Anno 3 | N.ro 3 | Novembre 2015
Periodico dell’Unità Pastorale di Verdellino e Zingonia
& il nuovo “#RampaFò” da staccare e conservare!
, e m o t l e c s Non voi avetsecelto voi ma io ho
2 Signore Gesù, tu eri la Gioia nel cuore del Padre, la purissima gioia dell’esserGli Figlio, e sei venuto come sorriso divino, a dissipare le nostre umane tristezze. Annunzio di gioia il tuo concepimento nel grembo verginale di Maria; evento di gioia la tua nascita a Betlemme, notizia di gioia il tuo evangelo. Prezzo di gioia fu la tua croce e gioia per sempre la tua risurrezione. Signore Gesù, gioia di chi ti incontra e si mette alla tua sequela, donaci un cuore capace di ascoltare e vedere, capace di scoprire che la gioia, la tua divina, purissima gioia, splende ogni giorno davanti a noi nell’oscuro grigiore del nostro quotidiano. Fa’ che sappiamo riconoscerla e lasciarcene riempire, per effonderla intorno a noi, come in un continuo giorno di festa, fino a quando saremo tutti uniti nella gioia eterna del cielo. Amen
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Editoriale La vita parrocchiale comunitaria fatta di vangelo, di eucarestia e di carità è riuscita ha formare una coscienza cristiana? Anno pastorale 2013-2014: Donne e uomini capaci di vangelo Anno pastorale 2014-2015: Donne e uomini capaci di eucarestia Anno pastorale 2015-2016: Donne e uomini capaci di carità La vita comunitaria parrocchiale ha formato la coscienza cristiana della nostra Chiesa bergamasca? E’ questa la domanda forte che arrivati al terzo anno del percorso a cui ci ha guidato il nostro Vescovo ci dobbiamo fare. Se dovessimo prendere in considerazione alcune reazioni, davanti a recenti fatti di cronaca, di coloro che si dichiarano cristiani, si potrebbe subito rispondere dicendo che probabilmente non solo la testimonianza della Carità ma nessuna dimensione della vita cristiana, cioè nemmeno la Liturgia (sacramenti, iniziazione cristiana, predicazione domenicale ...) o la Parola (catechesi …) ha realmente prodotto cambiamenti sostanziali nella vita delle comunità e dei singoli. Le pratiche ecclesiali della nostra fede non sono cioè riuscite a plasmare in profondità la coscienza ecclesiale. La riflessione si fa amara quando si vede e si sente nelle nostre comunità che quei valori testimoniati in tante opere di carità “non hanno fatto scuola”, non hanno prodotto comunità cristiane più evangeliche e nemmeno una cultura sociale più solidale e accogliente. Questa questione fa da filo rosso anche nella lettera pastorale di quest’anno del nostro Vescovo, soprattutto dove viene segnalata la ricchezza di opere di misericordia che la nostra Diocesi esprime, ma si interroga su quanto queste opere di misericordia siano capaci di generare cuori misericordiosi. Di certo questa preoccupazione non coglie solo la “capacità di carità”. Quanto le nostre catechesi o liturgie (dimensioni sulle quali sono infinitamente più ingenti le risorse che impegniamo, sia in termini di persone, che di soldi, che di passione) riescono a convertire o anche solo a promuovere una cultura plasmata dal vangelo? A volte le nostre comunità sembrano ostaggio di pratiche religiose ormai segnate dal tempo e che con fatica si confrontano con la vita personale e sociale di oggi. Donne e uomini capaci di carità non significa che la comunità ha come primo compito non tanto quello di aiutare i poveri ma quello di aiutare la comunità cristiana ad assumere sempre più un volto evangelico. E che le opere di misericordia sollecitino i cristiani ad un cuore misericordioso e capaci di mostrare il cuore misericordioso di Dio stesso. L’impressione è che il Vangelo oggi, e perciò le stesse opere di volontariato personale e comunitario ad esso ispirate, al massimo danno forma ad azioni religiose, o gesti buoni, spesso relegate nel privato, che assumono un senso prevalentemente consolatorio e “meritorio”. Dicendolo con grande rispetto, ma non si può non notare la grande enfasi che muove il “popolo” attorno alle azioni rituali religiose e che forse sono quelle maggiormente gratificanti. Semplificano di molto la “grammatica” dell’esistenza cristiana; sono quelle più facili da impiantare e organizzare rispetto a un lavoro umile e puntuale di formazione della coscienza credente; si percepisce
la fatica di fare del dettato evangelico la forma della propria esistenza. La grande lezione del Vaticano II rimane ancora attuale ma ancora abbondantemente non recepita. - Papa Francesco ci ricorda nella Bolla di Indizione del Giubileo della Misericordia che “la Chiesa ha la missione di annunciare la misericordia di Dio, cuore pulsante del Vangelo, che per mezzo suo deve raggiungere il cuore e la mente di ogni persona”. - Papa Benedetto XVI nell’enciclica “Deus Caritas Est” dice“L’intima natura della Chiesa si esprime in un triplice compito: annuncio della Parola di Dio (kerygma-martyria), celebrazione dei Sacramenti (leiturgia), servizio della carità (diakonia). Sono compiti che si presuppongono a vicenda e non possono essere separati l’uno dall’altro. La carità non è per la Chiesa una specie di attività di assistenza sociale che si potrebbe anche lasciare ad altri, ma appartiene alla sua natura, è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza.” - Dietrich Bonhoeffer, pastore protestante morto in campo di concentramento nazista, scriveva a proposito dello spazio della Chiesa nel mondo che “Lo spazio della chiesa non esiste per contendere al mondo un pezzo del suo ambito, ma per testimoniare al mondo che esso rimane mondo, cioè il mondo amato e riconciliato da Dio. Non è quindi vero che la chiesa vorrebbe o dovrebbe estendere il proprio spazio ai danni dello spazio del mondo; essa non brama più spazio di quanto non le bisogni per servire il mondo con la testimonianza di Gesù Cristo e della riconciliazione del mondo con Dio per opera di Gesù Cristo. Inoltre essa può difendere il proprio spazio solo lottando non per essa, ma per la salvezza del mondo. In caso contrario essa diventa un ‘sodalizio religioso’ che lotta per la propria causa e che ha così cessato di essere la chiesa di Dio nel mondo. Perciò il primo compito di coloro che appartengono alla chiesa di Dio non è quello di esistere per se stessi, di creare quindi ad esempio una organizzazione religiosa o di condurre una vita devota, bensì di essere testimoni di Gesù Cristo davanti al mondo.” - Il direttore della nostra Caritas diocesana, don Claudio Visconti, ha scritto: “Gesù nell’arco della sua vita pubblica ha detto molte parole e posto molti segni di Carità; la sua stessa vita è riassumibile intorno alla cifra della Carità; eppure la cultura di riferimento, la sua stessa comunità dei fedelissimi sembrava aliena alla Sua testimonianza. Noi sappiamo che la maniera con cui Gesù è stato testimone della carità è stata ai suoi tempi perdente e fallimentare ... Anche il massimo gesto di carità - cioè la croce - in realtà rivela il fallimento di generare intorno a Se cultura di misericordia e di fraternità. Ma in quel perder tutto si rivela anche l’affidarsi di Gesù a un Padre che sente come degno di fiducia, proprio nel momento della impotenza totale della morte. Quel perdere tutto per il dono dello Spirito è diventato la gloria che attrae tutti a se”.
