lucia rizzi i segreti delle famiglie felici Il grande libro del prodigioso metodo Fate i Bravi!
Rizzoli
Proprietà letteraria riservata Š 2013 RCS Libri S.p.a., Milano ISBN 978-88-17-06863-5 Prima edizione: novembre 2013
Progetto grafco degli interni: Silvia Zaccaria/theWordofDot Impaginazione: Compos 90 srl
i segreti delle famiglie felici
introduzione
Cari lettori, già immagino i vostri sguardi perplessi o magari ironici mentre leggete il titolo di questo libro: I segreti delle famiglie felici. Vi domanderete: «Che cosa pretende Lucia Rizzi? Pensa di avere la bacchetta magica? La felicità non esiste! E poi, cosa ne sa lei della mia famiglia?». Avete ragione: è un titolo un po’ roboante, ma forse è proprio per questo che ha attirato la vostra attenzione. L’ho scelto perché vorrei che questo libro mi consentisse di riprendere, collegare e confermare le idee che vi propongo ormai da alcuni anni. Ho la sensazione infatti che, al giorno d’oggi, molti “personaggi” (anch’io posso essere defnita così!) cambino idea con la stessa facilità con cui cambia il tempo. Be’, io invece penso di essere abbastanza testarda e, con l’età e l’esperienza di vita, mi sembra di diventarlo sempre di più... o, meglio, di rafforzarmi in quelle che erano le mie opinioni già tanti anni fa. Vi sembra un discorso contorto e diffcile? O forse fn troppo ovvio? A questa domanda risponderete voi. Però, prima che iniziate la lettura, vi invito a porvi sempre con un atteggiamento estremamente curioso e “critico” perché solo così potrete essere donne e uomini davvero liberi di pensare e di essere voi stessi e potrete “testardamente” costruirvi una vita come nei vostri desideri e nei vostri sogni. E sul flo di queste rifessioni mi ritornano in mente le parole che Walt Disney fa cantare alla sua Cenerentola: I sogni son desideri, chiusi in fondo al cuor.
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Introduzione Nel sonno ci sembran veri e tutto ci parla d’amor se credi chissà che un giorno non giunga la felicità… non disperare nel presente ma credi fermamente e il sogno realtà diverrà!
Io me la canticchio spesso. Così come anche Canta che ti passa la malinconia. Evviva l’allegria, evviva il buon umor. Una cantatina tutto fa scordare. Mettiti a cantare... tutto passerà!
Mi trovate puerile? Be’, questo libro parla proprio di bambini! E poi non lo si rimane un po’ tutti, anche noi vecchietti?!
Ma c’è anche una ragione molto più pratica che mi ha spinto a mettere insieme questo “volumone”. Sono convinta che sia importante ricordarsi sempre proprio il fatto che bambini e vecchietti non sono poi così diversi: c’è una stretta connessione tra le diverse tappe della vita. In questo libro vi inviterò spesso a osservarlo: il vostro quattordicenne saputello è la stessa persona che a 2 anni vi gridava: «IO!!!» quando voleva prendersi il prosciutto da solo. La vostra bellissima dodicenne che vuole mettersi lo smalto nero è la stessa bellissima duenne cui avevate consentito di mettersi il vostro smalto rosso. E vi ricordate quante notti avete passato insonni perché il vostro piccolino se ne stava in piedi nel lettino a occhi sbarrati? Sono gli stessi occhi che adesso vi guardano quando torna fuori orario dalla serata con gli amici. Siamo tutti sempre le stesse persone: non siamo cambiati, sono solo cambiate le circostanze e i comportamenti. Essere consapevoli di questo è estremamente importante per vivere meglio e individuare le strategie giuste per condividere più felicemente il nostro pezzo di strada insieme della vita! Io – chi mi conosce lo sa – ho la casa strapiena di libri. E, come forse voi, ne ho tanti proprio sui bambini, favole e racconti scritti per loro. Conservo ancora quelli di quando ero piccola che anche i miei fgli hanno letto e tenuto tra le mani, e che adesso concedo
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Introduzione
con tanta felicità (e prudenza!) ai miei nipoti. Ancora dopo tanti e tanti anni mi ritrovo a risfogliarli quasi fossero un vangelo. In questi momenti mi appare chiaro che le persone non cambiano; che, così come ho sorriso quando per la prima volta mia fglia di 8 mesi mi ha strappato di mano il cucchiaino rovesciando il contenuto per terra, adesso devo sorridere se la vedo commettere qualche banale errore. Anzi, l’esperienza mi dice che fra poco imparerà a maneggiare meglio il cucchiaio della sua vita. Allora, perché non “aiutarla” ad arrivarci prima, senza subissarla di suggerimenti e invece magari chiedendole un consiglio per me? Intuite, dunque, il perché di questo librone? Spazia sui tanti momenti della vita familiare e spero che possa dare a tutti serenità, incoraggiare la pazienza e la costanza nell’essere attori e spettatori felici dello svolgersi della vita insieme. Vorrei fare ancora una precisazione sulle “storie” che i nostri