N. 02074/2013 REG.PROV.COLL. N. 01123/2011 REG.RIC. N. 01288/2011 REG.RIC. N. 00069/2012 REG.RIC. N. 03095/2012 REG.RIC. N. 03096/2012 REG.RIC. N. 00404/2013 REG.RIC.
R E P U B B L I C A
I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1123 del 2011, proposto da: Comune di Cantello e Comune di Varese, entrambi in persona dei rispettivi Sindaci pro tempore, rappresentati e difesi dall'avv. Emanuele Boscolo, con domicilio eletto presso lo Studio dell’Avv. Anna Arduino in Milano, Viale Sabotino, 2; contro Regione
Lombardia,
in
persona
del
Presidente pro
tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. Viviana Fidani, domiciliata presso la sede dell’Avvocatura Regionale in Milano, Piazza Città di Lombardia, 1;
nei confronti di Italinerti S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Aldo Travi, con domicilio eletto in Milano, presso la Segreteria del Tribunale; sul ricorso numero di registro generale 1288 del 2011, proposto da: Provincia di tempore,
Varese, in
rappresentata
persona del e
difeso
Presidente pro
dagli
avv.ti
Paolo
Ambrosoli e Daniele Albertini, con domicilio eletto in Milano, presso la Segreteria del Tribunale; contro Regione
Lombardia,
in
persona
del
Presidente pro
tempore, rappresentata e difesa come sopra; Comune di Varese e Comune di Cantello, entrambi in persona dei rispettivi Sindaci pro tempore, non costituiti in giudizio. nei confronti di Italinerti S.r.l., rappresentata e difesa come sopra; sul ricorso numero di registro generale 69 del 2012, proposto da: Italinerti S.r.l., rappresentata e difesa come sopra; contro Provincia di
Varese, in
persona del
Presidente pro
tempore, rappresentata e difesa come sopra; nei confronti di Comune di Cantello, in persona del Sindaco pro tempore,
non costituito in giudizio
sul ricorso numero di registro generale 3095 del 2012, proposto da: Italinerti S.r.l., rappresentata e difesa come sopra; contro Provincia di
Varese, in
persona del
Presidente pro
tempore, rappresentata e difesa come sopra; Regione
Lombardia,
in
persona
del
Presidente pro
tempore, rappresentata e difesa come sopra. e con l'intervento di ad opponendum: Comune di Cantello, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso come sopra; Italia Nostra Onlus - Varese, rappresentata e difesa dall'avv. Gianluigi Rota, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, Via Conservatorio n. 22; Amici Della Terra Onlus - Varese, rappresentata e difesa dagli avv.ti Alessandro M. Basso e Alessandra Brignoli, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Milano, Piazza L.V. Bertarelli, 1; Associazione Acquaria, rappresentata e difesa dagli avv.ti Alessandro M. Basso e Alessandra Brignoli, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Milano, Piazza L.V. Bertarelli, 1;
Legambiente Onlus, rappresentata e difesa dagli avv.ti Umberto Fantigrossi, e Melania Di Vara, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Milano, Corso Italia, 7;
sul ricorso numero di registro generale 3096 del 2012, proposto da: Italinerti S.r.l., rappresentata e difesa come sopra; contro Provincia di
Varese, in
persona del
Presidente pro
tempore, rappresentata e difesa come sopra; nei confronti di Regione
Lombardia;
in
persona
del
Presidente pro
tempore, non costituita in giudizio e con l'intervento di ad opponendum: Comune di Cantello, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso come sopra;
sul ricorso numero di registro generale 404 del 2013, proposto da: Italinerti S.r.l., rappresentata e difesa come sopra; contro Comune di Cantello, rappresentato e difeso come sopra;
per l'annullamento quanto al ricorso n. 1123 del 2011: del
decreto
del
Dirigente
della
Direzione Generale
Ambiente, Energia e Reti, n. 597 del 26.1.2011, recante verifica
di
assoggettabilità
alla
procedura
di
V.I.A.
regionale, ai sensi dell’art. 20 D.Lgs. n. 152/2006, del progetto di recupero ambientale dell’ambito denominato R8, sito in località “Valle Bavera”, in Comune di Cantello, nonché di ogni ulteriore atto prodromico, collegato e conseguente, ivi compreso il Piano Cave della Provincia di Varese (D.C.R. 30.9.2008 n. 698), la D.G.R. n. 8 del 28.11.2006, la D.G.R. n. 8210 del 13.10.2008, il D.Dir. Gen. Tut. Amb. n. 2624 del 5.5.1999, la D.G.R. n. 10964 del
30.12.2009,
nonché
per
l’accertamento
dell’assoggettabilità a V.I.A. regionale del progetto di recupero ambientale dell’ambito denominato RG8, sito in località “Valle Bavera”, in Comune di Cantello. quanto al ricorso n. 1288 del 2011: del
decreto
del
Dirigente
della
Direzione Generale
Ambiente, Energia e Reti, n. 597 del 26.1.2011, recante verifica
di
assoggettabilità
alla
procedura
di
V.I.A.