don Marco
Lettera Apostolica del Santo Padre occasione dell’Anno della Vita Con II – Le attese per l’Anno della Vita Consacrata
Che cosa mi attendo in particolare da questo Anno di grazia della vita consacrata? 1. Che sia sempre vero quello che ho detto una volta: «Dove ci sono i religiosi c’è gioia». Siamo chiamati a sperimentare e mostrare che Dio è capace di colmare il nostro cuore e di renderci felici, senza bisogno di cercare altrove la nostra felicità; che l’autentica fraternità vissuta nelle nostre comunità alimenta la nostra gioia; che il nostro dono totale nel servizio della Chiesa, delle famiglie, dei giovani, degli anziani, dei poveri ci realizza come persone e dà pienezza alla nostra vita. Che tra di noi non si vedano volti tristi, persone scontente e insoddisfatte, perché “una sequela triste è una triste sequela”. Anche noi, come tutti gli altri uomini e donne, proviamo difficoltà, notti dello spirito, delusioni, malattie, declino delle forze dovuto alla vecchiaia. Proprio in questo dovremmo trovare la “perfetta letizia”, imparare a riconoscere il volto di Cristo che si è fatto in tutto simile a noi e quindi provare la gioia di saperci simili a Lui che, per amore nostro, non ha ricusato di subire la croce. In una società che ostenta il culto dell’efficienza, del salutismo, del successo e che marginalizza i poveri ed esclude i “perdenti”, possiamo testimoniare, attraverso la nostra vita, la verità delle parole della Scrittura: «Quando sono debole, è allora che sono forte» (2 Cor 12,10). Possiamo ben applicare alla vita consacrata quanto ho scritto nella Esortazione apostolica Evangelii gaudium, citando un’omelia di Benedetto XVI: «La Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione» (n. 14). Sì, la vita consacrata non cresce se organizziamo delle belle campagne vocazionali, ma se le giovani e i giovani che ci incontrano si sentono attratti da noi, se ci vedono uomini e donne felici! Ugualmente la sua efficacia apostolica non dipende dall’efficienza e dalla potenza dei suoi mezzi. È la vostra vita che deve parlare, una vita dalla quale traspare la gioia e la bellezza di vivere il Vangelo e di seguire Cristo. Ripeto anche a voi quanto ho detto nella scorsa Veglia di Pentecoste ai Movimenti ecclesiali: «Il valore della Chiesa, fondamentalmente, è vivere il Vangelo e dare testimonianza della nostra fede. La Chiesa è sale della terra, è luce del mondo, è chiamata a rendere presente nella società il lievito del Regno di Dio e lo fa prima di tutto con la sua testimonianza, la
testimonianza dell’amore fraterno, della solidarietà, della condivisione» (18 maggio 2013). 2. Mi attendo che “svegliate il mondo”, perché la nota che caratterizza la vita consacrata è la profezia. Come ho detto ai Superiori Generali «la radicalità evangelica non è solamente dei religiosi: è richiesta a tutti. Ma i religiosi seguono il Signore in maniera speciale, in modo profetico». È questa la priorità che adesso è richiesta: «essere profeti che testimoniano come Gesù ha vissuto su questa terra … Mai un religioso deve rinunciare alla profezia» (29 novembre 2013). Il profeta riceve da Dio la capacità di scrutare la storia nella quale vive e di interpretare gli avvenimenti: è come una sentinella che veglia durante la notte e sa quando arriva l’aurora (cfr Is 21,11-12). Conosce Dio e conosce gli uomini e le donne suoi fratelli e sorelle. È capace di discernimento e anche di denunciare il male del peccato e le ingiustizie, perché è libero, non deve rispondere ad altri padroni se non a Dio, non ha altri interessi che quelli di Dio. Il profeta sta abitualmente dalla parte dei poveri e degli indifesi, perché sa che Dio stesso è dalla loro parte. Mi attendo dunque non che teniate vive delle “utopie”, ma che sappiate creare “altri luoghi”, dove si viva la logica evangelica del dono, della fraternità, dell’accoglienza della diversità, dell’amore reciproco. Monasteri, comunità, centri di spiritualità, cittadelle, scuole, ospedali, case-famiglia e tutti quei luoghi che la carità e la creatività carismatica hanno fatto nascere, e che ancora faranno nascere con ulteriore creatività, devono diventare sempre più il lievito per una società ispirata al Vangelo, la “città sul monte” che dice la verità e la potenza delle parole di Gesù. A volte, come accadde a Elia e a Giona, può venire la tentazione di fuggire, di sottrarsi al compito di profeta, perché troppo esigente, perché si è stanchi, delusi dai risultati. Ma il profeta sa di non essere mai solo. Anche a noi, come a Geremia, Dio assicura: «Non aver paura … perché io sono con te per proteggerti» (Ger 1,8). 3. I religiosi e le religiose, al pari di tutte le altre persone consacrate, sono stati definiti, come ho appena ricordato, “esperti di comunione”. Mi aspetto pertanto che la “spiritualità della comunione”, indicata da san Giovanni Paolo II, diventi realtà e che voi siate in prima linea nel cogliere «la grande sfida che ci sta davanti» in questo nuovo millennio: «fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione»5. Sono certo che in questo Anno lavorerete con serietà perché
e Francesco a tutti i consacrati in nsacrata, 28.11.2014 (parte seconda) l’ideale di fraternità perseguito dai Fondatori e dalle fondatrici cresca ai più diversi livelli, come a cerchi concentrici. La comunione si esercita innanzitutto all’interno delle rispettive comunità dell’Istituto. Al riguardo vi invito a rileggere i miei frequenti interventi nei quali non mi stanco di ripetere che critiche, pettegolezzi, invidie, gelosie, antagonismi sono atteggiamenti che non hanno diritto di abitare nelle nostre case. Ma, posta questa premessa, il cammino della carità che si apre davanti a noi è pressoché infinito, perché si tratta di perseguire l’accoglienza e l’attenzione reciproche, di praticare la comunione dei beni materiali e spirituali, la correzione fraterna, il rispetto per le persone più deboli… È «la “mistica” di vivere insieme», che fa della nostra vita «un santo pellegrinaggio»6. Dobbiamo interrogarci anche sul rapporto tra le persone di culture diverse, considerando che le nostre comunità diventano sempre più internazionali. Come consentire ad ognuno di esprimersi, di essere accolto con i suoi doni specifici, di diventare pienamente corresponsabile? Mi aspetto inoltre che cresca la comunione tra i membri dei diversi Istituti. Non potrebbe essere quest’Anno l’occasione per uscire con maggior coraggio dai confini del proprio Istituto per elaborare insieme, a livello locale e globale, progetti comuni di formazione, di evangelizzazione, di interventi sociali? In questo modo potrà essere offerta più efficacemente una reale testimonianza profetica. La comunione e l’incontro fra differenti carismi e vocazioni è un cammino di speranza. Nessuno costruisce il futuro isolandosi, né solo con le proprie forze, ma riconoscendosi nella verità di una comunione che sempre si apre all’incontro, al dialogo, all’ascolto, all’aiuto reciproco e ci preserva dalla malattia dell’autoreferenzialità. Nello stesso tempo la vita consacrata è chiamata a perseguire una sincera sinergia tra tutte le vocazioni nella Chiesa, a partire dai presbiteri e dai laici, così da «far crescere la spiritualità della comunione prima di tutto al proprio interno e poi nella stessa comunità ecclesiale e oltre i suoi confini»7. 4. Attendo ancora da voi quello che chiedo a tutti i membri della Chiesa: uscire da sé stessi per andare nelle periferie esistenziali. «Andate in tutto il mondo» fu l’ultima parola che Gesù rivolse ai suoi e che continua a rivolgere oggi a tutti noi (cfr Mc 16,15). C’è un’umanità intera che aspetta: persone che hanno perduto ogni speranza, famiglie in difficoltà, bambini
abbandonati, giovani ai quali è precluso ogni futuro, ammalati e vecchi abbandonati, ricchi sazi di beni e con il vuoto nel cuore, uomini e donne in cerca del senso della vita, assetati di divino… Non ripiegatevi su voi stessi, non lasciatevi asfissiare dalle piccole beghe di casa, non rimanete prigionieri dei vostri problemi. Questi si risolveranno se andrete fuori ad aiutare gli altri a risolvere i loro problemi e ad annunciare la buona novella. Troverete la vita dando la vita, la speranza dando speranza, l’amore amando. Aspetto da voi gesti concreti di accoglienza dei rifugiati, di vicinanza ai poveri, di creatività nella catechesi, nell’annuncio del Vangelo, nell’iniziazione alla vita di preghiera. Di conseguenza auspico lo snellimento delle strutture, il riutilizzo delle grandi case in favore di opere più rispondenti alle attuali esigenze dell’evangelizzazione e della carità, l’adeguamento delle opere ai nuovi bisogni. 5. Mi aspetto che ogni forma di vita consacrata si interroghi su quello che Dio e l’umanità di oggi domandano. I monasteri e i gruppi di orientamento contemplativo potrebbero incontrarsi tra di loro, oppure collegarsi nei modi più differenti per scambiarsi le esperienze sulla vita di preghiera, su come crescere nella comunione con tutta la Chiesa, su come sostenere i cristiani perseguitati, su come accogliere e accompagnare quanti sono in ricerca di una vita spirituale più intensa o hanno bisogno di un sostegno morale o materiale. Lo stesso potranno fare gli Istituti caritativi, dediti all’insegnamento, alla promozione della cultura, quelli che si lanciano nell’annuncio del Vangelo o che svolgono particolari ministeri pastorali, gli Istituti secolari nella loro capillare presenza nelle strutture sociali. La fantasia dello Spirito ha generato modi di vita e opere così diversi che non possiamo facilmente catalogarli o inserirli in schemi prefabbricati. Non mi è quindi possibile riferirmi ad ogni singola forma carismatica. Nessuno tuttavia in questo Anno dovrebbe sottrarsi ad una seria verifica sulla sua presenza nella vita della Chiesa e sul suo modo di rispondere alle continue e nuove domande che si levano attorno a noi, al grido dei poveri. Soltanto in questa attenzione ai bisogni del mondo e nella docilità agli impulsi dello Spirito, quest’Anno della Vita Consacrata si trasformerà in un autentico kairòs, un tempo di Dio ricco di grazie e di trasformazione.
