UN GESTO VALE PIÙ DI MILLE PAROLE

Scuola Sacra Famiglia A.S. 2019-2020

Un gesto vale piĂš di mille parole

CORBARI ALICE Classe 3B

Indice I. Introduzione II. Cenni storici 1. Wundt il padre fondatore della psicologia 2. Freud e le emozioni 3. Darwin e l'espressione delle emozioni

III. Esperienze emotive 1.

2.

3.

4.

Le emozioni Gli stati d’animo La funzione dell’intelletto La mappa delle emozioni universale

IV. Psicologia comunicativa 1. La comunicazione emotiva 2. La comunicazione verbale e non verbale

V. Linguaggio del corpo 1. L’espressività 2. Il corpo è lo specchio delle emozioni

VI. Danza emotiva con Marta Grahm VII. Io e le arti performative 1. La musica nell’anima e nel corpo 2. Il teatro è libertà 3. La danza nel cuore

VIII. Conclusione IX. Bibliografia X. Sitografia

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I.

Introduzione

Io penso, anzi io credo che qualunque persona almeno una volta nella sua vita abbia pensato a chi volesse diventare da grande, a cosa fare del proprio futuro… Il mio approfondimento è sicuramente una risposta a questa domanda perché ogni volta che me la pongo arrivo sempre alla conclusione che non riuscirei mai a vivere la mia vita al meglio senza la psicologia! Questa scienza così particolare e così complessa mi rende felice e mi ha sempre attratto, sin da bambina. Le emozioni per esempio fanno parte della psicologia comunicativa e sono fondamentali per l’essere umano, un mondo senza emozioni diventa un luogo buio pieno di automi, perché sono le emozioni a renderci vivi, non c’è vita senza emozioni e scambio di emozioni.

Il tema che ho scelto per il mio progetto parte proprio dalla psicologia: l’inizio di un viaggio nel mondo del pensiero, della mente, della comunicazione, delle emozioni, dell’espressività e del linguaggio del corpo.

L’intento di questo mio approfondimento è quello di dare valore all’importanza della comunicazione di emozioni in ambito psicologico, trattando gli argomenti che più mi caratterizzano per le mie esperienze personali, come per esempio il linguaggio del corpo nelle espressioni facciali o nella danza che, come altri, è un modo di esprimere e interpretare le proprie emozioni.

Per psicologia si intende la scienza che studia il comportamento e il pensiero di ogni persona, è lo studio della percezione di sé stessi e degli altri, delle emozioni e della loro origine, attraverso cui l'uomo interagisce con l'ambiente ed elabora rappresentazioni dell'ambiente e di sé stesso. Si può paragonare a un ponte tra l’inconscio e la nostra parte cosciente. La psicologia è anche definita scienza che studia la ψυχη, ossia il soffio, il respiro vitale (per i greci l’anima) cioè il principio per cui si ha vita e respiro. Il simbolo della psicologia infatti è la lettera psi (Ψ), la ventitreesima lettera dell'alfabeto greco.

Questa scienza è quella che più mi appassiona perché mi incuriosisce molto scoprire il lato nascosto di ognuno, in particolare mi affascina la psicologia comunicativa. Fin da quando ero piccola ho avuto modo di sperimentare diversi modi di comunicare essendo iscritta a Teatrodanza, una scuola di arti performative dove ho appreso otto discipline di danza diverse tra loro, il teatro, la recitazione, il canto e il pianoforte.

Trovo che questo mio lavoro di ricerca sia legato alla mia vita e a me stessa, mi rappresenta come persona in quanto mi interessa tutto ciò che riguarda la comunicazione di emozioni.

Per me è qualcosa di spettacolare riuscire a capire una persona senza che essa abbia detto nulla ed ancora più strabiliante riuscire ad aiutare una persona dandole solamente un consiglio.

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Il tema della scuola Sacra Famiglia che ha accompagnato il mio ultimo anno di scuola media è stato “Verso l’infinito e oltre”. Riflettendoci non ho trovato risposta a quale sia il mio infinito ma solo altre domande che penso mi abbiano indicato la direzione verso cui devo camminare o addirittura correre. Insieme al mio approfondimento, ho voluto percorrere una strada che credo sia adatta a me; attraverso i doni che ho ricevuto vorrei superare i miei limiti, anzi so che li supererò andando oltre, riuscirò a comunicare tutto ciò che ho dentro anche con un linguaggio a tutti nascosto! Per me la psicologia è qualcosa di infinito, perché può essere interpretata da tutti in modo diverso, e io la sento come qualcosa che mi appartiene, che mi ha fatto scoprire un mondo nuovo che si trova all’interno di ognuno di noi, in cui a volte ci nascondiamo anche per il giudizio altrui: il mondo del pensiero dell’uomo, che da vita alle nostre emozioni e a tutte le nostre scelte.

In questo percorso sono partita dall’origine e perciò dalla storia, per spiegare l’inizio dello studio della psicologia e delle espressioni umane. Il lato più interessante è stato scoprire che a partire dalle ricerche di Charles Darwin in poi, si è sempre pensato che le espressioni facciali umane fossero universali, cioè uguali in tutte le culture del mondo; ma con il passare degli anni la loro interpretazione ha iniziato a dipendere dalle culture. Dopodiché, ho analizzato le emozioni, parlando della loro forza impulsiva ed innegabile che spesso precede il pensiero stesso. Dopo tutto, non bisogna dimenticare che siamo entità emotive che hanno imparato a pensare poco più di 200.000 anni fa. Le emozioni sono sempre state una sorta di radice primaria nel nostro cervello; un insieme di meccanismi fondamentali che hanno garantito la nostra sopravvivenza, infatti Il nostro stato d’animo influenza pienamente la nostra giornata. La cosa incredibile è che ho sempre pensato che le emozioni fossero legate solo alla nostra parte spirituale, in realtà partono da una “reazione chimica” all’interno del nostro organismo, infatti la mappa delle emozioni illustra cosa accade in ognuno di noi.

Comunicare le emozioni è una capacità innata in ciascuno, per questo motivo ho dedicato una parte importante alla psicologia comunicativa delle emozioni, alla comunicazione verbale e non verbale.

Per me una delle parti più interessanti è stata quella relativa al linguaggio del corpo, che nel finale (il quale avrebbe dovuto essere a sorpresa nell’esame orale) diventa espressione viva delle mie emozioni attraverso la danza, considerata la prima vera forma di espressione adottata dall'uomo per comunicare con gli altri.

Ho voluto inserire una parte molto interessante che riguarda Marta Graham, una leggenda nel mondo della danza, una donna simbolo di quest’arte, un insostituibile contributo culturale in quel linguaggio espressivo che è movimento del proprio corpo. Dal momento che sono le arti performative che da sempre riescono a farmi esprimere, ho affrontato il tema della mia personalità e delle mie emozioni attraverso le mie tre passioni, raccontando me stessa in modo sincero.

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Questo mio scritto si chiude con riflessioni che non avrei immaginato prima di affrontare, posso anticipare però che questo progetto mi ha veramente appassionata, divertita e sicuramente supportata in questo periodo di grande cambiamento per me e per il mondo intero.