regionale, ai sensi dell’art. 20 D.Lgs. n. 152/2006, del progetto di recupero ambientale dell’ambito denominato R8, sito in località “Valle Bavera”, in Comune di Cantello, nonché di ogni ulteriore atto prodromico, collegato e conseguente quanto al ricorso n. 69 del 2012:
del provvedimento n. 99774 del 14.12.2011, del Dirigente del Settore Ecologia ed Energia della Provincia di Varese, con
il
quale
l’impossibilità
è di
stata
comunicata
rilasciare
il
alla
ricorrente
provvedimento
di
autorizzazione alla sottoscrizione della convenzione di cui all’art. 15, c. 4 della L.R. n. 14/1998. quanto al ricorso n. 3095 del 2012: della
delibera
Provinciale
n.
della
20
del
Provincia
29.3.2011 di
del Consiglio
Varese,
di adozione
preliminare della proposta di modifica del piano cave provinciale di Varese, nonché dei relativi atti preliminari e preparatori, ivi compresa, in particolare, la proposta formulata dalla Giunta provinciale di Varese con delibera n. 95 del 15.3.2011, della
delibera
Provinciale
n.
della
40
del
Provincia
19.7.2011 di
del Consiglio
Varese,
di adozione
definitiva della suddetta proposta alla Regione Lombardia di modifica del piano cave provinciale di Varese, con stralcio della cava di recupero Rg 8 "ex Coppa" sita in Cantello, loc. Valle Bevera; della
delibera
n.
554
del
25.9.2012
del Consiglio
Regionale della Regione Lombardia, con la quale è stata approvata modifica del piano cave provinciale di Varese, con stralcio della cava di recupero Rg 8 "ex Coppa" sita in Cantello, Loc. Valle Bevera; del
provvedimento
prot.
86215
del
8.10.2012, del
Dirigente Responsabile della Provincia di Varese, con il quale, in conseguenza della modifica del piano cave provinciale di Varese, è stata disposta la sospensione del
procedimento relativo all'istanza di autorizzazione per attività
di
cava
presentata
da
Italinerti
in
data
28.12.2009. quanto al ricorso n. 3096 del 2012: del provvedimento n. 4546 del 5.12.2012, del dirigente responsabile
del
Settore
Ecologia
ed
Energia della
Provincia di Varese, di rigetto dell'istanza presentata dalla ricorrente in data 28.12.2009, ai sensi dell'art. 12 e 13 della L.R. 8.8.1998 n.14, per l'autorizzazione all'esercizio dell'attività
estrattiva
presso
la
cava
di recupero
denominata “ex Coppa”, sita nel Comune di Cantello, Loc. Bevera, nonché dei relativi atti preparatori e conseguenti, ivi compreso, in particolare, il preavviso di rigetto prot. n. 96585
del
12.11.2012,
del
Servizio
ecologia
della
Provincia di Varese. quanto al ricorso n. 404 del 2013: della delibera del Consiglio Comunale di Cantello n. 41 del 18.12.2012, di
adozione del
Piano di
Governo del
Territorio, relativamente alle previsioni concernenti l’area della c.d. “cava ex Coppa”. Visti i ricorsi e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Lombardia, di Italinerti S.r.l., della Provincia di Varese e del Comune di Cantello; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 luglio 2013 il dott. Mauro Gatti e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Le vicende per cui è causa riguardano un’area di proprietà della società Italinerti S.r.l., sita in località “Valle Bavera”, in Comune di Cantello, in passato adibita ad escavazione, denominata “cava Coppa”. Dopo un lungo periodo di inutilizzo, nel 2008, il Piano cave della Provincia di Varese, ha invece destinato tale area ad “ambito di recupero”, ciò che ha indotto la predetta
Italinerti
procedimenti
per
S.p.a. poter
ad
avviare
concretamente
una
serie di
attuare
tali
previsioni. Tuttavia, a partire dall’anno 2011, la Provincia di Varese e la Regione Lombardia, hanno nuovamente modificato il regime della predetta area, stralciandola dal piano cave, ciò che non ha consentito la realizzazione del predetto recupero. Il Comune di Cantello, il Comune di Varese, e la Provincia di Varese, hanno contestato il provvedimento con cui la Regione ha escluso il progetto di recupero ambientale delle predette aree dalla procedura di impatto ambientale (ricorsi R.G. nn. 1123/11 e 1288/11). Italinerti ha invece contestato il successivo diniego opposto dalla Provincia di Varese all’autorizzazione alla stipula di una convenzione con il Comune di Cantello, onde poter avviare le attività di recupero della cava di che trattasi (ricorso R.G. n. 69/12). La predetta società ha inoltre impugnato lo stralcio di tale cava dal precedente piano provinciale (ricorso R.G. nn.
