Salute 10 più Nr. 9 Anno 2016

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RAVENNA

MENSILE DI INFORMAZIONE SU SALUTE E BENESSERE - N. 9 - SETTEMBRE 2016

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Salute Dieci Più

Nr. 9 - SETTEMBRE 2016 - www.salute10piu.it

SANITA’

3 ANTIBIOTICO RESISTENZA Prof. Annalisa Pantosti SENOLOGIA

6 COS’È LA MASTITE? Dott. Andrea Sagona SANITA’

9 DIABETE DI TIPO 2: qual’è la miglior terapia?

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Antonio Nicolucci CARDIOLOGIA

12 LA BRADICARDIA Dott. Vladimir Guluta INNOVAZIONE

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22 LA PERITONITE Dott. Andrea Baldisserri ODONTOIATRIA

24 IL DENTE DEL GIUDIZIO Dott. Sergio Spinato SOCIETA’

26 LE NUOVE TECNOLOGIE E I GIOVANI Betty Soccio AMBIENTE

28 GLI ANIMALI SENTINELLA

DELL’INQUINAMENTO AMBIENTALE

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LA SALUTE DELLA SCHIENA POSTURA AL VIDEO TERMINALE - La schiena ha bisogno del giusto movimento, né troppo, né poco. Fra le posizioni che portano ad un rischio di mal di schiena c’è la prolungata posizione seduta che, a lungo andare e soprattutto se non corretta, porta a dolore, infiammazione e altre problematiche fino a vere e proprie piccole inabilità. Per raggiungere la corretta posizione seduta occorre valutare le caratteristiche fisiche e la biomeccanica della persona in rapporto all’altezza della scrivania, altezza e tipologia della sedia, posizionamento dello schermo (ampiezza, inclinazione, altezza, distanza e posizionamento) e corretto utilizzo del mouse. Una corretta postura seduta prevede il totale appoggio sul sedile di glutei e cosce, lasciando fuori dalla seduta solo 23 cm di gamba prima del polpaccio. La zona lombare deve essere sostenuta e supportata correttamente da un adeguato schienale che porti in asse la schiena e il capo, che non deve quindi essere né esteso né inclinato in avanti. Di fondamentale importanza per il raggiungimento di una postura ottimale è l’appoggio dei piedi che devono essere direttamente appoggiati sul pavimento o, quando serve, su un adeguato supporto. Venendo all’utilizzo del mouse questo parte da un corretto appoggio del gomito che funge da perno per la mano, allentando le tensioni a carico del muscolo trapezio responsabile di numerosi disturbi. Ovviamente è fondamentale avere le giuste attrezzature come tavolo, sedia, video, con le opportune regolazioni. Nelle buone prassi condivise a livello mondiale si consiglia di cambiare postura e alzarsi in qualsiasi momento si possa e comunque non oltre 45-50 minuti. Si può approfittare di qualsiasi motivo per sgranchirsi un po’, compreso telefonate, colloqui e piccoli spostamenti all’interno dell’ufficio.

RIPOSO A LETTO - Mediamente passiamo un terzo della nostra vita dormendo, per cui risulta indispensabile che il nostro corpo riposi nella maniera più comoda e rilassante possibile. In questo caso le variabili da valutare sono: cuscino, materasso e rete di supporto. Il mercato dispone e offre molteplici modelli di svariate fasce di prezzo e qualità. Uno dei criteri fondamentali nella scelta del proprio sistema letto è la stabilità ed il comfort. La prima si consiglia sia perseguita preferibilmente attraverso una rete a doghe di vario materiale con giusta flessibilità. Il comfort invece viene raggiunto attraverso la corretta posizione del nostro corpo ed è finalizzata dall’utilizzo di materassi che permettano di accogliere la nostra conformazione fisica e di distribuire così la pressione equamente su tutti i punti della nostra cute lasciando la nostra colonna vertebrale in posizione fisiologica. Queste caratteristiche possono essere raggiunte, in eguale modo, da materassi costruiti con vari tipi di materiali ma che si differenziano tra loro per diverse caratteristiche quali calore, umidità, traspirazione ed altre legate all’elasticità e alla qualità dei materiali. Per ultimo l’importanza del cuscino o guanciale che non può essere uguale per tutti (variabili in spessore, conformazione, densità, ecc…) ma deve cercare di sostenere il capo, soprattutto nella posizione sul fianco, in asse con la colonna vertebrale. Per il Consorzio Sol.Co, - Costante Emaldi, fisioterapista

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SANITA’

ALLARME

ANTIBIOTICO

RESISTENZA Sempre più “superbatteri” diventano refrattari all’azione dei farmaci che dovrebbero ucciderli. Il fenomeno è globale e può portare a gravi conseguenze. Cerchiamo di capire come e perché. Per prima cosa, cosa sono gli antibiotici?

Prof.ssa

Annalisa Pantosti

Dipartimento Malattie Infettive, Parassitarie ed Immunomediate Istituto Superiore di Sanità - Roma

L’antibiotico-resistenza è un fenomeno per il quale un batterio risulta resistente all'attività di un farmaco antibiotico. Questa emergenza è un problema che negli ultimi tempi ha assunto una rilevanza mondiale, pur non coinvolgendo in eguale misura tutte le specie batteriche. Il fenomeno viene ricondotto all’eccessivo, e spesso improprio, utilizzo di antibiotici per motivi terapeutici e profilattici. Di recente alcune specie di batteri sono risultate refrattarie non solo ad un singolo gruppo di farmaci, ma hanno manifestato una multi-resistenza a più classi di antibiotici. Cerchiamo di mettere a fuoco i vari aspetti di questa problematica con l’aiuto della dott.ssa Annalisa Pantosti, del Dipartimento Malattie Infettive, Parassitarie ed Immunomediate dell’Istituto Superiore di Sanità.

Gli antibiotici, o antimicrobici, sono farmaci in grado di uccidere o impedire la proliferazione dei batteri in modo da curare le infezioni batteriche che colpiscono l’uomo. Non esiste un antibiotico efficace contro tutti i tipi di batteri, ma esistono diversi antibiotici che si distinguono per struttura chimica ed azione battericida.

Qual è l’effettiva gravità dell’antibiotico-resistenza, problema di cui si parla sempre con maggiore frequenza? Oggi è arrivata alla ribalta una problematica di cui si parla da almeno dieci anni. Già nel 2008 l’Unione Europea lanciò per la prima volta una campagna di informazione al pubblico generale per informarlo dei pericoli dell’antibiotico-resistenza, campagna che in Italia fu rilanciata dall’Istituto Superiore della Sanità. »SEGUE

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» Non è quindi una novità delle ultime set-

timane il fatto che gli antibiotici iniziano ad essere delle “armi spuntate”. La minaccia è reale e l’impatto di questo problema sulla salute pubblica può essere enorme, perché gli antibiotici rappresentano ormai una componente essenziale di molti trattamenti della medicina contemporanea. Per esempio, se non ci fossero gli antibiotici, sarebbe impossibile fare trapianti d’organo, interventi protesici, trattamenti dei tumori o operazioni a cuore aperto.