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Rubrica
Anno della vita consacrata 30 novembre 2014 - 02 febbraio 2016
Consacrati e consacrate viventi nativi/e di Verdellino e Zingonia o che hanno svolto ministero nelle due Parrocchie elenco aggiornato al 20 agosto 2015
Verdellino fr. Gianluca Bono (Lipsia-Germania) - nativo di Verdellino Piccoli Fratelli del Vangelo Sr. Annamaria Carminati (Verdellino BG) Suore Orsoline S. Cuore di Gesù di Asola Sr. Aurelia Marziali (Grassobbio BG) - nativa di Verdellino Suore Orsoline S. Cuore di Gesù di Asola Sr. Giovanna Testa (Campitello di Marcaria MN) Suore Orsoline S. Cuore di Gesù di Asola Sr. Daniela Azzini (Castel Goffredo MN) Suore Orsoline S. Cuore di Gesù di Asola Sr. Cleonice Fraccaro (Carpi MO) Suore Orsoline S. Cuore di Gesù di Asola Sr. Rosangela Ghisleni (Casazza BG) Suore Orsoline S. Cuore di Gesù di Asola Sr. Maria Rosa Scolari (Asola MN) Suore Orsoline S. Cuore di Gesù di Asola Sr. Iolanda Marangon (Moglia MN) Suore Orsoline S. Cuore di Gesù di Asola Sr. Pinuccia Perico - (Gabbiana di Marcaria MN) Suore Orsoline S. Cuore di Gesù di Asola Sr. Ausilia Balini (Alassio SV) Suore Orsoline S. Cuore di Gesù di Asola Sr. Elvira Ravasio (Alassio SV) Suore Orsoline S. Cuore di Gesù di Asola Sr. Maria Rossoni (Roma) - nativa di Verdellino Istituto Canossiane Sr. M. Alma Calchi (Santiago - Cile) - nativa di Verdellino Salesiana Sr. Luciana Mazzola (Capriasca TI - Svizzera) - nativa di Verdellino Ist. Opera don Guanella Sr. Natalia Savio (Verdello BG) - nativa di Verdellino Ist. Opera don Guanella Sr. Carmela Calchi (Gazzaniga BG) - nativa di Verdellino Suore di Carità dette di Maria Bambina Sr. Michelina Quacqueri (Milano MI) - nativa di Verdellino Suore di Carità dette di Maria Bambina
Zingonia Maria Teresa Nazari (Verdellino-Zingonia) Ist. Secolare Pro familia Sr. Olivia (Malawi) sacramentina Sr. Ornella (Malawi) sacramentina Sr. Elvira sacramentina Sr. Candida Ist. Poverelle Sr. Rosa Ist. Poverelle
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Interviste
Io ho tutto Fuori è ancora notte, e poche macchine, solitarie, lampeggiano sulla riva, al di là del lago. Come ogni mattina, esco dalla mia cella, nel cuore della notte, per accendere la mia lampada della preghiera, e iniziare il nuovo giorno. Attendere il sorgere del Sole, per ogni uomo, insieme a tutte le mie sorelle ed illuminare così i nostri passi. Sono in monastero da circa sei anni, e posso dire che è come una scalata in montagna, dove il panorama si fa sempre più bello, il cammino sempre nuovo e l’entusiasmo cresce passo dopo passo! Vi starete chiedendo, probabilmente, che senso ha, oggi, vivere in monastero! Che senso ha scegliere questo sentiero per raggiungere la Vetta, proprio questo apparentemente così inutile e poco percorso! C’è così tanto bisogno di fare del bene nel mondo, tra i poveri, annunciare l’amore di Gesù negli angoli della terra: perché la clausura? Questi sono stati anche pensieri miei nella mia giovinezza, finché non incontrai nello sguardo di una monaca quella luce nuova, mai vista prima, che mi fece fare esperienza della presenza del Signore, del valore della preghiera, del dono di una vita data tutta al Signore per tutti. Come un albero, le cui radici sono stabili nella terra e le fronde si spiegano nel più alto del Cielo! C’è tanta sofferenza nel mondo, sembra esserci tanto male, tanta superficialità! Come alberi, allora, non abbiamo paura di respirare tutta “l’anidride carbonica”, e stando sotto il sole, il vero Sole, Gesù, donare al mondo ossigeno per l’anima, che vivifica! Questa è la preghiera, questo è l’Amore del Signore! Tanti hanno un’idea distorta della preghiera: una serie di pie formule da recitare, per assicurarsi il “pane” quotidiano. La preghiera è molto di più: è il respiro dell’anima! Come abbiamo bisogno di ossigeno per vivere e respiriamo, così abbiamo bisogno di stare con il Signore, con Colui che ci ha donato la vita, per rendere sempre viva la nostra esistenza e non farla morire. Pregare, e stare con qualcuno, è ascoltarlo! E permettere che il nostro cuore si sintonizzi
sulla sua onda, che il nostro cuore diventi simile al Suo! E nel corpo della Chiesa, c’è chi in particolare ha la funzione di essere i polmoni di tutti, questi alberi che produco l’ossigeno per l’anima. Come i sacerdoti sono la voce del Signore, i missionari le gambe e le mani per aiutare, così la vita claustrale desidera essere questo. Ecco la vita claustrale: donarsi totalmente a Lui Solo, e stare con Lui Solo per tutti gli uomini. Stare come Mosè sul monte, con le mani alzate, affinché il popolo volga il suo sguardo al Dio Vivente. Non ci siamo dati la vita da soli, ma è il Creatore che ci ha donato l’esistenza: solamente alla Sua presenza se ne gusta la pienezza, la bellezza e la dolcezza. Ecco i monaci; coloro che stanno alla presenza di Dio sempre, nel lavoro, nei servizi, nell’accoglienza, per far toccare la presenza di Dio che sempre cammina sulle nostre strade. La mia famiglia mi ha da sempre trasmesso l’amore per la Bellezza, per l’autenticità della vita, donandomi il desiderio di non sprecare neanche un attimo di questo dono prezioso. Sono cresciuta con questo in cuore: puntare in alto! Ho trascorso un’infanzia e un’adolescenza normale, come tutti, tra amici, interessi, studio, sport. Ma quella Bellezza gustata in famiglia mi ha parlato da sempre del Signore, che sempre più si è fatto vicino nel mio cammino. Il suo Amore è diventato sempre più personale, fino al punto in cui, nonostante non fosse esclusa la possibilità di farmi una famiglia tutta mia, ho percepito che la mia pienezza di vita sarebbe stata nell’Amore esclusivo del Signore per me. Ho detto SI a Lui, e Lui mi ha indicato la via della vita monastica per vivere insieme a Lui. E come chi è innamorato, ho scelto l’Amore! Tanti mi chiedono se non è stato difficile lasciare tutto; ma non è tanto l’aver lasciato, quanto l’aver scelto. Io ho tutto! Ho tutta la mia parte. E’ ovvio che ogni scelta comporta in sé delle rinunce. Ma ciò che si sceglie è sempre più grande e spalanca davanti
agli occhi del cuore panorami inaspettati, raggiunti anche per stradine scoscese e dissestate ma vere e belle…e ritrovi in modo nuovo e inaspettato il centuplo di ciò che apparentemente hai lasciato, perché l’Amore del Signore mai delude. I legami così sono diventati ancora più veri e profondi con la mia famiglia, con i miei amici e il popolo che abita il mio cuore si è allargato fino ai confini della terra. Stando qui in ginocchio, con il Signore posso raggiungere ogni angolo della terra e narrare quanto è grande l’Amore del Signore! Insieme alla mia comunità rimango qui, stabile nell’amore del Signore, per cantare le sue lodi, lavorare nella sua vigna e come albero fecondo, alla cui ombra potete riposare, desideriamo donarvi l’ossigeno dell’Amore immenso del Signore, affinché il vostro cuore si apra alla Grazia, così che anche voi, là dove vivete, possiate diventare a vostra volta alberi fecondi di grazia, alla cui ombra tanti uomini possono sostare, godendo della Luce e della Gioia del Signore. Nell’anno della vita consacrata ringraziamo il Signore perché ogni vita è vocazione, una chiamata a vivere nel Suo amore. Ringraziamo il Signore per chi si dona totalmente a Lui, e vi chiediamo di pregare per noi. Lo ringraziamo, nell’anno del sinodo per la Famiglia, per il dono della vita matrimoniale, feconda di grazia e di gioia, e vi assicuriamo tutta la nostra preghiera, perché, tutti insieme, possiamo diventare bosco verdeggiante di luce, di speranza e di gioia! Sr. Maria Aurora, OSB - Abbazia Benedettina “Mater Ecclesiae”
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Interviste
Essere donna: consacrata nella comunità
Suor Aurelia Marziali, nativa di Verdellino (24 marzo 1927), racconta la sua esperienza come suora impegnata nella comunità. “Quando sono entrata in convento, facevo tante attività, adesso che sono così anziana, faccio fatica ad accettare. Certe attività non riesco più a farle, vorrei fare ancora quello che facevo prima. La voglia di andare c’è però le gambe e la testa…Sono entrata nella congregazione delle suore Orsoline del Sacro Cuore di Asola il 20/10/1949, avevo 22 anni. Il parroco don Carrara voleva mandarmi in clausura, ma io allora non ci volevo andare. Fino a 18-20 anni frequentavo poco la Chiesa,
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non sentivo ancora la chiamata a essere suora. Sono andata per sei anni a Canonica a lavorare e facevo giornata dalla mattina alla sera e all’oratorio andavo poco. È stata la mia maestra Scarpellini Rina che continuava a dirmi di andare all’oratorio; poi una suora mi ha aiutato, mi diceva di andare la domenica all’oratorio ma non mi piaceva. Con lei andavo in chiesa e pregavo molto, mi seguiva e grazie a lei ho imparato a stare con i bambini. Stavo volentieri con le suore e un po’ alla volta ho sentito la chiamata. In quel periodo in sei ragazze di Verdellino siamo entrate nelle congregazioni, di cui due in clausura; quando ho detto che volevo fare la suora, la mia mamma non mi disse niente, mio papà era un po’ contrario, ero la quarta di cinque fratelli e forse aveva altri progetti per me. Mia mamma e mia sorella mi hanno accompagnato ad Asola. La mia esperienza è stata bella e piena di entusiasmo, ma allora le suore dovevano cambiare spesso comunità e facevo fatica ad accettare, ho pianto tanto, ma una notte ho sognato mia mamma che mi diceva “vai, vai, vai dove ti mandano” ed io sono andata. Nella mia vita consacrata sono stata ispirata dal brano del Vangelo di Luca che racconta della visita di Maria a Elisabetta, sono stata anche in Terra Santa a vedere il posto. Oggi auguro ai giovani di ascoltare i genitori e di andare d’accordo con loro, di confidarsi e dialogare con loro. Alle coppie di giovani auguro di volersi bene, rispettarsi e accettarsi l’un l’altro come si è. Alla gente di Verdellino dico che sono “brava gente” e come dice Papa Francesco, dico loro di essere misericordiosi. Oggi sono qui a Grassobbio e prego il Signore di darmi la grazia di poter essere sempre di aiuto nella mia comunità nonostante la mia età mi limiti nel fare quello che sento fortemente nel cuore e nello spirito”. Vincenza
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Interviste
