di vista sociale, psicologico, ambientale ed economico. “È molto importante individuare le persone più fragili in un’ottica preventiva, evitando che si rivolgano all’ospedale, in situazioni di emergenza. Per raggiungere questo è necessario prima di tutto imparare ad ascoltare il paziente.” Forse varrebbe la pena di introdurre nella pratica clinica alcuni elementi integrativi che includano diversi aspetti della condizione del paziente. Per esempio, chiedere se c’è qualcuno in grado di prendersi cura di lui/lei in caso di malattia grave, avere delle informazioni sulla rete sociale del paziente con un’unica domanda semplice, diretta, di facile comprensione. Questa considerazione si ricollega al dibattito sull’adeguatezza dalla ricerca scientifica, che negli ultimi anni si è dimostrata eccessivamente attenta a “misurare” un aspetto a discapito della comprensione della complessità della persona che ha di fronte. Più che somministrare una scala sarebbe necessario ascoltare in profondità il paziente, curarsi di lui e porre attenzione anche a quegli eventi che hanno a che fare con la persona più che con la malattia (ritiro dal lavoro, solitudine, disagio personale, ecc.). Quindi bisogna non limitarsi a raccogliere dati oggettivi, materiali, fisici, ma assumere una prospettiva sistemica, che pone al centro il paziente in un determinato ambiente, con le sue emozioni, sensazioni, relazioni sociali. In altri termini è necessario promuovere il coinvolgimento e la partecipazione del paziente, dedicando in primis più tempo per parlare con lui, per conoscerlo, per discutere sulle sue difficoltà e sui possibili trattamenti. Per meglio qualificare la fragilità del singolo si potrebbe essere portati a segnalare la presenza di singole malattie, di forme di disagio separate. Certo questo semplificherebbe la questione soprattutto agli specialisti chiamati a valutare il grado di fragilità del singolo problema, ma porterebbe a perdere di vista l’individuo, la persona con i suoi aspetti distintivi. C’è quindi un elemento di soggettività che spesso viene contrapposto
alla logica positivistica. Da quest’ultima provengono i molteplici tentativi di rilevare la fragilità con delle misure materiali tangibili (densità ossea; presenza di una o più complicazioni; ipertensione; compressione del coccige) e quantitative, che appaiono fornire delle formule attendibili sulla base delle quali prendere decisioni. Tale approccio viene spesso giustificato dicendo che “è necessario conoscere le piante per poter fare i giardinieri”. Nessuno mette in discussione questo aspetto, ma una cosa è conoscere le piante, un’altra è essere dei botanici! Il medico generalista ha un grande potere potenziale e grandi responsabilità,da questo punto di vista, che dovrebbe seriamente pensare di mettere a frutto. Il suo ruolo sociale e la vicinanza rispetto alle persone possono contare molto, sia direttamente che indirettamente per fare pressioni sulla politica. Introdurre il concetto di fragilità nella pratica clinica potrebbe favorire questo potenziale e sviluppare la prospettiva del paziente come co-produttore di salute. Il medico generalista potrebbe favorire così determinati processi, al fine di promuovere e rafforzare l'azione per un miglioramento della società e quindi della salute.
IL MODELLO DEL MEDICO GENERALE DI JULIAN TUDOR HART a cura di Livia Lo Presti* e Chiara Bodini** * Epidemiologia Ricerca & Sviluppo - Ravenna ** Centro Studi e Ricerche in Salute Internazionale e Interculturale - Bologna Alcuni studenti, medici e ricercatori hanno avuto l’opportunità, nel maggio 2009, di intervistare e conversare apertamente con il Dott. Julian Tudor Hart, noto medico generale del Galles, ha studiato con gli epidemiologi Richard Doll e Archie Cochrane e nel 2006 ha pubblicato "The Political Economy of Health Care: A Clinical Perspective”. Gli incontri si sono tenuti presso il Centro Salute Internazionale dell'Università di Bologna e in occasione del congresso europeo del EGPRN a Bertinoro. Il presente contributo vuole riassumere il modello teorico emerso da quel proficuo scambio di idee con JTH. Una costante che ha connotato ogni concetto espresso da Hart è stata senza dubbio la cifra fortemente politica che egli ha sempre voluto dare ai contenuti esposti. Dalle sue affermazioni emerge una lettura della realtà attuale sotto la lente di un marxismo lucido e ottimista. Innanzitutto la crisi economica di questo 2009 viene vista come un’opportunità per il settore sanitario (fortemente incentrato sul lavoro) per incentivare le relazioni e le interazioni sociali con lo scopo di assorbire i cambiamenti negativi e trasformarli in potenzialità di sviluppo. L’obiettivo è quello di far diventare “la medicina clinica, coerentemente con quanto sostenuto da
QQ - anno XIV n 3 - Speciale Congresso EGPRN Bertinoro 2009 - www.rivistaqq.it - Pag. 6