bambini leggono e sulla “storia” che noi costruiamo come famiglia. Poco sopra ho posto l’accento sulla pazienza e sulla costanza necessarie per attuare un progetto educativo. Lo so, sono due qualità tipiche dei “forti” e forse un po’ desuete nel mondo d’oggi dove tutto gira vorticosamente e, soprattutto con i nostri fgli, ci sembra spesso di non stare al passo dei cambiamenti continui. Sono però convinta che non dobbiamo mai scoraggiarci e che sia bene rinforzare positivamente in noi queste due qualità proprio come lo facciamo con i successi anche minimi dei nostri fgli quando acquisiscono comportamenti adeguati alle loro capacità. A questo scopo, vi suggerisco di usare un grande mezzo di rinforzo: l’esame di coscienza giornaliero. Mi sembra già di sentire i vostri commenti ironici. Be’, se ogni sera vi soffermaste a pensare a una “regola” che vi siete posti (per esempio: al rientro dal lavoro entro in casa e abbraccio tutti anche se nessuno lo fa mai con me) e vi rendeste conto di averla messa in pratica con un sorriso, sperimentereste automaticamente un ottimo rinforzo positivo. E poi, sono sicura, almeno uno dei componenti della vostra famiglia avrà ricambiato il sorriso magari proprio mentre vi respingeva perché stava facendo qualcos’altro... e scommettiamo che domani sera i sorrisi ricambiati saranno due? “Non è mai così” rispondete voi. Ma, in coscienza, ci avete mai provato regolarmente per almeno una settimana? Ora non voglio essere noiosa. Scappate via, raggiungete il vostro bambino che vi chiama, sorprendete vostra moglie apparecchiando
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Introduzione
la tavola, chiamate la primogenita a cena... In questo librone, troverete quello che accade ogni giorno nelle famiglie come la vostra. E allora perché leggerlo? Be’, a volte, viste da fuori, le cose sembrano più semplici, divertenti, fattibili, persino più interessanti che nella quotidianità reale. Pensateci, è quasi come leggere il racconto della nostra vita: sta a noi inventare il lieto fne. Molto modestamente io cerco di aiutarvi a scriverlo!
Un ultimo suggerimento. Lasciate pure in giro questo libro, non abbiate paura che lo leggano anche i vostri fgli che sanno farlo. Generalmente i ragazzini, soprattutto gli adolescenti, sono giustamente curiosi di ciò che pensano i grandi. Sicuramente leggere le opinioni espresse nel libro, i tanti esempi di famiglia, di scuola, di tempo libero non potrà che stimolare in loro idee e forse anche propositi per un positivo e più sereno rapporto familiare. E, tenetelo sempre a mente, siete una squadra vincente!
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Parte prima
i presupposti di una famiglia felice
capitolo 1
essere famiglia
Famiglia = Felicità Cari lettori, siete pronti per incominciare? Nel primo capitolo di questo libro, che ci accompagnerà attraverso tutte le fasi della crescita di una famiglia, ci occupiamo in generale del tema dell’educazione. Che cosa vuol dire essere genitori? Quali impegni e responsabilità comporta nella vita di un uomo o di una donna? Che punti di riferimento può darsi chi ha “messo su” famiglia? Sembrano domande semplici che, magari, vi ricordano i discorsi che, da bambini, sentivate fare da un anziano zio oppure dalla nonna. In realtà, non sono affatto desuete, ma ci portano a ripercorrere e ad analizzare un cammino personale importantissimo che tutti noi facciamo, abbiamo fatto o dovremmo fare nel corso della nostra vita emotiva: il passaggio dal pronome “IO” al suo plurale “NOI”. Per alcuni è un’evoluzione naturale, facile e serena; per altri un viaggio che si rivela avventuroso, a volte complicato, e non privo di sorprese. La creazione di una propria famiglia è un grande e prezioso momento di crescita personale che, credo, ciascuno, più o meno consciamente, desidera affrontare. L’esigenza naturale di “fare famiglia” nasce dal bisogno dell’individuo di sentirsi riconosciuto e amato.
Il seme della famiglia corrisponde infatti alla necessità impellente di ognuno di noi di “far parte di”, di essere riconosciuto e amato da almeno un’altra persona con la quale si sente di avere un’affnità emotiva. Se poi la famiglia è composta da tre, cinque o nove persone, non
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i presupposti di una famiglia felice
cambia nulla: alla base c’è sempre (o dovrebbe esserci) l’aspirazione di ogni componente alla pace, alla felicità e alla soddisfazione personale. In quest’ottica, fare famiglia non è solo un passaggio, un’evoluzione momentanea – appunto quella dall’io al noi –, ma è anche un’attitudine che si deve costantemente coltivare e mantenere negli anni, quando i fgli attraversano le diverse fasi della crescita, al fne di alimentare una serena e positiva vita comune con le persone care. Che è poi il segreto della felicità.
