EXMARTE-Macelli Pubblici, Sinalunga (SI)

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EXMARTE



UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FIRENZE Dipartimento di Architettura Corso di Laurea Triennale in Disegno Industriale Candidata: Sabina Elena Quocchini Matricola 5876206 Relatore: Prof. Francesco Armato Correlatore: Dott.Giuseppe Licari, Lucetta Petrini Anno Accademico 2016/2017

EXMARTE Macelli Pubblici





“Se per la macellazione delle bestie si è fatta un edificio che è costato 28000 lire, quanto spenderà il Comune per l’edificio destinato ad educare i futuri Sinalunghesi che mangeranno le carni di quei bovi e suini macellati con tanto lusso = O tempora O Mores che a me piacciono poco”. Luigi Agnolucci

9 marzo 1911, Cartolina n° 154 Macello Pubblico


INDICE INTRODUZIONE

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CENTRI CULTURALI

MATTATOI

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104 CENTQUATRE

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OLD HOUSE

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ARQUIPELAGO

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STAZIONE

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MATTATOIO TESTACCIO

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MACRO E LA PELANDA

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MATADERO

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CINETECA

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LES ABATTOIRS

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BOMEL

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EX MACELLI

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MATTATOIO DI VITERBO

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EX MATTATOIO DI CAGLIARI

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EX MATTATOIO DI PESCARA

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MAISON DES PETITES

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LABORATORI ARTISTICI

INTRODUZIONE

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DOCUMENTAZIONE E RICERCA

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CONTRATTO DI QUARTIERE SAVONAROLA

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OFFICINA TEEN

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PROGRAMMAZIONE LABORATORI

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ACCADEMIA DEI BAMBINI

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SEGNI - TRACCE - SCRITTURE

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UN ROBOT PER AMICO

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ERBARI VAGABONDI

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ARTE POSTALE

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EX MACELLI SINALUNGA

PROGETTO

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SINALUNGA

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STORIA

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I MACELLI

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STORIA

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DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

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STATO ATTUALE

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PROGETTO - EXMARTE

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BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

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INTRODUZIONE


La mia tesi prevede la progettazione di un centro culturale all’interno dell’ex macello comunale di Sinalunga, un comune della provincia di Siena in Toscana. L’edificio decadente e inagibile da tempo, dopo essere stato lasciato a sé stesso per anni, credo che abbia bisogno di un nuovo aspetto, anche se non abbia un importante valore storico-artistico. In Italia è diffuso ormai da tempo il fenomeno di riconversione di ex mattatoi in luoghi di interesse culturale; la maggior parte di essi sono situati in zone periferiche, degradate e desolate. In questo modo il processo di riqualificazione non interessa solo l’edificio in sé, ma anche l’area circostante, così prende vita sia lo stabile che la realtà attorno. Il macello di Sinalunga si trova invece in condizione atipica, è ubicato in una zona residenziale molto tranquilla, distante dalla zona industriale; sul lato del cortile interno esso si affaccia sulla Piscina comunale, mentre sul lato ovest vi è il Tennis Club di Sinalunga. E’ una zona molto frequentata, 12

soprattutto d’estate, da giovanissimi, di conseguenza l’idea del macello convertito in centro culturale si inserisce benissimo nel contesto limitrofo. Si potrà creare lungo la via Umberto I, un luogo di incontro per due mondi diversi, quello sportivo e quello culturale, favorendone la diffusione di entrambi. Il macello riprenderà la sua attività: da luogo di macellazione delle carni della Valdichiana a istituzione culturale per tutta la comunità sinalunghese, dove prima svolgevano mansioni solamente manuali, ora con il futuro programma si aggiungeranno pure esercizi mentali. Tutto ciò, non è soltanto il riuso di uno spazio, rappresenta anche un rinnovamento culturale per il comune di Sinalunga, il quale potrà ampliare i propri confini del sapere, sia coltivando e custodendo le proprie tradizioni, ma aprendosi pure alla conoscenze di altri usi e costumi. La pianificazione del macello prevede un luogo di aggregazione sociale per la collettività, tramite manifestazioni e attività culturali

e artistiche gratuite e aperte a tutti, così che lo stabile possa pure diventare strumento di valorizzazione del patrimonio e delle memorie locali. ll progetto è incentrato principalmente nell’ideazione di un luogo di “creazione e mani festazione artistica”, destinato a un pubblico vasto, in modo da riunire tutte le generazioni, dai bambini fino agli anziani. L’EXMARTE sarà aperto a tutti. E per dare una linea di orientamento ai partecipanti, è stato fissato un range di età solamente per la partecipazione ai laboratori, dai 7 anni in poi; una scelta vincolata per lo sviluppo di allestimenti idonei a tutte le utenze. ll macello diventerà uno spazio di incontro e divertimento. Il centro sarà accessibile a tutti, offrendo laboratori e workshop gratuiti che rientrino in programmi interessanti e variegati, riportando l’attenzione agli utenti/visitatori e alle loro esigenze. La missione principale sarà quella di favorire l’aggregazione sociale e per questo l’EXMARTE credo sia un progetto ambizioso,


che favorirà i rapporti umani in primis e lo sviluppo di attività, non solo per una crescita intellettuale ma ancor più per un benessere personale. Il mio progetto di tesi è il risultato di un lungo processo: iniziato con lo studio di centri culturali, nella loro pianificazione e analisi delle attività svolte all’interno di essi, in seguito mi sono dedicata alla scoperta di ex macelli ristrutturati, cercando di analizzare le loro scelte progettuali; durante la fase di ricerca ho svolto parallelamente una ricerca sui laboratori culturali-artistici, l’Antropologo Giuseppe Licari, correlatore esterno, mi ha consigliato letture e fornito testi sull’antropologia culturale e sulla didattica dell’arte. L’altro momento di studio, molto intenso, è legato alla lettura di libri sulla storia di Sinalunga, e alla ricerca sia nei testi storici, attinenti al passato sinalunghese, che negli Archivi del Comune di informazioni sulle vicende dei Macelli, di cui non si hanno purtroppo molte tracce; finora non è stata nemmeno definita la data esatta della co-

struzione dell’edificio, solo una stima. Durante le mie analisi sono arrivata alla scoperta di qualche notizia in più, riguardante l’inizio della costruzione del macello, non si può accertare definitivamente la validità di ciò, ma comunque rappresenta un passo in avanti rispetto ai dati posseduti fino ad ora. La fase progettuale, che rappresenta il fulcro centrale della tesi, è stata lunga e molto impegnativa , visto la complessità dell’edificio e la difficoltà di adattare ad una vecchia struttura, piena di barriere architettoniche e ostacoli, una configurazione aperta e comunicante tra i vari corpi di fabbrica, tipica dei centri culturali, che stimoli ad uso collettivo e socializzante. Nello svolgimento della tesi sono sempre stata affiancata dal Professore Arch. Francesco Armato, aiutandomi anche in ogni singolo dettaglio. Nel mio progetto è stato eseguita un’opera di ristrutturazione edilizia conservativa, non ci sono interventi e modifiche radicali sull’ar chitettura in sé, non avendo né i mezzi e né le conoscenze.

Il centro deve essere un luogo sia agibile che accessibile, offrendo attività gratuite, e che sia in grado di proporre un programma interessante e variegato, riportando l’attenzione ai visitatori e alle loro esigenze. La progettazione di un centro culturale aperto all’inclusione della disabilità significa rispondere a una molteplicità di fattori, gli spazi e gli arredi sono stati progettati secondo corrette norme e disposizioni. Il futuro macello si articola al suo interno in due aree di interesse strettamente collegate e comunicanti tra loro: quella didattica, dove si svolgeranno laboratori culturali-artistici, e quelle espositiva, dove saranno allestite mostre temporanee. La mia tesi di progettazione si è basata sullo sviluppo di allestimenti, che rispondano a specifiche funzioni e forme estetiche, che non siano contrastanti ma adeguati al contesto storico del mattatoio, e che siano coerenti con la futura finalità di centro culturale. I prodotti, che fanno parte degli allestimenti, sono ideati su “misura” per il macello. 13



CENTRI CULTURALI


BIANCO E NERO

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Heydar Aliyev Center, Zaha Hadid, Baku, Azerbaigian

Gli esempi di centri culturali sono sempre più frequenti e mediaticamente visibili. Oggi i centri culturali si possono identificare come veri e propri luoghi dell’intrattenimento, di avvenimenti culturali e mondani e teatri di precise pratiche sociali. Essi hanno subito un’evoluzione nel tempo trasformandosi in un insieme di spazi e di usi posti in prossimità gli uni con gli altri. Che si trattino di sale teatrali o di spazi per la musica, di biblioteche, ludoteche o sale convegni, l’obiettivo dei centri culturali è quello di favorire e di diffondere la creazione e la manifestazione artistica e di renderla il più possibile accessibile ai grandi numeri del pubblico. La progettazione di essi si dirige verso un terreno programmatico, esplicitando le sue intenzioni nelle attività previste ed in quelle possibili, nell’interpretazione data allo spazio di relazione, nel creare prossimità o separazione, nelle gerarchie proposte, e soprattutto nell’immaginazione di uno spazio pubblico che istighi ad un uso collettivo e socializzante. In seguito sono illustrate una serie di opere molto lontane dal mio progetto per scala, per contesto, per committenza (pubblica e privata), per target di riferimento; ma il loro confronto, in una lettura che ricerca le affinità e le differenze a partire dall’interpretazione data al tema progettuale in relazione alle finalità di essi, è utile per l’approfondimento dell’argomento e per comprendere le possibili sfumature all’interno del concetto di centro culturale. I progetti analizzati sono stati vecchi siti abbandonati, frutto di processi di riqualificazione, riuso e conservazione; rappresentano per me ispirazione sia per le loro scelte pro-

gettuali sia per gli obiettivi che vogliono perseguire, condividendo le loro Mission. Le opere di riferimento sono molto variegate e distanti tra loro. La prima presa in esame è il “104- Le Centquatre” di Parigi, che esprime nella sua completezza il concetto di centro culturale. Il complesso parigino di vaste dimensioni fa parte di un progetto comunale di riqualificazione di un’area molto estesa. L’edificio è pensato per accogliere un grande numero di persone, di qualsiasi età, dai bambini fino agli anziani, proponendo varie attività e laboratori, pensati per uno specifico target. Mentre la Old House di Casal Grande rappresenta un esempio di centro culturale commissionato non da un ente pubblico ma privato, la Casalgrande Padana, azienda produttrice di gres porcellanato. Quest’ultima ha creato un luogo di “manifestazione artistica”, dove si svolgeranno mostre ed eventi per la collettività, ma che ha come finalità anche quella di promuovere l’immagine della ditta attraverso espressioni artistiche. Di seguito troviamo l’ Arquipelago, un centro in Portogallo, che è costituito da sale polivalenti che possono assumere diverse funzioni: laboratori, studi di artisti, luoghi per spettacoli e teatro. Esso incarna l’obiettivo di creare spazi in continuo divenire e mutare a seconda del cambiamento dei movimenti artistici-culturali e delle esigenze di coloro che partecipano alla sua vita attiva. Infine vi è l’ultimo centro trattato , un’ex stazione ferroviaria ristrutturata recentemente, situata a Burgos, Spagna;oltre alle consuete divisioni dello spazio per accogliere attività culturali è stato pensato un luogo designato per bambini e giovani, favorendo l’aggregazione sociale e programmi formativi.

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Il Labirinto, Michelangelo Pistoletto, CENTQUATRE

104 CENTQUATRE PARIGI


Lo spazio 104 rappresenta il simbolo del rinnovamento culturale del 18° arrondissement di Parigi. Si chiama così perché si trova al numero 104 di rue des Aubervilliers, è quanto di più avanzato si possa concepire in termini di politica sociale e culturale. Le Centquatre è il nome di uno spazio di creazione e produzione artistica ricavato dalle antiche pompe funebri della Ville de Paris, un grande edificio industriale del XIX secolo. Il sito, completamente rinnovato, si inserisce in un grande progetto di riorganizzazione urbana, volto a valorizzare una zona di Parigi troppo a lungo lasciata all’abbandono, dominata da un paesaggio di ferrovie in rovina e lotti abbandonati. È stato concepito come

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cantiere di opere d’arte, come laboratorio artistico di rinnovamento culturale, è basato sull’idea che arte e cultura debbano sempre essere legate alla realtà sociale e territoriale e fonde tra loro tutte le forme d’arte (danza, teatro, pittura, scultura, cinema, video, musica, arte culinaria, attività circensi, corsi di Yoga, Tai Chi, ecc.) in stretta collaborazione con altre simili realtà artistiche europee, e non solo. E’ un luogo di sperimentazione e di partecipazione dove chiunque, e non solo gli artisti, può dar vita a esibizioni, esposizioni e pratiche collettive. Artisti e pubblico entrano in contatto senza intermediari: ognuno può interagire in tempo reale con l’atto creativo.