Come giĂ anticipato, nel finale avevo immaginato di interpretare le mie emozioni attraverso la danza, ma anche attraverso il canto e il teatro. Per questo motivo ho registrato brevi video, che sono parte integrante e complementare di questo mio importante lavoro.

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II.

Cenni storici

1.Wundt il padre fondatore della psicologia Vorrei iniziare la mia indagine da Wilhelm Wundt che si interessò alla scienza della psicologia. Molti pensatori greci come Platone e Aristotele furono tra i primi a domandarsi e a confrontarsi su come funzioni la mente, ma Wundt fu il fondatore della psicologia come disciplina accademica.

Wilhelm Wundt era uno psicologo, filosofo e fisiologo tedesco nato a Mannheim nel 1832.

Aveva una grande passione per la psicologia per la quale scrisse il libro “Contributi alla teoria della percezione sensoriale” e poco dopo il suo Manuale di psicologia. Wundt ha fondato uno dei più importanti laboratori sperimentali a Lipsia, che diventò istituto di psicologia sperimentale e modello per gli istituti del genere che sorsero in Europa e all’estero. Wundt ha studiato i processi mentali che nascono dando uno stimolo misurabile a un soggetto e la sua risposta, impiegando l’introspezione. Così facendo, Wundt aveva creato la psicologia sperimentale.

Fig.1 Simbolo della Psicologia rappresentato nella mente umana.

Wilhelm Wundt è infatti considerato uno dei più rilevanti psicologi di tutti i tempi, le sue riflessioni lo hanno reso uno dei “padri della psicologia“. E anche se il modello che lui propose non fu né l’unico né il primo, le sue idee ottennero un gran numero di seguaci nell’Europa del XX secolo. Fu soprattutto un precursore dell’unione di filosofia e fisiologia, per far nascere la psicologia; infatti, le sue ricerche furono a metà strada tra l’aspetto fisico e mentale.

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La fisiologia apporta informazioni che percepiamo tramite i sensi, la psicologia invece permette all’individuo di scrutare dentro di sé e il metodo più indicato per poter conoscere il contenuto della psiche è l’auto-osservazione sperimentale, come afferma Wundt.

Ma è comunque lecito domandarsi: che cosa rende effettivamente scientifica la psicologia?

La psicologia vista come scienza che studia la mente attraverso l'osservazione e l'analisi del comportamento, può essere definita oggettiva. Wundt considerava la mente come una forza creativa, dinamica, che non poteva mai essere intesa mediante la semplice identificazione dei suoi elementi o della sua struttura statica.

2.Freud e le emozioni Sigmund Freud era un neurologo, psicoanalista e filosofo austriaco nato a Freiberg nel 1856.

Ha fondato la disciplina della psicoanalisi guardando alle emozioni come a meccanismi dell’interiorità umana. La parola “psico analisi” deriva infatti dall’unione dei termini greci psiche, che significa anima o mente e analisi, essa si occupa di analizzare e trattare disturbi psicologici prendendo in considerazione il concetto di inconscio.

La prima volta in cui Freud parlò formalmente di psicoanalisi fu nel 1896 in due articoli in cui descriveva le proprie ricerche. Era convinto che le persone potessero essere curate nei loro disagi psichici anche attraverso l’assunzione di consapevolezza dei loro pensieri non coscienti, e perciò il conseguente superamento di situazioni sepolte da qualche parte nella memoria (nell’inconscio, appunto). Anche al giorno d’oggi gli psicologi, seguendo le affermazioni di Freud curano le persone che portano un fardello e hanno bisogno d’aiuto.

Fig.2 Seduta di psicoanalisi.

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Freud ha elaborato il linguaggio dell'inconscio, dei sogni o delle azioni apparentemente bizzarre in cui emerge una parte di vita sommersa.

Questa è stata una forte rivoluzione nella vita emotiva a livello letterario, espressivo, e in seguito, a livello cinematografico. L'idea che le emozioni abbiano un loro linguaggio, che possano restare ad un livello sommerso, man mano passa nella cultura della nostra epoca e complica anche il significato dell'emozione.

3.Darwin e l'espressione delle emozioni Charles Robert Darwin si interessò all’espressione delle emozioni e se prima di lui questo tema era stato affrontato soltanto da un punto di vista teorico e filosofico, con Darwin le emozioni diventano oggetto di sperimentazione.

Darwin era un biologo, naturalista, antropologo, geologo ed esploratore britannico nato a Shrewsbury nel 1809. La sua teoria è stata una delle più rivoluzionarie della storia: la teoria dell'evoluzione delle specie animali. Dopo rigorose osservazioni arrivò alla conclusione che tutti gli esseri viventi, uomo compreso, erano sottoposti, nel succedersi delle generazioni, a lenti ma continui cambiamenti chiamati evoluzione. Darwin spiegò pubblicamente la sua ipotesi nel libro “L'origine delle specie ad opera della selezione naturale, ossia il mantenimento delle razze avvantaggiate nella lotta per la vita” e pubblicò un’opera intitolata “L'espressione delle emozioni nell'uomo e negli animali”.

Nell'Espressione egli analizzava se il modo in cui l'attività dei muscoli facciali dell'uomo, ovvero la mimica, rendeva visibili le sue emozioni. Al giorno d’oggi è normale capire le emozioni di una persona dalle sue espressioni, ma nella seconda metà del 1800 solo pochi, tra cui Darwin l’avevano intuito! Egli faceva notare anche numerosi paralleli riguardo alle espressioni dell'uomo e degli animali, come se avessero un'origine da antenati comuni.

Diceva: “Ho studiato questo problema nel mio primogenito, che non poteva aver imparato niente attraverso contatti con altri bambini, e mi sono convinto che egli comprendeva il sorriso, si rallegrava quando qualcuno gli sorrideva e gli rispondeva sorridendo a sua volta a un'età troppo precoce per aver imparato qualcosa per esperienza”.

Darwin sosteneva che tali emozioni visibili esteriormente fossero diffuse in tutto il mondo e quindi dovevano essere innate, riconosciute da tutte le culture del mondo. Ma anche dopo la sua morte il dilemma “natura o cultura” continuò a tormentare le menti di molti studiosi.

Fu così che per diversi decenni l’idea predominante rimase quella sulle origini culturali delle espressioni emotive: così come ogni cultura ha il proprio linguaggio verbale, allo stesso modo ha anche un proprio linguaggio delle espressioni facciali.

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Diversi studi successivi hanno portato prove a favore dell’ipotesi dell’origine biologica e genetica delle espressioni: per esempio, persone cieche dalla nascita producono spontaneamente le stesse espressioni facciali emotive di persone vedenti; inoltre le loro espressioni sono molto piÚ simili a quelle dei loro familiari rispetto a quelle di estranei.

Anche se comunque la cultura ha influenzato molto le espressioni nel tempo.

Fig.3 Espressioni facciali in culture diverse.

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III.

Esperienze emotive

1.Le emozioni Le emozioni costituiscono una componente importantissima della vita umana; sono patrimonio di tutti e fanno parte della nostra esistenza quotidiana.

