LA VITA DOPO LA MORTE

Scuola Sacra Famiglia, A.S. 2019/2020

UN QUESITO A CUI NON POSSIAMO RISPONDERE

Di Alice Paglioli, 3^A

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INDICE: - INTRODUZIONE ED ESEMPI DI TEORIE - LA VITA DOPO LA MORTE NELLE TRE GRANDI RELIGIONI MONOTEISTE - LE TEORIE DELLA VITA DOPO LA MORTE SECONDO LA SCIENZA - SPIEGAZIONE SULLE NDE E TESTIMONIANZE - CONCLUSIONE

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INTRODUZIONE: La domanda “Cosa c’è dopo la morte?” è il dubbio che assilla il genere umano. Esistono pareri discordanti dei credenti, degli scienziati e persino della Chiesa. L'esistenza della vita dopo la morte è realmente una domanda universale che mette contro tutto e tutti. L'umanità è stata sempre affascinata dalla morte, adottando teorie sull'aldilà, seguendo dei rituali, per contribuire ad assicurarsi un posto migliore. Le persone hanno sempre creduto nell'esistenza della vita dopo la morte per tutta la storia umana e in ogni parte del mondo. La verità è che almeno una volta nella vita ci si ritrova a porsi questa domanda, non è un quesito facile, e la sua misteriosa e inafferrabile risposta è qualcosa che ci mette in agitazione e ci suscita timore, per questo di solito tendiamo ad evitare di pensarci. A leggere questa prima parte ci si chiede: “Perché scegliere un tale approfondimento?”. Mi sono avvicinata a questa domanda, partendo dalle lezioni di prof Rocchetti, dove abbiamo toccato questo argomento; e mi sono ritrovata a pensare: “E’ vero. Questa domanda prima o poi ce la poniamo tutti, ma su questo abbiamo qualcosa di certo o sono tutte teorie ideate per dare speranza, nel momento in cui finisce tutto?” E’ stato proprio questo che mi ha affascinato, questa domanda: “Cosa c’è oltre la fine?”, il suo lato misterioso, questo suo essere senza risposta, mi ha incuriosito, e il fatto che questa sia per ora un irrisolvibile quesito, mi ha spinto a cercare di scoprire le varie ipotesi che si sono formulate fino ad oggi, e ha immergermi nelle varie sfaccettature di questo grande dilemma. Questo approfondimento, ovviamente, non fornirà una risposta, ma andrà ad approfondire le varie teorie scientifiche, le credenze religiose e quelle che si possono definire “Risuscitazioni”. La vita oltre la morte è quella situazione in cui ci si trova in genere quando il nostro corpo muore e il nostro spirito sopravvive. E su questo esistono un infinità di opinioni: la teoria della reincarnazione dove la morte è solamente un passaggio da un esistenza terrena all’altra; in cui l’anima continua a rigenerarsi attraverso una lunga catena di reincarnazioni, finché non ha raccolto tutte le conseguenze delle sue azioni. Le religioni africane credono che i morti continuano ad influenzare la vita dei discendenti come “Spiriti protettori”. L’ebraismo insegna nell’Antico Testamento che ci sarà la resurrezione di tutti gli esseri umani dopo il “Giudizio” finale da parte di Dio. Dopo la morte, l’anima si separa dal corpo e raggiunge tutte le altre anime che riposano nello Sheol. L’islam insegna che l’anima è destinata al giorno del Giudizio finale. E infine per il Cattolicesimo, dopo la morte, esistono tre destinazioni possibili per l’anima del defunto: Paradiso, Purgatorio e Inferno. E sono proprio queste ultime tre religioni, quelle su cui mi soffermerò, ovvero le tre grandi religioni monoteiste della storia, le religioni che fin dai tempi antichi hanno influenzato il pensiero della gente, persino quello sulla vita oltre la morte.

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CONCEZIONE DELLA VITA DOPO LA MORTE NELLA RELIGIONE: EBRAICA, ISLAMICA E CRISTIANA RELIGIONE EBRAICA: Gli ebrei non hanno una concezione di "aldilà" in cui ciascuno riceve un "premio" o una "condanna", questa parola in ebraico neppure esiste: tutti avevano la stessa sorte, buoni e cattivi, dopo la morte scendevano nello "Sheol", cioè in quella che secondo la concezione mitologica della terra dell'epoca, era considerata una enorme caverna sotterranea, dove ridotti a larve, ad ombre, ci si nutre di polvere.

Questo era tutto quello in cui si credeva sulla vita dopo la morte, fino a quando l'influsso della filosofia greca non iniziò a farsi sentire pure in Israele, e cominciarono a divulgarsi le dottrine sull'immortalità dell'anima. Tuttavia verso il 200 a.C., un "predicatore", un ecclesiaste, scrisse per contestare vivacemente queste idee, fornendo una visione pessimista delle cose, che si può riassumere in questo suo scritto: "Meglio un cane vivo che un leone morto. I vivi sanno che moriranno, ma i morti non sanno nulla; non c'è più salario per loro, perché il loro ricordo svanisce.

Il loro amore, il loro odio e la loro invidia, tutto ormai è finito. Tutto ciò che devi fare, fallo finché ne sei in grado, perché non ci sarà più nulla giù nello Sheol, dove stai per andare". Non esistendo quindi un "aldilà", si riduceva tutto a un'unica via, a un'unica sorte, indipendentemente dal comportamento avuto nella propria vita. La retribuzione per il bene e il male compiuto, avveniva su questa terra. Il bene era compensato con una lunga vita, abbondanza di figli, e prosperità. Il male veniva punito con vita breve, sterilità e miseria, e la colpa dei padri veniva punita nei figli fino alla quarta generazione.

