I pascoli del Comelico Guida alla conoscenza delle risorse pastorali
Regione del Veneto
Comunità Montana “Comelico - Sappada”
Dipartimento di Scienze Agronomiche e Gestione del Territorio Agroforestale (DiSAT) Università degli Studi di Firenze
I pascoli del Comelico Guida alla conoscenza delle risorse pastorali
Testi
Giovanni Argenti Nicolina Staglianò Stefano Targetti
Foto
Dipartimento di Scienze Agronomiche e Gestione del Territorio Agroforestale (DiSAT), Università degli Studi di Firenze Dipartimento di Agronomia, Selvicoltura e Gestione del Territorio (Agriselviter), Università degli Studi di Torino Dipartimento di Agronomia Ambientale e Produzioni Vegetali (DAAPV), Università degli Studi di Padova
Ringraziamenti
Gli autori ringraziano tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione della presente opera. In particolare: Ferruccio Casanova, Pietro Puntil, Adriano Zandonella, Michele Frodella, Famiglia Pradetto e Famiglia Tonon. Un sincero grazie anche ai colleghi che hanno collaborato all’esecuzione dei rilievi floristici e al Prof. Paolo Talamucci.
Opera realizzata con il contributo della Regione del Veneto Direzione Foreste ed Economia Montana – e della Comunità Montana Comelico-Sappada.
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Grafica Znoymo - Pontassieve (FI) 2009
Indice
Presentazione
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Introduzione
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Le funzioni dei pascoli
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La gestione dei pascoli
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Le metodologie di studio dei pascoli
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Gli ambienti e la dislocazione dei pascoli
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I principali tipi pastorali del Comelico
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Chiave di riconoscimento dei tipi pastorali
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Schema evolutivo delle formazioni pastorali
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Alcune specie dei pascoli del Comelico
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Piccolo glossario
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Bibliografia essenziale
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Presentazione Il pascolo costituisce una delle risorse territoriali fondamentali del settore primario in montagna. La ricerca sui pascoli montani del Comelico si inserisce nel concetto generale dell’economia montana; l’attività agricola in montagna, di cui quella zootecnica è un’importante componente, partecipa in modo determinante alla salvaguardia del patrimonio naturale montano, dell’assetto del paesaggio, al mantenimento della stabilità idrogeologica e sociale. La ricerca è incentrata sullo studio dettagliato dei pascoli delle malghe della Comunità Montana Comelico e Sappada, al fine di accertare lo stato attuale dei pascoli montani, di identificare i principali tipi pastorali del Comelico e di attuare una gestione della risorsa pascoliva che garantisca la conservazione e/o il miglioramento, sotto il profilo qualitativo, della composizione floristica. Ci si augura che questo volume possa rappresentare un utile strumento conoscitivo, su cui basare eventuali ed auspicabili scelte di intervento pubblico, per ridare valore produttivo ed ambientale ai complessi malghivi e favorirne altresì lo sviluppo occupazionale e turistico di questi splendidi ecosistemi agro-pastorali, e un valido supporto per i tecnici e gli operatori del settore. Un ringraziamento particolare va agli autori del volume ed a quanti hanno collaborato con impegno per la sua realizzazione. Il Vice Presidente della Giunta Regionale Assessore alle Politiche dell’Agricoltura e del Turismo
Il Presidente della Comunità Montana Comelico e Sappada
Franco Manzato
Valerio Piller Roner
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Introduzione Le risorse pastorali naturali, al pari di quelle forestali, rappresentano ecosistemi di fondamentale interesse per le aree montane e ad esse sono attribuite oggi funzioni che riguardano molteplici aspetti come quelli ecologici, turistici, ricreativi, paesaggistici, faunistici. In molti settori alpini esse però rappresentano ancora la base foraggera naturale e non riproducibile da cui ottenere produzioni casearie tipiche e di elevato pregio che traggono notevoli benefici dalla complessa composizione botanica di tali formazioni. Anzi, una loro valorizzazione sotto questo aspetto permetterebbe di ridurre le minacce a cui i pascoli naturali vanno oggi incontro a seguito dall’abbandono delle montagne e delle aree marginali. Con questa sintetica e pratica guida si intende dare un piccolo contributo alla conoscenza e alla gestione dei pascoli naturali nella zona del Comelico, utile sia al tecnico, che deve contribuire alla gestione e alla salvaguardia di questi splendidi territori, che al turista, che in questi meravigliosi ambienti può approfondire la conoscenza degli ecosistemi pastorali e delle specie vegetali che li compongono.
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Le funzioni dei pascoli I pascoli interessano la nostra Penisola per una superficie di circa 3.500.000 ettari: essi hanno una localizzazione prevalentemente montana da cui ne deriva un’importanza strategica. Sebbene si tratti di risorse modeste, spesso sono insostituibili in quanto svolgono molteplici funzioni: produttiva, protettiva, ecologica e ricreativa. Senza dubbio, la funzione produttiva era preminente in passato quando l’attività pastorale era più intensamente praticata. Allo stato attuale, a seguito di mutamenti socio-economici che hanno investito tutti i settori dell’agricoltura, modificandone spesso gli usi del suolo, e della maggiore sensibilità nei confronti della salvaguardia dell’ambiente, ai pascoli si riconosce un ruolo extra-produttivo. A quest’ultimo si ricollegano il mantenimento della biodiversità, la valenza paesaggistica, la salubrità dell’ambiente e la sicurezza alimentare. Un riflesso di ciò si può cogliere chiaramente nell’aumento del numero di aree protette, all’interno delle quali le coperture erbacee naturali ricoprono una superficie rilevante. La funzione produttiva dei pascoli si manifesta all’interfaccia erba-animale che risulta reciprocamente condizionata, al punto che l’erba senza l’animale utilizzatore si degrada e perde tutto il suo valore.
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Il cotico erboso è un ecosistema complesso sottoposto all’influenza dei fattori ambientali e antropici, tanto che spesso ne costituisce una vera e propria chiave di lettura. Di ciò si trova riscontro nella presenza di un gran numero di tipologie e mosaici di vegetazione che sono caratterizzate da una specifica composizione e ricchezza floristica, produttività e qualità del foraggio offerto. Gli animali condizionano il cotico erboso e quindi la diversità della vegetazione pastorale, attraverso la consistenza numerica, il comportamento sociale, l’organizzazione dello spazio e del tempo di pascolamento, il prelievo dell’erba, il calpestamento e le restituzioni.
Le coperture erbacee naturali assolvono alla funzione produttiva, fornendo alimento per il bestiame sia in modo diretto, attraverso il pascolamento, sia indirettamente attraverso lo sfalcio.
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La materia prima erba rimane comunque il punto di partenza per fornire, attraverso l’animale trasformatore, latte e carne. Nell’ambito della funzione produttiva, i pascoli ospitano una zootecnia di tipo estensivo e polifunzionale che risponde meglio alle richieste di una maggiore sicurezza alimentare e di una più attenta gestione dell’ambiente. Le coperture erbacee naturali possono dare luogo infatti a produzioni di nicchia e contribuire al miglioramento del tessuto socio-economico delle popolazioni di molte vallate montane.
La presenza di una filiera erba-latte-produzione casearia di alpeggio o erba-carne, se opportunamente controllata e certificata, è lo strumento a cui oggi si tende per valorizzare quel legame fra un territorio ben definito non solo in senso geografico ma anche in virtù di specifiche caratteristiche ambientali, ecologiche e floristiche (il cosiddetto terroir), e le produzioni da esso ritraibili. Proprio nei pascoli del Comelico (insieme ad altri areali alpini) è stato condotto 13
uno studio volto a ricercare molecole traccianti presenti nell’erba e nel latte da essa derivato attraverso la trasformazione animale. Oltre alla funzione produttiva a cui assolvono le coperture erbacee naturali, è opportuno dare la giusta rilevanza anche ad altre azioni extra-produttive come il miglioramento della fertilità del suolo, la protezione contro l’erosione, il controllo delle valanghe, l’offerta ricreativa e la conservazione del paesaggio.
La qualità del suolo può essere minacciata dall’erosione, dalla perdita di sostanza organica e quindi della fertilità. In questo senso, le praterie permanenti, oltre a generare fertilità agronomica, migliorando le caratteristiche chimiche, fisiche e microbiologiche del suolo, costituiscono un importante strumento nella difesa dall’erosione, grazie alla capacità di regimazione idrica svolta sia dalle radici che dalle parti aeree del cotico. I cotici erbosi possono avere finalità protettive anche nelle aree interessate da estesi movimen14
ti di terreno eseguiti per la realizzazione delle piste da sci che, tra l’altro, comportano un notevole impatto antropico. In questi casi, per migliorare la difesa del suolo e del paesaggio e per prolungare la stagione sciistica, vengono realizzati degli inerbimenti tecnici il cui mantenimento spesso è assicurato proprio dal pascolamento degli animali, talvolta attuato con appropriate tecniche di pascolamento. Le praterie naturali, se adeguatamente gestite, contribuiscono al mantenimento di un elevato grado di funzionalità ecologica espressa da un alto livello di biodiversità vegetale, animale e territoriale, alla protezione di specie vegetali e animali di particolare interesse e alla conservazione degli habitat necessari per la fauna selvatica.
Accanto alle funzioni ecologiche, va oggi più che mai riconosciuta la funzione estetico-ricreativa dei pascoli, in quanto essi sono parte integrante del paesaggio montano e contribuiscono, per la loro elevata valenza, a soddisfare la domanda crescente di turismo naturalistico che è sempre 15
più interessato alla disponibilità di ambienti fruibili e ben conservati. Le considerazioni generali sulle funzioni dei pascoli implicano la necessità di attuare una gestione volta a garantire l’efficienza e la conservazione delle risorse erbacee naturali. La compatibilità infatti della funzione produttiva con quella extraproduttiva richiede un riequilibrio dei carichi animali sui pascoli che non devono essere sottoposti né a sovraccarico, né a sottocarico o abbandono.
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La gestione dei pascoli Le formazioni pastorali sono quasi sempre di origine secondaria e ciò comporta la necessità di una loro regolare utilizzazione altrimenti vanno incontro a forme di degrado. E’ ormai noto che gli animali rappresentano uno strumento fondamentale nella gestione dei pascoli a condizione però che il carico applicato sia in equilibrio con la disponibilità e la qualità delle risorse offerte. Diversamente, quanto più ci si allontana dalla condizione di equilibrio, i cotici erbosi presentano gli effetti del sovraccarico o del sottocarico. La condizione che più frequentemente si riscontra negli alpeggi del Comelico è quella della sottoutilizzazione o addirittura dell’abbandono. Ciò del resto è in linea con la forte contrazione dell’attività pastorale e del diminuito interesse per la monticazione verificatisi in quasi tutto l’arco alpino negli ultimi 50 anni.
In generale, la ridotta pressione pastorale induce dei cambiamenti nella composizione floristica dei cotici erbosi, che
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si manifestano con la progressiva diffusione di specie erbacee di scarso valore pabulare, variazioni nei rapporti fra specie buone foraggere, eccessiva semplificazione floristica, accumulo di necromassa e diffusione di specie legnose.
I cotici divengono così molto vulnerabili all’erosione che è aggravata dai fenomeni di disordine idraulico conseguenti alla mancata manutenzione ordinaria delle opere di sistemazione idraulica che in passato era assicurata dalla presenza dell’uomo. Studi condotti dal Dipartimento di Scienze Agronomiche e Gestione del Territorio Agroforestale dell’Università di Firenze, in collaborazione con altre Unità Operative, nei pascoli alpini, tra cui quelli del Comelico, erano finalizzati all’individuazione di una soglia minimale di utilizzazione per attuare una gestione conservativa di queste risorse. E’ stato osservato che con un carico animale ridotto del 50-75% rispetto a quello potenzialmente sostenibile, è possibile 18
contrastare la degradazione della vegetazione e la scomparsa di molte risorse pascolive. Data la forte riduzione del patrimonio zootecnico, l’utilizzazione minimale si può attuare con greggi o mandrie “di servizio” provenienti da comprensori anche geograficamente distanti che, periodicamente, possono percorrere, a rotazione, superfici pascolive diverse. Infatti gli effetti positivi di un’utilizzazione minimale si protraggono per qualche anno grazie all’azione di disturbo ricorrente ed intermittente della struttura del cotico erboso. Nel caso di pascoli caratterizzati da perduranti condizioni di sottoutilizzazione o di abbandono, il degrado dei cotici erbosi si manifesta con l’invasione più o meno imponente e compatta di specie arbustive quali calluna, rododendri e mirtilli e con la compromissione dei rapporti pascolo/bosco, particolarmente evidente nelle aree a contatto con i limiti altitudinali delle foreste.