Giovanni Berlinguer, un settore politico ed un bene economico fondamentale”. È stato proprio l'impegno politico a condurre Hart verso la medicina. Nel corso degli anni, ha accumulato una lunga esperienza in qualità di medico di famiglia, il che gli ha permesso di venire a contatto con una popolazione di studio reale, sulla quale egli ha poi costruito le sue nuove teorie e ha rivisto alla luce della pratica quotidiana le conoscenze apprese all’università e nelle corsie dell’ospedale (un ambiente da lui descritto come “artificiale e specialistico”). È infatti nel contesto reale che si sviluppano le malattie, mentre invece la medicina clinica si è spesso sviluppata in una direzione classificatoria, ignorando o soprassedendo ai tanti e spesso confusi quadri clinici dei pazienti. La pratica della professione costituisce la base solida e credibile sulla quale poi andranno a svilupparsi i concetti che tanto stanno a cuore a JTH. La vicinanza ai pazienti “co-produttori di salute”, conferisce al medico e quindi alla sanità pubblica un forte ruolo sociale. Il medico, afferma Hart, è “una sorta di guardiano, avvocato dei suoi assistiti-pazientimilitanti attivi e partecipanti”. Stringendo un rapporto di confidenza e prossimità con il paziente, il medico riesce a fare da filtro rispetto al sistema sanitario, limitando l’accesso del paziente alle strutture ospedaliere. Grazie all’osservazione costante dell’individuo e dei dati raccolti su di esso, si possono prevenire numerose complicazioni che andrebbero poi a gravare sul sistema sanitario. Questo “filtro”, non solo aiuta a razionalizzare le risorse, ma contemporaneamente riesce a “difendere il paziente” da visite specialistiche inutili o che conducono a percorsi iatrogenici. L’approccio di Hart diventa quindi probabilistico e si discosta nettamente dalla logica di mercato che “promuove una visione verticale malattia-farmaco e una scissione fra malattia e persona”. Per Hart è fondamentale l’uso che il medico fa di un dato farmaco o di una certa apparecchiatura. Di qui la questione aperta a proposito dell’uso del personal computer negli ambulatori medici. Il computer può essere usato per le prescrizioni così come per la gestione delle cartelle cliniche ma colui che inserisce i dati deve essere successivamente in grado di interpretarli così da prendere le decisioni più corrette. Una grande quantità di dati clinici in formato elettronico è inutile se a questa non si accompagnano le ipotesi e le supposizioni sul paziente che generalmente un medico dovrebbe fare quando si accinge a scrivere a mano una cartella medica. Questo è un processo molto delicato, che dipende strettamente dall’individualità del medico che decide se omettere o inserire alcuni dati sul paziente, paziente che peraltro ha diritto in ogni momento a leggere ciò che il medico sta scrivendo sul suo conto. La riservatezza è essenziale almeno quanto l’instaurare un rapporto medico-paziente che sia aperto e franco, un rapporto in cui il medico può affermare di non avere a portata di mano una soluzione al disturbo del paziente sapendo che egli comprenderà, metterà da parte un atteggiamento esigente e si rimetterà alle decisioni del suo medico di famiglia. In Italia, ad esempio, sono anche i pazienti esigenti a portare alla competizione i medici, cosa che non necessariamente porta a risultati positivi. E qui
ritorna la critica al sistema medico-farmacologico attuale, che crea un sistema di retribuzione e incentivazione che non dà spazio ai “buoni comportamenti”, al dialogo o alla riflessione e porta alla “sterile adesione di un protocollo, applicato appunto a suon di incentivi economici”. Al centro dell’attenzione di Hart c'è l’individuo con tutti i suoi numerosi aspetti distintivi e soggettivi. Questa complessità spesso porta ad affrontare la fragilità della persona (di cui parleremo nel secondo contributo dedicato a JTH) con misure inadeguate, retaggio di quella visione verticale della medicina secondo cui ad ogni disturbo corrisponde un farmaco che lo possa curare. Di qui la funzione fondamentale dell’epidemiologia, che Hart definisce come “democratica poiché vuole includere il 100% della popolazione”. È grazie all’epidemiologia e ai software gratuiti come Epi Info che si è cominciato a raccogliere dati di alta qualità, sistemici, su piccoli campioni di popolazione analizzati tenendo in considerazione l’ambiente in cui quel dato gruppo vive e monitorando le relazioni sociali di quel gruppo in quanto parte di una comunità. “Naturalmente”, aggiunge Hart, “è fondamentale applicare con serietà e rigore le metodiche epidemiologiche, un buon quantitativo da integrare certamente con approcci qualitativi e interpretativi”. La pratica viene quindi guidata dai dati raccolti durante le inchieste per rispondere ai problemi della collettività. Dal problema del singolo ci si sposta verso i problemi comuni di gruppi omogenei per agire nell’ambito della prevenzione. Partendo dal presupposto secondo cui “le cure sanitarie devono essere garantire in quanto espressione di un diritto umano fondamentale”, ascoltare il paziente in profondità può divenire il mezzo più efficace per rilevare la sua fragilità e, in un’ottica preventiva, limitare quegli interventi sanitari che hanno alti costi per le strutture sanitarie.
LA QUALITÀ E LE QUALITÀ Momenti di una storia Mario Baruchello www.rivistaqq.it è il sito che accoglie dal 1996 la Newsletter “la Qualità e le qualità in medicina generale” in edizione integrale italiano/inglese. A Bertinoro siamo stati presenti con altri network di ricerca italiani al Congresso europeo EGPRN a presentare le nostre peculiarità di AAA (Artigiani Artisti Autonomi), con modestia ma anche con la orgogliosa consapevolezza di una posizione originale nel panorama italiano per la continuità, il collegamento internazionale, l’accreditamento scientifico, il miglioramento metodologico delle ricerche presentate, il collegamento al circuito Netaudit e non ultimo la assenza di pubblicità.