Prima di partire, vorrei proporvi qui una breve poesia che leggevo ai miei alunni della scuola elementare e che loro apprezzavano molto: La famiglia Basta un papà e una mamma un fglio o una fglia per fare una famiglia. Solo chi è solo, poverino, cerca una famiglia in casa del vicino. La famiglie formano un paese e qualche volta persino una città dove la gente è tanta ma ci sta tutta quanta. Al caldo o al gelo nella capanna o dentro il grattacielo nei paesi e nelle città vive la grande umanità. Chi è giallo, chi bianco, chi nero. Ma se c’è la pace una sola famiglia è il mondo intero. Mario Lodi (da In una nuvola)
In aggiunta vorrei citarvi – forse stupendovi – nientepopodimeno che la ex frst lady Laura Bush, in un suo discorso ai neolaureati del Wellesley College: «Per quanto importanti saranno le vostre professioni come medici, avvocati, dirigenti..., ricordatevi sempre che siete prima di tutto esseri umani e che i vostri rapporti con le mogli, i mariti, i fgli, i genitori, gli amici sono e saranno sempre gli investimenti più importanti che farete. Alla fne della vostra vita, al di là dei successi che avrete ottenuto nella carriera lavorativa, quello che rimpiangerete sarà il tempo che non avete
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La famiglia va “coltivata” sempre, in tutte le fasi della sua evoluzione.
Essere famiglia
speso con i vostri cari. Il successo della società non dipende da ciò che succede alla Casa Bianca, ma da ciò che succede nelle nostre case!». Al di là di ogni giudizio politico, religioso o economico, penso che queste affermazioni siano profondamente vere. Lo dico alla luce del fatto che ho conosciuto tante famiglie e ne ho vissute due, alle quali faccio risalire la mia personale scelta di valori, quali la libertà di coscienza, la fede in un buon Dio padre, l’apertura mentale e la generosità verso il prossimo. Alludo alla mia famiglia d’origine (costituita essenzialmente dalla mia mamma, dalle mie sorelle e dai miei zii materni), che mi ha consentito di vivere con coraggio e con serenità i momenti diffcili dell’esistenza, e alla famiglia che mi sono creata sposandomi e mettendo al mondo tre fgli meravigliosi. È stato, come per tutti, un percorso accidentato durante il quale ognuno di noi ha spesso dovuto rinunciare a un pezzetto di sé, a un suo sogno personale; ha dovuto ascoltare e accettare, ha dovuto rimpiangere o addirittura abbandonare intenti e proprie peculiarità. Ma per tanti anni ce l’abbiamo fatta; inoltre il cammino è ancora lungo, visto che ci sono i nipotini che avanzano e chiedono di noi tanto quanto noi “vecchietti” abbiamo bisogno di loro. Cosa vuol dire essere famiglia?
Domandiamoci dunque che cosa vuol dire davvero essere madre o padre, essere famiglia. Questo interrogativo impone di rifettere profondamente sul proprio modo di essere come individui – uomo e donna – e come coppia. Viviamo consapevolmente il nostro ruolo di genitori? Se le domande con cui ho aperto il capitolo potevano suonare un po’ “antiche”, quest’ultima al contrario non sarebbe mai stata posta trenta o quarant’anni fa. Come mai? Semplicemente perché la mentalità comune era diversa e il senso della famiglia veniva dato per scontato. Perciò se noi giovani “del secolo scorso” avessimo detto ai nostri genitori di essere “in coppia”, li avremmo magari un po’ sconvolti con quella che avrebbero interpretato come una “brutta parola”. Ciò che oggi appare semplicissimo – lo stare insieme – prevedeva allora una serie ben precisa di tappe che i genitori stessi dovevano seguire e approvare: si passava dall’amicizia al fidanzamento e, finalmente, al matrimonio, cioè al metter su famiglia. E in tutto questo non si parlava mai di coppia. Lo dimostra il fatto che si pensava fin dall’inizio a costruire un nido non tanto per la coppia, quanto per i figli che sarebbero arrivati.
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i presupposti di una famiglia felice
Oggi, invece, i giovani e i giovanissimi si mettono quasi subito insieme e formano una coppia, talvolta saltando pure una tappa che io considero quasi obbligatoria per una sicura crescita personale: il gruppo. Ebbene, la coppia è un’esperienza importantissima, ma presenta sostanziali differenze rispetto all’amore tra due individui adulti che hanno scelto di fare famiglia o che ogni giorno educano consapevolmente i propri fgli. L’amore tra genitori (o tra coloro che provano il desiderio di diventarlo) presuppone infatti un dare reciproco e costante, un impegno che va al di là del proprio comodo per costruire invece un “comodo comune”, che addirittura scavalca la coppia per andare oltre e chiamare altri a farne parte in un disegno continuo di momenti felici. Ho fatto tutto questo preambolo per arrivare a dire che, fntanto che si è coppia, è bene darsi tempi e spazi... salvo poi accorgersi a poco a poco che ognuno dei due è indispensabile per l’altro e che lo stile di vita che si va via via delineando è talmente sereno e accattivante da volerlo dividere con altri, con un’altra creatura. Stiamo talmente bene insieme che quello che abbiamo straborda e vogliamo condividere la nostra gioia con un fglio, il frutto del nostro amore. Ma qui mi fermo per non scivolare nel romanticismo più scontato. Quello che invece vorrei sottolineare con voi lettori è il fatto concreto che un uomo e una donna che vogliono fermamente essere nel tempo genitori consapevoli e coerenti devono trovare fra loro un solido accordo sui valori e sullo stile di vita. Solo così possono essere completamente responsabili anche della vita di altre persone: i loro fgli. Ed eccoci giunti a un concetto fondamentale nelle relazioni interpersonali: la responsabilità! Proviamo ad analizzarlo. Che cosa signifca? Essere responsabili vuol dire aver lavorato su se stessi in modo da aver posto alcune pietre miliari su cui fondare la propria vita, quali:
• Una corretta autostima che ci renda in grado di guardare al futuro con serenità di intenti. • Un bagaglio di valori fondamentali in cui credere fermamente che non ci lasci in balia di ciò che ci accade intorno. • La capacità di badare a se stessi in modo autonomo e costruttivo, provvedendo al proprio benessere esistenziale e materiale.
