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Solo per l’onta … Schiacciato dalle veglie sono come il pastore delle stelle quando, come un branco di antilopi l’orda stellata pende sul Ghūr. … Ǧarīr, Diwān Ǧarīr, Beirut 1986 Francesca Maria Corrao, Antologia della poesia araba, Roma 2004. Ǧarīr ibn ‘Aṭiyya (m. 728 d.C.), della tribù dei Tamīm, fu un importante poeta del periodo omayyade. Visse principalmente a Bassora (Iraq) e gran parte della sua poesia è dedicata alle lodi dei califfi omayyadi, dei capi tribù e dei nobili. Scrisse numerose invettive rivolte ad altri poeti e alle loro rispettive tribù. In collaborazione con Dip. StudiUm, Università di Torino.
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Gota che taglia la notte ricciuta come lampo di luna piena. Dita di scriba sul volto di calamo tracciano segni di muschio. Ewald Wagner, Abū Nuwās. Uno studio sulla letteratura araba della prima epoca abbaside, Milano: Ariele, 2014. Abū Nuwās, La vergine nella coppa. Poesie scelte e tradotte da Michele Vallaro, a cura di Michele Vallaro, Roma, Istituto per l’Oriente, 1992. Così rossa è la rosa. Scenari d’amore pre-cortese, a Baghdad, a cura di Leonardo Capezzone, Roma, Carocci, 2007. Abū Nuwās (757-814 ca. d.C), originario dell’Iraq, visse a Bassora e a Baghdad, dove frequentò le corti e i circoli poetici e letterari. Noto per le sue propensioni omosessuali e per la sua passione per il vino, è molto famoso per aver composto versi di poesia bacchica, di caccia, d’amore, satirica e di scherno.
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Vedo le cose del mondo che, logore, cambiano. E io che logoro t’amo d’un amore mai logoro. Ewald Wagner, Abū Nuwās. Uno studio sulla letteratura araba della prima epoca abbaside, Milano: Ariele, 2014. Abū Nuwās, La vergine nella coppa. Poesie scelte e tradotte da Michele Vallaro, a cura di Michele Vallaro, Roma, Istituto per l’Oriente, 1992. Così rossa è la rosa. Scenari d’amore pre-cortese, a Baghdad, a cura di Leonardo Capezzone, Roma, Carocci, 2007. Abū Nuwās (757-814 ca. d.C), originario dell’Iraq, visse a Bassora e a Baghdad, dove frequentò le corti e i circoli poetici e letterari. Noto per le sue propensioni omosessuali e per la sua passione per il vino, è molto famoso per aver composto versi di poesia bacchica, di caccia, d’amore, satirica e di scherno.
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Gli astri che il cielo percorrono o le stelle fisse non guideranno dunque i miei occhi fin al chiarore del mattino? E questa notte non ha mai visto i tuoi occhi come li vidi io, perché presa da struggimento per te s’assottigliasse? Al-Mutanabbi: L’emiro e il suo profeta. Odi in onore di Sayf ad-Dawla, a cura di Martino Diez, Milano, Arieli, 2009. Abū al-Ṭayyib Aḥmad (915-965 d.C), soprannomintato al-Mutanabbī (“colui che si finge profeta”), nacque a Kūfa, nell’Iraq meridionale, da una famiglia di umili origini. Intraprese la carriera di panegirista al servizio della corte del califfo hamdanide Sayf al-Dawla (947-967 d.C.) ad Aleppo e di altri importanti mecenati del tempo, diventando uno dei maggiori poeti arabi medievali.
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Vessilli Del Cuore Sei la mia parola nel sonno e nella veglia Son tutti stanchi di ricordare il mio vaneggiare di te. Quanti mi hanno avvertito, magari fossi tra color distolti da un monito. Oriana Capezio, “Il poeta Dīk al-Jinn nell’interpretazione di Nasīb ‘Arida”, Quaderni di Studi Arabi, 4, (2009),pp. 177-192. Dīk al-Jinn (778-850 ca. d.C.), originario di Homs in Siria, è stato un poeta di corte in epoca abbaside. Soprannominato “gallo dei jinn” (dīk al-jinn), è famoso per aver composto dei versi d’amore sulle sue vicende personali sentimentali.
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Mio amore fiorito come amore proibito braccia collassate attraverso momenti segreti D’amore e nostalgia bruciai per le rose della tua passione Francesca Maria Corrao, Antologia della poesia araba, Roma, La Biblioteca Di repubblica, 2004. Fawziyya al-Sindī (n. 1957), nata in Bahreyn, vive in Kuwait, è poetessa, attivista e docente universitaria. È stata membro dell’Associazione delle Scrittrici del Bahreyn. Ha pubblicato numerose raccolte di poesie che hanno incontrato un buon successo di pubblico e di critica e molte delle sue opere sono tradotte e pubblicate in diverse lingue.