Le emozioni o esperienze emotive, sono risposte innate costituite da diversi fenomeni involontari e automatici che si verificano nello stesso momento. Sono risposte chimiche, infatti il nostro cervello genera reazioni quando elabora uno stimolo, permettendoci di adottare una risposta comportamentale e aiutandoci a reagire a quello che accade intorno a noi; per esempio se proviamo paura l’emozione suona come un campanello di allarme che avvisa di scappare.

Inoltre, le nostre emozioni “sorvegliano” gli scopi (la paura sorveglia i nostri scopi della sopravvivenza) e hanno un potere motivazionale (la paura attiva la fuga).

Fig.4 Le emozioni rappresentate nel film d’animazione “Inside Out” del 2015.

Per molto tempo le emozioni sono state considerate come un fattore di disturbo, una fastidiosa “perturbazione” che l’uomo saggio ed equilibrato doveva saper controllare. A partire dai banchi di scuola veniva insegnato che una mente razionale, lucida e distaccata era il miglior requisito per affrontare con successo gli studi e, un domani, il lavoro. Si è sempre lasciato poco spazio alle emozioni, perché in contrasto con l’idea di efficienza.

Essere definiti “emotivi” equivaleva a essere considerati deboli, e quindi inadatti ad affrontare le sfide della vita. Ma queste convinzioni non sono più attuali, infatti le emozioni non possono essere controllate.

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Le esperienze emotive danno impulso alla vita e hanno una componente fisica e una sentimentale: ad esempio sentiamo il cuore battere forte e ci sentiamo spaventati.

Per differenziare le due componenti esiste nella lingua inglese un’efficace distinzione, non altrettanto netta in quella italiana, tra il termine “emotion” (emozione, stato emotivo) e il termine “feeling” (sentimento). L’universalità delle emozioni, così come proposta da Charles Darwin è stata dimostrata attraverso lo studio di materiale fotografico e di videofilmati riprodotti al rallentatore. Sono state identificate otto emozioni fondamentali: felicità, sorpresa, imbarazzo, collera, paura, tristezza, disgusto e disprezzo, considerate di base perché rilevabili comunemente nelle espressioni facciali di tutti gli individui, con lievi sfumature causate da prassi culturali.

Le emozioni primarie, come paura e rabbia, sono emozioni innate e sono riscontrabili in qualsiasi popolazione, per questo sono definite primarie ovvero universali. Le emozioni secondarie, come vergogna e orgoglio, sono quelle che originano dalla combinazione delle emozioni primarie e si sviluppano con la crescita dell’individuo e con l’interazione sociale.

Esse sono fatte di “ingredienti mentali” molto complessi, ognuna di loro serve per adattarsi ad una situazione.

Basate su segnali immediati e prontamente compresi, le emozioni sono uno strumento comunicativo estremamente potente, al punto che di recente è emersa la necessità di un vocabolario di espressioni emotive codificate da poter trasmettere con prontezza.

Le cosiddette emoticon, termine nato dall’unione delle parole “emotional” (emotivo) e “icon” (icona), sono espressione simboliche realizzate tramite determinate combinazioni di caratteri (parentesi, due punti, punto e virgola, numeri, ecc.) o riproduzioni stilizzate delle principali espressioni facciali emotive; con le quali un utente esprime il proprio stato d'animo negli sms, nei messaggi di posta elettronica o mentre dialoga in rete con un altro utente. Il loro scopo è quello di rafforzare e rendere più esplicito il messaggio contenuto nel testo scritto.

Fig.5 Principali emoticons.

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2.Gli stati d’animo Molte volte vediamo persone che sembrano felici anche se non lo sono realmente e altre volte vediamo persone che si lamentano di svariate ingiustizie anche se possiedono molte ricchezze. Infatti, chi non sfrutta l’intelligenza emotiva lascia libere le emozioni di invadere ogni aspetto della propria vita, indipendentemente dal risultato desiderato.

L’uso quotidiano di espressioni linguistiche comuni come “ho un vuoto allo stomaco” o “ho il cuore in gola” servono per dichiarare forti stati emotivi e l’esperienza corporea ha un ruolo guida nella definizione delle emozioni.

Esistono stati d’animo positivi come l’amore, la fede, la fiducia in sé stessi ad esempio, e altri paralizzanti tipo la paura, la confusione, la depressione, lo stress e la tristezza. Non è l’evento a creare l’emozione, ma i nostri pensieri riguardo a esso. Lo stato d’animo o stato emotivo, è quindi la somma delle nostre esperienze soggettive.

Nessuno conosce con certezza cosa vogliano dirci le nostre emozioni ma molti stati emotivi che definiamo “negativi” svolgono un ruolo specifico: avvertirci che qualcosa non va e che bisogna reagire. Tuttavia, è più frequente lasciarle lì, nella parte più profonda del nostro essere, ad alterare la stabilità e causare disagi.

Fig.6 Stati d’animo dentro e fuori.

Un concetto ripetuto spesso nei libri di gestione emotiva è quello che recita “impara a controllare le tue emozioni”. In questi manuali, non mancano mai termini come “gestisci”, “domina” e “controlla”; ma nessuno può controllare o gestire nulla se non comprende cosa ha nelle profondità della propria mente.

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3.La funzione dell’intelletto Fin dai tempi dell’antica Grecia, i filosofi hanno posto il lato razionale della mente al di sopra di quello emotivo, considerandoli separati l’uno dall’altro. Intelletto ed emozione rappresentavano due parti diverse della mente: l’una era il regno della logica, della ragione, dell’obiettività, mentre l’altra il dominio della passione, del sentimento e della soggettività.

Nel tempo gli studi hanno dimostrato uno stretto legame tra intelletto e emozione.

Fig.7 La mente del cuore.

Le emozioni comportano una serie di cambiamenti all’interno dell’organismo, i quali sono regolati dal sistema nervoso centrale dalle due sezioni simpatico e parasimpatico; infatti il cervello attiva e regola gli aspetti fisiologici dell’emozione.

La zona della corteccia frontale sinistra svolge un ruolo importante per le emozioni positive, il lobo frontale destro svolge lo stesso ruolo per alcune emozioni negative, mentre la corteccia prefrontale svolge compiti di organizzazione comportamentale e di anticipazione.

L’amigdala e l’ippocampo sono le parti del cervello più fortemente influenzate dall’ambiente emotivo in cui cresciamo e dalle esperienze che ripetiamo. L’amidgala è stata definita come una sorta di “computer dell’emozionalità”, registra e innesca reazioni emotive rapide ed istintive; funziona come un archivio della memoria emozionale e fornisce una valutazione soprattutto degli stimoli esterni.

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Quindi se l’amigdala non funziona, non si è in grado di reagire in modo adeguato agli stimoli, poiché non si possono interpretare correttamente le situazioni pericolose o negative.

4.La mappa delle emozioni universale La mappa delle emozioni è universale e quindi indipendente dall’etnia e dall’appartenenza culturale, ogni essere umano sperimenta in sé le medesime modalità di reazione ad una specifica emozione.