AD OGGI, SI UTILIZZANO ANTIBIOTICI ANCHE PER CURARE PICCOLE FERITE

La situazione è in peggioramento, in quanto stanno comparendo nuovi ceppi batterici resistenti contemporaneamente a più antibiotici. In questo caso si parla di batteri multi-resistenti, che con il tempo possono diventare resistenti anche a tutti gli antibiotici in circolazione. E senza la possibilità di cura degli antibiotici, si tornerebbe indietro all’epoca pre penicillina. Le malattie di origine batterica non potrebbero essere più curate adeguatamente e anche una polmonite diventerebbe potenzialmente mortale.

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Perché i batteri diventano resistenti agli antibiotici? I batteri sono esseri viventi, che esistono sulla Terra da centinaia di milioni di anni. Sono comparsi su questo pianeta molto prima dell’uomo. Nella loro evoluzione hanno sviluppato straordinarie capacità di adattarsi alle modifiche ambientali ed oggi riescono a reagire agli antibiotici grazie alla cosiddetta “selezione darwiniana”. Riproducendosi molto velocemente, mutano geneticamente in tempi brevi per diventare immuni ai farmaci. E più l’uomo riesce a mettere a punto nuovi antibiotici, più i batteri sviluppano resistenza a questi farmaci. Vi sono batteri naturalmente resistenti a determinati antibiotici; in questo caso si parla di “resistenza intrinseca”. Un problema più grave si ha quando certi batteri diventano resistenti a seguito di modificazioni genetiche; in questo caso si parla di “resistenza acquisita”. I batteri resistenti anche dopo la somministrazione dell’antibiotico continuano a proliferare, allungando il decorso della malattia. Le infezioni causate da batteri resistenti richiedono una maggiore assistenza sanitaria e il ricorso ad antibiotici alternativi e più costosi, che tra l’altro possono avere gravi effetti collaterali.

Quali sono i batteri che hanno sviluppato maggiore resistenza agli antibiotici? I sorvegliati speciali sono alcuni batteri comuni come l’Escherichia coli (causa di infezioni del tratto urinario e setticemie), la Klebsiella pneumoniae (polmoniti e setticemie), lo Staphylococcus aureus (infetta le ferite e può trasmettersi al sangue) ed alcune specie di batteri come la Salmonella o il Campylobacter che causano diarrea e possono essere trasmessi dal cibo.

Per combattere questa minaccia sono richiesti nuovi farmaci. Una soluzione potrebbe arrivare da alcuni composti naturali, lavorati chimicamente? Sì, tutt’oggi, insieme ad altri approcci, si persegue anche lo studio delle sostanze naturali, migliorabili attraverso modificazioni o sintesi chimiche. Del resto gli antibiotici sono sostanze naturali prodotte da batteri o funghi per combattere altri batteri. La stessa penicillina scoperta da Fleming era prodotta da una muffa.

Quali sono le principali infezioni causate dai batteri resistenti? I batteri multi-resistenti possono causare infezioni delle vie urinarie, polmonite, infezioni cutanee, diarrea, infezioni del torrente sanguigno. Per i pazienti ricoverati nelle strutture ospedaliere c’è il rischio di infezioni non collegate al motivo del ricovero.


Perché è importante non usare gli antibiotici, quando non ce n'è bisogno?

Negli ospedali questo fenomeno viene combattuto con programmi di “stewardship”.

Quali antibiotici vengono utilizzati negli animali destinati alla produzione alimentare?

Perché più si utilizzano, più aumenta la resistenza dei superbatteri. Inoltre, utilizzarli quando non servono è uno spreco in termini economici e si può incorrere in effetti collaterali. Per esempio, la diarrea da antibiotici è diventata una seria complicanza di cui tenere conto.

L’“Antibiotic Stewardship” è una guida all’utilizzo appropriato di antibiotici. All’interno degli ospedali sono state create task force composte da specialisti nell’ambito della terapia antibiotica, che assistono il medico durante la prescrizione del trattamento antibiotico, aiutandolo nella scelta dell’antibiotico e nelle decisioni di inizio, interruzione e prosecuzione di una data cura per ogni paziente.

Gli antibiotici impiegati per trattare e prevenire le infezioni batteriche negli animali sono pressoché gli stessi utilizzati per l’uomo. Pertanto è possibile che negli animali si sviluppino batteri resistenti ad antibiotici impiegati contro le infezioni umane.

Perché gli antibiotici non funzionano per tutte le infezioni? Perché funzionano soltanto per la cura delle infezioni causate da batteri, ma non contro i virus.

E’ quindi inutile, anzi controproducente, utilizzarli per la cura di un’influenza o di un raffreddore. L’80 per cento degli antibiotici sono consumati fra le mura domestiche ed una grande quota di essi viene utilizzata in modo inappropriato.

In Italia l’allarme dell’antibiotico-resistenza sembra particolarmente alto. Perché? Perché nel nostro Paese c’è un consumo di antibiotici più elevato rispetto, per esempio, ai paesi del nord Europa. E non per un fatto di salute. E’ un problema culturale e di tradizione: in Italia l’antibiotico è considerato un po’ come “la coperta di Linus”, come uno stumento di difesa da utilizzare in tutte le occasioni, anche quelle inopportune.

A che punto è il problema in Europa? I dati indicano che la resistenza antibiotica costituisce un problema sanitario crescente in Europa. La resistenza di Escherichia coli, uno dei principali batteri responsabili di infezioni, sta aumentando in quasi tutti gli Stati. Negli ultimi anni alcuni Paesi hanno avviato campagne nazionali di sensibilizzazione dei cittadini, registrando una diminuzione del consumo di antibiotici e della resistenza. Ogni anno nell’Unione Europea le infezioni causate da batteri antibiotico-resistenti causano almeno 25 mila decessi. In Europa, l’Italia è al quinto posto per utilizzo di antibiotici dopo Grecia, Francia, Lussemburgo e Belgio.

Qual è la situazione nelle altre zone del mondo? L’uso improprio degli antibiotici è un problema mondiale. L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha pubblicato un documento strategico e linee guida per i Paesi che vogliono intraprendere azioni efficaci, ad esempio limitando la vendita degli antibiotici solo a chi è in possesso di ricetta medica.

E alcuni di essi possono essere trasmessi dall’animale all’uomo, anche attraverso gli alimenti.

