1 °P r e m i o C o n c o r s o N a z i o n a l e d i I d e e
Recupero di Spazi Sacri nella Città di Partanna
Mortellaro & Costantino
Progettisti
Giuria
capogruppo Ignazio Mortellaro con Rosanna Costantino
On. Prof. Vincenzino Culicchia Sindaco di Partanna Prof. Arch. Alberto Sposito Coordinatore del Dottorato di Ricerca in “Recupero e Fruizione dei Contesti Antichi”
Mons. Domenico Mogavero Vescovo della diocesi di Mazara
Arch. Gaspare Bianco Sovrintendenza ai BB. CC AA. della provincia di Trapani
Arch. Vito Corte Ente Banditore Comune di Partanna
Presidente dell’Ordine degli Architetti di
Responsabile Scientifico Arch. Rosa Maria Vitrano
Prof. Arch. Giuseppe De Giovanni
Responsabile del Procedimento Arch. Federico Accardo
Giorgio Clemenza
Trapani
Università degli Studi di Palermo
Consigliere degli Studenti
Relazione di Progetto L’area scelta per l’intervento di progetto è stata la n° 1, relativa alla Chiesa dell’ex Monastero delle Benedettine. Ci siamo così orientati perchè attratti dal carattere esemplare di questo ambito urbano e dalla chiarezza dei segni presenti. Già ad un primo sguardo ci siamo resi conto di come la mancanza di un rilievo dello stato di fatto, per quanto riguarda soprattutto la presenza del monastero, fosse un handicap per un approccio serio alla progettazione in un contesto urbano consolidato come questo; con sopralluoghi e non poca difficoltà abbiamo sopperito a questa carenza, ed il lavoro di ridisegno e osservazione si è rivelato fondamentale per tutte le nostre decisioni in fase progettuale. L’analisi del contesto è stata soprattutto percettiva. La forma della città la cui massa architettonica si adatta alla morfologia del terreno con le sue morbide variazioni altimetriche, è strutturata su di una maglia urbana quasi ortogonale che trova i suoi assi di riferimento più prossimi all’area di progetto nella via Palermo e nella
via XX Settembre; quest’ultima strada è nata per congiungere il monastero delle Benedettine con la Chiesa di San Nicolò, chiudendo così il grande quadrilatero, disegnato dal Corso, da via Libertà e dalle due strade prima citate. Si era così concretizzata la connessione tra i quattro monasteri e di conseguenza anche la forma dell’edificato minore nell’area da essi individuata. Questa semplice osservazione ci ha suggerito come in fin dei conti la forma di una città armoniosa nasce per logiche sequenze evolutive, e da risposte semplici e funzionali. Noi vogliamo ricostituire le antiche condizioni ambientali in cui le relazioni gerarchiche garantivano una leggibilità dello spazio urbano scisso nelle sue unità fondamentali, strada, piazza, monumento, edilizia minore. Realizzare un nuovo edificio di culto sul sito oggi occupato da un vuoto, caratterizzato da un fronte su via Palermo capace di ristabilire la giusta presenza del complesso sull’antico asse stradale, e di una facciata su piazza Dante che giochi per assonanze con quella
pianta del piano terra
prospetto su via Palermo
prospetto su piazza Dante
del convento. Un intervento che restituisca la monumentalità perduta al complesso e che renda nuovamente al contesto-sistema la matrice che lo ha generato. Lo spazio antistante l’ex complesso monastico è stato oggetto di attenzione tanto quanto lo spazio occupato dalla chiesa, ed è stato affrontato come unico problema contestualmente ad essa. La piazza Dante, spazio dall’immagine incerta e ambigua, né giardino né piazza urbana; lo spiazzo consacrato, vero e proprio vuoto urbano, pausa dolorosa, figlio di una tragedia ormai antica, e non a caso eletto spontaneamente dai fedeli come luogo di devozione, forse di ricordo. L’ex monastero delle Benedettine, la cui costruzione inizia nel 1660 e la cui
struttura viene modificata e ampliata tra il 1745 ed il 1777, è in origine un edificio a pianta quadrata con chiostro e portico, una tipologia edilizia consolidata e riconoscibile, un complesso dal carattere monumentale enfatizzato dalla sua mole compatta e dalla sua austera facciata rivolta sulla piazza, alla quale è legato in maniera indissolubile dalla presenza dello scalone di ingresso. Una presenza forte soprattutto se relazionato all’edilizia bassa circostante. La coerenza dell’edificio viene seriamente corrotta dall’azione del terremoto del 15 gennaio 1968, che pregiudica la stabilità della chiesa che in seguito verrà interamente demolita. Una ferita non solo per il complesso che perde il suo punto di climax compositivo come è evidente