L’avanzamento del bosco può essere considerato positivamente se, in assenza di azioni di disturbo, esso tende alla 19
fase climax e, in tal caso, l’evoluzione deve essere assistita con adeguati interventi selvicolturali. Se, invece, l’obiettivo è di mantenere efficiente la risorsa erba, occorrono carichi istantanei elevati, in grado di mortificare la vegetazione legnosa, anche se, ogni 4-10 anni a seconda dell’altitudine, si può rendere necessario un decespugliamento meccanico localizzato. Un contributo non indifferente, per migliorare le condizioni generali di fertilità, può venire dalla concentrazione notturna degli animali con la tecnica della mandratura o della stabbiatura.
Una situazione particolarmente fragile si riscontra anche nelle radure un tempo ricavate all’interno degli orizzonti forestali per fare spazio al pascolo. In questi ambienti, gli effetti della diminuita pressione pastorale si manifestano con un cambiamento delle comunità vegetali e una rottura degli equilibri ecologici con perdita di importanti patrimoni genetici, compromissione dell’utilizzazione e frequentazione di queste fasce ecotonali da parte della fauna selvatica, affermazione di un paesaggio sempre più monotono per la 20
diffusione di popolamenti arborei monospecifici.
Per mantenere efficienti queste radure sotto il profilo ecologico, produttivo e paesaggistico, è necessario attuare una gestione che preveda un’utilizzazione con carichi animali pari al 40-50% di quello potenzialmente mantenibile o attuare prelievi episodici più consistenti. L’utilizzazione di tipo minimale può sortire effetti convincenti se ad essa si accompagnano appropriate tecniche di pascolamento. Bisognerebbe infatti ricorrere maggiormente al pascolamento di tipo turnato, possibilmente integrale, o guidato. Una particolare attenzione merita la gestione della fertilità in quanto utilizzazioni animali poco equilibrate possono dare luogo a distribuzioni non omogenee che innescano dinamiche vegetazionali non sempre desiderabili. La movimentazione degli animali richiede comunque una pianificazione dell’utilizzazione pastorale in modo che le diverse facies vegetazionali, in relazione all’altitudine e alla diversa durata della stagione di crescita dell’erba, possano essere pascolate allo stadio ottimale sotto il profilo produt21
tivo e qualitativo. Un ulteriore miglioramento della distribuzione spaziale degli animali si può perseguire anche con la dislocazione razionale dei punti di abbeverata, di distribuzione di sale, di foraggiamento e di riposo. In definitiva, gli animali rappresentano lo strumento piÚ semplice se si vuole garantire la perennità e la sostenibilità economica e ambientale delle risorse pastorali.
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Le metodologie di studio dei pascoli Le indicazioni tecnico-gestionali relative ai pascoli presuppongono un lungo lavoro di caratterizzazione della vegeta-
zione. L’approccio che in genere viene seguito è di tipo fitoecologico secondo la metodologia proposta da Daget e Poissonet. I rilievi consistono nell’esecuzione di analisi lineari dette così perché le osservazioni sono allineate lungo un asse materializzato sul terreno da una rotella metrica, lungo la quale, ad intervalli prestabiliti, vengono identificate le specie che toccano un’asta metallica, fatta cadere verticalmente sul terreno. Si ottiene in questo modo la frequenza specifica (FS) che è impiegata per calcolare il contributo delle singole specie (CS) al manto vegetale. Con questi dati è possibile ottenere la carta delle ecofacies, la determinazione della qualità del cotico espressa dal valore pastorale (VP), del carico animale potenziale e del tasso di utilizzazione. Un altro aspetto importante dei pascoli in rapporto con gli
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animali utilizzatori, riguarda l’offerta di fitomassa. Essa si calcola mediante sfalci eseguiti su aree di superficie nota e la successiva determinazione della sostanza secca, previa essiccazione in stufa del foraggio raccolto. In presenza di animali al pascolo, per ovviare all’azione di disturbo, si utilizzano gabbie di esclusione della superficie di 1 m² che vengono sfalciate con frequenza periodica. Lo sfalcio del residuo all’esterno delle gabbie permette di determinare, per differenza con la produzione, la quantità di sostanza secca prelevata dagli animali.
La conoscenza della composizione floristica della vegetazione e dei parametri quanti-qualitativi da essa derivabili, unitamente all’acquisizione dei dati produttivi, rappresenta un punto di partenza importante per la gestione dei pascoli. In particolare, per i pascoli del Comelico, esiste già una cospicua banca dati costituitasi negli anni grazie al contributo degli esperti pastoralisti del Dipartimento di Scienze Agronomiche dell’Università di Firenze e alla proficua collaborazione con gli enti locali. 24
Gli ambienti e la dislocazione dei pascoli Il Comelico si estende su di una superficie di oltre 30.000 ettari che corrisponde all’alto bacino del Piave a monte del Ponte della Lasta. Più del 10% di questo territorio (circa 3.500 ettari concentrati soprattutto lungo il confine con l’Austria) è coperto dai pascoli. Lo scenario comelicese così come lo possiamo ammirare oggi è il frutto di due fattori principali: la sua particolare conformazione geologica e l’interazione tra uomo e ambiente che si è protratta per millenni. La conformazione geologica Il Comelico ha visto, nell’arco di milioni di anni, l’alternarsi di eventi sismici, ambienti e climi diversi che hanno determinato l’esposizione di strati di rocce diverse per origine e tendenza all’erosione. Questi processi hanno plasmato un paesaggio dominato dal contrasto tra le vette calcaree-dolomitiche prive di vegetazione e i rilievi dalle forme dolci coperte da boschi e pascoli lussureggianti. I pascoli del Comelico si trovano per la maggior parte su substrati sub-acidi di tipo siliceo che danno luogo, a causa della loro friabilità, a rilievi modellati dagli agenti atmosferici; questi strati rocciosi sono tendenzialmente poco permeabili e favoriscono la formazione di torbiere (tra queste si segnala in particolare il biotopo umido delle Sorgenti del Piave) dove numerose specie protette e caratteristiche trovano il loro habitat ideale.
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La Val Digòn e le Crode del Longerìn.
Alternati ai substrati silicei si trovano le rocce calcaree che, data la maggiore resistenza all’erosione, si stagliano verso l’alto formando spettacolari pareti verticali; alla base di queste è comune trovare zone di sovrapposizione di materiale carbonatico e siliceo, come tra il Monte Palombino e le Crode del Longerìn. In questi habitat riescono a convivere sia la flora delle aree calcaree che silicee dando luogo ad ambienti particolarmente ricchi di specie vegetali e, per questo, dall’elevato valore naturalistico.
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L’interazione uomo-ambiente Fin dal loro primo insediamento in Comelico, le popolazioni locali hanno sfruttato e modellato il paesaggio per i propri bisogni, ma hanno anche saputo coniugare sviluppo e conservazione delle risorse naturali in un perfetto esempio di interazione tra uomo e ambiente. Proprio per amministrare al meglio i pascoli e i boschi, si costituirono, in epoca medioevale, le Regole che ancora oggi sono la forma di proprietà collettiva che possiede e gestisce gran parte del territorio e la quasi totalità dei pascoli del Comelico. L’origine dei pascoli è dovuta alla storica azione dell’uomo che ha modificato l’estensione naturale delle foreste per far posto all’attività pastorale: infatti, in passato, l’economia comelicese era basata sul commercio del legname ricavato dalla cura e coltivazione dei boschi e dall’allevamento del bestiame.
La vegetazione del Comelico La vegetazione forestale è sicuramente dominante nel paesaggio del Comelico, ma è proprio l’alternanza tra i boschi 27
rigogliosi e i prati e pascoli, che in estate si colorano di fiori, che caratterizza il tradizionale panorama alpino che tutti conosciamo. La vegetazione dei pascoli è spesso considerata un’unica entità indifferenziata, ma così come esistono differenti tipologie di bosco (basti pensare alla diversità tra una foresta di conifere e una di latifoglie), anche la vegetazione erbacea può essere distinta in formazioni legate ai diversi ambienti ecologici e al tipo di utilizzazione. Infatti gli elementi climatici, come la temperatura o la quantità di pioggia, gli elementi topografici, come l’altitudine o l’esposizione e la pendenza, così come l’intensità del pascolamento e il tipo di gestione condizionano la presenza di specie che presentano diverse funzioni e concorrono alla formazione di comunità vegetali differenziate. Spostandosi dal fondovalle alle vette oltre il limite della vegetazione forestale, si può osservare il cambiamento del paesaggio vegetale distinguendolo in tre fasce altitudinali: il piano montano che va dal fondovalle fino a 1.500-1.600 m, il piano subalpino che parte tipicamente da 1.500 m circa fino ai 2.000 m e il piano alpino fino ed oltre i 2.300 m.
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Prati falciabili sopra Casamazzagno.
Alle quote più basse (fascia montana) soprattutto nei pressi degli abitati si trovano i prati falciabili ad avena altissima (“arrenatereti”) con Arrhenatherum elatius, Dactylis glomerata, Daucus carota, Knautia arvensis, ranuncoli e varie specie di trifogli o, più in alto, a Trisetum flavescens (“triseteti”) con Festuca pratensis, Agrostis tenuis, Phleum pratense, Alchemilla vulgaris, Chenopodium bonus-henricus). I prati erano essenziali un tempo per assicurare le scorte di fieno per l’inverno, tra questi si segnalano i bellissimi prati presenti sopra Casamazzagno, quelli al Passo di Monte Croce Comelico o, ancora, i prati di fondovalle nella zona di Padola.
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Prati al Passo di Monte Croce Comelico.
Salendo nella fascia subalpina si trovano i pascoli. Nei dintorni delle malghe, dove è maggiore la presenza di animali domestici portati in alpeggio e la giacitura è migliore, si trovano generalmente i pascoli più ricchi e fertili: dove però il carico animale si concentra in maniera eccessiva o nei cosiddetti “slavazzi” si trovano i romiceti dominati da specie nitrofile, come Rumex alpinum e Rumex alpestris, in cui si possono trovare anche specie tossiche come Veratrum album. Nelle zone più umide e a scarso drenaggio è invece comune trovare Deschampsia caespitosa, una graminacea dalle foglie coriacee scarsamente appetita dal bestiame che si adatta bene ai ristagni idrici. Allontanandosi dai ricoveri e andando verso zone a quota maggiore e a pendenza più elevata, si trovano pascoli meno fertili ma comunque ricchi di numerose specie erbacee e floreali. Nonostante queste formazioni siano dominate da specie di minore valore nutritivo per i pascolatori domestici e siano caratterizzate da una bassa fertilità, il valore esteti30
co e quello naturalistico legato alla biodiversità e alla loro importanza come habitat per la fauna e l’avifauna selvatica rimangono elevati. Purtroppo la costante riduzione del numero di animali portati in alpeggio rende questi ambienti molto soggetti all’invasione graduale delle specie arbustive. Se le condizioni lo consentono, l’ingresso della vegetazione arbustiva sarà poi seguita dalla colonizzazione da parte di specie forestali che riconquisteranno, con il passare del tempo, il territorio sottratto dall’uomo al bosco nel corso dei secoli.
Area in evidente fase di invasione di specie arbustive.
I pascoli tipici dei substrati calcarei sono in genere caratterizzati da una ridotta profondità del suolo e dalla presenza di materiale roccioso affiorante. Il substrato roccioso è caratterizzato da un’elevata permeabilità, che allontana velocemente le acque di pioggia: la vegetazione di questi ambienti è quindi adattata alle condizioni di bassa fertilità ed a sopportare periodi di scarsa disponibilità di acqua. Alle quote maggiori, dove aumenta la percentuale di materiale 31
grossolano, i pascoli calcarei sfumano nel vero e proprio ghiaione dove le condizioni di vita per la vegetazione diventano estreme e soltanto alcune specie pioniere riescono a sopravvivere. Alle quote inferiori, invece, i pascoli calcarei tendono a sfumare gradatamente nei pascoli sub-acidi a causa del naturale dilavamento dei carbonati operato dalle piogge: qui i pascoli si arricchiscono di specie a migliore attitudine foraggera e il valore pabulare complessivo risulta per questo maggiore.