QQ - anno XIV n 3 - Speciale Congresso EGPRN Bertinoro 2009 - www.rivistaqq.it - Pag. 7
La veste grafica essenziale e minimalista sarà probabilmente migliorata in un prossimo futuro ma un PageRank eguale a 5 è una buona performance paragonabile a siti di ben altro peso economico, culturale e organizzativo e attesta una riconosciuta posizione per continuità e livello di complessità elevato. In termini pratici vuol dire che digitando ad es. le parole chiave medicina generale / qualità compariamo nelle prime voci su motori di ricerca generalisti come www.google.it www.google.com Siamo l’unico sito italiano di medicina generale sino ad oggi in link su WONCA International (vedi figura): http://www.globalfamilydoctor.com
IL P.I.C.E.N.U.M. STUDY: UNA INIZIATIVA PER LA MISURA E IL CONFRONTO DEI DATI E DELLE PERFORMANCE PROFESSIONALI IN MEDICINA GENERALE Paolo Misericordia (Staff del PICENUM study)
Abbiamo qualche problema legato all'età media del team redazionale, ma recenti inserimenti di giovani medici fanno promettere bene; non vi è dubbio che la autoreferenzialità sia un connotato comune alla realtà nazionale tutta, cui non sfuggiamo. Ma proprio quest'anno al congresso Egprn di Bertinoro si sono probabilmente messe le basi per uno sviluppo più strutturato di collaborazioni con altre interessanti iniziative nel panorama della ricerca che potranno portare anche a “peer review” ed a referaggio maggiormente articolati, in collaborazione con i partner di Wonca-Italia (*), ad una intesa organica con le Scuole di Formazione Specifica Regionali e magari ad una collaborazione strutturata con il network di Epi-info Italia che ha dato un importante contributo per il successo del meeting di Bertinoro. (*) Wonca-Italia è nata dalla confederazione della maggioranza delle associazioni che hanno organizzato Wonca-Europe a Firenze nel 2006
SPECIALE CONGRESSO EGPRN BERTINORO 2009
Dal 2003, nella provincia di Ascoli Piceno, un gruppo di Medici di Medicina Generale (MMG) è coinvolto in una iniziativa di audit sistematico della propria attività; il processo di autovalutazione è iniziato dopo aver selezionato un set di Indicatori di Performance accreditati, che è stato applicato periodicamente ai dati, riferiti alla gestione delle patologie croniche, estratti dai database ambulatoriali degli stessi MMG partecipanti. L’analisi delle misure di performance ottenute ha evidenziato una progressiva variazione positiva delle stesse nel tempo, dimostrando l’efficacia dell’audit nel miglioramento continuo della qualità. Lo studio, denominato P.I.C.E.N.U.M. study (Performance Indicators Continuous Evaluation as Necessity for Upgrade in Medicine), giunto al suo 5° anno di vita, ha coinvolto 50 MMG che hanno potuto direttamente consultare, in un sito WEB dedicato, le misure delle proprie performance messe a confronto con quelli dei colleghi (chiaramente in anonimo) e con le relative medie. L’esperienza maturata negli anni con il P.I.C.E.N.U.M. study ha consentito di proporre una evoluzione ed un ampliamento del progetto. Dall’Ottobre del 2007 il P.I.C.E.N.U.M. study è inserito tra le iniziative del Centro Studi della Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale (FIMMG) da dove viene proposto alla Medicina Generale italiana con un Software dedicato, "PICENUM SW", disponibile online, con accesso consentito dall’Home Page del sito nazionale della FIMMG (www.fimmg.org); in questo
QQ - anno XIV n 3 - Speciale Congresso EGPRN Bertinoro 2009 - www.rivistaqq.it - Pag. 8
software il medico iscritto può inserire i dati (numerici ed aggregati) estratti dal proprio database ambulatoriale, riferiti alla propria attività professionale. Il Software assembla i dati numerici immessi, costruendo automaticamente ed in tempo reale la misura della Performance (ad esempio “Percentuale di pazienti diabetici sottoposti a dosaggio dell’emoglobina glicata nell’ultimo anno”) inserendola in un grafico ad istogrammi dove compaiono analoghi valori prodotti da altri colleghi. Ad ogni medico viene così consentita la possibilità di confrontare la propria con l’altrui attività (benchmarking), condizione riconosciuta essere particolarmente efficace nei processi di miglioramento; in questo grafico è possibile procedere inoltre al confronto con un dato “medio” e con un valore, denominato Livello Raggiungibile di Performance (LRP), da considerare come standard non teorico, ma "realistico", calcolato cioè sulla base degli effettivi dati disponibili. Nello stesso Software è possibile immettere i dati in momenti successivi, permettendo di percepire le variazioni del proprio comportamento nel tempo (confronto con precedenti rilevazioni) ed invitando l'utente ad una modalità sistematica di audit orientato al miglioramento. In un sito WEB dedicato allo studio (www.picenumstudy.it) sono riportati i dettagli del progetto, il suo background, la letteratura che ne accredita gli Indicatori ed una serie di “utilities” per facilitare l'estrazione dei dati dai database ambulatoriali. Il PICENUM study si propone insomma di diventare il “contachilometri” del Medico di Medicina Generale che voglia valutare la propria “velocità”, avendo riferimenti nell’altrui “andatura”. Misurare le attività, confrontare i dati, migliorare le performance, monitorare i cambiamenti; potrebbero essere così sintetizzati i contenuti dello studio. La Medicina Generale, con la propria abituale modalità operativa, può agevolmente inserirsi in percorsi di ricerca, utilizzando i dati quotidianamente raccolti negli archivi informatici ambulatoriali, che contengono una notevolissima mole di informazioni di tipo epidemiologico e riferite a dettagli dei diversi processi assistenziali, costituendo probabilmente la banca dati di tipo sanitario più ricca, continuativamente aggiornata e disponibile. Il software “PICENUM SW’ si inserisce in tale contesto come uno strumento in grado di facilitare e favorire lo sviluppo di queste iniziative: con esso viene infatti fornita una piattaforma informatica duttile, efficace e facilmente accessibile per la registrazione, l’aggregazione, l’elaborazione e la successiva presentazione dei dati; questa risorsa potrebbe rilevarsi particolarmente efficace per progettualità regionali, aziendali, distrettuali, che possano prevedere la raccolta di “reports” da parte della Medicina Generale, seguendo strategie accreditate di valutazione dei processi assistenziali.
Generale moderna, protagonista centrale nei sistemi di clinical governance, che deve essere dotata di strumenti che consentano di monitorare i processi e gli esiti delle attività, per rilevarne le qualità ma anche per percepirne gli eventuali “limiti” e soprattutto apprezzarne gli auspicabili miglioramenti.