Lo Sheol, luogo destinato a tutti i defunti.

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A questa visione chiusa e arida, si contrappose l’idea del profeta Ezechiele, che affermò che Dio retribuisce sempre e subito le azioni dell'uomo, e che ognuno è responsabile del suo agire: “Colui che ha peccato e non altri deve morire; il figlio non sconta l'iniquità del padre, né il padre l'iniquità del figlio. Al giusto sarà accreditata la sua giustizia e al malvagio la sua malvagità”. Questa teologia, era semplice ed accettabile, nondimeno anche questa venne contestata, da uno scrittore ancora oggi sconosciuto, che fa presente che questa visione si presta poco alla verità della vita, dove pure a uomini buoni e giusti accadevano disgrazie di ogni tipo. Con questo susseguirsi di dispute teologiche, la questione andò ad arenarsi in un vicolo cieco, in cui venne aperto un varco da un anonimo autore del II secolo, che per alzare il morale dei martiri delle persecuzioni, introdusse un concetto nuovo, quello di un ritorno alla vita dei morti per il giudizio finale, una resurrezione, però limitata ai giusti del popolo giudaico.

Questa è la prima volta che nella Bibbia compare il termine "vita eterna", a cui l'autore contrappone una "ignominia perpetua", cioè una disfatta definitiva, irreversibile, il fallimento definitivo. Quel che da queste ipotesi teologiche si ricava è che la fede nella resurrezione dei morti è una conseguenza della fede nel Dio Creatore: la resurrezione viene intesa come una nuova creazione dell'uomo intero.

Queste nuove teorie però non furono accettate, anzi furono condannate come eretiche e rifiutate dalla gerarchia allora al potere, il gruppo dei Sadducei; in quanto non contenuta nei primi cinque libri della Bibbia. In seguito, laici pii impegnati ad osservare fedelmente la Legge, in tutti i suoi dettagli, elaborarono per primi in maniera sistematica, la dottrina della resurrezione dei giusti. Il premio o la punizione per l'uomo vengono posticipati a dopo la morte per cui il giusto ritornerà alla vita e il malvagio rimarrà nello "Sheol". L'idea di resurrezione dei giusti proposta dai Farisei, viene limitata a Israele. Ne sono esclusi i pagani, i cafoni e quanti vengono seppelliti fuori della Terra Santa.

Poi, riflettendo ulteriormente, questo gruppo religioso affermò che risorgono pure i pagani, ma per essere presentati di fronte al tribunale del giudizio, dovranno aver osservato la Legge di Dio, e verranno ammessi nel "giardino dell'eden".

N.B= il termine paradiso viene usato una sola volta nel Vangelo, ovvero quando Gesù rivolgendosi al ladrone gli assicura di entrare con lui nella vita definitiva. Mai nei vangeli Gesù parla di "paradiso" per indicare la realtà che spetta all'uomo oltre la morte. Gesù parla sempre e unicamente di una vita capace di superare la morte e che per questo si chiama "eterna".

Per quanto riguarda i malvagi, questi verranno gettati nella "Geenna", un burrone a sud di Gerusalemme, dove c'erano altari nei quali venivano sacrificati i bambini in onore del dio Molok, che col tempo diventò simbolo di punizione per i malvagi dopo morte. Nell'ebraismo non esisteva e non esiste un’idea di una pena eterna da scontare dopo la morte. Ma, dopo 12 mesi c'è l'annientamento della persona, motivo per la quale tutt’oggi gli ebrei pregano 11 mesi per il defunto.

In seguito, Gesù prese l’immagine della Geenna come metafora per indicare la distruzione totale della persona, che non accoglie il dono di una vita più forte della morte. Al rifiuto della vita per sempre corrisponde la morte per sempre. E' questo il significato del monito che corre lungo tutto il Vangelo da parte di Gesù, di cambiare atteggiamento altrimenti la fine è nella Geenna, cioè nell'immondezzaio.

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N.B=Nei vangeli non solo non si parla mai d'"inferno", ma non esiste neppure la parola. Nei vangeli si parla di chasma (Baratro; di abyssos (Abisso)), di Ade (ebr. Sheol); il regno sotto terra, che, secondo la mitologia greca, alla ripartizione del mondo tra i tre figli di Cronos (Zeus, Poseidone e Ade), era toccato al terzo figlio, lo spietato Ade la custodia della Geenna.

Geenna, luogo destinato a tutti i malvagi.

Per quanto riguarda la risurrezione, Gesù prese pure quell'idea farisaica per parlare agli ebrei, che potevano capire questa categoria teologica. Ai pagani, Gesù non parlò mai di risurrezione, ma di una vita capace di superare la morte fisica. La vita eterna che Gesù offre, si chiama così non per la sua durata indefinita, ma per la qualità: la sua durata senza fine è conseguenza della qualità, e Gesù ne parla al presente. Non parla di una "vita" del futuro, come di un premio da conseguire dopo la morte se ci siamo comportati bene nella vita, ma di una qualità di vita che è a disposizione subito per quanti accettano lui ed il suo messaggio, e con lui e come lui collaborano alla trasformazione di questo mondo. Una vita di una qualità tale, che quando si incontrerà con la morte la scavalcherà. Secondo Gesù è la persona intera che continua a vivere, non un "qualcosa" di questa. La permanenza della vita attraverso la morte è quel che si chiama risurrezione. L’anima non è qualcosa che l’uomo ha, bensì qualcosa che egli è. Gesù nei vangeli non parla mai di anima, concetto sconosciuto nell'ebraismo. Questo dell'anima è un’idea che il cristianesimo ha preso poi a prestito dalla filosofia greca, ma che è assente nell'ebraismo. Il termine greco psyké, non significa altro che la vita della persona. Non esiste, secondo il pensiero ebraico, una realtà nell'uomo contrapposta al corpo.