Pascolo invaso da romice sotto Malga Rinfreddo.
Nella fascia alpina, oltre il limite della vegetazione arborea e su substrati acidi, si trovano le praterie a Carex curvula che si spingono in quota fino al limite della vegetazione erbacea: queste si possono facilmente riconoscere, anche da lontano, a causa della tipica colorazione rossa che assumono in autunno. Insieme a C. curvula si trovano molte specie tipiche della brughiera tra cui Calluna vulgaris e Loiseleuria procumbens e comune in questi pascoli è anche la presenza degli inconfondibili licheni. Nelle zone piÚ basse 32
della fascia alpina e dove l’utilizzazione animale è ancora presente anche se saltuaria, il curvuleto si arricchisce di specie come il nardo, l’arnica, i leontodi e altre ancora tipiche dei pascoli freddi. Alle quote maggiori e nelle aree più battute dal vento, invece, le specie semi-legnose aumentano e l’aspetto del pascolo diviene sempre più simile alla brughiera alpina.
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I principali tipi pastorali del Comelico Si riporta una breve descrizione, seguendo un gradiente altitudinale, dei principali tipi pastorali presenti tra la Val Sesìs e il gruppo del Popèra e, dove presenti, le rispettive ecofacies che caratterizzano i pascoli del Comelico. Per ogni tipo pastorale viene inoltre proposta una scheda descrittiva nella quale vengono riassunte alcune caratteristiche ambientali, gestionali, di produttività e di biodiversità. Festuceti pingui -Caratteristiche stazionali I festuceti pingui sono i pascoli che occupano le zone limitrofe ai ricoveri degli animali e quelle intorno ai sentieri utilizzati maggiormente dal bestiame per gli spostamenti. Questo tipo pastorale comprende i pascoli migliori dal punto di vista dell’offerta foraggera perché sono situati nelle aree più fertili e a migliore giacitura. Essi rappresentano le risorse utilizzate ormai da secoli come pascolo o (in passato) prato-pascolo in cui la vegetazione è in forte relazione con l’azione dell’uomo. Il prelievo di erba da parte dei pascolatori domestici è in genere elevato ma anche il ritorno di fertilità è concentrato sia in modo diretto grazie alle deiezioni animali, sia per l’estrema facilità con cui questi pascoli possono essere raggiunti dai mezzi meccanici per lo spargimento dei liquami stallini. Quando le restituzioni risultano troppo accentuate il festuceto pingue degrada in formazioni evitate dal bestiame come il romiceto. Dove invece, per conformazione topografica, il ristagno idrico è maggiore, come negli impluvi, si ha invece prevalenza di Deschampsia caespitosa, anche questa scarsamente utilizzata dal bestiame, che tende a formare cespi molto densi.
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-Fisionomia I festuceti pingui sono ricchi di specie tra cui dominano le graminacee foraggere associate a specie di ambienti ricchi come Ranunculus montanus e Alchemilla gr. vulgaris; i pascoli si presentano con un cotico fitto a portamento basso pascolato in modo uniforme, l’accumulo di sostanza secca è generalmente ridotto o del tutto assente. Le zone nitrofile si differenziano in modo sostanziale perchÊ il cotico si presenta di taglia maggiore e dominato da specie a foglia larga come il romice.
Invasione di specie nitrofile.
-Composizione specifica Le specie prevalenti dei festuceti pingui sono Festuca gr. rubra, Phleum alpinum, Deschampsia caespitosa, Alchemilla gr. vulgaris, Ranunculus montanus, piuttosto diffusi sono anche i trifogli e il tarassaco.
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Superficie invasa da romici.
-Valore pabulare I festuceti pingui sono i pascoli migliori sia per le condizioni di giacitura e fertilità generale sia perché le restituzioni organiche si concentrano in queste zone. Un eccesso di concentrazione è comunque negativo perché porta all’involuzione floristica verso il romiceto e alla comparsa di specie tossiche come il veratro. Quando l’importanza produttiva dei pascoli era maggiore i festuceti pingui venivano fatti pascolare in due periodi distinti: all’inizio della stagione e alla fine, tra questi due periodi i malgari si preoccupavano di eliminare i refusi e la flora infestante per poi lasciar pascolare gli animali sul ricaccio pulito; successivamente, una volta riportato il bestiame a valle in settembre, i festuceti pingui venivano fertilizzati con i liquami stallini. Oggi che la rotazione delle mandrie sui pascoli si è molto ridotta, il bestiame tende a concentrarsi sui festuceti pingui perché più ricchi di buone foraggere e più comodi da raggiungere per gli animali, la loro conservazione è quindi legata indissolu-
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bilmente alla capacitĂ dei gestori delle mandrie di equilibrare il carico e le restituzioni animali. Le principali facies presenti in questo tipo sono: -facies a Festuca gr. rubra e Phleum alpinum: festuceto pingue tipico. Specie principali: Festuca gr. rubra, Phleum alpinum, Alchemilla gr. vulgaris, Deschampsia caespitosa, Ranunculus montanus, Trifolium repens, Achillea gr. millefolium. -facies a Deschampsia caespitosa e Phleum alpinum: festuceto pingue umido. Specie principali: Deschampsia caespitosa, Phleum alpinum, Ranunculus montanus, Alchemilla gr. vulgaris, Rumex alpinus, Festuca gr. rubra, Trifolium thalii, Geranium sylvaticum, Achillea gr. millefolium.
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Festuceti magri -Caratteristiche stazionali I festuceti magri si trovano in zone a discreta giacitura e su terreni mediamente profondi senza particolari problemi legati al ristagno idrico o all’eccessiva presenza di rocciosità affiorante, generalmente la distanza dai ricoveri degli animali e dalle malghe non è eccessiva o comunque collegata in modo sufficiente così da permettere un’utilizzazione da parte del bestiame piuttosto comoda. Le condizioni ambientali tipiche non sono mai troppo limitanti e quindi i festuceti magri restano al di sotto della soglia dei 2.000 m, in genere non si trovano nemmeno nelle zone sotto i 1.800 m che corrispondono spesso ai pascoli limitrofi alle malghe dove, al loro posto, si trovano i festuceti pingui. -Fisionomia I festuceti magri sono dominati dalle graminacee a taglia bassa, sia a lamina fine che a lamina espansa, che formano un tappeto continuo e denso dal quale spiccano in estate numerose fioriture anche vistose. Nel complesso il valore estetico di questi pascoli è notevole così come alto è il numero di specie presenti in queste comunità, in alcuni casi si può notare la presenza di qualche pianta arbustiva sparsa. La presenza di necromassa è in genere contenuta data la prevalenza di specie appetite dal bestiame, nelle zone di transizione con i pascoli meno ricchi come i nardeti e i pascoli calcarei l’accumulo di sostanza secca risulta invece maggiore. -Composizione specifica Le specie dominanti nei festuceti magri sono Festuca gr. rubra e, subordinato, il nardo; insieme a queste graminacee ve ne sono altre a lamina fine e dal valore foraggero mediocre come Avenella flexuosa e altre a lamina espansa 39
come Poa alpina e Phleum alpinum che sono invece ottime foraggere. Grande interesse nei festuceti magri è dato dall’elevato numero di specie floreali che trovano in questi ambienti il loro habitat, tra queste ricordiamo genziane, campanule, raponzoli, alcune Crepis e orchidee, i leontodi e altre ancora. Nelle zone di contatto con i pascoli calcarei i festuceti magri si arricchiscono di specie tipiche delle comunità erbacee legate al calcare come Carex sempervirens o Sesleria varia; al contrario, nelle zone in cui i festuceti magri sfumano nei nardeti, sono le specie di questo ultimo tipo (in particolare proprio il nardo) ad aumentare, in questi casi si può notare anche il progressivo aumento di specie arbustive tra cui spesso troviamo il mirtillo. -Valore pabulare Il tipo a festuceto magro è caratterizzato da un buon valore pastorale, dovuto alla presenza di molte specie a discreta attitudine foraggera. La contemporanea presenza di specie buone e mediocri foraggere, oltre che ad aumentare la diversità specifica, rende questo tipo pastorale piuttosto rapido riguardo alla dinamica evolutiva: risulta perciò importante equilibrare il carico animale e l’apporto di fertilità in modo tale da favorire la presenza delle specie pabulari.
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Festuceto magro con vistosa fioritura.
Le principali facies presenti in questo tipo sono: -facies a Festuca gr. rubra e Potentilla aurea: festuceto magro di condizioni migliori. Specie principali: Festuca gr. rubra, Potentilla aurea, Anthoxanthum alpinum, Geum montanum, Nardus stricta, Homogyne alpina, Leontodon helveticus, Leontodon hispidus, Poa alpina, Phleum alpinum, Avenula versicolor, Carex sempervirens, Pulsatilla alpina, Ligusticum mutellina, Vaccinium myrtillus, Deschampsia caespitosa.
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Esempio di festuceto magro di condizioni migliori.
-facies a Nardus stricta, Leontodon helveticus e Festuca gr. rubra: festuceti magri di transizione con i nardeti. Specie principali: Nardus stricta, Leontodon helveticus, Festuca gr. rubra, Potentilla aurea, Homogyne alpina, Anthoxanthum alpinum, Geum montanum, Carex curvula, Poa alpina, Leontodon hispidus, Arnica montana. Nardeti -Caratteristiche stazionali I nardeti si trovano su substrato acido generalmente in zone distanti dalle malghe e si possono collocare anche oltre i 2.000 m. La pendenza in genere non è eccessiva e spesso i nardeti si trovano a contatto con zone di ristagno dove la vegetazione sfuma in modo graduale verso quella
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tipica della torbiera. Alle quote inferiori la presenza del nardeto è generalmente connessa con la ridotta utilizzazione animale, spesso si alternano ai festuceti magri dove si trovano con più frequenza specie tipiche di ambienti più fertili; al contrario, alle quote più elevate, il nardeto è indicativo di aree ancora battute dal bestiame e in questo caso si alterna con il curvuleto. -Fisionomia La fisionomia del nardeto è quella tipica del pascolo alpino secondario dominato da specie erbacee, con discreta presenza di dicotiledoni a fioritura vistosa, come l’arnica o alcune genziane. La tendenza all’infeltrimento del nardo e la sua resistenza all’ingresso di altre specie rendono questi pascoli non caratterizzati da una particolare ricchezza specifica in confronto ad altri tipi pastorali, ma comunque di valore estetico discreto dovuto soprattutto alle appariscenti fioriture estive che si elevano al di sopra del basso tappeto erboso.
Nardeto con evidente accumulo di necromassa. 43
Composizione specifica Le specie caratteristiche dei nardeti sono Nardus stricta associato ad altre graminacee a lamina fine come Festuca gr. rubra, Anthoxanthum alpinum, Avenula versicolor. Tipici sono anche Geum montanum e Campanula barbata insieme ad altre specie meno appariscenti come Potentilla aurea e, nei nardeti più in quota, si trova comunemente anche l’arnica. Nelle zone di transizione, i nardeti si arricchiscono delle specie dominanti dei festuceti magri (alle quote inferiori) e dei curvuleti (alle quote superiori). Degni di essere menzionati, infine, sono le zone di transizione con le torbiere, dove il graduale aumento del ristagno è indicato dalle specie appartenenti alle ciperacee (varie Carex): queste zone sono in genere evitate dal bestiame perché particolarmente povere di specie pabulari. -Valore pabulare L’offerta foraggera dei nardeti è qualitativamente bassa per la dominanza di specie di nessun interesse foraggero (tra cui il nardo stesso) adattate a colonizzare ambienti caratterizzati da bassa fertilità a causa delle difficili condizioni stazionali oppure connessa con la ridotta utilizzazione pastorale: la loro importanza rimane comunque notevole in quanto sono il tipo pastorale che risulta più diffuso in assoluto in Comelico. Incentivare l’utilizzazione pastorale anticipata e la fertilizzazione con i liquami stallini per i nardeti che si trovano al di sotto dei 2.000 m può comunque garantire un miglioramento notevole dell’offerta foraggera.