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L’amore tra genitori scavalca la coppia e va a estendersi ad altri in un disegno di felicità comune.
Essere famiglia
• La piena fducia nella propria capacità e volontà di creare il buono e il bene e di volerlo condividere con altri anche tramite il sacrifcio.
A questi punti, nell’ottica di diventare genitori bisogna anche aggiungere: • Capire e accettare a priori il fatto che i propri fgli sono persone “altre da noi” e, come tali, hanno diritto a essere accettate e messe in condizioni di vivere al meglio per ciò che sono.
Rivediamo a una a una queste pietre miliari, evidenziandone l’importanza nell’opera educativa che ogni padre e ogni madre deve compiere. • L’autostima non è altro che la capacità di valutare con serenità e senso della realtà ciò che si è effettivamente in grado di fare per superare le problematiche esistenziali quotidiane: so lavorare? So condividere? • Quanto ai valori fondamentali, dovrei potermi dire: «Ho fatto delle scelte di vita che mi corrispondono pienamente e sono felice del mio modo di essere perché rispetto me stesso e gli altri intorno a me». • Posso affermare di essere in grado di badare a me stesso e alla mia salute fsica e mentale? • Ho fducia nella vita e mi rendo conto di credere (come dice sempre Lucia Rizzi) che la felicità sia solo una buona abitudine? • Last but not least (ovvero ultimo ma non ultimo), credo fermamente che allevare un fglio sia una realizzazione affascinante per la quale ho intenzione di impegnarmi pienamente? Stringi stringi, torniamo sempre a quelli che io considero i due cardini della buona educazione: rispetto di noi stessi e degli altri e piena responsabilità di noi stessi e di chi condivide la nostra vita.
Chi vive responsabilmente il ruolo di genitore desidera solo condividere e regalare gioia.
L’emozione che accomuna chi prova il desiderio di famiglia e chi coltiva la propria con amore giorno dopo giorno è sempre quella di voler condividere e regalare gioia, e non certo di pensare di comprarla per un godimento individuale fne a se stesso. In altre parole, ognuno di noi è in qualsiasi momento artefce della propria felicità, ma – se è un genitore consapevole – desidera qualcosa in più: ha voglia di creare gioia e benessere per altri, per chi gli è caro. Insomma, per la sua famiglia! Vi dirò adesso qualche parola vecchia come il mondo. Ogni essere vivente nasce per uno scopo: vegetali, animali e persino
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minerali hanno non solo una loro ragion d’essere, ma anche una fnalità. Al di là di qualsiasi concetto religioso, l’uomo, nella sua esistenza, fa di questa ragion d’essere il proprio scopo, che è raggiungere la felicità. Avete mai osservato un bambino che sta imparando a camminare? È tutto concentrato nella sua avventura, le braccine protese, il viso sorridente ma attentissimo, lo sguardo in avanti... avanti... avanti fno a che il passo riesce. Niente altro occupa la sua mente e il suo cuore fno a quando non si butta fra le braccia del papà e della mamma che lo aspettano trionfanti. Lo stesso avviene spesso per la prima parola, il primo cucchiaino di pappa, la prima risata, la prima febbre che passa... Che magnifca avventura la vita! Provate poi a pensare all’acqua del ruscello che scorre. Che meraviglia incontrare i sassi colorati, i rametti secchi, la ranocchia canterina... E quel flo d’erba che spunta tra il cemento del marciapiede di città? Quante cose entusiasmanti ci offre la vita. Basta saperle vedere o addirittura incoraggiare. Ebbene, è proprio questo che dovete fare con i vostri fgli: incoraggiare la felicità! Ma attenzione... in concreto incoraggiare la felicità vuol dire anche porre la famiglia al di sopra di tutto, spesso al di sopra dei propri desideri egoistici o solo legittimamente personali. I bambini piccoli possono rendere diffcile uscire per una serata improvvisata; le vacanze avventurose o i safari in Africa vanno dimenticati per qualche anno, così come le ore passate a fare shopping in un outlet lontano da casa diventano possibili solo se si hanno i soldi per la babysitter. E poi, invece che programmare l’acquisto di un nuovo televisore, è forse più urgente pensare a un letto a castello perché arriva il secondo fglio... Vi siete già demoralizzati? Spero di no. Vi invito a rileggere I promessi sposi di Alessandro Manzoni. Proprio alla fne di questo meraviglioso romanzo, Renzo e Lucia fanno una sorta di riassunto di quanto hanno imparato dalla loro vita di coppia. Lui, molto più pragmatico come di solito sono gli uomini, fa riferimento soprattutto ai propri trascorsi avventurosi a Milano. Lucia, invece, dice: «... cosa volete che abbia imparato? Io non sono andata a cercare i guai: son loro che son venuti a cercar me. Quando non voleste dire, – aggiunse, soavemente sorridendo, – che il mio sproposito sia stato quello di volervi bene, e di promettermi a voi». Già, forse in alcuni momenti l’amore familiare può essere quasi considerato uno “sproposito”. Ma non vi fa sorridere questo termine?