All'inevitabile disfacimento della parte biologica, corrisponde la pienezza della maturità, alla morte delle cellule la vita indistruttibile... Quindi morte non più come distruzione ma trasformazione o realizzazione della persona accolta a far parte della pienezza di quel Dio che ha per essi preparato.

RELIGIONE ISLAMICA: In occasione della scomparsa di una persona cara, ogni mussulmano ricorda più comunemente il versetto del Corano, il testo sacro dei musulmani che corrisponde alla Rivelazione della Parola di Dio nella forma provvidenziale di Libro: “Ad Allah apparteniamo e a Lui facciamo ritorno”.

Secondo gli islamici noi apparteniamo ad Allah, apparteniamo a Dio solo. Per un attimo, la scomparsa di una persona rappresenta un richiamo alla scomparsa delle sue specificità, un richiamo alla relatività del suo corpo, del suo carattere, delle sue opere, della sua storia, persino della sua religione. Ogni creatura, credente o non credente, osservante o non osservante, appartiene al 6

Creatore, appartiene all’Unico Creatore dei cieli e della terra, e di tutto ciò che è presente di visibile e invisibile tra di essi, appartiene a Dio, il cui nome islamico è Allah. Quando una creatura raggiunge la fine della sua vita, la sua relatività, tutto il suo percorso di atti e pensieri, che sono avvenuti nella sua vita, vengono improvvisamente riassorbiti nell’Assolutezza del Creatore. La relatività della creatura è infatti di natura legata al tempo definito, che Dio le ha messo a disposizione in questo mondo, che rispetto all’Aldilà è limitato, e costretto al compimento di un preciso ciclo di manifestazione inevitabilmente destinato a concludersi. Infatti per la religione islamica lo spazio della terra è limitato rispetto all’Infinito del Mondo Superiore. Il tempo dell’esistenza umana e del ciclo di questo basso mondo sono determinati rispetto all’Eternità del Mondo Superiore.

Secondo la loro religione tutto ritorna a Dio, tutto ciò che è relativo deve tendere all’Assoluto, tutto ciò che è inferiore deve tendere al Supremo, tutto ciò che è manifestato deve tendere al Creatore, e non c’è nulla di veramente relativo, inferiore e manifestato che non sia presso Allah.

A questa visione sulla direzione che il defunto prende dopo la sua morte, si lega anche il motivo, secondo la loro religione, per cui Dio ci abbia creati, ovvero la sua conoscenza. Infatti il mondo deriva dalla Sua volontà di essere conosciuto. Il mondo rappresenta quindi lo strumento per la conoscenza di Dio, e c’è un solo modo per conoscerlo: passare dal mondo. E all’ uomo è stata data la possibilità di conoscere, gli è stato concesso l’intelletto per apprendere, e l’unico modo per conoscere Dio è conoscere se stessi. L’uomo ha quindi il dovere di agire per cercare la conoscenza in tutti i gradi del mondo, e in ogni aspetto della sua persona; se saprà compiere questa azione mantenendo la prospettiva di un’intenzione volta alla conoscenza di Dio, allora il mondo e l’umanità non lo distrarranno, ma al contrario costituiranno un sostegno efficace nel perseguire la finalità naturale per la quale l’uomo è stato creato.

Leggendo questo breve spunto sul significato della vita dell’uomo, viene da chiedersi che cosa c’entra questo con l’argomento che stavamo trattando. Beh questo c’entra con l’idea della religione islamica su cosa sia effettivamente la morte. La morte per la loro religione rappresenta un momento di passaggio, la chiusura di un ciclo e l’apertura di un altro, l’abbandono di questo mondo con la sua gravità, i suoi limiti, le sue apparenze, la sua relatività e il ritorno al Principio, il ritorno all’Origine spirituale, eterna, immutabile, assoluta. La morte è la fine del tempo e dello spazio nella gestione del mondo delle responsabilità esteriori, è l’inizio della verifica, della resa dei conti, della valutazione da parte della giustizia divina della misura della conoscenza del Signore da parte del suo servitore.

Tra le varie descrizioni dei maestri sulle realtà ultraterrene, ve ne sono alcune che si soffermano sull’interrogatorio al quale ogni defunto è sottoposto da due angeli, Munkir e Nakir, che con particolare violenza pongono poche domande essenziali per verificare la coerenza nella condotta di ogni persona rispetto alla promessa di essere testimoni della Maestà divina. A seconda di come risponde, ciascuno viene radunato nelle seguenti categorie di abitanti delle tombe: i puniti, i graziati, i disprezzati e gli onorati. Qui attende un periodo incalcolabile di tempo fino al suono della Tromba, che sancisce la convocazione del Giorno del Giudizio finale. Allora tutti gli abitanti delle tombe si destano e si ritrovano in una vastissima pianura, poiché i mari si sono prosciugati, le montagne appianate e l’umanità tutta riunita. Tutti i corpi verranno ricostruiti, e riassumeranno esattamente la forma che avevano al momento della fine della loro esistenza. Tutti attenderanno la propria sentenza, il decreto divino sul peso delle buone opere rispetto alle cattive azioni. La tradizione islamica riporta che già al momento del decesso, dopo che l’anima assiste alla grande abluzione finale, al lavaggio rituale del corpo del morto, i due angeli Munkir e Nakir le anticipano la visione 7