3095/12), e la conseguente determinazione provinciale di rigetto dell’istanza di autorizzazione alla coltivazione (ricorso R.G. n. 3096/12), oltreché le previsioni del piano di governo del territorio del Comune di Cantello, che prendevano atto, sul piano urbanistico, delle predette modifiche (ricorso R.G. n. 404/13). All’udienza pubblica del 4.7.2013 le cause sono state trattenute in decisione. DIRITTO Preliminarmente, come da richiesta delle parti, occorre disporre la riunione dei ricorsi R.G. nn. 404/13, 3096/12, 3095/12, 69/12, 1288/11, al ricorso n. 1123/11, per evidenti ragioni di connessione, oggettiva e soggettiva. I) Con il decreto regionale n. 597/2011, impugnato con i ricorsi R.G. nn. 1123/11 (Comune di Cantello e Comune di Varese)
e
1288/11
(Provincia
di
Varese),
Regione
Lombardia ha escluso il progetto di recupero ambientale riferito alle predette aree della società Italinerti S.r.l., dalla procedura regionale di valutazione di impatto ambientale. Tale provvedimento è stato emanato in applicazione dell’art. 20 del D.Lgs. n. 152/2006, ritenendo che, sulla base degli elementi indicati nel medesimo, e tenuto conto delle osservazioni pervenute, il progetto per cui è causa non
avesse
possibili
effetti
negativi
e significativi
sull'ambiente. I.1) Preliminarmente allo scrutinio dei singoli motivi di ricorso, osserva il Collegio che il visto potere di esclusione di un progetto dalla procedura di verifica dell’impatto ambientale, è connotato da un'amplissima discrezionalità,
censurabile solo in presenza di macroscopici vizi logici o di travisamento dei presupposti (T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 3.8.2011 n. 1205), tuttavia non ravvisabili nel caso di specie, dovendosi pertanto respingere i predetti ricorsi R.G. nn. 1123/11 e1288/11. Il detto decreto risulta infatti dettagliatamente motivato, e adeguatamente
supportato
da
un’istruttoria tecnica,
sufficientemente articolata e coerente. In primo luogo, con riferimento ai modesti impatti del progetto di che trattasi sulle componenti ambientali coinvolte, tale provvedimento dà infatti puntualmente atto
di
talune
modifiche
apportate
alla
versione
originariamente presentata, a seguito dell’esame delle osservazioni pervenute in sede partecipativa, che hanno fortemente mitigato l’impatto ambientale del piano. In particolare, a seguito del predetto iter, la Ditta ha rinunciato all’installazione nell’area cava di un impianto di lavorazione, alla perforazione di un pozzo, al rialzo della quota di cava da 306 m a 320 m, ed ha ridotto l’ampiezza del fronte di scavo, al fine di preservare un bosco preesistente, ed i volumi da estrarre, da 1.500.000 mc a 1.317.800 mc. Secondariamente, il provvedimento impugnato ha altresì esaminato i possibili impatti ambientali derivanti dallo svolgimento dell’attività estrattiva, dando atto del rispetto delle
soglie
dimensionali
fissate
nella
D.G.R.
n.
3667/2006, ai fini della non necessarietà assoggettabilità del progetto alla procedura di V.I.A., come desumibile dal
prospetto delle sei “fasi di scavo”, con l’indicazione dei relativi volumi. I.2) Venendo al dettaglio delle singole censure, con il secondo motivo del ricorso R.G. n. 1123/2011, e con il secondo motivo del ricorso R.G. n. 1288/11, si lamenta una carenza di istruttoria, con particolare riferimento alle problematiche relative al sistema idrico, alla tutela del paesaggio, e dell’ambiente, profili che non sarebbero stati adeguatamente esaminati. I
motivi
sono
infondati,
avendo
il
provvedimento
impugnato adeguatamente valutato i predetti pregiudizi. In particolare, si è infatti dettato un articolato un sistema di prescrizioni a tutela delle acque superficiali (v. punto 2.1) e di quelle sotterranee (v. punto 2.2), prevedendosi l’installazione di un piezometro, al fine di attuare il monitoraggio delle acque di falda, tramite la redazione di uno specifico piano concordato con la Provincia, e con l’intervento dell’A.r.p.a. Alla luce delle predette cautele, non risultano pertanto sufficientemente supportate le affermazioni dei Comuni ricorrenti, volte ad evidenziare la sussistenza
di
un
indimostrato
pericolo
per
l’approvvigionamento idrico. Parimenti, ulteriori prescrizioni specifiche sono state previste a tutela dell’ambiente (v. punto 8), della flora e della fauna (v. punto 6), con la finalità di assicurare la continuità
ecologica
e
degli
elementi
naturalistici,
attraverso idonei interventi di rinaturalizzazione, ed onde ricostruire
assetti
eco
sistemici
mantenimento della biodiversità.