In generale, cosa si può fare per risolvere il problema? Un uso responsabile degli antibiotici può contribuire a rallentare il fenomeno, assicurando l’efficacia degli antibiotici anche per le future generazioni. Su questa base, è importante sapere quando è appropriato prendere gli antibiotici e come prenderli in modo responsabile. E’ anche necessario, però, che siano scoperti e sviluppati nuovi antibiotici, efficaci verso i batteri più resistenti.

Qualche consiglio - Prendere gli antibiotici soltanto su prescrizione, evitando il “fai da te”. - Non cercare di ottenerli con insistenza dal proprio medico di base o dal farmacista. - Prenderli nelle dosi e nei tempi prescritti. - Se possibile, prevenire le infezioni attraverso le vaccinazioni. - Lavarsi sempre le mani, soprattutto dopo aver starnutito o tossito e prima di toccare cose o persone. - Non utilizzare gli antibiotici rimasti da una terapia precedente oppure ottenuti senza ricetta. FINE 5


SENOLOGIA

LA MASTITE Cause, sintomi e rimedi dell’infiammazione della ghiandola mammaria. La più frequente è la mastite acuta puerperale, cioè quella connessa all’allattamento al seno.

La mastite acuta puerperale

Dott.

Andrea Sagona

Senologo - Istituto Clinico Humanitas www.humanitasalute.it

Con il termine “mastite” si fa riferimento ad un’infiammazione della ghiandola mammaria. Esistono varie forme di mastite, divise in acute e croniche. Tra quelle acute, la più nota e anche la più frequente è la mastite puerperale, che insorge durante l’allattamento al seno.

Le mastiti acute possono manifestarsi anche per motivi indipendenti dall’allattamento: in questo caso si parla di mastiti acute non puerperali. Esistono poi diversi tipi di mastiti croniche, dovute a diversi fattori, e mastiti dovute ad un eccesso transitorio di estrogeni: la mastite dei neonati e la mastite della pubertà.

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Comunemente però, quando si parla di “mastite”, si fa riferimento alla mastite acuta puerperale, cioè quella connessa all’allattamento al seno. Questo tipo di mastite nella maggior parte dei casi si verifica entro i primi tre mesi di allattamento, ma può insorgere anche più tardivamente. Tende a essere monolaterale, interessando una mammella per volta.

Quali sono le cause? La causa della mastite nelle donne che allattano è generalmente legata alla

penetrazione di batteri nella ghiandola mammaria. INFIAMMAZIONI

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Le mastiti hanno generalmente un decorso acuto, ma possono, seppur raramente, cronicizzarsi e portare alla formazione di ascessi che possono richiedere l'intervento chirurgico.


DA COSA PUO’ ESSERE FAVORITA QUESTA INFIAMMAZIONE? - Dalla presenza di lesioni sul capezzolo, che favoriscono l'ingresso ai batteri presenti sulla superficie della pelle e nella bocca del bambino.

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- Dalla dilatazione dei dotti galattofori che si verifica durante l’allattamento. - Dalla presenza del cosiddetto “ingorgo mammario” (evidenziato in foto con la macchia rosa): quando la mammella non riesce completamente a svuotarsi, i dotti galattofori possono ostruirsi provocando il ristagno di latte, che è un ottimo terreno di crescita per i batteri. - Dalla scarsa igiene locale.

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Quali sono i sintomi?

Come si può prevenire?

I sintomi associati alla mastite possono comparire improvvisamente e includere: - turgore e rossore della mammella;

E’ bene che: il bambino si attacchi correttamente al seno durante l'allattamento.

- dolore e/o sensazione di calore al tatto;

la mammella venga svuotata completamente prima di offrire l'altra.

- sensazione di malessere generale assimilabile alle sindromi influenzali;

le mammelle vengano alternate a ogni poppata.

- dolore e/o sensazione di bruciore continuo durante l'allattamento;

Quali sono i possibili trattamenti?

- febbre intorno a 38° C, ma perfino più alta.

L’assunzione di antibiotici in grado di debellare la carica batterica all’origine della mastite.

Dott. Mauro

- L’eventuale assunzione di antiinfiammatori, come paracetamolo o ibuprofene.

Conclusioni e suggerimenti La presenza di mastite non implica la cessazione dell’allattamento. La guarigione della mastite è inoltre favorita dal riposo e dall'applicazione di impacchi caldi (prima di allattare) e freddi (dopo aver allattato). In caso di formazione di ascesso, può essere necessario intervenire con l’incisione chirurgica. FINE

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SANITA’

DIABETE DI TIPO 2 OUAL E’ LA MIGLIOR TERAPIA?

Nuove EVIDENZE grazie al contributo di ricercatori italiani.

Difficile ma non impossibile

Antonio Nicolucci Direttore Center for Outcomes Research and Clinical Epidemiology (Coresearch) Pescara

Il diabete di tipo 2, vera e propria pandemia di questo secolo, colpisce oltre 380 milioni di persone in tutto il mondo, ma il numero è destinato a raggiungere i 600 milioni di soggetti nel giro di vent’anni. Principale responsabile di questa crescita vertiginosa è fuori da ogni dubbio l’obesità, anch’essa in rapida crescita. Soltanto nel nostro Paese sono oltre 4 milioni le persone affette da diabete, un milione in più rispetto a 10 anni fa. Si stima inoltre che un altro milione di persone ne sia affetto senza saperlo, essendo la malattia per lungo tempo priva di sintomi, ma non per questo innocua. Se non adeguatamente controllato, il diabete è responsabile di gravi complicanze cardiovascolari, renali, oculari e agli arti inferiori. Considerando l’impatto di queste complicanze sulla qualità di vita e sull’utilizzo di risorse sanitarie, si valuta un costo annuo della malattia pari a 20 miliardi di euro. Le parole d’ordine sono quindi: prevenzione, controllo, limitazione.

La prevenzione passa sicuramente dalla lotta all’obesità e al sovrappeso, attraverso la promozione di stili di vita salutari. Per chi è già affetto da diabete, la sfida diventa vincente se tra le varie strategie terapeutiche possibili, la scelta ricade su quella più idonea e a misura di paziente. Nuove, importanti evidenze nella lotta al diabete di tipo 2 emergono da un’indagine di vasta portata destinata a essere pietra miliare nello studio di questa malattia e i cui dati sono stati appena resi noti dal Journal of American Medical Association (JAMA) il 19 Luglio scorso.