della destinazione finale. Così, nel Giorno del Giudizio, ognuno sa già dove è destinato, ma una speranza, l’ultima speranza, permette ancora ad alcuni tra i dannati, al fuoco eterno, di meritarsi i giardini del Paradiso. È la speranza di un’intercessione dei Profeti che sappia ribaltare il destino di coloro che, pur essendo stati negligenti in vita, possano essere, sulla base di un pentimento tardivo, l’oggetto del perdono divino.

L’insegnamento dei maestri musulmani si sofferma su due dibattiti che avvengono nel Giorno del Giudizio: il confronto tra Dio e le anime dei dannati e il confronto richiesto dalle anime ai Profeti, affinché intercedano presso Dio. Il primo confronto vede le anime dei dannati chiamate ad una ad una a commentare il registro degli atti compiuti sulla terra e riportati in un libro aperto, dove è segnato con perfezione ogni atto buono o cattivo compiuto in vita. L’altro dibattito che viene descritto è quello che riguarda i Profeti. Da un lato, essi vengono verificati nella loro funzione, dall’altro lato, saranno gli stessi individui a chiedere ai Profeti di intercedere per loro per evitare il castigo dell’Inferno. Gli uomini andranno dal primo uomo Adamo, che li manderà dal primo degli “Inviati” Noè, che li manderà dall’Amico di Dio, Abramo, che li manderà dall’interlocutore di Dio, Mosè, che li manderà dallo Spirito di Dio, Gesù, che infine li manderà dal Sigillo della Profezia Muhammad. Egli si prostrerà in adorazione e persisterà in questa condizione per mille anni, rivolgendo incessantemente a Dio lodi che nessuno gli aveva mai rivolto prima. Allora verrà innalzata una Bilancia composta da due piatti: un piatto di luce alla destra del Trono e un piatto di tenebre alla sinistra. Tutti gli uomini verranno invitati a prostrarsi per rendere omaggio alla Sua Onnipotenza, ma i miscredenti e gli idolatri non ne saranno capaci.

Il suono della tromba che sancisce il giorno del giudizio finale, nel Corano.

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Un altro insegnamento che i maestri della religione islamica ci forniscono, è quella sull’eternità della vita spirituale, che si manifesta anche in questo mondo, nelle creature, passando per due momenti che sanciscono il periodo di esistenza della creatura: una prima morte che avviene alla nascita e una seconda morte che segna la fine della vita sulla terra. La prima morte è quella che sancisce il passaggio dalla Realtà incommensurabile del mondo non manifestato alla natura miracolosa della Creazione. Si tratta di una discesa e di una costrizione dall’Infinito al finito, dall’Eternità al tempo determinato, dalla Perfezione assoluta al mondo della relatività, dall’Unità alla molteplicità. La seconda morte è il ritorno al Principio e l’attesa del giudizio sulla gestione di questo breve periodo di attività e di responsabilità. Si tratta, di una morte dell’individualità, di una scomparsa dell’io, di un vero e proprio esaurimento dell’ego che si contrappone alla Maestà di Dio. RELIGIONE CRISTIANA: Per il cristiano, che unisce la propria morte a quella di Gesù, la morte è come un andare verso di lui ed entrare nella vita eterna. Per la religione cristiana la morte pone fine alla vita dell'uomo come tempo aperto all'accoglienza o al rifiuto della grazia divina apparsa in Cristo. Il Nuovo Testamento, su cui si fonda questa religione, parla del giudizio principalmente nella prospettiva dell'incontro finale con Cristo alla sua seconda venuta, ma afferma anche, a più riprese, l'immediata retribuzione che, dopo la morte, sarà data a ciascuno in rapporto alle sue opere e alla sua fede. Come nelle altre due religioni affrontate, anche in questa ogni uomo fin dal momento della sua morte riceve nella sua anima immortale la retribuzione eterna, in un giudizio particolare che mette la sua vita in rapporto a Cristo. Qui tuttavia abbiamo una profonda differenza, ovvero dopo la morte ci sono tre destinazioni possibili; l’anima, o passerà attraverso una purificazione, o entrerà immediatamente nella beatitudine del cielo, oppure si dannerà immediatamente per sempre. Questo ultimo trafiletto può essere riassunto in questa frase: “Alla sera della vita, saremo giudicati sull'amore”.