funzionali
al
I.3) Con il primo motivo del ricorso R.G. n. 1288/11, si lamenta il difetto di motivazione, con riferimento a quanto previsto nella D.G.R. n. 10964 del 30.12.2009, la quale, a fronte della presentazione del progetto, avrebbe imposto di esaminare il medesimo, ai fini della sua verifica di impatto ambientale, utilizzando determinati parametri, denominati “descrittori”, che non sarebbero invece stati considerati nel caso di specie. Il motivo è infondato. Preliminarmente, il Collegio prende atto che la ricorrente non contesta l’erronea concreta applicazione dei detti parametri, limitandosi invece a dedurre il loro mancato utilizzo da parte dell’Amministrazione. La
lettura
tuttavia
in
del
provvedimento
fatto
la
censura,
impugnato
smentisce
affermandosi
in
esso
espressamente di aver valutato l’assoggettabilità del progetto
alla
procedura
di
valutazione
di
impatto
ambientale, facendo riferimento ai metodi previsti nella citata D.G.R. n. 10964 del 30.12.2009, oltreché sulla base di quelli in uso in precedenza, e che, “in nessun caso”, i valori
ottenuti
sono
risultati
rilevanti
ai
fini
dell’esperibilità della detta verifica. I.4) Con il primo motivo del ricorso R.G. n. 1123/11 si afferma che, in conseguenza del mancato esperimento della procedura di Valutazione Ambientale Strategica, in occasione
dell’approvazione
del
Piano
Cave
della
Provincia di Varese, anche il citato decreto regionale n. 597/2011 sarebbe illegittimo, “in via derivata”.
Preliminarmente, impugnazione medesimo
il
del
stato
Collegio predetto
pubblicato
dà
atto
Piano sul
della
Cave,
B.U.R.L.
tardiva
essendo il n.
48 del
29.11.2008, laddove il presente ricorso è stato notificato ben oltre il termine decadenziale, e che in ogni caso la Regione ha comunque avviato la predetta procedura di V.A.S., ciò che renderebbe comunque improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse ogni censura rivolta direttamente nei confronti del predetto piano cave. Il motivo è comunque infondato nel merito, dato che la V.A.S. costituisce per sua stessa natura e finalità uno strumento diverso rispetto alla V.I.A., essendo la prima rivolta ad assicurare l'accertamento della compatibilità ambientale dei piani e dei programmi, mentre la seconda è propria delle valutazioni inerenti i singoli progetti (T.A.R. Veneto, Venezia, Sez. I, 7.10.2011 n. 1503). Pertanto, anche ammettendo che il piano cave provinciale fosse, ab origine, illegittimo, per
non
essere stato
preceduto dalla VAS, ciò non comporterebbe infatti, come invece pretenderebbero i ricorrenti, l’obbligo automatico di sottoporre a V.I.A. il progetto di recupero della cava per cui è causa. II) Con il ricorso n. 69 del 2012, proposto dalla società Italinerti S.r.l. si impugna il provvedimento n. 99774 del 14.12.2011, del Dirigente del Settore Ecologia ed Energia della
Provincia
di
Varese,
con
cui
si
è
negata
l’autorizzazione alla sottoscrizione di una convenzione con il Comune di Cantello, necessaria per concretamente avviare l’attività di recupero della cava di che trattasi, ex
art. 15 L.R. n. 14/1998. In base a tale norma, il richiedente un’autorizzazione alla coltivazione di cava, ed il Comune interessato, devono preliminarmente stipulare tra loro una convenzione, con i contenuti ivi indicati. Qualora, come avvenuto nella fattispecie,
non
si
raggiunga
l’accordo
delle parti,
trascorso il termine di sessanta giorni, il soggetto che domanda l'autorizzazione può chiedere che la Provincia determini, entro 30 giorni dalla richiesta, gli obblighi cui è condizionato il rilascio dell'autorizzazione (c. 4 art. 15 cit.). Nel caso di specie, la società Italinerti S.r.l., con istanza del 5.9.2011, ha inoltrato alla Provincia la detta richiesta. Con il provvedimento impugnato, la Provincia di Varese ha invece negato la possibilità di procedere in tal senso, alla luce della nota del Comune di Cantello del 26.10.2011, nella quale, a sua volta, si comunicava che tale Ente stava ancora
fattivamente
verificando
le
condizioni,
i
presupposti ed i contenuti di un eventuale convenzione con la società. Inoltre, la Provincia dichiarava di essere ancora in attesa del provvedimento di approvazione da parte di Regione Lombardia della proposta di modifica del Piano Cave della Provincia di Varese. II.1) Il ricorso è fondato. Osserva il Collegio che, come desumibile dalla lettura della norma precitata, la stessa conferisce alla Provincia un potere di natura sostitutiva rispetto alle competenze comunali, essendo pertanto illegittima la motivazione del