2008


Maison des Petites , CENTQUATRE

Panchina Pubblica, Sebastien Wierin, CENTQUATRE

MAISON DES PETITES All’interno del 104 ci sono anche attività gratuite dedicate ai bambini che possono giocare, fare sculture o disegnare nello spazio chiamato Maison des Petites. In questo luogo di condivisione originale, i bambini e i genitori giocano liberamente, leggono, dipingono, disegnano, sognano, scambiano con altre famiglie e la squadra di persone ospitali. La programmazione è variegata in quanto tiene conto delle proposte del pubblico. Il suo design originale, disegnato dall’artista Matali Crasset, segna immediatamente la sua vocazione artistica. L’allestimento è pensato nel solo per il mondo dei piccoli anche degli adulti che si vogliono intrattenere insieme a loro. È uno spazio pacifico, investito dall’arte, dove i bambini e gli adulti sono incoraggiati a scoprire, attraverso il gioco, le loro capacità creative e ad avvicinarsi a un nuovo modo di stare insieme. L’immersione in un ambiente culturale e artistico ci invita a condividere esperienze inventive e ci permette di appropriarsi di un universo costantemente rinnovato. 21


2011

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OLD HOUSE CASAL GRANDE Italia

La Old House è il risultato di un interessante intervento di riqualificazione dell’esistente realizzato dall’architetto Kuma con la sensibilità che contraddistingue il suo approccio ai temi della tradizione. L’edificio preesistente, una tipica casa colonica della campagna reggiana, sopravvissuta alle profonde trasformazioni industriali del territorio, è stato completamente restaurato e recuperato a funzioni di archivio storico e di documentazione di Casalgrande Padana, azienda produttrice di gres porcellanato, ma la Old house è pure strutturata per accogliere anche mostre, incontri ed eventi culturali. Antico e moderno sono chiamati a definire uno spazio a-temporale, carico di significati. L’attenzione riservata da Kuma ai materiali e al loro impiego sostenibile, trova riscontro in questo progetto nell’ecologia del gesto, nel senso della misura, nella sintesi, nella capacità di declinare la semplicità in spazi carichi di spiritualità, dove un ruolo di primo piano è giocato dal grès porcellanato. L’ immagine di fianco mostra ill fulcro centrale della struttura, il luogo per le manifestazioni artistiche-culturali, lo spazio è evidenziato da questo sistema di scalini-sedute total white. 23


2014

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ARQUIPELAGO RIBEIRA GRANDE Portogallo

ll design dell’Arquipélago, Contemporary Arts Center, mantiene il proprio carattere industriale del tutto e mette in evidenza il dialogo tra un edificio esistente (ex fabbrica di alcool e tabacco) e la nuova costruzione (centro di arti e cultura, magazzini, sala polifunzionale / arti dello spettacolo , laboratori, studi d’artisti). Il progetto non marca le differenze tra i vecchi ed i nuovi edifici. Al contrario, cerca di unirli in una manipolazione pittorica della forma e della materialità degli edifici: le costruzioni esistenti sono segnate dalla muratura in pietra vulcanica mentre i nuovi edifici sono caratterizzati da una forma astratta. ll design è impegnato a mantenere la qualità di ciò che esiste mostrando le variazioni tipologiche; sottolineando la memoria architettonica di un determinato periodo e la nuova aggiunta, senza danneggiare o sovvertire la struttura spaziale e costruttiva del tutto. Contesto e contiguità contribuiscono all’autonomia dell’edificio; dove l’arte sfocia le frontiere tra sfere private e pubbliche, tempo libero e lavoro, arte e vita. La scala a fianco è costruita in calcestruzzo con basalto locale, evidenziando così la variazione delle texture e rugosità delle superfici.

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2016

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STAZIONE BURGOS Spagna

Il progetto mira alla riabilitazione della vecchia Stazione per ospitare un programma ricreativo e ricreativo destinato principalmente ai bambini e ai giovani. L’intervento si estende, da una parte, sopra la piazza della stazione come spazio pedonale e di relazioni e, dall’altro lato, un viale che oggi è dove le ferrovie erano. Nell’edificio dei viaggiatori si cerca di recuperare la sua essenza, adattando la costruzione al nuovo utilizzo previsto. Tutti i rivestimenti interni esistenti vengono rimossi, esponendo le mattonelle e gli stoneworks. Questa operazione, necessaria per la riabilitazione delle pareti, consente di distinguere le parti esistenti dell’edificio da quelle nuove. Le diverse operazioni svolte nell’edificio hanno la funzione chiaramente di consentire divisioni flessibili degli spazi, in grado di evolversi nel tempo in modo semplice. 27



MATTATOI




Spazio espositivo, La Pelanda, Testaccio

MATTATOIO TESTACCIO ROMA


L’INTERO COMPLESSO ARCHITETTONICO FU COSTRUITO DA GIOACCHINO ERSOCH FRA IL 1888 E IL 1891 E RAPPRESENTA UN IMPORTANTE ESEMPIO STORICO DELL’ ARCHITETURA INDUSTRIALE MONUMENTALE E RAZIONALE DELLA FINE DEL SECOLO DICIANNOVESIMO.

Il Mattatoio è considerato uno fra i più importanti edifici industriali della città per la modernità e originalità delle sue strutture. Realizzato in tre anni dal 1888 al ‘91, ordinato su pratiche antiche filtrate da una concezione illuminata della funzione pubblica unita a standard produttivi e igienici gia’ industriali, fatto di cortine laterizie miste a travertino ma anche di innovative strutture in ferro e ghisa, il Mattatoio di Ersoch, più di 50 mila mq di superficie coperta su circa 8 ettari, è un testimone originale dell’innovazione sociale e tecnica applicata all’architettura. Si trova in un’area della città di Roma che in questi ultimi anni sempre più si è caratterizzata per la ricchezza di manifestazioni culturali ed eventi artistici rivolti in particolare ad un pubblico giovane. Dal 1975 il mattatoio non è più in funzione. Nel 2000 è stato approvato il progetto di ristrutturazione dell’intero complesso, determinando una suddivisione funzionale.Trent’anni dopo la dismissione, nel 2005 sono stati aperti i primi cantieri che concretizzano un programma, che articola un’idea e una missione. Nell’intero complesso del Testaccio coesistono diverse realtà istituzionali: Accademia delle Belle Arti, Università Roma 3 e MACRO museo d’ Arte Contemporanea di Roma ed esperienze indipendenti e associative, come la Scuola popolare di musica di Testaccio e il Centro sociale “Villaggio Globale. Passeggiando all’interno della struttura si vedono padiglioni ristrutturati, edifici in corso di ristrutturazione, altri abbandonati, molti dei quali decisamente degradati. E’ stata avviata da tempo un’opera di ristrutturazione del complesso attraverso una nuova configurazione nell’ utilizzo, nel fine e nei contenuti, più che nella forma reale ed esteriore della

struttura architettonica. Certamente quella del Mattatoio è una grande avventura, rappresentativa dell’inversione di tendenza ma anche delle infinite difficoltà.

MACRO E LA PELANDA Dal luogo del macello e delle lavorazioni delle carni, la Pelanda e il Mattatoio diventano luogo di lavorazione e laboratorio di creatività, per nutrire menti e ambizioni creative. Il progetto del centro è stato realizzato dagli architetti Massimo e Gabriella Carmassi con il progetto “Risorse per Roma”. Nel 2002, due padiglioni all’interno del vasto mattatoio sono stati assegnati al Museo MACRO di via Nizza. l Museo MACRO di via Nizza. Nel 2003 è nato MACRO Future, oggi MACRO Testaccio. Nel 2010 è stata inaugurata La Pelanda, costituita da tre altri padiglioni; essa rappresenta un centro culturale polivalente a cui gestione è affidata al MACRO. L’area risponde oggi perfettamente alla crescente richiesta del pubblico di un luogo non solo per l’esposizione , ma anche e soprattutto per la creazione di arte, nucleo di produzione artistica, di incontro e scambio, con una particolare attenzione rivolta alla scena contemporanea, all’ interdisciplinarità delle diverse espressioni artistiche come musica, teatro, danza, architettura, pittura, fotografia e tecnologie digitali. L’obiettivo era quello di regalare alla città un importante spazio espositivo e centro culturale e nello stesso tempo di preservare un luogo carico di suggestioni. La volontà è quella di trasmettere l’idea di una cultura aperta, che cresce e si arricchisce costantemente con lo scambio e l’incontro tra artisti, pubblico,curatori e persone.

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I due Padiglioni, MACRO, Testaccio Istallazione “Big Bambù”, Doug e Mike Starn

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E’ stato mantenuto l’aspetto morfologico iniziale invariato: con padiglioni rettangolari rivestiti in mattoni, aperture equidistanti lungo il perimetro e ciminiera troncoconica sui tetti a doppia falda. La riqualificazione dell’intero lotto è stata incentrata maggiormente nelle modifiche interne, creando spazi aperti e dinamici, e nel convertire le funzioni dell’ex mattatoio. I padiglioni adibiti al museo MACRO e al centro culturale La Pelanda rappresentano le più importanti opere di restauro conservativo dell’intera area; oltre al recupero dei locali utilizzati per la Pelanda dei suini, gli architetti Carmassi hanno lavorato anche sul fabbricato adiacente che ospitava i serbatoi per l’acqua in acciaio e calcestruzzo, creando un unico ambiente aperto, perfettamente integrato e attraversabile al pubblico. I padiglioni, con una superficie utile di 5’000mq, sono stati sfruttati per creare spazi espositivi, sale teatrali, sale regia, appartamenti per artisti, studi, laboratori e servizi.

Il corpo principale, a due piani e con un’ unica grande navata centrale, era originariamente suddiviso in due grandi spazi simmetrici tra loro.I lavori di recupero hanno invece dato vita ad ambienti dinamici arricchiti da pareti vetrate e varie installazioni temporanee che suddividono gli spazi durante le esposizioni del centro culturale. A sud del corpo principale, disposto parallelamente, c’è un ulteriore fabbricato dalle dimensioni minori e al cui interno ci sono i serbatoi dell’acqua utilizzati un tempo come riserva d’acqua ed ora come percorso, in quanto sono state fatte delle aperture che permettono il passaggio. Lo spazio tra il corpo principale e quello dei serbatoi è stato raccordato da un ulteriore corpo realizzato con struttura in cemento armato e pareti esterne in vetro permettendo così una buona illuminazione naturale interna. Questa galleria non è solamente un collante tra i due corpi di fabbrica ma un vero e proprio spazio espositivo in cui sono pre-

senti e valorizzate le vasche e tutti gli elementi metallici utilizzati in passato. L’intero complesso del centro culturale è stato progettato come un sistema aperto e interamente attraversabile dal pubblico, con grandi superfici vetrate che rendendo gli ambienti ben illuminati. MACRO al Mattatoio, nelle volontà del suo direttore, non è il classico spazio espositivo che recupera in modo “alternativo” una architettura industriale. E’ uno spazio disponibile all’espressione artistica, che provoca, induce arte. E il progetto d’architettura segue, o forse ha anticipato, questa logica interpretando i caratteri dei vecchi macelli. Per il resto, ad eccezione dei plateau rosso sangue, vengono scelti i materiali e i colori che sono quelli d’origine - asfalto, travertino, laterizi, bardiglio, ghisa e ferro - mentre le nuove strutture e gli impianti si ritraggono dietro piani neutri se non nel sottosuolo. Si predilige il rapporto stretto con l’antico, ma pur sempre inserendo elementi moderni.

Insula Architettura e Ingegneria, Testaccio

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Spazio workshop, La Pelanda, Testaccio


I serbatoi dell’acqua, La Pelanda, Testaccio


Scala di accesso alla residenza

Zona camerini

SI PROMUOVE LA RICERCA DI UN EQUILIBRiO ATTRAVERSO LA SCELTA DEI MATERIALI, LA FATTURA ARTIGIANALE, L’ ACCORDO CROMATICO: CON L’ OBIETTIVO DI RENDERE NUOVAMENTE INTELLEGIBILE UN DOCUMENTO STORICO COSTITUITO DA MATERIALI ETEROGENEI E OBLITERATI.

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Il progetto dell’intera area si basa quindi su un equilibrio attento tra intervento e conservazione. In tutto l’intero lotto si percepisce una forte e costante relazione da un punto di vista morfologico e architettonico tra quello che era un tempo il mattatoio e ciò che è ora, in una continuità di forma e impiego di materiali. Nella metodologia di Carmassi, infatti, l’intervento contemporaneo su un edificio antico è concepito come una sorta di “ultimo strato” che si deposita su un’architettura: pertanto deve essere il più “trasparente” di tutti quelli precedenti, ma anche capace di esaltare la qualità complessiva, ambientale e materiale, dell’opera.

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MATADERO MADRID

Nave 16, Sala 2, Matadero


Il Matadero è l’ ex mattatoio comunale di Madrid, nel quartiere Arqanzuela e copre una superficie di 165.415 mq. Il complesso di edifici che compone il mattatoio è un esempio di archeologia madrilena del XX secolo. Realizzato tra il 1910 e il 1925, durante le due guerre mondiali, è stato utilizzato anche come magazzino di stoccaggio alimentare. Intorno agli anni ’70 molti edifici diventarono obsoleti e un po’ per volta vennero riqualificati e trasformati in strutture per attività di diverso tipo. Nel 1987, ad esempio, l’edificio per la vendita delle carni venne convertito in spazio dove destinare attività socio-culturali. Precedentemente, anche gli uffici e la direzione amministrativa dell’antico mattatoio erano stati trasformati nella sede della Giunta Municipale di Arganzuela. Nel 1990 l’area destinata agli animali bovini venne convertita nella sede del Ballet Nazional de Espana e della Compagnia Nazionale di Danza e nel 1996 il Matadero chiuse definitivamente. All’interno del programma di riqualificazione della zona sud della città, nel 2005 il Governo inserì anche il progetto di conversione dell’ex mattatoio in un grande laboratorio multidisciplinare di creazione e produzione di arte contemporanee. Il Matadero si inserisce in un quadro più generale, è parte di un progetto urbano e istituzionale che mira alla creazione di un grande scenario culturale nel sud di Madrid. Il progetto ha coinvolto il recupero dell’intero quartiere di Arganzuela e rappresenta per la città un caso emblematico di riqualificazione urbana attraverso un progetto culturale. 41



Il Matadero di Madrid nasce come nuovo centro culturale metropolitano, un luogo per l’arte e per il tempo libero e contemporaneamente come un’opportunità, in termini di proposta culturale, per potenziare l’offerta pubblica. Dal punto di vista urbano, per la sua ubicazione, il Matadero consolida e prolunga il grande asse culturale Recoletos-Prado fino alla piazza di Legazpi, estendendo la centralità della città di Madrid verso il rio Manzanares. La conquista di questo spazio pubblico urbano e il recupero del rio Manzanares favoriranno la riqualificazione della zona sud della città e la creazione di un’area di particolare interesse per la cultura madrilena. Oltre a spazi dedicati a laboratori per artisti, designer, performer, filmakers, teatranti, al Matadero l’offerta culturale è infinita: si possono seguire corsi, seminari, conferenze; assistere a concerti, letture, spettacoli teatrali, cineforum; non solo lo spazio accoglie anche ristoranti, bar, biblioteca di 9000 mq. Il progetto è ancora in divenire, verrà realizzata anche una biblioteca di 9000 mq. Il progetto di riqualificazione ha preservato in maniera straordinaria l’antica struttura, mantenendo gli spazi così come erano stati edificati, ma ripensandone per un nuovo uso. Sono stati recuperati anche materiali di scarto, come tegole in laterizio, per alcune partizione interne, che risultano di grande suggestione. Gli enormi padiglioni che compongono il matadero di Madrid sono chiamati Nave, la n° 16 è il cuore delle arti visive.