Secondo questa religione coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio, e che sono perfettamente purificati, vivono per sempre con Cristo, e quindi raggiungono fin da subito il cielo senza passare dalla purificazione. Questa vita perfetta, questa comunione di vita e di amore con la Santissima Trinità, con la Vergine Maria, gli angeli e tutti i beati è come ho già detto chiamata “il cielo”. Il cielo è considerato il fine ultimo dell'uomo e la realizzazione delle sue aspirazioni più profonde, lo stato di felicità suprema e definitiva. Per questo arrivare in cielo e viverci è considerato: “Essere con Cristo”, gli eletti vivono “In lui”, ma conservando, anzi, trovando la loro vera identità, il loro proprio nome: “Vita est enim esse cum Christo; ideo ubi Christus, ibi vita, ibi Regnum – La vita, infatti, è stare con Cristo, perché dove c'è Cristo, là c'è la vita, là c'è il Regno”. Infatti con la sua morte e la sua risurrezione Gesù Cristo ci ha “Aperto” il cielo. La vita dei beati consiste nel pieno possesso dei frutti della redenzione compiuta da Cristo, il quale associa alla sua glorificazione celeste coloro che hanno creduto in lui e che sono rimasti fedeli alla sua volontà. Il cielo è la beata comunità di tutti coloro che sono perfettamente incorporati in lui. Questo mistero di comunione beata con Dio e con tutti coloro che sono in Cristo supera ogni possibilità di comprensione e di descrizione. La Scrittura ce ne parla con immagini come: vita, luce, pace, banchetto di nozze, vino del Regno, casa del Padre, Gerusalemme celeste, e la più popolare, paradiso. In questa beatitudine del cielo, le anime beate continuano a compiere con gioia la volontà di Dio in rapporto agli altri uomini e all'intera creazione.

Invece, quando si parla di purificazione o purgatorio si intende il passaggio dove coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro 9

salvezza eterna, vengono sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo. La Chiesa chiama purgatorio questa purificazione finale degli eletti, che è tutt'altra cosa dal castigo dei dannati. La Tradizione della Chiesa, rifacendosi a certi passi della Scrittura, parla di un fuoco purificatore.

N.B= Questo insegnamento poggia anche sulla pratica della preghiera per i defunti di cui la Sacra Scrittura già parla. Fin dai primi tempi, la Chiesa ha onorato la memoria dei defunti e ha offerto per loro suffragi, in particolare il sacrificio eucaristico, affinché, purificati, possano giungere alla visione beatificata di Dio. Al contrario chi ha peccato gravemente contro di Dio, contro il nostro prossimo o contro se stesso, chi non ha amato, rimarrà alla morte. Il Signore ci avverte che saremo separati da lui se non soccorriamo nei loro gravi bisogni i poveri e i piccoli che sono suoi fratelli. Morire in peccato mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l'amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da lui per una nostra libera scelta. Ed è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i beati che viene designato con la parola “Inferno”. La Chiesa nel suo insegnamento afferma l'esistenza dell'inferno e la sua eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell'inferno, “Il fuoco eterno”. La pena principale dell'inferno consiste nella separazione eterna da Dio. La Sacra Scrittura e la Chiesa hanno sempre usato l’inferno come un appello alla responsabilità con la quale l'uomo deve usare la propria libertà in vista del proprio destino eterno.

Una parte fondamentale che poggia sull’idea di andare all’inferno, è quella che Dio non predestina nessuno, questo è la conseguenza di una avversione volontaria a Dio, in cui si persiste sino alla fine.

Il momento che i Cristiani ricordano maggiormente quando si parla di vita dopo la morte, è il momento del giudizio finale che avverrà dopo la risurrezione di tutti i morti, dove tutti i defunti udranno la voce del Figlio dell’uomo e usciranno dalle loro tombe. Allora Cristo verrà nella sua gloria, con tutti i suoi angeli e separerà i beati dai dannati. Per i Cristiani il giudizio finale avverrà al momento del ritorno glorioso di Cristo. Soltanto il Padre ne conosce l'ora e il giorno, egli solo decide circa la sua venuta. E per mezzo del suo Figlio Gesù pronunzierà allora la sua parola definitiva su tutta la storia. Il giudizio finale manifesterà, fino alle sue ultime conseguenze, il bene che ognuno avrà compiuto o avrà omesso di compiere durante la sua vita terrena e che la giustizia di Dio trionfa su tutte le ingiustizie commesse dalle sue creature e che il suo amore è più forte della morte.

Giudizio Universale nella Cappella Sistina di Michelangelo

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Viene da chiedersi cosa accadrà dopo il giudizio finale, beh il cristianesimo a una risposta anche per quello.

Dopo il giudizio universale i giusti regneranno per sempre con Cristo, glorificati in corpo e anima, e lo stesso universo sarà rinnovato. Questo misterioso rinnovamento, che trasformerà l'umanità e il mondo, dalla Sacra Scrittura è definito con l'espressione: “I nuovi cieli e una terra nuova”. In questo nuovo universo, la Gerusalemme celeste, Dio avrà la sua dimora in mezzo agli uomini. Egli eliminerà ogni lacrima dai nostri occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno perché le cose di prima saranno passate. Per l'uomo questo compimento sarà la realizzazione definitiva dell'unità del genere umano, voluta da Dio fin dalla creazione e di cui la Chiesa nella storia è come sacramento. Coloro che saranno uniti a Cristo formeranno la comunità dei redenti, la “Città santa” di Dio. Essa non sarà più ferita dal peccato, dalle impurità, dall'amor proprio, che distruggono o feriscono la comunità terrena degli uomini. La visione beatificata, nella quale Dio si manifesterà in modo inesauribile agli eletti, sarà sorgente perenne di gaudio, di pace e di reciproca comunione.

Anche l'universo visibile, dunque, è destinato ad essere trasformato, affinché il mondo stesso, restaurato nel suo stato primitivo, sia, senza più alcun ostacolo, al servizio dei giusti, partecipando alla loro glorificazione in Gesù Cristo risorto.

Questo è quello che dicono le più grandi religioni monoteiste della storia, a cui la maggior parte delle persone crede e a cui fa riferimento; tuttavia queste teorie su un vita dopo la morte si fondano su basi teologiche o filosofiche. Ora l’altra domanda che ci poniamo è: “Cosa ci dice la scienza?”, cosa ci dicono quegli scienziati che ogni giorno cercano di dare una risposta a tutto quello che avviene fuori e dentro di noi.