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Con i vostri fgli dovete incoraggiare la felicità. Ogni giorno.
Essere famiglia
D’altro canto, poco più avanti Manzoni conclude: «Che i guai vengono bensì spesso, perché ci si è dato cagione; ma che la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli lontani; e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore. Questa conclusione, benché trovata da povera gente, c’è parsa così giusta, che abbiam pensato di metterla qui, come il sugo di tutta la storia». E io, inchinandomi di fronte al genio manzoniano, mi trovo pienamente d’accordo con lui!
La famiglia è una squadra che gioca insieme per vincere la felicità.
A me piace pensare alla famiglia come a una squadra dove si gioca tutti insieme per vincere. Che cosa? La felicità! Proprio per questo motivo credo che in famiglia debbano esserci regole del gioco molto chiare. Cercate di recuperare un po’ di ricordi della vostra famiglia d’origine, belli o brutti che siano. Qui ve ne riporto alcuni, solo belli, selezionati fra i miei personali e fra altri che mi sono stati riferiti: • Il risveglio incantato della mattina di Natale. • Comprare i quaderni nuovi all’inizio dell’anno scolastico. • Prendere il treno per andare in montagna. • Ascoltare la radio mentre si fanno le pulizie di casa. • La mamma che ci faceva trovare sempre la tavola apparecchiata e la minestra pronta. • Il papà che ci aiutava a fare i compiti alla domenica mattina prima della Messa. • Dopo la Messa, la puntata in pasticceria per comprare qualche pasticcino da mangiare con i nonni. • E il giorno di Santo Stefano tutti al cinema! Sono ricordi molto semplici. Eppure, considerati dopo tanti anni, appaiono ancora come momenti eccezionalmente felici e indimenticabili di vita in famiglia. Al giorno d’oggi le abitudini sono molto cambiate, non so dire se in meglio o in peggio. Mi limito a invitarvi a porvi una domanda: tra venti o trent’anni, quali ricordi avranno i vostri fgli della loro vita in famiglia? Tornando alla similitudine con la squadra, i vostri bambini e ragazzi, una volta cresciuti, si saranno fssati nella memoria momenti “vincenti” o... “perdenti”? In questo libro cercherò di suggerirvi le solite regole di buon senso che possono aiutarvi a essere una squadra vincente.
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Prima di lanciarsi in qualsiasi campionato a squadre, si conosce l’obiettivo ma non si sa quali e come saranno le prove per raggiungerlo. Bisognerà mettere in conto che ci saranno vittorie e sconftte; tuttavia, in ogni momento, ciascun componente della squadra dovrà avere ben chiaro il traguardo. Lo stesso vale per la famiglia. È la felicità l’obiettivo fnale e non ci si deve spaventare se durante il percorso ci saranno spesso deviazioni o ostacoli da superare e vi sembrerà talvolta di essere usciti di strada. È sempre possibile rimettersi in carreggiata. Basta volerlo! Insomma, pensate alla vostra vita familiare come a una partenza per un lungo viaggio in automobile: dovete preparare tutto per bene, controllare che la macchina sia in perfette condizioni meccaniche, fare rifornimento, sistemare i bagagli, imbarcare i passeggeri, scegliere l’itinerario migliore, partire... Il viaggio inizia. A un tratto, per una ragione imprevista, si buca una gomma e dovete uscire dalla strada che stavate percorrendo per sostituirla. Rientrati in carreggiata, i bambini dicono di avere sete e allora vi tocca fare un’altra sosta. Trovate una strada chiusa per lavori. Dovete imboccarne un’altra, quindi dovete modifcare l’itinerario che avevate inizialmente previsto. Queste sono cose che spesso accadono: avete un progetto per raggiungere una meta, ma dovete cambiarlo e correggerlo nel tempo. Ciò non toglie che continuiate a essere concentrati sulla vostra meta. L’importante è appunto che abbiate costantemente ben chiaro dove volete arrivare e cerchiate il modo migliore per farlo. Così deve essere ogni giorno il percorso della squadra famiglia: mirato verso l’obiettivo. Vorrei a questo punto mettere in luce che un buon clima familiare si fonda su una scelta di valori che deve essere il più possibile condivisa, ovvero su ciò che defnisco “stile familiare”. Creare questo presupposto è meno diffcile di quanto possa sembrare. Basta costruire una solida intesa in ogni singolo momento, anche in quelli che appaiono più banali. Per esempio quando si sceglie qualche mobile nuovo per la propria casa. Vogliamo un divano per tutti o tante poltroncine singole? Vogliamo piatti colorati o bianchi? Sembrano decisioni superfciali, ma corrispondono a scelte di vita che caratterizzano ognuno di noi. D’altro canto, curare la propria casa e adattarla ai propri gusti è emotivamente coinvolgente e, se condite il tutto con un pizzico di umorismo, sicuramente divertente. Così, se anche avete
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Un buon clima familiare si fonda su scelte condivise di valori e di stile.