dalla testimonianza fotografica, ma anche e soprattutto per l’ambito urbano circostante la cui leggibilità si è persa con il vuoto creatosi; una slabbratura solo parzialmente arginata dalla presenza del terrapieno e della cancellata su via Palermo che permette oggi di percepire perlomeno il limite dell’area. Il principio insediativo prevede quindi la realizzazione di un edificio di culto nel sedime precedentemente occupato dalla chiesa prima della sua demolizione, e della realizzazione di una grande piazza “dura” con funzione di sagrato. Un’unica pavimentazione in pietra con poche alberature per facilitare la letture del lunghissimo scalone di ingresso che unisce tutto il fronte del monastero, l’elemento
più caratterizzante, e probabilmente unico nel panorama della storia dell’architettura siciliana. La chiesa ed il sagrato vengono comunque da noi analizzati nelle diverse parti che li compongono nell’allegato relativo alle schede di dettaglio sugli interventi previsti, che noi abbiamo interpretato come un approfondimento tecnico-funzionale della relazione descrittiva. L’ingresso alla chiesa avviene dalla piazza Dante attraverso una porta-facciata che ha una scala urbana sul filo della facciata del convento ed una porta a dimensione umana più all’interno, dopo l’atrio, individuato da una rampa a gradoni che raccorda lo scalone d’ingresso all’aula liturgica. Un secondo accesso avviene lateralmente e
permette di entrare direttamente nella navata laterale coperta attraverso una rampa. E stato studiato invece un’accesso distinto per la biblioteca, direzionato in asse con la via XX Settembre e filtrato da uno spazio fortemente caratterizzato, un piccolo ed essenziale giardino stretto tra alte pareti, in parte esistenti. Nonostante la volontà di costruire un nuovo edificio per tutte le motivazioni sopra espresse è stata nostra convinzione mantenere quello che secondo noi è il carattere assolutamente singolare e vivo che anima il luogo di preghiera così sentito e frequentato dalla cittadinanza, il suo essere uno spazio aperto, libero, a contatto con la natura. Abbiamo pensato ad un luogo dove si
sezione trasversale
sezione longitudinale
potesse entrare senza porte, uno spazio della città, una grande aula liturgica che avesse il cielo come tetto, con un giardino di aranci ad occupare una delle due navate laterali, e con dei volumi chiusi che permettessero l’adeguato esercizio delle funzioni religiose, un luogo dove trovasse posto anche la casa del sacerdote per garantire una presenza continua e la cura degli spazi sacri. Un luogo protetto, per concentrarsi ed astrarsi dal rumore della vita quotidiana e riflettere sui valori essenziali. Per il disegno dei fronti ed il dimensionamento dell’edificio è stata sempre presente come riferimento la foto storica fornita, la cui carica evocativa è straordinaria. Parla del rapporto tra facciata del convento e fronte della chiesa, della relazione tra quest’ultima e la mole massiva del campanile, identifica e spiega anche il sistema fronte continuo - scalone monumentale di ingresso. Non appena entrati all’interno dell’aula ci rendiamo conto della struttura e della
permeabilità del complesso, infatti è stata creata la possibilità attraverso varchi a piano terra di connettere visivamente l’aula liturgica, il giardino degli aranci e la corte del convento. In una rapida sequenza scenografica si alternano spazi con diversa dimensione, illuminazione ed destinazione. Per il rivestimento esterno si è scelta la pietra locale, poichè elemento distintivo e simbolicamente legato più ad un tempo naturale che umano. Materiale antico usato comunque con un linguaggio contemporaneo nella sua stereotomia. La scelta di illuminare molti degli spazi progettati con luce zenitale e non favorire viste verso l’esterno è stata determinata dal desiderio di rendere questo spazio sacro introverso, proiettato ad un dialogo personale ed intimo, poichè il bene comune nasce nella volontà di ogni singolo individuo.