Risorse terapeutiche e scelte strategiche: l’esigenza di un nuovo studio internazionale È documentato come un trattamento efficace e tempestivo possa ridurre in modo sostanziale le conseguenze negative del diabete. Oggi sono disponibili numerose opzioni terapeutiche, con nuove classi di farmaci (inibitori del DPP-4, analoghi del GLP-1, inibitori del SGLT-2), aggiuntesi ad altre utilizzate da lungo tempo (metformina, sulfaniluree, glitazonici, insuline). Queste classi di farmaci differiscono per meccanismo di azione, tollerabilità e costi, mentre »SEGUE presentano un’efficacia analoga. www.lafavolasenzaglutine.it

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Le linee guida nazionali ed internazionali suggeriscono di iniziare la terapia con un singolo farmaco per via orale nella maggior parte dei pazienti. Qualora un singolo farmaco non fosse più sufficiente a mantenere il diabete in buon controllo, si consiglia l’aggiunta di un secondo farmaco e, se necessario, di ulteriori farmaci.

Il nuovo studio internazionale, monumentale per dati, mole di lavoro e raggio di ricerca, contribuisce con concretezza a fornire utili indirizzi nella gestione clinica e terapeutica della malattia: qual è la migliore monoterapia? E quando la monoterapia non è più sufficiente, qual è la migliore combinazione di due farmaci? Infine, quale combinazione di tre farmaci è da preferire quando due non bastano più?

Center for Outcomes Research and Clinical Epidemiology

La terapia con insulina viene di solito riservata ai casi di malattia di più lunga durata, non più controllabile con farmaci per via orale (o per via iniettiva, come gli analoghi del GLP-1). Fra gli effetti collaterali dei trattamenti, sono particolarmente sgraditi le ipoglicemie (valori di glucosio nel sangue troppo bassi, che nei casi più severi possono portare a ospedalizzazione o anche al decesso) e l’aumento del peso. Nonostante la disponibilità di molteplici opportunità terapeutiche, mancano però prove di evidenza (dimostrazioni) e scarseggiano gli studi che mettano direttamente a confronto i singoli farmaci o le loro combinazioni.

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Determinante il contributo italiano all’esecuzione della ricerca che ha visto impegnati ricercatori provenienti da numerose realtà di tutto il mondo dall’Australia al Canada, dalla Grecia alla Nuova Zelanda. Tra i principali ideatori e autori dello studio, figurano infatti esperti connazionali del Center for Outcomes Research and Clinical Epidemiology (CORESARCH) di Pescara e dell’Università degli Studi di Bari. Lo studio ha valutato oltre 300 singole ricerche condotte sull’efficacia terapeutica riguardante i farmaci utilizzati nel diabete. Grazie ad una “network meta-analysis” che impiega tecniche statistiche innovative e molto sofisticate è stato possibile combinare i dati

provenienti da questi 300 studi, e di determinare una graduatoria di tutti i farmaci circa la loro capacità di ridurre gli eventi cardiovascolari, la mortalità e la glicemia. Oltre a ciò, sono preziose le informazioni ottenute circa la durata dell’efficacia della terapia e i tipici effetti indesiderati come aumento di peso o ipoglicemie e altri eventi avversi.

I risultati dello studio e le nuove evidenze di efficacia in monoterapia e terapie associative con due o tre molecole In effetti, come si accennava, mancano chiare evidenze sulla superiorità di un trattamento rispetto ad altro nel ridurre le complicanze del diabete o il rischio di morte. Questo rende complicata la scelta dello schema terapeutico iniziale e può determinare criticità importanti nel corso del viaggio da intraprendere per contrastare la malattia. Questa mancanza di evidenze conclusive è principalmente legata alla breve durata di molti studi.

Tuttavia, dai confronti resi possibili con questo studio vi è evidenza di come in monoterapia, la metformina si confermi farmaco di prima scelta, con un elevato profilo di efficacia e sicurezza.


In modo interessante, va rilevato come nei pazienti per i quali la metformina risultasse non tollerata o controindicata, gli inibitori dell’SGLT-2 potrebbero rappresentare una valida alternativa. Questo grazie al vantaggio di una maggiore durata della loro efficacia (con evidenti benefici sul prolungamento del tempo richiesto per l’eventuale aggiunta di un secondo farmaco) e di un buon profilo di tollerabilità e sicurezza. Lo studio offre poi prospettive clinicamente rilevanti quando a esser valutata è la terapia di associazione con due differenti molecole. Nessuna combinazione è risultata superiore alle altre per quanto riguarda l’effetto sulla glicemia. In termini di sicurezza, la combinazione della metformina con un inibitore dell’SGLT-2 si associa al più basso rischio di ipoglicemie, mentre la combinazione della metformina con un analogo del GLP-1 determina l’effetto migliore sul peso corporeo. Sembrano quindi profilarsi implicazioni importanti nella scelta personalizzata, a misura di paziente, quando a essere contemplata è la terapia associativa tra due farmaci. Ma non è tutto: spesso si rende necessario, ed è diffuso, il ricorso a combinazioni di tre farmaci. E anche in questo caso, la ricerca offre un panorama di assoluto interesse applicativo. Sebbene l’associazione di metformina, sulfaniluree e insulina abbia un effetto

più marcato e duraturo nella riduzione della glicemia, essa si associa ad un rischio più elevato di ipoglicemie e ad aumento di peso.

Conclusioni Lo studio fornisce un importante punto di riferimento per indirizzare le decisioni terapeutiche, in quanto guida nella scelta ragionata dello schema terapeutico in base anche alle caratteristiche/esigenze del singolo paziente. Un uso razionale dei farmaci disponibili ha importanti ricadute per diversi motivi:

Quindi lo studio è proseguito andando ad analizzare la validità di ulteriori alternative terapeutiche con l’utilizzo di tre farmaci. Ne è emerso che l’associazione metformina+sulfaniluree+agonisti del GLP1 è risultata la migliore per l’effetto sul peso corporeo, mentre l’associazione metformina+sulfaniluree+inibitori dell’SGLT-2 è risultata la migliore in termini di rischio di ipoglicemie.

Scegliere per il singolo paziente il regime terapeutico con migliore profilo efficacia/sicurezza aiuta nel raggiungere gli obiettivi di cura e nel minimizzare il rischio di complicanze a lungo termine. Minimizzare il rischio di ipoglicemie o l’aumento di peso ha un effetto importante sull’accettazione della terapia e sulla qualità di vita delle persone con diabete, e quindi sull’aderenza alle cure sul lungo periodo. Tutto questo può avere importanti ricadute anche dal punto di vista economico, se si considera che oltre il 50% dei costi diretti per il diabete sono legati alle ospedalizzazioni per le complicanze.

In analogia al risultato riguardante le associazioni con due farmaci antidiabetici, anche qui si evidenzia il risvolto particolarmente utile di profili di efficacia e sicurezza maggiormente “personalizzabili”.

