Storie Gold
Edoardo Segantini con
Giovanni Pau
Hedy Lamarr, la donna gatto Le sette vite di una diva scienziata
Rubbettino
Š 2011 - Rubbettino Editore 88049 Soveria Mannelli - Viale Rosario Rubbettino, 10 tel (0968) 6664201 www.rubbettino.it
Indice
Pomeriggio d’agosto Infanzia ebraica a Vienna L’incontro con Max Reinhardt L’aria di Berlino Estasi Scandalo globale Herr Mandl Nella gabbia dorata Fuga dall’Austria Verso l’America Muore Hedy Kiesler, nasce Hedy Lamarr A lezione da Louis B. Mayer Vieni con me alla Casbah Matrimonio lampo La febbre del petrolio Commedia sexy di un esule A cena con King Vidor Hedy, George e la guerra Un’invenzione geniale 1451, Cahuenga Boulevard Un divorzio e un bebè Produttrice indipendente Nessuno lascia Dalila In crisi Acapulco Follie romane L’animale femmina
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Sylvania e il blocco di Cuba L’anno della locusta Semifinale di partita L’Oscar della scienza
199 207 217 227
Un’eredità e molti misteri
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Ringraziamenti
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Note
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Bibliografia
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Ai miei genitori, Tino e Sabina, che mi hanno trasmesso l’amore per il cinema
Prologo
Pomeriggio d’agosto
In un pomeriggio d’agosto del 1991, un’anziana signora viene sorpresa a rubare in un drugstore a nord della città di Orlando, in Florida. Il posto si chiama Casselberry ed è vicino ad Altamonte Springs, il quartiere residenziale per anziani benestanti dove lei vive. Lontana dal traffico dei centri urbani, ma al tempo stesso ben collegata a Orlando e, più a sud, a Miami, è una zona piacevole di laghi e parchi. Degli indiani Seminole, che un tempo l’abitavano, conserva tracce nel nome dei luoghi come Wekiva, Apopka, Hiawassee. La donna sta per lasciare il piccolo supermercato al braccio di un’amica quando suona l’allarme elettronico, installato in tutti i negozi della catena Eckerd. Sopraggiunge il manager Dennis Stuart, scrive l’«Orlando Sentinel», che la sorprende mentre cerca di trasferire alcuni oggetti dalla sua borsa a quella dell’amica. Ma l’amica, che ha regolarmente acquistato una spazzola e dei bigodini, mostra la sua ricevuta e si rifiuta di prestarsi al gioco. Vengono chiamati due poliziotti, che perquisiscono la donna e nella sua borsetta trovano come bottino un collirio per gli occhi e un lassativo, per un valore totale di 21 dollari e 48 centesimi. Una cleptomane? I due agenti sono sulla trentina e non hanno idea di chi sia la ladra, né lei si presenta. D’altronde sarebbe difficile per chiunque riconoscere in quell’anziana signora in stato semiconfusionale colei che cinquant’anni prima fu definita la donna più bella del mondo. È un’americana di origine austriaca, che nel suo inglese seccamente scandito rivela ancora il suono della lingua d’origine. È nata Hedwig Eva Maria Kiesler ma il mondo l’ha conosciuta con il nome che le ha dato Hollywood: Hedy Lamarr. È la ex semidea che, nel 1933, apparve nel film Estasi nella prima scena di nudo integrale femminile della storia del cinema. Che sullo 11
schermo e nella vita sedusse uomini e donne. Che utilizzò la sua bellezza come un’arma di difesa e di attacco. Che impose il fascino bruno dopo il lunghissimo ciclo delle bionde (che poi ritornerà con Marilyn Monroe). Che rappresentò il femminismo ante litteram: la donna padrona del suo corpo e del suo destino, non magnifica preda ma al contrario magnifica predatrice. In quell’agosto del 1991 la donna viene arrestata e poi rilasciata grazie al pronto intervento del suo avvocato, Joerg Jaeger, avvertito dai vicini di casa di Hedy. Due mesi più tardi, al processo, il giudice della contea di Sanford, che non è giovanissimo e ricorda bene la splendida protagonista di Sansone e Dalila, stenterà a riconoscere la diva dagli occhi verdi e i capelli neri, la pelle bianchissima e le sopracciglia arcuate nella donna impacciata con occhialoni e foulard, il cui volto appare devastato, più che dall’effetto naturale del tempo, da una cattiva chirurgia