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Nardeto invaso da specie arbustive.
Le principali facies di questo tipo sono: -facies a Nardus stricta e Festuca gr. rubra: nardeto tipico. Specie principali: Nardus stricta, Festuca gr. rubra, Phleum alpinum, Potentilla erecta, Leontodon helveticus, Potentilla aurea, Anthoxanthum alpinum, Homogyne alpina, Alchemilla gr. vulgaris, Geum montanum. -facies ad Achillea atrata, Nardus stricta e Molinia coerulea: nardeti umidi generalmente in contatto con le torbiere. Specie principali: Achillea atrata, Carex echinata, Molinia coerulea, Potentilla erecta, Festuca gr. rubra, Nardus stricta, Carex rostrata, Carex sempervirens, Ranunculus montanus, Anthoxanthum alpinum, Carex nigra, Carex binervis, Pinguicola alpina, Ligusticum mutellina, Trifolium pratense, Eriophorum angustifolium.
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Pascolo invaso da arbusti e specie forestali.
Arbusteti -Caratteristiche stazionali Questo tipo pastorale comprende pascoli in fase o di abbandono o di utilizzazione sporadica, che favoriscono l’in-
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gresso e l’aumento di specie arbustive e la conseguente diminuzione del potenziale foraggero. Generalmente gli arbusteti del Comelico si trovano tra i 1.800 e i 2.000 m nelle aree più acclivi o meno facili da raggiungere, che sono evidentemente anche quelle meno frequentate dal bestiame; inoltre il substrato siliceo e la vegetazione arbustiva favoriscono la formazione di un humus acido con orizzonte organico spesso e accumulo di residui indecomposti, condizioni che costituiscono un substrato sfavorevole per le specie pabulari. Gli arbusteti sono presenti per la maggior parte in Val Visdende, mentre risultano poco estesi in Val Sesìs. -Fisionomia L’aspetto di questi pascoli è caratterizzato dalla dominanza di specie arbustive tipicamente intervallate da aree aperte dove la vegetazione erbacea dominata da Nardus Stricta, Avenella flexuosa e Festuca gr. rubra viene utilizzata dal bestiame lasciato pascolare liberamente. -Composizione specifica I pascoli invasi da arbusti risultano facili da identificare a causa della forte presenza di specie arbustive appartenenti per la gran parte alla famiglia botanica delle ericacee (rododendro, calluna, mirtillo vero e falso, uva orsina, ecc.). Spesso si associano a queste specie anche il ginepro nano e alcune piante arboree sparse tra cui soprattutto il larice. Tra le specie erbacee spiccano le graminacee a lamina fine come il nardo e Festuca gr. rubra, associate a molte altre tipiche dei nardeti (Avenella flexuosa, Anthoxanthum alpinum, Arnica montana). -Valore pabulare Le zone invase da arbusti sono chiaramente penalizzate dal punto di vista pabulare a causa della forte presenza di spe47
cie legnose che presentano un valore foraggero nullo. L’utilizzazione pastorale in queste zone si limita alle “isole” di vegetazione erbacea rimaste che in genere hanno una composizione specifica simile ai nardeti. In alcuni casi la concentrazione del bestiame nelle poche aree aperte rimaste può risultare eccessivo e causare dei fenomeni di sovraccarico localizzato con rotture del cotico e esposizione del terreno agli agenti erosivi.
Vacche al pascolo in una zona invasa da arbusti bassi.
Le principali facies di questo tipo sono: -facies a Vaccinium myrtillus e Rhododendron ferrugineum: arbusteto chiuso. Specie principali: Vaccinium myrtillus, Rhododendron ferrugineum, Vaccinium vitis-idaea, Nardus stricta, Vaccinium uliginosum, Avenella flexuosa, Calluna vulgaris, Festuca gr. rubra, Juniperus nana, Juncus trifidus.
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Esempio di pascolo con forte invasione di specie arbustive e arboree.
-facies a Calluna vulgaris e Nardus stricta: arbusteto basso. Specie principali: Calluna vulgaris, Nardus stricta, Vaccinium myrtillus, Vaccinium vitis-idaea, Festuca gr. rubra, Rhododendron ferrugineum, Potentilla erecta, Arnica montana, Leontodon helveticus, Geum montanum, Anthoxanthum alpinum. Curvuleti -Caratteristiche stazionali I curvuleti si trovano alle quote maggiori oltre il limite della vegetazione arborea dove lo sviluppo delle specie arbustive e forestali è fortemente contrastato dalle condizioni ambientali, il substrato è acido, la pendenza del terreno è variabile da media ad elevata. Esempi di curvuleti sono i pascoli che si possono osservare nei pressi del Col Quaternà oppure quelli che salgono fino sul Monte Vancomun, questi ambienti sono caratterizzati da una maggiore permanenza
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della neve e da una durata della stagione vegetativa molto ridotta. -Fisionomia I pascoli di questo tipo si presentano dominati dalle specie erbacee e semi-legnose di bassa taglia che si adattano alle condizioni limite tipiche delle zone di alta quota: il vento e la neve infatti creano condizioni sfavorevoli per le specie a portamento eretto. L’aspetto generale del cotico è feltroso, di colore tendente al giallo con un buon accumulo di sostanza secca al di sotto dello strato vegetativo e presenza localmente abbondante di licheni; in autunno, invece, i curvuleti assumono una tipica colorazione rossastra che li rende visibili anche da notevoli distanze. Nonostante il rilevante interesse naturalistico di questi pascoli, la loro ricchezza in numero di specie non è elevata a causa delle difficili condizioni climatiche (basse temperature, persistenza della copertura nevosa, vento) che permettono la vita di poche specie adattate. Le fioriture sono spesso vistose e si concentrano in piena estate, le fasi di sviluppo vegetale risultano particolarmente rapide e concentrate nel pieno dell’estate come adattamento alla brevità del periodo vegetativo. -Composizione specifica Le specie che contraddistinguono il curvuleto sono Carex curvula (che da il nome al tipo), Avenula versicolor, Pulsatilla alpina, Loiseleuria procumbens, Antennaria dioica; spesso in questi pascoli si nota anche la presenza di molti licheni biancastri dall’aspetto caratteristico; sulle creste più ventose e acclivi tende ad insediarsi l’elineto ad Elyna myosuroides. Le specie semi-legnose tipiche della brughiera come Loiseleuria procumbens aumentano alle quote maggiori più esposte al vento e negli ambienti meno battuti dal 50
bestiame, al contrario aumentano le specie erbacee tra cui il nardo, Anthoxanthum alpinum e Festuca gr. rubra dove l’utilizzazione animale è ancora praticata. -Valore pabulare I curvuleti hanno un’importanza limitata come offerta foraggera rispetto a quella ambientale e naturalistica: sono infatti importanti habitat per la fauna e l’avifauna selvatica alpina, possono comunque rappresentare un discreto pascolo da utilizzare tra la fine di luglio e agosto (quando lo sviluppo vegetativo è al culmine), prima di tornare ad utilizzare il ricaccio dei pascoli delle quote più basse.
Curvuleto nei pressi del Col Quaternà.
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Pascolamento equino in un curvuleto.
Seslerieti-sempervireti (pascoli su substrato calcareo) -Caratteristiche stazionali I pascoli calcarei si trovano spesso a ridosso delle pareti calcaree da dove proviene il materiale di disfacimento. Le superfici pascolive di questo tipo si localizzano prevalentemente fra la Val Digòn e la Val Visdende, tra le Creste del Palombino e le Crode del Longerìn, e in Val Sesìs. Queste zone sono caratterizzate da scarsa profondità dei suoli, da pietrosità diffusa e disponibilità idrica limitata. -Fisionomia I pascoli calcarei presentano generalmente un cotico rado a taglia bassa con buona presenza di materiale roccioso grossolano e incoerente; in alcune zone, dove la disponibilità di acqua è maggiore, come negli impluvi, o dove la pendenza è ridotta e il terreno più profondo, il cotico erboso risulta più denso e continuo: in queste aree il pascola-
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mento favorisce l’insediamento di specie con più alto valore foraggero. In genere in Comelico i pascoli su calcare non superano i 2.000 m, soglia sopra la quale sono diffusi soprattutto i ghiaioni colonizzati da specie pioniere. -Composizione specifica La composizione specifica dei pascoli su calcare è molto ricca, anche per la varietà di microambienti che creano habitat molto diversificati e quindi capaci di ospitare numerose specie: si va infatti dai ghiaioni colonizzati dalle specie pioniere, agli ambienti più adatti all’insediamento del cotico ma ancora ricchi di pietrosità diffusa, fino alle zone di sovrapposizione con i substrati sub-acidi. Per tali motivi la composizione specifica media qui riassunta ha il solo scopo indicativo e non può essere sufficientemente esaustiva per questo particolare tipo pastorale. Le specie più indicative dei pascoli calcarei sono Sesleria varia e Carex sempervirens, comuni sono anche Anthyllis vulneraria, Helianthemum nummularium e Lotus alpinus. A queste si accompagnano altre specie più tipiche di ambienti acidi, come ad esempio Festuca gr. rubra, oppure adattate alla colonizzazione dei ghiaioni tra cui ricordiamo Dryas octopetala. -Valore pabulare Il valore pabulare dei pascoli calcarei è senza dubbio secondario rispetto a quello paesaggistico e ambientale, ciononostante un’utilizzazione bilanciata e razionale contribuisce a favorire l’insediamento del cotico erboso. I ghiaioni, chiaramente, dovrebbero essere esclusi dall’utilizzazione in modo da evitare danni alla fragile vegetazione pioniera. Data la loro particolare conformazione, i pascoli calcarei si prestano ad essere utilizzati al meglio con specie ovine e caprine.
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Le principali facies di questo tipo sono: -facies a Sesleria varia e Carex sempervirens: pascoli calcarei tipici, seslerieti-sempervireti. Specie principali: Sesleria varia, Carex sempervirens, Festuca gr. rubra, Lotus alpinus, Avenula versicolor, Ranunculus montanus, Polygonum viviparum, Homogyne alpina, Helianthemum nummularium, Anthyllis vulneraria, Thymus gr. serpyllum, Poa alpina, Erica carnea. -facies a Festuca gr. rubra e Sesleria varia: pascoli di transizione con i substrati acidi. Specie principali: Festuca gr. rubra, Sesleria varia, Polygonum viviparum, Lotus alpinus, Anthyllis vulneraria, Trifolium repens, Thymus gr. serpyllum, Horminum pyrenaicum, Ranunculus montanus, Avenula versicolor, Potentilla erecta, Carex sempervirens, Alchemilla gr. vulgaris, Agrostis tenuis, Briza media, Homogyne alpina, Achillea gr. millefolium, Potentilla aurea, Trifolium badium.
Si riportano di seguito delle schede descrittive sintetiche in cui sono brevemente riassunte le principali caratteristiche dei tipi pastorali identificati nell’area di studio.