INTERNATIONAL CLASSIFICATION OF PRIMARY CARE VERSION 2 (ICPC-2) World Organization of Family Doctors
Produced by the Wonca International Classification Committee (WICC)
ICPC-2R: UNA CLASSIFICAZIONE INTERNAZIONALE DELLE CURE PRIMARIE ADATTA ALLA MEDICINA DI FAMIGLIA Nicola Buono1,2,3, Fabio Casadei1,3, Angelo Cavicchi1,3 1. MMG 2. Wonca, Egprn member 3. ICPC-2-R Italian translation promoters Foreword È da molto tempo che sulla maggior parte delle riviste d’informazione e aggiornamento professionale rivolte al medico di famiglia compaiono articoli riguardanti le condizioni di crisi in cui versa la medicina generale in Italia ed è altrettanto vero che innumerevoli voci di politici, opinionisti, associazioni di consumatori, mass media, rappresentanti medici di note società scientifiche e sindacali etc. giornalmente si levano in coro per proporci la giusta soluzione per migliorare ed ampliare i servizi offerti al cittadino senza, tuttavia, spersonalizzare il rapporto di fiducia tra medico e paziente. Nella grande confusione in cui versa la sanità italiana la medicina di famiglia può giocare un ruolo di fondamentale importanza portando avanti un progetto unitario di riorganizzazione del sistema delle cure primarie che ponga al centro dell’attenzione il principale interlocutore e destinatario di tale cambiamento e cioè il paziente stesso. La medicina di famiglia, infatti, al fine di rispondere ai crescenti bisogni sulle cure sanitarie ha bisogno di informazioni epidemiologiche della propria comunità, di strumenti diagnostici basati sui “motivi degli incontri” con i pazienti e di una migliore informazione sulla attività medica di base per le diagnosi e gli interventi che seguono. Il numero di informazioni è enorme ed ha bisogno di essere ordinato in modo da permettere ricerche intuitive.
Il P.I.C.E.N.U.M. study è da considerare pertanto come una occasione di crescita professionale per una Medicina QQ - anno XIV n 3 - Speciale Congresso EGPRN Bertinoro 2009 - www.rivistaqq.it - Pag. 9
La Classificazione Internazionale delle Cure Primarie (ICPC) è lo strumento più usato a livello internazionale per disporre delle informazioni cliniche nelle cure primarie e nella medicina di famiglia. L’ICPC è stata sviluppata e viene aggiornata dal Wonca International Classification Committee (WICC) che è formato da un gruppo di medici di famiglia e da docenti universitari. La combinazione tra l’esperienza formata sul lavoro pratico, la ricerca e la mentalità attiva ed aperta del gruppo è la migliore garanzia per il continuo sviluppo dell’ICPC. La cooperazione tra il WONCA e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (World Health Organization: WHO) ha una lunga tradizione. Sebbene il lavoro della classificazione abbia origini comuni, a causa di alcune dispute sullo sviluppo dell’ICD e dell’ICPC, la decima revisione dell’ICD (ICD-10) e la seconda revisione dell’ICPC (ICPC-2), da parte della WHO’s International Classification of Diseases, ebbero un percorso indipendente. In seguito a ciò, fu fatto un grande passo avanti quando l’organizzazione della WHO Family of International Classifications (WHO-FIC) accettò, nell’ottobre 2003, che l’ICPC-2 venisse usata come una classificazione adatta alle cure primarie. Il comitato decise anche che una continua cooperazione tra il WICC e l’ WHO-FIC era necessaria come parte integrante nella revisione del processo dell’ICD verso l’ICD-11. La WHO ha ampliato il campo del suo lavoro di classificazione nel sistema della WHO-FIC perché la struttura centrale dei sistemi di informazione sulle cure sanitarie viene supportata da tre classificazioni di riferimento: la ICD per i problemi di salute, la ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health) per gli aspetti funzionali della salute e l’ICHI per la classificazione internazionale degli interventi sanitari. L’ICPC fu originalmente sviluppata come basata sui “motivi dell’incontro” con il paziente. Dato che il motivo dell’incontro potrebbe essere una malattia conosciuta, un problema funzionale o la richiesta di un intervento, l’ICPC deve coprire tutte e tre le classificazioni di riferimento lavorando come singolo fornitore di cure primarie. Quindi, l’ICPC ha dei codici per funzioni e interventi, sebbene essa sia usata principalmente nell’area diagnostica. Per le cure primarie, i principali bisogni di informazioni sono coperti dall’ICPC che è già disponibile in oltre 20 lingue. Questo crea una base che permette uno scambio di informazioni a livello internazionale. Una rapida revisione cronologica è doverosa per meglio comprendere le tappe che hanno portato ad elaborare la classificazione ICPC. Fino dalla metà degli anni 70 la maggior parte dei dati di morbilità raccolti nelle ricerche effettuate nell’ambito delle cure primarie venivano classificate usando l’International Classification of Diseases (ICD).1,2 Questo aveva l’importante vantaggio di un riconoscimento internazionale, aiutando la comparabilità
dei dati provenienti da diverse nazioni. Tuttavia, c’era lo svantaggio che molti sintomi o condizioni di “nonmalattia”, che si presentano nelle cure primarie, erano di difficile codificazione con questa classificazione, la quale era nata in origine per essere applicata a statistiche sulla mortalità e con una struttura basata sulla malattia. Riconoscendo i problemi relativi all’ICD ed il bisogno di una classificazione per la medicina di famiglia valida a livello internazionale, il Wonca Classification Committee progettò l’International Classification of Health Problems in Primary Care (ICHPPC), pubblicata per la prima volta nel 19753, con una seconda edizione nel 19794 correlata alla nona revisione del ICD. Sebbene essa comprendeva una sezione per la classificazione di alcuni sintomi non diagnosticati, era ancora basata sulla struttura dell’ICD ed era ancora inadeguata. Una terza edizione del 1983 aveva aggiunto ad essa dei criteri per l’uso della maggior parte delle rubriche 5 migliorando l’ attendibilità grazie alla quale poteva essere sfruttata nelle cure primarie, non superando tuttavia i suoi difetti. C’era bisogno di una nuova classificazione sia per “i motivi dell’incontro” sia per la registrazione da parte del **fornitore delle cure** nella cartella clinica. Alla Conferenza della WHO sulle cure primarie tenutosi ad Alma Ata6 nel 1978, l’adeguatezza delle cure primarie fu riconosciuta come la chiave per raggiungere il traguardo della “salute per tutti entro l’anno 2000”. In seguito sia il Wonca che la WHO riconobbero che la costruzione di sistemi appropriati per le cure primarie che permettessero la valutazione e l’implementazione delle loro tipiche priorità, sarebbe stata possibile solo se i medici di famiglia avessero a disposizione le giuste informazioni ovvero i dati epidemiologici affidabili nell’ambito delle cure primarie. Questo portò allo sviluppo di nuovi sistemi di classificazione. In un secondo momento, nel 1978, la WHO designò ciò che divenne il Working Party for Development of an International Classification of Reasons for Encounter in Primary Care7. Questo gruppo, di cui la maggioranza dei membri erano anche membri del Wonca Classification Committee, sviluppò una Classificazione per “motivi dell’incontro” (RFEC)7-9 che diventò in seguito ICPC. La Classificazione Internazionale delle Cure Primarie portò una nuova luce nel mondo delle classificazioni quando venne pubblicata nel 1987 dal WONCA, il World Organization of National Colleges, Academies and Academic Associations of General Practitioner/Family Physicians, più brevemente conosciuto come il World Organization of Family Doctors, ovvero l’organizzazione mondiale dei medici di famiglia. Per la prima volta i medici di famiglia potevano classificare, usando una sola classificazione, tre importanti elementi dell’incontro con un paziente: motivi dell’incontro (RFE), diagnosi o problemi e processi di cura. Il collegamento con i vari elementi permise di analizzare l’inizio dell’incontro, partendo dalla classificazione basata sui motivi di incontro (RFE), fino alla sua conclusione.
