ROMANO BIANCO
STORIE BIPOLARI
Prefazione di Franco Lisi
Illustrazioni di Vittoria Olive
Dello stesso autore: VIA FANI ORE 9,02 (Nutrimenti)
“Gli storytelling di Romano Bianco� sono su Facebook (https://www.facebook.com/groups/storytellingromanobianco/)
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© Romano Bianco 2014 – tutti i diritti riservati composizione e impaginazione dell'autore
ROMANO BIANCO
STORIE BIPOLARI Prefazione di Franco Lisi Illustrazioni di Vittoria Olive
QUESTO NON È UN LIBRO
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di Franco Lisi
on è un libro, come non era una pipa quella dipinta da René Magritte. Nell’uno e nell’altro caso si tratta di opere che vanno oltre le rappresentazioni. La raccolta di episodi di storytelling, storielle scritte a mò di terapeutico diario, da Romano Bianco non si configura in quello che comunemente si intende un libro, per almeno sei ragioni: non è stampato in tipografia; non è prodotto da un editore di mestiere o mestierante; non ha prezzo di mercato; non viene distribuito in punti vendita; non corre il rischio di finire nello scaffale di chi identifica la libreria con un mobile d’arredo. È un esercizio di scrittura che ha fatto bene a chi lo ha scritto e che fa bene, suppongo, a chi viene coinvolto nella lettura. Romano Bianco, che in altra occasione ha dimostrato di saper scrivere un libro di spessore e dimensione nazionale, questa volta ha scritto per se stesso e per un ristretto numero di amici. Direi, interlocutori privilegiati autorizzati, comunque, a diffondere le storielle a proprio piacimento, in assoluta libertà. E faranno bene questi amici a far circolare se non tutti almeno alcuni di quegli episodi, perché sono pregevoli pezzi di giornalismo. Cinquant’anni fa, in un quotidiano, sarebbero stati pubblicati come elzeviri nella tradizionale terza pagina; ora ben comparirebbero con l’attacco trafilettato in prima pagina per poi girare fra i riporti con altri corsivi. Naturalmente, data la natura dello storytelling non tutti i brani possono piacere a tutti i lettori e non tutti i pezzi sono della stessa intensità. Poi, ciascun lettore si sceglierà quelli più confacenti alla propria sensibilità. In ogni caso ve n’è per tutti gusti. A me, che prediligo la satira paraculica, sono piaciuti moltissimo – li ho trovati deliziosi - i due racconti relativi al papa invitato dal sindaco Lello a visitare Fasano. L’intera raccolta, una quarantina di storielle, è pervasa da una benefica ironia. E con i tempi che corrono, l’ironia è un nutrimento indispensabile. 3
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Introduzione
uesto libro viene pubblicato in proprio: presuntuosamente non credo che avrei difficoltà a trovare uno straccio di editore, ma il principale obiettivo che mi pongo nel pubblicarlo è quello di convincere i giovani che è arrivato il tempo di far finire per sempre la dittatura degli editori, e lo dico dopo essere stato pubblicato da un editore nazionale: ormai in tutte le nostre case abbiamo tutti gli strumenti per poter dare da soli forma di libro alle nostre parole, idee, creazioni. Senza dover fare estenuanti anticamere, senza doversi piegare ai ricatti di sedicenti presunti imprenditori che non pubblicano una riga se le spese non vengono anticipate per intero dagli autori, o stampano con la pubblicità in quarta di copertina: così siamo bravi tutti a fare gli editori. L'editore o è un imprenditore vero, che rischia capitali propri, oppure è meglio che cambi mestiere. E per far cambiare mestiere a questa gente bisogna fare da sé, per dare un nuovo significato alla libertà di pensiero, sostenuta e ravvivata dalle nuove tecnologie. È per questo inoltre che non viene diffuso a stampa: intanto perché chi lo riceverà potrà sempre stamparlo a proprio piacimento, e poi perché fra smartphone e iPad ormai non è più automatico pensare a un libro come ad un oggetto fatto di carta. Questo libro infatti è nato su Facebook, il popolarissimo social network ideato come punto d'incontro sul web di ex compagni di scuola e oggi usato da un numero di persone nel mondo che ormai sfiora il miliardo, come dire un abitante della Terra su sei. Per tre mesi ho pubblicato questi racconti prima sulla mia pagina personale, poi su una pagina creata ad hoc: in un periodo di salute traballante, come terapia collaterale ho deciso in autonomia di tornare a scrivere assiduamente, per passare il tempo libero pensando a ciò che so fare e non a ciò che non so fare, per sfruttare una certa capacità di cogliere il ridicolo delle cose e divertire divertendomi, per sensibilizzare chi legge ad esigere dai pubblici amministratori onestà, efficienza e cura degli interessi dei cittadini e non dei comitati d'affari che come sempre privatizzano i profitti e scaricano i costi sulla collettività. La forma scelta è quella dello sto-
rytelling, i brevi raccontini adatti alla velocità frenetica con la quale circolano le informazioni su internet, direttamente proporzionale al grado di attenzione richiedibile a un frequentatore di social. Ringrazio inoltre per il contributo offerto a questo lavoro Franco Lisi, maestro per me e per tutta la mia generazione di giornalisti fasanesi e la giovanissima Vittoria Olive, promettente talento che se proseguirà con costanza nei suoi studi non mancherà di trasformare le sue doti in grandi traguardi artistici e professionali. E mi piace molto che grazie a loro in questo libro si siano incontrate le tre generazioni della nostra epoca. Ecco, ora è qui davanti a voi: stampatene quante copie volete, inoltrate il file a chi volete, portatelo a rilegare, mandatelo a chi più vi piace e anche a chi non vi piace: la libertà non è un privilegio, è un diritto. R.B.
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STORIE BIPOLARI
16/9/2013
Voglia di scrivere: per dimenticare, per ricordare, per denunciare, per ridere, per stare bene con se stessi e con gli altri. Ho cominciato con un tema-clou dell'estate 2013.
PROVE TECNICHE DI STORYTELLING Questa mattina alle 9, spazzatura ritirata a TUTTO il vicinato tranne che a me: a parte ogni considerazione paranoica sui complotti del regime contro i dissidenti, secondo voi cosa ho fatto? A) Deposito sacchetti al primo cassonetto utile appena varcato il confine di Stato con la Repubblica Monopolese. B) Conferimento unificato degli stessi nei bidoncini parentali di viale Toledo (il rummato unisce le famiglie, concetto molto pidiellino). C) Ritiro bidoncini intonsi e custodia dentro casa fino a quando la colf non avrà ragione del rummato in maniera che non voglio nemmeno sapere, previa totalissima disinfestazione dell'appartamento. Ovviamente ciascuna delle tre opzioni non può essere scevra da un tentativo di battere il record silvano di bestemmie, stabilito da Cicce U Sorge nel 1942 dopo che un bombardamento alleato gli aveva decimato il pollame.
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17/9/2013
Un camion era andato a finire sul balcone di un appartamento bloccando la strada e tenendo impegnati i soccorsi per molte ore. Mi venne quindi in mente un paragone sul filo dell’assurdo con la tragedia della Costa Concordia.
"MA VADA A BORDO!" Fasano, 16 settembre, ore 16,30 circa. Un camion di incerto tonnellaggio tenta di effettuare la curva fra via Nazionale dei Trulli e via De Gasperi in quarta marcia rimanendo in assetto, impresa mai riuscita ad alcuno, nemmeno a Lello Di Bari che nel 1978, all'ultima curva della Fasano-Selva, si andò a sfracellare con una 500L blu notte sul muretto di casa dei miei, facendo finire mio nonno di culo nell'aiuola delle dalie per la paura e me e mio fratello (7 e 6 anni) con le convulsioni per le risate. E infatti la manovra non riesce nemmeno stavolta: il camion si addivaca sul balcone della casa sul lato sinistro della strada, e meno male che non passava nessuno altrimenti poteva veramente finire male. Ma un secondo prima del tragico schianto, dal finestrino della cabina di pilotaggio del mezzo schizza fuori il conducente, che con gesto atletico degno di Cusin a rimbalzo guadagna il balcone dove l'ignaro proprietario dell'appartamento si stava godendo l'ultimo sole del pomeriggio. Esterrefatto per la scena, e con il camionista in canottiera sulle proprie ginocchia, di fronte a tanta pavidità e con il camion piegato su un fianco rovinando sul suo balcone, il malcapitato padrone di casa non ha potuto fare a meno di esclamare: "MA VADA A BORDO, CAZZO!!!". Non si hanno notizie di donne moldave estratte vive dal camion. Il tutto sotto le telecamere di Telefaso Web Tv: sempre sul pezzo!
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28/9/2013
La lotta alle frasi fatte e ai luoghi comuni è una delle stelle polari della mia vita: un dovere civico, una missione, quasi un bisogno fisiologico.
IL FUNERALE In settimana è purtroppo venuto a mancare il nonno di un mio caro amico; per fortuna ero a Roma, così non mi sono dovuto inventare una scusa per non andare al funerale del vecchietto. Sono circa quindici anni che non vado ad un funerale, tranne quelli di mia nonna nel 2001, per ovvi motivi, e quello della povera indimenticabile Lucia al quale non volevo assolutamente mancare. Non è che i funerali mi feriscano in modo particolare, il problema è che Iddio mi ha dato una piuttosto esagerata inclinazione a cogliere il ridicolo delle cose e delle situazioni, e quale miglior occasione di esercitarsi in quest'arte se non i funerali, ovvero la più stereotipa, ipocrita e precotta recita mai inventata dall'umanità, soprattutto cattolica? Ho deciso quindi di rinunciare da quando mi sono sorpreso sempre più spesso a non sapere dove mettere la faccia per nascondere la goffaggine del trattenere a stento una risata, come quella volta che un tizio abbracciò e baciò calorosamente il fratello di un mio amico che aveva perso il padre, tessendo le lodi del caro estinto, e un secondo dopo aver mollato la presa si girò ai presenti chiedendo: "Ma questo è il figlio, no?". Lì rischiai veramente di essere cacciato. Per questo, nelle mie ultime volontà, ho da tempo dato disposizioni di collocare all'ingresso del luogo dove verrà esposta la mia salma una bella lavagna. Su questa lavagna dovranno essere scritti ben visibili alcuni dei più famigerati luoghi comuni da funerale: "Ha finito di soffrire", "Dove sta lui sta meglio di noi", "Il peggio è per chi rimane", "Madonna, che quant'era che l'avevo visto?" e via discorrendo. Chi dovesse venire, potrà firmare non sul solito registro del membro che i precamorti ti mettono quando schiatti, ma sotto la frase preferita. A una condizione però: chi firma sotto una o più frasi si impegna solennemente a non pronunciarle. Altrimenti non viene ammesso al buffet.
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30/9/2013
In mattinata c'era stata una telefonata con una cara amica, e mi aveva raccontato questa storia di malaburocrazia che l'aveva personalmente riguardata. Il racconto venne fuori quasi in automatico appena chiuso il telefono.
COMUNE MORTALE (una storia vera) Quanta fatica che ci vuole. Per salire lo scalone, trovare l'usciere al suo posto, tradurre in italiano le indicazioni che ti dà dopo sbuffo regolamentare (non sia mai che se ne disturbi il caffè, il giornale, la sigaretta o i suoi pensieri filosofici tipo “Mi gioco under o over su Napoli-Sassuolo?”), alluzzare il corridoio, la porta, la stanza, bussare, e sentire l'eco del secondo toc rimbombare nel vuoto dopo il primo. Alla fine la porta la apri lo stesso, e nessuna delle signore imbellettate, inanellate e incollanate alza nemmeno per sbaglio la testa dai suoi pensieri. “Avrei bisogno di sapere...” Già è tanto se ti fanno finire la frase, continuando a tenere la testa sulla scrivania: “Nooooo signora, non possiamo dire niente, stiamo ancora impegnati”. “Ma manco ho parlato!” “E' venuta per sapere degli scuolabus, vero?” “No, veramente devo iscrivere mia figlia alla mensa scolastica e volevo sapere...”. “Nooooo, è presto ancora, ripassate la settimana prossima”. E la giostra ricomincia dopo una settimana: scale, fiatone, usciere, corridoio, porta, stanza.... “Nooooo, signora: mò stiamo facendo i trasporti che sono più urgenti, fra qualche giorno vi sapremo dire”. E te ne vai: stanza, porta, corridoio, usciere, scale... e poi ritorni: scale, usciere, corridoio, porta, stanza... “Si sa qualcosa?” “Nooooo signora, non abbiamo finito con gli scuolabus che sono più urg...” “E ho capito che sono urgenti, ma qua lunedi la bambina deve mangiare e non si sa ancora niente!” “E passa domani signora, (notare il tu), qualcosa vi diremo sicuro!” Soprassedendo sulla sintassi impiegatizia, ricominci la via crucis l'indomani, sempre facendo a botte con orari, permessi dal lavoro, casa da mandare avanti e non riuscendo a scacciare dalla mente ogni riferimento alle migliori qualità dei defunti degli addetti all'ufficio.
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“Buongiorno, sono sempre io, ieri mi avevate detto che...” “Sì sì signò... (a sto punto ti chiedi se stia annuendo o semplicemente balbetti, e abbia avuto il posto come invalido di guerra), abbiamo deciso che riceverete il bollettino per pagare a casa” è il proclama con aria trionfante e soddisfatta di chi ha fatto in pieno e per intero il proprio dovere. “Ma quanto dobbiamo pagare? Dove dobbiamo andare a iscrivere i bambini? Dove...” “Nooooo signora, per ora abbiamo deciso solo questo, il resto lo saprete dopo”. E mentre te ne vai avendo voglia di accorciare la strada saltando dalla finestra direttamente in piazza per farla finita con certe cose, pensi a tua figlia, alle responsabilità che hai, e passando davanti all'usciere, dato che poi ce la prendiamo sempre con l'ultima ruota del carro, gli citi Kafka per infierire sulla sua ignoranza, tu che hai studiato. Ma lui, imperturbabile, si chiede fra sé e sé questo Kafka l'anno scorso quanti gol ha fatto.
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2/10/2013
Non potevo sfuggire ai ricordi di scuola. Questo è uno degli episodi più ridicoli di cinque anni di liceo, ottima occasione anche per ripassare un pochino di storia greca ché non fa mai male.
LA BATTAGLIA DI MARATONA Anno scolastico 1986/87, primo liceo classico, compito in classe di greco: il brano da tradurre si intitolava "La battaglia di Maratona" e descriveva, con la retorica ben nota a chi ha avuto la sventura di fare a botte col greco antico, la celebre pugna fra ateniesi e persiani del 490 avanti Cristo. Gli ateniesi andavano abbastanza incazzati, perché erano di meno e temevano di prendere uno scoppolone dai persiani, mettendo in pericolo l'indipendenza dell'intiera Grecia. Chiesero perciò aiuto a quelli di Sparta ma si sentirono rispondere che se non finiva la festa delle Camee, che celebrava la luna piena, loro non avrebbero potuto combattere: una scusa bella e buona dei soliti spartani, che facendo gli scemi per non andare in guerra glielo mettevano anche bellamente in quel servizio agli odiati cuginastri! Certo che pure loro, 'sti ateniesi... come se Fasano per difendersi da Monopoli chiedesse aiuto ai martinesi! Gli ateniesi dovettero quindi fare da soli, ma com'è noto andò tutto bene grazie a quel drittone del loro capo Milzìade, il classico figo della madonna secondo l'agiografia degli storici Ma torniamo a noi: a un certo punto la versione parlava di un momento della battaglia in cui i persiani, alla ricerca di un pertuso per scapparsene dal paliatone che gli ateniesi gli stavano soprendentemente facendo, ebbero la strada sbarrata. Il passo recitava testualmente: "I persiani riconobbero i nemici dalla natura delle loro vesti e, atterriti, fuggirono". Peccato però che un mio compagno di classe, facendo un po' di confusione sul senso della parola "natura", tradusse così: "I persiani si levarono le vesti per mostrare la natura, e i nemici fuggirono". Secondo lui, quindi, la battaglia di Maratona intanto la vinsero i persiani, ma praticamente facendo agli ateniesi come quei maniaci al parco con l'impermeabile: "Cucù!". Voto: immancabile quattro, ma la deflagrazione nella
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classe della risata di venti persone per cinque minuti buoni quando il Prof portò il compito corretto, ancora ce la ricordiamo.
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5/10/2013
Ogni tanto bisogna spiegare prima di tutto a se stessi perché accadono le cose. O perché non accadono.
DUE PAROLE (oggi non si ride) Non gliele ho mai dette perché non era giusto. Non gliele ho mai dette perché era come se gliele avessi dette lo stesso. Non gliele ho mai dette perché noi uomini abbiamo sempre paura di dirle, quelle due parole, e troppo spesso preferiamo usare “un sacco di surrogati che valgono molto, molto di meno”... Non gliele ho mai dette perché quando l'uragano mi ha alluvionato la testa avrei voluto essere io a godere dei suoi pensieri; a farmi abbracciare dalla sua voglia di capirmi; a sentirmi sia speciale che normale; e ancora io a consumarmi le labbra, a erodermi la pelle delle mani, a non aver più gusto sulla lingua, a togliere il fiato con le braccia e con il corpo. Ma non gliele ho mai dette, e mi manca. Forse non avrebbe funzionato, forse avrei vissuto nel terrore di una perdita, forse il quotidiano ci avrebbe sconfitti, ma se fosse trascorso solo un anno, un mese, un'ora, un minuto, sarebbero stati l'anno, il mese, l'ora, il minuto migliori della vita. La piena si allontana e ritorna, e vista sull'argine fa paura; il cielo, nero fino a ieri, ingrigisce ma è ancora nero all'orizzonte. Toccano a qualcun altro quelle due parole, e chissà se sarò sempre convinto di essere diventato migliore. E chissà, ancora, cosa penserà.