Nave 16, Sala 3, Matadero

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IL MATADERO RAPPRESENTA UNA NUOVA INFRASTRUTTURA CULTURALE PER MADRID. IL PROGETTO NASCE PER FAVORIRE LA CREAZIONE MULTIDISCIPLINARE E FUNZIONA COME CATALIZZATORE SOCIALE, URBANISTICO E CULTURALE PER LA CITTA’. METTE A DISPOSIZIONE TRE GRANDI AREE DI AZIONE: DIFFUSIONE, COMUNICAZIONE ED ESPOSIZIONE DELL’OFFERTA CULTURALE; PRODUZIONE ARTISTICA; FORMAZIONE E RICERCA.

<- Nelle aree di studio, i muri in mattoni del precedente edificio sono per lo più lasciati a vista, così come i vecchi elementi strutturali e i forni, in modo da preservare la storia del precedente edificio. 44


Sala Azcona, Cineteca, Matadero

CINETECA La Cineteca occupa solo una parte ridotta di tutto il centro in quanto si sviluppa su 2.688 mq ma è comunque un edificio di grande interesse per lo sviluppo della produzione audiovisiva per la Spagna. Il lavoro fatto dagli architetti Churtichaga e Quadra-Salacedo si sviluppa su un concetto di fondo molto importante: l’occhio e i limiti della percezione visiva sono i veri protagonisti della storia del cinema. Per questo motivo

il progetto si articola attorno a grandi strutture luminose, realizzate grazie all’intreccio di tubi di acciaio che si innalzano per i tre piani della Cineteca in prossimità delle scale, ricordando la trama delle ceste di vimini. Sono queste strutture luminose intrecciate tra di loro creando una fitta trama, che circondano le ceste di vimini, a definire gli spazi principali interni attraverso il contrasto fra ciò che è luminoso e ciò che non emana luce

e colore, tra cui solai e muri in legno di pino verniciato in grigio scuro. L’effetto scenografico dell’illuminazione, concetto su cui si sviluppa tutto il progetto, viene esaltato nella Film Archivio Area, dove le strutture di tubi intrecciati formano una “cesta” permeabile, su cui è possibile anche camminare, che oltre a filtrare la luce funziona come una grande lampada. Si ricrea un’ atmosfera molto suggestiva data dal contrasto molto netto. 45


46000

CAPI-




LES ABATTOIRS TOLOSA


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Les Abattoirs è una museo di arte moderna e contemporanea nella città di Tolosa. Situato sulla riva sinistra della Garonna, i macelli offrono una vasta gamma di attività. Nel 1823, la città di Tolosa decise di raggruppare i suoi diversi macelli, costruiti con mattoni rosa, su un unico sito. Nel 1825, l’architetto Urbain Vitry fu incaricato del progetto di architettura dell’ edificio. Nel 2000 Les Abattoir sono stati ufficialmente inaugurati. Nel contesto dei servizi pubblici svolgono molte attività legate alla diffusione e alla comprensione delle forme moderne e contemporanee delle espressioni artistiche. La struttura è costituita dalla fusione del Museo di arte moderna e contemporanea della città e del Fondo regionale d’arte contemporanea della regione. I macelli svolgono quindi due missioni complementari e prese-

tano due collezioni indipendenti tra loro. Dal 2013, i Macelli hanno sviluppato un programma multidisciplinare (concerti, spettacoli, proiezioni ...) che lo rendono un posto centrale per la cultura vivente nell’area della metropoli di Tolosa. Beneficiando di una mediateca, un centro di documentazione, un ristorante, un libraio e un auditorium, i macelli sono un sito culturale pienamente unificante. Tra le attività vi sono: animazioni tematiche specifiche,laboratorio per adulti,laboratorio per bambini, congressi,conferenze ed esposizioni. Il sito è arricchito dalla partecipazione degli artisti ai dibattiti sulla gestione e organizzazione del centro, in modo da fornire utili consigli e spunti per la creazione di interessanti manifestazioni artistiche, così da coinvolte più persone alla sua vita attiva. 51



BOMEL NAMUR Belgio


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L’ex macello è ora parte di un’area culturale con una lunga storia e con un carattere distintivo, che darà vita a un museo di fumetti che sarà possibile visitare, un parco pubblico e un’altra casa più antica per una futura occupazione. Negli edifici esistenti, che saranno rinnovati, il progetto offre lo sviluppo di un punto culturale. Due degli edifici più grandi accoglieranno il luogo di espressione e di creatività del centro culturale regionale di Namur, gli studi di artisti, un museo a fumetti e un ristorante. Semplicità ed eleganza sono il filo conduttore, attraverso interventi specifici su piccola scala, valorizzando il patrimonio esistente e minimizzando l’intervento. Il risultato è un approccio architettonico che rimane coerente, diminuendo il più possibile l’utilizzo delle risorse e del tempo durante il processo di costruzione e riducendo allo

stesso tempo il costo dell’intervento. Il progetto è dedicato al servizio del distretto e dei suoi occupanti, sembra essenziale basare lo studio sulla massima reversibilità dell’ edificio e sulla massima autonomia delle sue funzioni. Nel modo di impostare quest’ultime prestiamo particolare attenzione al fatto che le zone possono essere utilizzate in modo autonomo. I macelli sono così divisi in cinque aree principali autonome: lo spazio degli studi permanenti con tutti i workshop (danza, teatro, foto, musica, plastica, arti digitali, foto urbane), residenze di artisti, lo spazio della creazione socio-artistica tra cui la reception, le sale espositive e di rappresentanza,l’area “associazione di distretto”, la caffetteria e il ristorante. ll design dei nuovi volumi è più contemporaneo sia per la loro forma che per i materiali utilizzati, non vecchi mattoni.

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Ex mattatoio, L’ Aquila

EX MACELLI piccole realtà 56

“dalla CARNE alla CULTURA” Fino ad ora, nella pagine precedenti, sono stati illustrati gli esempi più famosi, in Italia e in Europa, di progetti di riqualificazione e riconversione di ex mattatoi di notevoli dimensioni; essi hanno acquisito notorietà e valore artistico-culturale, costruendosi una propria immagine anche come architetture. Mentre gli ex macelli, presi in esame qua di seguito, sono di minore spessore, appartengono a piccole realtà. Essi sono tutti situati in Italia, rappresentano edifici ristrutturati di piccola-media grandezza, e sono per la maggior parte di proprietà comunali.

Purtroppo dopo esser stati dismessi come luoghi di macello, non sono stati compiuti lavori di manutenzione alle strutture, le quali anno dopo anno si sono degradate sempre di più, trasformando i siti in spazi decadenti e spesso inagibili. Non avendo essi un importante valore architettonico, sono stati abbandonati a sé stessi da molto tempo. Questi ex mattatoi hanno caratteri comuni con il mio edificio, ma per fortuna gli altri hanno avuto un destino diverso da quello di Sinalunga: dopo essere stati per molto tempo nell’ombra sono stati riportati alla luce con lo scopo di essere nuovamente fruibili. I fabbricati hanno assunto nuove funzioni ma non hanno mutato la loro forma originale, sono dei contenitori culturali che conservano integra la loro vecchia identità.


MATTATOIO DI VITERBO Il mattatoio destinato a Museo della Ceramica della Tuscia, è stato ristrutturate con materiale di scarto. Chissà quante famiglie viterbesi si sono sfamate, nel passato, grazie al vecchio mattatoio comunale di via Faul, oggi recuperato ufficialmente grazie ad un magistrale intervento della Fondazione Carivit. Non è chiamato ex, perché sarà cambiato l’aspetto ma la destinazione d’uso resta la stessa: prima si lavorava la carne, oggi si elaborerà cibo per la mente. Nella speranza che l’incanto della struttura, appartenente all’archeologia industriale con qualche tocco di soluzioni avveneristiche qua e in là, dia l’ ispirazione a tutti coloro che si troveranno a visitare il museo.

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EX MATTATOIO DI CAGLIARI E’ uno dei più importanti centri d’esposizione di Cagliari. Trasformato nel 1993 in uno splendido centro polivalente ospita esposizioni temporanee d’arte, spettacoli, rassegne cinematografiche, concerti, sfilate di moda, laboratori didattici e creativi, convegni di grande richiamo. Custodito tra alte mura, impreziosito da una corte a giardino che lo fa sembrare un oasi nel traffico del centro città, l’ Exma è sicuramente uno dei “salotti culturali” più vivi del capoluogo isolano. L’Exma ospita, oltre a molte mostre temporanee, le quasi 650 stampe della “collezione Nicola Valle”, realizzate da artisti sardi e italiani e donate nel 1997 alla locale amministrazione comunale dagli eredi Valle. La costruzione dell’antico mattatoio risale alla seconda metà dell’Ottocento dietro progetto di Domenico Barabino; tale mattatoio fu attivo fino al 1966 . Da notare sono le protomi bovine (teste di buoi) in marmo presenti nel caseggiato principale, lungo il recinto esterno e, di dimensioni maggiori, al di sopra del portale d’accesso esterno.

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EX MATTATOIO DI PESCARA L’idea di convertire l’ex mattatoio di Pescara in uno Spazio artistico, nasce da un gruppo di artisti e operatori culturali che sentivano fortemente la mancanza nella città di spazi a vocazione contemporanea. Così a partire dal 2004, con interventi isolati, e nel 2007 in maniera più strutturata, sono stati realizzati, nell’ edificio non ancora ristrutturato, degli interventi artistici. Visto il successo di queste prime esperienze anche in termini di coinvolgimento del pubblico cittadino, si decise di costituire un gruppo di lavoro permanente, coinvolgendo gli amministratori al fine di riqualificare lo stabile in spazio per le arti performative. La ristrutturazione, ultimata nel 2011 ha mantenuto intatti i caratteri originari dell’ edificio valorizzando tutti gli elementi esistenti. L’ex mattatoio di Pescara ora “Spazio Matta” si trova in una zona originariamente considerata periferica. Attualmente è stato ristrutturato il primo blocco, una sala polifunzionale per lo spettacolo dal vivo con una capienza di 200 posti. In questa prima sala, sono state mantenute tutte le strutture in ferro esistenti che hanno trovato una nuova funzione .

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LABORATORI ARTISTICI


INTRODUZIONE La tesi prevede la progettazione di un centro culturale all’interno dell’ex macello comunale di Sinalunga che prenderà il nome di EXMARTE. L’intervento darà vita a un luogo di “creazione e manifestazione artistica”, destinato a un pubblico vasto, in modo da riunire tutte le generazioni: dai bambini fino agli anziani. L’EXMARTE sarà aperto a tutti. E per dare una linea di orientamento ai partecipanti, è stato fissato un range di età solamente per la partecipazione ai laboratori, dai 7 anni in poi; una scelta vincolata per lo sviluppo di allestimenti idonei a tutte le utenze. ll macello diventerà uno spazio di incontro e divertimento. Come già accennato lo spazio ospiterà bambini e adulti che decidano di mettersi in gioco per realizzare esperienze di partecipazione e scambi reciproci. All’interno di questo spazio vorrei che si venisse a creare un fenomeno di coesione tra le persone attraverso lo svolgimento di attività artistiche, che orientino al lavoro collettivo e al continuo scambio di idee, opinioni ed emozioni. 62

Uno degli scopi del progetto sarà quello di facilitare le varie manifestazioni affinché diventino momenti di crescita per tutti, sia per gli “allievi” che per gli “insegnanti”. Il centro sarà accessibile a tutti, offrendo laboratori e workshop gratuiti che rientrino in programmi interessanti e variegati, riportando l’attenzione agli utenti/visitatori e alle loro esigenze. La missione principale sarà quella di favorire l’aggregazione sociale e per questo l’EXMARTE credo sia un progetto ambizioso, che favorirà i rapporti umani in primis e lo sviluppo di attività, non solo per una crescita intellettuale ma ancor più per un benessere personale. In questa struttura nel passato quando il macello era in funzione, si svolgevano mansioni solamente manuali, mentre dopo la riconversione si aggiungeranno pure esercizi mentali dedicati alla comunicazione e allo sviluppo cognitivo-affettivo e relazionale fra le persone. Sul piano spaziale il progetto presenta nella sua pianificazione due locali destinati a laboratori: uno situato al piano terra nel quale sono disposti grandi tavoli e sedie per attività che richiedono un piano di

lavoro; mentre l’altro, di maggior superficie, si trova nel seminterrato ed è una sala polivalente che potrà essere utilizzata per laboratori, workshop che necessitano di spazio per muoversi, ad esempio riguardanti il teatro, la danza, e altro.

