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d e l l ’ A r c i

anno IX - n. 17 3 maggio 2011

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Con la Cgil per i diritti e la democrazia + Non c’è dubbio che uno sciopero generale nazionale sia un evento pubblico rilevante nella vita del paese. Eppure sulla mobilitazione indetta dalla Cgil per il 6 maggio è calato il silenzio dei grandi media, occupati da valanghe di notizie sulle nozze dei reali d’Inghilterra o sulla beatificazione di Papa Wojtyla. Neppure la festa del primo maggio è servita a superare la rimozione collettiva del tema del lavoro, che la Costituzione pone a fondamento del patto di cittadinanza. Sono altre le priorità dell’agenda politica, come lo scontro surreale dentro il governo fra guerrafondai doc e pseudo pacifisti xenofobi. Arcireport ha scelto invece lo sciopero di venerdì come appuntamento centrale di questa settimana. L’Arci condivide e sostiene le ragioni che hanno indotto la Cgil a convocarlo. Ragioni che vanno ben oltre l’ambito delle sacrosante rivendicazioni dei lavoratori e riguardano il futuro di tutti i cittadini e della nostra democrazia. La crisi sta producendo effetti pesanti sulle condizioni materiali di vita delle persone: crescono le disuguaglianze, la povertà e il disagio di larga parte del paese; la disoccupazione giovanile tocca livelli ormai insostenibili, di vera emergenza. Urge una seria politica di redistribuzione delle risorse e il rafforzamento del sistema di welfare con adeguate misure a sostegno delle fasce più deboli. Ma il governo continua a negare la gravità della situazione e scaricare il costo della crisi su lavoratori, giovani, pensionati. Taglia la spesa in tutti i settori del welfare, riduce i fondi per la scuola e la cultura, toglie risorse a Regioni e Comuni privando milioni di famiglie dei servizi essenziali. È intollerabile che si chiedano ancora sacrifici a chi ha poco mentre non si fa niente per recuperare risorse dagli evasori e non si toccano rendite e grandi patrimoni. È scandalosa l’assenza di una strategia di uscita dalla crisi. Non ammettere gli errori di una politica che ha favorito gli speculatori a danno dell’economia produttiva, che ha perseguito la competitività del Paese sulla pelle dei lavoratori. Serve un’inversione di rotta verso la riconversione ecologica dell’economia e delle politiche energetiche, investire su ricerca e formazione, sull’economia sociale e la valorizzazione dei beni comuni. Per questo saremo in piazza, contro le scelte di chi sta svendendo il futuro del paese, per rimettere al centro dell’agenda il lavoro e i diritti, i valori della democrazia e della coesione sociale.

Il 6 maggio lo sciopero generale proclamato dalla Cgil Articoli a pagina 2

La vendetta non costruisce la pace n Tunisia una delle tre nuove commissioni istituzionali discute di verità e giustizia per le vittime della dittatura. Nel paese si tengono riunioni affollate, si studia, si guarda nel dettaglio l’esperienza sudafricana e le altre che, con risultati alterni, hanno provato a sostituire la vendetta con la giustizia. Si respira aria di civiltà. La stessa aria c’è dentro le Convenzioni di Ginevra. Sono parte integrante del diritto internazionale e affrontano un paradosso che pare irrisolvibile. Una lunga serie di trattati impongono ai combattenti il rispetto dell’umanità. La prima se la inventò Henri Dudant dopo aver visto gli orrori della battaglia di Solferino nel 1859. Quella sul trattamento dei prigionieri di guerra è del 1849. Molto più antica è la discussione sul tirannicidio, aperta dal filosofo Giovanni di

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Salisbury che visse nel 1100. Scrisse che il popolo poteva uccidere il sovrano se egli avesse violato il patto con le leggi divine. E in questa discussione si sono impegnate menti eccelse per quasi mille anni. L’Occidente del Terzo Millennio consegnerà invece ai posteri le foto taroccate di Bin Laden massacrato, i video con il sangue di un figlio di Gheddafi, il clip di Saddam Hussein appeso al cappio. Ha risolto così, come in un telefilm di bassa lega, interrogativi etici, giuridici, politici su cui si sono arrovellati secoli di Storia. I ragazzi di New York fanno festa per la morte del nemico. Non è colpa loro se il messaggio culturale di questo nostro mondo dice che l’unica alternativa all’ingiustizia e alla violenza è la guerra, la vendetta e l’assassinio.

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Arcireport 17 by mauro sabbadini - Issuu