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7/10/2013
É stata la scuola a ispirarmi: ai tempi mi piaceva molto lo stile di Platone, aulico ma comunque sempre comprensibile. Naturalmente, con cosa poteva fare il più ridicolo dei contrasti? Con il racconto della recentissima sostituzione, mascherata da dimissioni volontarie, dell'assessore comunale ai servizi sociali Giuseppe Vinci.
DIALOGO PLATONICO - Ma che sai dirmi di preciso sulla sua morte, Fedone? Che cosa disse e che fece? E quali amici si trovò accanto in quell'ora? Oppure non lasciarono che ci fosse nessuno vicino a lui ed egli rimase solo e senza conforto? - In verità ve n'erano, e anche parecchi. - Orsù, allora, raccontaci tutto per filo e per segno, a meno che tu non abbia altre incombenze. - Nessuna incombenza, e poi voglio raccontarvelo anche perché ricordarmi di Giusèppete, o che sia io a parlarne o che ne senta parlare da altri, è per me sempre cosa dolcissima. - Anche per noi che siamo qui ad ascoltarti. Raccontaci, se puoi, ogni cosa, e dicci come effettivamente avvenne. - Strano effetto mi faceva stare accanto a quell'uomo: ero lì dove un assessore veniva estromesso dalla Giunta comunale, e non provavo alcuna pietà. Mi pareva felice, o Echècrate, sia dal suo modo di fare che da come parlava, c'era in lui una nobile e intrepida fierezza, tanto da farmi pensare che egli se ne andava non senza il soccorso di un consigliere regionale, e che, nell'aldilà della politica, sarebbe stato il più felice di tutti. Ecco perché, forse, non provavo quella pietà che pure sarebbe stata così naturale in tanta sventura. E il bello era che non provavo nemmeno un sentimento di diletto (anche se si discuteva di politica); ma era come se dentro di me si agitasse una strana sensazione, uno stato d'animo misto di gioia e di dolore insieme: e sì che di lì a poco, egli sarebbe stato trombato. E tutti noi che eravamo là, provavamo pressappoco la stessa
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cosa: ora piangevamo, ora ridevamo, specialmente uno, Antoniodoro, tu lo conosci e sai che tipo è. - E come, non lo conosco? - Era proprio al colmo dell'agitazione ma anch'io e gli altri eravamo tutti in questo stato. - Chi c'era, Fedone? - Di quelli del luogo, oltre ad Antoniodoro, c'erano Lellòbulo, Peppinògene, Gianlègine, Vitìstene. C'erano anche Gianluchippo di Montabania, e qualche altro. Platone credo fosse ammalato. - E gente di fuori ce n'era? - Sì. Di Francavillèbe c'era Euprèpiete, poi vi era Marcelliòne di Brindisicco. - E chi c'era ancora? - Mi pare fossero presenti solo questi. (Adattamento da Platone, “Fedone”, cap. II)
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9/10/2013
Lello Di Bari spara la più grossa fesseria mai sentita in bocca a un sindaco dopo la promessa di costruire il palazzetto dello sport: “Farò venire a Fasano papa Francesco”. Berlusconismo purissimo. Non poteva rimanere impunito.
LA LETTERA - Ella cosa ritiene, Eminenza, gliela facciamo vedere? - Me la mostri, Padre... quando è arrivata? . Ieri, ma è una piccola cittadina, e non abbiamo in agenda visite pastorali in quella zona. - Mmmmh... eh già... mi prepari un dossier completo e poi prenderemo una decisione". Meno di mezza giornata dopo, l'efficientissimo ufficio protocollo della Segreteria di Stato aveva già pronto il dossier, che il Monsignore scorreva curioso. - Interessante... Sì! Credo si possa inoltrare al Santo Padre. - Ma... Eminenza... Il Santo Padre ed i suoi predecessori non si sono mai mossi appositamente per centri così piccoli, a meno che non fossero sede di importanti santuari come Loreto, Fatima, Lourdes... oppure là dove c'era da portare il conforto della Parola come di recente a Lampedusa. - Non ponga limiti alla Provvidenza, Padre: Sua Santità apprezzerà molto la proposta, poiché essa si inserisce compiutamente nella sua linea pastorale. Si ponga il visto e si aggiunga alla cartella dei documenti in visione. Il papa esitò un momento davanti alla finestra imperlata delle gocce di un violento acquazzone autunnale, quando il gentiluomo di camera introdusse il capo dell'ufficio protocollo, ma subito tornò in sé. - Se accommodi, Eminensa! Il sorriso era sempre il solito, e Sua Eminenza si mise presto a suo agio. Scorsi i documenti più importanti, in fondo alla cartella era rimasta quella lettera.
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Dove se trova esto paesse? - In Puglia, Santità. - Ma c'è qualcossa de importante para andarre? Un santuario da vissitare, un santo da proclamarse, una iglesia da inaugurrare? - No, Santità, c'è solo l'invito ufficiale delle autorità, ma come può evincere dal dossier allegato, questa è una cittadina molto particolare: disoccupazione alle stelle, spazzatura e topi dappertutto, chiacchierati appalti da milioni di euro assegnati a un solo concorrente, e la povera gente è stata privata delle proprie bellezze naturali e archeologiche per realizzare resort a cinque stelle. Una cittadina dove si toglie ai poveri per dare ai ricchi, una cittadina in cui... - Basta così, Eminensa, non c'è bisogno de aggiungere algo: ci vado, ci vado. Organisi il viagio, y me faccia preparare un bel discurso, che cominsci con due parole: giustisia, y onestad. - Come desidera Vostra Santità.
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10/10/2013
A grande richiesta, la descrizione della disavventura del papa nella visita immaginaria a Fasano millantata dal sindaco.
IL DISCORSO - Carisime sorele y frateli Fassanessi (...VROOOOM!), Giustisia y onestad! In questa maraviliossa cittadina (...VROOOOOM!) avette la fortuna de venerare due Ssanti patroni chi sono figure particolàrmennte grandiosse nella storia della Chiessa (...POTI POTI!). Ese testimonniano l'importansa de questi ggrandi valori per chi è creddente: San Giovanni Batista (...VROOOOOM!) sacrificò la propria vita al caprisio de un potente re como Erode Antìpa, ma non se tirò indietrro quando se tratò de denunsiare publìcamente la colpa de lui: aver rubato la moglie al su fratelo. Un grande testimone de giustisia! (PI PIRI PI PI... PI PI!). Y la Madona del Poso, la mamma zelesste de tutti voi Fassanessi, fu invocata dai vvostri antenatti per avere de lei la forsa de reasgire a una invasione armata de stranieri belicossi (PIPIIIII.... "MOOO, I SCIAAA! FAMM PASSE' CA DDE MBACC AGGIA SCÍ!"). Erano povveri contadini, no avevano niente altro che defendere che la loro poverrtà, ma no volevano pieggarse alla violensia, y chiedevano solo de continuare a vivere onèstammente... (...VROOOOM.... GNIIIIT! PIPIIIIIIII!... "OHEI! V'AVITE A LUE' DA NANZ U MAZZ CA TENEITE???"). Il papa si interrompe, non capendo cosa stia succedendo. La folla applaude, comprendendo il disorientamento dell'illustre ospite il quale, tuttavia, non stempera il consueto sorriso dalle labbra. Il Segretario di Stato, afferrando la sconveniente situazione, si volta di fianco e a bassa voce chiede sommessamente alle autorità che si accalcano a favore di telecamera: "Ma qui non avete l'abitudine di chiudere al traffico almeno la piazza principale quando ci sono manifestazioni publiche?" Un tipo senza cravatta e con tre bottoni di camicia aperti anche davanti al papa risponde: " Eminenza, i bevà... chiudere il traffico??? Tutti voti nostri sono! E poi scusa dove lo par-
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cheggio il Ferrari?". L'imbarazzo dell'altissimo prelato è sempre più evidente: "Ehm, di solito il Santo Padre viene ospitato negli stadi, qui non ce n'è uno? É troppo piccolo, forse?" "No no, lo stadio sta, oltre quattromila posti!!!" "E allora?" "E oggi gioca il Fasano contro il Pezze, ci vuoi fare rimandare il derby eh???"
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14/10/2013
Per quanti sforzi si faccia, è difficile sfuggire alla nostalgia: si stava sempre meglio quando si stava peggio. Il Kalashnikov è il fucile mitragliatore AK 47, micidiale arma da guerra comunemente chiamata col nome del suo ideatore russo (1919-2013).
MERCOLEDÌ DI COPPA Quanto erano belli quei mercoledì degli anni Ottanta e Novanta! Le partite delle coppe europee erano tutte in un giorno solo e facevamo le maratone televisive dalle due di pomeriggio alle due di notte perché dopo le dirette c'erano i commenti e poi volevi andare a dormire senza aver visto i gol delle partite fra squadre straniere??? Era anche un'ottima scusa per non studiare, e per passare le giornate stipati in sette-otto nel salotto di qualche amico davanti alla tv. Una volta ad invitarci fu il grande Cicciomaggi: abitavo già alla Selva ed ero sceso a Fasano chissà come, senza preoccuparmi del serio problema della risalita. Infatti non avevo ancora la patente, ma soprattutto non avevo in casa sufficiente sensibilità per i problemi di socializzazione dei figli. Sapete, quando si campa pensando sempre e solo al proprio deretano ci si trasferisce allegramente in collina senza minimamente considerare che, forse, i tuoi figli di sedici e quindici anni sono in un'età in cui rapportarsi ai coetanei è un pochino importante, e se non vuoi nemmeno comprargli uno straccio di motorino almeno valli a prendere, e non dico nemmeno sempre, giusto ogni tanto. Invece la mia vita all'epoca era costellata di ritorni a casa a piedi via Giritore, spesso ad orari in cui un cane randagio, una volpe, o più semplicemente uno psicopatico gay di passaggio che non si facesse troppi problemi avrebbero potuto costituire una seccatura di una qualche serietà. Quella sera, dopo una burrascosa telefonata con casa mia forse fatta per finta solo per non fare la figura di David Copperfield (l'orfano, non il mago) davanti ai genitori di Ciccio, suo padre, mosso a pietà, si offrì di accompagnarmi. Naturalmente venne anche Ciccio: l'ora era tarda e non c'era molta voglia di fare conversazione.
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A un certo punto, però, il mio subcosciente emerse irrefrenabile, e nel silenzio proruppe la seguente esclamazione: “Efferato fatto di sangue sulle colline fasanesi: tranquillo studente universitario aspirante giornalista trucida la famiglia a colpi di Kalashnikov e si dichiara prigioniero politico!”. Ciccio e il padre si girarono entrambi con sguardo stupito, e io: “Lo leggerete domattina su tutti i giornali”. Ciccio capì, e si mise a ridere con le lacrime, come fa lui quando le battute gli piacciono. Suo padre no.
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15/10/2013
Più che altro un esercizio stilistico: volevo sfidare me stesso per vedere se fossi capace di far credere tutt'altro per i nove decimi del pezzo, salvo poi spiazzare il lettore con la rivelazione finale. Il pretesto fu che ad ottobre cade l'anniversario del mio esordio.
LA MIA PRIMA VOLTA Ricordo un buio opprimente. Ricordo un'emozione irrefrenabile. Ricordo un batticuore terribile. Avevo ottenuto l'appuntamento senza fatica, dato che c'era fame di appassionati giovanissimi di primo pelo, allora come adesso, allora come sempre, e io avevo sedici anni. Ricordo che la difficoltà di trovare quel "basso" nascosto nei meandri delle viuzze del Quarto Ebreo aumentava l'emozione e il batticuore. Finalmente lo trovai, chiuso da una porticina che aveva conosciuto senz'altro tempi migliori, così anonima da parlare chiaro. Appena entrai la notai subito: una quindicina d'anni più grande di me, tant'è vero che, disse, si stava anche per sposare. Non proprio bella, ma affascinante, di quel fascino innato che conquista a prescindere da quello che la Natura ti ha messo in faccia. Nella vita faceva la biologa in un laboratorio di analisi e a sentirla parlare, conversare di cose serie, dei problemi della città, tenendo banco col cervello invece che col corpo, il suo fascino aumentava. Proprio una bella donna. Non era sola. Anzi, c'erano proprio tutti. A cominciare dal tenutario, che però si faceva chiamare Direttore, e da altri tre o quattro figuri che bazzicavano quel luogo di perdizione. Uno di essi mi apostrofò: "Ah, il ragazzo del Liceo... L'hai portato?". Non riuscii a farfugliare quasi nulla, mentre allungavo il malloppo al tipo. "Com'è - interloquì -, è duro?". "Sì, l'ho fatto stampare su un foglio cartonato..." fu la mia risposta da fesso. Il tipo scoppiò in una gran risata: "Ahahahah, me piasce stù uagnaume, jì dritte!". E mi tenni gli indebiti complimenti per non fare la figura del tonto, dato che lui si riferiva al tono dell'articolo. Lo lessero, gli piacque, e mi proposero subito di collaborare al giornale.
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Fu così che andò la mia prima riunione di redazione, nell'ottobre del 1987. Il mese successivo uscì su Osservatorio il mio primo articolo.
Personaggi e interpreti:
Io a sedici anni=io La bella donna=Carla Loconte Il Direttore=Zino Mastro I tre-quattro figuri=Dino Carbonara (il parlante), Ignazio Labate (R.I.P.), Gianfranco Mazzotta, Michele Iacovazzi. Si affacciò di sicuro anche altra gente, ma sinceramente sono passati 26 anni e non mi ricordo chi...
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16/10/2013
Non sapevo cosa scrivere, poi lessi da qualche parte dell'anniversario della deportazione degli ebrei romani, e come spesso accade si accese la lampadina della memoria su un altro 16 ottobre, proprio mentre cominciavo a temere che la giornata sarebbe passata senza scrivere alcunché. E poi parlare dei miei locali preferiti mi fa sempre piacere
IL SEDICI OTTOBRE Oggi sono settant'anni dal 16 ottobre 1943: vorrei avere davvero una gran penna per raccontare a modo di quando oltre mille ebrei romani vennero rastrellati e deportati dai nazisti. Nonostante la comunità ebraica di Roma avesse raccolto e consegnato ai tedeschi cinquanta chili d'oro per la propria incolumità, i nazisti si rimangiarono la parola e mandarono quei mille e passa tutti ad Auschwitz. Tornarono in diciassette, credo che uno sia ancora vivo. Ma non sono né Carlo né Primo Levi e mi devo accontentare di un altro 16 ottobre che però ricordo molto nitidamente, quello del 1978: il giorno prima era nato mio cugino e non so perché ma mia zia si era fatta ricoverare a Monopoli; il 16 andammo quindi a conoscere il cuginetto e dopo la visita mia nonna decise di invitarci a cena per festeggiare. Era davvero un avvenimento perché non è che lei, pace all'anima sua, fosse una scialacquatrice; infatti per esempio accompagnarla al mercato era veramente imbarazzante: "Quanto costa questo?". "Dieci, signora". "No, uno o non lo prendo". "Ehm... posso fare otto", e lei a quel punto era capace di rilanciare "Meno tre!" cioè chiedere di farsi pagare lei per prendere la roba; vabbè, la nonna era fatta così. Non vi dico quell'altra, che sta per compiere novantadue anni, ma ne parlerò probabilmente in una prossima occasione. Andammo quindi a Lido Bianco, che nel '78 era già un locale rinomato. All'ingresso, davanti al bancone del pesce fresco era seduto un baffuto signore piuttosto anziano con una radiolina blu a transistor che stava ascoltando non so se un giornale radio o una radiocronaca dal Vaticano. I grandi si resero conto che era stato
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eletto il nuovo papa, e sempre mia nonna chiese al vecchietto: "Hanno fatto il papa?", e quello rispose: "SĂŹ, PAOLO GIOVANNI secondo!". Venni a sapere cosĂŹ dell'elezione di Karol Woytila. A sette anni non potevo immaginare che al successivo conclave avrei visto la fumata bianca dal vivo dal tetto di palazzo Madama.
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17/10/2013
Quella mattina ero depresso, volli così esternare il mio stato d'animo cercando anche di ironizzarci su. La prima frase si riferisce al presidente della Juventus Andrea Agnelli che aveva commentato l'acquisizione dell'Inter da parte del magnate indonesiano Erik Tohir mettendo in relazione la capitale dell'Indonesia con lo "scudetto di cartone" assegnato a tavolino alla squadra milanese nel 2006. La quinta è relativa alle polemiche seguite alla scomparsa di Erich Priebke.
SONO DEPRESSO Sono così depresso che la battuta di Agnelli su Giakartone nuova capitale dell'Indonesia mi ha fatto ridere. Sono così depresso che l'idea dello sciopero del trasporto pubblico, dei vigili urbani e la manifestazione dei No-Tav in programma a Roma tutti insieme mi diverte. Sono così depresso che penso che sui rifiuti il movimento In Comune abbia ragione. Sono così depresso che ritengo anch'io che il Minareto sia il principale problema di Fasano. Sono così depresso che sto cercando una Coca-Cola o un barattolo di Nutella col nome "Erich" per tirarlo in faccia al primo ebreo che trovo. Sono così depresso che per riprendermi canticchio "I can't get no satisfaction". Sono così depresso che al lavoro ho cazziato una sottoposta quando ce n'era motivo. Sono così depresso che sempre al lavoro volevo confidarmi con un dirigente. Sono così depresso che Belen mi sembra una con una voce troppo bassa per i miei gusti. Sono così depresso che ieri alla mensa ho chiesto un milanese alla cotoletta. 33
18/10/2013
La sera precedente avevo intrattenuto una breve conversazione che non mi aveva depresso ma mi aveva lasciato un senso di disagio, che a sua volta si era poi materializzato in questi pensieri.