Dal punto di vista biologico i meccanismi emozionali servono al corpo per prepararsi ad affrontare situazioni di pericolo, corpo e mente sono connessi da un legame molto stretto e l’uno influenza l’altro, le emozioni infatti non sono solo rappresentate nella mente ma anche direttamente nel corpo.

A disegnare la mappa è stato un team finlandese di ricercatori dell’università di Aalto. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Proceedings of The National Academy of Sciences nel 2013 e ha coinvolto 700 individui tra Svezia, Finlandia e Taiwan. I ricercatori hanno provato a indurre degli stati emotivi nei soggetti analizzati e poi hanno chiesto loro di indicare quale parte del corpo veniva attraversata maggiormente da quella emozione.

Fig.8 Mappa delle emozioni universale.

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Si può notare che quando un’emozione interessa una determinata parte del corpo sviluppa calore ed energia e secondo la scala cromatica, si colora dal rosso al giallo in base alla sua intensità. Le zone che invece non vengono sollecitate appaiono fredde con colori che vanno dal nero (neutralità) al blu azzurro.

Emozioni forti e positive sono in grado di scaldare e illuminare la maggior parte del nostro corpo, mentre quelle più negative spengono ogni scintilla vitale, lasciando il corpo freddo e poco reattivo. È emerso ad esempio che l'invidia infuoca il volto, la rabbia si somatizza su petto, pugni e viso. A differenza di tutte le altre emozioni, che sono collegate a regioni specifiche, la felicità si avverte su tutto il corpo.

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IV.

Psicologia comunicativa

1. La comunicazione emotiva Le emozioni vivono nell’anima di ogni persona e sono strettamente private ma tuttavia la natura ha voluto che le emozioni debbano passare da una persona ad un’altra, perché l’altro è importante per le nostre emozioni.

L’emozione è uno stato soggettivo, una sensazione piacevole o spiacevole provata da una persona nella sua mente e nel suo corpo, ma è anche un filo che congiunge agli altri.

Le emozioni quindi possono a volte restare nella nostra mente e pur provando un’emozione non la comunichiamo, talvolta per convenzione (ad esempio nascondere la propria antipatia mentre si saluta una persona), ma molto più spesso passano in altre menti, attraverso la comunicazione e l’espressione.

Le emozioni rappresentano il nostro vissuto interiore ed ogni persona sente e si emoziona in modo uguale e diverso dagli altri, in quanto le emozioni di base sono le stesse per tutte le persone, ma allo stesso tempo ognuno di noi sente queste emozioni in modo unico rispetto agli altri, ed in modo diverso al presentarsi di una determinata situazione.

Ogni emozione, deve trovare un canale di uscita attraverso il quale esprimersi, manifestarsi e rendere partecipe altre persone, altrimenti dentro di noi rimarrà una mancata scarica di energia. Se un’emozione non viene manifestata, se non viene espressa fino in fondo genera un’insoddisfazione e a volte un dolore così forte che può trasformarsi in malattia.

Fig.9 Emozioni come stati soggettivi.

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La comunicazione si trova alla base di ogni relazione umana e le relazioni tra gli esseri umani sono determinate da fattori emotivi, cognitivi, motivazionali e fisici, per cui la comunicazione coinvolge tutti i livelli della realtà umana e sociale.

Comunicare significa emettere, trasmettere, dare informazioni o idee, significa far conoscere qualcosa o qualcuno. Deriva dal latino "communis" ovvero comune, che appartiene a molti e quindi che è pubblico; è un fenomeno molto complesso e dinamico che implica una risposta da parte del destinatario.

Vi è comunicazione di emozioni quando il mittente ha lo scopo di far avere ad un destinatario credenze su un’emozione che sta provando. Quando comunichiamo lo facciamo sempre in vista di uno scopo, ogni situazione comunicativa parte da un'esigenza, nostra o degli altri, per arrivare poi ad un obbiettivo.

La tristezza si comunica più della gioia perché ciò solleva dalla tristezza stessa, dunque per un movente di regolazione. Alcune emozioni invece, come l’invidia e la vergogna, tendono ad essere meno comunicate, poiché chi le prova è soggetto al giudizio altrui.

Per ogni essere umano è impossibile non comunicare: ogni comportamento (compreso il silenzio), i gesti del corpo, le esitazioni, hanno valenza comunicativa, sebbene non sempre intenzionale. In quanto meccanismi di regolazione del comportamento nell’ambiente, le emozioni sono comunicative e comunicarle è una delle nostre necessità. Raccontarle agli altri ci aiuta a sopportarle meglio, fino a migliorare anche il nostro stato fisico e sociale.

Fig.10 Comunicazione d’emozioni tra individui.

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Attraverso la comunicazione gli individui sviluppano il senso di identità personale, l’essere inseriti all’interno di una rete di relazioni ci permette di capire chi siamo, di costruirci un’identità personale e sociale, sia attraverso il modo in cui interagiamo, sia attraverso i messaggi e le attribuzioni che sin dalla prima infanzia, ci provengono dalle figure significative.

Gli individui sviluppano inoltre il senso di appartenenza ad una molteplicità di comunità e gruppi sociali (familiare, sociale, culturale ecc.), sperimentando, da un lato, l’essere insieme ad altri, “l’essere parte” (senso di affiliazione), dall’altro, il potere di controllare/influenzare gli altri e la consapevolezza di esserne a propria volta influenzati/controllati.

2.La comunicazione verbale e non verbale Ogni essere umano si esprime attraverso la comunicazione verbale oppure attraverso quella non verbale, spetta a ogni persona decidere quale linguaggio utilizzare per comunicare le proprie emozioni.

Ogni lingua è costituita da un codice e da una grammatica: il codice, anche detto sistema di segni, associa significati specifici ad ognuno dei segni che lo costituiscono; la grammatica, è un sistema di regole che consentono di combinare in modo corretto gli elementi del codice, ovvero i segni. Il sistema internazionale è costituito da elementi che riguardano il movimento della catena parlata, come la durata, l’intensità, l’intonazione, il ritmo e la modulazione della voce i quali accompagnano l’articolazione di una parola, di un enunciato o di una frase. Questo sistema è in grado di donare anche al discorso orale una punteggiatura ed opera, come un sistema di segnali che alla stessa stregua dei segni di interpunzione utilizzati nella lingua scritta, consentono di rendere e comprendere il senso in cui va inteso un determinato contenuto proposizionale enunciato.

Tali segnali hanno una notevole efficacia (in molti casi superiore a quella dei segnali verbali) nel segnalare ironia o serietà, ridurre le ambiguità, veicolare emozioni e, soprattutto, specificare e, in taluni casi, persino disconfermare ciò che viene affermato attraverso le parole.

La voce, caratterizzata da timbro, tono e ritmo è nell’espressione verbale delle emozioni considerata un segnalatore molto attendibile degli stati emotivi, ben riconosciuto dagli osservatori e poco manipolabile da chi parla. La relazione tra voce ed emozione è molto forte.

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Fig.11 Comunicazione verbale.

Le emozioni sono indicate da precisi e forti indicatori vocali: •

la voce della paura viene espressa con un timbro sottile, teso e stretto.

•

La voce della tristezza viene comunicata con la voce attraverso un tono mediamente basso, con la presenza di lunghe pause e un ritmo di articolazione rallentato.