plastica che ne ha deformato i lineamenti. E, considerando l’esiguità della refurtiva, nonché il contegno poco lucido dell’imputata, decide di chiudere il caso con l’assoluzione. Tutti i giornali del mondo, in quell’estate, riprendono la notizia del furto in negozio. E il caso dello shoplifting, come si dice in inglese, fa il giro del pianeta. Internet e Wikipedia non esistono ancora: nelle redazioni la biografia di Hedy Lamarr viene rimessa insieme attraverso i ritagli d’archivio e raccontata in pillole. Tra i giornali italiani, la sintesi più efficace è quella del «Corriere della Sera»: «Non è la prima volta – scrive Alessandra Farkas – che la star di Un’americana nella Casbah, Gente allegra e Disonorata finisce con le manette ai polsi. Nel 1966 fu arrestata per aver rubato in un negozio di Los Angeles e poi assolta, grazie alla pressione della comunità cinematografica di Hollywood. Dove ha recitato in trenta film, accanto a divi come Clark Gable, Claudette Colbert, James Stewart, Judy Garland e Spencer Tracy. E dove all’apice della sua carriera, negli anni ’40, guadagnava 250 mila dollari a film». In quell’agosto del 1991 Hedy Lamarr ha imboccato da tempo il viale del tramonto; e da anni ha lasciato Los Angeles e lo splendido Sunset Boulevard, New York e i grattacieli di Manhattan per trasferirsi sulla costa orientale del Paese nella retirement community di Altamonte Springs. La sua storia sembra finita. Invece il 12
tempo le riserverĂ ancora una sorpresa, una grossa sorpresa che arriverĂ sei anni dopo. E darĂ un riconoscimento definitivo a un aspetto segreto di Hedy Lamarr, che vale quanto una seconda vita: la sua straordinaria intelligenza, se non proprio il suo genio, di inventrice.
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Infanzia ebraica a Vienna
Hedwig Eva Maria Kiesler nasce a Vienna il 9 novembre 1914, nel cupo autunno che segue di pochi mesi la dichiarazione di guerra dell’Austria alla Serbia dopo l’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando e della moglie Sofia a Sarajevo. Suo padre Emil, originario di Leopoli in Ucraina, è un importante dirigente della banca Creditanstalt Bankverein. Sua madre, Gertrude Lichtwitz, proviene da una famiglia della borghesia colta di Budapest, allora parte dell’impero austro-ungarico. Sia Emil che Gertrude sono ebrei, e anche Hedwig viene dunque registrata come ebrea: un’origine che segnerà la vita della futura attrice sia in Austria che nella lunga avventura di Hollywood; e che, per molti anni, sarà il nucleo di un’identità sofferta, nascosta e negata. Mai, proprio mai, Hedy farà riferimento alle sue origini ebraiche: né nella discussa autobiografia (L’estasi e io, pubblicata nel 1966) né nelle molte interviste ai giornali e alle televisioni. Questo silenzio sarà osservato perfino all’interno della sua famiglia e con i suoi figli. I Kiesler vivono a Doebling, a nord della capitale, nel ricco ed elegante diciannovesimo distretto: prima in Osterleitengasse, poi in Peter Jordan Strasse al numero 12. Anche ai giorni nostri, la zona non ha perso il suo fascino: ai margini del Wienerwald, Doebling è un quartiere verde, boscoso e collinoso, solcato da piccole rogge e dal Donaukanal. Nelle pittoresche osterie di Grinzing, che è un quartiere nel quartiere, oggi come allora si beve il vino nuovo denominato Heurigen. Nel corso del tempo il «distretto dei cottage», come lo chiamano a Vienna, ha ospitato gente illustre, tra cui non pochi cancellieri e lo stesso Engelbert Dollfuss. Ludwig van Beethoven, a Doebling, compose parte dell’Eroica. La famiglia Strauss vi trascorse lunghe 15