QQ - anno XIV n 3 - Speciale Congresso EGPRN Bertinoro 2009 - www.rivistaqq.it - Pag. 10
I “motivi dell’incontro” (Reasons for Encounter: RFEs) fanno parte di una terminologia diffusamente condivisa e rappresentano le cause per cui il paziente viene accettato nel sistema sanitario, descrivendo la richiesta di cura effettuata dal paziente stesso. Essi potrebbero essere sintomi o disturbi (mal di testa o timore di avere un cancro), malattie conosciute (influenza o diabete), richiesta di servizi preventivi o diagnostici (controllo della pressione o un ECG), una richiesta di ripetere una prescrizione medica, analizzare i risultati di un test o una richiesta di certificato. Questi motivi sono di solito correlati ad uno o più problemi sottostanti che il medico formula alla fine di un incontro (ad esempio: malattie già in trattamento) che potrebbero oppure no essere gli stessi dei motivi dell’incontro. L’ICPC è una classificazione che riflette la caratteristica distribuzione ed il contenuto degli aspetti delle cure primarie. Essa non è un nomenclatore. La vastità della scienza medica nei confronti del paziente richiede un nomenclatore ed un thesaurus molto più esteso dell’ICPC, in modo particolare per la registrazione di dettagli specifici richiesti nell’arruolamento di un paziente. L’uso dell’ICPC assieme all’ICD-10 e altri sistemi di classificazione come la classificazione delle cure mediche Anatomical-Therapeutic-Chemical (ATC), possono fornire le basi per un adeguato nomenclatore e thesaurus, ma se viene richiesta una codifica completa queste devono essere implementate da sistemi di codifica ancora più specifica. Comunque, a meno che tali sistemi siano basati su una classificazione appropriata, (come l’ICPC lo è per la medicina di famiglia), non è possibile estrarre dati coerenti sulle popolazioni così come si fa sui singoli individui17. Negli anni ci sono stati degli attriti nella relazione tra le classificazioni disponibili sulle cure primarie (ICHPPC e ICPC) e ICD a causa di problemi concettuali e tassonomici. L’ICD-10, comunque, fornisce ora una nomenclatura ampiamente riconosciuta di malattie e problemi di salute adatti alle cure primarie. Sebbene l’ICD-10 non sia lo strumento più appropriato per la classificazione delle cure primarie18, il suo uso assieme al ICPC come principio di classificazione apre la strada verso una buona registrazione computerizzata dei pazienti, permettendo lo scambio di dati con altri specialisti ed ospedali17.
MODELLO PREDITTIVO COMBINATO PER MIGLIORARE LA PERFORMANCE DEI MMG a cura di Arianna Berardo, Agnese Accorsi, Pasquale Falasca, Francesca Di Tommaso - Epidemiologia Ricerca & Sviluppo - Ravenna
Background Il King’s Fund e il Department of Health del NHS hanno messo a disposizione un modello statistico predittivo in grado di misurare il rischio di ricovero ospedaliero urgente in base alla ricognizione di 64 variabili desunte dai Database amministrativi, permettere la stratificazione dei pazienti e attivare adeguate misure preventive delle malattie croniche e migliorare la presa in carico da parte dei MMG. Research question E’ possibile l’implementazione di strategie di gestione e di controllo delle malattie croniche attraverso una riduzione significativa del rischio di ospedalizzazione? È possibile distinguere i pazienti cronici tra coloro a più elevato rischio (presa in carico immediata), da un livello moderato, gestibile attraverso interventi ordinari, da quelli a un livello di rischio minimo (interventi di prevenzione e self care). Metodi Per individuare i pazienti esposti ad una elevata probabilità di ricovero ospedaliero urgente si fa riferimento ad un dataset che include l’accesso reiterato negli ultimi due anni ai ricoveri ospedalieri, alla specialistica ambulatoriale, agli accessi al Pronto Soccorso, al Medico di Medicina Generale e ai Servizi Sociali. La popolazione di riferimento della prima analisi è stata quella della provincia di Ravenna con età >= 65 anni. Il modello è stato elaborato usando la regressione logistica multivariata con selezione in avanti (stepwise). Le patologie croniche considerate sono state: asma, scompenso cardiaco, malattie cardiovascolari, broncopneumopatie croniche, diabete, ipertensione, depressione, cancro. Risultati Stratificando i soggetti > 65 anni (85.000 soggetti) in base al rischio calcolato di avere almeno un ricovero urgente nell’anno successivo quello di analisi è risultato che l’88% aveva un rischio basso (5,9%), l’8% che possiede un rischio medio (16,4%) e solo un 4% un rischio elevato (in media del 36,7%.). Il numero di compresenza di più patologie croniche (comorbosità) è proporzionalmente più elevato al crescere del rischio. I ricoveri urgenti dei soggetti con più di 65 anni con almeno una patologia cronica spiegano il 63% dei ricoveri complessivi. Tale percentuale cresce al 88% per il gruppo a rischio alto. Il gruppo a più alto rischio presenta quasi 10 volte il ricorso in ospedale della popolazione generale, 5,4 volte più accessi al P.S. e 2,4 volte il ricorso al MMG. Conclusioni In conclusione dal modello è possibile prevedere e programmare gli eventi critici sanitari (che corrispondono a ricoveri urgenti, accessi ed eventi sanitari evitati). Offre l’opportunità ai MMG e alle equipe degli operatori socio-sanitari di stratificare l’intera popolazione e scegliere il segmento bersaglio della propria attività – rappresentando anche un
QQ - anno XIV n 3 - Speciale Congresso EGPRN Bertinoro 2009 - www.rivistaqq.it - Pag. 11
cruscotto per verificare l’efficacia del proprio operato – e gestire i gruppi a rischio moderato con l’auto-cura, interventi di prevenzione e promozione.