I SOLITI UOMINI Non sono innamorato. Sono morto di gelosia quando un mio amico l'ha corteggiata, ma era tutta invidia perché lui è più bello e più giovane, non sono mica innamorato! Mi cambia la giornata ogni suo messaggio ma è perché è tenera e affettuosa di carattere, non sono innamorato. La prima volta che l'ho vista quel sorriso mi ha abbacinato perché le illumina il viso ma non sono innamorato. Era splendida al primo appuntamento, ma perché quell'oretta a passeggiare è durata un attimo, non sono innamorato. Quando l'ho vista comparire in lontananza, guardandola dal balcone mi si è stretto il cuore perché la sua figura è graziosa ed elegante ma non sono innamorato. Poi si è affacciata perché in strada uno con la fisarmonica le faceva la serenata, sembrava avessi organizzato tutto io ed ero felice, ma non innamorato. Fotografarla è prendere una coltellata tutte le volte che la riguardo, ma perché è veramente bella, non sono innamorato. Quando mi ha proposto un picnic al mare noi due soli sono andato praticamente in sincope perché da un sacco nessuna me lo chiedeva, ma non sono innamorato. Una volta in macchina mi si è messa a ballare accanto la musica della radio: guardavo fisso la strada per non fermarmi e saltarle addosso ma era solo sesso, non sono inamorato. Al ristorante, contemplandola per un paio d'ore di fronte a me ho visto tutti insieme l'alba, il tramonto, il cielo stellato, l'arcobaleno e la cometa di Halley, ma non è perché... oddio forse... allora... sì, solo allora ho trovato la forza di confessare a me stesso quello che sapevo da mesi e mesi: sono un fesso. Anzi, sono un uomo. E magari fossi come gli altri. Lei di sicuro come le altre non era. 34
20/10/2013
Da giorni il sindaco e il consigliere comunale del movimento "In Comune" polemizzavano a colpi di comunicato-stampa su cifre e percentuali della raccolta differenziata dei rifiuti. Politica-spettacolo contro irrefrenabile narcisismo.
BATTAGLIA POLITICA
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FASANO, 14 ottobre (ag. ANSIA) – Il capogruppo di se stesso Vito Bianchi ha presentato oggi un'interrogazione in Consiglio comunale nella quale ha smentito sui numeri della raccolta differenziata dei rifiuti il sindaco Di Bari ma non quello di Fasano. Quest'ultimo ha replicato ai rilievi del cattedratico con un articolato intervento di risposta, spostando la questione sul piano politico: “Ce me ne fotte a maigne...”. FASANO, 16 ottobre (ag. ANSIA) – Il sindaco di Fasano Di Bari ha affidato al suo ufficio stampa una mappazza di tre pagine nella quale, numeri alla mano, si dimostra l'infondatezza delle accuse lanciate ieri in Consiglio comunale dal presidente del più numeroso gruppo presente nell'assise cittadina, prof. ins. giornalist. scritt. cons. Vito Bianchi. Difficoltà nelle redazioni fasanesi: era così lungo e pieno di numeri che non si riusciva a fare nemmeno il copincolla senza incasinarsi. FASANO, 18 ottobre (ag. ANSIA) - Controreplica del presidente del Partito Narcisista Fasanese, Vito Bianchi, sulla questione delle statistiche della raccolta differenziata: "Di Bari continua a mentire: io ho detto che io ho riscontrato che io ho dimostrato che io ho contato i rifiuti che io ho buttato dove io ho deciso perché io rispetto le regole che io ho letto sull'opuscolo che io ho preso dove io ho saputo che io dovevo andare a prenderlo perché io ho studiato". FASANO, 20 ottobre (ag. ANSIA) - Assume ribalta nazionale la questione della raccolta rifiuti a Fasano con la dura polemica fra il sindaco Di Bari e Vito Bianchi: ferma presa di posizione nell'editoriale di prima pagina di oggi del Corriere della Sera, affidato a Ernesto Polli sul Balcone. Severo il monito dell'illustre intellettuale nel suo articolo: "Mè, mù avast ca n'ame cacate u cazze!”
22/10/2013
Il sindaco e l'assessore alla pubblica istruzione avevano ricevuto quella mattina una delegazione di studenti e docenti di cinque paesi europei. Fra i regali portati dagli ospiti, un bottiglione di birra artigianale bavarese e un boccale: quale migliore occasione per una storia ispirata alla poesia "U pipete d'a beatelle" di mio nonno Pietro?
LIBERA ARIA IN LIBERO STATO Una terrificante deflagrazione fece tremare le mura della sala di rappresentanza del Comune. Gli ospiti stranieri si guardarono attorno atterriti, alla ricerca della fonte di quello spaventoso rumore. In particolare i giovanissimi studenti, provenienti da cinque paesi d'Europa aderenti al progetto Comenius, non riuscivano proprio a spiegarsi cosa stesse succedendo: l'ultima cosa che ricordavano è che i loro insegnanti avevano offerto un boccale di birra artigianale bavarese alle autorità presenti, e dopo aver bevuto, qualcuno tra costoro aveva accennato ad un discorso di ringraziamento. Un tuono? Un'esplosione? Il terremoto? Erano anche volate per aria tutte le suppellettili della stanza, le finestre si erano spalancate, e un vento degno di un tornado texano aveva per qualche secondo fatto perdere l'equilibrio agli astanti. Gli scafati insegnanti stranieri, abituati a quel certo tipo di allegre esplosioni, si davano di gomito ridacchiando sotto i baffi per le cattive abitudini dei soliti italiani. Vista la mala parata, gli amministratori locali cercavano di nascondere l'imbarazzo per la figuraccia col vecchio "trucco della beatella", spostando su e giù le poltrone della sala e invitando gli ospiti ad accomodarsi, come facevano le vecchiette con le sedie della chiesa Matrice per nascondere qualche involontaria fuga d'aria dal personale retrobottega. Ma un intraprendente insegnante tedesco, evidentemente già ospite di queste lande in occasione delle sue vacanze, metteva gli improvvidi davanti alle proprie responsabilità esclamando: "Uè, i mè, na fasceiten i fessen: accumen a coure nan gi essen!", smascherandoli senza pietà.
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24/10/2013
In piena crisi creativa, non sapevo cosa scrivere. Sono andato così a riciclare un pezzo che avevo scritto un paio di mesi prima in un momento in cui mi andava di fare autoterapia parlando delle cose che non faccio o non so fare.
NON BEVO
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Non bevo non perché non si debba bere, ma per un motivo ben peggiore, penso il più odioso che ci possa essere: sono astemio. Non c'è niente di più sfigato di uno che non beve perché non può. Da ragazzo alle feste sarebbe stato molto meglio farsi notare di più proclamando agli astanti "Non bevo perché non voglio", può darsi che qualcuna con velleità di sorella del mondo si sarebbe avvicinata. Ma per quel motivo, no. Non si può essere più patetici di uno che non beve perché altrimenti si sente male. Ma ho sempre desiderato bere. A parte ogni discorso culturale, perché il buon bere è cultura, sempre alle stesse feste mi sarebbe piaciuto molto ubriacarmi a fini di abbassamento dei freni inibitori con le ragazze. Invece si alzavano, e finivo puntualmente le serate a guidare le macchine degli altri. Solo che poi l'incidente lo rischiavo lo stesso, perché non ne volevo puntualmente sapere di usare lo specchietto retrovisore. Era infatti un grave attentato alla mia personalità sbirciare il figlio del proprietario della macchina, mio coetaneo e spesso amico, impegnato in manovre d'attracco alla sua ragazza. O, peggio, alla sua non ragazza. O, peggio ancora, a una qualsiasi ragazza conosciuta in serata. E allora mi sfogavo mentalmente con i furgoni dei caporali che incontravamo per strada: negli anni Novanta, ma penso anche adesso, verso le quattro-cinque del mattino, per strada era pieno di vecchissimi Ford Transit bisunti di fango, spesso maliziosamente sparso a bella posta sulla targa, con alla guida rigorosamente un uomo altrettanto impregnato di sporcizia, regolarmente in sovrappeso e sovente a torso nudo. Tutti gli altri passeggeri erano donne, avviate ad ore e ore di campagna, non rabbiose negli sguardi ma più sorprese del fatto che macchine di figli di papà potessero osservarle. Ma a me, che guardavo in
avanti per non guardare dietro, non inducevano alcuna pietosa riflessione. I discorsi, prima solo mentali poi sempre più ad alta voce erano del tipo: "Sì, forza, su! Mentre io sto tornando a casa dopo essermi divertito tutta la notte, andate voi a spaccarvi la schiena tutto il giorno per raccogliere la frutta e la verdura che domani a pranzo e cena IO mangerò!". Gli amici ridevano, anzi quasi sempre solo l'amico sul sedile del passeggero. E una volta, dopo che gli occhi mi si sono arrossati nei dintorni di un cognac ovviamente bevuto da qualcun altro che stava facendo carte con qualche minigonna da salumeria, una cessa incontrovertibile mi ha anche sussurrato, cercando di fare lo sguardo dolce ma aumentando solo l'effetto-nausea: "...ma lei è qui?". "Lei" sarebbe quella che nella sua testa, evidentemente abituata alle situazioni della sfigata che è, doveva essere una ragazza talmente potente da farmi piangere. Non ricordo come e qualmente, con gli occhi pregni di alcool evaporato, mandai affanculo la malcapitata, perché all'epoca una boiata del genere mi faceva veramente incazzare e soprattutto dimenticare che una sfigata impicciona ha sempre un'amica migliore di lei. E così che poi sono arrivato a scrivere. Attualmente, sarei disposto di buon grado a diluire il mio Superio nell'alcool ma proprio non c'è verso.
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25/10/2013
La sera prima c'era stata una riunione del PD fasanese per decidere le candidature alla segreteria cittadina, da presentare alla successiva Assemblea elettiva: gran parlare di rinnovamento e ringiovanimento, sull'onda del ciclone-Renzi, e alla fine vennero fuori tre under 35 aspiranti segretari che contavano quanto il due di briscola in un partito dove a comandare, alla fine, sarebbero stati sempre i vecchi marpioni.
CERCASI SEGRETARIO È partita la più importante competizione politica dell'anno a Fasano: il congresso e l'elezione del nuovo segretario cittadino del PD del trenta ottobre prossimo. Un appuntamento fondamentale per il futuro della città, che sta tenendo tutti col fiato sospeso, soprattutto gli abitanti dei quartieri più popolari: U'mbracchie, Sand'Ulè, Quarto Ebreo, dove il partito fa, com'è noto, il pieno di voti del popolino. Gli strati sociali più umili di Fasano bramano infatti di poter dare continuità alla tradizione di grandi statisti che avevano lì il loro tradizionale serbatoio di consensi: Donato De Carolis, Vito Ammirabile, Lello Di Bari eccetera. Ma adesso si cambia: il PD ha imboccato senza tentennamenti la strada del rinnovamento decidendo di aprire le cariche dirigenziali, a cominciare dalla più importante, a facce nuove, talmente nuove che finora militavano in altri partiti come Pierfrancesco Palmariggi. Infuocata riunione ieri sera al Laboratorio Urbano: fra gli interventi, il consigliere regionale Fabiano Amati ha spiegato che è ora di dare ai giovani le responsabilità che meritano. A questo proposito si arricchisce la rosa degli aspiranti segretari: scartata la candidatura di Peppa Pig, perché lo statuto prevede (ancora per poco) che la carica sia riservata a esseri umani, si è fatto avanti con un articolato e appassionato intervento il neo-tesserato Kevin Spadintessa, 3 anni, brillantemente diplomato in Scienze ludico-ricreative alla Scuola dell'infanzia di via Contardo Ferrini, che ha presentato la sua mozione "Mamma, pappa!" fra le ovazioni degli aderenti. Subito dopo ha preso la parola la signora Ricupero Filomena in Cra-
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stolla, 29 anni, tesserata PD della prima ora e adesso in dolce attesa, la quale ha posto una delicata questione statutaria: poter candidare alla segreteria cittadina la sua piccola Rihanna, la cui nascita è prevista entro Natale ma che ha già aderito alla mozioneRenzi. Accesissime discussioni in riunione: alla fine si è stabilito di rinviare la questione a una successiva riunione, nella quale si voterà per stabilire la data di una nuova riunione, nella quale si voteranno le modalità di decisione dell'Assemblea, nella quale poi si voterà il numero di firme necessario per la presentazione delle liste per il direttivo cittadino, che da statuto dovranno essere pari se il giorno sarà dispari e dispari se il giorno sarà pari. Qualche grattacapo alla fine della riunione per sventare il tentativo di suicidio del presidente, salvato da una lavanda gastrica dopo aver tagliato e ingoiato parte dei capelli di Fabiano Amati.
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30/10/2013
Congresso cittadino del PD per l'elezione di direttivo e segretario. Candidati rigorosamente giovani e semisconosciuti, molto probabilmente semincapaci.
L'ORA X È scoccata l'ora delle decisioni irrevocabili: il PD fasanese sceglierà oggi in un congresso che si preannuncia infuocato il nuovo segretario cittadino. Ecco un breve promemoria sui candidati con qualche rapido cenno sul curriculum di ciascuno:
1 - Kevin Spadintessa
Il candidato fuori dai giochi presenta una sua mozione autonoma sganciata dalle candidature alla segreteria nazionale: la "Mamma, pappa!", che rischia di sparigliare le carte nella competizione, dato il consenso trasversale di cui gode. Senza contare l'immagine di freschezza e di novità con cui il giovane candidato (3 anni), cerca di disturbare Renzi e company, sostenuto com'è da Nicola Latorre, Checchino Laterrenia e Giorgio Pentassuglia. 2 - Rihanna Crastolla
Alla fine ce l'ha fatta: dopo un'infuocata battaglia sulla effettiva possibilità di candidarsi, la rappresentante della mozione-Renzi, che la sua mamma Filomena Ricupero darà alla luce fra il 20 e il 25 dicembre prossimi, è sicura di intercettare la preferenza delle nuove leve del PD nell'ottica del prepotente rinnovamento dei quadri voluto dal sindaco di Firenze: Fabiano Amati, Francesco Zaccaria, Massimo Vinale e altri giovanissimi del partito la sostengono senza riserve. 3 - Tinello Tinella
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Dal suo buen retiro ginevrino il portacolori della mozione-Civati ha fatto sapere di avanzare la sua candidatura in rappresentanza dei
ceti produttivi e degli italiani all'estero, i quali hanno accolto con entusiasmo il suo impegno attivo in politica: il commento più frequente di questi ultimi è stato infatti "Chi cazzo è?". Ma lui non si scompone e promette scintille nella battaglia congressuale: "Più metri quadri per tutti!!!" il suo convincente slogan. 4 - Dario Marasciulo
Poteva mancare? Assolutamente no! Il presentatore-attore-cuocodirigente sportivo-crocerossino-prezzemolino-onnipresente non poteva perdersi questa ulteriore occasione di visibilità, in qualità di sosia di Matteo Renzi, di cui cercherà di sfruttare la somiglianza. I bene informati sostengono tuttavia sia la faccia nuova con cui Francesca Radesco tenta di rientrare in corsa manovrando dietro le quinte. 5 - L'Asino di Buridano
Il candidato dell'ultima ora con cui i vecchi marpioni cercano di infastidire l'inarrestabile processo di ricambio nelle cariche di vertice è un esperto quadro del partito, rappresentante della mozioneCuperlo, specialista nelle politiche risolute e decisioniste del PD: pare infatti che stavolta in caso di elezione alla segreteria sia destinato a morire di fame prima di decidere da quale fieno nutrirsi chiedendosi "Lello o Lello?".
6 - Mister X
Non si sa chi sia, che mozione sostenga, nemmeno se è uomo o donna. Si sa solo che è laureato col massimo dei voti, ha un paio di master all'estero, una cattedra universitaria sempre all'estero dove è stimatissimo per onestà ed efficienza. Non ha mai avuto nemmeno un avviso di garanzia, è favorevole senza tentennamenti al riconoscimento delle coppie di fatto e ha un programma economico di rigore e sostegno convinto alla famiglia, alle imprese, all'artigianato locali e di recupero intransigente dell'evasione fiscale con conseguente riduzione dell'IMU ai meno abbienti. Ha un piano di revisione totale della raccolta dei rifiuti e uno sulla mobilità sostenibile ispirati alle più avanzate esperienze dei comuni vir-
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tuosi all'estero. Si dice non sia neanche iscritto al PD.
Pensierino ďŹ nale: purtroppo io non potrò partecipare all'Assemblea in quanto non tesserato, e mi dispiace veramente, perchĂŠ per ingannare l'attesa prima della votazione avrei potuto ďŹ nalmente corteggiare la splendida Loredana Legrottaglie sussurandole delicate frasi d'amore come "Vorrei mostrarti il mio programma", oppure "Questa mozione mi devi votare", o ancora "Ti voterei per abbassata di mano".
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31/10/2013
Il giorno precedente era stata presentata in pompa magna "Gustosìa", manifestazione enogastronomica svolta in numerosi stand distribuiti per tutto il centro storico a cura di varie associazioni e organizzata dal Comune.