Un tuffo nell’umanitá Posso dire che la mia vita religiosa si è snodata in due forti tempi trascorsi a Zingonia e a Namwera, un villaggio del Malawi (Africa). Due esperienze altrettanto belle e significative. L’esperienza fatta a Zingonia, quasi dieci anni con Sr. Caty e Sr. M. Letizia, tra tanta gente che veniva da tutte le parti d’Italia è stata per me una preparazione per l’Africa, anche se all’inizio non si pensava nemmeno all’Africa. Il Signore ci ha dato la gioia di realizzare tante cose belle, tanto bene, lì a Zingonia, insieme al Parroco Don Felice Bellini. Avevamo formato i gruppi del Vangelo, ci s’incontrava alla sera per leggere il Vangelo e discutere insieme con le famiglie. Sicuramente alcune famiglie ricordano ancora questi tempi bellissimi trascorsi insieme. Tenevamo la catechesi, di casa in casa, per preparare i genitori per il Battesimo dei loro figli. Preparavamo i bambini alla Prima Comunione, alla S. Cresima. Sono stati anni bellissimi, nel corso dei quali donavamo il meglio di noi stesse, ci sentivamo sostenute dall’amore che Dio ci donava. Il suo amore ci teneva unite nel lavoro e soprattutto come comunità religiosa sacramentina. A Zingonia ho imparato tanto ed ho ricevuto tanto, molto di più di quanto ho donato. Ricordo che accoglievamo in casa nostra, per il ”dopo scuola”, i figli dei lavoratori per tenerli lontani dalla strada e dai tanti pericoli. Andavamo così incontro alle famiglie in difficoltà. E poi, ancora noi tre, le pioniere di Zingonia, io Sr. Ornella Rota Sperti, Sr. Caty Goisis e Sr. M. Letizia Angelini siamo partite per l’Africa. Unisco sempre pure loro nella mia esperienza perché abbiamo lavorato tanto e bene insieme. L’arrivo in questa terra africana e precisamente nel Malawi, dove attualmente mi trovo ancora, avvenne nel lontano 1979 (circa 36 anni fa), è stato un tuffo nell’umanità più povera, povera di tutto. Insieme ci siamo messe a lavorare, ad aiutare, a donare in questa vigna del Signore, amando tutti indistintamente come già avevamo fatto nella nostra e vostra bella Zingonia. L’inizio qui in Africa è stato faticoso, non avevamo nulla, ma l’essere qui, per questa gente così povera ci colmava di gioia. Ogni giorno partivamo con il sacerdote Padre Emilio Nozza, missionario monfortano, bergamasco, nativo di Verdello, e raggiungevamo i villaggi dove si celebrava la S. Messa. Al termine ci fermavamo a parlare con la gente che manifestava il bisogno di intrattenersi con noi e con il sacerdote. Pur nella loro povertà ci offrivano il pranzo, erano felici di averci con loro. Gradualmente ci siamo messe ad aiutare tutti: anziani, bambini, ragazzi, ragazze, famiglie. Pian piano abbiamo ampliato la missione costruendo poco per volta casette per ospitare le ragazze più povere e dare loro un’adeguata educazione umana e spirituale. Le uscite nei villaggi si facevano meno frequenti perché i bisogni alla missione erano sempre più urgenti. La gioventù aumentava e aveva
sempre più bisogno della nostra presenza, della nostra attenzione e così il nostro operato si è stabilito alla missione di Namwera che è diventata un piccolo villaggio, denominato: “ VILLAGGIO DELLA GIOVENTÙ”. Ed è qui che ancora oggi operiamo. Nella missione ora sono presenti più di 400 tra ragazze/i e bambini. Ragazze e ragazzi vivono qui giorno e notte tranne i bimbi della scuola materna che tornano a casa nel pomeriggio. Vi è la scuola superiore frequentata da più di 200 ragazze, esse tornano a casa solo durante le vacanze. Inoltre vivono qui alla missione una settantina tra ragazzi e ragazze della scuola primaria, provenienti dai villaggi vicini, e sostenuti dalla missione. Si aggiungono poi i 150 bambini della scuola materna. Ogni giorno si preparano la colazione, il pranzo, la cena per più di 400 ragazzi. Il lavoro non manca, ma si fa tutto per amore di questi ragazzi che altrimenti non avrebbero né cibo, né istruzione. E tutto questo si fa in nome di una vita consacrata al Signore. È da qui che parte la molla di tutto, la forza che ci fa andare avanti ogni giorno con gioia e tanta dedizione. E così nel lavoro quotidiano, nella preghiera e adorazione di ogni giorno, rendo grazie al Signore per quanto mi ha dato e per tutti coloro che ho incontrato nel mio cammino e che hanno reso bella la mia vita dandomi la possibilità a mia volta di donarla. Grazie di cuore a tutti. A tutti i miei amici di Zingonia prometto il ricordo nella mia preghiera di adorazione che come sacramentina elevo ogni giorno a Gesù Eucaristia. Per tutto e per tanto posso dire con Maria: “L`anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore”. A tutti un grande abbraccio Sr. Ornella Rota Sperti - Namwera 16 - 9 - 2015
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Interviste
Sr. Eugenia Vergani Di sr. Eugenia si possono tranquillamente sprecare gli aggettivi che qualificano il lavoro: la dedizione, la semplicità la competenza, l’umiltà, e mai arriveremo al profondo di un cuore che ha fatto della fede in Dio e del servizio alle sorelle e ai fratelli il calore della sua lunga vita. Nata a Treviolo, nella bergamasca nel 1923 e battezzata subito dopo la nascita con il nome di Maria, ha forgiato fin da piccola lo spirito di servizio imparato nella semplicità di una famiglia numerosa e credente. Subito dopo la guerra risponde alla chiamata missionaria, chiamata custodita a lungo nel cuore in attesa che i due fratelli soldati tornino dal campo di concentramento, e nel 1946 raggiunge la nostra Famiglia religiosa, sicura di partire presto per la missione. Ma l’attesa è lunga e alla sua disponibilità sono richiesti vari servizi nelle comunità del PIME dove è la sorella maggiore che si preoccupa della salute dei missionari grazie alle sue doti culinarie, fantasia e sensibilità materna. Molti missionari la ricordano ancora con affetto e stima per la vita di sacrificio dietro ai fornelli, ma sempre con la serenità e la semplicità di chi sa di partecipare alla missione anche pregando e servendo gli operai della messe. Ricordando i suoi missionari, diceva: “Ho lavorato tanti anni nelle varie case del PIME come cuoca a servizio della comunità dei padri e dei seminaristi, e posso proprio dire di averli accompagnati in ogni spostamento… seguivo l’itinerario formativo dalla cucina!” Non perde mai la speranza di partire, è convinta che: “La vocazione missionaria non si realizza solo nel momento in cui si parte concretamente per un Paese nuovo, ma dal giorno stesso in cui ci si consegna a Dio per la Missione. Io ho tenuto sveglio il desiderio di andare oltre confine e l’attesa l’ha fatto crescere ogni giorno di più”. Finalmente a 54 anni il suo nome è annunciato nella lista delle partenti e con l’entusiasmo di una giovane arriva nel sud del Camerun in piena foresta. Dirà poi:“Ero
sicura che per l’età e la salute sarei rimasta poco per cui inizialmente non mi sono impegnata nello studio della lingua locale, ma in effetti in Camerun ci sono stata tanti anni ! E contrariamente alle sorelle giovani, non ho mai preso la malaria!”. Sr. Eugenia arriva prima ad Ambam, poi passa a Melan e a Yaounde, la capitale: “Il mio compito è di accudire la casa, faccio un po’ di tutto e accolgo la gente che viene per cercare aiuto o per trovare un po’ di ascolto e conforto”. È bello vederla, all’arrivo della corta sera africana, seduta fuori della casa per accogliere le donne che tornano dalla piantagione con il loro carico di legna, legumi o banane per la famiglia. Il suo sorriso, l’ascolto paziente dei loro problemi sono il linguaggio più eloquente della carità e del suo amore per le donne a cui vorrebbe togliere i pesanti fardelli della povertà e della loro difficile condizione. Il suo interesse per la cultura non l’abbandona mai, si informa, legge, studia, interroga, ha le sue opinioni ben fondate e ne fa tesoro nelle confidenze e discussioni che consorelle e padri fanno volentieri con lei. Quante volte dona allegria alla comunità con il suo francese un po’ bergamasco, ma lei non si blocca, non si scompone, anzi sono le sorelle a meravigliarsi per l’incredibile intesa che c’è tra lei, i ragazzi della scuola, le donne e i malati! “La gente mi ha insegnato molto: la forza del dolore, l’ospitalità, il dialogo; ho imparato a sedermi ad ascoltare senza stancarmi, mentre noi abbiamo naturalmente fretta in tutto. Ciò che conta è esserci, stare con loro, dimostrando la tenerezza e la compassione di Dio, quelle che stesse che Lui ha per noi”. Nel 1999 problemi di salute la costringono al ritorno in Italia dove subisce vari interventi e, mentre le ginocchia la tradiscono fino a costringerla su una carrozzella, sr. Eugenia non lascia ferme le mani: l’uncinetto e il chiacchierino sono i compagni fedeli delle lunghe giornate in camera, e per gli amati nipoti, per le consorelle, per i visitatori, ha sempre un piccolo regalo custodito nel cassetto e donato con gioia. L’aggravarsi delle sue condizioni non le tolgono la serenità e la disponibilità, accetta ogni cura con riconoscenza e, nonostante il carattere un po’ taciturno, ha sempre per tutte un buona parola di incoraggiamento e di gratitudine, felice quando qualche sorella di ritorno dal Camerun le fa rivivere l’aria della foresta e la voce della gente. È pronta, attende solo la chiamata del suo Signore che la vuole a se, per celebrare la pasqua eterna, nella mattinata di mercoledì 19. Cara sr. Eugenia con la tua gente del Camerun ti diciamo: “Que la terre de tes ancêtres te soit légère!”. suor Anna Maria Pusca
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Pastorale famigliare
Passaggi di vita: diventare adulto e sguardo di fede In una delle serate del corso dell’itinerario di formazione per catechisti per gli adulti ci è stato chiesto: “Quali esperienze e passaggi significativi di vita ti hanno reso adulto?”. Dalla riflessione è emerso che la vita è un continuo passaggio da un’esperienza, da una situazione a un’altra, in un continuo divenire che non è mai raggiunto in modo definitivo. Alcuni dei passaggi che sembrano ci conducano alla maturità adulta sono in realtà tappe di vita, sono riti, passi significativi nella società, nel mondo del lavoro, del far famiglia o del diventare genitore. Sorge quindi un’altra domanda: “E la fede? Che cosa ha a che fare la fede con il diventare adulto? Che cosa ha a che fare il nostro credo con tutto questo?”. Immediatamente è emerso che viviamo ogni giorno nella gioia della nostra fede, semplicemente nella quotidianità, ma non sempre ne siamo consapevoli. Spesso l’adulto vive un processo segnato dall’instabilità. Una crisi può toccare il lavoro, lo stile di vita, la famiglia, l’immagine di sé e, se prolungato nel tempo, può portare a una “rottura” con Dio e con gli altri, tanto da rendere l’adulto vulnerabile. La crisi può occupare un ruolo essenziale nella maturazione della fede se si considera che in ogni crisi siamo preceduti da chi è passato dalla morte alla vita e che ci apre a una vita nuova, da chi ha conosciuto prima di noi il duro silenzio di Dio. Vincenza
Messaggio di tenerezza Ho sognato che camminavo in riva al mare con il Signore e rivedevo sullo schermo del cielo tutti i giorni della mia vita passata. E per ogni giorno trascorso apparivano sulla sabbia due orme: le mie e quelle del Signore. Ma in alcuni tratti ho visto una sola orma, proprio nei giorni più difficili della mia vita. Allora ho detto: “Signore, io ho scelto di vivere con te e tu mi hai promesso che saresti stato sempre con me. Perché mi hai lasciato solo proprio nei momenti più difficili?”. E lui mi ha risposto: “Figlio, tu lo sai che io ti amo e non ti ho abbandonato mai. I giorni nei quali c’è soltanto un’orma sulla sabbia sono proprio quelli in cui ti ho portato in braccio”. (anonimo)
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Scuola dell’infanzia