e piacevoli estati per tutti gli anni Novanta dell’Ottocento. Oggi è un luogo ricco di belle dimore con ampi giardini, al quale i grandi complessi storici come il Karl Marx Hof, la roccaforte operaia e socialista progettata da Otto Wagner, conferiscono un carattere misto, rendendolo simile a una repubblica indipendente al tempo stesso alto borghese, rurale e bohémien. A Doebling visse Helmut Qualtinger (1928-1986), un cabarettista molto famoso in Austria che con il suo feroce personaggio del piccolo borghese «Herr Karl» demolì il mito del viennese pacifico e bonario. Nel 1979, sotto la regia dell’attore Maximilian Schell, che alcuni ricordano in Vincitori e vinti, Qualtinger recitò in Geschichten aus dem Wienerwald (Storielle del bosco viennese) un film che mostra in modo crudo e sottile la ferocia che scorre sotto la superficie dell’idillio rurale. Alla nascita di Hedy il padre Emil ha trentasei anni e Gertrude, la madre, venti. Il lato materno dei Lichtwitz è quello raffinato e ricco di relazioni, il lato paterno dei Kiesler quello meno introdotto ma economicamente più solido. Una combinazione non infrequente nelle famiglie di allora. A quel tempo gli ebrei sono ben inseriti in società. Sono proprio le famiglie come quella di Hedy che, nella Vienna d’inizio secolo, riempiono i teatri e le sale da concerto, animando la vita culturale della città. Con la sconfitta dell’Austria nella Grande guerra si produce una rottura, tutto drammaticamente cambia. Il collasso della monarchia e degli Asburgo, e la successiva fondazione della Prima Repubblica, vedono gli ebrei e la vecchia aristocrazia accomunati nella perdita di potere e di influenza. Le più dure condizioni economiche fanno riemergere dalle acque del Danubio quell’antisemitismo profondo che non è mai scomparso. E a partire dagli anni Venti, nei confronti della comunità ebraica, rinasce e torna a diffondersi un’atmosfera ostile. Ma ecco come Hedy Lamarr racconta la sua infanzia a Doebling nell’autobiografia1. «Mio padre Emil e mia madre Gertrude – scrive – mi soffocarono d’amore. “Trudi” rinunciò a una carriera di pianista pur di farmi da madre. Mio padre, anche se era occupatissimo con il suo lavoro, trovava delle ore per sedere con me davanti al fuoco della biblioteca a raccontarmi le favole. Più in là facemmo lunghe 16
passeggiate insieme non solo a Vienna ma anche nella campagna inglese, in Irlanda, sulle Alpi svizzere e lungo i boulevard di Parigi». Estate significa nuoto nei laghi che circondano la città. Sono gli anni in cui matura in lei un amore per l’acqua e per il nuoto che l’accompagnerà per tutta la vita. È insomma la fotografia di giorni felici. Un ritratto che più avanti negli anni verrà parzialmente modificato da altre, più amare ricostruzioni, ma comunque ricordato, sempre, con intensa nostalgia. La dimora dei Kiesler è una costruzione massiccia, con alti soffitti e una veranda affacciata sul giardino. L’arredamento è quello del tempo, ispirato ai canoni delle case inglesi: ampie stanze piene di mobili e tappeti, caminetti di marmo, tappezzerie a righe, grandi divani. Hedy riceve l’educazione tipica di una ragazza dell’alta borghesia. «Nixy, come io chiamavo l’istitutrice Nicolette – racconta ancora2 – mi insegnò parecchie lingue europee. C’erano le meno gradite lezioni di ballo, le lezioni di piano e insegnanti privati. Poi ci furono le migliori scuole di Vienna». Tra queste, la Doeblinger Maedchenmittelschule, locale scuola media per ragazze frequentata dalle famiglie ebree benestanti e, nel 1905, anche dalle figlie di Sigmund Freud, Sophie e Anna. Quest’ultima insegnò nelle aule di Kriendlgasse fino al 1920. Quello con la madre, una donna piccola, magra e coi capelli neri, è un rapporto tiepido e distante, in linea con le teorie e la pratica del tempo: i genitori devono crescere i bambini garantendo loro sicurezza economica, sport e una buona istruzione. L’affetto c’è ma non contempla tenerezza e smancerie: si manifesta con distacco e compostezza. Il rapporto madre-figlia resterà tiepido e distante anche quando Gertrude raggiungerà Hedy a Hollywood, in fuga dalla tempesta nazista sull’Europa. L’attrice, nell’autobiografia, fa risalire questo atteggiamento al desiderio frustrato della madre di avere un figlio maschio. Gertrude, invece, dà una spiegazione a suo avviso coerentemente educativa: non alimentare nella figlia la già evidente consapevolezza del proprio fascino. Hedy madre replicherà questo modello. Il suo rapporto con i figli sarà altrettanto tiepido e distante: sia con la primogenita Denise e con il secondogenito Anthony, nati nel 1945 e nel 1947 dal 17