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Lo studio è importante perché sottolinea la necessità di condurre sperimentazioni di grandi dimensioni e di durata adeguata, per confrontare direttamente le diverse strategie terapeutiche e per valutarne l’impatto FINE sulle complicanze a lungo termine.

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CARDIOLOGIA

BRADICARDIA OUANDO IL CUORE BATTE PIU’ LENTO DEL NORMALE

SCOPRIAMONE LE CAUSE, I SINTOMI E LE CONSEGUENZE

BATTITO NORMALE

Una frequenza cardiaca lenta…

Dott.

Vladimir Guluta

Cardiologo c/o Maria Cecilia Hospital - Cotignola E-mail: vguluta@gmail.com

Soffrire di bradicardia, significa avere il cuore più lento del normale. Per la maggior parte degli adulti, la frequenza cardiaca è compresa tra 60 e 100 battiti al minuto. Quando il cuore batte (pulsa, si contrae) ad una frequenza inferiore ai 60 battiti al minuto, si considera che il cuore è bradicardico.

…può verificarsi sia in un cuore normale che in uno malato. In questo senso consideriamo normale avere un cuore lento quando siamo a riposo oppure durante il sonno. In queste condizioni l’organismo, funzionando al minimo, necessita di poco ossigeno e quindi il cuore deve pompare poco sangue. In altri casi, invece, il cuore lento segnala problemi a livello del suo sistema elettrico. Specificamente, il problema può essere a livello del centro di comando del cuore, oppure a livello del sistema dei fili elettrici che portano la corrente dal centro di comando fino al muscolo cardiaco.

BATTITO CON BRADICARDIA La distanza tra un battito e l’altro è maggiore rispetto ad un cuore “normale” (disegno sopra).

Si tratta di una fitta rete di fibre nervose, chiamata “sistema di conduzione”. Se il problema coinvolge il sistema elettrico, allora il cuore non è in grado di pompare abbastanza sangue per soddisfare la richiesta del nostro organismo. Se il cuore non è in grado di aumentare la sua frequenza mano a mano che aumenta la richiesta di ossigeno del corpo, allora la bradicardia può diventare sintomatica. Un organismo che non riceve abbastanza ossigeno soffre.

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I sintomi… …possono essere molto lievi, ma in certi casi il quadro diventa severo. I casi peggiori si presentano quando il cuore è talmente lento da non potere mantenere un’adeguata pressione arteriosa.

Quando l’età avanza Le persone oltre i 65 anni di età possono essere più facilmente affette da bradicardia. Da una parte, con l’invecchiamento, il cuore diminuisce la frequenza delle contrazioni generate nel centro di comando, dall’altra, con l’aumento dell’età, il sistema di conduzione è più vulnerabile e portato a presentare dei difetti nel condurre correttamente l’elettricità verso i muscoli. La conduzione può (in modo intermittente o permanente) rallentare oppure addirittura bloccarsi e non raggiungere il muscolo cardiaco. In questi casi, il rallentamento del cuore è indipendente dalla richiesta di ossigeno dell’organismo. Immaginiamo un soggetto che deve salire alcuni piani di scale. All’inizio della salita il cuore ha 70 battiti al minuto. Dopo pochi gradini arriva a 90 e dopo un paio di piani può superare i 100. Più aumenta lo sforzo, più aumenta la richiesta di ossigeno dei muscoli e più il cuore deve incrementare il numero di contrazioni che pompano il sangue. Se la frequenza non aumenta, compare la difficoltà respiratoria (affanno), i capogiri, la debolezza muscolare e l’annebbiamento della vista. In casi gravi, quando la frequenza cardiaca è molto bassa (bradicardia severa) si può anche perdere la conoscenza e svenire. Fortunatamente lo svenimento è breve e si risolve spontaneamente. Attenzione alle persone anziane che possono essere poco sintomatiche. In più, in questi casi, la stanchezza, i capogiri o la difficoltà respiratoria soprattutto sotto sforzo, possono facilmente essere considerati “semplici sintomi della vecchiaia”.

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0544 0544 4470419 70419 RAVENNA . Via Panfilia, 62 Dobbiamo sospettare la bradicardia anche negli anziani che perdono l’equilibrio e/o cadono, nella stragrande maggioranza dei casi senza un motivo evidente. Controllare il polso può essere sufficiente per fare diagnosi di bradicardia severa, sintomatica. Molti anziani che arrivano in pronto soccorso per la frattura del femore in seguito ad una caduta, sono caduti appunto proprio per la bradicardia.

antiaritmica; il rischio di cadute per ipotensione e/o bradicardia è notevole soprattutto negli anziani.

Come si può curare la bradicardia

Ci sono altre possibili cause che favoriscono la comparsa della bradicardia?

La presenza di un polso lento in un soggetto asintomatico raramente ha bisogno di una specifica terapia. Quando invece si sospetta una bradicardia sintomatica si deve contattare immediatamente il medico di fiducia o recarsi a un pronto soccorso, dove esaminando il paziente, i medici possono riscontrare la bradicardia oppure, sottoporre il paziente stesso a esami specifici per poter diagnosticarla.

Oltre che dall’invecchiamento il sistema di conduzione può essere danneggiato da malattie cardiache (cardiopatia ischemica, infezioni delle valvole e del muscolo cardiaco) e non cardiache (ipotiroidismo, anomalie elettrolitiche). Alcuni farmaci molto spesso utilizzati nella terapia dell’ipertensione arteriosa e dei disturbi del ritmo cardiaco possono rallentare il cuore. Particolare attenzione si deve prestare alle persone in cura con betabloccanti, antiaritmici e digossina. Ancora più considerazione si deve avere nelle prime settimane che seguono le variazioni della terapia antipertensiva o

La terapia specifica dipende dalla causa e va dalla semplice sospensione di uno o più farmaci fino all’impianto di pacemaker (piccoli apparecchi in grado di stimolare i battiti del cuore quando è necessario). FINE 13


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INNOVAZIONE

GOOGLE CAR TUTTO OUELLO CHE C’E’ DA SAPERE

L’auto a guida autonoma rivoluzionerà il concetto di mobilità per milioni di persone. Due gli obiettivi: salvare vite umane ed utilizzare il tempo che si perde alla guida per fare altro o riposarci.

di Tiziano Zaccaria E-Mail: zaccariatiziano@gmail.com

Non ha i pedali dell’acceleratore e del freno. E’ l’auto della Google a guida autonoma, che promette di migliorare la sicurezza stradale e trasformare la mobilità di milioni di persone. Tutto funziona automaticamente, grazie a un computer di bordo e sensori laser che riconoscono altre auto, pedoni, ciclisti, lavori in corso, segnaletica stradale, semafori e vari oggetti ed ostacoli. E’ un concentrato di mobilità intelligente: obbedisce al codice della strada e consente di evitare i pericoli. L’abitacolo è ridotto all’osso: ci sono soltanto le cinture di sicurezza, uno spazio per gli effetti personali, il pulsante di avvio e quello di arresto dell’auto, nonché uno schermo che mostra il percorso. Non bisogna fare quasi nulla: si carica la mappa e si indica il luogo dove si vuole andare. Poi l’auto decide come arrivarci e parte.