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Festuceti pingui caratteristiche generali
Specie principali
Festuca gr. rubra, Phleum alpinum, Deschampsia caespitosa, Alchemilla gr. vulgaris, Ranunculus montanus, Trifolium repens, Achillea gr. millefolium, Agrostis tenuis, Trifolium pratense, Potentilla aurea, Trifolium thalii, Poa alpina
Altitudine
Sotto i 1.900 m, in genere nei dintorni delle malghe
Caratteri stazionali
Pascoli pianeggianti o a modesta pendenza, substrato siliceo, terreni profondi con buona disponibilità di acqua e fertilità elevata
Criticità
Sono i pascoli migliori e più comodi da raggiungere, per questo non sono in genere soggetti a fenomeni legati all'abbandono. Importante il dimensionamento e la distribuzione corretta del carico animale ricorrendo anche a recinzioni mobili o fisse per evitare fenomeni legati al sovraccarico tra cui l'invasione di specie nitrofile e l'eccessivo compattamento del suolo
Biodiversità
Media
caratteristiche pastorali Appetibilità
Elevata
Carico mantenibile
3-4 UBA ha-1 per 60 giorni
Pratiche pastorali
Sono i pascoli a migliore offerta foraggera da utilizzare all'inizio e alla fine della stagione di alpeggio, data la buona fertilità si prestano ad interventi di miglioramento onerosi come lo sfalcio dei refusi, e l'aspersione dei reflui stallini
Periodo di pascolamento
Giugno e sul ricaccio a fine agosto-inizio settembre
Produttività
2-3 t sostanza secca ha-1 anno-1
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Festuceti magri caratteristiche generali
Specie principali
Festuca gr. rubra, Nardus stricta, Potentilla aurea, Anthoxanthum alpinum, Leontodon helveticus, Geum montanum, Homogyne alpina, Poa alpina, Leontodon hispidus, Phleum alpinum, Carex sempervirens, Pulsatilla alpina, Avenula versicolor, Ligusticum mutellina
Altitudine
Tra 1.800 e 2.000 m
Caratteri stazionali
Pendenza modesta, substrato siliceo, terreni mediamente profondi a buona disponibilità idrica, fertilità da mediocre a discreta
Criticità
I festuceti magri sono suscettibili di involuzioni floristiche che si possono innescare in modo rapido in conseguenza della riduzione dell'utilizzo pastorale, è quindi opportuno incentivare il pascolamento per conservare questi pascoli dal punto di vista produttivo e ambientale
Biodiversità
Elevata
caratteristiche pastorali
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Appetibilità
Buona
Carico mantenibile
1-3 UBA ha-1 per 60 giorni
Pratiche pastorali
Tipo che si presta ad un'utilizzazione principale e ad una secondaria sul ricaccio, date le discrete condizioni di giacitura si presta ad interventi di fertilizzazione organica
Periodo di pascolamento
Luglio e a fine agosto-inizio settembre sul ricaccio
Produttività
1,8-2,5 t sostanza secca ha-1 anno-1
Nardeti caratteristiche generali
Specie principali
Nardus stricta, Festuca gr. rubra, Phleum alpinum, Potentilla erecta, Leontodon helveticus, Anthoxanthum alpinum, Potentilla aurea, Homogyne alpina, Calluna vulgaris, Vaccinium myrtillus, Vaccinium vitis-idaea, Arnica montana, Avenella flexuosa, Avenula versicolor
Altitudine
Fino a 2.200 m
Caratteri stazionali
Da pianeggiante a moderatamente pendente, substrato siliceo, terreni mediamente profondi a buona disponibilità idrica, fertilità bassa
Criticità
Si distinguono i nardeti delle quote più elevate e quelli delle quote inferiori. I primi sono indicatori di una discreta utilizzazione animale che favorisce il ritorno di fertilità e la presenza di un tipo di pascolo abbastanza produttivo tenuto presente le limitazioni di carattere ambientale. I secondi sono al contrario indicatori di condizioni di sottocarico e involuzione floristica che può rappresentare il primo sintomo della invasione da parte di specie arbustive. In entrambi i casi l'utilizzazione pastorale favorisce le specie pabulari, la fertilizzazione organica potrebbe senz'altro elevare il valore foraggero di queste zone ma in genere sono distanti dai ricoveri e difficilmente raggiungibili dai mezzi meccanici
Biodiversità
Medio-elevata
caratteristiche pastorali Appetibilità
Bassa
Carico mantenibile
2-4 UBA ha-1 per 30 giorni
Pratiche pastorali
I nardeti presentano una buona percentuale di specie scarsamente appetite dal bestiame tra cui il nardo stesso, l'attitudine foraggera del tipo pastorale è comunque suscettibile di miglioramento, in alcuni casi si può anche verificare la presenza di un buon ricaccio pascolabile a fine stagione. La dislocazione dei nardeti rende in genere difficili gli interventi di miglioramento, sarebbe comunque opportuno dove possibile effettuare lo spargimento dei liquami stallini per migliorare le condizioni di fertilità generale e anticipare l'utilizzazione pastorale alla prima metà di luglio
Periodo di pascolamento
Luglio e, in presenza di ricaccio, a fine agosto
Produttività
2,5 t sostanza secca ha-1 anno-1
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Arbusteti caratteristiche generali
Specie principali
Vaccinium myrtillus, Calluna vulgaris, Nardus stricta, Vaccinium vitis-idaea, Rhododendron ferrugineum, Festuca gr. rubra, Avenella flexuosa, Potentilla erecta, Vaccinium uliginosum
Altitudine
Fino a 2.000 m
Caratteri stazionali
Pendenza da elevata a molto elevata, substrato siliceo, terreni poco profondi a scarsa fertilità
Criticità
Il recupero delle aree colonizzate dagli arbusti attraverso interventi meccanici o distruttivi può essere considerato efficace soltanto se è prevista la presenza successiva di un numero adeguato di animali, in alcuni casi possono essere impiegati gli animali stessi per recuperare piccole superfici invase da arbusti attraverso la mandratura e la stabbiatura che prevedono carichi concentrati come numero di animali e per brevi periodi di tempo in modo da sfruttare l'azione di calpestamento e restituzione della fertilità del pascolamento
Biodiversità
Medio-bassa
caratteristiche pastorali
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Appetibilità
Molto bassa
Carico mantenibile
1-2 UBA ha-1 per 30 giorni
Pratiche pastorali
Le zone in fase di invasione arbustiva sono in genere quelle che risultano più scomode per il bestiame per condizioni di giacitura (eccessiva pendenza) oppure perché in posizioni distanti dai ricoveri. L'utilizzazione pastorale deve quindi essere incentivata attraverso la creazione di punti di richiamo e l'utilizzo di recinzioni mobili o fisse in modo da obbligare il bestiame ad utilizzare queste aree. Per le zone ormai in fase avanzata di invasione (facies ad arbusteto chiuso) è necessario ricorrere all'eliminazione della vegetazione infestante oppure escludere del tutto il pascolamento per permettere all'evoluzione naturale di seguire il suo corso senza disturbi esterni
Periodo di pascolamento
Luglio
Produttività
2,6 t sostanza secca ha-1 anno-1
Curvuleti caratteristiche generali
Specie principali
Carex curvula, Leontodon helveticus, Pulsatilla alpina, Festuca gr. rubra, Primula minima, Anthoxanthum alpinum, Avenula versicolor, Potentilla aurea, Nardus stricta, Leontodon hispidus, Loiseleuria procumbens
Altitudine
Sopra i 2.000 m
Caratteri stazionali
Pendenza da scarsa ad elevata, substrato siliceo, terreno non profondo a scarsa fertilità
Criticità
L'abbandono pastorale favorisce le specie semi-legnose della brughiera rispetto a quelle erbacee a maggiore attitudine pascoliva
Biodiversità
Media
caratteristiche pastorali Appetibilità
Bassa
Carico mantenibile
2-3 UBA ha-1 per 15 giorni
Pratiche pastorali
Tipo pastorale da sfruttare come risorsa foraggera nel pieno dell'estate quando l'attività vegetativa è al culmine per ridurre la pressione sui pascoli alle quote inferiori
Periodo di pascolamento
Tra la fine di luglio e la prima metà di agosto
Produttività
0,5 t sostanza secca ha-1 anno-1
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Seslerieti-sempervireti caratteristiche generali
Specie principali
Sesleria varia, Carex sempervirens, Festuca gr. rubra, Lotus alpinus, Polygonum viviparum, Avenula versicolor, Ranunculus montanus, Anthyllis vulneraria, Homogyne alpina, Thymus gr. serpyllum, Helianthemum nummularium, Poa alpina, Trifolium repens, Horminum pyrenaicum, Erica carnea
Altitudine
1.800-2.000 m (sopra i 2.000 m in genere si trovano i ghiaioni)
Caratteri stazionali
Pendenza da media ad elevata, substrato calcareo, terreni superficiali ricchi di scheletro e materiale grossolano affiorante, disponibilità idrica ridotta
Criticità
Le dinamiche evolutive legate ai pascoli calcarei sono connesse principalmente con il naturale processo di acidificazione del substrato dovuto all'azione della vegetazione stessa e al dilavamento dei carbonati operato dalla pioggia, l'azione di pascolamento contribuisce comunque a questo processo. Il fenomeno dell'invasione di arbusti in questi pascoli risulta meno diffuso e in alcuni casi anche positivo grazie alla maggiore capacità della vegetazione cespugliosa di trattenere il terreno e limitare i fenomeni erosivi.
Biodiversità
Elevata
caratteristiche pastorali
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Appetibilità
Bassa
Carico mantenibile
1-2 UBA ha-1 per 30 giorni
Pratiche pastorali
I seslerieti rappresentano praterie adattate alle difficili condizioni edafiche tipiche dei suoli calcarei, l’utilizzazione risulta limitata nel periodo centrale dell’estate, l’elevata pendenza media tipica dei substrati calcarei rende queste superfici più adatte ad un’utilizzazione con specie ovine o caprine
Periodo di pascolamento
Tra la fine di agosto ed i primi di settembre
Produttività
0,5-1 t sostanza secca ha-1 anno-1
Chiave di riconoscimento dei tipi pastorali Di seguito è illustrata con un diagramma la chiave dicotomica per riconoscere in campo i principali tipi pastorali presenti in Comelico brevemente descritti in precedenza. Partendo dall’alto e rispondendo alle domande poste in modo conseguente, si può arrivare in modo agevole all’identificazione del tipo di vegetazione pastorale in cui ci si trova. Nella chiave non compaiono i ghiaioni e le torbiere perché esulano dalla presente trattazione e perché sono facilmente riconoscibili dai pascoli in senso stretto. La chiave è organizzata in modo da ridurre al minimo il numero di specie da identificare così da facilitare l’uso anche per coloro che hanno modeste conoscenze botaniche. Una foto e una descrizione delle specie qui richiamate sono riportate nel capitolo relativo alle principali specie presenti. L’identificazione definitiva del tipo pastorale a cui si giunge attraverso l’applicazione della chiave dicotomica, dovrà poi essere confermata verificando se il pascolo che si intende riconoscere risponde alla descrizione generale riportata nelle schede riassuntive e nella descrizione generale dei tipi pastorali. Occorre precisare che l’inquadramento della vegetazione in tipi pastorali è un metodo comodo ed efficace per descrivere i pascoli, il passaggio da un tipo di pascolo ad un altro non è però quasi mai netto ma graduale, è quindi comune trovarsi in zone di transizione tra due tipi pastorali piuttosto che in un tipo ben definito, in questi casi può essere d’aiuto l’elenco delle specie principali riportato per le facies pastorali.
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Schema evolutivo delle formazioni pastorali I pascoli sono in forte dipendenza dall’ambiente e dalle pratiche pastorali di utilizzazione. Il tipo pastorale, infatti, non è altro che il risultato dell’interazione di queste due forze: se queste variano la vegetazione reagisce spostando il suo equilibrio. Mentre le condizioni ambientali possono ritenersi più o meno stabili nel tempo, non altrettanto può dirsi per le pratiche pastorali per cui è indispensabile conoscere gli effetti che la gestione dei pascoli ha sugli stessi.
Modello generale e semplificato dell’azione contrapposta tra la tendenza successionale e la pressione di pascolamento al di sotto del limite della vegetazione arborea: l’equilibrio tra queste due forze determina il tipo pastorale. L’alterazione dell’equilibrio comporta l’invasione di specie rifiutate e il degrado da un lato e l’invasione di arbusti e il ricostituirsi del bosco dall’altro. La distribuzione dei differenti tipi di vegetazione è quindi il risultato di un equilibrio molto complesso tra fattori abiotici (clima e suolo) e biotici (pascolamento e pratiche pastorali) che spesso deve essere interpretato con particolare atten-
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zione. I fattori abiotici aumentano d’importanza tanto più che diventano limitanti: così il clima ha azione preponderante ad alte quote, dove si insedia il curvuleto, mentre la matrice litologica e la scarsa evoluzione pedologica sono l’elemento più importante nelle aree calcaree parzialmente incoerenti, dove si insedia una vegetazione ricca di specie ma dal limitato valore foraggero.
Esempio di pascolo su pendice invasa da arbusti.