•

La voce della gioia viene espressa con una tonalità molto acuta e con un profilo di intonazione progressivo, con un aumento dell’intensità e a volte con un’accelerazione del ritmo di articolazione.

Le emozioni positive producono una parlata più rapida, con alte frequenze e più ampia estensione della voce, mentre le emozioni negative si associano ad una voce più lenta con basse frequenze.

Ma come la maggior parte dei casi, le parole non bastano…

Le semplici parole dicono ben poco, esse portano solo il 7% del significato dei messaggi con i quali comunichiamo con il mondo esterno. Il 93% del restante è affidato al corpo attraverso un codice molto complesso composto da espressioni del viso, sguardi, gesti delle mani, andatura, posture, gestione degli spazi e infine dalle qualità dei suoni che emettiamo nel parlare. Questo codice è stato definito “comunicazione non verbale” e serve a manifestare i nostri stati d’animo.

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Fig.12 Comunicazione non verbale.

La comunicazione non verbale involontaria tradisce le emozioni piÚ nascoste e le comunica al mondo senza l’intenzione e la consapevolezza di farlo, in modo innato rispondiamo a delle stimolazioni emotive appartenenti alle seguenti tre classi: quello che piace, quello che non piace, quello che innalza la tensione emotiva.

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V.

Linguaggio del corpo

1.L’espressività Il linguaggio del corpo fa parte della comunicazione non verbale ed è il nostro primo linguaggio. Impieghiamo molto tempo ed energia ad apprendere, oltre alla nostra lingua madre, anche altri linguaggi e quello del corpo è divenuto col tempo una lingua straniera.

Le emozioni passano attraverso tutto il linguaggio del corpo che è in grado di esprimere con gesti ed espressioni ciò che proviamo.

Il linguaggio del corpo deriva dai nostri pensieri: un pensiero positivo crea emozioni positive che innescano reazioni fisiche e che quindi portano ad un comportamento che esprime tale stato d'animo.

Fig.13 La mia espressività.

Le emozioni sono alla base della motivazione umana e la loro sede principe è il volto.

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Il volto umano costituisce e rappresenta la regione del corpo più importante sul piano espressivo e comunicativo, perché è il canale privilegiato per la manifestazione delle emozioni.

L’espressione del volto è un insieme di mutamenti nella posizione degli occhi, della bocca, della fronte, del naso, delle sopracciglia, dei muscoli facciali e della sudorazione frontale; fornisce elementi fondamentali per il riconoscimento di una specifica emozione.

In molti casi gli altri vengono a sapere che emozione proviamo da segnali comunicativi che produciamo senza nemmeno accorgercene, questa è comunicazione espressiva.

Le espressioni fanno parte del linguaggio del corpo e non possono essere controllate; come per esempio arrossire improvvisamente in viso. Il modo in cui un’espressione facciale si evolve nel tempo ne determina l’espressività. Dimensioni, forma colore variano a seconda della razza, sesso, età, stato di salute dei soggetti.

In realtà l’espressività è la quantità di “energia” nella comunicazione, senza espressioni sarebbe tutto più vuoto e per questo sono fondamentali.

Il significato di ogni espressione facciale è conosciuto grazie al FACS (facial action coding system), il sistema di codifica dei movimenti dei muscoli facciali, finalizzato a scomporre le unità muscolari ultime del volto e a individuarne il ruolo nell’espressione facciale delle emozioni. Il FACS prende in considerazione il modo in cui ogni muscolo facciale agisce nel modificare visibilmente la configurazione del volto.

Il termine “espressioni facciali universali” infatti, indica che alcune mimiche legate a un preciso significato emozionale sono manifestate nello stesso modo (ossia con gli stessi muscoli del volto) da qualunque persona al mondo, a prescindere dall’età, dall’etnia, dal genere, dall’istruzione o dal livello culturale di chi la esprime.

Che il viso sia la parte più espressiva del nostro corpo è cosa nota, questo spiega perché da tempo immemorabile si sia cercato di cogliere il segreto che si cela dietro lo sguardo, quell’insieme di emozioni che le espressioni del nostro volto trasmettono, così importanti per le nostre relazioni sociali, eppure non sempre facilmente decodificabili.

2. Il corpo è lo specchio delle emozioni Le espressioni facciali universali, a oggi, sono state associate a sette emozioni fondamentali, le principali: rabbia, paura, disgusto, disprezzo (inteso come senso di superiorità), sorpresa, felicità e tristezza. Le espressioni facciali legate a queste sette emozioni possono manifestarsi in maniera completa in tutto il volto, o solo su una parte di esso; talvolta, i segni rivelatori di un’emozione possono essere notati in leggerissimi movimenti della bocca, della fronte, delle palpebre o delle sopracciglia.

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Scoprire quali sono gli elementi che fanno capire l’emozione, le cause e gli scopi è stato per me davvero avvincente.

RABBIA È un’emozione generata dalla frustrazione che si può manifestare attraverso l’aggressività.

Elementi che fanno capire l’emozione: •

le sopracciglia che si abbassano e si uniscono;

•

le palpebre che si sollevano e si tendono;

• le labbra che si assottigliano (margini delle labbra rivolti verso l’interno).

Cosa può farci arrabbiare: •

gli ostacoli al raggiungimento dei nostri obiettivi;

•

le minacce fisiche;

•

gli insulti rivolti a noi;

•

un rifiuto o un’aspettativa delusa.

Funzione adattiva: la rabbia ci aiuta a essere determinati e ad avere la giusta energia per “rimuovere” un ostacolo che ci si pone davanti.

DISGUSTO È una risposta repulsiva caratterizzata da un’espressione facciale specifica.

Elementi che fanno capire l’emozione: •

Il labbro superiore si solleva;

•

il naso si arriccia;

• ci allontaniamo dalla fonte del disgusto prendendone distanza fisica e psicologica.

Cosa può farci provare disgusto: •

un sapore;

•

un cattivo odore;

•

toccare qualcosa di viscido;

• la vista o il pensiero di qualcosa che non ci piace.

Gli stimoli che innescano il disgusto in noi sono più che altro soggettivi e legati alla cultura di appartenenza (un esempio immediato: la preferenza o meno nei confronti di alcuni cibi).

Anche le persone, con le loro azioni o il loro aspetto, addirittura con le loro idee, possono disgustarci.

Funzione adattiva: il disgusto ci evita di entrare in contatto con ciò che non ci piace o che ci può contaminare (molto legato alla nutrizione: evitare sostanze velenose o tossiche).

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SORPRESA È un’emozione che si origina da un evento inaspettato, seguito da paura o gioia.

Elementi che fanno capire l’emozione: •

sopracciglia e le palpebre superiori si sollevano;

• la mandibola cade verso il basso ma senza tensione.

Cosa può sorprenderci: •

qualsiasi cosa inaspettata e ai nostri occhi imprevedibile.

Funzione adattiva: far convergere la nostra attenzione verso un elemento specifico che entra nel nostro ambiente.