L’insalata dell’asilo è più buona A vent’anni, quando per la prima volta assaporai il bello di diventare mamma, mai e poi mai avrei pensato che ad aiutarmi in questo cammino avrei trovato persone cosi. La scuola materna parrocchiale Madonnina dell’Olmo è l’emblema perfetto di quello che chiamano insegnamento. Nessuno si sostituisce a mamma e papà, anzi. Più che un asilo ho trovato una comunità, un gruppo di amici che collaborano per il bene più prezioso: I BAMBINI. L’organizzazione è spettacolare e permette a tutti di partecipare attivamente alla “vita” scolastica proponendo gruppi di lavoro e molte iniziative atte al miglioramento della stessa. Adoro considerarlo un nido accogliente dove ogni cosa non è mai lasciata al caso. Le aule sono sempre in ordine e vedrete quando i vostri figli verranno a casa e diranno: “L’insalata dell’asilo è più buona!”. Per non parlare delle insegnanti e di Suor Anna, delle vere e proprie amiche di crescita. Stimolano la loro curiosità e inseriscono regole che forse i bambini oggi non conoscono, ma sempre come un gioco per avere poi ometti e donnine indipendenti e fiduciose
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delle loro capacità. In questo modo ci accompagnano sulla nostra strada di genitori e ci spronano a fare sempre meglio. Ora che approdo per la terza volta su quest’accogliente nave, sono consapevole che la scelta fatta sette anni fa è stata ottima. Non vedo l’ora di incamminarmi di nuovo in quest’avventura con il terzo dei miei monelli e godermi nuovamente tutte le paure dei primi giorni e la gioia di vederlo felice. A presto. Buon rientro ai grandi e ben arrivati piccolini. Deborah Sono pienamente soddisfatta di questi anni trascorsi presso la scuola materna parrocchiale perché le insegnanti sono tutte molto preparate. Mi sono inoltre trovata molto bene con il metodo d’insegnamento adottato in quanto tutte le attività svolte hanno avuto la finalità di far crescere il bimbo sotto vari punti di vista. Una scuola ben tenuta e scrupolosamente pulita, dall’aria familiare e accogliente così come il servizio mensa ben curato! Orietta
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Iniziazione cristiana
UNITÀ PASTORALE DI VERDELLINO -
ZINGONIA
o Parrocchia S. Ambrogio V. e D. - Verdellin onia Parrocchia Maria Madre della Chiesa - Zing
TORALE LETTERA DEI SACERDOTI DELL’UNITÀ PAS IAZIONE CRISTIANA INIZ DI ESI CATECH AI GENITORI DEI RAGAZZI IN ETÀ DELLA Verdellino - Zingonia, 14 Settembre 2015 Carissime famiglie, che ci stanno a cuore in per condividere con voi alcune questioni scegliamo di indirizzarvi questa lettera iana. merito alla Catechesi dell'Iniziazione Crist è semplicemente la e: quella frequentata dai vostri figli non Partiamo proprio da questa definizion a di un cammino tratt Cristiana" e ciò dice con chiarezza che si catechesi, ma la "Catechesi dell'Iniziazione voi, siamo altresì siete o restando che i primi educatori alla fede che getta le basi della vita cristiana. Ferm pertanto un resta i ches vive attorno al tema della fede e la cate consapevoli delle fragilità che la famiglia li possano incontrare e conoscere il Signore. baluardo insostituibile perché i più picco accostano a questo ati per lo stile con cui molte famiglie si Non usiamo giri di parole: siamo preoccup te in cui non c'è anna alle e ingiustificata la mancata iscrizion cammino. Troppe le assenze agli incontri, disinteresse nei un re ntra risco In linea generale ci sembra di una diretta preparazione ai sacramenti. ronti di chi con conf nei to ingra dice anche un atteggiamento confronti della fede che, permettetecelo, nella preparazione degli incontri. passione dedica il suo tempo nella cura e giorno della catechesi tamente la questione puntando il dito sul edia imm re lizza bana non a ti atten o Stiam chesi si tiene il giovedì è un dato di rilievo a Zingonia (dove la cate ismo ente l'ass ia: occh Parr dalla " osto "imp la domenica). e il sabato) quanto a Verdellino (dove si tiene nell'intimo del proprio tione privata che trova la sua fonte solo ques una è non Gesù di za scen cono La ontro settimanale toci direttamente da Cristo: la Chiesa. L'inc cuore; essa si avvale di uno strumento dona a tutti la possibilità di ecipazione alla Messa domenicale...) offre della catechesi (oltre, si intende, alla part ad altri ragazzi sono ! Il gruppo, le amicizie, il gioco insieme un incontro con Gesù dentro la comunità fede nella vita di ognuno. potenti mezzi per una crescita buona della avia ci sembra doveroso nessuno né tantomeno minacciare. Tutt Sia ben chiaro: non vogliamo terrorizzare comunità parrocchiali. alle proposte catechistiche delle nostre incoraggiarvi ad una più convinta adesione etterci di prenderlo in liamo di seguire Gesù non possiamo perm Siamo tutti capaci di intendere che se sceg conoscerlo: anche ndo piano le occasioni in cui possiamo giro, mettendo il più delle volte in seco partecipazione. tutti gli ambiti) viene richiesta la serietà nella nell'ambito scolastico e sportivo (come in to come effettivamente il cammino annuale si intenda riconosciu L'indicazione che diamo è che affinché 7 assenze. annuali, non si devono accumulare più di percorso, su un totale di circa 25-30 incontri Confidando nella vostra comprensione vi
salutiamo con amicizia. don Marco, don Alberto, don Francesco
e l o S l I è ’ C i r o i u r o u #F f i t a p m a r a d e t a t s e ’ n u
UN REVIVAL A RITMO D’ESTATE
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olerei da te da Milano fino ad Hong Kong passando per Londra, da Roma fino a Bangkok cercando te, proprio te cara estate. Ti inseguiremmo da un emisfero all’altro per non doverti mai dire addio e per rendere eterna quella magia che solo tu sai dare. Nonostante tu sia una comunissima stagione, riesci a stravolgere persino le leggi della fisica. Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma… sbagliato! Durante il tuo trascorrere si possono creare esperienze favolose che distruggono ogni barriera trasformando la creatività degli animatori in puro divertimento per stare insieme. In una parola, CRE! Può sembrare impegnativo organizzare quattro settimane per bambini e ragazzi di tutte le età e, di fatti, lo è, ma sei sempre tu a svelarci l’asso nella manica: la semplicità. Per quanto si possano pensare e imbastire attività, giochi e gite di ogni tipo, i momenti che rendono speciale un CRE saranno sempre gli scherzi, i baffi alla Nutella dopo la merenda, una gomma bucata durante la biciclettata, un coro cantato a squarciagola sul pullman, quanto di più imprevedibile possa accadere. Dopotutto se siamo ancora in grado di stare sulla sabbia a rincorrere un pallone come se la spiaggia fosse un privè è merito tuo e della tua arma segreta.
ario notizi l a o legat
Inchiostro Bianco
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ò F a p m
lino erdel V i d e hial rrocc a p r e int
a R # Al
Un altro particolare che ti caratterizza è il potere di spronare le persone a esplorare nuove mete. Quante volte uno studente o un lavoratore sogna di prendere il primo aereo disponibile e di andare in capo al mondo? È un chiodo fisso all’ordine del giorno, ma bastano pochi raggi del tuo sole per realizzare desideri che si spingono anche oltreoceano. A questo punto non bisogna far altro che prendere coraggio, lasciare tutto indietro e andare, partire per ricominciare ritrovandosi a vedere l’alba su una spiaggia di Senigallia.Tra barchette di carta e onde del mare, i ragazzi hanno intrapreso un viaggio di fantasia nei vari continenti alla riscoperta di valori come i sogni, l’autostima,la fiducia, le scelte e l’impegno, ingredienti fondamentali per il buon funzionamento della nostra bussola interiore. Prima che il vento ci porti via tutto, però, fermiamoci sotto l’ombrellone con le foto tra le mani e dacci un minuto per dirti il nostro grazie e un “arrivederci” che non vorremmo pronunciare. Grazie e alla prossima, estate! Ora possiamo impugnare le nostre tazze di cioccolata calda ricordandoci che non importa quanta neve cadrà, ciò che conta è avere l’estate addosso!
gonia e Zin
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ero 2 num
@RampaFo RampaFo
rampafo.redazione@gmail.com
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A passo di CRE...
#BattiUnCip
Pomeriggio d’estate; per me queste sono semp re state le due #parolepiùbelle nella mia lingua. @Henry James
Estate: i capelli sono più leggeri. La pelle è più scura. L’acqua è più calda. Le bibite sono più fredde. La musica è più forte. Le notti si allungano. La #vita migliora. @Anonimo
Estati #d’animo. @Anonimo
#RampaFò …SENIGALLIA’S BEAT
(ne abbiamo selezionati solo alcuni tra quelli pervenuti in redazione, gli altri possono essere letti sulla nostra pagina Facebook)
Estate. Un’estate è sempre #eccezionale, sia essa calda o fredda, secc a o umida. @Gustave Flaubert
Le estati #volano sempre… camminano! inverni gli @Charlie Brown
Un perfetto giorno d’estate è quando il #sole splende, il vento soffi a, gli uccelli cantano, e il tagliaerba è rotto. @James Dent
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Vacanze in famiglia
Vacanza in famiglia
Ho avuto la fortuna di trascorrere una settimana nella valle AURINA in compagnia di mia moglie, mia nipote e altre bellissime famiglie. Tutto veniva condiviso: le passeggiate, le pulizie, apparecchiare e sparecchiare la tavola, la preparazione dei panini per il pranzo, i giochi serali organizzati da bravissime animatrici e la cena preparata sempre in modo impeccabile. Diverse volte ho pensato di trascorrere le mie vacanze in montagna insieme ad altre famiglie ma, per impegni che non me lo permettevano e un po’ perché (da buon pugliese) il mare è sempre stata la mia idea di “vacanza”, ho rimandato questa bella esperienza di anno in anno. Adesso invece spero di poter ripetere quest’avventura
altre volte! Se ci penso bene, però, credo che non sia stato poi così importante il fatto di trovarsi in montagna; poteva essere al mare, al lago, in campagna, nulla sarebbe cambiato. Ciò che veramente ha fatto la differenza, è stata la voglia di “condividere” la giornata, aiutandosi a vicenda e facendo in modo di vivere insieme “la comunità”. Ringrazio il nostro caro Don Marco per avermi invitato, ringrazio le animatrici che ci hanno allietato le serate, ringrazio le mani sapienti di chi preparava ogni sera una buonissima cena e ringrazio tutti i partecipanti per avermi fatto sentire parte di una grande famiglia, una bellissima famiglia. Giuseppe Maci
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Intervista
Marco Vanoli: Da zingonia 3.0 a orizzonte zingonia zie a questa occasione hanno potuto conoscere altre persone e condividere questa forte esperienza in uno spazio pubblico. Ho avuto modo di parlare con alcune persone che mi hanno detto di essere molto gratificate da questa iniziativa. Il Fuoriclasse, invece, aveva un duplice obiettivo per i ragazzi: didattico per quanto riguarda i compiti, e creativo per quanto riguarda i laboratori. Infatti il nome Fuoriclasse sta a significare qualcosa fatto fuori dalla classe ma anche da “fuoriclasse” cioè con l’’ambizione di mettere in luce i talenti di ognuno. Questa iniziativa ha permesso di formare un gruppo anche tra i volontari.