EPI INFO COME STRUMENTO PER L’AUDIT CLINICO: IL REGISTRO DEL DIABETE PER I MMG Presentato al congresso EGPRN di Bertinoro 2009 A cura di Arianna Berardo, Agnese Accorsi, Pasquale Falasca, Francesca Di Tommaso – Epidemiologia Ricerca & Sviluppo - Ravenna Antonella Balducci, Gamprimo Mazzotti, Giampaolo Zauli, Lino Graziani, Giuseppe Socci, Gianni Cortes, Patrizia Re - MMG Ravenna Background L’Azienda USL di Ravenna ha creato un Registro del Diabete di tipo 2 alimentato dai grandi flussi informativi (Scheda di Dimissione Ospedaliera, Farmaceutica, Assistenza Specialistica Ambulatoriale, ecc) integrati con i dati amministrativi (Anagrafe assistiti) e con gli archivi dei MMG creato per il monitoraggio della gestione integrata secondo le linee guida della Regione Emilia-Romagna Research question I professionisti possono prendere visione autonomamente degli indicatori relativi ai propri pazienti contenute nel registro aziendale derivanti da altri fonti informative (per es. ricoveri urgenti, complicanze, rischio di fragilità)? I MMG ritengono utile ai fini del miglioramento dell’assistenza costruire indicatori comparativi della performance dei propri assistiti con per il confronto con se stessi nel tempo e con i propri colleghi? Metodi È stata effettuata una survey di popolazione in 6 MMG per un totale di 9054 assistiti di cui 485 diabetici utilizzando Epi Info (software gratuito di statistica per la sanità pubblica che rappresenta un prezioso e strategico strumento per la semplicità d’uso nel maneggiare i dati e la produzione di indicatori clinici, adatto ai "non" professionisti della tecnologia dell'informazione). Tale strumento ha consentito: a) di estrarre i dati clinici dal software di gestione ambulatoriale (SGA) di ogni MMG, b) di fornire a ciascun MMG il Registro Diabete
dei propri pazienti in carico a partire da quello Aziendale (RDA), c) permettere il calcolo ed il confronto (tra SGA e RDA) dei seguenti indicatori: tasso di diabetici, % di pazienti in gestione integrata, n° di complicanze, % di esecuzione di alcune procedure (emoglobina glicosilata, colesterolo, pressione arteriosa, BMI, microalbuminuria). Risultati Tasso dei diabetici medio dei 6 MMG: 5.4% (I.C. 95% 4,9-5,8) Pazienti in gestione integrata: 57.7% del totale dei diabetici Complicanze: 7,2% del totale e 3,5% dei diabetici in GI Indicatori di processo: prescrizione dei seguenti esami ai pazienti in Gestione integrata: HbA1c ultimo anno (Fonte SGA): 39.2%; (Fonte RDA): 61.4% Colesterolo Totale (Fonte SGA): 39.5% ; (Fonte RDA): 58.3% Pressione arteriosa (Fonte SGA): 24.2%; BMI (Fonte Sogepa): 12.8%; Microalbuminuria (Fonte SoGA): 26.4%; (Fonte RDA): 41.9% Conclusioni In questo gruppo di MMG, si è dimostrata vincente la strategia dell’audit clinico per la gestione e l’analisi della qualità dei dati dei pazienti diabetici, finalizzata alla produzione di indicatori di processo e di risultato e per l’orientamento delle decisioni cliniche. Inoltre la creazione di programmi di estrazione e analisi dei propri archivi ha permesso agli stessi medici di appropriarsi della tecnologia dei Epi Info e della metodologia dell’audit clinico, rendendola riproducibile con semplicità anche a distanza di tempo. Percentuale endpoint intermedi ai pazienti in GI per MMG
MMG HbA1c
Colesterolo MicroP.A. BMI tot Albuminuria 36,6 11 1,2 13,4
1
36,6
2
32,7
38,5
25 21,2
13,5
3
20,8
19,8
11,5 4,2
19,8
4
21,2
19,2
5
51,3
50,4
0
3,8
9,6
22,2 16,2
48,7
60,5 60,5 53,5 29,1 33,7 6 Totale 39,2 39,5 24,2 12,8 26,4 N.B. i valori sono relativi agli endpoint registrati sul computer di ciascun medico e non includono tutti quelli effettivamente prescritti
QQ - anno XIV n 3 - Speciale Congresso EGPRN Bertinoro 2009 - www.rivistaqq.it - Pag. 12
PROGETTO VEDICLIS: CREARE E MOTIVARE UN GRUPPO PER UN AUDIT CLINICO Presentato al congresso EGPRN di Bertinoro 2009 Giulio Rigon, Alberto Vaona, Sandro Girotto (MMG, Verona) Il progetto Vediclis (Verona Diabetes Clinical Study) è un audit clinico sulla qualità dell’assistenza al paziente diabetico fornita dal medico di medicina generale. Il progetto, varato nel 2007, interessa 30 MMG della provincia di Verona appartenenti a 3 diverse aziende sanitarie, accomunati dal solo software gestionale della cartella clinica del paziente (Millewin). I partecipanti hanno aderito al progetto su base volontaria e non ricevono compenso per la loro adesione. Il protocollo del progetto ha previsto la definizione di un pannello di 30 indicatori a partire dalla linee guida di migliore qualità metodologica disponibili, la loro discussione e personalizzazione in sessione plenaria da parte dei partecipanti e il loro utilizzo per la misurazione della performance al momento della partenza del progetto (baseline). I partecipanti sono stati invitati a esprimere la perseguibilità e la rilevanza degli indicatori stessi, senza conoscere i propri dati di baseline. Questi due parametri possono essere combinati per ottenere un peso che può costituire la base di una negoziazione per realizzare un sistema incentivante per la gestione del diabete nelle cure primarie che superi l’attuale sistema con obiettivi di contenimento della spesa e che miri ad obiettivi di salute come avviene nei sistemi sanitari dove la rivalutazione delle cure primarie è basata sul sistema pay per performance. I partecipanti al progetto sono stati forniti per email di query da caricare sul proprio software gestionale e hanno