La sorpresa spesso precede altre emozioni: ci possiamo sorprendere e poi spaventare se notiamo un pericolo, oppure arrabbiare se ci accorgiamo che si palesa qualcosa che non ci va a genio, oppure provare gioia quando ci meravigliamo o ci fanno una gradita sorpresa.

DISPREZZO È un sentimento e atteggiamento di totale mancanza di stima e rifiuto verso persone o cose, considerate prive di dignità morale o intellettuale.

Elementi che fanno capire l’emozione: Un solo angolo della bocca si comprime e si solleva, l’espressione è quindi unilaterale.

Cosa può renderci sprezzanti: • • •

un’azione immorale; un comportamento o una persona che riteniamo agire o esprimersi in modo stupido;

qualcuno che senza speranza ci affronta malgrado la nostra palese superiorità in un campo.

Funzione adattiva: il disprezzo permette di salvaguardare l’autostima e di evitare di entrare in conflitto fisico.

•

PAURA La paura è una delle emozioni di base, comune al genere umano e al genere animale. La funzione della paura è quella di permettere la sopravvivenza e si innesca nel momento in cui si ha la percezione di una minaccia o di una situazione di pericolo.

Elementi che fanno capire l’emozione: •

Le sopracciglia si sollevano e si uniscono;

•

gli occhi si spalancano, le labbra si tirano verso le orecchie.

Cosa ci spaventa: •

gli stimoli che ci possono spaventare possono essere potenzialmente infiniti e spesso sono soggettivi, ma hanno un tema comune, ossia la minaccia alla propria incolumità.

Funzione adattiva: evitare il pericolo e comunicare rapidamente agli altri presenti la presenza di una minaccia.

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TRISTEZZA La tristezza è un’emozione negativa che si sperimenta nel momento in cui perdiamo qualcosa di caro irrimediabilmente.

Elementi che fanno capire l’emozione: •

La parte centrale delle sopracciglia si alza;

• gli angoli della bocca si abbassano.

Cosa può renderci tristi: quando subiamo una perdita o un abbandono da parte di una persona che amiamo, la perdita di un’opportunità o di una gratificazione, oppure il provare vicinanza alla sofferenza degli altri.

Funzione adattiva: richiedere supporto o cercare un momento di solitudine per ricaricarsi.

FELICITÀ È uno stato d’animo positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri.

Elementi che fanno capire l’emozione: •

Gli angoli della bocca si sollevano;

•

gli angoli degli occhi si strizzano e compaiono alcune righe orizzontali (le cosiddette “zampe di gallina”) Cosa ci rende felici: •

il piacere sensoriale (derivato dal gusto, dall’olfatto, dal tatto, dalla vista e dall’udito);

•

l’eccitazione nei confronti di una nuova sfida o nei confronti di qualcosa che troviamo interessante;

•

il sollievo quando una fonte di stress o dolore viene rimossa;

•

quando qualcosa ci diverte;

•

quando siamo orgogliosi di noi stessi o degli altri.

Funzione adattiva: comunicare apertura e assenza di minaccia verso chi ci sta di fronte (sorriso che mitiga la tensione).

Fig.14 Principali emozioni.

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VI.

Danza emotiva con Marta Grahm

Fig.15 Marta Grahm e la sua danza rivoluzionaria.

Martha Graham è una ballerina e coreografa statunitense, nata nel 1894 a Pittsburgh in Pennsylvania (suo padre era un medico specializzato in psicologia umana con un interesse particolare per l’espressione). Rappresenta la figura centrale della danza moderna come espressione delle emozioni attraverso movimenti di grande intensità, creando un tipo di danza a tratti molto vicina alla scultura.

Il suo apporto rivoluzionario ha cambiato totalmente il modo di concepire il movimento come forma di espressione artistica ed ha segnato l’evoluzione della danza, ridefinendo il gesto teatrale attraverso il collegamento con le emozioni. Secondo il suo metodo di insegnamento, la danza deve ricercare la comunicazione delle proprie esperienze attraverso l’azione, rivelare il paesaggio interiore dell’uomo e costituire allo stesso tempo lo specchio dei mutamenti della società.

Rifacendosi ai miti primitivi, Marta considera la danza l’unico linguaggio spontaneo, capace di comunicare le emozioni umane in tutta la loro immediatezza ed è ciò che penso anche io.

Rompendo i rigorosi schemi della tradizione accademica, il corpo può finalmente esprimersi liberamente. “La mia danza con il mio corpo” significava non più imporre ai ballerini l’adattamento della propria fisionomia a posture rigide, ma, al contrario, adeguare la nuova tecnica alla conformazione fisica dei singoli danzatori.

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“La cosa più importante, qui, come sempre, è l’assoluta unicità dell’individuo; se tale unicità non si realizza, qualcosa va perduto.” Per Martha Graham, la danza, infatti viene dalle profondità della natura dell’uomo, dall’inconscio, dove abitano i ricordi.

La tecnica Graham è basata sulla respirazione, sul movimento istintivo dei danzatori e sul rapporto con il suolo, al fine di ritrovare un contatto più profondo e immediato con la terra, esplorata a piedi nudi o con tutto il corpo.

Rendere espressiva ogni minima parte del corpo era l’intento di Martha Graham. Il danzatore deve essere interamente coinvolto nel movimento; le braccia, le mani, il busto e la testa devono acquistare un significato, essere elementi elastici e attivi, facendo sì che lo spettatore recepisca la totalità del corpo che vede danzare.

Come artista, Martha Graham concepiva ogni nuova opera nella sua interezza, danza, costumi e musica.

L’impatto di tutta la sua opera è stata una delle eredità più importanti per gli sviluppi della danza ed il messaggio da lei trasmesso è una lezione di poesia e di vita, oltre che di arte: “Dance is a song of the body. Either of joy or pain. The body is a sacred garment. The body is your instrument in dance, but your art is outside that creature, the body. The body never lies. The body says what words cannot” ovvero “la danza è il canto del corpo, il corpo è lo strumento musicale della danza”.

Fig.16 L’espressività di Marta Grahm nella danza.

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VII.

Io e le arti performative

In questo ultimo capitolo, parlo delle mie passioni: la musica, il teatro e la danza; tutte rappresentano un linguaggio per comunicare le emozioni come descritto nelle parti precedenti, quindi sono una testimonianza concreta di emozioni, comunicazione, linguaggio verbale e non verbale, linguaggio del corpo e espressioni.

1.La musica nell’anima e nel corpo La musica, oltre ad essere comunicazione di emozioni sia per i compositori sia per i cantanti, è terapeutica. Una canzone triste può indurci ad uno stato di malinconia, invece una canzone allegra può regalarci qualche minuto di felicità. Tutto ovviamente dipende dalle esperienze che abbiamo vissuto o stiamo vivendo, poiché siamo soliti legare la sfera personale con quello che stiamo ascoltando. La musica ci fa provare emozioni perciò ricorriamo ad essa in moltissimi momenti, sia consapevolmente o inconsapevolmente, anche per portare alla memoria ricordi importanti descritti da una canzone.

Fig.17 Saggio finale 2019 – la mia performance di canto (Teatro Ponchielli).