DOCUMENTAZIONE E RICERCA Il fulcro del mio lavoro di tesi è la progettazione di allestimenti, ma come è possibile già intuire per eseguire un corretto lavoro progettazione occorre anche un’adeguata conoscenza dei comportamenti e dei bisogni degli utenti. E per una maggiore conoscenza dei comportamenti umani mi sono avvalsa dei suggerimenti di esperti, e di Giuseppe Licari in particolare, il quale mi ha seguito come relatore esterno. Di Licari segnalo il testo “Antropologia urbana, (2006)” che raccoglie la sua esperienza di ricerca sulla rigenerazione urbana all’interno dei “Contratti di Quartiere” dove si sono svolti molteplici laboratori che hanno coinvolto adulti e bambini in attività nel territorio e all’interno delle scuole. Assai interessanti sono stati per me inoltre


“Chi ha detto che si disegna seduti? Che mentre la mano scorre sul foglio il resto del corpo debba restare a dormire? Si può disegnare con tutto il corpo: correndo, saltando, ridendo. Si può disegnare senza guardare, disegnare col corpo degli altri, disegnare con la voce, disegnare nell’aria. Si può essere incisivi e ci si può perdere nello spazio. Si può lasciare un segno anche restando immobili.” SEGNI MOSSI

gli approfondimenti e le lezioni presenti nel media ARLAN, che è la piattaforma online del Laboratorio di Arti e Linguaggi in Antropologia, Dispoc- Dipartimento di Scienze Politiche, Sociali e Cognitive - Università degli Studi di Siena , a cura di Valentina Lusini e Massimo Squillaccioti, con particolare attenzione per questi due testi: “Sguardi sui colori. Arti, Comunicazione, Linguaggi. Atti del Seminario Interdisciplinare” e ”LaborArte”. Si è aggiunta così alla tesi questa sezione, che presenta: sia delle osservazioni sulla didattica museale e sui laboratori affini (anche se l’EXMARTE non si identifica completamente nel concetto di museo, è sempre utile conoscere e comprenderne le dinamiche; sia l’illustrazione di vari esempi di attività incentrate sull’arte. Per “didattica museale” si intende l’insieme delle metodologie e degli strumenti utilizzati dalle istituzioni museali e da quelle scolastiche per rendere accessibili ad un più vasto pubblico collezioni, raccolte, mostre e in generale ogni tipo di esposizione culturale. Ma tale definizione non è esaustiva della complessa realtà rappresentata.

Secondo numerose ricerche, nella nuova prospettiva introdotta per rendere i musei, elementi propulsori di crescita culturale della società, assume un’assoluta centralità il concetto di “esperienza”. Oggi è entrata in pieno la dottrina museale, chiamando a collaborare pedagogisti, storici dell’arte, insegnanti ed anche studenti e guide volontarie”. Il visitatore del museo, di qualsiasi età, è riconosciuto come il protagonista del suo sviluppo e del suo modo di apprendere. In pratica la metodologia della didattica museale può essere estesa a tutti i musei “statali e non statali, d’arte e di archeologia, di storia e di scienza, di grande e complessa costituzione o minori raccolte di carattere locale, ponendosi due principali ordini di finalità: da un lato promuovere la conoscenza del patrimonio culturale nazionale in tutti i cittadini, a tutte le età , dall’altro lato rinnovare le metodologie di insegnamento dei vari saperi attraverso procedure didattiche di tipo “attivo”, volte a promuovere forme di apprendimento “significativo”, non puramente nozionistico. In questo quadro viene a giocare un ruolo centrale la concreta espe-

<- Le immagini sopra rappresentano i worshop di SEGNI MOSSI. Segni mossi è un progetto di ricerca nato nel 2014 dall’artista visivo Alessandro Lumare e dalla coreografa Simona Lobefaro per investigare la relazione tra danza e segno grafico con bambini e adulti. Collaborano con Mus-e Italia nel promuovere l’inclusione sociale attraverso l’arte nelle scuole pubbliche di Roma. I laboratori vogliono essere un’occasione per superare paure e convenzioni legate a supposte incompetenze nel disegno, così da acquisire maggiore confidenza nell’uso del proprio corpo come strumento comunicativo, sviluppare la capacità di coinvolgersi in attività di gruppo, e stimolare il pensiero critico e il sentimento estetico.

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Museo d’arte per bambini, Siena

rienza effettuata da ciascun allievo. Tale modello innovativo di insegnamento coinvolge diverse discipline e materie di studio. A mio avviso tale modalità di ricerca rappresenta un grosso salto di qualità nello studio della tutela del patrimonio culturale, tutela non più vista in chiave “museografica” e di mera “protezione”, ma chiaramente finalizzata ad un uso socio-culturale ed educativo dei beni culturali, con particolare riguardo ai giovani e alla realizzazione di un sistema di educazione permanente. Piacevole lettura è stato il libro LaborArte, Esperienza di didattica per bambini, a cura di Massimo Squillacciotti. Questo libro nasce a Siena, dall’esperienza di didattica dell’arte rivolta ai bambini e realizzata nella collaborazione tra il Laboratorio del Santa Maria della Scala e altri enti. Il libro parla di alcune esperienze con il resoconto scritto dagli operatori protagonisti che hanno gestito le attività didattiche; e poi si apre e si chiude con due interventi di antropologi sull’imparare a fare. Ecco un estratto dal libro: “L’attività di laboratorio è intesa come esperienza aggiuntiva e di-

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versificata rispetto alla visita guidata e ruota sulla convinzione che la conoscenza abbia anche un carattere pratico costruttivo. Così, se per didattica possiamo intendere qualunque atto finalizzato alla veicolazione della conoscenza, la nostra esperienza ci ha insegnato che per i bambini l’appropriazione dei messaggi provenienti dalle opere passa anche attraverso la produzione di “oggetti”. Inizialmente l’attività didattica del Palazzo delle Papesse era legata esclusivamente alle due tipologie di visita sopra descritte (guidata e animata). La nascita del laboratorio, inteso non solamente come spazio fisico ma soprattutto come attività “pratica”, è stata fortemente sollecitata dai bambini che, dopo la visita animata alla mostra Israele e Palestina, hanno avvertito il bisogno di realizzare, e successivamente di inviare al Centro, disegni ed elaborati grafici che avevano per soggetto l’esperienza effettuata...Nel laboratorio, cioè nello spazio della sperimentazione, i bambini e gli insegnanti possono tramutare in “oggetti” le sollecitazioni ricevute nel corso della visita e acquisire nozioni fondamentali su procedimenti e tecniche. Dato che nell’arte contemporanea assistiamo a un progressivo processo di abbandono di linee meto-

so dell’esperienza di laboratorio vengono fornite solo le indicazioni fondamentali grazie alle quali ognuno può personalizzare il procedimento e giungere a realizzare il proprio oggetto. La scelta dei materiali, degli strumenti, delle tecniche e dei supporti è indirizzata sempre verso le soluzioni meno usuali e in un certo senso più difficilmente riferibili a una tradizione artistica. L’esperienza del laboratorio è orientata a fornire possibilità tecniche e di azione che solitamente negli spazi scolastici vengono negate. Si tratta dunque di esperire, mediante forme nuove, le infinite possibilità con cui si può pervenire alla costruzione di un oggetto. Le attività sono strettamente dipendenti e praticabili solo in corrispondenza di un evento espositivo, solitamente della durata di due tre mesi, e il tema, le finalità e le metodologie del laboratorio sono pensate in rapporto a esso” (Squillacciotti, 2004: pp.

85-86). Nel libro si parla dell’esperienza formativa dell’arte contemporanea, quest’ultima è di difficile comprensione non solo per i bambini, ma anche per gli adulti, i quali molto spesso avanzano subito commenti negativi. Di conseguenza ritengo utile che si possa


adottare questa metodologia, che consiste nella partecipazione a una mostra o evento, ed infine nell’elaborazione delle proprie impressioni, riflessioni con parole, disegni, oppure tramite la creazione di oggetti, che hanno delle allusioni o riferimenti, sull’esibizione in sé o sull’ episodio vissuto. Si crea così un coinvolgimento attivo: ognuno dopo l’ “esperienza” elabora un pensiero proprio nella forma (scrittura, disegno, pittura) che ritiene più adatta a sé. Ciò favorisce la creatività, lo sviluppo di nuove idee, la comprensione di ciò che è distante dal nostro pensiero, senza giungere a dei pregiudizi; ci aiuta pure a formulare una propria interpretazione alle opere artistiche. Gli adulti possono ritenere scontato e banale questo metodo, che si addice apparentemente solo ai più piccoli, ma essi in realtà si mettono realmente in “gioco” con il sapere. «Conservare lo spirito dell’infanzia dentro di sé per tutta la vita, vuol dire conservare la curiosità di conoscere, il piacere di capire, la voglia di comunicare». Questa frase, che Bruno Munari ha voluto all’inizio della sua mostra antologica a Mila

no nel 1986, non solo ben esprime la sua filosofia di vita ma costituisce uno degli obiettivi più importanti che si prefiggono i laboratori: aiutare i bambini a non perdere il senso della curiosità, di conoscere il mondo. Vorrei aggiungere che i laboratori possono rappresentare un momento di crescita anche per gli adulti, per riacquisire molto spesso lo spirito di conoscere e apprendere, così da non perdere la propria vitalità. «I bambini di oggi sono gli adulti di domani», ripeteva spesso Munari; il suo sogno era quello di promuovere una società fatta di uomini creativi e non ripetitivi. “La grande lezione di Bruno è l’aver indicato

una possibile strada: la sperimentazione, l’azione come portatrice in sé di scoperta, di salvezza. La grande critica che Munari fa agli adulti è di essere incapaci di rapportarsi col sapere in maniera elastica, di accettare il mutamento, incapaci di “giocare” con il sapere perché unicamente indirizzati a cercare la risposta definitiva. E di riversare tutta questa “serietà” molto spesso sui bambini. Al bambino invece bisognerà permettere di conquistarsi la conoscenza, bisognerà lasciarlo raccontare e raccontarsi attraver-

so le parole e le azioni, bisognerà insegnargli che in un disegno non c’è giusto o sbagliato ma una maniera di esprimersi unica e inestimabile, la cui “raccontabilità” la cui esplicazione può essere favorita dall’ usare diversi strumenti. Mostrare le possibilità, mai imporre. E sorridere quando un bambino mostrerà un disegno di una sedia storta. Il bambino ignora il senso pratico, poiché guarda ogni cosa con occhi nuovi e possiede ancora la capacità di percepire la cosa come tale. Il senso pratico lo apprende solo più tardi, lentamente, e passando attraverso numerose esperienze spesso tristi…. Gli adulti si impegnano a inculcare nel bambino questo senso pratico, e le critiche al disegno muovono da questo punto di partenza” (Heléna

Beckel, 2013,70).

Ho ritenuto estremamente importante inserire questo estratto, in cui si può comprendere con immediatezza il pensiero di Munari. Condivido appieno questa riflessione, breve e concisa, in cui emerge la visione del grande artista, la quale è sempre attuale. Spero che si diffonderà sempre di più questa con 65


cezione dei laboratori, così da non apparire più una novità, ma una consuetudine, nelle istituzioni culturali e pubbliche. Questa metodologia è già stata adottata in alcune scuole italiane, ma è possibile estenderla a tutte. Il presente lavoro è da intendere maggiormente come il frutto di letture di ricerche e meno di esperienze dirette di chi scrive. Per questo di seguito riporto una serie di esperienze raccolte e scelte con accuratezza per dare un’idea fattuale di come immagino l’ EXMARTE. Essi sono variegati, presentano temi e dinamiche diverse: Segni Mossi e Gioco In Maschera sono ideati per un pubblico vasto, dai bambini fino agli adulti; i laboratori di Officina Teen sono pensati per gli adolescenti, quelli dell’Accademia dei Bambini di Fondazione Prada per i più piccoli. Secondo me quest’ultimi possono essere adatti a tutti gli utenti, non è che quelli concepiti per i

I workshop del Laboratorio Ombrello Contratti di Quartiere , Padova

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giovanissimi, siano meno interessanti e meno istruttivi per i grandi. La finalità ultima dei centri culturali è l’aggregazione sociale, favorita dalla creazione di manifestazioni, ma anche grazie alla pianificazione di spazi collettivi. Di seguito è riportato un’applicazione vera e propria del concetto aggregazione sociale seguito da Giuseppe Licari .

Contratto di Quartiere Savonarola I “Contratti di Quartiere” di Padova sono programmi di recupero urbano che intervengono sull’edilizia residenziale pubblica. Si distinguono da altri strumenti di riqualificazione per la volontà di integrare contenuti di carattere edilizio e urbanistico con contenuti sociali e di sviluppo di comunità all’interno di una stessa politica abitativa. Il primo “Contratto di Quartiere” a Padova è stato attivato nel 1998 e rientra nella pri

ma serie di Contratti di Quartiere, mentre il secondo rientra nella seconda serie denominata Contratti di Quartiere II” promossi nell’anno 2002. L’obiettivo di questi programmi di riqualifica urbana, che nel tempo hanno assunto il nome di rigenerazione urbana, è quella di creare un clima d’ interesse, di collaborazione e di fiducia tra i cittadini, gli operatori istituzionali e gli amministratori attraverso: la chiarezza e trasparenza delle finalità generali e degli obiettivi; una valutazione realistica delle risorse necessarie e di quelle disponibili, dei tempi e degli ostacoli da superare; l’esplicitazione delle motivazioni dei singoli partecipanti e del grado di responsabilità che intendono assumersi; la revisione periodica degli obiettivi programmatici e l’apertura verso nuove istanze espresse dai cittadini. Per facilitare l’emergere di soggettività collettive in grado di assumere un vero e proprio ruolo di leadership, reale e democratica

Feste e giochi creativi organizzati nelle scuole dall’Associazione Ulisse Contratti di di Quartiere, Padova


espressione delle diverse realtà sociali presenti nel quartiere sono stati messi a disposizione spazi attrezzati per lo sviluppo delle attività. Questo spazio è stato denominato “Laboratorio di Quartiere”. Il laboratorio è stato il luogo fisico dove è stato promosso il passaggio dalle pratiche partecipative su specifici progetti alla formazione di una comunità aperta, autogestita, in grado di definire in modo autonomo l’agenda delle proprie attività. All’interno del “Laboratorio di Quartiere” sono stati organizzati vari laboratori specifici su tematiche proposte dai cittadini, anche in collaborazione con enti e con scuole elementari in particolare.

Il gioco e la maschera

LABORATORIO con VITTORIO RIONDATO

di due laboratori che si sono svolti a Padova durante il “Contratto Quartiere “. Mentre sulla destra vi è la foto delle maschere realizzate nel laboratorio “Il gioco e la maschera”.