Che cosa è stato Zingonia 3.0 e quali obiettivi si era prefissato? Zingonia 3.0 era un progetto con obiettivi ambiziosi ma necessari e molto sperimentali. Era un progetto multi tasking che andava a lavorare su più aspetti, con un denominatore comune che era il tema della comunità. L’obiettivo era di generare nuove comunità, come per esempio il gruppo degli orti sociali con sentimenti e finalità positive, oppure intervenire in comunità più difficili come quelle condominiali. Abbiamo fatto diverse azioni con risultati diversi : alcuni superiori alle aspettative altri invece che ci hanno fatto capire che la strada è ancora in salita. Ora l’esperienza è terminata, cosa ci ha lasciato in eredità ? Zingonia eredita quindi questo patrimonio fatto di risultati positivi e di sfide ancora aperte. Raccontaci un po’ dell’iniziativa del Fuoriclasse e degli orti sociali: chi è stato coinvolto e perché? Il fuoriclasse e gli orti sociali avevano l’obiettivo di sviluppare una rete fra soggetti che non è detto che collaborassero già prima, e se già collaboravano, non in questo ambito. Ad esempio negli orti sociali i soggetti sono accomunati dal piacere di lavorare la terra e gra-
Ora inizia una nuova avventura chiamata Orizzonte Zingonia, per quanto tempo durerà e che cosa si propone di raggiungere? Orizzonte Zingonia è un progetto della durata di due anni, finanziata dalla Fondazione Cariplo con un bando di 12 mesi rinnovabili per altri 12. Gli obiettivi sono per certi aspetti quelli di Zingonia 3.0 ma aggiornati, seguire il trend potenziando alcuni interventi, lavorare sulle risorse umane in modo che gli operatori lavorino in modo trasversale cioè su più fronti condividendo gli obiettivi con le altre realtà del territorio. Come è lavorare sul territorio di Zingonia? Difficoltà ed opportunità.. E’ stimolante lavorare sul territorio di Zingonia. In questi mesi ci siamo fatti conoscere, abbiamo incontrato persone disponibili ed ospitali. La difficoltà invece riguarda la diffidenza di alcune persone che non ci conoscono o che non conoscono la nostra lingua o che non credono nei nostri progetti. Dimmi un aspetto positivo e uno negativo che hai riscontrato in questi anni. L’aspetto positivo è che hai davanti una sfida continua, una esperienza molta creativa e stimolante. L’aspetto più difficile è che non ci si può mai accontentare di ciò che è stato fatto, ma capire dove essere più incisivi senza aver paura di dire quando un obiettivo non è stato raggiunto. In questo territorio bisogna spostare sempre più in alto l’asticella degli obiettivi, aprire la collaborazione con il territorio, usando sempre molta competenza ma anche molta passione. Pietro Togni
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In Compagnia dei Santi
Chiara d’Assisi (1193 – 1253) La sera della domenica delle Palme (1211 o 1212) una bella ragazza diciottenne fugge dalla sua casa in Assisi e corre alla Porziuncola, dove l’attendono Francesco e il gruppo dei suoi frati minori. Le fanno indossare un saio da penitente, le tagliano i capelli e poi la ricoverano in due successivi monasteri benedettini, a Bastia e a Sant’Angelo. Infine Chiara prende dimora nel piccolo fabbricato annesso alla chiesa di San Damiano, che era stata restaurata da Francesco. Qui Chiara è stata raggiunta dalla sorella Agnese; poi dall’altra, Beatrice, e da gruppi di ragazze e donne: saranno presto una cinquantina. Così incomincia, sotto la spinta di Francesco d’Assisi, l’avventura di Chiara, figlia di nobili che si oppongono anche con la forza alla sua scelta di vita, ma invano. Anzi, dopo alcuni anni andrà con lei anche sua madre, Ortolana. Chiara però non è fuggita “per andare dalle monache”, ossia per entrare in una comunità nota e stabilita. Affascinata dalla predicazione e dall’esempio di Francesco, la ragazza vuole dare vita a una famiglia di claustrali radicalmente povere, come singole e come monastero, viventi del loro lavoro e di qualche aiuto dei frati minori, immerse nella preghiera per sé e per gli altri, al servizio di tutti, preoccupate per tutti. Chiamate popolarmente “Damianite” e da Francesco “Povere Dame”, saranno poi per sempre note come “Clarisse”. Da Francesco, lei ottiene una prima regola fondata sulla povertà. Francesco consiglia, Francesco ispira sempre, fino alla morte (1226), ma lei è per parte sua una protagonista, anche se sarà faticoso farle accettare l’incarico di abbadessa. In un certo modo essa preannuncia la forte iniziativa femminile che il suo secolo e il successivo vedranno svilupparsi nella Chiesa. Il cardinale Ugolino, vescovo di Ostia e protettore dei Minori, le dà una nuova regola che attenua la povertà, ma lei non accetta sconti: così Ugolino, diventato papa Gregorio IX (1227-41) le concede il “privilegio della povertà”, poi confermato da Innocenzo IV con una solenne bolla del 1253, presentata a Chiara pochi giorni prima della morte. Austerità sempre. Però “non abbiamo un corpo di bronzo, né la nostra è la robustezza del granito”. Così dice una delle lettere (qui in traduzione moderna) ad Agnese di Praga, figlia del re di Boemia, severa badessa di un monastero ispirato all’ideale francescano. Chiara le manda consigli affettuosi ed espliciti: “Ti supplico di moderarti con saggia discrezione nell’austerità quasi esagerata e impossibile, nella quale ho saputo che ti sei avviata”. Agnese dovrebbe ve-
dere come Chiara sa rendere alle consorelle malate i servizi anche più umili e sgradevoli, senza perdere il sorriso e senza farlo perdere. A soli due anni dalla morte, papa Alessandro IV la proclama santa. Chiara si distinse per il culto verso l’Eucarestia. Per due volte Assisi venne minacciata dall’esercito dell’imperatore Federico II che contava, tra i suoi soldati, anche saraceni. Chiara, in quel tempo malata, fu portata alle mura della città con in mano la pisside contenente il Santissimo Sacramento: i suoi biografi raccontano che l’esercito, a quella vista, si dette alla fuga. Domenico Agasso da “Famiglia Cristiana”
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Accadde L’anno
Zingonia 1972
Verso la fine del 1972, il problema dell’ubicazione della Chiesa di Zingonia si fa sempre più pressante. Il Comitato della Chiesa e gli Amministratori di Verdellino si riuniscono per trovare una nuova sede per l’edificio di culto. A dicembre, la Pretura di Treviglio emette un’ingiunzione di sgombero entro un anno dei locali adibiti a chiesa di piazza Affari. Il “Cronicon” parrocchiale tenuto da Don Felice Bellini è, ancora una volta, la fonte delle informazioni che seguono.
1-10-1972 Negli anni scorsi la festa patronale veniva celebrata la terza domenica di settembre, a ricordo della inaugurazione della prima cappella a Zingonia in via Venezia, avvenuta nella terza domenica di settembre 1967 (domenica 17) alla presenza dei sacerdoti e di mons. Vescovo Clemente Gaddi. La festività aveva, negli anni passati, soltanto carattere spirituale. Tutto si svolgeva in chiesa. Da quest’anno c’è anche la parte esteriore. 8-10-1972 Don Fausto Parigi, nativo di Trescore Balneario, località “Cà de l’ora”, curato a Capriate, a Ponte San Pietro, parroco a Dezzo, è presentato dal parroco alla popolazione. Va ad abitare in Corso Europa 11, palazzo Anna 1, piano 4°. 16-10-1972 Sono presenti alla riunione interparrocchiale don Felice, don Paolo, don Fausto e le 8 suore. […] si è tutti d’accordo sulla necessità di chiedere al più presto l’anticipo della messa festiva anche al sabato. Parecchie famiglie l’hanno chiesto. Le famiglie di Zingonia provengono quasi sempre dal milanese dove l’anticipo del precetto festivo è già in atto. Molte famiglie alla domenica si assentano con l’intera famiglia e per cause varie perdono la messa. L’orario migliore sembra alle 18:30. Si sentirà al proposito la comunità parrocchiale. Per l’attività catechistica si scelgono i testi; i bambini della prima comunione saranno curati dal Parroco per la Zona residenziale e dalla Superiora per la Zona industriale. I chierici del Paradiso cureranno, uno gli Scout e l’altro gli adolescenti nella Zona industriale, la liturgia delle prime tre messe e lo sport al pomeriggio della domenica. I Gruppi del Vangelo riprendono le loro attività: don Fausto cura quelli della Zona industriale. Si fissano i temi. Si stabilisce una riunione interparrocchiale (Ciserano – Verdellino – Zingonia) per il 24 ottobre 1972 6-11-1972 Si riuniscono il clero e le suore. Si prendono le seguenti determinazioni: Venerdì 10 si riunirà il Comitato chiesa che comprende i Sacerdoti e le Suore, e sarà allargato a un numero maggiore di laici. Il comitato studierà la possibilità di costruire un prefabbricato da adibire a chiesa e oratorio. Si deve continuare la pratica per realizzare un piccolo campanile a via Bologna e dotarlo di n.3 campane. Riunione Interparrocchiale 27-11-1972 A Ciserano, presso il nuovo asilo, ci si incontra tra Sacerdoti e Suore di Ciserano, Verdellino e Zingonia. Il tema è l’Avvento. Dopo la preghiera cantata, si fa una lettura sull’Avvento. Ci si impegna a pregare insieme, tutti i giorni dell’Avvento, nell’ambito parrocchiale con la recita di lodi e medi-
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tazione. I laici potranno partecipare alla preghiera. Nelle messe vespertine dei giorni feriali, dove è possibile, si inserisca il vespro. Sono da preferire i Salmi intonati al tempo. Nei giorni festivi valorizzare al massimo l’atto penitenziale della messa con un canto o un salmo penitenziale. (…) Si favoriscano gli incontri di spiritualità a vari livelli (gruppi - scuole – giovani ecc…) 28-11-1972 Incontro del Comitato Chiesa con gli Amministratori di Verdellino. Presso l’aula Consigliere di Verdellino c’è stato un incontro tra i membri del Com. Chiesa e gli Amm. Di Verdellino per trovare una rapida soluzione ai problemi del terreno della chiesa. (…) Dopo un’ampia e accesa discussione, si è concordato: Entro 10 giorni la Commissione Edilizia si impegna a sentire Zingone per vedere se è possibile fare la permuta tra il terreno destinato dal comune a C.R. di proprietà della Zif con quello di proprietà della parrocchia. Se entro questo tempo non sarà possibile cambiare nulla il Comune manderà avanti il Piano Regolatore e
contemporaneamente il Comitato Chiesa chiederà al Comune una modifica al P.R. perché il centro religioso sia riportato sul terreno della chiesa e ampliato. 9-12-1972 Ricevo dalla Pretura di Treviglio l’ingiunzione di lasciare, entro il 31-1-1973, liberi i locali adibiti a chiesa in Piazza Affari. Sono citato a comparire alla Pretura di Treviglio all’udienza del 19-2-1973, ore 9:00. In antecedenza la Zif (…) mi aveva notificato la cessazione della locazione della chiesa di P. Affari. 19-12-1972 Informo la Curia, mons. Vescovo, della disdetta dell’affitto da parte della Zif e presento all’ufficio Arte Sacra il progetto per la costruzione del 1° lotto del Centro Parrocchiale 21-12-1972 In Piazza Affari si celebra la liturgia penitenziale-eucaristica per i Gruppi del Vangelo. Sono presenti una trentina di persone. 27-30 dicembre 1972 N° 13 ragazzi di Zingonia, accompagnati da don Felice e da 4 suore e Maria, partono per il Dosso dove rimarrano fino al 30-12-72.