LA RISPOSTA DELLA SCIENZA: La risposta, ovviamente non è esatta, con certezza non si può ancora affermare la pura e vera realtà, ma nonostante questo la scienza ha affermato che una vita dopo la morte esiste. Questa teoria è fondata su le testimonianze, di quelle persone, dichiarate clinicamente morte, e che sono poi ritornate in vita, ovvero hanno vissuto un esperienza post morte. Quello che si è potuto ricavare da queste testimonianze, è che la vita dopo la morte esiste, le esperienze raccontate da chi è tornato dall'aldilà sono risultate troppo simili per non essere reali. Le testimonianze dei soggetti sopravvissuti a situazioni estreme, come il coma o l’infarto, sono risultate così sorprendenti da suscitare l’interesse della comunità scientifica, che sta variamente approfondendo il fenomeno. Su questi soggetti particolari, che possono dire di aver vissuto veramente un esperienza oltre l’immaginabile, sono stati svolti centinaia di esperimenti. Nel 2001, la rivista scientifica “The Lancet” ha pubblicato la conclusione a cui è giunto il team di ricercatori guidati dal dott. Pim Van Lommel, dell’ospedale Rijnstate di Arnhem, ovvero che solo accettando la trascendenza come concetto o prospettiva, i fenomeni di “risuscitazione” troverebbero una spiegazione. Infatti è chiaro che queste esperienze non sono innescate da fattori fisiologici, perché se così fosse dovrebbero verificarsi nella maggior parte dei pazienti clinicamente morti. Un altro studio di un gruppo di ricercatori dell’Università di Liegi si è concentrato sui meccanismi fisiologici coinvolti durante questi eventi, gli stessi che erano stati chiamati in causa dal dott. Lommel & Co. Dall’indagine è emerso che i processi mentali innescati sono molto più simili a quelli coinvolti nell’elaborazione di eventi ricordati e non immaginati. Un’altra importante ricerca ha fornito, invece, una prospettiva diversa legata all’attività elettrica del cervello. Quest’ultima continuerebbe, anche se per pochi istanti, dopo la morte 11

cerebrale causando le misteriose esperienze post morte. I risultati più concreti, che si legano alle teorie precedenti, però sono arrivati dalla ricerca di un team scientifico capitanato dal dottor Sam Parnia, docente presso l’University of New York, che ha monitorato per quattro anni le esperienze di 2.000 pazienti con arresto cardiaco. Del campione esaminato, solo 330 sono sopravvissuti alla morte e di questi il 39% ha riferito di aver vissuto una sorta di esperienza post morte. Nonostante il cervello si fosse “spento” nel giro di 20/30 secondi dall’arresto del battito cardiaco, i soggetti hanno fornito resoconti credibili e persino verificabili. È il caso di un paziente che ha descritto la scena della sua rianimazione come se fosse stato nella stanza in cui è avvenuta. L’uomo, in particolare, ha sentito i bip emessi da una macchina a intervalli di tre minuti, permettendo ai ricercatori di dedurre una durata orientativa del fenomeno. Da questo sembra, dunque, che un tipo di coscienza esista al di là dell’attività cerebrale e che la mente possa esistere indipendentemente dal cervello. Ed è qui che si lega la teoria che sta rivoluzionando il nostro modo di vedere il mondo negli ultimi anni, ovvero il biocentrismo. Il biocentrismo, ideato dal Dottor Robert Lanza, esperto in medicina rigenerativa, è una teoria che prova a spiegare come la vita possa andare avanti per sempre tramite la nostra coscienza che essendo composta da energia, come dice il secondo principio della termodinamica, non si può né creare, né distruggere, ma solo trasformare. Secondo questa teoria il mondo intorno a noi è strettamente legato alla nostra coscienza, o anima, o mente, e seguendo questa idea si può trovare una risposta anche alla domanda: “Cosa c’è dopo la morte?”; infatti secondo questa la morte della coscienza semplicemente non esiste, è solamente un pensiero di molte persone le quali credono che con la morte del loro corpo essa scompaia. Ma se fosse il compito del corpo quello di ricevere coscienza; quando il corpo muore, la coscienza non finirebbe con la morte fisica, in quanto vi sarebbero due corpi separati: quello fisico e quello astrale. Conseguentemente a ciò, si potrebbe ipotizzare che un corpo nuovo assorba una nuova coscienza che migra nel nostro universo all’infinito; ovvero, l’energia della coscienza ad un certo punto si trasferirebbe in un corpo nuovo, determinando la sua immortalità. Altra tesi è quella relativa a spazio e tempo. Secondo Robert Lanza infatti, questi due elementi non sono altro che filtri imposti dal cervello alla nostra coscienza. Se diamo questa teoria per vera, ne consegue che non esistono nascita e morte, dal momento che non esistono fattori spaziali e temporali in grado di determinarli. Ora la domanda che ci sorge è: se la coscienza non muore, una volta che viene liberata dal guscio esterno (il corpo), dove va a finire? A rispondere a questa domanda è la teoria del Multiverso. In base a questa teoria, che postula l’esistenza di più universi paralleli esterni al nostro spazio-tempo, che la coscienza può abitare contemporaneamente, Lanza ipotizza che la coscienza, una volta “libera”, non faccia altro che passare da un universo all’altro per ricominciare un nuovo ciclo. Il famoso tunnel che molte persone in punto di morte dicono di aver visto potrebbe dunque non essere altro che quel passaggio da un universo all’altro.