Laboratorio “Gioco e maschera” Un’opportunità unica nel suo genere, un laboratorio speciale, con un maestro artista, Vittorio Riondato, dove poter realizzare e poi mettere in scena la maschera dei nostri sogni. Il corso si è svolto nella città di Padova. Il laboratorio nasce con l’intento di avviare a Padova la “Piccola Scuola sulle Maschere dei Sogni e delle Leggende” aperta alla cittadinanza per far riscoprire il valore delle relazioni e della comunicazione interpersonale, attraverso l’espressione artistica e la rappresentazione teatrale. I materiali usati saranno: Carta ( non cartapesta), Stoffa, Cuoio, Creta, Rete, Filo di Ferro, Legno, Gesso, Plastica, ed altri materiali forniti da me, compresa l’attrezzatura. Il laboratorio è parte del progetto “AnimArti - dalla materia alla vita” sostenuto dalla Fondazione Cariparo attraverso il bando “CulturalMente”. In questa scuola-bottega s’inventano maschere seguendo un metodo più semplice possibile ed anche giocoso.

* Il laboratorio è aperto a 12 persone. E’ richiesta una quota di partecipazione

<- Nella pagina accanto propongo delle immagini

4 incontri da 3 ore* da giovedì 18 febbraio 2010 sede CSV - via dei Colli, 4 - Padova Un’opportunità unica nel suo genere, un laboratorio speciale, con un maestro artista dove poter realizzare e poi mettere in scena la maschera dei nostri sogni! Il laboratorio nasce con l’intento di avviare a Padova la “Piccola scuola sulle maschere dei sogni e delle leggende” aperta alla cittadinanza per far riscoprire il valore delle relazioni e della comunicazione interpersonale, attraverso l’espressione artistica e la rappresentazione teatrale. Vittorio Riondato nato a Borgoricco (PD), è diplomato in Maestro d’Arte. La sua prima maschera è databile nell’anno 1962, realizzata con un pezzo di cuoio donatogli da Gioanin Scarparo da S.Michele delle Abadesse (Padova). Ha realizzato maschere, elementi scenografici per spettacoli teatrali, balletti, rappresentazioni ed installazioni. Realizza maschere e quadri con diversi materiali e tecniche diverse. Da qualche anno naviga i fiumi Padovani e non solo, con Arcaluna, un’imbarcazione da lui realizzata usando materiali di recupero. (www.arcaluna.it)

Info e iscrizioni: tel. 3287183722 - 0498686817

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OFFICINA GIOVANI PRATO Gli ex-Macelli Pubblici trasformati in un luogo di servizi e spazi a totale disposizione dei giovani della città, costituiscono un’area polivalente situata a Prato. Nel capannone degli ex macelli a partire dal 1998 e per iniziativa del Comune di Prato ha preso il via il progetto Officina Giovani rivolto a giovani che hanno proposte e intenzionalità artistiche e vogliono realizzarle. Per questo Officina Giovani mette a disposizione due sale-prove per le compagnie teatrali, una per la danza, una per i gruppi musicali (dotata di backline) e una per chi vuol dipingere e scolpire. In questo grande spazio si organizzano spettacoli, mostre incontri e laboratori che hanno già visto la partecipazione di artisti e professionisti. Oltre a postazioni internet gratuite, Officina è un luogo in cui si può indifferentemente venire per cercare lavoro, assistere a spettacoli ed eventi culturali, provare con il proprio gruppo, informarsi su un progetto europeo, proporre un proprio progetto, trascorrere pomeriggi creativi, navigare in internet, ecc. I Cantieri Culturali, collocati all’interno degli Ex-Macelli Pubblici, rappresentano una struttura istituzionale che vuole dare una risposta alle esigenze del mondo artistico giovanile e offrire ai giovani, artisti e operatori culturali, un’opportunità di conoscere, di lavorare, di 001 69 presentarsi.


OFFICINA TEEN Le attività e i laboratori di Officina Teen sono gratuiti e ad accesso libero. Presso i Cantieri Culturali, le Politiche Giovanili del Comune di Prato propongono un programma di corsi, laboratori e workshop. Officina Giovani ospita anche corsi e laboratori organizzati da associazioni, enti pubblici e privati. Ai Cantieri Culturali è possibile: esprimere liberamente opinioni e creatività (le produzioni più significative vengono promosse all’esterno); frequentare corsi e laboratori; conoscere artisti famosi; imparare le tecniche dei mestieri dello spettacolo; partecipare a eventi (spettacoli teatrali e di danza, concerti, installazioni video, performance...); proporre idee e progetti legati al teatro, alle arti visive, alla musica o all’universo multimediale; scambiare cultura e arte con altri centri culturali italiani ed europei, come università, teatri e musei. -> Il blocco “Ex Celle Frigo” è stato ristrutturato e destinato a spazio espositivo, fieristico, mantenendone però, con i dovuti restauri, gli elementi caratterizzanti come i pavimenti e i rivestimenti delle pareti o il tipico sistema dei binari in acciaio. 70


Programmazione Iaboratori

Laboratorio di scrittura creativa di racconti brevi A cura di: Filippo Cardini I ragazzi, appassionati di scrittura e di lettura, attraverso il progetto “Tuttestorie” avranno la possibilità di apprendere l’arte del racconto breve cimentandosi sia nella scrittura individuale sia in quella collettiva. I ragazzi avranno l’opportunità di incontrarsi, discutere dei libri letti, offrire e ricevere spunti, opinioni e consigli e anche creare un gruppo di lavoro nel quale presentare senza timore o imbarazzo i propri lavori. La creazione di un supporto digitale in cloud ad accesso riservato permetterà di creare una piattaforma di condivisione dei materiali didattici, delle risorse e dei progetti in corso di realizzazione da parte dei partecipanti.

Laboratorio di fotografia artistica A cura di: Helmut Morganti Attraverso il progetto “Inquadrature Rock” i ragazzi avranno la possibilità di cimentarsi nell’arte della fotografia affrontando sia aspetti pratici che teorici. In particolare, i partecipanti apprenderanno le nozioni base della tecnica fotografica contemporanea affrontando i seguenti aspetti: uso del diaframma e tempi di esposizione, utilizzo dei vari obiettivi, tecniche della composizione fotografica, creazione di un set fotografico. Verrà privilegiato il lavoro di gruppo per raccogliere idee e suggestioni, utili per la realizzazione di set fotografici, vere e proprie creazioni originali e artisticamente stimolanti. Alla fine verrà realizzata una mostra fotografica dei lavori realizzati in aula.

Laboratorio di teatro e canto ispirato a David Bowie A cura di: Compagnia Ottone Teatro Il tema ispiratore del progetto è il celebre album di David Bowie “The rise and the fall of Ziggy Stardust and the Spiders of Mars”, che racconta la storia surreale di un ragazzo che riesce a diventare una rockstar grazie all’aiuto di un alieno. I ragazzi saranno coinvolti in un viaggio pieno di fantasia attraverso il canto e la recitazione e saranno immersi nell’atmosfera rock degli anni Settanta, avvicinandosi ad un artista che ha segnato la storia della musica. Il risultato finale sarà la messa in scena di uno spettacolo che si ispirerà all’album di David Bowie, ma che nascerà dalla creatività dei ragazzi, con scene cantate e recitate. Attraverso il laboratorio i ragazzi avranno la possibilità di abbracciare più discipline: il teatro con esercizi mirati alla scoperta e all’ascolto del corpo e del respiro, con lo sviluppo dell’espressività e del ritmo, con l’approfondimento dei diversi aspetti della recitazione e del movimento; il canto che muoverà dall’ascolto e dall’acquisizione delle melodie, del ritmo, dell’intonazione, per poi aggiungere le parole. 71


Giochi di ruolo A cura di :Associazione Culturale Più Prato Il progetto “Giocaruolando” prevede di insegnare e praticare il gioco di ruolo, una forma espressiva in cui i ragazzi devono basarsi completamente sull’immaginazione creativa. Il gioco di ruolo è basato sull’interpretazione di personaggi appartenenti ad un mondo fantastico ed i giocatori si divertono in un gioco di immedesimazione, calandosi nella tipologia del personaggio interpretatone il carattere, il temperamento, l’attitudine psicologia e l’indole. Il gioco si sviluppa all’interno di una storia in cui i personaggi interpretati dai giocatori vivono le loro avventure, le loro interazioni con gli altri personaggi e col mondo a cui appartengono. Esistono molti giochi di ruolo, tanti mondi e ambientazioni da poter giocare, verranno proposti quelli più interessanti che forniscono un ampia possibilità di interpretazione.

Laboratorio di regia e montaggio videoclip A cura di: Consuelo Calitri I ragazzi coinvolti nel progetto impareranno a realizzare un videoclip musicale acquisendo le competenze base di regia e di fotografia, utilizzando attrezzature professionali. Il progetto si svolgerà in più fasi: Fase 1 Teorico-pratica e Pre-Produzione - Introduzione teorica con esercitazioni pratiche relative ai seguenti argomenti: -nozioni di ripresa; iso, tempi e diaframmi, tipi di luce e illuminazione, temperatura colore, schema luci in fase di ripresa, campi e piani , storyboard di regia, piano sequenza, analisi dei videoclip proposti dai ragazzi e dalla docente,discussione e scelta del brano da produrre. Fase 2 Riprese: i ragazzi verranno coinvolti nella realizzazione delle riprese del videoclip pianificate nella fase precedente. Fase 3 Post Produzione: i ragazzi cureranno il montaggio del videoclip dall’acquisizione delle immagini all’esportazione del video finale, ed infine revisione dei lavori eseguiti. 72


MonstersLab 2017 A cura di: Prato Un laboratorio per esplorare il mondo del trucco e degli effetti speciali, ovvero una tipologia di ‘make-up’ che può avere diverse applicazioni scenografiche. Questa arte nasce nel cinema horror e fantastico per la realizzazione di effetti e personaggi, si sviluppa poi nel teatro e in seguito nel mondo del gioco di ruolo dal vivo, nel cosplay e in eventi fieristici di vario genere. Questa tipologia di trucco comprende la realizzazione di protesi ed elementi che una volta applicate e colorate vanno a modificare l’aspetto fisico del modello. Il laboratorio che proponiamo prevede la divisione in due gruppi di lavoro: esperti e principianti. Ognuno dei due gruppi sarà seguito da un docente e seguirà un percorso specifico e programmato sul livello di apprendimento.

-> “Pittare a Officina”

Alcuni ragazzi impegnati in lavori di colorazione presso lo spazio di Officina Teen, all’interno del laboratorio di Officina Giovani. Il modellismo e la pittura di figurini (modelli) è un hobby esplorato da diverse tipologie di appassionati. Questo tipo di attività prende piede in vari ambienti, dal war game tridimensionale al collezionismo ed è riferito a tantissime ambientazioni fantasy, storiche, dall’antica Grecia alla seconda guerra mondiale, futuristiche, fantascientifiche e etc. 73


“L’ arte è ricerca continua, assimilazione delle esperienze passate, aggiunta di esperienze nuove, nelle forma, nel contenuto, nella materia, nella tecnica, nei mezzi”. Bruno Munari


MILANO

Fondazione

PRADA



ACCADEMIA DEI BAMBINI L’Accademia dei Bambini è il primo progetto della Fondazione Prada dedicato all’infanzia. Il progetto è stato ideato da Giannetta Ottilia Latis, neuropediatra, che ne ha posto le basi teoriche e operative e ne cura i progetti e i contenuti. L’allestimento architettonico è stato progettato in collaborazione con un gruppo di giovani studenti dell’ École nationale supérieure d’architecture de Versailles guidati dai loro insegnanti Cédric Libert ed Elias Guenon. Il risultato è uno spazio capace di assumere fisionomie diverse adattandosi ai programmi che vi verranno svolti. I volumi che scandiscono lo spazio non sono d’ immediata lettura: sfuggenti, misteriosi, interattivi. Sono semoventi come quinte metafisiche di un teatro vivente. Alla radice del progetto c’è una riflessione pedagogica profonda, i cui contenuti sono dei bambini dettati dalla neuro pediatra Giannetta Ottilia Latis. Lo spazio s’

interroga su come accompagnare lo sviluppo creativo libero dei bambini. L’Accademia è un luogo adatto allo svolgersi di attività multidisciplinari non strettamente collegate alle mostre d’arte, ma aperto al dialogo intergenerazionale e al dibattito relativo alle basi pedagogico-culturali del vivere un’esperienza di gioco, di creatività, di apprendimento e di scambio. Essa propone attività libere assieme ad attività di laboratorio condotte da maestri di volta in volta diversi: architetti, pedagoghi, artisti, scienziati, registi. Maestri che desiderino non solo insegnare o suggerire tecniche, ma acquisire, a loro volta, nuovi stimoli suggeriti dai bambini. Le attività dei laboratori, proposti ciclicamente da diversi maestri provenienti da ambiti diversi tra loro, sono successivamente sviluppate da un gruppo di educatori, coordinati da Marta Motterlini, esperta in didattica museale. 77


“Segni - Tracce - Scritture” Il mondo della calligrafia

Laboratorio di calligrafia ideato e condotto dall’artista e calligrafa cinese Chen Li. La calligrafia oggi è qualcosa di più complesso e di più interessante: la calligrafia è la ricerca di una bella scrittura sia formalmente sia nel suo contenuto. Secondo l’artista i bambini sono il nostro futuro, ed insegnare il segno e introdurre una visione calligrafica e artistica alternativa, giusta per essi significa imparare a loro volta da loro. <<Attraverso l’uso di strumenti naturali si tracceranno segni liberi, senza significato semantico. Impareremo ad osservare le diverse dimensioni e trame della carta e ad organizzare i segni tra pieni e vuoti per rendere visibile la nostra energia vitale>>.