Una grande sfida tecnologica Gli obiettivi di questa rivoluzione tecnologica sono due: salvare vite umane ed utilizzare il tempo che si perde alla guida per fare altro o riposarci. Ogni anno nel mondo 1,2 milioni di persone muoiono per incidenti d’auto, che nel 94% dei casi sono provocati da errori umani. Mettere alla guida un computer, che non si addormenta né si ubriaca, ne salverebbe tantissime. Google, il colosso del web con sede a Mountain View, in

California, sta lavorando a questo progetto dal 2009. I suoi prototipi, a partire dalle piccolo biposto "KOALA CAR", negli Usa hanno già percorso tre milioni di chilometri in quattro città: Mountain View in California, Austin in Texas, Kirkland nello Stato di Washington, Phoenix in Arizona. Piovoso nord, deserto, metropoli, piccole cittadine: diverse condizioni, indispensabili per testare l'efficacia dei sistemi autonomi su vasta scala.

Non solo dati da elaborare Finora le auto a guida autonoma della compagnia californiana sono state coinvolte in 18 incidenti, di cui 17 con “ragione”. E’ stata quasi sempre tamponata da guidatori distratti. Un solo incidente è in qualche modo riconducibile ad un errore del computer di bordo, che non è riuscito a leggere bene una situazione di traffico. Ad El Camino, in California, una Google car si è scontrata con un bus; una collisione avvenuta a bassa velocità, senza alcun ferito. »SEGUE

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L’intelligenza di questa vettura è “incrementabile”?

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autonoma stava immettendosi nel traffico dopo essersi fermata di fronte ad alcuni sacchi posti sulla carreggiata, dando per scontato che il bus in arrivo da dietro le avrebbe concesso la precedenza. Ma così non è stato. Ergo? All’intelligenza artificiale manca ancora la capacità di relazionarsi con un altro guidatore, in una situazione ai limiti del codice stradale. Google ne ha preso atto e su questo incidente ha dichiarato: “Condividiamo parte della responsabilità e promettiamo di fare tesoro della lezione”.

Una macchina capace di comunicare con ciclisti e pedoni Google è poi andata avanti con la ricerca, mettendo a punto un sistema che permette di interpretare i gesti dei ciclisti, spesso i principali nemici degli automobilisti. Le auto a guida autonoma comunicheranno anche con i pedoni vicino alle strisce pedonali, segnalando il proprio arresto o facendo apparire su un display la scritta “attraversate sicuri”. Ma potranno anche diffondere messaggi vocali da altoparlanti, utili per i pedoni ipovedenti.

Queste vetture saranno quindi impostate per prendere la decisione più sicura possibile, scegliendo la propria velocità sulla base dei limiti dettati dal codice della strada e dalle condizioni dell’asfalto. E se un gatto attraversa improvvisamente la strada? Google sta raffinando la tecnologia per contemplare anche lo 0,001% di sorprese più imprevedibili, da evitare magari anche con una frenata brusca. In generale, l’auto a guida autonoma è programmata per essere educata e paziente: se un’altra vettura le sta effettuando un sorpasso azzardato, invece di farle le corna o il gesto dell’ombrello, rallenta e le cede il passo.

Quando potrà essere acquistabile? Con lo sviluppo della vettura a buon punto, si inizia a pensare alla sua commercializzazione. Un accordo firmato nel maggio scorso fra Google Car e il gruppo FCA (Fiat Chrysler Automobiles), prevede che il minivan Chrysler Pacifica, dopo una prima fase di test, sarà il primo modello di auto a guida autonoma acquistabile negli Stati Uniti. L’intesa è stata sottoscritta dai rispettivi amministratori delegati John Krafcik e Sergio Marchionne. Sulla Chrysler Pacifica ibrida saranno installate telecamere, mappe digitali, radar, sensori, laser e gli algoritmi in

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grado di fondere e processare tutte le informazioni, per restituire una guida sicura e confortevole. Al progetto stanno lavorando i tecnici di Google e 150 selezionati ingegneri di Fca. Un centinaio di prototipi dovrebbe essere pronti entro la fine del 2016, dopodiché Fca e Google contano di commercializzare un primo lotto di cinquecento Pacifica in California, lo Stato Usa più pronto a sfruttare le novità di questa mobilità. Ma quando le auto a guida autonoma saranno disponibili per il grande pubblico? Al momento il solo sistema laser per la guida costa circa 75 mila dollari, quindi i costi rappresentano ancora un ostacolo alla commercializzazione di massa.

Comunque, Marchionne ha dichiarato che si aspetta di vederle sulle strade di tutto il mondo nel giro di cinque anni. Previsione forse ottimistica, ma si può ipotizzare che entro il 2030 saranno in vendita anche nelle concessionarie italiane.

Per ciò che riguarda l’attuale normativa? Ciò che manca, al momento, sono le norme per regolamentare questo settore. In California si sta pensando a come riscrivere il codice della strada. Dal punto di vista legislativo, la rivoluzione sta nel fatto che per un secolo nei codici stradali il “conducente” è stata la persona fisica che sta al volante. Ora, si dovrà chiamare “conducente” il computer di bordo? E le responsabilità civili e penali di un incidente, a chi andranno indirizzate? Inoltre, se sulla carreggiata comparirà improvvisamente un pedone davanti al veicolo, quali input dovrà avere il computer di bordo? Sarà programmato per salvare ad ogni costo il passeggero, oppure dovrà mettere a rischio l’incolumità del passeggero pur di scansare il pedone? Google ci sta ragionando.

Da un primo sondaggio fatto sul pubblico americano, quasi il 90 per cento degli automobilisti vorrebbe che la propria auto proteggesse prima di tutto sé stessi. Entro la fine del 2016 la Nhtsa, l’ente per la sicurezza stradale americana, dovrebbe stilare un quadro di leggi fede-

rali per interpretare correttamente la nuova tecnologia, equiparando l'intelligenza artificiale ai guidatori umani, usando quindi il termine "conducente" per i sistemi di bordo. Infine, anche le assicurazioni dovranno affrontare vie inesplorate. Il modello di rischio cambierà completamente: in futuro dovranno assicurare il software o i produttori dell’auto.