Anche la giacitura dei terreni ha un peso piuttosto determinante: gli arbusteti infatti si collocano di preferenza nelle aree più acclivi, in questo caso però è di grande importanza anche l’elemento biotico. I terreni pendenti, infatti, non sono colonizzati dagli arbusti solo perché meno fertili e con spessore del terreno minore, ma anche e soprattutto perché meno accessibili agli animali che, se lasciati pascolare liberamente, tendono ad evitare queste zone e a stazionare nelle aree più comode dove si vengono a concentrare le restituzioni animali. La vegetazione erbacea è così soggetta a regredire a favore di quella arbustiva e se le condizioni 64
climatiche ed edafiche lo permettono, si avrà, in tempi successivi, un’evoluzione più o meno rapida verso il bosco.
Vacche a riposo, sono visibili in primo piano i danni causati dall’eccessivo calpestio al cotico.
La riduzione del pascolamento è probabilmente il problema più attuale dei pascoli, ma anche il pascolamento eccessivo può generare effetti negativi. Le condizioni di degrado con invasione di specie come il romice sono infatti da imputarsi principalmente alle condizioni di carico squilibrato e alla gestione errata delle deiezioni e dei reflui stallini che determinano il fenomeno dell’eutrofizzazione dei pascoli. Il comportamento abitudinario dei pascolatori, ancora, li porta a stazionare sempre negli stessi luoghi creando rotture al cotico per calpestio che possono innescare fenomeni erosivi.
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Esempio di pascolo sottoposto a carico eccessivo.
La naturale tendenza alla scarsa permeabilità che caratterizza molte aree pascolive del Comelico viene inoltre aggravata dal sovraccarico localizzato: l’eccessivo compattamento del suolo può infatti generare zone di ristagno idrico occupate da specie invadenti come Deschampsia caespitosa. In condizioni di carico animale equilibrato si hanno i tipi pastorali a festuceto magro alle quote meno elevate e a migliore giacitura e il nardeto nelle zone di maggior altitudine. Quando, invece, al pascolamento si aggiunge il miglioramento delle condizioni di fertilità attraverso le fertilizzazioni organiche, si hanno i festuceti pingui. Il nardeto può essere considerato una sorta di cardine dell’evoluzione vegetale dei pascoli del Comelico: questo tipo pastorale è legato ai terreni acidi e colonizza le aree in quota subito al di sotto dei curvuleti, l’utilizzo pastorale può determinare un’espansione più in alto nelle zone tipiche del
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curvuleto, l’abbandono pastorale (e quindi la diminuzione degli apporti delle deiezioni) invece, favorisce il nardeto ad espandersi nelle zone occupate più in basso dal festuceto magro. La presenza del nardeto alle quote inferiori può essere quindi interpretata come la prima fase di involuzione del pascolo che sarà seguita dall’introduzione graduale di specie arbustive; al contrario il nardeto rappresenta una formazione pastorale discreta alle quote maggiori considerando le difficili condizioni pedoclimatiche che caratterizza-
Pendice in fase iniziale di invasione arbustiva.
no questi ambienti. Le predominanti dinamiche evolutive possono essere inquadrate dividendo i tipi pastorali del Comelico secondo tre elementi ambientali principali: - substrato calcareo; - substrato siliceo sopra i 2.000 m; - substrato siliceo sotto i 2.000 m.
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Substrato calcareo La dinamica principale in queste zone è la tendenza del substrato alla progressiva acidificazione che favorisce l’evoluzione dei pascoli calcarei verso i festuceti magri. Questa tendenza viene accelerata in buona misura dal pascolamento, ma è un processo del tutto naturale legato al dilavamento delle piogge e all’azione della vegetazione stessa. Substrato siliceo sopra i 2.000 m I pascoli di alta quota su substrato siliceo tipici sono i curvuleti, che sono legati in modo principale all’adattamento alle difficili condizioni climatiche (neve, freddo, vento) e pedologiche (esiguo spessore di terreno). Il pascolamento animale è un fattore di importanza secondaria ma determina comunque l’evoluzione del curvuleto verso il nardeto perché favorisce l’ingresso e lo sviluppo delle specie caratteristiche di quest’ultimo tipo che hanno una maggiore attitudine pastorale rispetto a quelle del curvuleto. Substrato siliceo sotto i 2.000 m I pascoli sub-acidi di questa fascia altitudinale sono maggiormente soggetti alla gestione del pascolo operata dall’uomo e, per questo, le dinamiche evolutive risultano più complesse. I festuceti pingui, i festuceti magri, i nardeti e gli arbusteti possono essere considerati, in modo semplicistico ma non distante dalla realtà, come una sequenza consecutiva di tipi di vegetazione che si trasformano gradualmente l’uno nell’altro a mano a mano che l’intensità del pascolamento diminuisce. Fino a quando la vegetazione arbustiva non “chiude” il pascolo, questo trend è reversibile agendo semplicemente sull’utilizzazione pastorale; al contrario, il recupero delle superfici ormai invase necessita di interventi onerosi che prevedono l’eliminazione delle 68
specie infestanti anche attraverso mezzi meccanici. La diminuzione del pascolamento nelle zone meno agevoli ha come conseguenza anche il concentramento dei pochi animali portati in alpeggio nelle zone limitrofe ai ricoveri, con gli effetti di eutrofizzazione e costipamento dei terreni dovuti al sovraccarico. Per riequilibrare il carico tra le zone sottocaricate e quelle sovraccaricate è necessaria una gestione razionale dell’alpeggio che miri ad equilibrare il prelievo e le restituzioni di fertilità organica apportate direttamente sul pascolo dagli animali, per preservare il valore produttivo, ambientale e paesaggistico delle superfici pascolive.
Schema della dinamica evolutiva tra i tipi pastorali del Comelico su substrato siliceo in relazione alle variazioni di carico animale e di quota.
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Utilizzo di recinzioni mobili per indurre il bestiame ad utilizzare i pascoli meno comodi.
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Alcune specie dei pascoli del Comelico Aconitum napellus (Ranunculaceae) Nome volgare: aconito napello
La specie presenta molte sottospecie estremamente simili tra loro. E’ pianta rizomatosa, con fusti eretti poco ramosi, foglie profondamente laciniate, scure nella lamina superiore e biancastre inferiormente. L’infiorescenza è costituita da una spiga densa, spesso ramosa alla base, azzurro-violacea. Questa pianta si trova spesso vicino alle malghe, su terreni con elevata concentrazione di nitrati. E’ pianta altamente tossica.
Alchemilla gr. vulgaris (Rosaceae)
Nome volgare: ventaglina, erba stella Pianta provvista di un rizoma da cui si dipartono le foglie di forma palmata, più o meno incise, al lato delle quali sono presenti i fusti fiorali. I fiori sono poco appariscenti, di colore verde-giallognolo, senza petali e provvisti solo di quattro sepali. E’ molto diffusa nei prati e nei pascoli, soprattutto nelle aree con presenza di umidità. Ha un certo interesse dal punto di vista foraggero e anche di tipo farmaceutico.
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Antennaria dioica (Compositae)
Nome volgare: sempiterni di montagna Specie a distribuzione molto ampia, che si ritrova però anche in aree alpine su suoli umificati e acidi. La pianta presenta un rizoma da cui si dipartono dei corti stoloni che terminano con una rosetta di foglie spatolate e spesso mucronate all’apice. I fusti sono eretti e angolosi. La pianta è dioica, quindi porta i fiori dei due sessi su piante diverse, con quelli maschili di colore biancastro, mentre quelli femminili sono leggermente arrossati.
Anthyllis vulneraria (Leguminosae)
Nome volgare: vulneraria comune Specie ad ampia ecologia e distribuzione, formata da diverse sottospecie. Il fusto è legnoso alla base ed eretto, generalmente peloso. Le foglie sono imparipennate con un numero di foglioline superiore a tre. Il fiore è un capolino giallastro, piuttosto grosso. E’ specie di discreto valore foraggero e vegeta in genere nei pascoli su substrato calcareo, preferibilmente nelle stazioni più assolate e aride.
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Biscutella laevigata (Cruciferae)
Nome volgare: biscutella montanina Pianta con fusto eretto, di taglia non troppo elevata (massimo 50 cm) che presenta foglie basali in rosetta di forma allungata, spatolate, mentre quelle cauline sono corte e quasi lineari. Il fiore è di colore giallo pallido e i frutti (siliquette) sono ben riconoscibili in quanto formati da due dischetti appiattiti, quasi a forma di occhiali. Vegeta in genere in zone sassose, su substrato prevalentemente calcareo.
Calluna vulgaris (Ericaceae) Nome volgare: brugo
Il brugo è un arbusto di taglia piuttosto bassa, diffuso in molti ambienti su suoli acidi. Le foglie sono brevi, densamente embricate e disposte su 4 file, quasi a formare delle squame sovrapposte. L’infiorescenza è roseo-violetta, unilaterale. Insieme ad altre specie della famiglia delle Ericaceae forma la cosiddetta brughiera subalpina che tende ad espandersi in aree poco utilizzate dagli animali o abbandonate.
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Campanula barbata (Campanulaceae) Nome volgare: campanula barbata
Pianta di piccola taglia (20-40 cm) costituita da un fusto eretto, angoloso e peloso. Le foglie sono quasi tutte in rosetta basale, di forma lanceolata e spatolata, mentre quelle del fusto sono via via più piccole e quasi lineari. Il fiore è una corolla pendula, di colore viola pallido, barbata sui margini. Di nessun interesse pastorale, si trova nei pascoli magri, su suoli acidi.
Campanula scheuchzeri (Campanulaceae) Nome volgare: campanula di Scheuzer
Questa campanula è costituita da fusti piuttosto bassi (20-40 cm) che portano in genere un solo fiore terminale violaceo, a tubo svasato e pendulo. Le foglie basali sono tondeggianti o cuoriformi, picciolate e di norma scompaiono alla fioritura, mentre quelle lungo il fusto sono lineari e in genere le più lunghe si ritrovano nel tratto mediano del fusto. E’ pianta di nessun interesse foraggero che si trova su diversi substrati, con preferenza per quelli acidi.
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Carex curvula (Cyperaceae)
Nome volgare: carice ricurva Specie di taglia piuttosto ridotta, formante cespi densi alla base avvolti da fasci di fibre di colore bruno. Foglie allungate, molto strette, ricurve e tipicamente secche nella parte apicale. Presenta un’infiorescenza corta e compatta, che porta nella parte terminale le spighe con i fiori maschili, mentre quelli femminili (che fioriscono prima) sono nella parte sottostante. Tipica specie delle aree acide di altura, dove spesso è la specie dominante. Scarso il valore foraggero.
Carex sempervirens (Cyperaceae)
Nome volgare: carice verdeggiante Pianta con rizomi, con fusto a sezione triangolare avvolto spesso da fibre brune persistenti. Le foglie sono meno lunghe del fusto, di colore verde lucido, con lamina larga 2-3 mm. Le infiorescenze femminili sono peduncolate ed erette, quella maschile in genere è unica e portata nella parte terminale del fusto. E’ specie tipica dei pascoli su calcare, spesso soleggiati e aridi, in associazione a Sesleria varia. L’interesse foraggero è modesto.
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Deschampsia caespitosa (Graminaceae) Nome volgare: migliarino maggiore
Graminacea che forma cespi molto grossi con culmi eretti, alti e robusti. Foglie a lamina piana, larghe fino a 4-5 mm, piuttosto coriacee, con le nervature molto evidenti. Ligula lunga e ben visibile. Pannocchia molto ampia, con rami portati in verticilli. E’ specie tipica dei pascoli umidi e fertili, spesso nelle aree ben utilizzate dagli animali. Pianta appetita se utilizzata precocemente, poi tende ad indurire e ad essere rifiutata dagli animali.
Euphrasia minima (Scrophulariaceae) Nome volgare: eufrasia minima
Pianta annuale di taglia molto ridotta (altezza massima 10-15 cm), con fusto eretto e non ramificato. Le foglie sono opposte, piccole, dentate e arrotondate. La corolla del fiore è di ridotte dimensioni, bianca o giallastra (talvolta porpora). E’ specie molto diffusa nei pascoli e nelle brughiere su suoli acidi, spesso in zone aride. Di nessun interesse pastorale.