Altare L’altare è il punto centrale per tutti i fedeli, è il polo della comunità che celebra. Non è un semplice arredo, ma il segno permanente del Cristo sacerdote e vittima, è mensa del sacrificio e del convito pasquale. Pertanto è ben visibile e degno; a partire da esso e attorno ad esso sono pensati e disposti i diversi spazi significativi. Pur proporzionato all’area presbiteriale in cui è situato, l’altare assicura la funzione di «focalità» dello spazio liturgico solo se è di dimensioni contenute per questo si è mantenuta una dimensione ridotta e un’altezza del piano della mensa di 90 cm rispetto al pavimento, per facilitare il compito dei ministri che vi devono svolgere i propri ruoli celebrativi. Sull’altare non andrebbero collocate
come indica la CEI né statue né immagini di santi. La sua mensa è segnata da due quasi impercettibili segni che indicano la collocazione del calice e dei testi. Secondo l’uso tradizionale e il simbolismo biblico, la mensa dell’altare fisso è di pietra naturale. Croce, statua della beata Vergine Maria, statua di San Pio Anche la Croce, l’immagine della beata Vergine Maria, del San Pio sono state pensate fin dall’inizio nella loro collocazione, favorendo sempre l’elevata qualità e dignità artistica delle rappresentazioni. Ciò contribuisce a promuovere l’ordinata devozione del popolo di Dio, a condizione comunque di rispettare la priorità dei segni sacramentali. La croce è realizzata
in scatolare 8x10cm di acciaio smaltata bianca e con applicata sulla faccia anteriore una lastra di ottone. La statua della beata Vergine Maria è sostenuta da una mensola in ferro e ottone. La statua di San Pio è collocata su di un basamento in marmo di 10cm. Ambone È il luogo proprio della parola di Dio. La sua forma è strettamente correlata all’altare, senza tuttavia interferire con la priorità di esso; la sua ubicazione è pensata come connessione tra presbiterio e assemblea. Conveniente per dignità e funzionalità, è disposto in modo tale che i ministri che lo usano possano essere visti e ascoltati dall’assemblea. Non è un leggio qualunque: ciò che si voleva era rappresentare una nobile ed elevata rupe, tribuna fissa, che costituisse una presenza eloquente, capace di far riecheggiare la Parola anche quando non c’è nessuno che la sta proclamando.
Sede del presidente La sede esprime la distinzione del ministero di colui che guida e presiede la celebrazione nella persona di Cristo, capo e pastore della sua chiesa. Per collocazione è ben visibile a tutti, in modo da consentire la guida della preghiera, il dialogo e l’animazione. Essa designa il presidente non solo come capo, ma anche come parte integrante dell’assemblea: per questo è in diretta comunicazione con l’assemblea dei fedeli, pur restando collocata in presbiterio. Non è la cattedra del vescovo, e non è un trono, ma un luogo distinto e spirituale. La sedia è scomoda, spigolosa, asimmetrica ma rigida e leggibile. E’ realizzata in scatolare di ottone. Si è prevista inoltre la disponibilità di altri posti destinati ai concelebranti, al diacono e agli altri ministri e ai ministranti in una panca laterale. Custodia eucaristica Il santissimo sacramento viene custodito in un luogo architettonico veramente
sezione del Battistero
importante, il presbiterio, delegato in questo caso all’adorazione e alla preghiera soprattutto personale. Il tabernacolo è unico, inamovibile e solido, non trasparente e inviolabile. Il corpo che accoglie la scatola è realizzato in marmo mentre la custodia è realizzata in ottone. La loro composizione è ispirata per forma e significato all’opera dell’artista Eduardo Chillida “Elogio dell’orizzonte” 1990. Penitenzieria La celebrazione del sacramento della penitenza richiede un luogo specifico che metta in evidenza il valore del sacramento per la sua dimensione comunitaria e per la connessione con l’aula della celebrazione dell’eucaristia, per questo la collocazione in prossimità del presbiterio e della sagrestia, e il suo carattere di spazio parte integrante dell’insieme; inoltre favorisce la dinamica dialogica tra penitente e ministro, con il necessario riserbo richiesto dalla celebrazione in forma individuale. Aula liturgica La disposizione generale di una chiesa deve rendere l’immagine di un’assemblea riunita per la celebrazione dei santi misteri, gerarchicamente ordinata e articolata nei diversi ministeri, in modo da favorire il regolare svolgimento dei riti e l’attiva partecipazione di tutto il popolo di Dio.
Per natura e tradizione lo spazio interno della chiesa è dunque studiato per esprimere e favorire in tutto la comunione dell’assemblea, che è il soggetto celebrante. L’ambiente interno, dal quale parte la progettazione, è orientato verso il centro dell’azione liturgica e scandito secondo una dinamica che parte dall’atrio, si sviluppa nell’aula e si conclude nel «presbiterio», quali spazi articolati ma non separati. Tale spazio è in primo luogo progettato per la celebrazione dell’eucaristia; per questo si è optato per una centralità non tanto geometrica, quanto focale dell’area presbiteriale, adeguatamente elevata, e comunque distinta in quanto protetta dalla copertura, rispetto all’aula.
Sagrestia La sacrestia è un ambiente decoroso, ampio, arredato non solo per accogliere celebranti e ministri, ma anche per la conservazione dei libri, delle vesti e dell’arredo liturgico e dotato di altri supporti necessari (servizi igienici, anche per i fedeli). Si prevede un deposito per gli oggetti e strumenti vari accessibile dal locale dell’organo e che si affaccia sulla sala della sagrestia, spazio a doppia altezza. La porta di accesso è preceduta da un disimpegno che mette in comunicazione l’area presbiteriale e l’aula assembleare, per favorire in particolare lo svolgimento delle processioni d’ingresso e di rientro dalla celebrazione.