provvedimento impugnato, laddove la stessa si fonda sul dissenso
del
Comune
stesso,
ciò
che
è
invece il
presupposto per l’esercizio del potere di che trattasi, e non
evidentemente
una
giustificazione
per
la sua
omissione. La predetta norma non prevede peraltro alcuna ipotesi che possa giustificare l’inerzia della Provincia, non essendo quindi rilevante neppure l’ulteriore circostanza richiamata
nel
provvedimento
impugnato,
attinente
l’eventuale futura modifica del piano cave, né la necessità di
contemperare
gli
interessi
privatistici
con quelli
pubblicistici, invocata dalla difesa provinciale. L’inequivoco tenore letterale dell’art. 15 L.R. n. 14/1998 non consente dunque di interpretare il medesimo, atteso che, qualora le disposizioni provvedimentali presentino un contenuto univoco, il giudice è vincolato dal principio in claris non fit interpretatio, onde le disposizioni stesse non sono suscettibili di operazioni ermeneutiche manipolative (C.S., Sez. VI, 1.10.2008 n. 4749). Né, infine, può assumere alcun rilievo il richiamo alla non perentorietà dei termini di che trattasi, poiché, come sopra
evidenziato,
l’illegittimità
del
provvedimento
impugnato non deriva dalla violazione di termini, quanto invece dal difetto di motivazione, e dalla mancanza di presupposti. III) Con il ricorso R.G. n. 3095/12 la società Italinerti S.r.l. ha impugnato gli atti, provinciali e regionali, con i quali si è stralciato dal piano cave quella di sua proprietà, sita in località “Valle Bavera”, Comune di Cantello, e si è
conseguentemente sospeso il relativo procedimento di autorizzazione all’attività estrattiva. Con il ricorso R.G. n. 3096/12 la predetta società ha impugnato il provvedimento prot. n. 4546 del 5.12.2012, con il quale la Provincia ha conseguentemente rigettato l’istanza di autorizzazione alla coltivazione della cava, in considerazione della vista modifica apportate al piano cave. Infine, con il ricorso R.G. n. 404/13, è impugnato il piano di governo del territorio del Comune di Cantello, nella parte in cui ha recepito le modifiche apportate al piano cave provinciale, classificando l’area della ricorrente come “ambito boscato”, senza più contemplare lo svolgimento di attività di cava, invece prevista dal precedente piano regolatore. III.1) I passaggi salienti dei provvedimenti impugnati nei predetti ricorsi sono riassumibili come segue. In primo luogo, con delibera n. 40 del 19.7.2011, il Consiglio Provinciale di Varese ha approvato una proposta di
modifica
del
previgente
piano
cave provinciale,
stralciando dal medesimo la cava per cui è causa, in considerazione delle richieste formulate dal Comune di Cantello,
motivate
facendo
riferimento
al
possibile
verificarsi di danni irreparabili, causati dal recupero della stessa cava, collocata in una zona di grande pregio naturalistico-ambientale. Con delibera n. 554 del 25.9.2012, il Consiglio Regionale ha approvato la predetta proposta di modifica al piano
cave. Tale provvedimento dà atto del parere contrario espresso dal Comitato Tecnico consultivo regionale per le attività estrattive, in data 10.11.2011, a cui tuttavia la Regione non ha ritenuto di aderire “in considerazione delle osservazioni tecniche di Aspem S.p.a., in merito ai potenziali impatti dell’intervento di recupero sul campo pozzi della Bevera, posto a circa 1 km a nord della cava Italinerti, e sul campo pozzi della Val Sorda, posto circa a 400
m
a
est
della
cava,
utilizzati
per
l’approvvigionamento idrico della città di Varese”. La citata relazione di Aspem S.p.a., società che gestisce il servizio interesse,
idrico
intergrato
attesta
a
sua
nell’ambito volta
che
territoriale
di
l’intervento
di
escavazione relativo alla cava di recupero Rg8, ex “cava Coppa”,
sito
complessivo
in
Comune
aumento
di
Cantello,
locale
della
comporta un vulnerabilità
dell’acquifero, in particolare durante le fasi di cantiere, per la presenza di centri di pericolo, e che l’incremento di vulnerabilità, combinato con la possibilità di incidenti, comporta una situazione di aumento di possibilità di contaminazione della falda. A fronte di un ulteriore parere contrario espresso da A.r.p.a. in data 8.11.2011, nel quale si sosteneva la compatibilità dell’intervento con l’assetto idrogeologico dell’area, e con la salvaguardia, in particolare, dei prelievi potabili, il provvedimento impugnato dà altresì atto di aver rivolto un invito al Presidente della Giunta, al fine di attivare un approfondimento istruttorio mediante verifica