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Chen Li


“Un Robot per Amico” Costruire robot-amici

Laboratorio collettivo all’interno del ciclo di workshop ideato e condotto da Massimo Sirelli, l’artista crea irresistibili robottini “vintage” con materiali di recupero; alla Fondazione Prada, anche i più piccoli possono provare a farlo sotto la sua guida, grazie ai laboratori. Durante i workshop, i bambini da 4 a 10 anni daranno libero sfogo alla propria immaginazione e costruiranno un robot con la pancia di cartone, di legno o di latta, imparando quali oggetti di uso comune possono essere riutilizzati in modo creativo. Testa di legno, cuore di latta, braccia a righello e gambe a molla. <<Il progetto nasce dalla voglia di sperimentare unita alla cultura del design del riuso: una forma di creatività consapevole che mette in primo piano l’aspetto emozionale della materia>>. Massimo Sirelli 79


“Erbari Vagabondi”

I semi trasportati dagli uccelli Un ciclo di laboratori ideati e condotti dall’architetto e vivaista Marianna Merisi. I partecipanti, proseguendo il percorso e seguendo l’operato della curatrice, esplorano alcuni aspetti del mondo vegetale, specifici delle piante selvatiche. I semi diventano un mondo da scoprire, conoscere e rappresentare utilizzando diverse tecniche e materiali: pastelli a cera, acquerelli, matite, veline. <<Vorrei invitare i bambini a un’attenzione verso una natura sempre troppo poco considerata, quella delle piante spontanee che crescono nei luoghi più imprevedibili della città, dove spesso è difficile mettere piede, ma che in realtà ci sono più prossimi rispetto alla natura in senso stretto>>. Marianna Merisi

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“Arte Postale”

Realizzare cartoline con la mail art Un ciclo di laboratori ideati e condotti dal maestro Roberto Pittarello,che da un trentennio progetta e anima i laboratori creativi sul linguaggio tattile e visivo, di cui documenta gli esiti in mostre e pubblicazioni. Accanto a questo impegno pubblico sperimenta e sviluppa le tecniche di linguaggi onel suo laboratorio personale di ceramica e pittura. << Un autore di cartoline originali è un autore moderno, autentico e generoso che sceglie di inviare agli amici una sua piccola opera attraverso il circuito postale. Chi riceve una carta postale originale diventa in quel preciso momento un potenziale collezionista, diverso da tutti gli altri e grandi collezionisti che frequentano aste e gallerie e comprano l’arte degli autori famosi. Da ora in poi ogni tanto, non si sa mai, potrà arrivare direttamente in casa un’opera originale, proprio lì nella buca delle lettere e senza spendere nulla>> Roberto Pittarello 81



EX MACELLO SINALUNGA


SINALUNGA Sinalunga è un comune italiano di circa 12.922 abitanti della provincia di Siena in Toscana. Sinalunga sorge sulle colline che separano la Val di Chiana dalla Valle dell’Ombrone, a 47 chilometri da Siena. Il territorio del comune è compreso tra i 243 e i 540 metri sul livello del mare, con un’escursione altimetrica complessiva pari a 297 metri. Sinalunga è divisa in 2 parti, Sinalunga Paese in alto e Pieve di Sinalunga in basso. Questo paese della Val di Chiana è di origine 84

medievale, come dimostra la struttura che rispecchia quella caratteristica tipica dei paesi dello stesso periodo. Oggi Sinalunga si è sviluppata anche nella pianura infatti nella collina sorge il paese vecchio e nella parte sottostante la zona industriale i nuovi quartieri; la vita di Sinalunga “Alta”si svolge in Piazza Garibaldi, chiamata così dal sindaco Agnolucci nel 1882 con una delibera del Consiglio comunale, per commemorare la morte dell’eroe dei due mondi,

Giuseppe Garibaldi, il quale il 24 settembre 1867 vi fu arrestato; prima di questo avvenimento il suo nome era Piazza del Cassero. Qui troviamo tutte le strutture politiche, economiche e religiose più importanti; infatti si affaccia il municipio e la Collegiata di San Martino costruita dal 1588 il 1600, che c’è ancora oggi, ed è il monumento predominante; nella piazza ci sono altre due Chiese antiche, quella di Santa Maria delle Nevi e quella di Santa Croce.


STORIA La posizione centrale della Valdichiana rispetto alla penisola italiana, i suoi confini geografici e la sua origine geologica, hanno avuto un peso determinante nel suo sviluppo storico, creando un particolare rapporto fra la viabilità della zona e la dinamica degli insediamenti. La Valdichiana è stata abitata in epoca preistorica, come testimoniano gli insediamenti in caverne naturali, come quelli del Monte Cetona i ritrovamenti preistorici presso Foiano e Montepulciano. I primi insediamenti di rilievo si hanno a partire dal VII, di origine etrusca; in tale epoca, la Valdichiana era “il granaio dell’Etruria”; quindi presumibilmente si suppone che gli etruschi avessero fornito la valle di adeguati e possenti strutture di canalizzazione e regolamentazione delle acque. Gli insediamenti avevano carattere prevalentemente agricolo e costituivano piccoli raggruppamenti collinari, basati sulle coltivazioni di fondi rustici divisi tra poche famiglie. Questo paese ha una lunga storia, dunque ritengo opportuno raccontare, senza molti approfondimenti, dei fatti più importanti. La prova più importante, che testimonia la presenza di questa agglomerazione, è la tavola peutingeriana che è una riedizione

medievale di una cartina stradale romana; in essa si trova individuata, lungo il percorso, la mansio, cioè stazione ad mensulas, Senalulia. Era uso Romano seppellire i morti lungo le strade e, trovandosi in questo luogo una “mansio” stazione, i sepolcri dovevano abbondare e, dato che sopra di essi Romani ponevano quadrati di pietra detti “mensae” e, da ciò potrebbe derivare “ad mensulas”. Con l’inizio della decadenza dell’Impero Romano ed il passaggio, sempre più frequente, dell’onde barbare, la popolazione del luogo si dovete spostare. La Valdichiana subì profondissime trasformazioni, diventando una palude, tanto da essere citata dallo stesso Dante nel XXIX canto dell’inferno. Gli abitanti del luogo, dunque, spostarono l’abitato sul colle soprastante la Pieve di San Pietro ad Mensulas. I sinalunghesi scelsero l’ubicazione nel nuovo centro abitato dove si ergeva il castello della Ripe, la pianura era diventata estremamente pericolosa. Quella Valdichiana famosa per aver fornito di grano la flotta romana in partenza per Cartagine, era troppo insicura e, dopo anni di abbandono, si stava impaludando, le canalizzazioni etrusche erano ormai saltate. Ciò provocò il deteriorarsi delle condizioni

economiche e portò allo spopolamento dei centri rurali. Il borgo prese il nome di Asinalunga, e questo resterà fino alla metà del XIX secolo; per quanto riguardo l’etimologia della parola, sono state elaborate varie interpretazioni negli anni. E’ in questo periodo che, per nomina regia, il feudo di Asinalunga si vede assegnare alla famiglia dei Cacciaconti, e successivamente a altri vari rami della famiglia stessa: Cacciaguerra, Spadalunga, Spadacorta. Dopo il Mille le nostre città italiane si riebbero dall’abbattimento e cominciarono a vivere con ordinamento indipendente ed a creare belle e sublimi opere d’arte. Furono apportate dei rimedi riguardo il problema idrico, dal XII al XIV secolo, in quanto furono iniziati alcuni lavori, miranti a superare le difficoltà esistenti. Verso la fine del XIII secolo morì in Asinalunga, Ghino di Tacco nato alla Fratta, località di Sinalunga, da un ramo della famiglia Cacciaconti. Era un personaggio molto noto ai suoi tempi, tanto che il Boccaccio gli dedicò una novella del Decamerone per la sua attività di brigante; il popolo lo vedeva come una sorta di paladino che rubava ai ricchi per donare ai poveri.

<- Nell’immagine della pagina affianco accanto si ha una vista del borgo oggi, maggio 2017. Qui a sinistra vi è una foto di Sinalunga sotto la neve, 1875.

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Fra il Quattrocento e il Cinquecento la Valdichiana era cosparsa di città e paesi che avevano raggiunto un alto livello demografico e un notevole rilievo civile e strategico, nonostante il territorio fosse rimasto in condizioni di grave disagio idraulico. Nelle lotte, nelle guerre e guerriglie che ebbero luogo tra le Repubbliche e i grossi Comuni circostanti la Valdichiana, avvenne che il nostro piccolo comune fu giocati “ come palla “ e passato da un dominio all’altro. La storia del paese divenne più tranquilla quando entrò a far parte del Granducato di Toscana, che restò sotto il dominio della famiglia Medici, ininterrottamente. La sorte di Sinalunga, nella successiva epoca (1559-1799), si può dire particolarmente fortunata per quanto riguarda la storia idraulica, così come le vicende politiche legate alla grandi riforme di Leopoldine che si estesero anche alla popolazione rurale e quindi a tutta la Valdichiana: molti altri castelli della valle furono tenuti come investiture feudale dei signorotti, che pur dipendendo dal Grandu-

cato, esercitavano sul territorio del loro castello una speciale giurisdizione. Negli anni successivi ci fu un’altra grande novità: il vapore, la locomotiva, il treno arriva a Sinalunga. Proseguendo con la storia, il popolo sinalunghese prese poco a cuore la causa dell’Unità d’Italia; i moti rivoluzionari del’48 erano passati, evidentemente, inosservati e poco rumore probabilmente sollevò anche la Prima Guerra d’Indipendenza del’48-’49,anche se è noto che vi presero parte anche dei volontari toscani inviati dal Granduca Leopoldo. Solo negli ultimi anni si ebbero dimostrazione di entusiasmo con numerose sottoscrizioni per la santa causa, infine vi fu una grande festa il 17 marzo 1861 per la proclamazione del Regno d’Italia. A maggior gloria possiamo aggiungere che, anche nell’ambito dei ripetuti tentativi fatti da Garibaldi per strappare Roma il papato, a Sinalunga è stata scritta una pagina di storia. L’eroe dei due mondi è stato ospite di questo paese, ciò, di per sé, non sarebbe impor-

tante perché Garibaldi è stato ospite, praticamente, di tutti i paesi d’Italia; ma il nostro può vantare, o lamentare, un fatto che lo distingue dagli altri: all’alba del 24 settembre 1867 giunsero a Sinalunga i Regi Carabinieri 2 compagnie del 37° reggimento Fanteria ed arrestarono il generale Garibaldi ospite della famiglia Agnolucci, celebre sindaco di Sinalunga. Con la presa di Roma, Sinalunga, da allora, segue le sorti dell’intera nazione nel bello e nel brutto. Purtroppo Sinalunga non conserva molte tracce delle sue bellissime mura e della vecchia rocca, purtroppo distrutte nel corso dei secoli. E’ rimasto intatto l’antico palazzo Pretorio con quella Torre elegante, esso rappresenta una miniatura della Torre del Mangia e del Palazzo Pubblico di Siena; l’architettura Senese si riconosce e si percepisce di essere in terra veramente senese. <- Nella pagina affianco è rappresentata la Chiesa di San Martino, mentre sopra, a destra vi è il Palazzo Pretorio, a sinistra una manifestazione in Piazza Garibaldi durante il fascismo. 87


I MACELLI


Il fabbricato di proprietà comunale, ubicato in via Umberto I n. 1 è stato precedentemente adibito a mattatoio. E’ esposto a sud, ha una superficie coperta di circa 365 metri quadri è un volume di 2300 metri cubi. La costruzione in pietra locale mista a laterizio risale alla fine del ‘800. Si articola su tre livelli: al piano seminterrato sono presenti locali per circa 200 metri quadri, mentre al piano terreno intorno al cortile pavimentato in pietra serena, di circa 220 metri quadri, sono situati in vani per circa 310 metri quadri, al primo piano si trova quella che è stata ad abitazione del custode dei macelli, che ha una superficie di 150 metri quadri, mentre l’area di pertinenza sul

fronte dell’edificio è di 140 m. Esso è classificato con la denominazione di: “Aree, complessi e immobili a prevalente destinazione d’uso residenziale di interesse culturale”.

STORIA Purtroppo non si hanno molte informazioni sui Macelli, non ho trovate nel mio studio nessuna foto storica; anzi ad oggi non è stata nemmeno definita la data esatta della costruzione dell’edificio, si ha solo una stima. Durante le mie analisi sono arrivata alla scoperta di qualche notizia in più, riguardante l’inizio della costruzione del macello, non si può accertare definitivamente la validità di

ciò, ma comunque rappresenta un passo in avanti rispetto ai dati forniti dalla relazione tecnica comunale sull’edificio. La mia ricerca è stata lunga e articolata: ho raccolto tutte le informazioni possibili dagli uffici tecnici comunali e dalla biblioteca di Sinalunga; ho ascoltato e annotato alcune testimonianze: ho ricercato tra i vari libri e quaderni storici su Sinalunga e esaminato raccolte di foto del Gruppo Fotografico Sinalunghese; ed infine ho consultato l’Archivio Storico Post-Unitario di Sinalunga, richiedendo l’autorizzazione alla Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Toscana, essendo il macello un edificio vincolato per il suo valore artistico e storico. 89


Viale Umberto I, 1900

Nella relazione tecnica comunale vi è scritto che l’immobile è stato costruito presumibilmente negli anni ’20, secondo una pianificazione unitaria rispondente alle funzioni d’uso di macello pubblico. Esso risulta essere il frutto di un progetto dovuto probabilmente ad un architetto attento alla distribuzione e alla funzionalità degli ambienti . Il libro che ha dato una svolta alla mia documentazione è stato, “Botteghe e vie-Sinalunga ieri”, tratta dell’ economia del centro storico, descrivendo le varie attività attive nel passato. Nel paragrafo in cui si parla del Viale Umberto I, è stato scritto: “Viale nuovo a fianco delle case ed orto Agnolucci casa ed orto già Fontani ed ultimamente Farsetti e Stocchi, anticamente Feci. Quivi la commissione di igiene e la (...) visitarono e dopo approvarono la località adatta per un edificio scolastico e per il macello. 90