CHI VUOL ESSER GUSTOSIA Presentata ieri nella sala di rappresentanza del palazzo di città "Gustosìa", manifestazione enogastronomica organizzata dal Comune nel prossimo week-end insieme a una sfilza di altri enti e associazioni che vi risparmiamo volentieri. Soddisfazione fra gli amministratori fasanesi, che per due giorni potranno finalmente evitare di mangiare di nascosto ma anzi lo faranno davanti a tutti nel suggestivo centro storico della città. Fitto il programma delle iniziative: si comincerà con una battaglia a colpi di cucumarazzo fra il sindaco di Fasano e quello di Ostuni, con in palio Ospedale, servizi sociali, Agenzia delle Entrate, sede staccata della Camera di Commercio e del Tribunale, Ufficio del lavoro, Enel, ATO, ANAS, ACI, Aiscat che il primo cittadino di Fasano cercherà di strappare al suo collega ostunese dopo trent'anni di spoliazioni ai danni dei fasanesi. Nel frattempo, generosi assaggi di birre artigianali in piazza Mercato Vecchio: seguirà gara di rutti fra gli assessori della Giunta, ad eccezione dell'assessrice alla Fasano-Selva alla quale si è ritenuto di risparmiare la performance essendo una signora. Ma la medesima darà comunque il suo contributo, facendosi cospargere di extra-vergine d'oliva per la gioia dei convenuti dopo la consegna della bandiera di "Città dell'olio". Inoltre il sindaco, se sopravvissuto alle cucumarazzate del pari carica di Ostuni, sosterrà un incalzante e per lui difficile dibattito sul futuro di Fasano con tutto il neo-eletto direttivo del Partito Democratico nello stand "Tarallucci e vino". Non mancherà lo stand del movimento InComune, che offrirà ai visitatori un menu tipico preparato dalle attiviste del partito: minareti alla narcisa, riempibocca alla fasanese, approfitterols de la visibilité con crema e cioccolato.
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In quello "I dolci portici" invece, gli esercenti il diritto di prelazione per l'acquisto dei locali della ex-piazza Mercato inviteranno una rappresentanza dell'Associazione Uagnunastri Fasanesi a tenere una dimostrazione delle piĂš avanzate tecniche di minzione e di verniciatura spray dei muri in tufo dello storico sito, alla luce delle intervenute novitĂ legislative in materia. SeguirĂ degustazione degli stupefacenti abitualmente spacciati e consumati sul posto: ospite d'onore una rappresentanza della Polizia Municipale.
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2/11/2013
In assenza di un dialogo vero, me lo sono fabbricato da solo, un po' con scampoli di conversazioni autentiche che c'erano state, un po' con quello che avrei voluto sentirmi dire.
DIALOGO INESISTENTE - Ieri sera guardavo la tua foto... era tardi, avevo da tempo già cenato ma mi è venuta voglia lo stesso... :-) - Eheh... è una sensazione che conosco! - Però pensavo... - Pensavi...? - Che non potrò mai mangiarli! - Colpa tua ahah! - Ora è pure colpa mia? - Uff, maledetto Facebook... odio questa cosa che non si può sentire il tono di voce né guardare in faccia chi ti sta parlando... era ovvio che fosse una battuta! - Nelle battute c'è sempre un po' di verità. - Dai... - Soprattutto nelle tue. - Adesso mi incazzo! - Perché... - Certe volte la tua ingenuità mi sconcerta, sembra che fai di tutto per non capire la sensibilità di chi ti sta davanti. - Ma tu sei permaloso. - Sì embè? - Certo. - Ecco, io sono permaloso, tu esibizionista, ognuno ha i suoi difetti - Non mi avevi mai parlato dei miei difetti, hai voglia di litigare? - Se è per questo nemmeno tu. - Ho detto che le cose fatte da te non potrò mangiarle mai, ma volevo dire che... - Che? - Che mi dispiace proprio questo: perché ti fai così male? Io con te voglio avere un rapporto normale, come ce l'hai con le altre.
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- Te l'ho già detto che non è possibile. - Io credo di sì. - No. - Tu vuoi solo allontanarmi da te, vuoi che non ci parliamo più - Non credere che non dispiaccia anche a me non essere più assidui come prima, te l'ho già detto. - Sì però... - Però cosa? - Sento che ti stai perdendo quasi tutto di me. - Lo sai cosa e quanto vorrei avere di te, quindi il resto non mi interessa, almeno finché continuerò a pensarti in un certo modo. - Siamo in un vicolo cieco. - Non direi, anzi stiamo dimostrando tutta la nostra intelligenza. - Perché intelligenza? - Perché in una situazione come questa di solito le persone si allontanano, non si parlano più, non si vedono più, si sparlano reciprocamente... Invece noi no, siamo ancora qui a intrattenere rapporti civili da persone adulte. - Ti contraddici. - Perché? - Ammetti che non siamo più assidui poi dici “Siamo ancora qui”. - Certo, meno ma ancora qui. - Per me è difficile essere naturale in questo modo. - Immagino ma dobbiamo fare entrambi un grande sforzo, e lo stiamo facendo. - Sì. - E comprenderci a vicenda. - Sì. - Ecco, quando cominci con i monosillabi vuol dire che ti sei rotta... ciao! - Ahah, ciao! - Mi manchi da morire, ma ce la farò, ce l'ho sempre fatta. Ti mando tanti baci quante stelle ci sono. - :-)
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30/10/2013
Qualche giorno prima la Regione Puglia aveva tirato le orecchie ai comuni costieri, nessuno dei quali aveva ancora redatto il piano particolareggiato della costa a oltre due anni dall'adozione di quello regionale. La giunta comunale si era riunita in fretta e furia per avviare l'iter per la predisposizione dello strumento urbanistico.
VESTIVAMO ALLA CARBONARA
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Il 29 ottobre scorso la Giunta municipale di Fasano ha deliberato di ottemperare, con la celerità che la contraddistingue, all'ultimatum della Regione Puglia di oltre un mese prima, che intimava ai Comuni inadempienti (tutti, per la verità) di redigere i piani particolareggiati per la gestione della fascia costiera. Essendo passati appena due anni dall'adozione di quello regionale, nei cassetti dell'urbanistica comunale il piano fasanese dormiva sonni tranquilli, ma è bastato uno schiocco di dita e, detto-fatto, il piano costa cittadino è saltato fuori, fiore all'occhiello della lungimirante politica del territorio del regime lellista. Gli amministratori e i tecnici di piazza Ciaia sono chiusi nel più stretto riserbo sui particolari del prezioso documento, di cui infatti a Fasano tutti sanno tutto. Eccone dunque i tratti salienti: l'intiera fascia costiera da Egnazia a Tavernese sarà esclusivamente riservata alla fruizione dei turisti forestieri; per l'accesso bisognerà esibire apposito tesserino rilasciato dalla struttura alberghiera presso la quale si alloggia o dal proprietario dell'appartamento preso in affitto per un minimo di un mese. Gli affittuari a settimana avranno ingressi contingentati e limitati a due ore al dì, mentre l'utenza marto-cistro-curdo-puto-convo-castro-baro-alberobellese avrà accesso limitato alla sola domenica. Ai fasanesi saranno riservate zone di apartheid balneare di massimo trenta metri quadri in corrispondenza degli scarichi fognari di hotel, ristoranti e stabilimenti. Per pezzaioli e villici limitrofi verrà realizzata una zona di ripopolamento a Torre Canne con percorsi obbligati per non mescolarsi ai forestieri. I montalbanesi desiderosi di andare al mare verranno deportati a Ostuni perché non è che possiamo fare tutto, eh!
Completamente rivoluzionato il sistema della viabilità: solo le automobili di cilindrata superiore ai 2000 cc di proprietà dei turisti, o prese a noleggio dai medesimi se inferiore, potranno circolare sulle strade dalla ferrovia in giù e parcheggiare ovunque gradiscano, mentre i fasanesi dovranno obbligatoriamente avvalersi dell'efficientissimo sistema di trasporto pubblico tuttora in funzione, con corse frequenti e massima puntualità. La strada costiera da Savelletri a Egnazia verrà trasformata in un percorso pedonale e ciclabile esclusivamente riservato ai turisti: i fasanesi che intenderanno percorrerla potranno farlo solo a quattro zampe con almeno un turista a cavalcioni sulla schiena e solo se muniti di regolare licenza come muli da soma. Ma non è tutto: come scrive il sempre informatissimo StopFasano, ad integrazione del piano-costa pare che sembri che si mormori che si ipotizzi che si dica che forse si starebbe eventualmente pensando di stipulare anche un particolare contratto comunale per i lavoratori del settore turistico-ricettivo: le ore di lavoro quotidiane passerebbero da dodici a sedici, mentre il salario medio da seicento a cinquecento euro lordi al mese, contributi esclusi (nel senso che si continuerà a non pagarli). Tutti i lavoratori del settore dovranno inoltre imparare a memoria l'autobiografia di Marisa Melpignano: "Vestivamo alla carbonara".
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6/11/2013
Si avvicinava il ventiquattresimo anniversario della caduta del Muro di Berlino, avvenimento epocale per i giovani della mia generazione e, se vogliamo, punto di arrivo dell'intiero Ventesimo secolo. Volevo celebrarlo con una serie di pagine di diario che tentassero di riportare alla luce le mie sensazioni dell'epoca, quando avevo diciotto anni. Dietlinde Gruber, detta Lilli (1957) era l'inviata del TG2 a Berlino in quei giorni. Paolo Frajese (1939-2000) era conduttore del TG1 delle 20. Il corrispondente dell'ANSA che fece la domanda del secolo era Riccardo Ehrman (1931): la conferenza stampa era andata in diretta tv, il giorno dopo fu riconosciuto sotto il Muro e portato in trionfo dalla folla. Erich Honecker ed Egon Krenz furono gli ultimi due segretari del Partito comunista della Germania Est.
DIARIO DI GIOVENTÙ - 6 novembre (ANSA) - BONN, 6 NOV - IL GOVERNO DI BONN GIUDICA UN CHIARO ''PASSO AVANTI'' LA BOZZA DELLA NUOVA LEGISLAZIONE SUI VIAGGI ALL'ESTERO RESA NOTA DALLE AUTORITÀ DELLA GERMANIA ORIENTALE MA RITIENE CHE SI TRATTI SOLO DI ''UN PRIMO PASSO''. LA NUOVA LEGISLAZIONE CONSENTIRÀ IN PARTICOLARE AI TEDESCO-ORIENTALI DI RECARSI IN OCCIDENTE PER UN MASSIMO DI TRENTA GIORNI L'ANNO. IL GOVERNO DI BONN CONTINUA A RICONOSCERE A CIASCUN CITTADINO TEDESCO-ORIENTALE IL DIRITTO ''INCONDIZIONATO E INDISCUSSO'' DI VENIR ACCOLTO ''COME TEDESCO'' NELLA REPUBBLICA FEDERALE. PROSEGUE PERÒ L'ESODO DEI PROFUGHI: AL VALICO DI FRONTIERA DI SCHIRNDING, IN BAVIERA, VENIVA SEGNALATA NEL PRIMO POMERIGGIO UNA LUNGHISSIMA FILA DI AUTOMOBILI CARICHE DI CITTADINI TEDESCO-ORIENTALI. I NUOVI ARRIVATI ANDRANNO AD AGGIUNGERSI AI 18.362 LORO CONNAZIONALI PASSATI DALLO SCORSO VENERDÌ DALLA CECOSLOVACCHIA NELLA RFG. 6-NOV-89 18:49 54
Ma che stanno aspettando? Sono due settimane che Berlino Est è piena di ragazzi che spingono quasi fisicamente verso il confine,
quella mummia di Honecker l'hanno fatto fuori, questo Krenz sembra un furbacchione che ha fiutato l'aria e ha capito che solo aprendo la frontiera ha qualche minima possibilità di sopravvivere lui e il regime... ma perché aspettare ancora? Fatto trenta, facciano trentuno, scusa: perché la gente deve passare dalla Cecoslovacchia per andare all'Ovest? Cacchio però siamo sempre noi a cambiare la storia, gli under venti, eheheh! Matò come vorrei stare a Berlino pure io in questi giorni: sarebbe indimenticabile, e poi se voglio davvero fare il giornalista è un'occasione imperdibile per raccontare un mucchio di belle storie. Ma qua è un problema pure fare Fasano-Selva la sera, add'aggia scì! Che vitaccia... finisco il Liceo a 18 anni e mi trattano di merda agli esami, niente viaggio della maturità, file e gomitate in aula a Bari, ho preso la patente e la macchina me la sogno di notte... Mah, tanto per cambiare guardiamoci anche oggi Lilli Gruber sul TG2 và, ammazza quant'è brava.
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7/11/2013
DIARIO DI GIOVENTÙ - 7 novembre (ANSA-AFP-REUTER) - BONN, 7 NOV - I DUE MAGGIORI PARTITI NELLA RFG, I CRISTIANO DEMOCRATICI (CDU), AL POTERE ED I SOCIALDEMOCRATICI (SPD), HANNO DIFFUSO DUE COMUNICATI NEI QUALI CHIEDONO LIBERE ELEZIONI NELLA GERMANIA DELL' EST. NEL FRATTEMPO, CIRCA 8.340 PROFUGHI TEDESCO ORIENTALI SONO ARRIVATI IERI NELLA GERMANIA FEDERALE ATTRAVERSO LA CECOSLOVACCHIA. SIN DALL' APERTURA DEL CONFINE CON LA CECOSLOVACCHIA, IL 3 NOVEMBRE SCORSO, OLTRE 19.000 TEDESCHI ORIENTALI SI SONO RIFUGIATI IN RFG E DODICI TRENI SONO PARTITI DA PRAGA PER LA BAVIERA. (ANSA-AFP-REUTER). 7-NOV-89 01:11
Ma cos'è, un sogno? Allora non svegliatemi! Libere elezioni in un paese comunista? Diritti umani, autodeterminazione eccetera eccetera? Ma soprattutto, Germania di nuovo unita? Perché l'abbiamo capito tutti dove vogliono andare a parare questi dell'Ovest. Francamente ho un po' paura... nella storia la Germania unita si è vista per ottant'anni scarsi ma ha sempre e solo fatto guerre. Ma non è possibile che crolli in pochi giorni ciò che sta saldamente in piedi da quarant'anni, figurati un po': adesso interverranno i russi, tanto per cambiare partono con i carri armati, passano dalla Polonia e gli fanno un mazzo così a tutti. Perché purtroppo anche stavolta per noi è come a Praga nel '68 per i nostri genitori: a 18 anni non abbiamo altro che le mani nude per chiedere la democrazia. Ma noi non siamo mica mollaccioni sessantottini come loro! Ci faremo ammazzare piuttosto che cedere! Forza ragazzi, non potete capire quanto vorrei essere lì con voi...
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8/11/2013
DIARIO DI GIOVENTÙ - 8 novembre (ANSA-AFP) - BERLINO, 8 NOV - LE DIMISSIONI, IERI, DEL GOVERNO DELLA GERMANIA ORIENTALE, E QUELLE, OGGI, DELL'UFFICIO POLITICO DEL PARTITO DI UNITÀ SOCIALISTA (SED: COMUNISTA), MASSIMO CENTRO DI POTERE DELLA RDT, INTERVENGONO MENTRE IL PAESE SI TROVA A DOVER FRONTEGGIARE UN'ONDATA DI CONTESTAZIONE NEI SETTORI POLITICO, ECONOMICO E SOCIALE, CHE SI TRADUCE IN IMPORTANTI MANIFESTAZIONI E IN UN ESODO MASSICCIO VERSO L'OCCIDENTE DEI CITTADINI TEDESCO-ORIENTALI. 8-NOV-89 13:04
Sta crollando tutto, stavolta non ci sono più dubbi: se si sono dimessi tutti vuol dire che quello che sta succedendo è irreversibile, e non c'è Mosca che tenga. Meraviglioso... e siamo stati noi, i più giovani, a permettere tutto questo!!! Al punto in cui siamo arrivati se volessero tornare indietro dovrebbero fare come i cinesi in piazza Tien An Men cinque mesi fa, cioè migliaia di morti, ma qui siamo in mezzo all'Europa: americani inglesi e francesi si muoverebbero subito, gli basterebbe fare pochi metri con i carri armati e a quel punto si rischia la guerra nucleare, non possono fare più niente!!! Ora è solo questione di tempo, intanto vediamo chi saranno i nuovi dirigenti del partito e i nuovi membri del governo, poi qualcosa faranno di sicuro per i profughi, non possono permettere che si svuoti il paese. Sarebbe meraviglioso se aprissero la frontiera con la Germania Ovest, ma non lo faranno, non sono mica scemi...