Qualunque sia la verità per ora non ci è dato saperlo. Si tratta di teorie che però ci consolano un po’.

SPIEGAZIONE SULLE NDE E ALCUNE TESTIMONIANZE: I fenomeni, di cui abbiamo parlato prima di situazioni post morte, presi in considerazioni dagli scienziati, quando si pongono la domanda: “Cosa c’è dopo la morte?”, vengono chiamati con l’acronimo NDE, ovvero near death experience, situazioni, che come ho già detto, avvengono quando una persona ritenuta clinicamente morta, come per magia ricomincia a vivere. Nel corso degli anni ci sono stati numerosi casi di NDE, specialmente negli ultimi decenni, grazie ai nuovi 12

sofisticati macchinari, che permettono di salvare sempre più vite. Secondo una recente indagine randomizzata, circa il 4% della popolazione occidentale sembra aver sperimentato queste esperienze, sarebbe a dire 2,5 milioni di italiani. Un numero enorme. La maggior parte di quelle persone, dopo aver avuto un esperienza del genere, hanno cambiato atteggiamento, si dice che siano più fiduciosi, speranzosi, e talvolta anche meno timorosi della morte. Ascoltando questo viene da chiedersi: cosa hanno visto queste persone?

Le esperienze possono essere classificate da molto profonde a meno profonde, e alcune persone, che le hanno vissute, le interpretano come la prova dell’esistenza sia di un’anima in grado di rendersi autonoma, che di un aldilà verso il quale quest’anima cerca di dirigersi. Nella maggior parte dei casi, analizzati dagli scienziati, si sono riscontrati testimonianze molto simili come: un'esperienza fuori dal corpo, sensazioni piacevoli, la visione del tunnel, della luce, dei propri cari defunti, il passare in rivista la propria vita, e il ritorno cosciente nel corpo. Da un ricerca, svolta in 4 anni, tra il 1988 e il 1992, su 344 pazienti. Si scoprì che 282 pazienti, l'82%, non avevano alcun ricordo del periodo trascorso in incoscienza, mentre 62, 18% riferirono di aver avuto una esperienza di premorte. Dei 62 pazienti dotati di ricordi, 21 ne avevano pochi; 18 avevano vissuto una premorte di moderata profondità, 17 una Nde profonda e 6 una molto profonda. La metà dei pazienti disse di essere stato consapevole di essere morto, e riferì emozioni positive; il 30% di aver vissuto l'esperienza del tunnel, osservato un paesaggio celestiale o incontrato persone decedute; all'incirca un quarto, raccontò un'esperienza fuori dal corpo, di aver comunicato con 'la luce', e percepito colori; il 13% aveva passato in rassegna la propria vita e l'8% aveva percepito la presenza di un confine.

LE TESTIMONINZE: Franco Predieri racconta la sua esperienza di NDE, avvenuta all’età di tre anni, quando rischiò di annegare in un fiume: “Era l’agosto del 50, e vivevo a Bologna con i miei. Mi portarono a fare una gita sul fiume Reno, a Molino del Pallone. Giocavo a riva con un’ochetta di gomma quando questa mi sfuggì, e per prenderla, caddi in acqua, preda del fiume. I miei videro il mio corpo galleggiare e mio padre, che non sapeva nuotare, lottò a lungo con la corrente per riportarmi a riva, ma sembravo morto. Tentò 13

di rianimarmi e mi ripresi solo dopo diversi, lunghissimi, minuti. In questi istanti mi era apparsa una enorme parete di luce in cui si aprivano grandi cerchi brillanti di volti di persone sorridenti e felici.

Era un mondo di gioia e pace immensa, una felicità mai provata. Noi eravamo cattolici come tanti, più per abitudine che altro, ma appena mi svegliai dissi a mia madre: la Madonnina mi ha salvato, eppure non ne avevo mai sentito parlare. Da allora convivo con questo ricordo e da allora riesco a vedere quel che accade.” In seguito lui stesso ha dichiarato: “Non abbiate paura. Non finisce tutto con la morte. La morte è solo un passaggio di stato, di spessore, di dimensione, si entra in un’altra vita, tutta da vivere… Devo dare un messaggio agli altri: non disperate mai”.

Anche l’attrice anglo-americana Elizabeth Taylor, in una sua intervista alla Cnn raccontò che durante un intervento chirurgico avvenuto nel 1962, aveva smesso di respirare per alcuni minuti vivendo così una esperienza di confine di morte. La sua anima aveva abbandonato il corpo, racconta di aver visto i medici che tentavano di rianimarla prima di dirigersi verso un tunnel e vedere il suo terzo marito, Mike Todd, morto in un incidente aereo quattro anni prima. La Taylor dichiarò all’intervistatore che era felice di rivedere Todd e voleva restare con lui ma Mike le disse che non poteva «devi tornare indietro. Hai ancora molte cose da fare». Ed è quindi tornata nel suo corpo e si è svegliata, mentre i dottori avevano già annunciato la sua morte.

L’esperienza di Valeria: “Mi trovavo in un luogo molto luminoso insieme ad altre persone in un'atmosfera di festa e di gioia.

Non avevo alcun ricordo della vita su questa terra, né di avere una figlia. Sentivo solo una grande sensazione di benessere e di libertà. Poi percepisco una voce interiore che mi dice che devo andare via. Così, risoluta decido di lasciare quel posto. Cerco di andare via dalla festa senza essere vista.