matrimonio con l’attore inglese John Loder, sia con il figlio adottivo James Loder. Tutto ciò lascerà conseguenze che si prolungano fino ai giorni nostri: alla nostra richiesta di un’intervista a Los Angeles, Denise Loder De Luca ha risposto di non aver alcuna voglia di parlare di sua madre. Fin dai primi anni Hedy si dimostra una ragazza vivace, molto intelligente e dotata di un carattere indipendente e volitivo. Dalla madre eredita il gusto per il teatro e per le arti. Recitare è una passione precoce: da bambina declama favole per un pubblico invisibile, in piedi sulla scrivania di mogano del padre, usata come primo palcoscenico. Sfuggendo al controllo della servitù, complice talvolta la cameriera, indossa gli abiti materni e i cappelli del padre come costumi di scena. La prima uscita all’esterno – che già rivela una certa dose di fiducia in se stessa – è del 1926, quando ha solo dodici anni ma è già una bella ragazza: approfittando della morte della nonna, Rosa Lichtwitz, che assorbe completamente l’attenzione della madre Trude, si iscrive a un concorso di bellezza. Arriva prima e con i soldi vinti si compra un cappotto di pelliccia. Inutile aggiungere che l’episodio fa infuriare la madre. Eppure è proprio la madre, come racconterà più tardi la diva Hedy Lamarr, a farle conoscere per la prima volta le meraviglie del palcoscenico. «Un giorno – ricorda Hedy3 – mamma mi promise un regalo se fossi stata buona. Il regalo era una visita, la mia prima visita, a un teatro. Così andammo a vedere una commedia. Ero eccitata e senza parole per l’emozione. Non ricordo che cosa fosse, neppure il titolo o la trama o una scena. Ma non dimenticherò mai l’impressione che mi fece». Tra lei e il teatro si accende una scintilla. La ragazza partecipa alle rappresentazioni scolastiche ottenendo un primo ruolo in Hansel e Gretel. Poi è la volta di un altro innamoramento, quello per il cinema. Hedwig è fortunata: il primo film che vede, nel 1927, è un capolavoro dell’espressionismo: Metropolis di Fritz Lang, uno dei grandi registi che a breve lasceranno l’Europa centrale per Hollywood. Oltre che per il teatro e per il cinema, la piccola Hedwig manifesta un interesse altrettanto precoce per il sesso. Nel documentario di Donatello Dubini, Fosco Dubini e Barbara Obermaier4, a un certo 18
punto si vede una foto di lei sedicenne, sul Ring di Vienna, in piedi accanto a un bellissimo ragazzo con i capelli lunghi su una delle prime motociclette. Potrebbe essere l’Hans di cui lei parla nell’autobiografia come del giovane a cui dà il primo bacio nel bosco viennese contendendolo a un’amica. Poi ci sarà Franz Antel, di un anno più vecchio di lei, che in seguito sarebbe diventato regista. Un altro dei tanti che si innamorano della ragazza dagli occhi verdi e il sorriso conturbante. Tuttavia il primo, vero grande amore di Hedy è uno degli attori del gruppo di Max Reinhardt, uno dei più promettenti, il viennese Wolf Albach-Retty (1906-1976), futuro padre dell’attrice Romy Schneider. Entrambi fascinosi e corteggiati, per alcuni mesi sono la più bella coppia all’ombra della cattedrale di Santo Stefano. In L’estasi e io, a proposito di quel periodo, Hedy riferisce anche di alcune esperienze lesbiche: con una cuoca, con un’amica di famiglia, una compagna di scuola in un collegio svizzero, e, anni dopo, una modella nella sala posa della Metro Goldwyn Mayer. Scrive, con un pizzico di humour: «Non penso che mi si possa definire lesbica, sembra però che io sia il tipo di persona su cui altre donne si fanno delle strane idee». Difficile dire quanto di vero e quanto di romanzato ci sia nel suo racconto, che sarà oggetto di una disputa legale. Lei stessa farà causa ai due editor responsabili del testo finale dell’autobiografia, accusandoli di aver falsato e deformato la realtà. Ma è molto più probabile, al contrario, che – come ritiene Jan-Cristopher Horak, direttore dell’Archivio Cinematografico e Televisivo alla University of California Los Angeles (Ucla) ed ex direttore del Museo di Hollywood – in quel libro ci sia, nella sostanza, una buona parte della vera Hedy Lamarr.
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