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Rossella Righetti
Da grande volevo fare l’inviato. Forse sedotta da qualche film, già mi vedevo con block notes e reflex sui fronti caldi del mondo. Non ci sono riuscita, ma da reporter di viaggi qualche scarica di adrenalina doc me la sono presa lo stesso. In Rhodesia (nel 1976 lo Zimbabwe si chiamava ancora così) c’era la guerriglia. A vedere le Cascate Vittoria si andava sotto scorta armata e di notte, nella foresta appena fuori l’hotel, risuonavano gli spari. Nella valle dello Zangskar, in Himalaya, scarpinando con un trekking di Beppe Tenti nel 1977, rimasi a lungo sola in mezzo alle montagne e cominciai a immedesimarmi nel “ pastore errante per l’Asia” di leopardiana memoria. In Zaire, nel 1986, spedita a scrivere un reportage sui gorilla di montagna per l’uscita del film su Diane Fossey, mi trovai vis-a-vis con Rugabo, il silverback, il capo branco di una famiglia di primati: un’emozione da togliere il fiato. E, ancora, alle isole Vanuatu, in barca a vela, in balia per oltre trenta ore di mare forza 7