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Caritas
Il buon samaritano
Dal Vangelo di Luca (10,30-37) «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31 Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall’altra parte. 32 Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. 33 Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. 34 Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. 35 Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. 36 Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». 37 Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ lo stesso». “E noi cristiani che cosa possiamo fare?” Da più parti è giunta la domanda: “E noi cristiani che cosa possiamo fare di fronte all’esodo di così tante persone che fuggono dalla guerra e dalla povertà?”. Il nostro contributo, come ci hanno ricordato il Papa e i Vescovi, ci è sollecitato dal dovere di riconoscere la dignità di queste persone e i drammi che hanno vissuto e stanno vivendo. Noi crediamo che, come cristiani, ci sia chiesto di vivere il coraggio del Vangelo
con scelte che nascano “dall’intelligenza e dal cuore”. La richiesta qui è quella di andare oltre le nostre paure e provare a vedere in queste persone una possibilità, come dice S. Paolo nella seconda lettera ai Corinti, “di fare uguaglianza, perché nessuno resti nell’indigenza”. La Chiesa Diocesana di Bergamo, attraverso la Caritas, da tempo sta cercando di essere vicino ai tanti richiedenti asilo che scappano da situazioni di guerra e di violenza presenti ancora in tanti paesi, soprattutto dell’Africa. Sono oramai oltre mille le persone (quasi sempre giovani uomini) che sono state accolte anche in diverse strutture messe a disposizione dalla Diocesi e da Istituti Religiosi del nostro territorio e il flusso dei nuovi arrivi non conosce sosta. Papa Francesco ha esortato le Parrocchie ad accogliere nelle comunità alcuni profughi ricordando che la misericordia di Dio “non è un’idea astratta, ma una realtà concreta”, attraverso la quale Egli “rivela il suo amore come quello di un padre e una madre che si commuovono dal profondo delle viscere per il proprio figlio”. Cogliendo questo invito le Caritas della Lombardia hanno promosso un progetto di “accoglienza diffusa”. L’accoglienza diffusa consiste nell’inserire in appartamenti messi a disposizione direttamente o indirettamente dalle Parrocchie un minimo di quattro richiedenti asilo. Tale progetto ha l’obiettivo di coinvolgere e valorizzare le comunità cristiane nell’attenzione al dramma dei profughi e vuole favorire la formazione e l’integrazione di queste persone nella comunità di accoglienza, diminuendo nel contempo la loro numerosità nelle strutture medio-grandi. La scelta di coinvolgere il territorio nell’accoglienza dei richiedenti asilo non è solo dettata dall’esigenza di aumentare gli spazi di ospitalità, ma come Chiesa diocesana siamo convinti che il coinvolgimento delle Parrocchie sia
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un valore aggiunto dal quale non possiamo prescindere. L’accoglienza dei migranti è compito delle istituzioni pubbliche, nessuna esclusa, ma in questo momento straordinario è necessario che le comunità cristiane facciano un ulteriore sforzo di collaborazione con gli enti locali e le prefetture per garantire a queste persone un’ospitalità dignitosa e il rispetto dei loro diritti, diventando così sempre più luogo di donne e uomini capaci di carità e di fraternità. Nello spazio dedicato agli approfondimenti verranno resi disponibili i documenti che spiegano in concreto quali sono i passaggi che una Parrocchia può compiere per poter aderire al progetto. I richiedenti asilo e la salute mentale
«Sono uomini e donne come noi, fratelli nostri che cercano una vita migliore, affamati, perseguitati, feriti, sfruttati, vittime di guerre, cercano una vita migliore, cercavano la felicità,vi invito a pregare in silenzio prima e poi tutti insieme per questi fratelli e sorelle» Papa Francesco, 19 aprile 2015 Pensando alle giornate della carità del 7 e 8 novembre prossimo, riflettevo sulle storie dei richiedenti asilo che ogni giorno accogliamo nelle strutture sia della Diocesi di Bergamo che di altri movimenti religiosi. I loro vissuti mi ricordano il personaggio di Enea, profugo e fuggiasco, che abbandona la città natale martoriata dalle fiamme e dalla violenza degli Achei per salvare la propria vita e quella della sua famiglia. Sono sempre di più gli Enea contemporanei che fuggono un mondo, il loro mondo, alla ricerca della felicità o solo di una vita dignitosa per sé e per la propria famiglia. C’è chi fugge da un Paese in guerra, chi dalla fame, chi dalla povertà non solo economica. La storia di Enea è quella di tanti uomini che, come lui, oggi hanno visto morire un fratello nella brutalità della guerra, hanno perso un padre o un figlio durante il tragitto via mare o via terra. I viaggi non sono mai brevi e neppure privi di conseguenze: molti dei richiedenti asilo sono vittime di tortura, violenze o maltrattamenti, subiti nel paese di origine o durante il viaggio. Una volta giunti nel nostro paese hanno bisogno di essere accolti come uomini e accompagnati nella possibile costruzione di un percorso che li porti ad avere un futuro. Per alcuni di loro le conseguenze dell’esperienza di vita vissuta amplifica il disagio fino a trasformarsi spesso in sofferenza psicologica e addirittura psichica. Diventano ancora più soli e bisognosi di aiuto. Sono poveri che
vanno ad aggiungersi alle tante persone che vivono la strada, in un’esperienza di povertà; poveri che vivono in una condizione di emarginazione e di fragilità personale che si esprime molte volte in forme di dipendenza associata a problemi psichiatrici. La salute mentale, un argomento che in generale cerchiamo di allontanare, di fingere di non sapere che è un’esperienza umana spesso vicino a noi. Le famiglie che si trovano ad affrontare questa povertà vivono la solitudine, si “sentono” sole, con il peso di una colpa che quasi sempre è a loro attribuita. Quest’anno nella bella esperienza di condivisione rappresentata dalle giornate della carità ed in particolare dalla Raccolta di San Martino, abbiamo deciso di riproporre all’attenzione delle Parrocchie il tema della salute mentale, con l’obiettivo di recuperare attenzione su questo fenomeno così presente anche in tante famiglie delle nostre Comunità. Gli esperti affermano che di norma l’1,5% del totale della popolazione ha problemi, grandi o piccoli di disturbo psichico. Nella newsletter sono riportate anche le relazioni di un seminario di studio sui richiedenti asilo promosso dalla Caritas Diocesana. È un argomento al centro del dibattito in tante comunità, sulla spinta delle indicazioni di Papa Francesco e del nostro Vescovo Francesco che tanto insistono sul tema “dell’accoglienza diffusa” di queste persone, segno di una particolare attenzione a chi è più “povero tra i poveri”, tra chi è più in difficoltà nella ricerca di un futuro migliore. È un tema complesso e non può essere banalizzato e ridotto a slogan di basso profilo. Un primo atteggiamento che il seminario di studio ci ha lasciato è quello di conoscere cosa sta succedendo nel mondo e che sta alla base di queste migrazioni epocali che stanno cambiando il destino ed il futuro della nostra Europa, anche dell’Italia. Ma prima ancora del “fare” occorre con molta semplicità avvicinarsi a questi temi con tanta umiltà di chi vuol capire non dimenticando che stiamo parlando di persone concrete, di volti che chiedono di essere riconosciuti e rispettati, pur nella diversità di culture di provenienza. Questi sono i giorni del ricordo dei Santi e dei Defunti. Subito lo sguardo corre ai tanti morti nel mondo alla ricerca di una terra migliore, di un futuro migliore. Nella logica degli uomini sono considerati perdenti, ma nella fede sono i più vicini a Dio: “Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete….” (Lc, 6- 20,23). Ricordiamoci anche di loro nelle nostre preghiere di questi giorni. Il direttore della Caritas Diocesana Don Claudio Visconti
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Le feste estive dell’UP
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A suffragio
Santa Lucia