La musica viene definita come “l’arte di combinare i suoni della voce umana o degli strumenti, o degli uni e degli altri allo stesso tempo”, produce effetti positivi nelle persone e se si canta i buoni effetti raddoppiano.

Non esistono confini in grado di fermare la musica, perché rappresenta le emozioni e la libertà di espressione; la musica permette il contatto con la propria sfera personale.

Per me la musica è un modo per sentirmi in armonia con il mondo, rappresenta un modo per entrare in contatto con la nostra parte emotiva.

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La musica aiuta a conoscerci, a capire i nostri pensieri, è emozione pura e si può utilizzare per distrarsi dalla monotonia quotidiana, infatti essa, attira l’attenzione e soprattutto riesce a renderci partecipi.

Quando canto io riesco a dar voce ai miei stati d’animo e per interpretare meglio la canzone, molte volte associo la musica e soprattutto il testo a eventi personali che mi suscitano vari tipi di emozioni. Soprattutto cerco di trasmettere a chi mi ascolta ciò che provo, con lo scopo di suscitare emozioni.

Il canto per me è anche una valvola di sfogo, infatti i miei sentimenti spesso si riflettono nei brani che canto. Le canzoni tristi mi sono servite molto per imparare: mi hanno aiutato a chiudere alcune porte e mi sono resa conto degli errori commessi. Quindi, se le esperienze negative che abbiamo vissuto sono superate, le canzoni tristi non faranno male e si potranno ascoltare come una lezione appresa, come un canto a quello che è successo.

Per me la musica è come un ponte in grado di collegare la mia interiorità con il mondo esterno. La capacità di esprimere le mie emozioni attraverso la musica mi ha liberato da conflitti interiori e sofferenze. Ma non solo, la musica è anche la mia soluzione creativa.

Anche quando suono il pianoforte mi lascio trasportare dalle note tra i miei pensieri e le mie fantasie, la musica entra dentro il mio cuore e lo fa vibrare.

Forse la cosa più bella che la musica è in grado di donare è il contatto con il corpo.

Essa si sostituisce a noi nell’esprimere, con la sua energia, ciò a cui noi non riusciamo a dare un nome: “Ciò che non si può dire e ciò che non si può tacere, la musica lo esprime”.

Insomma, dove non arrivano le parole o lo sguardo, arriva la musica.

Fig.18 Saggio Natale 2019 – la mia performance di canto (Auditorium Teatrodanza).

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2.Il teatro è libertà Il Teatro è forse la massima espressione della libertà umana, sul palco io sono libera di dire qualunque cosa, raccontare qualunque storia in qualunque modo o forma io voglia farlo.

Anche lo spettatore si sente libero di essere sé stesso, magari ritrova in quello che vede davanti a sé le sue stesse idee e pensieri, la sua stessa storia di vita; perché questo è il teatro: il racconto di una vita o tante vite, mille storie, mille pensieri, brutti o belli.

Nel teatro tutti sono liberi di muoversi e di trasmettersi da viso a viso le proprie sensazioni, sia chi sta sul palco sia chi sta seduto in platea.

Nella vita di tutti i giorni ognuno esprime in modo naturale i propri stati d’animo attraverso gli atteggiamenti, il nostro comportamento esteriore è inevitabilmente il riflesso di quello che accade dentro di noi. Questo fenomeno è stato da sempre ben noto agli attori, per questo la mimica è il canale principale della comunicazione teatrale, i gesti, la postura e la voce dell’attore sono ciò che dà vita alla rappresentazione.

Sin dai tempi più antichi l'uomo ha fatto del teatro il mezzo per esprime le proprie idee, pensieri ed emozioni senza alcuna paura, perché in esso ha sempre avuto la totale libertà di esprimere tutto sé stesso.

Fig.19 Saggio finale 2019 – la mia performance di teatro (Auditorium Teatrodanza).

Recitare non è essere emotivo, è essere capaci di trasmettere un'emozione.

La funzione principale dei movimenti dell’attore in palcoscenico è proprio quella di esprimere stati d’animo. Spesso si associa il recitare alla finzione, allo smettere di essere sé stessi per diventare qualcun altro, ossia il personaggio da interpretare ma ciò non è la verità.

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Esiste una contraddizione tra gli stati d’animo che io recito e sento (per esempio durante un monologo) e le azioni che compio. Infatti mi immedesimo e cambio interiormente.

Sul palco non fingo di essere un personaggio che non sono, ma adotto lo stato d’animo ed il modo d’essere di quel personaggio e io non sto fingendo, perché in quel momento provo davvero le emozioni che mi spingono a comportarmi come stabilito sul copione. Per questo motivo spesso è sufficiente che io provi davvero le emozioni da rappresentare, assumendo l’espressione del personaggio nel viso e nei gesti.

L’immedesimazione per questo è ritenuta un efficiente strumento di lavoro, utile per migliorare la prestazione sulla scena e riuscire ad esprimere attraverso il corpo sentimenti ed emozioni in maniera automatica. Io nel momento in cui recito non divento quindi il personaggio, rimaniamo due cose separate, ma nell’intervallo di tempo della rappresentazione, provo le sue stesse emozioni.

3.La danza nel cuore La danza è considerata la prima vera forma di espressione adottata dall'uomo per comunicare con gli altri e per esprimere il proprio stato d'animo nel corso dei secoli. L'arte della danza è movimento espressivo attraverso il movimento, che è il linguaggio del corpo.

Fig.20 Esibizione 2019 – la mia performance di danza contemporanea (Palazzo Trecchi).

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La danza ha conosciuto vari stadi e vari gradi di evoluzione passando da uno stadio primitivo fatto per lo più di movimenti in circolo alla danza accademica e teatrale.

La danza ha diverse forme, quella che lascia la libertà al corpo di manifestare tutte le emozioni è chiamata espressione corporea. I danzatori vanno in fondo alla loro anima per trovare le loro emozioni, in fondo al loro corpo per trovare anche l’energia e le forme per esprimerle. È per questo che io trovo la danza uno strumento per esprimere tutta me stessa.

Fig.21 Primavera 2011 – i miei esercizi alla sbarra (Sala di danza Teatrodanza).

Riconoscere, esprimere e gestire le emozioni attraverso il movimento per me è un’esperienza corporea che mi consente di scoprire e raggiungere una maggiore consapevolezza del mio corpo e dei mei limiti. Essere consapevole di cosa provo dentro, senza temerlo, può essere di grande aiuto anche nella vita quotidiana per crescere e diventare una persona migliore.

Fig.22 Esibizioni di danza nei primi anni di studi a Teatrodanza (Cremona).

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La danza apporta all’uomo un senso di liberazione, che si realizza sia nel fisico che nello spirito. La musica passa attraverso il corpo e permette di esprimere le emozioni più intime: la danza è il linguaggio che nasce dentro di sé.

Muoversi, danzando, vuol dire allontanarsi dalla monotonia di ogni giorno, far emergere le proprie capacità creative con l’utilizzo della fantasia. Infatti la danza scioglie il corpo dai legami con la vita quotidiana. Quando si balla non esiste nient’altro che il proprio corpo, nessuna costrizione, nessun condizionamento, nessuna restrizione, solo l’ebbrezza di essere liberi.