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9/11/2013
DIARIO DI GIOVENTÙ - 9 novembre (ANSA-REUTER) - BERLINO, 9 NOV - LA GERMANIA ORIENTALE HA DECISO DI APRIRE IL CONFINE CON LA RFG PER LASCIAR PASSARE I SUOI CITTADINI CHE VOGLIONO EMIGRARE IN OCCIDENTE. LO HA DETTO IN UNA CONFERENZA STAMPA IL RESPONSABILE DELL'INFORMAZIONE DEL PARTITO COMUNISTA, GÜNTER SCHABOWSKI, CHE HA PRECISATO CHE LA DECISIONE HA EFFETTO IMMEDIATO. SCHABOWSKI HA DETTO CHE SI TRATTA DI UNA DECISIONE CHE ''È STATA PRESA DAL CONSIGLIO DEI MINISTRI E CHE MI VIENE COMUNICATA IN QUESTO MOMENTO''. QUESTA DECISIONE SIGNIFICA IL ''CROLLO'' DI FATTO DEL MURO DI BERLINO, ERETTO IL 13 AGOSTO 1961, PERCHÉ TUTTI I CITTADINI TEDESCO-ORIENTALI POTRANNO ANDARE LIBERAMENTE NELLA RFG O A BERLINO OVEST. (ANSA). 9-NOV-89 19:31
(ANSA) - BERLINO, 9 NOV - SCHABOWSKI HA DETTO DI ''NON SAPERE ANCORA'' SE PER USCIRE DAL PAESE SARÀ NECESSARIO PRODURRE UN PASSAPORTO: NON, COMUNQUE, UN VISTO DI USCITA. SCHABOWSKI,CHE È IL RESPONSABILE PER LA STAMPA IN SENO AL POLITBURO, STAVA INFORMANDO I GIORNALISTI STASERA SUI LAVORI DEL COMITATO CENTRALE DEL PARTITO, E DOPO AVER PARLATO DELLE ''CRITICHE E AUTOCRITICHE'' EMERSE DURANTE LA DISCUSSIONE, AVEVA ACCETTATO DI RISPONDERE AD UN QUESITO DEL CORRISPONDENTE DELL'ANSA CHE GLI AVEVA CHIESTO SE NON RITENESSE CHE IL RECENTE PROGETTO DI LEGGE PER LA LIBERTÀ DI VIAGGIO NON FOSSE ''UN GRAVE ERRORE IN VISTA DI TUTTI I SUOI CAVILLI BUROCRATICI''. L'EX- DIRETTORE DEL ''NEUES DEUTSCHLAND'' AVEVA COMINCIATO A DIRE :'' NO, NON LO CONSIDERO UN ERRORE... MA HO QUI QUALCOSA DA ANNUNCIARE ... '' ED AVEVA FATTO L' ANNUNCIO CHE IN PRATICA RAPPRESENTA LA CADUTA DEL MURO DI BERLINO.(ANSA). 9-NOV-89 19:42
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(ANSA) - BERLINO, 9 NOV - HA PROVOCATO L' EFFETTO DI UNA
BOMBA LA NOTIZIA DELL’APERTURA DELLA FRONTIERA TRA RDT E RFG DATA IN UNA CONFERENZA STAMPA DAL RESPONSABILE PER L'INFORMAZIONE DELLA ''SED'', GÜNTER SCHABOWSKI. NON APPENA L'HANNO SENTITA, I QUASI 300 GIORNALISTI SI SONO PRECIPITATI A TELEFONARE E LA SALA SI È SVUOTATA DI COLPO. MENTRE NELLA SALA DEI TELEFONI DEL CENTRO STAMPA DOVE SI ERA SVOLTO L' INCONTRO NON C'ERA PIÙ UN TELEFONO LIBERO, GLI IMPIEGATI TEDESCO-ORIENTALI ADDETTI AI TELEFONI O ANCHE ALLE TELESCRIVENTI, CHE AVEVANO SENTITO LA NOTIZIA DAL CIRCUITO TELEVISIVO CHIUSO ALL'INTERNO DELL'INTERNATIONALE PRESSE ZENTRUM DI BERLINO EST, SI SONO MESSI A PIANGERE E SI SONO EMOTIVAMENTE ABBRACCIATI L'UN L'ALTRO GRIDANDO: ''FINALMENTE L' INCUBO È FINITO...''. 9-NOV-89 20:13
(ANSA) - BERLINO, 9 NOV - NON È INFATTI DIFFICILE RENDERSI CONTO CHE, A PRIMA VISTA, I TEDESCHI ORIENTALI STENTINO A CREDERE CHE L'INCUBO DEL MURO, LA CUI COSTRUZIONE ERA COMINCIATA IL 13 AGOSTO 1961 PER ORDINE DI WALTER ULBRICHT, SIA ORA SPARITO DI COLPO, CON UN SEMPLICE ANNUNCIO. NON È COMUNQUE ANCORA CHIARO SE LA COSTRUZIONE CONFINARIA IN CEMENTO ARMATO E MURATURA, IN PEZZI PREFABBRICATI CHE DELIMITA TUTTO IL SETTORE OCCIDENTALE DI QUESTA EX-CAPITALE PRUSSIANA, VERRÀ SUBITO MATERIALMENTE SMANTELLATA. QUALCUNO INFORMA CHE ANCHE FRA LE GUARDIE CONFINARIE DEL ''CHECKPOINT CHARLIE'', IL VALICO ATTRAVERSO IL MURO RISERVATO AGLI STRANIERI E AI DIPLOMATICI REGNA STASERA IL GIUBILO E CHE SONO STATE STAPPATE BOTTIGLIE DI VINO E DI BIRRA: CON LO SPUMANTE - È STATO DETTO - SI BRINDERÀ DOMANI. 9-NOV-89 22:16
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(ANSA) - BERLINO, 9 NOV - LE FONTI UFFICIOSE NON SI PRONUNCIANO ANCORA SU QUELLO CHE POTRÀ ESSERE IL FUTURO DELLA COSTRUZIONE CONFINARIA CHE MOLTI IN TUTTO IL MONDO HANNO DEFINITO ''MURO DELLA VERGOGNA''. UNA IPOTESI CHE È STATA FATTA È CHE IL MURO RESTERÀ MATERIALMENTE ANCORA IN PIEDI, MA CON LA FUNZIONE DI BARRIERA DOGANALE. DA UNA VICINA CABINA TELEFONICA SI È SENTITO UN GIORNALISTA AME-
RICANO GRIDARE NELLA CORNETTA, A CHISSÀ QUALE ASCOLTATORE: ''THE WALL IS DOWN, MY GOD, THE WALL HAS FALLEN...'' IL MURO È GIÙ MIO DIO, IL MURO È CADUTO''. (ANSA). 9-NOV-89 22:38
A me la televisione!!! Per fortuna sono solo in casa, questo TG1 non me lo voglio perdere per nessun motivo. Chi c'è? Frajese... Voglio memorizzare ogni particolare perché anche fra decine d'anni mi devo ricordare di stasera. Meraviglioso, stupendo, indimenticabile! Guarda come sono contenti, e come bevono... Ma chi se ne frega se andranno all'Ovest a comprare droga o a fare la fila ai sexy shop, l'importante è che non diventi un'abitudine. Penso di aver avuto una grande fortuna ad aver vissuto questo momento a 18 anni, perché non abbiamo mai avuto la pace universale così vicina, e saremo noi giovani a godercela da adulti...
P.S.: un anno e mezzo dopo, il 27 giugno 1991, le truppe serbe attaccarono la Slovenia. Fu il primo episodio di guerra in Europa dopo la fine della Seconda guerra mondiale.
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11-11-2013 Arresti davanti a un supermercato di Fasano il giorno precedente: era scoppiata una rissa per accaparrarsi i posti migliori fra quattro africani, almeno due dei quali noti fra i clienti abituali per le loro buone maniere. Sequestrati più di mille euro di elemosine mentre la Fasano degli affari poteva continuare a dormire sonni tranquilli.
TOLLERANZA ZERO
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Brillantissima operazione delle forze dell'ordine sabato mattina a Fasano: quattro africani sono stati dissociati dall'ingresso di un supermercato e associati alle case circondariali di Brindisi e Lecce. Gravissimi i reati contestati ai mascalzoni: il 25enne Halhal Elehalahl è accusato di vilipendio della religione di stato per aver chiesto a una beatella di passaggio, diretta verso la chiesa Matrice “Cosa essere questo signò?” indicando il rosario che la medesima aveva estratto appena individuata la presenza del manigoldo. Soltanto 21enne John Cemavah Succedcchiuh, tratto in arresto per oltraggio a pubblico ufficiale: alla richiesta di declinare le proprie generalità ha irriso l'agente che lo interpellava rispondendogli “Eh?” data la sua inaccettabile ignoranza della lingua italiana, addirittura superiore a quella della guardia. C'è anche una donna fra gli arrestati: Jeanne Stajmegghie Adu Majgne, 23 anni, accusata di detenzione e spaccio di stupefacenti per aver annusato, incurante della presenza dei militi. 100 grammi di borotalco che un operatore umanitario le aveva appena regalato; quest'ultimo alla vista degli agenti è riuscito a darsi alla fuga confondendosi tra gli avventori di razza bianca che affollavano il supermarket, troppi per controllarli tutti. Clamoroso l'arresto del capobanda Maurice Soh Numarjal, 35 anni, inafferrabile primula rossa del racket delle elemosine, il quale finora l'aveva sempre fatta franca affidandosi a prestanome spesso minorenni. Il criminale è stato argutamente incastrato con l'accusa di auto-discriminazione razziale e territoriale: non avendo avuto il tempo di lavarsi prima dell'irruzione dei militari, si era giustificato
per il cattivo odore emanato esclamando “Io no lavato oggi, io sporco negro”, al che sono scattate inesorabili per lui le manette. Trema la politica: queste iniziative della polizia giudiziaria sono sicuro preannuncio di clamorosi provvedimenti che, rivela il sempre più distante dal potere e vicino ai cittadini StopFasano, riguarderebbero i chiacchieratissimi appalti della raccolta rifiuti, dei trasporti e della refezione scolastica, nonché la vendita dell'ex macello. Di un altro comune.
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13/11/2013
Il parere contrario del Governo a un emendamento per la privatizzazione delle spiagge ha fornito l'occasione per un po’ di amaro sarcasmo.
SCAMPATO PERICOLO
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Continua l'esame preliminare della Legge di stabilità per il 2014 in Commissione bilancio al Senato: il Governo ha espresso ieri parere contrario all'emendamento che era stato proposto e che dava la possibilità di vendere le aree demaniali marittime ai proprietari di strutture ricettive già insistenti sulle medesime. Scongiurato quindi il pericolo che un bene di tutti come le spiagge possa essere privatizzato, ma vediamo nei particolari cosa prevedeva l'emendamento che si dà per certo verrà adesso respinto. Sulle spiagge sarebbe stata consentita la realizzazione di qualsiasi manufatto in totale deroga alla concessione ricevuta: piccoli stabilimenti balneari avrebbero così potuto dotarsi di vere e proprie sale ristorante con numero illimitato di coperti, realizzabili senza vincoli di materiali comprese quindi plastica, plexiglass e teloni sintetici antivento. La più larga deregulation sarebbe stata permessa circa le norme igieniche per la gestione della cucina, anzi non sarebbe stato necessario nemmeno avere l'acqua corrente, né in questo caso lavare le stoviglie, anzi sarebbe stato possibile riutilizzare anche quelle in plastica. In mancanza di wc chimici funzionanti sarebbe stato permesso agli avventori di lavarsi le mani nel mare e di espletare i propri bisogni in appositi angoli appartati e al buio dietro le strutture in cannicciato. Consentita la completa schermatura degli stabilimenti balneari per non disturbare la quiete e la privacy dei bagnanti non originari del luogo, anche con totale interdizione alla vista del mare, a condizione di realizzare detta schermatura con strutture in finto canneto naturale. I comuni avrebbero potuto cedere le strade adiacenti a tali stabilimenti a titolo gratuito salvo la realizzazione, a cura dei titolari, di strade alternative per il passaggio dei comuni mortali a debita distanza dai portafogli dei milionari frequentanti gli stabili-
menti, delle quali non sarebbe stata resa obbligatoria la successiva manutenzione. InďŹ ne, sarebbero stati aboliti i vincoli paesaggistici che rendono irrealizzabili i lidi privati sulle aree archeologiche, anzi, sarebbe stato possibile anche costruirvi nelle immediate vicinanze villaggi turistici con ampie cubature pluripiano, a condizione che fossero di proprietĂ di societĂ i cui procuratori speciali fossero parenti di soggetti che abbiano patteggiato una condanna penale per concorso in corruzione in atti giudiziari. Drastico e colorito il commento di un sottosegretario: "Ma in quale posto del Terzo Mondo sarebbe mai possibile gestire la costa in questa barbara maniera?". Per fortuna ci siamo risparmiati uno scempio simile.
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14/11/2013
Altisonante incarico tutto in lingua d'Albione conferito alla nuova supermanager di S. Domenico
ONLI INGLISC NAU
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Il cameriere arrivò trafelato nello spogliatoio, con una sola manica della giacca infilata e l'altra penzoloni; guardingo richiuse la porta dietro di sé: - Does she stay? (trad.: "Sta lei?"). - Scià, pure qua devono venire a rompere?, rispose il suo collega. - But don't you go well??? (trad.: "Ma non ci vai bene?"). - Dò jìnd na ne pute sende nscioume! - But you walk! They put microphones everywhere and listen to us even in your sister's pigeon! (trad.: "Ma camè... Hanno messo microfoni dappertutto e ci sentono pure nel piccione di sorda!”). - Guys, you do not live more... (trad.: "Uagliò, non si campa più..."). - Since she stays, they really shit the dick". (trad.: "Da quando sta questa hanno veramente cacato il cazzo"). La proprietà era stata perentoria all'arrivo del nuovo capo dei capi in hotel: da quel momento in poi tutto il personale doveva parlare in inglese anche fuori dal servizio, anche nelle pause, anche nelle riunioni organizzative, senza eccezione alcuna di persona o di momento. Varcato il cancello d'ingresso, l'italiano o peggio ancora il fasanese erano banditi, pena l'aumento delle ore di lavoro da diciotto a ventiquattro e la multa pari al cento per cento della giornata lavorativa. Era stata la Signora in persona a presentarla alle maestranze, tutte riunite alle cinque del mattino in sala ristorante, anche chi aveva il turno cena. Ma Lei, che con l'italiano ha qualche problema e con l'inglese ne ha parecchi, aveva optato per uno strano slang: -"Inferioure e inferiouri, da mò in boi dovete ubbidire a lei: questa qua è la nuova eccsecutiv directòr sels end communichescion del cruppo, avete capito eh?". Una povera stiratrice, memore degli ordini ricevuti, non potè fare
a meno di esclamare: "At the face of the dick! Compliments!". (trad.: "A facce du cazz! Complimenti!"), credendo di fare cosa gradita augurando il benvenuto alla nuova Numero Uno con sincero, spontaneo e deferente rispetto. Ma la Signora non fu dello stesso avviso: la malcapitata venne ipso facto capovolta e retrocessa con eetto immediato alla qualiďŹ ca di mocio da pavimenti. GiĂ a colazione la sala brillava, anzi: the dining room was bright.
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16/11/2013
Il lellismo-melpignismo sta in realtà benissimo a tutti, perché è la riduzione in scala del berlusconismo, cioè dei peggiori difetti degli italiani/fasanesi elevati a sistema. Il passo che ancora manca è la normalizzazione della memoria.
NOMINA CONSEQUENTIA RERUM
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La decisione, impegnativa e irrevocabile, è presa: la giunta municipale metterà mano ad una totale revisione della toponomastica cittadina. È giunto il tempo di adeguare i nomi di strade e piazze, ormai antiquati, affinché siano aderenti alla nuova realtà storicoculturale della Fasano del XXI secolo. I più titolati luminari del pensiero lellista-melpignista sono già al lavoro e hanno reso note le prime deliberazioni. Molto opportunamente si è pensato di cominciare da quei siti intitolati a personalità non strettamente legate al territorio né all’attualità, partendo dalle strade più lunghe e larghe. Inevitabile quindi che la prima a cambiare nome fosse via Fratelli Rosselli: chi se li ricorda più ormai i due intellettuali fiorentini di Giustizia e Libertà, assassinati dai fascisti francesi nel lontanissimo 1937? La strada verrà quindi reintitolata al faro politico del primo cittadino fasanese, nel cui partito ha militato per decenni prima della conversione sulla via di Arcore, e si chiamerà “Via Bettino Craxi – Esule politico ingiustamente condannato da minorati mentali a complessivi nove anni per corruzione e finanziamento illecito ”; la targa sarà un po’ larghetta, ma ne vale la pena. Piazza della Costituente, vetusto organismo ormai non più attivo da 66 anni e il cui ricordo è sbiadito nella memoria dei fasanesi, verrà molto più proficuamente ribattezzata: “Piazza del Turisti Padroni di Fasano”, tanto per far capire agli indigeni chi è che comanda e mettere a proprio agio i beneamati ospiti stranieri e settentrionali prima di occupare i migliori posti al mare e far quadruplicare i prezzi dei beni di più largo consumo. Non si può senz’altro trascurare la secolare alleanza fra Trono e Altare, con un pensiero anche al clero equivicino al lellismo-melpi-
gnismo, col quale ha da molto tempo completa identità di vedute sul piano strettamente filosofico e ideale. Con malcelata furbizia, il Potere ha deciso di dare nell’occasione anche un contentino all’opposizione ridenominando via don Morosini in “Via Ramirez da Fasano”, che più che altro è un auspicio, ma pare che il nuovo segretario del PD alla notizia abbia domandato ai suoi collaboratori: “E chi è sto don Morosini???” non avendo mai sentito nominare il sacerdote che i nazisti fecero fucilare dai fascisti per la sua appartenenza alla Resistenza romana, immortalato da Rossellini in “Roma città aperta”. Queste le prime decisioni: non mancano indiscrezioni sulle future mosse della commissione di studio, che si vocifera debba solo decidere a quali siti assegnare i nomi “Via delle Camicie Aperte”, “Largo Eroi dell’Automobilismo” e “Via Natalia Angelini – Intellettuale fasanese”. Ma la vera bomba riguarda il secolare tabù che il regime non ha paura di rimuovere: ebbene sì, anche piazza Ciaia cambierà nome, e si chiamerà “Piazza Benito Mussolini – Statista intelligente ma sfortunato”.
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19/11/2011
A mezzanotte, con gli occhi che mi si chiudevano dal sonno mi venne all'improvviso questo dialogo, ma nella realtà non piangevo affatto.