(...) Il contratto di comprita di questi locali fu fatto nel 1891-92 ( ero sindaco io) ed in quel tempo fece pure il progetto del Mattatoio, secondo le non poche esigenze della Commissione Sanitaria Com.le, adunata questa, non trovo sufficienti i locali da me disegnati, e mise in campo una quantità di nuovo pretese per parte del D. Ezio Marchi Allora veterinario condotto comunale (e socialista) e si fini di approvare un disegno che si era esteso a vari edifici o corpi di fabbrica e che andava a circa 28 mila lire. Fu approvato, e mandata l’incanto la costruzione, né fu imprenditore un certo Sig. Buoni di San Casciano dei Bagni, costruttore novizio che compi l’opera col disegno dell’assistente Mecchi, nel ottobre 1895. Nella quale epoca Il Comune approvava pure l’apertura della nuova strada, che il popolo già chiamava dei Macelli...In questa strada col fronte tra Levante e tramontana, dovrà poi sorgere l’edificio scolastico Se: ( diceva al signor Ulisse

Orlandini morto oggi 29 ottobre 1895) se lo faranno…” ( Padrini, pp: 42-43, 2002) Questo estratto fa riferimento alle Cartoline n° 154/155 Macelli pubblico-Edificio Scolastico di Luigi Agnolucci, celebre sindaco e ingegnere di Sinalunga, noto per la vicenda dell’ arresto di Giuseppe Garibaldi. Di conseguenza mi sono messa alla ricerca di queste Cartoline, che costituiscono un vero e proprio diario personale di Agnolucci, in cui annotava tutte le vicende del paese; esse si trovano nell’ Archivio Storico Post Unitario 1865-1950 Comunale. Nella n°153, intitolata “Macelli Pubblici-Ammazzatoio” si evince che il comune fino al 1895 aveva solamente un locale adibito alla macellazione, oltre al macello di Farnetella. Esso era di dimensioni modeste, costituito da una sola stanza. Da tempo era nato il bisogno di costruirne uno nuovo, che fosse


“Se per la macellazione delle bestie si è fatta un edificio che è costato 28000 lire, quanto spenderà il Comune per l’edificio destinato ad educare i futuri sinalunghesi che mangeranno le carni di quei bovi e suini macellati con tanto lusso. O tempora o mores che a me piacciono poco” Luigi Agnolucci

di maggiori dimensioni, per soddisfare i bisogni della popolazione, e che presentasse condizioni igienici migliori. Uno dei problemi emersi, era anche quello che i Macellai erano soliti fino ad allora appendere le pelli dei bovini nelle case del centro storico, e ciò non costituiva una bella visuale. Inoltre era indispensabile fornire l’ acqua al futuro mattatoio, indispensabile per le lavorazioni durante la macellazione degli animali. Dunque sostengo che la data di costruzione si possa ricondurre con precisione al 1895. Riguardo ciò, ho consultato gli archivi storici per avere maggiori conferme, cercando tra le delibere comunali, che vanno dal 1891 al 1895. Ho scoperto nella mia analisi che già nel 1888 la giunta comunale aveva l’intento di costruire un luogo per la macellazione degli animali, chiamato “pubblico ammazzatoio”, iniziando già la ricerca del terreno.

Nell’assemblea comunale del 26 Febbraio 1894 è avvenuta la presentazione del Macello, progettato dalla commissione nominata dal consiglio comunale. Non è da quel giorno che si parla della costruzione, sono sono stati consegnati almeno quattro progetti, che hanno dato luogo a discussioni; pure quello del sindaco Agnolucci, che non è stato approvato essendo non conforme alle leggi di igiene. Nell’adunanza del 5 Giugno 1894 il consiglio invitò il Sig. Ing. Giardi alla revisione del progetto, visto la mancanza di un locale destinato al prosciugamento delle feci degli animali e all’essicazione delle pelli; il macello doveva essere provvisto di suddetti locali per motivi di igiene pubblico. Infine il 17 Ottobre 1894 si ha l’approvazione del progetto “Mechi, che prese il nome dall’architetto che lo disegnò.

Il macello fu concepito come un edificio composto da vari corpi di fabbrica ; per ragioni economiche si propose la costruzione del tetto, anziché di due terrazzi, soprastanti alle stanze di macellazione. <- Nelle immagini sopra, vi è la prima pagina della Cartolina n° 153 “Macello Pubblico od Ammazzatoio” di Luigi Agnolucci; si trova nella raccolta che va dalla n° 151 a n° 299, l’altra immagine rappresenta la copertina originale delle “ Cartoline - contenenti notizie storiche di tutto il Comune di Sinalunga”. Esse sono state scritte durante la vita di Agnolucci, ad esempio la citazione in cima alla pagina, estratta dalla n°154, è datata il 9 Marzo 1911.

Luigi Agnolucci (1832-1926), trascorse l’intera sua vita in Sinalunga e, nel corso della quasi secolare esistenza dimostrò grande amore ed attaccamento al proprio paese. Ingegnere, progettò restauri e ricostruzioni di diversi edifici. Partecipò intensamente alla vita della propria comunità assumendo cariche amministrative. 91


Proseguendo con la storia del macello, intorno al 1930 il Podestà di Sinalunga decise di trasformare il Macello in “Casa del Fascio” ma il progetto, di cui peraltro si conserva una documentazione completa, non fu mai attuato. La struttura al tempo adibita a sede della sezione fascista era inadatta e insufficiente, anche per le altre organizzazioni create dal regime. Nell’ archivio è presente la relazione di un progetto che prevedeva l’aumento della volumetria dell’esistente fabbricato e la conversione dei locali per nuove funzioni.

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Fu previsto, per esempio, uno spazio unico per una palestra, stanze adibite per adunanze e per spettacoli, ed anche una cappella votiva. Di seguito ho riportato le immagini del progetto “ Casa del Fascio”, trovate nell’ Archivio Storico Comunale; esse mostrano piante, prospetti e sezioni. Quest’ultime costituiscono le uniche testimonianze di disegni storici sul macello comunale , purtroppo non ho mai trovato niente in riferimento alla costruzione del Mattatoio, avvenuta nel 1895, negli archivi non vi è traccia o riferimento.

Per quanto riguarda disegni storici, il comune possiede soltanto la planimetria dell’immobile effettuata durante il catasto edilizio urbano nel 1941. Per concludere la vicenda dell’edificio pertanto, l’utilizzazione di esso è sempre stato quello di macello pubblico fino alla sua dismissione negli anni 80. Successivamente è stato utilizzato come magazzino e sgombero per materiali del Comune e sono stati affidati anche alcuni locali del seminterrato al Circolo di Tennis accanto, come deposito.


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DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

Vista Cortile Interno dall’Ingresso principale 94


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Mattatoio Bovini

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Mattatoio Suini

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Cortile Lastricato

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Stabbioli suini, Piano terra

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Stanzini Bovini, Piano terra

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Ingresso Appartamento, Primo piano

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Vista Sud-Ovest

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Prospetto Sud

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PROGETTO


PROSPETTO NORD scala 1:100

PROSPETTO NORD

PROSPETTO OVEST scala 1:100 108

PROSPETTO OVEST


PROSPETTO EST scala 1:100 109


PROSPETTO SUD

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PROSPETTO SUD


STATO ATTUALE Il fabbricato, ubicato nel centro urbano di Sinalunga con accesso da via Umberto I , è disposto su un terreno in pendio, è composto da n. 3 piani: seminterrato, terra e primo, con un ampio cortile interno lastricato. Realizzato in muratura continua di pietra intonacata e mattoni, si sviluppa su una pianta rettangolare a livello del piano interrato mentre a piano terra assume la forma a “C” ad avancorpi, più bassi rispetto al corpo centrale, che individuano l’ampio cortile interno al quale si accede dal portale ad arco posto sul fronte principale. Quest’ultimo è improntato allo stile Neorinascimentale tipico della cultura eclettica di fine Ottocento. Presenta paramento ad intonaco, portale di accesso ad arco fiancheggiante da finestre sempre ad arco cui corrispondono aperture rettangolari al piano superiore, ed è sottolineato da cornici marcapiano e marcadavanzali, cornicione e angolati a bugnato in pietra. Nella parte retrostante, al di sotto del cortile, vi sono dei locali seminterrati aventi un’altezza di m.3,60 per una superficie utile di circa 200 mq. A piano terra e collegati al cortile si trovano vari ambienti tutti aventi doppia altezza destinati a uffici, assale e alla macellazione,mentre al primo piano si trova un piccolo appartamento e due vani di servizio. Scale interne collegano da una parte il pian terreno con il piano primo del corpo centrale, dall’altra parte il pian terreno con i locali seminterrati; Inoltre una scala esterna nel cortile collega il piano terra con il primo piano dell’ala sinistra dell’edificio. I semisotterranei e alcuni di quelli del piano terra presentano soffitto a volta, mentre gli altri, compreso quello del piano primo, hanno una struttura in legno che funge da solaio di copertura. La copertura risulta di tipo tradizionale in tegole e coppi. L’edificio presenta interesse sia per la tipologia edilizia sia per la struttura architettonica ed ha mantenuto inalterati i suoi caratteri originari. Lo stabile, decadente e inagibile da tempo,visto che non sono stati mai effettuati lavori di manutenzione, è stato lasciato a sé stesso per anni; basta dare uno sguardo alla documentazione fotografica per verificarne lo stato. 111


PIANO SEMINTERRATO scala 1:200

PIANO TERRA scala 1:200


PIANO PRIMO scala 1:200

SOFFITTA scala 1:200

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SEZIONE A scala 1:200

SEZIONE B scala 1:200

SEZIONE C

scala 1:200

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PIANO TERRA

PIANO PRIMO

AREA DI INTERVENTO

PIANO TERRA PIANO PRIMO

E

C

D

A

B

E

D

Corpo A: Corpo B: Corpo C: Corpo D: Corpo E: Corpo F:

piano terra e piano primo piano terra piano terra piano terra e piano primo piano terra e piano primo piano seminterrato

A

PROGETTO - EX MARTE La difficoltà principale è stata la capacità di adattare ad una vecchia struttura una configurazione aperta e comunicante tra i vari corpi di fabbrica, tipica dei centri culturali, che istighi ad uso collettivo e socializzante. La progettazione di un centro culturale aperto all’inclusione della disabilità significa rispondere a una molteplicità di esigenze, gli spazi e gli arredi sono stati progettati secondo corrette norme e disposizioni, come si può vedere dalle piante dall’ “accessibilità”, mostrate nelle pagine successive. Tenendo conto di tutti i possibili utenti e cercando di abbattere le barriere architettoniche, la struttura diventa usufruibile anche dai diversamente abili. L’ex macello ha distribuzione complessa, per facilitare la lettura e comprensione, ho attribuito ad ogni corpo, una lettera. L’ EXMARTE presenta due ingressi principali: uno si affaccia sul lato nord, accedendo così nella mia area di studio, e un altro a sud, il quale si immette nel piano seminterrato, che in realtà corrisponde al piano terra, se prendiamo in riferimento la strada sottostante di via Umberto I. Il seminterrato, dove vi erano le autorimesse in passato, ha una vita propria, non è comunicante con i piani superiori. Ho pensato di ricreare subito all’entrata principale, un ampio open space dove vi sarà la portineria, una zona relax e delle postazioni compu

ter; a destra ci sono i servizi igienici, mentre proseguendo sulla sinistra tramite dei varchi aperti, ci si introduce nei locali adibiti a spazi co-working, noleggiabili da tutti; ed infine vi vi è una grande sala, che ha anche un accesso secondario dall’esterno, la quale potrà essere utilizzata sia per conferenze che per laboratori che necessitano di ampie superfici, come laboratori teatrali etc. Questa divisione in due del macello non rappresenta un impedimento o un disagio perchi ha delle difficoltà nel spostarsi, visto che sono presenti dei parcheggi prossimi alla struttura sia sul lato sud, in basso, che nel lato nord, in alto. Nel mio progetto è stato eseguita un’opera di ristrutturazione edilizia conservativa, non ci sono interventi e modifiche radicali sull’architettura in sé, non avendo né i mezzi e né le conoscenze. Ad esempio, le finestre che sono tamponate sono rimaste tali, non ho variato i rapporti aereo-illuminanti delle stanze, oppure introdotto altre aperture verso l’esterno. Dal punto di vista strutturale si possono elencare queste operazioni: mi sono limitata ad aprire, ove necessario, dei varchi interni tra stanze adiacenti per renderle comunicanti; ho inserito dei tramezzi per suddividere gli spazi interni dei bagni; ho modificato le scale del corpo A per posizionare correttamente dei montascale a pedana per disabili,

ho introdotto nel corpo E delle scale interne per collegare i due piani, visto che nello stato attuale è presente una scala esterna, poco funzionale; nel corpo D, ambiente per le mostre, è stato posizionato un ascensore di piccole dimensioni per i diversamente abili e sono state collocate delle scale, che nello stato di fatto non ci sono neppure. Quest’ultime si ergono dal locale B fino al solaio del primo piano del corpo D, e si sorreggono con una struttura autoportante. Per completare il processo di riconversione dello stabile in centro culturale, è fondamentale abbattere le barriere architettoniche, rendendo il macello accessibile a chiunque: l’ascensore è stato collocato nella zona espositiva, che sarà la più visitata dagli utenti, mentre per poter raggiungere il primo piano del corpo A (biblioteca) e E (uffici), aree meno frequentate rispetto alla sala della mostra, ho pensato di inserire dei montascale a pedana. Accendendo dall’entrata principale del lato nord, ci si inoltra in un ingresso che si affaccia direttamente sul cortile esterno tramite un’ampia porta vetrata; ha a sinistra due aperture che si immettono nella portineria, mentre a destra il primo varco introduce in una sorta di anticamera, il secondo porta alle scale del primo piano. Il locale del corpo C, in cui si svolgeranno laboratori e workshop, è posizionato al piano terra, ed è vicino ai 115