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Festuca paniculata (Graminaceae)
Nome volgare: festuca pannocchiuta Pianta di taglia alta che forma densi cespi, con fusti eretti e robusti, circondati alla base dai tessuti secchi e persistenti delle guaine. Foglie coriacee e consistenti, con nervature ben rilevate, di colore tendente al glauco sulla pagina superiore. Pannocchia di forma piramidale, ampia, con spighette di colore giallo-brunastro. Si trova nelle aree aride montane e subalpine, prevalentemente esposte a sud, spesso in zone di pendio. Valore foraggero modesto.
Festuca gr. rubra (Graminaceae) Nome volgare: festuca rossa
Pianta di discreto valore foraggero (spesso riportata come gruppo data la sua variabilità) rappresenta una delle specie più diffuse nei pascoli alpini e dà il nome al festuceto a Festuca gr. rubra, formazione di buona qualità, soprattutto quando è ben utilizzata ed è situata su suoli fertili. Tende a formare cespi con fusti non molto alti e ginocchiati alla base, foglie basali strette e cilindriche, quelle caulinari piccole e con lamina piana. La spiga è una pannocchia ampia di colore verde con screziature violacee.
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Gentiana asclepiadea (Gentianaceae)
Nome volgare: genziana di Esculapio Questa pianta è provvista di un robusto rizoma ramificato e giallastro. I fusti sono eretti o incurvati, cilindrici e glabri. Le foglie sono sessili, ovato-lanceolate, con 3-5 nervature evidenti, le superiori abbracciano quasi il culmo. I fiori sono singoli o radunati a fascetti, portati all’ascella delle foglie poste più in alto, penduli, di forma campanulata e di colore azzurro-violaceo. La fioritura è tardiva (agosto-settembre). Si trova in radure e cespuglieti, in zone umide, su suoli prevalentemente calcarei.
Gentiana kochiana (Gentianaceae) Nome volgare: genziana di Koch
Pianta di piccola taglia, con foglie basali di forma variabile da ovate a lanceolate, portate in rosetta mentre lungo il corto fusto, sono presenti in genere un paio di foglie di dimensioni molto ridotte. Lo scapo porta all’estremità un solo fiore, solitamente eretto, formato da una corolla campanulata di colore azzurro-violetto. E’ una specie piuttosto abbondante nei pascoli a partire dai 1500 m e fiorisce fra l’inizio della stagione vegetativa e agosto. Non presenta alcun interesse foraggero. 78
Gentiana punctata (Gentianaceae)
Nome volgare: genziana punteggiata Questa specie è molto diffusa nelle praterie su suoli acidi, e spesso accompagna il nardo nella composizione del cotico oppure si ritrova nelle brughiere dominate dagli arbusti subalpini (come rododendro, brugo, mirtillo ecc.). Presenta fusti corti e tozzi e foglie opposte di forma lanceolato-ellittica a nervature assai marcate. I fiori sono portati a fascetti nella parte apicale della pianta e presentano corolla giallastra con punteggiature scure evidenti. Specie di nessun interesse foraggero ma con impieghi in campo farmaceutico.
Gentiana verna (Gentianaceae)
Nome volgare: genziana primaticcia Pianta che possiede un fusto prostrato con alla base una rosetta ben sviluppata di foglie formata da elementi diseguali: le foglie inferiori sono piĂš grandi (fino a 3 cm) e di forma ellittica, quelle superiori lungo il fusto via via piĂš piccole e di forma allungata. I fusti fioriferi sono assai corti e portano un solo fiore, dalla corolla azzurro intenso, molto precoce (fioritura aprile-giugno). Si trova nei pascoli aridi, prevalentemente su suoli calcarei. 79
Geum montanum (Rosaceae)
Nome volgare: cariofillata montana Specie di piccole dimensioni in genere molto diffusa nelle formazioni acidofile e spesso insieme al nardo. E’ caratterizzata da foglie poste in rosette basali, con lamina decisamente pelosa e formata da lobi di diversa dimensione, con quello terminale nettamente più grande degli altri. Il fiore è generalmente unico, giallo, portato all’apice di un breve fusticino. Specie molto diffusa, anche in aree ad altitudini molto elevate, fiorisce da giugno ad agosto.
Homogyne alpina (Compositae)
Nome volgare: tossilaggine alpina E’ specie che si ritrova in diversi ambienti di alta quota, spesso su suoli poveri e silicei. Le foglie sono portate in rosetta basale, dotate di breve picciolo, di forma tondeggiante o reniforme, crenate, di colore verde scuro e lucide superiormente, più chiare e pelose inferiormente. Il fiore è un capolino, generalmente unico, portato da un fusto tubulare, rossastro e dotato di peli. E’ una pianta diffusa ma di nessun interesse pastorale.
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Hypochoeris uniflora (Compositae) Nome volgare: costolina alpina
Specie che presenta il fusto eretto, di grosse dimensioni (fino a 5-6 mm), tubuloso e che tende ad ingrossarsi verso l’alto. Le foglie basali sono portate in rosetta, lanceolate, dentate e pelose, quelle del fusto più piccole, allungate e a bordo intero. Il fiore posto alla sommità del fusto è unico, piuttosto grosso (5-6 cm), con l’involucro ricoperto di peli, di colore giallo. Si trova nelle praterie e nei pascoli alpini, anche a quote elevate, su suoli acidi.
Leontopodium alpinum (Compositae)
Nome volgare: stella alpina, Edelweiss Specie di taglia piuttosto ridotta (10-20 cm), costituita da un fusto eretto, leggermente legnoso alla base, con foglie basali oblunghe, lanceolate, acute all’apice, quelle cauline quasi lineari. Il fusto porta all’apice un corimbo formato da 2-10 capolini di colore giallastro e circondati da brattee bianche e lanose, a disposizione raggiata. Fiorisce in luglio e agosto. Diffusa nei pascoli alpini anche di alta quota, generalmente su suoli calcarei.
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Lilium martagon (Liliaceae)
Nome volgare: giglio martagone Pianta con bulbo squamoso e di grosse dimensioni da cui si diparte un fusto cilindrico e robusto, con striature viola. Le foglie inferiori sono disposte a verticillo, a gruppi di 4-8 e di forma lanceolata, le superiori sparse. Il fiore è portato da un peduncolo fortemente incurvato, è di colore rosso intenso o carminio, con stami penduli molto sporgenti. Si trova in genere nelle radure e nelle boscaglie su ogni substrato, fiorisce da giugno ad agosto.
Linaria alpina (Scrophulariaceae) Nome volgare: linajola alpina
Specie caratterizzata da piccola taglia, con fusto sdraiato o ascendente. Le foglie sono spesse e carnose, verde scuro tendenti all’azzurrognolo. I fiori presentano corolle di colore violetto-azzurro, spesso con due chiazze giallo-arancioni. Si trova in genere sui macereti, ghiaioni o greti di torrenti, su diversi substrati ma con preferenza per quelli di origine calcarea. Non ha nessun interesse pastorale.
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Loiseleuria procumbens (Ericaceae) Nome volgare: azalea alpina
Specie arbustiva di ridottissima taglia, che forma densi e prostrati tappeti costituiti da fusti legnosi striscianti, da cui si dipartono rami ascendenti corti (5-10 cm). Le foglie sono corte, opposte ed ellittiche, ad apice arrotondato, sempreverdi e lucide nella pagina superiore. I fiori sono costituiti da una piccola campanula rosata a 5 lobi. Questa specie assai rustica è presente nelle aree silicee di alta quota, ventose, spesso in corrispondenza dei passi, formando tipiche strutture a spalliera.
Lotus alpinus (Leguminosae) Nome volgare: ginestrino
Questa specie rappresenta la forma alpina del comune ginestrino, pianta ad ampia diffusione ecologica e pressoché ubiquitaria. Il fusto è lignificato alla base, con rami ascendenti e angolosi. Le foglie sono a 5 segmenti, di cui due alla base vicino al fusto come stipole, le altre in posizione apicale, di forma ovale o più o meno rotonda. Infiorescenza di colore giallo intenso, a volte screziata di bruno. Buona foraggera.
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Nardus stricta (Graminaceae)
Nome volgare: nardo, cervino E’ una delle specie più diffuse sui suoli acidi, arrivando ad essere la specie largamente dominante nelle formazioni dette nardeti. E’ pianta di taglia ridotta, con culmi piuttosto rigidi, foglie leggermente acuminate e dure, scabre al tatto, con guaine giallastre persistenti. La spiga è unilaterale di colore nerastro e facilmente riconoscibile. E’ rifiutata dagli animali (a volte utilizzata e risputata sul pascolo) per cui la sua diffusione tende a ridurre notevolmente il valore pastorale del cotico erboso.
Papaver alpinus subsp. rhaeticum (Papaveraceae) Nome volgare: papavero alpino
Presenta fusti striscianti da cui si erigono fusti fiorali piuttosto corti e incurvati in alto, recanti un solo fiore. Le foglie sono solo in posizione basale, picciolate e pennate, villose. I fiori sono piuttosto grossi (diametro di 3-5 cm) e penduli, di colore giallo dorato. Fiorisce nel periodo luglio-agosto. Si trova sui ghiaioni e macereti di origine calcarea.
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Phleum alpinum (Graminaceae)
Nome volgare: codolina alpina Pianta cespitosa che presenta corti stoloni, di dimensioni piÚ piccole (40-60 cm) della codolina comune. Fusti ascendenti, glabri, con nodi spesso scuri. Foglie a lamina piana, a volte leggermente spiralate, con guaine fogliari rigonfie. La spiga è ovata o cilindrica corta e compatta, di colore ceruleovioletto. Si trova in aree fertili, a volte vicino alle malghe, o nei pascoli su suoli acidi (nardeti). Ottima foraggera.
Phyteuma betonicifolium (Campanulaceae) Nome volgare: raponzolo montano
Pianta alta fino a 50-70 cm, con fusto eretto e striato. Le foglie basali sono picciolate, di forma lanceolata e allungate, dentate sul bordo, troncate o leggermente cordate alla base. Il fiore è una spiga, di forma piuttosto allungata e cilindrica (a dispetto delle altre specie del genere), di colore viola. Si trova in prati, pascoli, cespuglieti, in prevalenza su substrati silicei.
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Pinguicola alpina (Lentibulariaceae) Nome volgare: erba-unta bianca
Specie che presenta le foglie portate in rosetta basale, di forma lanceolata e con bordo arrotolato, e caratterizzate dalla presenza di ghiandole vischiose sulla pagina superiore che permettono a questa pianta di catturare piccoli insetti. Il fusto è corto e senza foglie, portante un unico fiore terminale biancastro con screziature gialle. Si trova nei luoghi umidi, prevalentemente su substrato calcareo.
Poa alpina (Graminaceae)
Nome volgare: fienarola delle Alpi Pianta di taglia media, costituita da fusti eretti privi di foglie nella metà inferiore, spesso ingrossati alla base. Foglie a lamina piana, quelle basali piÚ larghe (3-4 mm) di quelle cauline. Spiga con rami quasi orizzontali quando aperta, portati in verticillo. Spesso la pianta produce bulbilli germinanti direttamente sulla spiga (fenomeno della viviparia). E’ molto diffusa nei pascoli, anche fertili, su ogni substrato. Buona foraggera.
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Polygonum bistorta (Polygonaceae) Nome volgare: poligono bistorta
Pianta di taglia piuttosto alta che si trova diffusamente nei prati e pascoli alpini fino a 1800-2000 m di altitudine, soprattutto in zone ben dotate di fertilità. Presenta le foglie basali lanceolate e glauche nella pagina inferiore portate da un lungo picciolo, mentre le cauline sono più piccole e di forma allungata. L’infiorescenza è una spiga unica, di forma cilindrica allungata e di colore roseo-violetto. Presenta inoltre un fusto sotterraneo (rizoma) contorto.
Primula auricula (Primulaceae)
Nome volgare: primula orecchia d’orso Pianta di piccole dimensioni, con foglie (fino a 10 cm) in rosetta, carnose, coriacee, di forma obovata e dentellate nella parte superiore, con margine biancastro. Lo scapo porta un’ombrella di fiori gialli. Si trova sulle rupi e sulle pareti calcaree. Fiorisce precocemente (aprile-giugno).