DIALOGO INESISTENTE – II puntata: terrore onirico
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- Come va? - Mi prendi in giro? Come vuoi che vada? - Scusami, in effetti era una domanda stupida. - Tu piuttosto, come stai? Com'è lì? - È difficile spiegarlo usando concetti terreni. Tu dici giustamente “lì”, ma qui non è un “qui”, e non è neanche un “dove”, e nemmeno un “quando”. È solo un “cosa”. - E allora, appunto, cos'è? - Una cosa senza fine, senza limiti di spazio né di tempo né di senso né di pensiero. - Bella, allora! - Meravigliosa! - Continua... - Tutti i sentimenti più belli che hai vissuto prima si continuano a vivere, ma stavolta senza che la vita di tutti i giorni arrivi a interromperli, e senza che nemmeno si esauriscano, o che vengano sostituiti l'uno dall'altro: semplicemente si sovrappongono, ti riempiono l'anima tutti insieme, e non hanno inizio né fine. - Io questa cosa la chiamerei Dio. - Io invece pensavo che non sarei mai finita qui, anche perché in Dio non ho più creduto da un certo punto in poi, né pensavo di aver fatto tanto bene in vita mia da stare qui. - Te lo dicevo sempre, ricordi? - Sì, è vero, soprattutto una volta, prima di partire: “Mi raccomando, hai sparso troppo bene intorno a te, non ti fare del male, non ci lasciare senza di te!”. Lì per lì pensai “Che scemo”, adesso vi vedo tutti ridotti uno straccio per me e capisco - Io sto cercando di affrontarlo così, pensando al bene che ho ricevuto e alla grazia di averti avuta, non alla devastazione di averti
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perso, ma è una filastrocca da ripetersi meccanicamente per non pensarci, perché l'unica voglia che ho è di piangere senza riposo, senza tregua. - E piangi? - Sì, spessissimo, ma non quanto vorrei. - Ti assicuro, se potessi sapere, se potessi capire come si sta in questa “cosa” extraumana che ci viene regalata, non solo non piangeresti ma saresti contento di sapermi qui. - E allora fammi compagnia anche ogni notte se vorrai. - Da quant'è che non dormi? - Sei giorni, da quando è successo quello che è successo. -Se vorrai ci sarò più di prima, perché adesso posso esserci anche senza esserci, posso essere con te, con chiunque contemporaneamente in qualunque momento. - Sì ma prima era diverso... se ti avessi voluto vedere avrei saputo come trovarti. Ora possiamo solo parlare. - Volgi a tuo vantaggio questa che dal tuo punto di vista è una tragedia, ora puoi essere con me quando vuoi, senza dovermi scrivere o telefonare, basta chiamarmi, io ci sono ovunque e comunque: sono i privilegi di essere parte di questa “cosa”. - Ma tu non mi hai mai amato... come fai a dire “ci sarò sempre e comunque”? - Vedi, immersi in questa “cosa” se ne capiscono tante altre... si capisce che valore hanno i sentimenti anche se non sono corrisposti, che rispetto bisogna avere per il più importante di essi anche se non è stato condiviso. - Vale a dire? - Vale a dire che un uomo che ti ha sempre rispettata, che si è allontanato quando era il momento di farlo, ma che ti ha dedicato parole meravigliose prima di allontanarsi non va privato della tua presenza, a maggior ragione dalla “cosa” dove ci troviamo, dove non ci sono corpi a corrompere la purezza del pensiero e il pulsare dell'anima. - Ma io sto male, malissimo! Ti voglio vedere, toccare, sfiorare, baciare le gote come quando ci salutavamo! - E sarebbe finita lì, come tutte le volte. Ora invece puoi avermi sempre con te, a parlare delle cose più belle, a essere confortato per quelle brutte, a gioire per i successi e a consolarti per le sconfitte. Ma ricordati che la vita è bella, e io me ne sono convinta solo
immersa nella “cosa” in cui sono ora. - Non ne sarei così convinto, soprattutto adesso, ma se me lo dici tu mi abituerò a crederci, voglio crederci. E ti parlerò senza sosta, finché ti avrò con me. - Io sarò sempre con te, fino alla fine del tuo tempo. - Certamente! E ti dirò anche che ti amo, come non mi è riuscito “prima”. - Adesso lo posso accettare, perché solo ora ho la capacità di fargli assumere il giusto significato, sentimento fra i sentimenti, “dentro”, “oltre”, “durante”, “sempre”. - E allora continua a parlarmi, ti ascolterò.
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20/11/2013
L'ultimo consiglio comunale dell'anno era stato convocato per definire i particolari dei regali di Natale che la giunta lellista aveva preparato per i fasanesi.
SBIANCO NATAL
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Fissato per giovedi prossimo, 28 novembre, il consiglio comunale. All'ordine del giorno importanti decisioni in materia fiscale: in buona sostanza si tratta di ratificare le modalità di applicazione delle due tremende stangatone di Natale, una ai proprietari di seconde case, l'altra a tutti i fasanesi, cioè l'IMU e la TARES. Già al lavoro l'Ufficio comunale bugie e propaganda per zuccherare l'amara pillola: tassativamente vietato l'uso della parola "aumento", in luogo della quale verranno adoperati più opportuni eufemismi come "adeguamento", "rimodulazione", "assestamento". L'assessore al niente Nicola Mola aveva anche suggerito "aggiustazionalità" ma pare che questo termine sia stato scartato. In particolare il netto inasprimento dell'IMU sulle villette, spiegano fonti di palazzo di Città, si inserisce nella politica abitativa della giunta lellista, che si pone come obiettivo strategico quello di cacciare i fasanesi dalle loro case al mare e in collina affinché possano essere tenute libere per le vacanze di stranieri e settentrionali. Quanto alla TARES, che com'è noto da tempo lo stesso consiglio comunale ha deciso di raddoppiare alle famiglie e diminuire di un quarto agli alberghi, l'assessore al rummato Giuseppe Angelini proporrà l'utilizzo di parte delle maggiori somme incassate dal Comune per la nomina di un superconsulente di elevatissima esperienza, un professionista proveniente addirittura dall'estero, dalla città tedesca di Hameln, in Bassa Sassonia (che qualcuno chiama erroneamente Hamelin). Il più fitto mistero copre le competenze del tecnico: secondo il sempre puntualissimo StopFasano sembrerebbe che possa forse arrivare da noi armato di un piffero, ma che stavolta la giunta lo avrebbe pagato in anticipo per evitare non si sa bene quali pericoli in ordine ai bambini. Gli implacabili segugi del quotidiano on-line stanno già setacciando le fonti giu-
diziarie tedesche alla ricerca di eventuali problemi di pedofilia dell'esperto teutonico, mentre da qualche tempo si registrano fughe di roditori da città e frazioni. Ma per non apparire troppo oppressivi nei confronti della popolazione, il prossimo consiglio comunale comincerà ad occuparsi anche delle iniziative in programma per il Natale: fra le proposte avanzate quella di organizzare un concertino di canti natalizi in piazza Ciaia. Sarà l'intiera giunta comunale a formare il coro ma, rivela sempre l'implacabile StopFasano, sembra che alcune prove forse si sarebbero già svolte in gran segreto in un'aula consiliare blindatissima per l'occasione: pezzo forte dell'esibizione dovrebbe essere una versione fasanese di un classicissimo delle Feste, per l'occasione ribattezzato "Sbianco Natal".
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22/11/2013
Da 48 ore stavo peggio di una belva, nervosissimo e più intrattabile del solito: era necessaria una prova per vedere se i nervi potevano passare anche scrivendo.
UNA STORIA FINITA
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- Ma da quando? - Da anni... - Sì ma quanti? - Più di sette, del resto si sa che il settimo anno è quello critico, no? - Ma c'è stato un momento preciso, un istante in cui hai capito, qualcosa che è stata l'ultima goccia...? Quando? Quando per Giove, quando?!? (con disperazione). - Non saprei... non ci ho mai pensato... dovrei sforzarmi... - Fallo! Fallo ti prego, dimmi, fammi capire quando non si poteva più tornare indietro? - Ma così, su due piedi... - Veramente sei col culo sul divano come sempre! (cambiando tono). - Bè, allora mi sforzo: alle 23,13 del 4 luglio 2006. - È stato allora che hai capito che era tutto finito? - Sì! -E perché? PERCHÈ??? (tornando disperata). - Perché alle 23,13 del 4 luglio 2006, fottendotene completamente dei sette uomini presenti, ti sei messa davanti al televisore nel momento esatto in cui Pirlo passava la palla a Grosso, chiedendo col solito tono da oca e la guantiera in mano: "È avanzato, chi ne vuole un altro poco???". - ODDDDDIO MIIIIIIO... Ma come hai fatto a nascondermi tutto per più di sette anni??? E ancora non capisco... perché? PERCHE'? - Per dignità, per coerenza, e perché non riesco a rinunciare... - A me???? - No, alla focaccia con la cipolla di quella grandissima ciuccia di tua madre! - Non ti permettere!
- Mè, lo sanno tutti che tua madre è sempre stata una grandissima ciuccia in cucina! - Modera i termini! Stai parlando di mamma! - Scusa, non lo sai eh? Le donne si dividono in tre categorie: ciuccia, grande ciuccia, grandissima ciuccia a seconda di come sanno cucinare; poi ci sono quelle che sanno fare bene una cosa sola, e per loro c'è una categoria a parte: ciuccia vecchia, una specie di premio della critica. - Ah, quindi pure io sono classificata così! - No, tu sei come una fettina sottilissima di parmigiano. - Cioè? - Una scaglia! - Ah così è? Allora se sei un uomo FUORI DA CASA MIA! - Ehm... sì vabbè, aspetta solo un secondo che finisce "Squadra antimafia". - Eccolo lui! Sai solo stare addivacato sopra al divano a guardare la tv... eppure una volta la tenevamo sempre spenta!!! - Eh sì, mò figurati se non ricominciava... - Ti faccio notare che nell'ultimo anno hai ottemperato si e no duetre volte: al tuo compleanno, al mio, e a Ferragosto quando ti sei ubriacato alla cena a casa di tua sorella! - Bugiarda! Ti sei scordata quando Vito Bianchi non è andato al ballottaggio! - I sè, che mò bastano quattro volte l'anno! - Che tu? Ma come fa uno a farsi venire voglia se, a parte i mal di testa strategici, basta che ti bevi mezza coca cola e fai i rutti? - Sè... ha parlato Raoul Bova ha parlato! Alle partite la sera basta che hai già cenato e se Balotelli si avvicina all'area di rigore con la palla spari pipiti! - Tu non mi emozioni più... l'ultima polpetta al sugo era tutta spazzanata! - Vattinn da mamt allaur! - Ma ce chere na canosce chiù mang aqquann se trmende ndu specchie! L'altro giorno come mi ha visto ha fatto: "Madonne! Aggie morte! U precamurte m'i venoute a pigghiè!". - Allora è tutto finito? - Vedi tu... - E basta allora, leviamoci il dente subito. Domani vado all'albero degli avvocati!
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23/11/2013
Certe volte non se ne può veramente più. Non ne parliamo quando non si rispettano gli impegni presi. Purtroppo non sono un robot, e soprattutto non guardo in faccia a nessuno.
L'ULTIMO CLICK
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Voglio la lite. Voglio la lite definitiva. Voglio la lite dopo la quale non vederti né sentirti mai più, quella dopo la quale se ci si incontra da qualche parte ci si gira dalla parte opposta. Quella dopo la quale si cerca di infilarti nelle conversazioni, per poter parlare male di te con chiunque, e vaffanculo se poi tutti capiscono che eri tu, tanto nel ridicolo mi ci hai già trascinato, con tutte le scarpe, con i miei capelli bianchi, con il mio curriculum, con i miei libri, con le mie apparizioni in tv, con la mia casa in centro, le mie camicie con le cifre, i miei soldi, il mio stemma sul portone. Adesso dovrei scrivere “avrei rinunciato volentieri a tutto questo per te”, ma ho fatto della lotta alle frasi fatte e ai luoghi comuni una ragione di vita, e non so cosa scrivere, perché è vero, caspita! E se non fosse vero non lo avrebbero scritto prima di me. Ma quando arrivo su quel numero, su quel profilo, su quel contatto, l'ultimo click non riesco a farlo. È più forte di me. No, non voglio che lo faccia tu, quello sarebbe veramente intollerabile, anzi sarebbe il colmo dopo che ti ho rispettata come mai mi era riuscito per nessuno. Che un uomo possa non piacere fa parte della vita; è la vita! Del resto si dice “al cuor non si comanda”, vero? (E per una volta, al diavolo la lotta alle frasi fatte). Bé sappi che è vero sia in un senso che nell'altro. Io l'ho accettato dal primo istante il tuo “no”, e mi è anche tanto piaciuto il modo delicato con cui me l'hai detto, ma non puoi comandarmi di non provare quello che provo. E non te ne puoi uscire come un'oca giuliva, dopo un mese che non azzardo nemmeno un sms, a chiedermi cosa sia per me la felicità; è un'ipocrisia che non ti puoi permettere. Ma ti devo dire anche grazie: grazie di avermi fatto ringiovanire di dieci anni, di avermi fatto sentire come gli altri, di avermi fatto capire definitivamente che come gli altri non sarò mai. Di avermi dato
il massimo dell'affetto che potevi. Ma adesso basta. Non è giusto, non me lo merito che tu mi prenda anche in giro dopo dodici chili in meno e troppe medicine in più... No, non è vero. Non voglio la lite. Voglio solo una litigata. Voglio che ci prendiamo a parolacce per una volta sola, in fondo è la vita anche questo no? E poi ricominciare a stare male, come un veggente in estasi, con il dardo conficcato nel corpo che fa un male lancinante ma non vuoi strappare dalle carni perché ti fa vedere Dio. Perché perderti sarebbe un po' morire, visto che da quando sei comparsa, sei quel che mi tiene attaccato alla vita. A presto.
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24/11/2013
Come "ai tempi miei", anche oggi a Fasano c'è più o meno la "comitiva unica": i ventenni si conoscono tutti e lo si nota soprattutto sui social network. Non è una cosa solo positiva, ma mi piacciono tantissimo quelle facce pulite e quella voglia di inseguire le loro aspirazioni.
I VENTENNI Verrà il momento in cui il libro peserà più di una chianca. Ci saranno giorni in cui vorreste sfondare a pugni le pareti della stanza pur di uscire. Giorni in cui vi accorgerete che quando avete mille pagine da fare fuori c'è sempre il sole, e quando invece c'è un complementare da nulla, piove. Ci saranno giornate in cui non avrete né il tempo né la forza di chiamare casa, oppure quando dareste qualsiasi cosa per finire la giornata davanti a una birra ma non avete nemmeno la forza di alzarvi dal divano. Capiterà anche di leggere e rileggere un milione di volte tre righe senza riuscire ad andare avanti, perché la testa sarà così pesante da rifiutarsi di capire anche una frase di tre parole. Seminari pomeridiani obbligatori in cui vorrete tagliarvi le vene pur di venirne fuori, oppure sparare al docente, o far saltare l'aula. Accadrà che vi sorprenderete a non ricordare in un attimo lo sguardo del vostro ragazzo, della vostra ragazza, da quanto non vi vedete. In quei momenti vorrei essere con voi. A ricordarvi ogni volta che i sacrifici di oggi sono il successo di domani. A ripetervi a bassa voce che senza rinunce non si diventa qualcuno. Che i sogni non si inseguono continuando a sognare. A darvi forza, motivazione, volontà. Anche a portarvi una bevanda calda, o fredda d'estate, a prepararvi la cena, a telefonare per voi per non farvi distrarre. Anche solo a darvi una pacca sulla spalla troppo curva, o una carezza su capelli che da troppi giorni vorrebbero vedere un parrucchiere. Perché siete rimasti l'ultima speranza che abbiamo, l'ultima cosa in cui credere, e sono certo che il segreto, la molla della rinascita, sarà non ripetere l'errore dei nostri genitori, i vostri nonni: addor-
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mentare una generazione accontentandola in tutto, facendole credere che successo e benessere fossero diritti e non conquiste, al fine di continuare a ghermire il potere e il controllo della società fino a novant'anni. Noi dobbiamo fare l'esatto contrario: valorizzarvi, stimolarvi, esortarvi al sacrificio e al lavoro duro fino al limite delle possibilità, e toglierci di mezzo appena avrete gli strumenti necessari per porvi alla guida della società e riportare il Paese lì dove merita. La tecnologia e la maggior facilità di trasporto internazionale vedo con piacere sono già diventati i vostri strumenti di libertà, di sprovincializzazione: proseguite su questa strada! Sarà poi la vita a decidere per voi, facendovi tornare al Sud a mettere a disposizione della vostra terra le cose che avrete imparato sia all'università sia nella società al di fuori di essa, oppure mettere radici lì dove affetti e lavoro vi porteranno. Io ci sarò, non per giocare al papà solleticando i miei egoistici desideri ma per dare ai miei coetanei l'esempio del coraggio necessario a darvi fiducia. Perché la fiducia ai giovani meritevoli deve esser accordata senza tentennamenti, tanto si fa sempre in tempo a ritirarla a chi non se la merita. Ma, appunto, va data. Quindi noi ultraquarantenni dobbiamo prepararci a sloggiare, e far irrompere sulla scena voi, i ventenni, col vostro entusiasmo e la vostra energia, ma dopo quella indispensabile educazione al sacrificio senza la quale l'Italia non si salverebbe nemmeno con voi. Ma sono certo che la vostra, come ogni generazione, è migliore di quelle che l'hanno preceduta. E allora avanti, forza, studiate, studiate e ancora studiate, fateci vedere quello che sapete fare. E una volta finiti gli studi, e conseguiti i titoli più prestigiosi, esigete il vostro spazio. E se non ve lo danno, prendetevelo da soli, subito: ve lo sarete meritato.
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28/11/2013
Silvio Berlusconi dichiarato decaduto dal Senato: ma i problemi del Paese sono ben altri... e a risolverli, ormai non ci sono più dubbi, dovranno essere loro, i ventenni.