servizi igienici e al guardaroba, così da avere tutto concentrato nella zona sinistra del complesso. Mentre nel lato opposto, corpo B e tutto il D, è stato pensato un grande open space per mostre di vario genere, ed in fondo alla sala del piano terra, seminascosti,vi sono un bagno e l’ascensore. Possiamo riassumere che l’ala sinistra ha una finalità didattica, mentre l’ala opposta espositiva, esse possono avere anche una vita propria indipendente. I lavori maggiori si sono concentrati al piano terreno, area che ha interessato principalmente il mio intervento. Osservando con attenzione la pianta del piano terra, l’unico in cui tutti i corpi di fabbrica sono collegati tra loro, si nota che grazie all’inserimento di aperture tra i vari locali, non inserendo porte, si crea un percorso continuo, che ripercorre il disegno a forma di C del macello. Precedentemente per poter passare da una stanza all’altra occorreva uscire fuori nel cortile esterno, mentre ora è stato pensata una via interna, ad eccezione del caso in cui, nel vano B è in corso una lezione, dunque per raggiungere la zona uffici si accede tramite una porta secondaria che dà sul lato ovest del cortile. Quest’ultimo si affaccia su tutti i corpi di fabbrica, ognuno dei quali presenta un accesso verso l’esterno. In conclusione il macello deve diventare luogo di incontro e divertimento anche per coloro che non vorranno partecipare attivamente ai laboratori, ma possono sempre 116

usufruire della biblioteca che contiene volumi riguardanti le arti in generale, oppure visitare l’ala del macello destinata alle mostre, noleggiare uno spazio co-working, sostare nel cortile, etc. Spero che il macello mostri tutta la sua originalità e bellezza, dopo lunghi anni di abbandono, grazie alla mia “operazione di restauro”; uno dei miei principali intenti è che nei suoi spazi si continuasse a respirare l’aria del lavoro. La mia tesi di progettazione si è basata sullo sviluppo di allestimenti, che rispondano a specifiche funzioni e forme estetiche, che non siano contrastanti ma adeguati al contesto storico del mattatoio, e che siano coerenti con la futura finalità di centro culturale. I prodotti, che fanno parte degli allestimenti, sono ideati su “misura” per il macello. L’intervento di progettazione è stato compiuto in maniera attenta, rispettando le caratteristiche storiche dell’edificio, introducendo al suo interno allestimenti aventi un tocco di modernità, capaci di restituire le suggestioni e il fascino dell’antico. Gli arredi non sovrastano l’ambiente in cui sono inseriti, ma ho cercato di farli apparire più in linea con il contesto dello stabile. L’ambiente espositivo è dotato di notevole flessibilità per rispondere nella maniera piùadeguata alle caratteristiche di ogni singola iniziativa: mostre di sculture, quadri, foto etc. Questo è possibile grazie alla progettazione di strutture multifunzione che

possono essere sempre inserite o rimosse dal contesto; nessuno di esse è ancorato, neppure tramite una struttura, alle pareti, sono liberi nello spazio, così da non intaccare l’ autenticità del mattatoio. Le nuove addizioni sono realizzate con materiali della tradizione: legno, ferro e pietra. L’impostazione si articola secondo una visione ben definita: l’intervento si deve notare per la sua materialità, data non soltanto dalla forma dei prodotti ma anche dalla scelta dei materiali. Gli allestimenti si inseriscono in uno scenario, in cui spiccano rispetto allo sfondo: le pareti e le travi saranno verniciate di bianco. Testimonianza di archeologia industriale è rappresentata anche dall’utilizzo del ferro, al suo stato naturale, per le strutture dei vari oggetti e del cemento grezzo per il rivestimento dei pavimenti. Gli infissi non sono stati modificati e lasciati in legno, come il portone di ingresso, mentre sono stati ripensati quelli del piano terra, che si affacciano sul cortile interno. Ad esempio le maniglie delle nuove porte rimandano per la loro forma e materiale alle strutture espositive dell’interno, per mantenere sempre quel linguaggio coerente nell’ intero allestimento. Infine le facciate dell’intero complesso sono state intonacate con un colore simile all’originale, mantenendo i dettagli delle facciate e delle aperture.


I progetti di riferimento, che sono stati per me ispiratori, sono le scale elicoidali di Frank Gehry e quelle di Herzog and de Meuron. Per quanto riguarda la cura dei dettagli, non si possono non considerare i progetti di Carlo Scarpa, da ammirare sempre il suo genio creativo. Un altro modello significativo per me è stato il restauro di Tadao Ando della Punta della Dogana, Venezia.

Tate Modern, Londra Herzog & de Meuron

Punta della Dogana, Venezia Tadao Ando

Art Gallery of Ontario, Ontario Frank Gehry

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PIANO TERRA scala 1:125

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PIANO PRIMO scala 1:125

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PIANO SEMINTERRATO scala 1:125

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SOFFITTA scala 1:125

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PIANO PRIMO scala 1:125

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PIANO PRIMO scala 1:125

150 cm

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SEZIONE A scala 1:125

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SEZIONE B scala 1:1205

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INGRESSO PRINCIPALE

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PORTINERIA

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INGRESSO ZONA MOSTRA

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SALA MOSTRA

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La rampa ha una forma particolare, è “sinuosa” ; essa parte dalla portineria per finire nella sala della mostra. Svolge principalmente la funzione di invito, come se inducesse il visitatore ad entrare nella zona espositiva. La rampa, nell’area centrale più alta, presenta un pannello divisorio a forma di semicerchio, nel quale è stato inserito un varco per poter accedere alle scale che vanno al primo piano. Il “paravento” presenta un taglio, in cui si interseca il corrimano in ferro della rampa. E’ utilizzato il travertino bianco non levigato per la base, mentre per il corrimano legno e ferro, effetto invecchiato, che ripercorre anche tutto il profilo della piattaforma. Le scale si ergono dalla zona mostra fino al solaio del primo piano del corpo D, e si sorreggono con una struttura autoportante in ferro, materiale usato anche, insieme al vetro, per il corrimano, mentre per i gradini è stato ripreso il travertino. Quest’ultime non hanno un andamento lineare, ma presentano diversi cambi di direzione, con gradini diversi gli uni dagli altri per forma, così da renderla una scala” asimmetrica”. La colonna, che sorregge la scala, è costituita da ferro e legno, riprendendo lo stesso linguaggio stilistico dei pannelli espositori: il ferro svolge la funzione di sostegno mentro il legno è un rivestimento che serve a migliorare l’estetica. L’intervento emerge per la sua materialità, grazie alla forma imponente della struttura, alla scelta di materiali di rilievo: ciliegio, ferro invecchiato e travertino bianco non levigato, ma anche allo sfondo neutro dell’ambiente in cui è inserito. In conclusione la mia operazione ha un valore sia funzionale che estetico. 134


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SCALE

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SALA MOSTRA PIANO TERRA

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SALA MOSTRA PIANO PRIMO

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SALA MOSTRA

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PORTA GIREVOLE

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SALA LABORATORIO

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STRUTTURE ESPOSITIVE L’ambiente espositivo è dotato di notevole flessibilità per rispondere nella maniera più adeguata alle caratteristiche di ogni singola iniziativa: mostre di sculture, quadri, foto etc; grazie alla progettazione di strutture multifunzione che possono essere sempre inserite o rimosse dal contesto. Nessuno di esse è ancorato, neppure tramite una struttura, alle pareti, sono libere nello spazio, così da non intaccare l’ autenticità del mattatoio. Il loro scheletro rimanda alla forma di un treppiede e di un cavalletto. Di conseguenza queste, grazie al loro carattere dinamico, possono essere pure inserite all’esterno durante la buona stagione, per manifestazioni all’aperto nel cortile. Può essere regolata anche la loro altezza, in modo da essere adattabili a varie situazioni e grazie alla loro forma si possono ottenere soluzioni flessibili, cambiando solo il tipo di aggancio usato, quello per sculture e oggetti e quello per quadri, foto etc. Le strutture espositive sono costituite da due materiali: legno di rovere rosso e ferro al suo stato naturale, e comunicano tra loro grazie alla forma stessa degli oggetti: il ferro svolge la funzione di sostegno mentre il legno di rivestimento per migliorare l’estetica. Lo stesso linguaggio stilistico è stato utilizzato per altri oggetti nel macello, per avere una continuità nello spazio.

Qui di fianco sono rappresentati i dettagli dei morsetti delle strutture, senza i quali non si potrebbe fissare l’ asta a varie altezze. Nella pagina affianco sono rappresentate varie soluzioni, da me ideate , delle possibili disposizioni delle strutture espositive. Ciascuna è un “modulo”, che grazie alla loro interazione creano insiemi complessi, cioè dei “SISTEMI”.

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morsetto altezza regolabile

morsetto altezza fissa


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TAVOLI Nell’aula dei laboratori ho progettato due tavoli, che fanno parte di un unico sistema. Sono dei tavoli a sé che, grazie all’aggiunta di un piano di ferro il quale si incastra ad essi, eventualmente crea un unico bancone. I tavoli asimmetrici favoriscono nuove interazioni tra gli utenti e nuovi punti di vista; creando, non solo posizioni frontali tra gli individui, come avviene nei tavoli rettangolari, ma anche altre alternative. Sono realizzati in legno di rovere rosso per il piano, mentre la struttura che sorregge è in ferro, effetto invecchiato. La particolarità di essi è che presentano un taglio nel piano, in cui è stata inserita una striscia di ferro, che rappresenta la proiezione degli elementi di sostegno del tavolo. Questo dettaglio è stato ripetuto sia nella progettazione delle panche, piccola e grande, e del bancone della portineria. Per quanto riguarda le seduta ho scelto le sedie Papilio Shell di Naoto Fukasawa, prodotte da B&B Italia, apportando alcune modifiche rispetto alle originali: la scocca è di plastica trasparente bianca, mentre la base, quattro razze in alluminio, è verniciata in nero opaco. Sono sedie ad altezza regolabile, così da poter essere utilizzate da un diverso target di utenti, definito anche nella sezione dei Laboratori Artistici, dai 7 anni in poi; una scelta vincolata per lo sviluppo di allestimenti idonei a tutti i destinatari.

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PANCHE Ho progettato due panche: la più grande di quattro posti a sedere, la più piccola ne ha tre. Sono realizzate con legno di rovere rosso e ferro effetto invecchiato, che sono stati i materiali consueti in tutto l’allestimento. La particolarità di esse è che presentano un taglio nel seduta, in cui è stata inserita una striscia di ferro, che rappresenta la proiezione degli elementi di sostegno della panca . Questo dettaglio è stato ripetuto sia nella progettazione di altri arredi.

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PANNELLO SCHERMO PROIETTORE Nel locale dei laboratori ho inserito un pannello proiettore, da me progettato, in ferro e legno. Appartiene alla solita tipologia, per forma e materiali, alle strutture espositive della zona mostra. Nel retro vi è un pannello fonoassorbente di colore grigio, per favorire l’ isolamente acustico.

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PORTA GIREVOLE Osservando con attenzione la pianta del piano terra, l’unico in cui tutti i corpi di fabbrica sono collegati tra loro, si nota l’ assenza di porte che non ho voluto inserire per creare così un percorso continuo, che ripercorra il disegno a forma di C del macello. Ho solamente inserito una sola porta, girevole, in mezzo alla stanza, che funge da anticamera alla zona adibita ai laboratori. L’obiettivo è di creare un distacco minimo, non come avviene con le consuete porte, così che, nel caso in cui, nel locale accanto è in corso una lezione, si può avere una separazione con il resto dell’ edificio. La porta ha una doppia faccia, l’una diversa dall’altra, ma in entrambi vi sono dei tagli. E’ costituita da legno di rovere rosso, ferro effetto invecchiato e materiale fonoassorbente, per favorire l’isolamento acustico.

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BANCONE Il bancone della portineria è imponente nella sua forma. E’ costituito da vari elementi, che hanno un rigore geometrico. Realizzato in legno di rovere rosso e ferro effetto invecchiato. Presenta nella mensola il solito taglio, in cui è inserita una striscia di ferro, dettaglio ripetuto in altri oggetti.

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STRUTTURA ESTERNA Lo spazio più suggestivo del macello è l’interazione tra l’area espositiva e il cortile lastricato, nel quale ho progettato una struttura, che crea un continuo tra interno ed esterno, la cui funzione principale è quella di unire il dentro e il fuori, non facendo distinzioni. Gli arredi presenti nella zona mostra, ovvero i vari pannelli espositori, sono costituiti da due materiali: legno e ferro, e comunicano tra loro grazie alla forma stessa degli oggetti; lo stesso linguaggio stilistico è stato utilizzato per fuori, così da creare delle similitudini. L’intervento rappresenta un focus ,come se fosse un tappeto rosso da percorrere, che invita sia coloro che si trovano all’esterno ad entrare dentro la struttura, che viceversa. Esso rappresenta un proseguimento dell’ interno; durante la bella stagione possono essere realizzate esposizioni all’esterno, grazie alla dinamicità e funzionalità dei pannelli, e di conseguenza la struttura può fungere da tramite, invitando la continuazione del percorso. La struttura è articolata in una serie di elementi, posti con distanze interassiali diverse ad aumentare, essa emergere rispetto alla simmetria sullo sfondo dell’intero complesso, grazie anche alla sua estensione in diagonale rispetto al cortile. I materiali scelti, sono quelli consueti in tutto l’allestimento: legno di rovere rosso e ferro effetto invecchiato.

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RINGRAZIAMENTI

Desidero ricordare tutti coloro che mi hanno aiutato nella stesura della tesi: a loro va la mia gratitudine. Ringrazio anzitutto il Professore Architetto Francesco Armato relatore, Dottore Giuseppe Licari correlatore esterno, la designer Lucetta Petrini correlatore esterno: senza il loro supporto e la loro guida sapiente questa tesi non esisterebbe. Proseguo con i ringraziamenti alla Biblioteca Comunale di Sinalunga, in particolare alla dottoressa Tiziana Angioli e alla signora Simona Corti, all’Ufficio tecnico del Comune di Sinalunga per avermi fornito materiale utile per la mia ricerca. Ancora un grazie al fotografo Dorin Mihai. Infine desidero ringraziare con affetto i miei genitori per il sostegno e il grande aiuto che mi hanno dato, in particolare alla mia mamma per essermi stata vicino in questi mesi di lavoro e il mio fidanzato per la pazienza.





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