tecnica da parte della stessa A.r.p.a. delle criticità formulate da Aspem S.p.a., tenuto conto che in tale parere si certifica altresì “che i dati attualmente a disposizione sono insufficienti al fine di una corretta ed esaustiva valutazione delle criticità emerse, e si sottolinea la necessità di un’ulteriore fase di studio della durata di dodici mesi”. Il provvedimento regionale impugnato motiva inoltre la modifica apportata al precedente piano cave, anche con riferimento
alla
presenza
di
arsenico
naturale,
in
concentrazioni rilevanti, che sarebbe stata riscontrata in aree
limitrofe,
con
possibili
rischi
in
caso
di
movimentazione degli scarti di lavorazione derivanti da attività di estrazione, se contaminati. Infine, si dà atto del fatto che “durante il lungo periodo di sospensione delle attività di escavazione, gli eventi naturali hanno già garantito un sostanziale recupero dal punto di vista naturalistico dell’area”. III.2) Ritiene il Collegio che i ricorsi R.G. nn. 3096/12 e 404/13 vadano trattati congiuntamente al ricorso R.G. n. 3095/12, poiché i relativi atti sono impugnati in quanto affetti
da
invalidità
derivata,
dovendosi
pertanto
scrutinare le medesime questioni. In rito, quanto al ricorso R.G. n. 404/13, va respinta l’eccezione di inammissibilità del medesimo sollevata dalla difesa comunale, per essere lo stesso indirizzato avverso un piano solo adottato ma non ancora approvato, trattandosi invece di atto immediatamente lesivo e
direttamente impugnabile, ancorché la sua impugnazione costituisca una facoltà e non un onere, allo stesso modo e alle stesse condizioni in cui ciò avverrebbe in caso di piano regolatore approvato (C.S., Sez. IV, 11.9.2012 n. 4828). Nel merito, il ricorso R.G. n. 3095/12, e conseguentemente anche i ricorsi R.G. nn. 3096/12 e 404/13, sono fondati. IV.1) Con il primo ed il terzo motivo di ricorso si censura il difetto di istruttoria e lo sviamento di potere della citata delibera provinciale n. 40/2011. Ritiene il Collegio che tale provvedimento sia affetto da tali vizi, laddove giustifica lo stralcio della cava in questione dal Piano Cave, facendo riferimento al già avvenuto “sostanziale recupero dell’area da un punto di vista naturalistico”, in considerazione del “lungo periodo di sospensione delle attività di escavazione”. Sul punto, occorre infatti ricordare che il Piano Cave oggetto della modifica impugnata, è stato approvato solo pochi
anni
prima, presupponendo espressamente la
necessità di recuperare l’area di che trattasi, a fronte dell’interruzione dell’attività estrattiva, risalente invece agli anni ottanta. Il provvedimento in questa sede impugnato ha invece apoditticamente “spontaneo”
di
affermato tale
area,
l’avvenuto ad
opera
recupero
della
natura
circostante. Trattandosi di una valutazione radicalmente contrapposta a quella espressa solo pochi anni prima, ed in assenza di elementi sopravvenuti all’approvazione del piano, che non
sono stati in alcun modo evidenziati, l’Amministrazione avrebbe invece dovuto, quanto meno, illustrare le ragioni che l’hanno indotta a modificare la propria valutazione sullo stato dei luoghi, il cui difetto dà luogo all’illegittimità del provvedimento impugnato. IV.2) Con un secondo ordine di censure si contesta la contraddittorietà intrinseca della delibera regionale n. 554/2012, che avrebbe disatteso ben due pareri contrari alla modifica, espressi dal Comitato Tecnico consultivo regionale e dell’A.r.p.a., ritenendo invece la sussistenza di una situazione di pericolo, causata della coltivazione della cava di che trattasi. La relazione del Comitato Tecnico (n. 10 del 10.11.2011), afferma in particolare che “la Provincia si è limitata ad aderire alle richieste contrarie avanzate dal Comune di Cantello
e
delle
associazioni
ambientaliste,
senza
produrre una documentazione tecnica di supporto. Le motivazioni di salvaguardia ambientale, addotte dalla Provincia a supporto della richiesta di stralcio, risultano già esaminate, sia in sede regionale che provinciale, in fase istruttoria del progetto di gestione della cava”; che “non sono state evidenziate dalla Provincia motivazioni tecniche aggiuntive che giustifichino uno stralcio di un sito, che in fase di adozione e di istruttoria del piano vigente, ambientali
presentava che
ne
tutti hanno
i
presupposti attestato
la
tecnici
e
fondatezza
nell’inserimento del piano”, ritenendo pertanto di non ravvisare elementi tecnici a favore della richiesta di
stralcio avanzata dalla Provincia di Varese. Per