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Primula farinosa (Primulaceae)
Nome volgare: primula farinosa Pianta di dimensioni molto ridotte (alta al massimo 10-15 cm), con foglie spatolate, bianco farinose nella pagina inferiore, dentate. Lo scapo è molto breve e cilindrico portante una infiorescenza formata da numerosi fiori di colore roseo-violaceo con i lobi della corolla leggermente incisi. Si trova su ogni substrato (preferibilmente su calcare), anche in zone umide e torbose. Fiorisce tra aprile e luglio.
Pulsatilla alpina (Ranunculaceae) Nome volgare: pulsatilla alpina
Pianta di taglia piuttosto ridotta, caratterizzata da un fusto sotterraneo legnoso ricoperto da squame scure. Le foglie basali sono bipennate, triangolari, quelle del fusto portate in verticilli. Il fusto è nerastro nella parte basale e densamente peloso e porta anche delle brattee picciolate. Il fiore presenta una corolla bianca formata da 6-7 petali e piuttosto vistosa (4-6 cm di diametro), portato su un peduncolo. Comune nei pascoli alpini su qualunque substrato.
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Rhododendron ferrugineum (Ericaceae) Nome volgare: rododendro rosso
Arbusto sempreverde dotato di rami ascendenti piuttosto fragili. Le foglie sono glabre e di forma vagamente ellitticoallungata, con caratteristico colore rugginoso nella pagina inferiore per la presenza di ghiandole. Fiori di forma tubulare portati da corti peduncoli, di colore rosso-purpureo. La fioritura avviene tra maggio e agosto a seconda della stazione. Tende a colonizzare i pascoli della fascia subalpina abbandonati o poco utilizzati dagli animali, sempre su suolo acido, ad altitudini anche elevate.
Sesleria varia (Graminaceae)
Nome volgare: sesleria comune Graminacea cespitosa di medie dimensioni (fino a 30-50 cm), con fusti eretti, lisci, avvolti dalle foglie solo nella parte inferiore. Foglie verdi, piane, lucide superiormente, larghe fino a 2-4 mm. Spiga compatta e raccorciata, lunga fino a 2-3 cm, a volte violacea. Specie diffusa, spesso in associazione a Carex sempervirens, in pascoli alpini, anche ad alta quota su suoli calcarei. Valore foraggero modesto.
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Silene acaulis (Caryophyllaceae)
Nome volgare: silene a cuscinetto Pianta che vegeta adagiata al suolo, formando tipici cuscinetti molto densi, e dotata di fusti sotterranei. Foglie da lineari a lanceolate e fiori piccoli e molto profumati, solitari, con petali di colore rosato a volte smarginati, fioritura tra luglio e agosto. Vegeta sui macereti, le rupi e i ghiaioni di origine calcarea, anche ad alta quota. Nessun interesse foraggero.
Trifolium badium (Leguminosae) Nome volgare: trifoglio bruno
Leguminosa di taglia piuttosto ridotta (fino a 10-15 cm), con fusti ascendenti, ramosi e coperti da fine peluria. Foglie trifogliate con presenza di stipole intere. I fiori, portati da un lungo peduncolo, sono di colore giallo inizialmente, poi tendente al marrone-bruno. Abbastanza frequente e diffuso nei pascoli e nelle praterie su substrato in prevalenza calcareo. Discreta foraggera.
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Trollius europaeus (Ranunculaceae) Nome volgare: botton d’oro
Pianta di taglia media (massimo intorno a 40-60 cm) che presenta un fusto eretto, striato e leggermente scanalato, recante un fiore globoso piuttosto grosso (5-6 cm di diametro), di colore giallo intenso con screziature verdastre. Le foglie basali sono grandi e lungamente peduncolate, intensamente divise in più lobi, mentre quelle cauline sono sessili, più piccole e meno incise. Si trova su ogni tipo di suolo, in aree prative e pascolive umide, spesso caratterizzate da elevata fertilità azotata.
Vaccinium myrtillus (Ericaceae) Nome volgare: mirtillo nero
E’ un piccolo arbusto che si trova nei boschi di conifere, nella brughiera subalpina e nei pascoli poco utilizzati, su suoli acidi. Presenta un fusto sotterraneo rossastro, che porta rami eretti verdi, angolosi. Le foglie hanno un corto picciolo, con lamina ovale o ellittica, leggermente acuminate e con margine finemente seghettato. I fiori sono peduncolati e portati all’ascella delle foglie, i frutti sono bacche tondeggianti di colore bluastro, pruinosi.
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Veratrum album (Liliaceae) Nome volgare: veratro
Pianta di grande taglia, con grosso rizoma e fusto eretto cilindrico, interamente fasciato dalle guaine fogliari, ricoperto da fine peluria. Le foglie sono alterne, larghe, ellittico-lanceolate, dotate di nervature ben evidenti. Infiorescenza terminale in racemo, formata da fiori piccoli, a 6 tepali di colore verde-giallastro. Si trova in prati, pascoli e radure umide, spesso in presenza di elevata fertilità del terreno. E’ pianta tossica.
Viola biflora (Violaceae)
Nome volgare: viola gialla Pianta con sottile rizoma strisciante e fusti ascendenti. Le foglie sono lungamente picciolate, grandi, reniformi dalla cui ascella si dipartono i fusti fiorali. Sono presenti anche due piccole stipole lanceolate. I fiori sono composti da cinque petali gialli, con corolla larga 1-2 cm. Diffusa nelle aree umide ed ombrose, su qualsiasi substrato. Di nessun interesse foraggero.
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Piccolo glossario Alterne: detto di foglie disposte una per nodo, orientate alternativamente da una parte e dall’altra lungo il fusto Associazione vegetale: raggruppamento vegetale (più o
meno stabile) di specie che vivono nelle stesse condizioni ambientali
Brattea: foglia modificata che accompagna un fiore con la funzione di proteggerlo Bulbo: organo di propagazione per via vegetativa che permette anche di superare condizioni ambientali avverse
Calice: insieme dei sepali, in genere di colore verde, costituenti la struttura esterna del fiore
Capolino: infiorescenza di forma tondeggiante o sferica Caule: fusto Cespo: agglomerato di rami alla base di un fusto formanti un ciuffo Corimbo: infiorescenza in cui i peduncoli hanno lunghezze
e punti di inserzione sull’asse diversi, in modo che i fiori si situano tutti più o meno alla stessa altezza
Corolla: insieme dei petali, in genere costituenti la parte interna del fiore, spesso di colore molto appariscente Cotico erboso: manto vegetale formato dall’insieme delle specie erbacee presenti nei prati e nei pascoli
Culmo: fusto, specialmente nelle graminacee Dioico: detto di specie che presenta fiori maschili e femminili su piante diverse
Embricato: elementi disposti in maniera sovrapposta, come le tegole dei tetti 93
Facies: formazione vegetale, interna al tipo, caratterizzata da condizioni ecologico-gestionali omogenee e da un numero ridottissimo (2-4) di specie Glabro: detto di struttura anatomica (fusto, foglia) priva di
peli
Guaina fogliare: involucro posto nella parte inferiore delle foglie che in alcuni casi avvolge il culmo
Infiorescenza: raggruppamento di più fiori disposti secondo regole prestabilite e che sembrano un unico fiore Lamina: parte espansa e sottile della foglia Ligula: breve membrana portata all’ascella della lamina fogliare in alcune famiglie botaniche (es. graminacee) Mucrone: parte terminale a punta (es. di una foglia) Nervatura: insieme dei vasi conduttori presenti lungo la lamina fogliare, portati in posizione più o meno rilevata Nitrofila: specie che in genere si trova in ambienti ricchi di fertilità organica
Nodo: ingrossamento del fusto in corrispondenza del quale si ha l’attaccatura delle foglie
Oligotrofica: specie che riesce a diffondersi in aree caratterizzate da ridotta fertilità del terreno
Opposte: detto di foglie portate a coppia su un singolo nodo e in posizione contrapposta rispetto al fusto Pascolo: formazione vegetale erbacea, talora con presenza di alberi o arbusti, utilizzata mediante il prelievo diretto dell’erba da parte degli animali Pennata: detto di foglia composta, costituita da più ele-
menti, che si dispongono dai due lati di un’asse centrale, in numero pari (paripennate) o dispari (imparipennate)
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Petali: foglie modificate di vario colore che formano la corolla
Picciolo: struttura più o meno allungata che sostiene la foglia
Prato: formazione vegetale erbacea utilizzata mediante lo sfalcio e la conservazione del foraggio ottenuto attraverso diverse tecniche
Pruinoso: detto di frutti carnosi coperti da un sottile velo di una sostanza cerosa biancastra
Pubescente: detto di organi più o meno coperti di peli Rizoma: fusto sotterraneo con funzioni di riserva, generalmente ingrossato e posto in posizione orizzontale Racemo: infiorescenza costituita da fiori peduncolati inseriti lungo un asse principale dominante Rosetta: insieme di foglie disposte in maniera circolare alla base del fusto
Scapo: fusto, spesso privo di foglie, che porta solo un fiore o un’infiorescenza Sepali: foglie modificate, in genere verdi, che unite formano il calice
Sessile: privo di peduncolo Siliqua: tipico frutto delle Cruciferae, generalmente molto allungato e che si divide in due valve che a maturità si staccano lasciando i semi attaccati ad un setto centrale Slavazzo: area vicina alle malghe dove si registra aumento
di fertilità per accumulo di deiezioni e liquami derivanti dal lavaggio delle stalle
Sottospecie: ulteriore categoria gerarchicamente inferiore
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in cui può essere suddivisa una specie botanica
Spiga: infiorescenza formata da una serie di fiori sessili portati da un asse centrale (rachide)
Stipola: appendice più o meno piccola che si forma alla base dell’attacco del picciolo fogliare Stolone: ramo o fusto strisciante che emerge da una gemma alla base della pianta e dal quale vengono emessi nuovi fusti e foglie in corrispondenza dei nodi
Tepali: foglie modificate che costituiscono l’involucro fiorale nelle specie in cui non si distinguono calice e corolla
Tipo pastorale: formazione vegetale interna all’associazione e omogenea per composizione botanica e per caratteristiche gestionali e ambientali UBA: sigla di Unità Bestiame Adulto, unità di misura del carico animale: 1 UBA equivale a un bovino di 500-600 kg e che corrisponde a 6-7 capi ovini
Ubiquitario: detto di specie a diffusione molto ampia e presente in molte formazioni vegetali, indipendentemente dalle condizioni ambientali Unilaterale: detto di spiga che presenta i fiori tutti disposti su uno stesso lato Valore pastorale: indice quali-quantitativo che esprime un giudizio sul potenziale foraggero di un pascolo e che permette la stima del carico animale mantenibile
Verticillo: insieme di organi (rami, foglie) che si inseriscono sullo stesso punto intorno ad un asse centrale
Viviparo: detto di piante che producono propaguli e bulbilli che germinano quando sono ancora attaccati alla pianta
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Bibliografia essenziale Bassignana M., Bornard A., 2001. Tipologia agroecologica delle vegetazioni d’alpeggio in zona intra-alpina nelle Alpi Nord-occidentali. Cemagref, IAR, Aosta. Cavallero A., Aceto P., Gorlier A., Lombardi G., Lonati M., Martinasso B., Tagliatori C., 2007. I tipi pastorali delle Alpi piemontesi. Alberto Perdisa Editore, Bologna. Cavallero A., Rivoira G., Talamucci P., 2002. Pascoli. In: Coltivazioni erbacee. Foraggere e tappeti erbosi. Patron Editore, Bologna. Fenaroli L., 1998. Flora delle Alpi e degli altri monti d’Italia. Giunti, Firenze. Gusmeroli F., 2004. I pascoli dell’Alta Valtellina. Tipolitografia Bettini, Sondrio. Miori M., Sottovia L., 2005. Prati e pascoli del Trentino. Provincia Autonoma di Trento, Assessorato all’Agricoltura al Commercio e Turismo, Trento. Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, 3 voll. Edagricole, Bologna. Rasetti F., 1996. I fiori delle Alpi. Selcom Editoria, Torino. Ziliotto U. (coord.), 2004. Tratti essenziali della tipologia veneta dei pascoli di monte e dintorni, 2 voll. Regione Veneto, Accademia Italiana di Scienze Forestali, Venezia.
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