LA RIVOLUZIONE E adesso che facciamo? Perdiamo altri vent'anni a parlare del cadavere di Berlusconi? Ci facciamo passare da sopra un'altra globalizzazione, un'altra Schengen, un'altra moneta unica, un'altro 11 settembre, un'altra "peggiore crisi della storia"? Guardiamo entrare altri ventotto paesi nell'Unione Europea? Contempliamo la Cina comprare quote di debito a botte di milardi di dollari? Continuiamo ad ammirare ingegneri ventitreenni pakistani e vietnamiti brevettare software rivoluzionari? Oppure decidiamo, sia pur con un ritardo mostruoso, di entrare finalmente nel XXI secolo e darci un pochino da fare pure noi? Cari ragazzi, è arrivato il momento di fare la rivoluzione. La rivoluzione non è "rottamare", non è sfasciare tutto: la rivoluzione è ricostruire tutto. Dice: "In Italia non si sono mai fatte rivoluzioni". Sbagliato: se n'è fatta una sola, dal 1945 al 1968. È stata lunghissima, è durata più di vent'anni, ma ha preso il paese e lo ha rivoltato come un calzino. Lo ha trasformato da paese povero in ricco. Ha aumentato l'occupazione, l'alfabetizzazione, la scolarizzazione e il numero dei laureati come non mai. Ha emancipato le donne come non era mai successo. Ha aperto la strada alle riforme sociali degli anni Settanta, le più avanzate della storia d'Italia. E si è fatta "facendo", non "disfacendo". Oggi come nel '45 attorno ci sono solo macerie. Quelle erano le macerie vere, fumanti, con i cadaveri sotto; queste sono macerie morali ma solo a prima vista, perché oltre alla scomparsa di ogni minimo barlume di senso civico, di legalità, di cultura, di buone maniere, di rispetto per le istituzioni ci sono anche le macerie materiali del ceto medio che scivola sempre di più verso la povertà e dei poveri che diventano sempre più poveri. Ragazzi non deve essere questo il vostro futuro. Viaggiate, conoscete, imparate; e poi,
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se vi sarà possibile, tornate. Tornate ad esigere che nei centri storici non girino più macchine, ma mezzi pubblici e bici. Tornate a pretendere che lo smaltimento dei rifiuti organici avvenga nei condomìni trasformandoli in riscaldamento, e non ingrassando la politica, i mafiosi e le loro ditte complici. Tornate a fulminare con lo sguardo chi fuma all'aperto sul tavolino vicino al vostro, chi assume raccomandati senza concorso, o chi i concorsi li trucca. Esigete sindacati che difendano veramente i lavoratori, primi fra tutti voi che un lavoro lo cercate, piuttosto che esistere per perpetuare se stessi e la propria burocrazia. Imparate e insegnate che non bisogna confondere le istituzioni con chi le occupa e se si dimostra inadeguato o ladro o truffatore va cacciato e basta, perché un paese senza istituzioni è un paese senza democrazia. E fate tutto questo anche contro di noi, se sarà necessario. Se vi sembreremo idoli, abbatteteci; se ci vedrete come ostacoli, saltateci. La rivoluzione si fa tutti i giorni, un passo alla volta. Cominciate a camminare.
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3/12/2013
Per fortuna, la voglia di infliggere sofferenza quando potrei stare meglio “si limita all'invettiva”. C'era però bisogno di vederla messa sulla carta per esorcizzarla.
IL RANCORE Plic... plic... plic..., uno... due... tre... maledetto il momento, plic... plic... plic..., quattro... cinque... sei... speriamo che un giorno le prenda anche tu, plic... plic... plic..., sette... otto... nove... speriamo che tuo padre trovi tua madre a letto col suo migliore amico, perché da qualcuno devi aver pur preso. Plic... plic... plic..., dieci... undici... dodici... speriamo che lui fallisca o venga sbattuto dentro per corruzione, evasione fiscale, pedofilia, mafia, le cose più schifose, così ti accorgerai all'improvviso di amarne un altro più ricco e più potente. Plic... plic... plic..., tredici... quattordici... quindici... speriamo che invecchi in fretta, e che ti riduca a pietose comparse in minigonna con le ginocchia delle lavandaie, truccata come una pornostar sieropositiva. Plic... plic... plic..., sedici... diciassette... diciotto... speriamo che un giorno tu l'abbia un figlio, ma femmina ed esattamente come te, così da farti passare le pene dell'inferno e non farti uscire più di casa per la vergogna. Plic... plic..., diciannove e venti. Devo stare attento a non sbagliarmi... ed ora le pillole. Il rancore è doveroso verso chi ostenta la sua felicità a chi felice non è.
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5/12/2013
Le primarie per l'elezione del Partito Democratico si avvicinavano e la probabilissima vittoria di Renzi, diretto prodotto di vent'anni di berlusconismo che mi sta sulle scatole dal primo momento che l'ho visto e sentito, ha scatenato tutta la mia perfidia.
MIRACOLO TOSCANO Incredibile scoop: grazie a delazioni, doppi giochi, tradimenti e spie prezzolate, siamo riusciti a procurarci una copia del segretissimo discorso con il quale Matteo Renzi chiuderà sabato 7 dicembre la campagna elettorale per le primarie del Partito Democratico, in programma domenica 8: "L'Italia è il paese che amo. Qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti. Qui ho imparato, dalla Democrazia Cristiana e dalla vita, il mio mestiere di politico professionista. Qui ho appreso la mia passione per il potere. Ho scelto di scendere in campo e di occuparmi del Partito Democratico perché non voglio vivere in un Paese sfigato, governato da vecchi rimbambiti e da uomini legati a doppio filo a un passato politicamente ed economicamente fallimentare. Per poter compiere questa nuova scelta di vita, non ho rassegnato manco per niente le mie dimissioni da primo cittadino di Firenze. Non rinuncio dunque al mio ruolo di sindaco più figo del mondo, per mettere la mia esperienza e tutto il mio impegno a disposizione di un uomo in cui credo con assoluta convinzione e con la più grande fermezza: io. So quel che non voglio e, insieme con i molti italiani che mi hanno dato la loro fiducia in tutti quest'ultimo quarto d'ora, so anche quel che voglio. E ho anche la ragionevole speranza di riuscire a realizzarlo in sincera e leale alleanza con tutte le forze fighe e simpaticone che sentono il dovere civile di offrire al Paese una alternativa credibile al governo delle sinistre e dei comunisti. (...) Mai come in questo momento l'Italia, che giustamente non diffida di profeti e salvatori, ha bisogno di persone col giubbotto di pelle
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e di esperienza televisiva consolidata, creative ed innovative, capaci di fare bella figura ad "Amici", e se avanza tempo, di far funzionare lo Stato. (...) Gli orfani i e i nostalgici del comunismo, infatti, non sono soltanto impreparati al governo del Paese. Portano con sé anche un retaggio ideologico che stride e fa a pugni con le esigenze di una amministrazione pubblica che voglia essere ganza in politica e strafiga in televisione. Le nostre sinistre pretendono di essere cambiate. Dicono di essere diventate partitodemocratiche. Ma non è vero. I loro uomini sono sempre gli stessi, la loro mentalità, la loro cultura, i loro più profondi convincimenti, i loro comportamenti sono rimasti gli stessi. Non credono nel mercato, non credono nell'iniziativa privata, non credono nel profitto, non credono nel capello tinto. (...) Ciò che voglio offrire agli italiani è una forza politica fatta di uomini totalmente nuovi. Ciò che voglio offrire alla Nazione è un programma di governo fatto solo di vaghe promesse e comprensibili frasi retoriche. (...) Da boy scout, da primo cittadino e ora da figo della madonna che scende in campo, senza nessuna timidezza ma con la determinazione e la serenità che la vita mi ha insegnato, vi dico che è possibile continuare con una politica di chiacchiere incomprensibili, di stupide baruffe e di politicanti senza mestiere. Vi dico che è possibile realizzare insieme un grande sogno: quello di un'Italia più giusta, più generosa verso chi ha bisogno, più prospera e serena, più moderna ed efficiente protagonista in Europa e nel mondo, solo che non ho la più pallida idea di come fare. Vi dico che possiamo, vi dico che dobbiamo costruire insieme per noi e per i nostri figli, ma soprattutto per me, un nuovo miracolo toscano".
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13/12/2013
Dopo più di una settimana, finalmente mi venne una storia. Non faceva granché ridere ma almeno mi confortava perché forse l'avventura, diciamo così "letteraria", non era finita
LA CINESINA Per chiunque viva in una grande città c'è un'inevitabile presenza con la quale prima o dopo, qui o là, a destra o a sinistra, in fondo alla strada o sotto casa, si devono fare i conti: il bar dei cinesi. Dopo i ristoranti, i negozi di abbigliamento e chincaglieria di poco conto, spesso paravento per altre attività come laboratori clandestini con operai in stato di schiavitù, traffico di minori, di organi ecc. ecc. (ci sarà un motivo se nascono luoghi comuni come "Avete mai visto il funerale di un cinese?"!) ora i figli del Drago si sono buttati sul più italiano dei business: l'espresso, il cornetto e l'aperitivo. Non fa eccezione la strada di casa mia, dove in un grande locale nel quale prima c'era un mobilificio dopo un po' comparve un bar, che dopo pochi mesi cambiò gestione e agli italiani subentrò una famiglia di cinesi. Per la verità un italiano è rimasto ancora: il banconista, in pratica il sottoposto nazionale della proprietà cinese, ma così va il mondo globalizzato d'oggi! Infatti non è difficile notare che i cinesi non ci provano nemmeno a mettere le mani sulla macchina del caffè, il che mi fa sempre ricordare che né io mi sono mai azzardato a tentare di cucinare cinese, né alcuna delle mie amiche o parenti ha mai ottenuto risultati men che disgustosi lanciandosi in un involtino primavera o in un pollo al bambù. E in fondo è giusto così: a ognuno il suo mestiere, la sua cultura e le sue tradizioni. Questo bar è aperto a tutte le ore di tutti i giorni, ha i tavolini sia dentro che fuori, sono sempre tutti gentili e sorridenti e cerimoniosi e cordiali, insomma... cinesi. Il contrasto con gli italiani del XXI secolo, abbrutiti, rancorosi e incazzati, è evidente. Il clima è sempre accogliente: l'anno scorso, quando mi fratturai il polso e non mi feci vedere per più di due mesi, al mio ritorno la cassiera molto giovane e carina mi chiese che fine avessi fatto e questo mi mise di ottimo umore. Da qualche tempo ultimamente avevo no-
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tato che lei non c'era mai, e ho supposto che fosse in dolce attesa. E infatti qualche giorno fa è ricomparsa al bar, ma senza mettersi al lavoro, con un bel pancione. "Uh, che bello! Arriva un bel cinesino o una bella cinesina?" ho esordito. Col solito sorriso a mandorla la ragazza ha risposto soave e autata: "Alliva piccolo italiano con famiglia di Cina!". Detesto uscire dai bar togliendomi la cacca dagli occhiali con le mani.
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19/12/2013
Più che una storia, questo è l'articolo che avrei sempre voluto scrivere da qualche parte, ma finora non ne avevo avuto occasione. Lunedi 5 luglio 1982 è stato infatti uno dei giorni più importanti della mia vita e della mia formazione, e non potevo non parlarne.
ROSSI, ROSSI, ROSSI!!!
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Certe volte, davvero, "la carta si attacca": ma come poteva essere mai possibile che quel dannato otorino mi fissasse l'appuntamento esattamente lunedì alle 17??? Aveva anche spaccato il minuto!!! Ma ditemi voi: si può convocare ad una visita ambulatoriale un povero cristo nel giorno preciso e all'ora precisa della partita decisiva dell'Italia ai Mondiali di calcio??? E per giunta contro la squadra favorita? E per giunta con qualche remota possibilità di farla franca con catenaccio e contropiede? A chi poteva succedere tutto questo a undici anni? A me, ovviamente, che a quell'età mangiavo pane e pallone! Era capitato che durante un bagno al Fortino, quando era consentito ai fasanesi farsi il bagno al Fortino, mio fratello tuffandosi dalle spalle di mio padre mi avesse accidentalmente colpito al naso. Quel genio di mio padre invece di favorire l'uscita del sangue mi aveva messo steso sugli scogli casomai fossi svenuto, col risultato di provocarmi un bell'ematoma. L'ematoma aveva poi fatto infezione e mi era venuta la febbre alta, ma nessuno riusciva a capire perché l'avessi e si fecero le ipotesi più strambe, polmonite compresa (a giugno). Si rendeva quindi necessario farmi visitare da un luminare. E si scelse un docente universitario che saltuariamente veniva a Fasano a fare ambulatorio in Ospedale, quando a Fasano avevamo i docenti universitari in Ospedale, e soprattutto avevamo l'Ospedale. Ma questo tizio non trovò di meglio che convocarmi per le 17 del 5 luglio 1982, al giorno e all'ora di Italia-Brasile, partita da dentro o fuori del Mondiale di Spagna, in programma allo Stadio Sarrià di Barcellona (ci giocava l'Español, l'hanno demolito da anni). L'Italia non aveva cominciato bene quel Mondiale: tre scialbi pareggi nella prima fase, contestazioni alla squadra e al commissario
tecnico Enzo Bearzot, e grandi critiche al centravanti Paolo Rossi, da poco rientrato dopo due anni di squalifica e che aveva giocato solo tre partite di campionato prima di partire per la Spagna. Ma Bearzot non sentiva ragioni: la squadra era quella e non si discuteva. Il Brasile invece aveva dato spettacolo: quattro vittorie consecutive, gioco spumeggiante e tanti gol che ne facevano l'indiscussa candidata al titolo. L'Italia aveva vinto la prima partita della seconda fase contro i campioni uscenti dell'Argentina, ma senza brillare più di tanto e soprattutto segnando un gol in meno dei brasiliani, il che faceva sì che in caso di pareggio passassero loro. Dovevamo vincere per forza contro i più forti di tutti, e quel manigoldo mi convoca all'ora esatta della partita??? Ma solo io li trovavo... Alle cinque meno un quarto ero lì con i miei genitori, mentre mio fratello aveva chiesto e ottenuto di rimanere a casa a vedere la partita guardato a vista da mia nonna. Per fortuna il dottore arrivò almeno puntuale e noi eravamo i primi. Entriamo in ambulatorio e comincia la visita; alle 17,05, mentre ero con i ferri e la luce tascabile nelle narici, un brivido di terrore sulle schiene di tutti: le mura dell'ospedale letteralmente tremarono e un sordo rumore avvolse la stanza, come di un urlo di folla. Mia madre, sempre la solita, se ne uscì: "Il terremoto...?", mentre il Professore, che aveva a occhio e croce una settantina d'anni, alzò si e no lo sguardo verso l'infermiera non togliendomi l'attrezzatura dal naso e chiese quasi indifferente: "Ma che succede?". A rompere la tensione fu l'infermiera che, bonaria, rispose: "La partita, professore...". Come la partita??? Volete dire che... Ma non avremo segnato noi???? Cominciarono così i cinque minuti più lunghi della mia vita, al termine dei quali mio padre quasi sfondò la porta dell'ambulatorio, mia madre strappò la prescrizione dalle mani del Professore, salutammo alla meglio e fuggimmo di corsa. Appena saltati sulla 127 blu accendemmo la radiolina a transistor che ci eravamo portati dietro: siiiiiiiii cazzoooo! Stiamo vincendo uno a zero e ha anche segnato quel cadavere di Paolo Rossi!!! Incredibileeee!!! Dai forzaaa, a casa di corsaaa! Avremo fatto la Cazzodda e la Cesaretta su due ruote, e proprio sotto la villa Enrico Ameri annunciò il pareggio di Socrates. Uno a uno... eeeeh, era troppo bello. Pazienza, ma la partita è lunga, quindi sbrighiamoci, almeno ce la vediamo. Arrivammo a casa alla
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Selva verso il ventesimo del primo tempo, e facemmo in tempo ad assistere alla resurrezione di Rossi, che stese i brasiliani con una tripletta, e alla più bella partita della storia della Nazionale, insieme al 4-3 alla Germania del 1970. Italia-Brasile 3-2, e italia qualificata per la semifinale. La Gazzetta dello Sport del giorno dopo titolò a nove colonne: FANTASTICO! Ce l'ho appesa in salotto incorniciata, affianco a quella del 12 luglio con titolo grosso mezza pagina: CAMPIONI DEL MONDO!!!
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22/12/2013
Il Natale stimola sempre i ricordi. Il Circolo della Stampa di Fasano aveva ripreso l'attività da qualche settimana e non potevo fare a meno di tornare con la mente al suo fondatore e a quello che aveva tentato di fare per me quand'ero giovanissimo.