quanto
concerne
l’A.r.p.a,
le
conclusioni degli
“approfondimenti tecnici relativi all’area intorno alla cava ex
Coppa”,
affermano
che
l’intervento
di recupero
morfologico si situa a valle rispetto al campo pozzi Aspem Valsorda, e si colloca nella zona del non saturo anche per il
piazzale
di
cava
ubicato
nella
parte
più bassa
dell’intervento, dove mantiene un franco di oltre 10 m dalla falda. Per quanto riguarda l’arsenico, tale relazione ha
affermato
che
“le
concentrazioni
attualmente
determinate risultano inferiori rispetto ai valori ottenuti nel corso delle recenti indagini di caratterizzazione” riferite a zone limitrofe, e che in ogni caso si è appurata la presenza di un fondo naturale “al di sotto dei limiti normativi”. IV.2.1) Ritiene il Collegio che dalla lettura dei predetti pareri
non
possa
che
desumersi
l’illegittimità
del
provvedimento impugnato, il quale, a prescindere dal contenuto delle osservazioni tecniche prodotte da Aspem S.p.a., che sarà esaminato nell’ambito del successivo punto IV.2.3, ha in ogni caso immotivatamente ritenuto di appiattirsi sulle stesse, senza illustrare le ragioni che hanno indotto a privilegiare tale approccio, in danno di quello emergente dagli ulteriori atti istruttori. Entrambi i predetti pareri, del Comitato Tecnico e di A.r.p.a., sono articolati su precisi dati tecnici, come sopra evidenziati, e provengono da strutture della stessa Regione, intervenute nel procedimento di che trattasi in forza
di
specifiche
disposizioni
normative,
che
ne
richiedono il
coinvolgimento, in
virtù
delle elevate
competenza tecniche di cui sono portatrici. Conseguentemente, le valutazioni effettuate dal Comitato Tecnico e dell’A.r.p.a., entrambe contrarie alla modifica del Piano Cave, avrebbero potuto essere superate solo a fronte di argomenti tecnici ben più solidi di quelli genericamente
rappresentati
nel
provvedimento
impugnato, che si è invece limitato, apoditticamente, a privilegiare le opposte considerazioni formulate da Aspem S.p.a., senza motivare, come invece avrebbe dovuto, in ordine alle ragioni che hanno indotto a preferire tale approccio. IV.2.2) Le considerazioni che precedono non sono peraltro minimamente
inficiate
dal
fatto
che
l’A.r.p.a.,
pur
escludendo, alla luce delle verifiche effettuate, qualunque pericolo derivante dalla cava di che trattasi, avesse rappresentato l’opportunità di effettuare un’istruttoria ancora più approfondita. La predetta relazione dell’A.r.p.a., in considerazione delle possibili variazioni della superficie della falda, legate ai cicli stagionali, allo scopo di procedere con un incremento delle conoscenze, per valutare eventuali variazioni della direzione di flusso idrico sotterraneo, ha infatti affermato che sarebbe stata necessaria un’ulteriore fase di studio della durata di 12 mesi. Quanto all’arsenico, si è ritenuto che “i dati attualmente disponibili non sono tuttavia sufficienti a rappresentare da un punto di vista statistico il giacimento da coltivare”, poiché “l’estrema complessità di
accesso al sito non ha consentito al momento di effettuare ulteriori campionamenti”, concludendo che “tale aspetto potrebbe essere oggetto di approfondimento in una fase successiva, valutando la possibilità di operare con mezzi diversi e più complessi”. Tali considerazioni dell’A.r.p.a., se da un lato consentono lo svolgimento di ulteriori indagini, all’esito delle quali l’Amministrazione
potrà
assumere
le
valutazioni
conseguenti, non possono in alcun modo giustificare il provvedimento
impugnato,
erroneamente
fondato
sull’esistenza, attuale, di una situazione di pericolo, che non trova invece alcun riscontro tecnico nell’istruttoria esperita, in cui, al contrario, si è espressamente escluso che la cava di che trattasi sia fonte di pregiudizi. Va infine osservato che la richiesta di svolgimento di ulteriori
indagini,
un'esigenza
di
lungi
cautela,
dall’essere è
stata
giustificata
da
invece unicamente
ricollegata all’esiguità dei termini assegnati all’A.r.p.a., da parte dallo stesso Consiglio Regionale. IV.2.3) Come già evidenziato, il provvedimento impugnato ha fatto proprie le valutazioni espresse da Aspem S.p.a., malgrado le stesse fossero di segno opposto a quelle formulate dal Comitato e da A.r.p.a. Sul punto, ritiene il Collegio che lo spessore tecnico ed il livello di dettaglio delle considerazioni formulate da Aspem S.p.a., non sia tale da poter fondare il visto giudizio di prevalenza, su quelle espresse dalle viste strutture regionali. Aspem
S.p.a.