Frequento la scuola di arti performative Teatrodanza da quando avevo 4 anni, da allora ho appreso tante forme di danza, dalla classica alla moderna, dal tip tap all’hip pop, dalla contemporanea all’acrobatica. Ognuna di queste discipline valorizza un movimento, un ritmo, un approccio spazio-tempo diverso, con la mente e con il cuore seguo la musica e mi lascio trasportare facendo uscire il mio essere interiore in mille sfaccettature.

Come danzatrice posso affermare che la danza è uno dei modi più liberatori e sinceri di esprimere sentimenti. La comunicazione quindi non è limitata alle sole parole, poiché il movimento è un fondamentale per esprimere noi stessi.

Fig.23 Esibizione 2018 – la mia performance di danza moderna (Teatro Ponchielli).

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VIII.

Conclusione

Il percorso che ho intrapreso con questo approfondimento è stato sicuramente una ricerca di informazioni di mio grande interesse in quanto basate sulla psicologia, ma soprattutto è stato un viaggio nel mio mondo interiore.

Nei diversi capitoli ho cercato di evidenziare quanto sia importante il linguaggio del corpo e quindi la comunicazione non verbale perché dove la parola non riesce ad arrivare il corpo è fondamentale.

Le emozioni vivono dentro ognuno di noi ed è necessario permettere al corpo di sentirle, di prenderne coscienza e poi di esprimerle attraverso movimenti, permettendo così lo sfogo dell’emozione. Io ritengo molto importante affidarsi alla propria corporeità perché il movimento comunica i cambiamenti dei propri stati d’animo a chi ci osserva. Il movimento libero e naturale permette l’espressione dell’emozione, è un modo per dare voce al proprio vissuto e accogliere il proprio io.

Le emozioni sono il sale e lo zucchero della vita, perché danno un sapore a quel che ognuno fa: motivano, accompagnano, danno un senso alla nostra azione. Senza emozioni saremmo soli e non avremmo più possibilità di comunicazione.

Attraverso questo studio sono andata alla ricerca delle mie emozioni nascoste e di ciò che provo all’interno del mio cuore, è stata una riscoperta del mio modo di essere.

Tra tutte le emozioni la vergogna, ovvero il timore di dare un’immagine negativa di sé a sé stessi o agli altri, è quella che è più lontana dal mio essere. Soprattutto sul palcoscenico quando canto recito o ballo non ho paura di farmi osservare da chi mi vede e sente, perché emozionandomi cerco di emozionare anche gli altri, è questo il mio scopo.

Mi ritengo anche una persona molto entusiasta, in tutto quello che faccio; infatti l’entusiasmo è uno stato d’animo sublime che mi spinge a raggiungere i miei obbiettivi.

Entusiasmo tradotto dal greco significa “avere un Dio dentro” e quando mi esprimo davanti ad un pubblico io mi sento proprio così. Mi considero anche una persona fantasiosa perché, l’immaginazione è illimitata, è “esibizione dell’infinito”.

Un’altra caratteristica che mi appartiene molto è la sicurezza e per questo mi ritengo molto sicura di me; ma l’espressione sicuro di sé ha subito una connotazione negativa col tempo…

Il sicuro di sé, dicono sia vicino al presuntuoso ma in questo modo vengono risaltati gli aspetti negativi.

Invece una persona sicura guarda diritto davanti a sé, cammina a testa alta, sa bene che potrà sbagliare e trovare ostacoli sul suo cammino, ma è forte della consapevolezza che li affronterà. Crede in sé e nel suo potenziale, è aperta e non teme il confronto. Questa è una definizione positiva di sicurezza ed io mi ci ritrovo.

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La sicurezza è anche legata all’ambizione e alla fiducia. Essendo ambiziosa mi pongo spesso mete alte e difficili, scelte autonome, che sono per me una sfida.

Dal momento che sono una persona sicura non ho fiducia solo in me stessa ma anche negli altri, e a mia volta spero di ispirare fiducia.

Ogni tipo di sicurezza nasce dalla sicurezza affettiva: la certezza di essere amati, infatti ho la consapevolezza di essere molto amata dalla mia famiglia e dai miei cari.

Il titolo che ho scelto è sicuramente il riassunto dei milioni di parole che ho scritto: “un gesto vale più di mille parole”. Un gesto si definisce come “qualunque azione capace di inviare un segnale visivo ad un osservatore e di comunicargli una qualsiasi informazione”.

Nel mio titolo il gesto è inteso come forma di espressione: uno sguardo nel teatro vale più di un testo imparato a memoria, un sorriso nella danza vale più di un salto in spaccata e l’interpretazione nel canto vale più di tutta la performance…

Per questo motivo, per completare il mio approfondimento, ritengo sia utile visionare i tre video delle mie passioni perché sono fondamentali per capire al meglio il mio pensiero, ciò che ho scritto in tutte queste pagine.

Colgo l’occasione per ringraziare la mia famiglia per avermi sostenuta in questa ricerca personale e le mie insegnanti Martina Mancini per la danza, Maria Pedroni per il canto e Francesca Montuori per il teatro, per avermi consigliata sulle performance mostrate nei video.

Alla luce di quanto raccolto in questo approfondimento scolastico ho imparato più di quanto mi sarei aspettata. Mi sono resa conto che non solo mi piace esprimermi ma mi piacerebbe anche aiutare a far esprimere le altre persone che magari trovano la comunicazione alquanto problematica.

La difficoltà presente nella maggior parte delle persone di decodificare e comunicare agli altri le emozioni ha creato all’interno del loro corpo un vuoto, ed è proprio questo vuoto che io sento quando non riesco ad esprimermi. Con il canto, la danza e il teatro io divento la persona più libera del mondo perché riesco a trasferire i miei sentimenti al mondo esterno. Queste tre arti sono l’espressione delle emozioni che mi rendono felice, libera di far apparire ciò che sono e ciò che faccio, grazie a loro riesco a rappresentarmi e a descrivermi ma non tutti hanno la forza e la consapevolezza di farlo.

Rileggendo il testo mi sono riconosciuta in tutto ciò che ho scritto, come se alla fine non stessi presentando le ricerche che ho svolto ma della mia vita e dei miei quattordici anni di esperienza.

Quindi credo sia giunto il momento di rispondere alla mia domanda iniziale, cosa farò da grande? Chissà…forse mi aspetta un futuro da psicologa!

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IX.

Bibliografia

•

Anolli Luigi - “Le emozioni” – Unicopli 2002

•

Poggi Isabella - “La mente del cuore” – Armando Editore 2008

•

Vismara Veronica e Pierobon Lorenzo - “Suoni dell’anima, l’essenza nascosta della voce” – Minerva Edizioni 2009

•

Zorzi Marco e Girotto Vittorio - “Fondamenti di psicologia generale” – Il Mulino 2007

X.

Sitografia

•

Scholar.google.it

•

Treccani.it

•

Focusjunior.it

•

Focus.it

•

Wikipedia.it

•

repubblica.it/scienze

•

stateofmind.it/tag/emozioni

•

lescienze.it

•

psicologiadelbenessere.it

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