L’atrio e la porta All’aula liturgica si accede attraverso un atrio e una porta d’ingresso. Mentre l’atrio è spazio significativo dell’accoglienza materna della chiesa, la porta è l’elemento significativo del Cristo, «porta» del gregge (cf. Gv 10,7). Il tradizionale programma iconografico della porta centrale ora si riduce ad un segno, l’immagine di un delicato ma vigoroso sostegno di Dio, una soglia marcata da un’architrave sottilissima di ottone che ci accompagna nell’accesso all’aula liturgica. Le dimensioni dell’ingresso sono proporzionate non solo alla capienza dell’aula, ma anche alle esigenze di passaggio delle processioni solenni. Si è ritenuto opportuno conservare l’uso di collocare le acquasantiere presso l’ingresso, quale richiamo battesimale per chi entra.
Il battistero e il fonte battesimale Nel progetto di una chiesa parrocchiale è indispensabile prevedere il luogo del battesimo, il battistero, elemento per noi distinto dall’aula. Un luogo decoroso e significativo, riservato esclusivamente alla celebrazione del sacramento, della capienza adeguata a ricevere le famiglie. Il fonte è predisposto in modo tale che vi si possa svolgere, secondo le norme liturgiche, anche la celebrazione del battesimo per immersione. E’ uno spazio dilatato in altezza, un grande volume all’interno del quale la luce piove zenitalmente attraverso un grande marchingegno che produce un effetto cheminée proprio al centro dell’ambiente, sul fonte battesimale. Questo tronco di piramide in calcestruzzo armato è sostenuto da travi che lo connettono alle pareti perimetrali
e permettono di sospenderlo da terra. Il fonte battesimale è realizzato con un cubo monolitico di marmo tagliato e scavato dal quale sgorga acqua che poi scivola lungo uno dei lati della fonte gocciolando a terra dove un’apposito canale la raccoglie. Il continuo rumore dell’acqua che scorre rimanda ad un idea di cliclicità e di nuovo inizio. La cappella feriale Si preve una cappella distinta dalla navata centrale e adeguatamente arredata per la celebrazione con piccoli gruppi di fedeli. E’ illuminata da un grande lucernario ed il suo pavimento realizzato in blocchi di marmo 50x50cm di 10cm di spessore è cinto da un solco più basso che lo raccorda alle pareti
riempito con ghiaia bianca. Sagrato È questa un’area molto importante in quanto capace di esprimere valori significativi: quello della «soglia», dell’accoglienza e del rinvio. Potrebbe essere utilizzato anche come luogo di celebrazione, il che richiede che il sagrato sia riservato ad uso esclusivamente pedonale, ed a questa funzione adempiranno dei piccoli salti di quota nella pavimentazione. Deve tuttavia mantenere la sua funzione di tramite e di filtro (non di barriera) nel rapporto con il contesto urbano. Una grande piazza dura, con un grande albero che si confronta con la scala della chiesa. E’ da sottolineare inoltre la nuova dimensione del sagrato
come spazio urbano ben identificato e disegnato sulla scala della mole della chiesa e del convento, soprattutto nel rapporto con la via Palermo. Campanile e campane Il campanile non è stato escluso dalla progettazione come elemento architettonico, esso infatti non è solo supporto per le campane, ma costituisce un qualificante componente di riconoscibilità dell’edificio religioso. Per mole e aspetto compatto il campanile riecheggia l’antico campanile. Nella progettazione, si è prevista la collocazione e l’uso delle campane per la loro tradizionale funzione di richiamo, di festa e comunicazione sonora e si sono escluse invece le «trombe» acustiche.
Canonica Questi ambienti siano dignitosi, di stile sobrio ed essenziale, capaci di assolvere la loro funzione di abitazione, accoglienza e ospitalità per la missione della chiesa. Si è avuto cura affinchè le attività in esse previste non costituiscano fattore di intralcio visivo o acustico per l’aula liturgica, posizionandola nel volume del campanile. Accanto alla canonica è stato previsto a primo piano come un ponte sopra l’ingresso alla chiesa un luogo per il «colloquio» fra sacerdote e fedele, isolato così da favorire la necessaria riservatezza e con la vista aperta sull’aula liturgica e l’abside. Inoltre a piano terra è presente un ufficio per le relazioni con i fedeli e l’organizzazione di eventi.
Atrio di ingresso alla Biblioteca Un giardino, una camera a cielo aperto, un luogo di decompressione dopo le letture. Al suo interno un cipresso ed una singolare panca costituita da una lunga lastra in calcestruzzo. Ne segna l’ingresso una fessura/soglia con la città posta in asse con la via XX settembre.