Essere famiglia
Per risolvere i problemi in famiglia ci vogliono rispetto e responsabilità.
a disposizione solo pochi metri quadri, potete costruirvi un nido caldo e accogliente. Ricordate il vecchio proverbio: «Poco posto si tiene quando ci si vuol bene»? Non dimenticatelo se vi viene la tentazione di guardare l’erba del vicino: capirete che, anziché invidiare gli altri, è molto meglio stringersi ad annusare insieme il profumo del proprio vaso di basilico sul davanzale della cucina. Certo, può succedere che sembri impossibile mettersi d’accordo, magari persino sulle tende per la fnestra del bagno! Però io sono convinta che, se ci si vuole davvero bene, si riesce sempre a salvare capra e cavoli, sedendosi tranquillamente a un tavolo e cercando di risolvere i vari problemi che la quotidianità pone. Anni dopo, quando ci si troverà ad affrontare magari un fglio adolescente, i suoi malumori e le sue paure, saranno proprio la stessa serenità e la stessa positività a venirci in soccorso. La soluzione dei problemi in famiglia, grandi o piccoli che siano, si basa sempre sul rispetto e sulla responsabilità. Inoltre va a costituire un percorso di adattamento reciproco o, come preferisco defnirlo, un cammino alla scoperta di sé e della persona amata. Certo, è un vero peccato che al giorno d’oggi si badi di più al fatto che ci piacciano gli stessi cibi, che si tif per la stessa squadra, che si desiderino le stesse cose... Quasi sempre, insomma, ci si interessa maggiormente ai beni materiali che al loro uso nella vita in comune. Secondo me, invece, i genitori dovrebbero sempre rifettere insieme per stabilire quali siano i valori della loro relazione familiare in modo da poterli automaticamente trasmettere ai fgli, anche solo con il comportamento quotidiano. Come esempio, vi elenco quelli che personalmente ritengo più importanti. Tuttavia, tenete conto che dovrete essere voi a stilare la vostra lista. • Sensibilità. • Sicurezza di sé e stima personale. • Capacità di fare delle scelte sagge. • Capacità di voler bene. • Rispetto dell’autorità (basata sull’autorevolezza). • Tecniche per risolvere i problemi. • Senso dell’umorismo. • Onestà e integrità. • Senso di responsabilità. • Curiosità e desiderio di imparare.
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i presupposti di una famiglia felice
L’essere famiglia implica dunque di condividere i valori che si ritengono essenziali. Un tempo tutto ciò era dato per scontato e veniva vissuto concretamente, giorno dopo giorno, anche a costo di grandi sacrifci. Oggi, invece, per alcuni anche solo rifetterci pare inutile: c’è chi vive alla giornata conformandosi a modelli visti in tv e giustifcandosi con la flosofa del “così fan tutti”. Non è però lo stesso per ognuno. Che cosa fare se si desidera ancora coltivare la famiglia? Per il momento, vi propongo di giocare con i vostri fgli, fratelli, genitori... a questa versione di mosca cieca.
mosca cieca in Famiglia Andate tutti insieme in una piazzetta, un prato, un cortile che conoscete, non allontanandovi però da casa più di duecento metri. Quindi bendate un componente della famiglia e fatelo girare qualche volta su se stesso. A questo punto ditegli di tornare a casa, sempre bendato. Probabilmente si sentirà smarrito e allora domandategli se desidera l’aiuto di qualcuno dei familiari. Questi gli potranno dare suggerimenti come: due passi a destra, vai avanti diritto, gira a sinistra, c’è un gradino... Quando sarete tutti tornati a casa, chiedete a chi è stato bendato come si è sentito. Date poi a tutti gli altri componenti della famiglia la possibilità di fare questo stesso esperimento; con i bambini di 3-4 anni basterà un tratto più breve, anche di pochi passi.
A gioco terminato, fate osservare a tutti che nella vita reale, quando non si conosce il futuro che ci aspetta, capita spesso di non sapere in quale direzione andare e di avere quindi bisogno di aiuto da parte di qualcun altro. Così è la famiglia: a volte non si sa che direzione prendere e tutti i componenti della squadra possono aiutarci. Questo semplice esperimento del gioco può dare il via a una serie di incontri a cadenza regolare che vengono a confgurarsi come vere e proprie “riunioni di famiglia”, occasioni in cui tutti si confrontano per programmare insieme eventi specifci. • Vogliamo andare a festeggiare i nonni? Quando? A che ora? Che cosa portiamo da mangiare? Da regalare? • Vogliamo andare insieme al cinema? Quale film va bene per
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Essere famiglia implica condividere i valori essenziali.