Cresce la concorrenza Progetti analoghi alla Google car vengono portati avanti da altri colossi, tra cui Apple. A Cupertino tengono il massimo riserbo sulla iCar, tuttavia si sa che stanno lavorando al progetto chiamato Titan. Ci sarebbero contatti con la casa automobilistica austriaca Magna Steyr, per discutere i processi di industrializzazione e produzione. Apple dovrebbe lanciare la vettura nel 2019. Anche la Toyota punta alla guida autonoma, con il progetto Mobility Teammate Concept. La casa giapponese conta di trasferirlo alla produzione di serie verso il 2020, almeno sul mercato di casa, con la Lexus. Atri progetti di auto a guida autonoma, o semiautonoma, sono portati avanti da Audi, Mercedes-Benz, Nissan e Tesla. Insomma, se la concorrenza stimola, questo mercato è destinato a crescere FINE velocemente. I consigli di Stomatologica

“Dopo un trauma che ha coinvolto il distretto dentale, è bene farsi visitare anche in assenza di danni e segni visibili?”

“Assolutamente si, i traumi subiti dagli incisivi possono essere evidenziati solo grazie ad un esame radiografico”. (Dottoressa Susanna Stagni)

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OCULISTICA

GLAUCOMA

OCULARE IL LADRO SILENZIOSO DELLA VISTA

emicrania, vasospasmo (fattori di rischio deboli).

Quali sono le cause dell’aumento della pressione? Dott.ssa

Margherita D’Amato

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Il glaucoma è una patologia causata da un aumento della pressione intraoculare che induce alterazioni a carico delle fibre del nervo ottico causandone la morte irreversibile. Oggi rappresenta una delle più frequenti cause di cecità nel mondo colpendo circa il 2% della popolazione con età superiore ai 35 anni. Esistono innumerevoli forme di glaucoma (congenito, ad angolo aperto, pseudoefoliativo,da dispersione di pigmento, a bassa pressione, traumatico ecc.), ma la forma più diffusa è il glaucoma primario ad angolo aperto.

Quali sono i fattori di rischio? Pressione intraoculare elevata (valore pressorio normale va dai 10mmhg ai 20 mmhg), età (pazienti anziani), razza (maggiore incidenza in soggetti di razza nera e caraibica), familiarità e genetica, miopia e diabete (fattori di rischio medi), ipertensione arteriosa, 18

In condizioni di normalità all’interno dell’occhio viene prodotto un liquido (umore acqueo) che viene appunto prima prodotto e successivamente riassorbito al fine di mantenere costante il limite della pressione intraoculare. Meccanismi patologici che ne impediscono il deflusso sono responsabili dell’aumento della pressione intraoculare esercitando una 1

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compressione a livello delle fibre del nervo ottico con conseguente morte cellulare irreversibile e successiva cecità se non trattato precocemente.

Come si fa la diagnosi? La maggior parte dei glaucomi (fatta eccezione per il glaucoma ad angolo acuto da chiusura di angolo e per alcune forme secondarie) ha un andamento subdolo caratterizzato per molto tempo da assenza di sintomi oculari. Ciò in molti casi fa si che la diagnosi venga fatta in stadi avanzati della malattia quando oramai il danno irreversibile è di notevole entità. 3

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IN QUESTA SEQUENZA DI IMMAGINI È EVIDENTE LO STATO DI AVANZAMENTO DELLA PATOLOGIA CHE RIGUARDA IL NERVO OTTICO: NERVO NORMALE (IMMAGINE 1) STADIO INIZIALE DELLA MALATTIA GLAUCOMATOSA (IMMAGINE 2), STADIO AVANZATO (IMMAGINE 3), STADIO TERMINALE (IMMAGINE 4). NERVO OTTICO NORMALE

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Per evitare ciò è necessario che la patologia venga ricercata nei soggetti che hanno più probabilità di sviluppare la malattia (fattori di rischio), il tutto mediante un’accurata visita oculistica completa che prevede misurazione della pressione oculare, valutazione dello stato del nervo ottico, studio del campo visivo e OCT del Nervo ottico.

ipotensivi in grado di ridurre i valori pressori intraoculari. La scelta dovrà ricadere sul farmaco che più si addice al caso in esame, inoltre perché la terapia vada a buon fine, è di primaria importanza che il paziente si medichi puntualmente e nel modo corretto.

Quali soni gli approcci terapeutici? Come detto precedentemente, è fondamentale fare diagnosi precoce al fine di impostare una terapia efficace in grado di fermare la progressione della malattia. TERAPIA FARMACOLOGICA, mediante una vasta gamma di colliri

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invasivi in grado di controllare in modo efficace i glaucomi. Suddetta terapia può essere eseguita contestualmente alla terapia farmacologica (Trabeculoplastica, Gonioplastica ecc). TERAPIA CHIRURGICA, in caso di fallimento delle sopraindicate terapie. Ad oggi la tecnica chirurgica più diffusa è la Trabeculectomia, intervento atto a creare una via alternativa di deflusso del liquido oculare. Altra tecnica chirurgica consiste nell’impianto di valvole intraoculari che hanno sempre lo scopo di ridurre il valore pressorio aumentando il deflusso del liquido oculare. In caso di fallimento si può ricorrere o alla revisione della chirurgia FINE o altre tecniche chirurgiche.

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LONGEVITA’

MARIA GEMINIANI 100 ANNI... E FA ANCORA GINNASTICA

Nativa di Bagnacavallo, ha raggiunto il secolo di vita ancora totalmente autonoma. Fino a tre anni fa guidava l’auto. Passa le sue giornate al centro diurno “Verlicchi” di Alfonsine.

di Tiziano Zaccaria E-Mail: zaccariatiziano@gmail.com La bagnacavallese Maria Geminiani il 22 aprile scorso ha festeggiato il centesimo compleanno, un traguardo raggiunto con sorprendente vitalità e piena autosufficienza. Maria risiede a Rossetta di Bagnacavallo con i suoi due figli, Danilo e Walter, due nipoti e tre pronipoti. Sempre allegra e tranquilla, trascorre le sue giornate al centro diurno “Verlicchi” di Alfonsine, dove gioca a carte e a tombola, guarda la televisione, fa uscite a piedi con le operatrici del centro e frequenta perfino i corsi di ginnastica.

L’infanzia «I miei genitori facevano i contadini “sotto padrone” a Bagnacavallo. Coltivavano grano, bietole e granoturco in un terreno di scarsa qualità, pieno di “sabbione”. Eravamo cinque figli: quattro maschi ed io. Il nostro titolare mi voleva bene: ricordo ancora quella volta che mi regalò un sacco con un quintale di grano. Nella casa della mia famiglia però c’era parecchia miseria. La domenica a pranzo ci dividevamo un pollo in sette, dopo averci fatto il brodo per la minestra».