IL DECANO E IL PRINCIPIANTE Secondo Adamo Nardelli, classe 1921, se ne andò nel gennaio del ’98, quando io ormai da un paio d’anni ero fuori dal giro fasanese, e in occasione della sua morte non potei intervenire al funerale perché non ero a Fasano, prima che mi venisse l’allergia ai funerali. Quanto state per leggere è un po’ una riparazione per quell’assenza di cui sono da sempre rammaricato, un po’ un’occasione per parlare di un giornalista di razza, maestro già per la generazione precedente alla mia, e comunque punto di riferimento anche per noi, che in quel periodo eravamo i più piccoli della compagnia. Alla fine degli anni ’80 Adamo cominciò a pensare alla costituzione a Fasano di un Circolo della Stampa: la presenza già da qualche anno di Osservatorio nelle edicole aveva rianimato l’asfittico mondo del giornalismo fasanese; nuovi giovani si erano avvicinati alla professione grazie al giornale cittadino, e cominciavano a scalpitare dietro le prime linee. Sull’onda di questo entusiasmo, anche Radio Diaconia aveva ripristinato il notiziario e creato una redazione: l’ambiente si era, per farla breve, rimesso in movimento ed Adamo avvertiva la necessità, oltre che di poter continuare a frequentare il suo ambiente preferito, di dare una voce ed un peso ad una categoria in pieno fermento. Il Circolo fu fondato nell’estate del 1990, ed Adamo ne fu naturalmente eletto primo presidente; oggi, è intitolato a lui. Adamo ha sempre avuto un occhio di riguardo per me: forse intravedeva qualche dote giornalistica, forse gli stavo solo simpatico perché gli ricordavo mio nonno, non lo so, sta di fatto che quanto segue è il racconto di quello che fece per farmi diventare informatore Rai da Fasano. Era l’aprile del 1992, ed il sindaco Sante Nardelli, nipote di Adamo ma democristiano mentre lui era socialdemocratico, aveva deciso
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di sfrattare i giornalisti dalla postazione che da sempre occupavano in quella che allora era la sala consiliare del Comune, oggi salone di rappresentanza al piano nobile del palazzo comunale. Postazione felicissima: accanto all’emiciclo, vicino ai banchi riservati alla Giunta, con i politici a portata di mano e l’accesso diretto alla sala del Gabinetto del Sindaco. Da quel punto d’azione privilegiato, non ci voleva niente a cogliere i retroscena di quello che succedeva in Aula o anche solo a fare un’intervista “a caldo”, dove crescevano le possibilità di strappare dichiarazioni più infuocate a qualche consigliere o assessore in difficoltà con l’italiano, che magari poco dopo, a mente fredda e bollori sbolliti, non si sarebbe “sbottonato” tanto. Ma Sante Nardelli era un furbastro, e aveva fiutato l’inghippo: non ricordo il “casus belli”, ma alla prima occasione decise di relegare i giornalisti nelle lontanissime tribune per il pubblico. Il Circolo della Stampa insorse subito, e Adamo colse l’occasione per passare la notizia alla Rai di Bari, proponendo un servizio con inviato per il TG regionale. Onestamente non ricordo come e dove accadde, ma parlando dell’affare-sindaco, un giorno mi disse più o meno: “Ah, giacché devo chiamare Bari per questa faccenda, domani mattina vieni da me, che così ti propongo come corrispondente da Fasano”. Corrispondente della Rai da Fasano!?! Non credevo alle mie orecchie! Bisogna tenere conto che avevo ventun anni appena compiuti, da meno di due scrivevo sul Corriere dello Sport, da nemmeno cinque scrivevo in assoluto e non mi ero ancora iscritto all’Ordine. Ce n’è abbastanza da capire come mi poteva suonare quel nome: Rai! Si trattava semplicemente di passare le notizie alla redazione di Bari come informatore, senza mai apparire in video e nemmeno essere citati, ma quel suono, “Rai”, era più armonioso di una musica. La mia è stata l'ultima generazione di bambini cresciuti quando esisteva solo il servizio pubblico, e per noi quella parola vuole ancora oggi dire cartoni animati, telefilm, risate, cioè le ore liete dell'infanzia senza pensieri, né parolacce, né volgarità né ignoranti e cafoni travestiti da personaggi televisivi. La Rai era veramente una mamma, almeno per il rispetto che aveva per il pubblico. Mi presentai da Adamo il giorno dopo, di mattina, nel suo studio privato in via Rosselli, di fronte alla pretura, l’odierno tribunale vittima della spending review. Telefonò a Bari in mia presenza e, col tono perentorio di chi è abituato a portare un nome che conta,
disse alla segretaria: “Parla Nardelli. Vorrei parlare col dottor Bellardi… come? Bè, sono un suo amico!”. Il dottor Bellardi era Giampiero Bellardi, all’epoca redattore capo del Tg3 Puglia, in seguito vicedirettore nazionale della Testata Giornalistica Regionale a Roma, poi curatore della Domenica Sportiva a Milano, infine vicedirettore di Raisport a Saxa Rubra. Dopo un po’ di tentativi, riuscì finalmente a farselo passare, discussero del servizio sull’affare-Comune poi Adamo disse che, secondo lui, finalmente aveva per le mani il corrispondente giusto per Fasano. E fu così che mi venne fissato un appuntamento nella sede Rai di Bari, in via Dalmazia, per il pomeriggio di quello stesso giorno. Non vi dico l’emozione: detesto la cravatta, e ancor oggi che al lavoro devo metterla per amore o per forza, per me è una tortura, ma quella volta non potei esimermi. Per darmi un tocco più giovanile, abbinai un paio di jeans nuovi al blazer blu (con la cravatta: orrore!), e così agghindato di tutto punto mi misi in macchina subito dopo pranzo. Oddio, macchina… È una parola un po’ grossa per definire la cariola con cui circolavo all’epoca, una gloriosa Visa dell’’83, di un verdone vomitevole, che spesso e volentieri prestavo agli amici perché nel mio entourage avevo ben presto sparso la voce che fosse molto comoda per certi usi piuttosto frequenti a vent’anni. Arrivai nel capoluogo, parcheggiai sorprendentemente vicino al palazzo della Rai, che era in prossimità del lungomare, ed entrai. All’ingresso, gabbiotto e portiere in divisa ed armato: “Sono tizio e caio, sono atteso dal dottor Bellardi”. Il cerbero interfonò, ricevette conferma e mi rilasciò il “pass”, indirizzandomi al sesto piano. Già quelle formalità, per me provinciale disabituato ai “palazzi”, mi esaltarono: “Qui si fa sul serio”, pensai. Arrivato a destinazione, il corridoio mi sembrò deliziosamente lindo e pulito, e mi sorprese la calma che vi regnava: forse, data l’ora, non si era ancora a pieno regime di lavoro, ma immaginavo la redazione della Rai decisamente più incasinata. Ed ecco Bellardi: mi incrociò per caso in corridoio, aveva una pila di videocassette in braccio e, dopo essermi presentato, mi fece accomodare nel suo ufficio, dove mi avrebbe raggiunto poco dopo. Quando Bellardi arrivò mi disse che non erano contenti del corrispondente, ometto di citarlo per rispetto, e che ne volevano un altro, ma c’era un inconveniente: l’attuale corrispondente non lo avevano mai pagato, e per mandarlo via si prevedevano tempi lunghi, perché si doveva fare in modo da sba-
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razzarsene senza che questi pretendesse i suoi arretrati, che ammontavano a qualche decina di milioni di lire. Comunque, un piede lì dentro lo avevo messo, e questo bastava. Mi congedò cordialmente e tornai a casa considerando che se in quattro anni e mezzo di giornalismo di paese ero arrivato nell’anticamera della Rai qualcosa doveva voler dire. Qualche pomeriggio dopo squillò il telefono di casa: risposi io e dall’altro capo una voce disse: “Sono Giancarlo Piraino, c’è Romano?”. Per poco non mi prese un colpo: Giancarlo Piraino era il cronista politico del TG3 Puglia, e telefonava a me per essere aggiornato sugli sviluppi della vicenda Circolo-sindaco. Era un segnale importantissimo: se Bellardi gli aveva dato il mio numero, voleva dire che l’impressione su di me era stata buona, e forse volevano mettermi alla prova. Piraino, che tra l’altro, poverino, è morto a sessant’anni nel 2007, mi annunciò che la mattina dopo sarebbe venuto a Fasano per fare un servizio sulla vicenda. Non stavo più nella pelle: mi organizzai per bene, sperando di fare la miglior figura possibile, ed il giorno dopo lo portai dal sindaco Nardelli (avevo fissato l’appuntamento col suo capo di gabinetto), ma subito dopo lo presi letteralmente per il collo e lo condussi quasi di peso nella redazione di Osservatorio. Come avevo previsto, infatti, il sindaco aveva dato la sua personalissima versione dell’incidente con i giornalisti, minimizzando ed inventandosi non ricordo quali scuse per giustificare l’accaduto, e Piraino ci aveva creduto come al Vangelo. Io però mi ero premunito, ed avevo avvertito Zino Mastro e Paola Guarini di tenersi pronti in redazione, perché ce lo avrei portato di corsa. Volevo a tutti i costi che il giornalista Rai parlasse con loro anche di altre gesta della giunta Nardelli di cui sapevano tutto; in primis la chiacchieratissima aggiudicazione, avvenuta aprendo una sola busta, dell’appalto della nettezza urbana ad una ditta di Campi Salentina, gradita alla Dc ed al Pds che erano i principali sostenitori di Nardelli, ed i cui titolari furono poi messi in galera per mafia (mi ricorda qualcosa...). E Zino e Paola non mi tradirono: smontarono pezzo per pezzo il castello di carte del sindaco e fornirono all’ignaro cronista barese l’altra faccia delle sue luccicanti medaglie. Ma la situazione mi sfuggì di mano: ebbi per primo la sensazione che l’impressione data a Piraino fosse di distanza dagli avvenimenti. Avevo l’attenuante di non essermi mai occupato di politica, cosa
giustificabile a ventun anni, ma forse a loro serviva altro. Piraino mi salutò in una maniera che mi sembrò fredda: non si fecero più sentire, e ancora oggi mi chiedo se sia stato per non essere riusciti a liberarsi del vecchio corrispondente, che è ancora al suo posto, o perché non superai l’esame, ma come dico sempre se non ci fossero i minghiarili non si distinguerebbero i dritti e poi da grande mi sono abbondantemente rifatto.
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24/12/2013
Ho sempre rimpianto di non avere il ricordo dei fatti di seguito narrati, parte del rimpianto più generale di aver perso mio nonno troppi anni prima di cominciare a scrivere e non aver potuto avere i consigli di lui, che era un poeta ma che da artista scriveva cose molto simili a quelle che oggi scrivo da giornalista.
IL NATALE DEL 1976
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La scena non me la ricordo, ma non dev'essere andata molto diversamente da come la immagino. Era il Natale del 1976 e tutta la famiglia era certamente riunita a pranzo a casa nostra, in via del Calvario, l'appartamento dove ho vissuto dai sei mesi ai sedici anni, perché lo passavamo sempre lì. C'erano i quattro nonni, la prozia zitella del piano di sotto e noi quattro, mentre mia zia, appena sposata, era dalla suocera. Mio nonno Pietro stava già male, sarebbe morto due anni e mezzo dopo, ma la situazione era ancora incerta e poteva godersi quel Natale in famiglia con qualche grattacapo ma ancora senza angoscia. Era di quelli che subito dopo pranzo, ovunque si trovassero, chiunque ci fosse e qualunque cosa stesse accadendo, dovevano “farsi la rocchia”, e infatti lo ricordo più lucidamente nei due Natali successivi che riuscimmo a passare ancora con lui, alzarsi e andare a riposare nella stanza dei miei. Ma quella volta non andò subito a coricarsi, o forse non ci andò proprio: di fronte alla camera da letto dei miei genitori c'era lo studiolo, con una bella scrivania di legno solido di una volta e una lampada da studio a braccio mobile, molto comoda per illuminare lo scrittoio. Si sarà seduto lì, con l'idea in testa comparsa nel vedere a tavola più giovani che vecchi, a ricordargli i suoi Natali di bambino col papà avvocato cinquantenne, la mamma casalinga ventun anni più giovane di lui con cui conviveva more uxorio in anticipo di un secolo sui tempi, e quattro tra fratelli e sorelle, tutti più piccoli: si può quindi dire che, se non fosse stato per il suo attempato padre don Federico, il Natale per mio nonno era una festa molto allegra. Chissà quanto ci mise a scriverla: ore? Minuti? Di certo quando ri-
comparve in salotto l'aveva nel taschino, riletta, corretta, finita. Il nonno non ha potuto vedere la sua creazione di quel Natale del 1976 diventare una pietra miliare della letteratura fasanese, non ha potuto sapere che le maestre elementari ancora oggi la fanno imparare a memoria ai bambini, ma a me rende orgoglioso sapere che l'ha scritta a casa mia, e io c'ero. A VESCIGLIE DU NATALE
Pa vesciglie, ji vecchie usanze u capetaume se mette a ppranze; a lla tavule du reccaume Staie sempe u capetaume, a speine, o si a ngidde; ma, a lla tavule du poveridde o de curu chieine de ué s'arrangiavene pu baccalé, pu braude de cicere arrappate, o pi ceime de rape a llessate; i cumenanzire du reccaume preparavene aleisce a u spraume. A demmane da vesciglie tutte i mamme de famiglie, se scaffavene nda cuceine a freisce pettule da matuteine; fascevene tanta susemidde, i cuppetedde de purcidde, i castagnelle, i ncarteddate jinde u maile ntrumegghiate; i pe fé belle i piatteine semenavene... l'aneseine rosse, verde, bianch'i gialle saupe i pettule dulc'i calle chiaine de maile o de cutte i te vedeie “u futt'a futte” di peccinne mbacce a vunnedde da mamme, pi tejanedde...! Se fasciaie u descioume
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a vesciglie, i cchiù de jioume sempe... sempe affamate s'à sunnaie a mangiate da vesciglie, ndu fucareile da cuceine a lla munacheile. S'appecciavene du tre lloume a ppetroglie, i cchiù de jioume desciaie: “cusse fuche ha jiacchescé ca passe l'angiule i s'à scalfé Chessa case ha... benedeisce i nda cuceine s'à va freisce!”. Doppe a nate du bommeine ndu presepie du camareine, se fasciaie u ggeire da case, a llu Bommeine se daie u vase A jioume a volte, senza despitte, pegghiavene tutte a vi du litte. Mu, stame tutte jinde i ué tanta cchiù ca u baccalé, i ceime de rape i a leisce ha ne nchianate, i cé se deisce?! Però, chire ce mu – bine o male se strafochene a Natale sonte assé; ma s'à perdoute du Natale u... cuntenoute...! Peddenne mu, Gesù Bommeine, Firmele tu chessa rueine!!!
(edizione da “Na jì cchiù cause de poesì – i versi di Marcuigge 19691978” - Fasano, 2009)
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31/12/2013
Poteva mancare? Certo che no. Come ogni fine d'anno che si rispetti, ecco il tragicomico discorso immaginario del primo cittadino della Repubblica Molto Popolare Fasanese al termine di un anno fallimentare per l'amministrazione cittadina.
DISCORSO ALLA NAZIONE
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“Care fasanesi e cari fasanesi... no scous... care fasanese e cari fasanesi: un altro anno sta per finire e sicuramende quest'anno ho sentito solo lamentele, ma secondo me il 2013 è stato l'anno in cui questa amministrazione ha raggiunto sicuramende uno dei più grossi risultati dell'azione amministrativa. Le rapine a Fasano sono in aumento, ma che volete? Compratevele più grandi! Oppure fatele con le orecchiettine, le acciughine e i pomodorini, sono sicuramente buonissime lo stesso. La città è piena di zoccole, ma che volete? Le zoccole a Fasano sicuramende ci sono sempre state, sentite a me! Questa è sempre stata una città di grandissime zoccole, e se non ci bastano le importiamo sicuramende dai paesi vicini!!! Le spiaggie (rigorosamente con la i - n.d.r.) sono off limits per voi, ma che volete? Vi siete sicuramende fatti il bagno nei migliori posti per secoli mò levatevi davanti, un poco pure ai forestieri! I prezzi sono quadruplicati, ma che volete? Tutta colpa sicuramende dell'euro, dello spread, della Germania, della culona, e dell'alluvione di Montalbano! Il lavoro non c'è, ma che volete? Io ve lo devo trovare eh? Ma vedete sicuramende se vi date da fare che da quando vi hanno tolto il contrabbando non sapete sicuramende più come campare! Ci sono sempre più atti vandalici nel centro storico? E statevi alle case! Oppure andate a farvi sicuramende una passeggiata a mare. Anzi, fate una cosa: lasciate le case nel centro storico e passate l'inverno nei resort del mare che devono lavorare. Poi sicuramente l'estate tornate a Fasano che si sta bene e i resort servono ai turisti. Non ho fatto il palazzetto dello sport che avevo promesso, ma che
volete? Ci sono sicuramende le palestre delle scuole, e quelli della Rai si stringessero se stanno scomodi! E se non riuscite a entrare alla partita, vedetevela alla tv che la danno sicuramende in diretta!!! L'Ospedale sta chiudendo, ma che volete? Pensate a me che sicuramende già da tempo devo andare a lavorare a Ostuni!!! Il papa non è venuto, ma che volete? Ahahahah, ci ave-te creduto, facce di vellu-to!!!�
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ROMANO BIANCO, quarantatre anni, scrive da quando ne aveva sedici. Giornalista dal 1993, ha pubblicato nel 2010 il fortunato Via Fani ore 9,02 scritto insieme a Manlio Castronuovo (Nutrimenti). Vive e lavora a Roma.
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FRANCO LISI nel 2014 taglia il traguardo dei settant'anni. Decano dei giornalisti fasanesi, ha scritto praticamente su tutte le testate comparse in cittĂ nell'ultimo mezzo secolo.
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VITTORIA OLIVE compie vent'anni nel 2014. Studentessa all'Accademia di belle arti di Roma, ha pubblicato con Pasquale Ancona I miei pensieri fanno chiasso (Fasi di luna, 2012).
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INDICE QUESTO NON È UN LIBRO - di Franco Lisi
3
PROVE TECNICHE DI STORYTELLING
8
Introduzione
“MA VADA A BORDO!”
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COMUNE MORTALE (una storia vera)
13
IL FUNERALE
LA BATTAGLIA DI MARATONA
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15
DUE PAROLE (oggi non si ride)
17
LA LETTERA
21
DIALOGO PLATONICO IL DISCORSO
MERCOLEDI DI COPPA LA MIA PRIMA VOLTA IL SEDICI OTTOBRE SONO DEPRESSO
I SOLITI UOMINI
BATTAGLIA POLITICA
LIBERA ARIA IN LIBERO STATO
19
25
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29
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33
34
36
37
NON BEVO
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L’ORA X
44
DIALOGO INESISTENTE
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CERCASI SEGRETARIO CHI VUOL ESSER GUSTOSIA
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4
VESTIVAMO ALLA CARBONARA
DIARIO DI GIOVENTÙ - 6 novembre
41 47
52
54
DIARIO DI GIOVENTÙ - 8 novembre
57
TOLLERANZA ZERO
62
DIARIO DI GIOVENTÙ - 9 novembre SCAMPATO PERICOLO ONLI INGLISC NAU
NOMINA CONSEQUENTIA RERUM
DIALOGO INESISTENTE - II puntata: terrore onirico SBIANCO NATAL
UNA STORIA FINITA L’ULTIMO CLICK
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74 76 78
I VENTENNI
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IL RANCORE
85
LA RIVOLUZIONE MIRACOLO TOSCANO LA CINESINA
ROSSI, ROSSI, ROSSI!!!
IL DECANO E IL PRINCIPIANTE IL NATALE DEL 1976
DISCORSO ALLA NAZIONE
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