restituto -‐ sempre per email -‐ i dati estratti, che sono stati combinati per ottenere il baseline retrospettivo. La prima necessità a cui è stato fatto fronte è stata quella della creazione di un ampio gruppo di medici la cui motivazione doveva essere mantenuta nel tempo e se possibile incrementata. Il primo intento è stato quello di fornire loro un’identità di gruppo. Il progetto è partito con 4 incontri formativi residenziali sull’argomento diabete che hanno coinvolto gli specialisti territoriali e ospedalieri della zona e che, oltre ad avere una finalità di aggregazione e motivazione, rappresentavano già un intervento volto a superare le presumibili carenze formative dei medici partecipanti. Durante queste sessioni, il gruppo ha iniziato a elaborare nuove idee e a proporre e condividere strumenti di lavoro utili e pratici sia per la gestione del diabete sia per l’attività clinica dell’ambulatorio di
medicina generale, come materiali di informazione scritta al paziente CEB (consigli educazionali brevi). Insieme alla formazione classica è stato deciso di utilizzare anche gli strumenti tecnologici forniti dal web. Molti dei partecipanti si affacciavano per la prima volta a questo tipo di funzioni, e quindi è stato deciso di utilizzare risorse gratuite che permettessero la maggior facilità e interconnessione possibili. È stato creato un blog (http://vediclis.blogspot.com) dove ogni partecipante potesse trovare materiali di approfondimento e tutto quello che riguardava gli incontri formativi. L’adesione all’attività è stata monitorata, per valutare se ci fossero anche particolari correggibili rispetto all’inizio. Ad esempio, ogni collega riceveva solo l’invito agli incontri attraverso sms, e-‐mail e post sul blog, e tutti i materiali di studio venivano forniti solamente attraverso questi canali. Dopo un primo periodo di difficoltà iniziale, l’uso di questa tecnologia ha portato ad un lieve incremento dei visitatori e degli accessi. Tuttavia -‐ e dopo aver osservato come ben pochi fossero i commenti e i nuovi temi di discussione -‐ è stata affiancata al blog una Mailing List chiusa. Questo sistema, già noto alla maggioranza dei colleghi, ha permesso l’ampliarsi delle discussioni e l’apertura di temi che, forse per timori di visibilità all’esterno, sul blog non erano apparsi. È ora allo studio un sistema web-‐based, rigorosamente gratuito, per la produzione di sondaggi online che consentano l’analisi sistematica delle barriere al miglioramento della performance gestionale del diabete nelle cure primarie, nel particolare contesto di provenienza dei medici partecipanti. La tappa successiva sarà la discussione e la condivisione della strategia per il miglioramento da implementare prima di rimisurare la performance. Quindi l’esperienza del Vediclis, finalizzata all’audit e con un interesse futuro nello sviluppo del pay per performance in Italia, è stata costruita a partire dal tentativo di aggregare e motivare un gruppo di medici volontari, facendo fronte alle loro necessità di apprendimento dell’uso di tecnologie note a molti ma di fatto poco utilizzate e certamente di grande utilità. UN NUOVO MODELLO PER L’INDIVIDUAZIONE DEI SOGGETTI ANZIANI FRAGILI NELLA POPOLAZIONE RESIDENTE DELLA PROVINCIA DI RAVENNA Presentato al congresso EGPRN di Bertinoro 2009 A cura di Francesca Di Tommaso*, Maurizio Piolanti**, Eno Quargnolo*** e Arianna Berardo* * Epidemiologia Ricerca & Sviluppo - Ravenna ** Servizio anziani - Ravenna *** Direttore Attività socio sanitaria - Ravenna
QQ - anno XIV n 3 - Speciale Congresso EGPRN Bertinoro 2009 - www.rivistaqq.it - Pag. 13
Al fine di prevenire e contrastare gli effetti delle ondate di calore per l’anno 2008, il Servizio Anziani dell’ASL di Ravenna in collaborazione con il Servizio Epidemiologia, Ricerca e Sviluppo hanno costituito, su mandato della Direzione Generale, un gruppo di lavoro interdisciplinare che ha elaborato un piano di individuazione dei soggetti a rischio di fragilità a partire dalla totalità degli anziani residenti a cui l’Azienda presta assistenza (91.362 anziani > 65 anni). Grazie alla collaborazione con la provincia di Ravenna, si è avuto accesso ai codici identificativi delle persone in situazione di solitudine anagrafica e con età maggiore di 65 anni (14.431 anziani). Si è poi proceduto alla raccolta dei nominativi dei soggetti anziani in carico ai servizi sociali comunali, aziendali, integrati ed in strutture protette non convenzionate. Tali nominativi sono stati raccolti ed informatizzati dai SAA, integrando così le informazioni presenti in alcuni flussi informativi di sistema (ADI e Assegni di cura) tramite l’ausilio del programma informatico Epi Info. Dalla analisi dei dati raccolti è emerso che i soggetti anziani in condizione di solitudine anagrafica e contemporaneamente non seguiti dai servizi risultavano essere per l’anno 2008, e per tutto l’ambito del territorio provinciale, pari a 11.931. Non tutte queste persone però sono in condizione di fragilità tale da meritare interventi individualizzati di sostegno e sorveglianza in caso di allarme. Si è quindi deciso graduare questa popolazione in base ad un punteggio di rischio sanitario di fragilità, da integrare con gli indicatori sociali di fragilità (età, solitudine, non conosciuti dai servizi) precedentemente rilevati. Il modello utilizzato per la stratificazione del rischio di fragilità sanitaria (già sperimentato e documentato in