Una della persone se ne accorge e mi raggiunge. Mi chiede: 'Vai via?' Gli rispondo: 'Devo andare'.

Mi guarda dispiaciuto e preoccupato, ma mi dice: 'Se devi andare, vai!'. Davanti a me ci sono tanti sportelli. Non so quale scegliere. Alla fine ne scelgo uno e mi ci infilo. Finisco in un tunnel in discesa, a velocità impressionante, pieno di colori. Ricordo il momento in cui mi sono infilata nel cervello e di aver detto: 'Oh no! Sono di nuovo qua dentro!' Dietro di me il varco si era richiuso e non c'era modo di tornare indietro. Ho capito che la mente è una cella claustrofobica e dolorosa, ho capito che l’anima ed il cervello sono due cose diverse, che le emozioni appartengono al cervello e non all'anima. Il senso di restrizione della libertà era davvero claustrofobico. Poi mi sono detta: 'Ora devo capire cosa devo fare'. Sono andata nella direzione degli occhi, dove percepivo l'arrivo di una luce fioca. Mi sono affacciata ai miei occhi come ci si affaccia ad una finestra. Mi sono risvegliata fuori dalla sala operatoria ed ho cominciato a piangere ininterrottamente, come fanno i bambini appena nascono in questo mondo.”

NDE di Alessandro P: “Ciao a tutti, voglio raccontarvi una cosa accaduta a me, non raccontata: il 29/03/2007, mi schiantai a 180 all’ora in moto contro una Golf, potrete immaginare le mie condizioni: coma, una ventina di fratture di cui 3 al cranio, entrambe le braccia distrutte, pneumotorace, 2/3 di fegato distrutti... ad un certo punto mi sentii bene, leggero, in pace, mi vidi da sopra, da due o tre metri di altezza, poi mi trovai in una stanza, ma non vidi muri, solo un soffitto basso e chiaro, stavo benissimo, vidi un uomo sdraiato su una panchina con un bel vestito grigio, si alzò, si girò, il nonno morto vent’anni prima e che adoravo!!! (Nonno manifestò la sua malattia con comportamenti strani come il dormire 14

sulle panchine intere notti mentre si trovava in vacanza a Rimini) Mi venne incontro e in dialetto padano mi guardò arrabbiato (il nonno non sorrideva mai!) e disse “cosa fèt chi, putìn? VA VIA”. Poi un signore da dietro un leggio mi chiamò e mi fece cenno di avvicinarmi, mi guardò e mi disse “NON È ORA, hai una seconda occasione” e dopo qualche giorno mi svegliai dal coma.”

CONCLUSIONE: Con queste testimonianze si conclude il mio approfondimento, e grazie alle mie ricerche, sono riuscita a soddisfare la mia curiosità. Ho scoperto, che le persone oltre a essere molte volte spaventate dal quesito: cosa c’è dopo la morte, cercano anche una risposta positiva. Sia le religioni che la scienza ci danno delle risposte di una vita oltre la morte, che alleviano il timore dell’ignoto; per quanto sia un evento spiacevole, le persone cercano speranza anche nella morte, una vita, un luogo dove andare, anche quando è tutto finito. Porsi questo quesito è qualcosa di naturale, se tuttavia ogni volta che ce lo poniamo pensiamo ad altro, come facciamo a non avere timore dell’ignoto. Forse è solo una mia opinione, ma penso che se continuiamo ad evitare le domande che ci spaventano, non troveremo mai una risposta, anche se una risposta ancora non c’è. Ed è proprio quello che ho tentato di fare scrivendo questo approfondimento, ho cercato di approfondire un argomento che di solito tendo ad evitare, a cui a volte penso, ma a cui non ho mai dato la giusta attenzione, anche se è un argomento universale, che ci tocca così tanto, e che tanto evitiamo.

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BIBLIOGRAFIA: - Alberto Margi: VITA ETERNA CONCEZIONE EBRAICA - Catechismo della chiesa cattolica sezione seconda: 1020-1060 - Yusuf Adb Al Adhim Giuseppe Pisano: LA VITA DOPO LA MORTE SECONDO LA TRADIZIONE ISLAMICA - Robert Lanza: BIOCENTRISMO SITOGRAFIA: -https://www.robadadonne.it/111497/la-vita-continua-la-morte-la-risposta-della-scienza/ -https://www.nderf.org/Italian/nde_stories.htm -https://www.lastampa.it/scienza/2017/03/26/news/cosa-significa-tornare-alla-vita-dopo-lapremorte-parla-il-cardiologo-che-studia-la-quasi-morte-1.34642597 -https://www.money.it/Robert-Lanza-scopre-l-immortalita-biocentrismo -https://www.corriere.it/salute/neuroscienze/17_settembre_18/esperienze-premorte-fine-vitascienza-divisa-racconti-583dbce8-9c85-11e7-8923-16eeb6189650.shtml?refresh_ce-cp -https://it.emcelettronica.com/ce-la-vita-dopo-la-morte -http://www.lacruna.it/it/news/writhings/esiste-la-vita-dopo-la-morte/1803 https://www.repubblica.it/scienze/2017/04/14/news/lo_scienziato_2_5_milioni_di_italiani_po trebbero_aver_vissuto_esperienze_di_premorte_-162986700/ -http://ifantasmi.it/vita-oltre-la-morte-premorte-nde/ -http://www.metafonicamente.it/la_nuova_fisica.html

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