si
è
infatti
limitata
ad
esprimere
sostanzialmente preoccupazioni in ordine a possibili pregiudizi derivanti dalla cava di che trattasi, senza che tuttavia le stesse siano supportate da rigorose risultanze tecniche, che sarebbero invece state indispensabili, onde poter superare i contrastanti pareri del Comitato Tecnico e di Arpa. In particolare, Aspem S.p.a. evidenzia che l’asportazione degli orizzonti di copertura a bassa permeabilità che garantiscono la protezione dell’acquifero, diminuirà lo spessore del terreno non saturo, cioè di uno degli elementi che contribuiscono maggiormente alla protezione della falda,
da
cui
vulnerabilità.
deriverebbe
Tale
parere
un si
aumento
limita
in
della sua
sostanza ad
affermare, in linea generale, che da un’escavazione possa derivare in astratto un pregiudizio alla falda sottostante, senza
tuttavia
spingersi
a
descrivere
il
pericolo
concretamente esistente nella fattispecie concreta, ad esempio indicando lo spessore minimo di protezione ritenuto indispensabile a garantire la sicurezza della falda, od i diversi gradi di pericolo eventualmente ricollegabili alla sua riduzione. IV.2.4) Alla luce di tutto quanto precede, non colgono pertanto nel segno le difese articolate dal Comune di Cantello, nella parte in cui invocano il c.d. “principio di precauzione”, a supporto del provvedimento impugnato. Come infatti correttamente evidenziato dalla difesa della ricorrente, tale principio non può infatti essere invocato per fini meramente protezionistici, implicando la necessità
di un’accurata e calcolata gestione del rischio, la cui sussistenza non è invece stata accertata nell’ambito dell’istruttoria
(T.A.R.
Friuli
Venezia
Giulia,
Sez. I,
15.12.2011 n. 560). Detto principio non può essere pertanto validamente attuato mediante l’adozione di una misura preventiva, motivata sulla base di un approccio puramente ipotetico del rischio, fondato su semplici supposizioni non ancora accertate (sentenza Tribunale U.E. 9.9.2011 nella causa T257/07), come appunto avvenuto nel caso di specie. IV.3) Con un ulteriore ordine di censure si deduce la violazione dell’art. 9 c. 1 L.R. n. 14/98, mancando i presupposti previsti da tale norma onde poter modificare il Piano Cave, nonché dei principi dettati in materia di affidamento a tutela degli operatori economici del settore, che confidavano invece nella stabilità di tali atti. Ritiene il Collegio che tali doglianze siano fondate, mancando riferimento
nei
provvedimenti
all’affidamento
impugnati qualsivoglia ingenerato
nell’attuale
ricorrente, in ordine alla stabilità del Piano Cave oggetto delle modifiche contestate. Il citato parere del Comitato Tecnico, aveva infatti espressamente evidenziato che “l’approvazione del piano cave ha determinato, in capo al soggetto interessato, legittime aspettative di cui occorre tener conto nel proseguire
l’iter
istruttorio”,
che
invece
sono state
totalmente pretermesse. In
conseguenza
della
fondatezza
dei
profili
già
evidenziati, vanno assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso.
In conclusione, i ricorsi R.G. nn. 1123/11 e 1288/11 vanno respinti, i ricorsi nn. 69/12, 3095/12, 3096/12 e 404/13, vanno accolti. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), previa riunione dei ricorsi R.G. nn. 404/13, 3096/12, 3095/12, 69/12, 1288/11 al ricorso n. 1123/11, definitivamente pronunciando sugli stessi, come in epigrafe proposti, respinge i ricorsi R.G. nn. 1123/11 e 1288/11, ed accoglie i ricorsi nn. 69/12, 3095/12, 3096/12 e 404/13, con conseguente annullamento degli atti con gli stessi impugnati. Condanna il Comune di Cantello, il Comune di Varese, la Provincia
di
pagamento Italinerti
Varese, delle
S.r.l.,
e
spese
la
Regione
processuali
equitativamente
Lombardia, in
al
favore della
liquidate
in
Euro
10.000,00, di cui Euro 1.000,00 a carico del solo Comune di Varese, e per il resto in solido tra le parti rimanenti, oltre ad I.V.A., C.P.A., ed al rimborso del contributo unificato a favore della predetta Italinerti S.r.l. Le spese sopportate dalle parti intervenute rimangono a loro carico. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autoritĂ amministrativa. CosĂŹ deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 4 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Domenico Giordano, Presidente Elena Quadri, Consigliere Mauro Gatti, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 22/08/2013 IL SEGRETARIO (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)