Santa Lucia fu una giovane siracusana che visse intorno al III-IV secolo. Siracusa era la più grande città della Sicilia di quegli anni. Ricca, probabilmente bella e promessa sposa ad un giovane della sua città, Siracusa, Lucia sembrava destinata alla vita normale delle ragazze del IIIIV secolo dopo Cristo: moglie e madre di famiglia. Il padre si chiamava forse Lucio poiché era allora vigente una norma romana che imponeva il nome del padre alle figlie. La madre si chiamava Eutychie o Eutichia. A causa di una malattia che aveva colpito la madre Eutychie, una grave emorragia, Lucia decise d’andare a Catania per pregare sulla tomba della martire Agata. Qui Dio la scelse per un grande progetto: la martire infatti le apparve chiedendole di dedicare la propria vita ai più poveri, ai piccoli emarginati e sofferenti. Nello stesso momento Eutichia guarì dalla grave forma di emorragia di cui soffriva da lungo tempo. Tornata a Siracusa mise in atto questo progetto; ruppe il fidanzamento e, con una lampada fissata al capo, iniziò a percorrere i lunghi e angusti cunicoli delle catacombe per distribuire i beni della sua cospicua dote ai più poveri. Il fidanzato abbandonato non accettò questa decisione, forse più attirato dalle ricchezze di famiglia che da un amore sincero. Non si spiegherebbe altrimenti la decisione del ragazzo di accusare Lucia, davanti al terribile prefetto Pascasio, di essere cristiana. Erano questi gli anni di Diocleziano, anni bui per la storia
del cristianesimo, anni di persecuzioni, ma anche di grandi esempi di fede. Come quello che diede la stessa Lucia. Arrestata, minacciata e torturata, si proclamò comunque seguace di Cristo e non accettò di abiurare la propria fede. Per Pascasio non ci furono dubbi, quella ragazza troppo forte per essere “piegata”, doveva morire: la espose nel pubblico postribolo; Lucia disse allora che “il corpo viene contaminato solo se l’anima acconsente” e così nessuno, nemmeno sei uomini e sei buoi, riuscì a smuovere il corpo esile divenuto miracolosamente pesantissimo. La condanna a morte fu quindi inevitabile e Lucia venne decapitata il 13 dicembre 304. Prima dell’esecuzione capitale però Lucia riuscì a ricevere l’Eucaristia e preannunciò sia la morte di Diocleziano, avvenuta di lì a pochi anni, sia la fine delle persecuzioni, terminate nel 313 d.C. con l’editto di Costantino che sanciva la tolleranza religiosa e la libertà di culto. Santa Lucia fu sepolta a Siracusa nelle catacombe che ancor oggi portano il suo nome e venne da subito venerata dai cristiani; sulla sua tomba venne edificata una piccola chiesa, meta di numerosi pellegrinaggi. Il culto si espanse rapidamente in tutta la cristianità, come succedeva per i santi più popolari e amati. Nel 6° secolo vi erano già chiese, oratori e monasteri a Lei dedicati anche a Roma. Nello stesso secolo papa Gregorio Magno introdusse il nome di Santa Lucia nel Canone Romano. La diffusione del culto ebbe così definitivo impulso e raggiunse ogni paese d’Europa; molti poeti, scrittori, scultori e pittori di ogni epoca si ispirarono alla figura di Santa Lucia, moltiplicandone la popolarità. Il suo corpo rimase nelle catacombe di Siracusa fino al 1038, quando venne trasferito a Costantinopoli per proteggerlo dai Saraceni. Durante la crociata del 1204 i Veneziani lo trasportarono nel monastero di San Giorgio a Venezia ed elessero Santa Lucia co-patrona della loro città. Le dedicarono successivamente una grande chiesa dove il corpo fu conservato per vari secoli. La chiesa fu demolita nel 1863 per far posto alla stazione ferroviaria (che per questo si chiama Santa Lucia) ed il corpo fu trasferito nella chiesa dei Santi Geremia e Lucia, dove è conservato tutt’oggi, incorrotto.
Feste e ricordi BATTESIMI 14 giugno 2015 nella parrocchia di Zingonia - Pesce Manuel di Pasquale e Lombardo Danila - Waldo Duarte Ryan Matteo di Harry e Parimbelli Martina 21 giugno 2015 nella parrocchia di Verdellino - Abbiati Loris di Fabio e Parimbelli Gloria 12 luglio 2015 nella parrocchia di Verdellino - Di Giovanni Manuel Francesco di Alex e Maltese Fabiola
20 settembre 2015 nella parrocchia di Zingonia - Poli Diego di Santo e Bergamini Veronica - Ceresoli Virginia Caterina di Andrea e Verdiani Eliana - Colombo Samuele Francesco di Davide e Gelati Nicoletta 27 settembre 2015 nella parrocchia di Zingonia - Nozza Samuele di Giovanni e Risciolini Manuela
MATRIMONI 28 agosto 2015 Bonetti Loris e Canavesi Nicole nella Parrocchia di Verdellino
19 settembre 2015 Foresti Andrea e Blandini Marta nella Parrocchia di Verdellino
DEFUNTI Maci Annunziata di anni 82 morta il 06 giugno 2015 della Parrocchia di Verdellino Portuesi Domenica di anni 82 morta il 08 giugno 2015 della Parrocchia di Zingonia Maffeis Annunciata di anni 84 morta il 11 giugno 2015 della Parrocchia di Verdellino Vitali Felice Luciano di anni 71 morto il 16 giugno 2015 della Parrocchia di Verdellino Medici Erminia di anni 91 morta il 01 luglio 2015 della Parrocchia di Verdellino Caboi Angela Claudia di anni 50 morta il 08 luglio 2015 della Parrocchia di Zingonia Pesenti Buccella Teresa di anni 86 morta il 08 luglio 2015 della Parrocchia di Verdellino Ghilardi Giuseppa di anni 93 morta il 13 luglio 2015 della Parrocchia di Verdellino Marziali Ambrogio di anni 74 morto il 23 luglio 2015 della Parrocchia di Verdellino Mazzola Savina di anni 63 morta il 04 agosto 2015 della parrocchia di Verdellino Borroni Mirella di anni 82 morta il 07 agosto 2015 della Parrocchia di Zingonia Gabbiadini Attilia di anni 79 morta il 13 agosto 2015 della parrocchia di Verdellino Rossoni Paolo di anni 77 morto il 25 agosto 2015 della Parrocchia di Verdellino Dragoni Giuseppe Benito di anni 78 morto il 31 agosto 2015 della parrocchia di Zingonia
Vignando Anna di anni 89 morta il 09 settembre 2015 della parrocchia di Zingonia Rota Pierina di anni 82 morta il 10 settembre 2015 della Parrocchia di Verdellino Monti Quagliani Fiorella di anni 70 morta il 13 settembre 2015 della Parrocchia di Zingonia Pastore Alfonso di anni 82 morto il 19 settembre 2015 della Parrocchia di Zingonia Vadalà Pasquale di anni 72 morto il 25 settembre 2015 della Parrocchia di Zingonia Carlotti Giacomo di anni 76 morto il 06 ottobre 2015 della Parrocchia di Verdellino Cattaneo Marco di anni 43 morto il 08 ottobre 2015 della Parrocchia di Verdellino Amadeo don Costantino di anni 90 morto il 09 ottobre 2015 della Parrocchia di Verdellino Indovino Carmela di anni 82 morta il 19 ottobre 2015 della Parrocchia di Verdellino Scalibastri Antonia di anni 52 morta il 23 ottobre 2015 della Parrocchia di Zingonia La foto dei defunti (anche per anniversari) è pubblicata solo su esplicita richiesta dei familiari e consegna della relativa foto in formato digitale e inviata all’indirizzo mail verdellinozingonia@gmail.com Il necrologio con foto ha un costo di € 10,00.
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A zia Santa auguri: cento di questi giorni Di anni ne sono passati ormai cento da quando papà Domenico e mamma Concetta condivisero uno storico momento la nascita della prima figlioletta. La Zia Santa fu la prima di quattro fratelli: Vincenzo, Domenico e Nella. Mentre i verdi anni passavano arrivò il tempo di trovare marito e tra i giovani che la circondavano Nunzio la condusse al sacro rito. In compagnia di Vincenzo e Ciccina la campagna era da lavorare. E i bambini, una mezza dozzina, erano da crescere e allevare. Gli anni scorrevano velocemente e il tempo di un grande cambiamento era arrivato inevitabilmente: iniziare verso Zingonia il trasferimento. I nonni furono i primi avventurieri: a Milano cercarono i primi lavori, mentre i figli rimasero con la zia volentieri aspettando il momento per raggiungere i genitori. Venne poi il tempo per la famiglia di riunirsi e raggiungere i nonni nella nuova casa. Così anche per la zia giunse l’ora di trasferirsi e Zingonia dalla famiglia Cutrona fu invasa. La famiglia ha continuato ad allargarsi: e la domenica dalla nonna continua a ritrovarsi per mangiare pizza e pane appena sfornato. La zia con le babbucce si tiene impegnata affinché tutti i piedi al caldo possano stare, ma a questo punto deve essere avvisata: tante candeline, CENTO, deve soffiare!!! TANTI AUGURI ZIA SANTA! Giada Catalano
Grafica e stampa a cur a di:
Periodico delle Parrocchie di Sant’Ambrogio Vescovo e Dottore in Verdellino e di Maria Madre della Chiesa in Zingonia
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Giorni feriali Cimitero Sabato prefestiva Domenica
Verdellino
Zingonia
7.30-17.00
18.00
ogni giovedì alle 9.30 sospesa messa di Verdellino delle ore 7.30
17.00
18.00
8.00-10.00-18.00
8.00-10.30-16.00* *al Policlinico San Marco
E UOMINI
DONNE
CAPACI DI CARITÀ
ANNO PASTORALE 2015/2016
MISERICORDIOSI COME IL PADRE
DELLA MISERICORDIA
GIUBILEO
della Giornata Mondiale della Gioventù a Cracovia.”
+ Francesco_
Firenze, nell’ambito del decennio dedicato all’educazione, la celebrazione
e atteso Sinodo sulla Famiglia, il Convegno della Chiesa italiana a
di eventi speciali come la beatificazione di don Sandro Dordi, l’imminente
comunità della nostra Diocesi. Un cammino che si dispiega nell’orizzonte
insieme dalla visita vicariale che mi porterà nuovamente vicino a tutte le
contrassegnato dalla celebrazione del Giubileo della Misericordia e
gioioso. Si tratta di un cammino personale e comunitario, fortemente
che si apre: un percorso molto impegnativo e nello stesso tempo esaltante e
essere capaci di Carità. È l’itinerario che vi propongo per l’anno pastorale
“Le donne e gli uomini capaci di Vangelo e di Eucaristia sono e debbono
UNITÀ PASTORALE di VERDELLINO - ZINGONIA