Inghilterra, cfr. Modello Combinato) tiene conto di alcuni fattori quali, a titolo esemplificativo, la presenza di patologie multiple, il ricorso elevato ai servizi sanitari (assistenza specialistica, Pronto soccorso, ricovero), il policonsumo di farmaci (1). Esito di tale procedura è la stratificazione degli anziani in 4 classi in base alla probabilità di diventare fragili e sulle quali perciò effettuare differenti azioni preventive/assistenziali (vedi figura in ultima pagina). Dal connubio fra le informazioni sociali e sanitarie è emerso che i soggetti a maggior rischio di fragilità sociosanitaria (cioè con una probabilità di diventare fragili superiore al 20%) sono in ASL di Ravenna 645 anziani (pari al 5,4% degli anziani in condizione di solitudine anagrafica e contemporaneamente non conosciuti dai servizi), distribuiti in maniera difforme nei 3 distretti sanitari: il 51% nel distretto di Ravenna, il 30% in quello di Lugo ed il restante 19% in quello di Faenza. Tali elenchi sono stati verificati sia tramite l’invio dei nominativi ai Medici di medicina generale per la verifica e l’integrazione delle informazioni rilevate, sia tramite telefonate effettuate dai volontari o dal personale dei SAA ai soggetti individuati ad alto rischio. Dalla verifica del modello è emerso che:
il 40% degli anziani individuati come anagraficamente soli in realtà non dimorano in tale condizione; circa l’80% delle persone individuate a rischio elevato di fragilità convalidano tale condizione, confermando da un lato la bontà predittiva del modello elaborato, dall’altro la necessità di affinare tale modello predittivo con ulteriori fattori sociali e psicologici non rilevabili dai flussi informativi correnti. Per rispondere a tale esigenza è in programma per l’anno 2009 un’indagine ad un campione rappresentativo di popolazione anziana residente, stratificata per classe di rischio di fragilità sociosanitaria. Inoltre, i SAA hanno elaborato delle azioni preventive di monitoraggio sanitario e sociale, attivazione di interventi sociali a supporto delle relazioni di vita e di cura ed interventi a distanza, differenziati in base alla classe di rischio di fragilità della popolazione di riferimento. Gli anziani appartenenti alle classi D e C sono stati considerati suscettibili di intervento individualizzato, mentre quelli appartenenti alle classi A e B sono stati considerati suscettibili di interventi collettivi, in quanto a minor rischio di fragilità. Nello specifico, per anziani in condizione di monoparentalità anagrafica inseriti in classi di rischio A è stato attivato un accesso programmato a domicilio da parte di personale assistenziale dei servizi; per gli anziani in condizione di monoparentalità anagrafica inseriti in classi di rischio B si è invece attuato un monitoraggio telefonico da parte di personale dei servizi o da parte di soggetti terzi opportunamente formati (volontariato; 3° settore, ecc..) secondo periodicità stabilita o interventi di telesorveglianza. (1) “Combined predictive model final report” King’s Found – NHS. “Comparison of the Elixhauser and Charlson/Deyo Methods of Comorbidity Measurement in Administrative Data” Danielle A. Southern, Hude Quan and William A. Ghali, Medical Care • Volume 42, Number 4, April 2004
NET-AUDIT E L’SQL Presentato al congresso EGPRN di Bertinoro 2009 Carmine Farinaro -‐ MMG -‐ Caserta
In Italia la ricerca in Medicina Generale è in ritardo rispetto alla media europea, e questo anche per la sua assenza all’interno dell’Università. L’informatizzazione però ha portato, nell’ultimo decennio, ad un importante miglioramento, ed è proprio puntando sull’informatizzazione dei Medici di Medicina Generale che è nato NetAudit che effettua semplici AUDIT autonomamente e senza intermediazioni. È chiaro che per operare in questi termini i medici devono: 1) Possedere una cartella clinica computerizzata che codifichi i problemi, le procedure e le
QQ - anno XIV n 3 - Speciale Congresso EGPRN Bertinoro 2009 - www.rivistaqq.it - Pag. 14
prescrizioni 2) Aver inserito i dati in modo fruibile 3) Controllare che il loro software dia la possibilità di effettuare estrazioni statistiche libere. Alcuni software, i più evoluti, offrono tale possibilità avendo inserito tra le “utility” una finestra di interrogazione del database con semplici frasi in SQL (Structured Query Language). Questo sistema libera il medico dalle solite statistiche rigide, preconfezionate e permette al medico interessato di interrogare liberamente e con poco sforzo il database. SQL è lo standard informatico di riferimento sia per la creazione
che per l’interrogazione dei database. Con questo linguaggio è possibile interrogare anche database creati e popolati con softwares diversi. È proprio la sua universalità che permette ai medici di NetAudit di lavorare sui propri dati per valutarli e modificare eventualmente il proprio modo di operare, nonché per arrivare anche all’ideazione di indicatori sanitari per esprimere un’autonoma rappresentazione della propria attività senza comunque competizione con altre forme di ricerca.
Il video delle interviste rilasciate a Bertinoro da Julian Tudor Hart, Andy Dean e Consuelo Beck-Sangue, con traduzione di Livia Lo Presti, è disponibile al seguente URL (Occorre attendere 30 secondi all’inizio del filmato) http:www.youtube.com/watch?v=7SLqGSQXrxo
QQ - anno XIV n 3 - Speciale Congresso EGPRN Bertinoro 2009 - www.rivistaqq.it - Pag. 15