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Io La notte chiede chi sono sono il segreto di una nera inquietudine profonda il suo silenzio ribelle di quiete ho velato la mia essenza di pensieri ho avvolto il cuore guardo i secoli, mi chiedono chi sono? Antologia della poesia araba, a cura di Francesca Maria Corrao, La Biblioteca di Repubblica, l’Espresso, 2004. Nāzik al-Malā’ika (1922-2007), nata a Baghdad, in una colta e numerosa famiglia, fu tra le fondatrici, alla fine degli anni ’40, del “Movimento di poesia libera” arabo, sdoganando la produzione poetica moderna in versi sciolti. Poetessa, intellettuale, musicista e profonda conoscitrice delle letterature straniere, Nāzik al-Malā’ika si fa interprete delle istanze di cambiamento e di modernità che attraversano il mondo arabo nel XX secolo, caratterizzando i suoi versi di libertà espressiva, gusto e raffinatezza stilistica.
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Rovine su cui sono passati, da quando erano abitate, anni, mesi leciti e mesi sacri, bagnate dalla pioggia primaverile delle stelle, sferzate dallo scroscio di nuvole tuonanti e dall’acquerugiola leggera e persistente, da tutte le nuvole che viaggiano di notte, nelle mattine buie e di sera mentre il loro rimbombo risuona.
Daniela Amaldi, Le mu‘allaqat. Alle origini della poesia araba, Venezia, Marsilio, 1991. Daniela Amaldi, Tracce consunte come graffiti su pietra, note sul lessico delle Mu‘allaqāt, Napoli, IUO, 1999. Labīd Ibn Rabī‘a (m. 660 d.C.), della tribù degli ‘Āmir, visse a cavallo dell’epoca pre-islamica e di quella islamica. Si convertì all’Islam, dopo aver incontrato il Profeta a Medina. I suoi versi sono in gran parte di lode alla sua tribù. È autore di una mu῾allaqa che esalta la vita beduina.
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‘Ablah ti cattura con i bianchi denti aguzzi, dolci al bacio e deliziosi al gusto, sembra che si diffonda da un vaso il profumo che, dalla sua bocca, ti raggiunge prima dei denti, o da un giardino nuovo e sconosciuto, piante innaffiate da pioggia leggera, con cui ogni turgida nuvola è generosa e lascia le pozzanghere simili a monete d’argento, scorre e si spande e ogni sera l’acqua fluisce senza fine. Daniela Amaldi, Le mu‘allaqat. Alle origini della poesia araba, Venezia, Marsilio, 1991. ‘Antara Ibn Shaddād (m. 615 d.C.), della tribù degli ‘Abs, fu un importante poeta pre-islamico. Nei suoi versi si intrecciano temi d’amore, eroismo, emancipazione. Partecipò alle guerre intertribali del suo tempo, rimanendone vittima. La sua figura e i suoi versi furono tanto importanti da dare vita ad uno dei più famosi cicli di epica araba. È autore di una mu῾allaqa nei cui versi echeggiano forti accenti alla battaglia che hanno fatto di lui presso gli Arabi il prototipo dell’eroe beduino.
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Dove posso conservare le feste non ancora morte? e come liberare le ali che piangono nelle gabbie della lingua? come posso abitare la memoria, golfo di rottami galleggianti? Cresce tra le mie spalle una pietra o la radice del papavero? gli animali prigionieri dentro di me possono finalmente conoscere una via di fuga? Dovrei forse entrare nel torpore e tradire le mie membra? far dalla sabbia tappi per i polmoni e giacere come nera pietra in un’eternità di obbedienza? Dovrei cospargere il mio corpo con olio da macchina e riempire la gola di sì sì, no no? No, non ho patria fuori da queste nubi evaporate dai laghi della poesia. Accoglimi, veglia tu su di me lingua mia, casa mia ti appendo come amuleto al collo di questo tempo, sorgano in tuo onore i miei desideri non perchè sei la struttura, il padre e la madre, ma perchè sogno di ridere e di piangere dentro di te, di tradurre le mie viscere, di aderire a te, tremare e sbattere le mie membra come finestre in preda a un vento uscito ora dalle dita di Dio Così mi trasformo in un sospiro sceso dalla bocca del cielo che soffia nell’utero della terra, così ti abbraccio dicendo - di nuovo sei il corpo che dà nome al domani e su questo corpo viene gettato il dado della storia.
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