Essere famiglia
tutti? A che ora comincia? In quale cinema? Quanto ci costa? Chi paga? • Questa settimana la mamma non riesce a stirare il bucato per tutti. Chi l’aiuta? Per quanto tempo? Chi mette a posto la biancheria? Ma anche:
• Il nonno è ammalato. Bisogna darsi i turni per una settimana per assisterlo. Chi può passare al mattino? Chi al pomeriggio? Chi dormirà da lui? • Dobbiamo cambiare l’automobile. Quale modello scegliamo? La acquistiamo nuova a rate oppure usata? In quasi tutte le famiglie c’è almeno un membro, grande o piccolo che sia, dal carattere introverso o riservato che fa fatica a esprimere le proprie opinioni sugli argomenti affrontati. È importante allora che, prima di lasciare la parola ai vari componenti, si defnisca che tutti devono parlare e che nessuno può interrompere con commenti o giudizi personali. Bisogna solo prendere nota di quanto viene detto. Questo approccio permette a ciascuno, adulto o bambino, di parlare liberamente senza sentirsi giudicato o, peggio, criticato o contestato. Dopo il tempo passato insieme a giocare a mosca cieca, sarebbe bene indire subito la prima di queste riunioni, proprio per mettere in evidenza le ragioni principali dell’essere famiglia. Naturalmente tutto questo è applicabile anche se siete (ancora) solo in due. Vi suggerisco qui alcune domande che potrete porvi. Tenete conto che è importante che ogni membro della famiglia dica la sua, ma che nessuno commenti né in negativo né in positivo.
• Quali sono i momenti familiari in cui ci sentiamo davvero bene? Quelli in cui avvertiamo che “l’auto è sulla strada giusta”? (Possibili risposte: quando ci svegliamo alla domenica mattina, quando andiamo a spasso insieme, quando facciamo la pizza in casa, quando giochiamo a carte la sera...) • Quando, invece, ci sembra che niente in famiglia funzioni? Quando siamo “fuori strada”? A questo proposito vediamo un altro gioco.
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i presupposti di una famiglia felice
macchinine Fuori e dentro la pista Se in casa ci sono bambini piccoli, con un pennarello a punta grossa disegnate una pista su un foglio di giornale aperto. Poi prendete una macchinina e fatela correre indicando magari la ragione per cui va fuori strada, riferendovi a un fatto familiare. «Qui siamo andati velocemente perché la strada era bellissima», «Qui siamo dovuti uscire di strada perché faceva troppo caldo e Sandra aveva sete», «Qui Giorgio si è voluto fermare a mangiare un panino», «Qui la mamma non si sentiva bene», «Qui il papà era troppo stanco per guidare e la mamma ha preso il volante», «Qui abbiamo incontrato una mucca sulla strada»...
Qual è lo scopo di tutto ciò? Ricordate il detto: «Se un uomo ha fame non dargli un pesce ma insegnagli a pescare»? Ecco: imparate e insegnate ai vostri fgli a essere famiglia. E, aggiungo, famiglia felice!
Nei capitoli che seguono mi soffermerò sull’approccio dei genitori nelle due fasi “estreme”: i primissimi mesi e poi, molto più avanti, l’adolescenza. Sono questi, infatti, i passaggi che molto spesso padri e madri vivono con maggior fatica, emozione e talvolta addirittura angoscia. Coraggio! L’impresa di crescere i propri fgli va sempre affrontata con spirito positivo ed è comunque una gioia, anche quando ci costa fatica.
Famiglia = Felicità e adesso che vi siete soffermati a pensare al vostro ruolo di genitori... ponetevi qualche domanda. Ci siamo parlati fra partner, papà e mamma? Quali sono i valori che condividiamo? In famiglia ci sentiamo come in una squadra? Siamo sicuri che ognuno giochi per tutti, senza voler fare il protagonista a ogni costo, ma nel costante rispetto degli altri?
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L’impresa di crescere i propri fgli va affrontata con gioia.
Essere famiglia
È nata! È nato!
L’amore di un fglio è puro amore incondizionato.
Un bambino che nasce è sempre una gioia sconfnata, che ci consente di realizzare ancor più concretamente quel progetto comune e duraturo che ci eravamo proposti come coppia. È amore disinteressato, puro e assoluto. Ripensarci nei momenti bui della vita è una fonte di luce che ci permette di non abbatterci, di non chinare il capo di fronte alle diffcoltà. Per il genitore di un piccolino che ha appena terminato un “gran capriccio”, cosa c’è di più gratifcante che vederlo tendere le manine e cercare l’abbraccio? È puro amore incondizionato, quell’amore di cui ciascuno di noi ha bisogno per sopravvivere e che, forse, si può ricevere solo in questi momenti. Nella vita di ogni giorno, infatti, le persone ci “amano” per un motivo specifco: perché siamo belli, ricchi, intelligenti, simpatici... Il piccolino, invece, non sa nulla di tutto ciò: ci ama perché siamo i suoi genitori, siamo i suoi “miti” al di là delle nostre inadeguatezze. Questo è un grande e insostituibile bagaglio d’amore per la nostra intera esistenza! Voglio ora ricordare i tre momenti più belli della mia vita (tre quanti i miei fgli!): alludo ovviamente all’istante stesso della loro nascita. Credo che anche voi, lettrici e lettori che avete messo al mondo dei fgli, avrete vissuto la medesima emozione. I miei tre parti sono stati abbastanza laboriosi e lunghi. Quando fnalmente i piccoli venivano alla luce, io ero davvero provata. Certo, nella mia mente e con ogni respiro “tifavo” per il mio bambino, ma sentivo anche la paura tipica di chi non sa come andrà a fnire. Tenete poi conto che negli anni Sessanta e nei primi Settanta non si potevano fare ecografe né, tanto meno, l’epidurale... Eppure la natura provvedeva e, nel caos della sala parto, tra gli incoraggiamenti dell’ostetrica, le direttive del medico, il continuo movimento degli infermieri... eccolo, il pianto del neonato! Con la mia prima fglia, quel pianto ha fatto piangere di gioia anche me, mentre l’ostetrica diceva: «Brava! È fortissima!»; e il medico: «Eccola! Che bellezza!». A udire quel primo vagito, io mi sono rilassata e mi sono sentita artefce di qualcosa di più grande di me: la vita! Appena nato, il mio secondo fglio, invece, ha regalato subito un sorriso a tutti. All’inizio, infatti, ha pianto a squarciagola (cosa che ha fatto per tutte le trenta notti successive...) per poi smettere all’improvviso, con mio grande spavento, e... fare pipì! Che meraviglia quel pianto e che risate ha provocato la sua pipì, persino da parte del medico che ne è stato bagnato.
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i presupposti di una famiglia felice
Nata con il cesareo, la mia terza bimba ha frignottato dolcemente distendendo i lineamenti fn da subito in una specie di sorriso, da quanto racconta il papà che l’ha vista per primo. Perché vi ho raccontato tutto questo? Spesso le mamme mi dicono: «Il mio bimbo è cattivo, piange sempre!». In questi casi rispondo loro che certamente il piccolo non è cattivo: sì, piange, ma ben venga, perché proprio questo è il primo segno della sua vitalità. Tutti noi genitori, al momento della nascita dei nostri bambini e del loro primo pianto, abbiamo commentato: «BRAVO!». E, allora, che dire...? Bravi si nasce: ovvero tutti i bambini nascono già bravi, ricordiamocelo! In ogni caso, nessuno conosce davvero il nostro neonato (per brevità userò sempre i termini “neonato”, “bambino” o “piccolo” al maschile, pur riferendomi indifferentemente a entrambi i sessi) e nessuno al mondo potrà mai dirci se il modo che adottiamo per allevarlo sia proprio quello giusto per lui. Questa idea mi ha sempre affascinato e mi portava a chiedermi: «Che potere ho io su questo piccolo essere e che potere ha lui su di me?». Quando ho preso tra le braccia i miei fgli per la prima volta mi sono subito sentita sorgere dentro queste domande: «Chi sei? Ce la farò a farti crescere libero e felice proprio per quello che sei? Che cosa ci regalerà la vita?». A quel punto l’emozione era tale che cercavo con gli occhi il loro papà perché anche lui li prendesse in braccio, per non sentirmi sola davanti a quegli esserini così potenti nella dinamica del mondo pur nella loro fragilità. Per me, credente, era inoltre un momento in cui desideravo ringraziare Dio per avermi fatto partecipe della sua Creazione. Una delle immagini che mi commuovono di più e che sono sempre vivide nella mia mente è quella della nursery nel reparto maternità di un ospedale: quelle culle trasparenti e quelle faccette apparentemente così simili, ma molto diverse se le osserviamo bene... E poi le “smorfe” dei neonati e le loro minuscole manine che all’improvviso si allungano in movimenti bruschi o si stringono a pugno quasi a voler signifcare: «Adesso ti faccio vedere chi sono!», e i genitori, i parenti e gli amici di famiglia che ammirano la loro creatura. Tutti noi genitori abbiamo vissuto almeno una volta l’esperienza di trovarci proprio lì, in un ospedale, al di là del vetro, in un corridoio forse uguale a tanti altri dove, però, la vita è messa in risalto nella sua migliore espressione. Quei bimbi, infatti,
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Esistono tanti diversi modi per allevare un bambino. Ognuno, con il tempo, trova quello ideale per sé e per il proprio fglio.
Essere famiglia
sono “la vita” e noi adulti non possiamo non sentirci orgogliosi di esserne gli “artefci”. Ma ora, care neomamme e cari neopapà, riduciamo il campo dell’immagine. Siete in ospedale, nella vostra camera, e avete in braccio quel preziosissimo essere meraviglioso che vi è costato molta fatica e dolore. La gioia è tale che avete quasi del tutto dimenticato ogni pena. Eppure, già cominciate a preoccuparvi per lui. Nella mente vi si affollano domande come: • «Guarda come dorme... ma respira bene?» • «Non lo sento!» • «Sembra che abbia il raffreddore...» • «Come urla! Sta diventando tutto rosso...» • «Si muove convulsamente: perché non sta quieto?»
Rispettate l’identità di vostro fglio: non fate mai paragoni con altri!
Eccomi a farvi la prima raccomandazione: se il neonatologo o il personale addetto dell’ospedale vi hanno detto che vostro fglio è sano e nella norma, tranquillizzatevi e godetevelo così com’è. Mettetevelo bene in testa: è un’altra persona, distinta da voi, e fa ciò che vuole in ogni momento. Inoltre, non paragonatelo mai al neonato della vicina di letto (un angioletto che mangia e dorme) né lasciatevi infuenzare dai ricordi evocati da nonni e parenti. È fondamentale rispettare l’individualità del vostro cucciolo e la sua libertà di manifestarsi come preferisce e si sente. D’altro canto, è vostro fglio e voi l’amate così com’è, di un amore incondizionato che prenderà sempre più piede con il passare del tempo. Già ora è importantissimo il rispetto che dovete portare al vostro piccolino: è il primo passo del lungo cammino per consentirgli di costruirsi la sua autostima e la sua indipendenza personale.
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