Il matrimonio Durante la seconda guerra mondiale Maria si sposò con Walter Marangoni, deceduto diversi anni fa. «Anche mio marito lavorava come con-

tadino. Siamo riusciti a cavarcela, facendo tanti sacrifici. Io di giorno lavoravo nei campi, poi alla sera in casa facevo dei guanti con una macchina che mi era stata venduta da un amico di famiglia. Quando me la portò, gli dissi che non avevo i soldi per acquistarla, lui rispose che potevo pagargliela senza fretta a rate, man mano che incassavo i soldi dei guanti. E così fu».

La Seicento da avviare Oggi ogni mattina, dal lunedì al sabato, Maria viene accompagnata da suo figlio o sua nuora al centro diurno di Alfonsine.

In serata, dopo cena, passano a prenderla e la riportano a casa. Fino a 97 anni ha guidato l’auto, una Fiat Seicento che ancora oggi tiene in garage a casa sua: «Ogni tanto vado a metterla in moto, altrimenti si ingolfa». A casa tiene curato anche un orticello e, ogni tanto, tira la sfoglia con il matterello. «Oggi riscuoto una buona pensione, per fortuna la salute mi ha sempre accompagnata. Prendo una sola medicina e mangio di tutto, senza esagerare con le quantità. Il segreto della mia longevità? Forse perché mi sveglio ogni mattina con la voglia di vivere». FINE

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INFETTIVOLOGIA

PERITONITE E’ una malattia che COLPISCE LA MEMBRANA DELL’ADDOME, chiamata peritoneo. Ecco sintomi, cause e cure.

Dott.

Andrea Baldisserri

Medico-Chirurgo specialista in otorinolaringoiatria E-mail: abaldisserri@alice.it

La peritonite è un’infezione batterica o fungina che interessa la membrana che riveste la parete interna addominale e che copre gli organi all’interno dell’addome, ovvero il peritoneo.

Le cause possono essere diverse Generalmente questa malattia è provocata da una perforazione nella parete dell’addome, oppure può essere una complicanza legata ad altre patologie. In rari casi l’infezione del peritoneo può

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svilupparsi senza una rottura addomiADDOME nale: in questa circostanza prende il nome di “peritonite spontanea” Infiammazione ed è spesso una complicanza delle superfici di malattie del fegato, come la NORMALE cirrosi o l’epatite virale croniMALATO ca. La peritonite può essere provocata anche da procedure mediche come la dialisi peritoneale, a causa di scarsa Materiale fecale igiene, da colon perforato, e purulento presente in ulcera dello stomaco, pantutto l’addome creatite, diverticolite, insufficienza renale, appendicite, lesioni, Sintomi traumi e abuso di alcol. Inoltre, il fatto Includono forte dolore addominale, di avere già contratto la peritonite gonfiore, sensazione di pienezza aumenta il rischio di contrarla nuova- nell’addome, febbre, brividi, naumente. sea, affaticamento, vomito, inappe-


tenza, diarrea, fatica, blocco intestinale, affanno, polso accelerato, blocco delle urine e sete.

Possibili complicazioni Se la peritonite non viene curata tempestivamente, le complicazioni possono essere diverse e non vanno sottovalutate. Infatti, potrebbero verificarsi conseguenze come una batteriemia (infezione del sangue), sepsi, shock settico, encefalopatia epatica, ascessi, cancrena intestinale, aderenze intraperitoneali, insufficienza degli organi, fino a provocare la morte in alcuni casi limite.

Cura

Diagnosi Alla comparsa dei sintomi, è necessario contattare immediatamente il medico che, attraverso esami ed analisi, può formulare la diagnosi e prescrivere la terapia più adatta al caso specifico. Oltre alla visita medica e allo studio dei sintomi, potrebbero essere richiesti ulteriori test come le analisi di liquido peritoneale, gli esami del sangue ed esami di imaging, come la radiografia, l’ecografia o la Tac per verificare la presenza di perforazioni nel tratto gastrointestinale.

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Il trattamento per combattere efficacemente l’infezione, generalmente, prevede l’assunzione di farmaci antibiotici. Nei casi più gravi si può intervenire chirurgicamente per rimuovere il tessuto infetto. Potrebbero essere necessari antidolorifici, fluidi per la reidratazione, ossigenazione e trasfusioni di sangue. La piena riuscita della cura dipende dalla tempestività dell’intervento, dalla gravità della situazione, dal tipo di peritonite, dall’età e dalle condizioni di salute del paziente.

COS’E’ IL PERITONEO? Il sacco peritoneale, che ha la funzione di sostenere gli organi dell’addome, consiste in due “fogli”: uno parietale, che riveste le pareti interne della cavità addominale, ed uno viscerale, che avvolge gli organi in essa contenuti (esofago intra-addominale, stomaco, duodeno, piccolo intestino, appendice, colon, retto, colecisti, albero biliare e vescica). Tra i due foglietti peritoneali esiste uno spazio, chiamato cavo peritoneale, contenente una piccola quantità di liquido sieroso, che si rinnova continuamente e consente lo scivolamento, l'uno sull'altro, dei due foglietti, rendendo facili i movimenti degli organi addominali.

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L’espressione “dente del giudizio”, presente in innumerevoli lingue (in latino dens sapientiae; in inglese wisdom tooth), è dovuta al fatto che generalmente questi denti compaiono tra il 17º e il 25º anno di età. Di solito sono quattro molari (terzo molare inferiore, terzo molare superiore, rispettivamente a destra e a sinistra) che, occupando l'ultima e quindi più interna posizione, nell'arco dentale, sono chiamati anche ottavi.

Il fatto che… …la crescita dei denti del giudizio sia soggetta a variazioni e ad imperfezioni è dovuto anche al corso evolutivo della specie umana: in passato l'uomo aveva bisogno di più molari per masticare cibi non cotti, che sono stati abbandonati nel corso dell'evoluzione mentre le dimensioni della mandibola e della mascella si sono chiaramente ridotte, lasciando poco posto a disposizione per un normale sviluppo dell'ottavo dente. 24

I denti del giudizio sono quindi un lascito dell’evoluzione umana. Per queste ragioni accade spesso che un dente del giudizio non riesca ad erompere (“spuntare”), rimanendo dunque INCLUSO (completamente coperto dalla gengiva e dall’osso) oppure SEMI-INCLUSO (quando è in parte visibile). La mancata eruzione ("fuori uscita") può essere dovuta ad alcuni fattori quali l’assenza di spazio oppure una crescita non orientata correttamente.

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Quando estrarlo e perchè? Un dente del giudizio cresciuto non perfettamente rischia di causare delle patologie come ad esempio la cisti, la pericoronite, la carie, l'ascesso arrivando anche a danneggiare i denti adiacenti. Per questo motivo bisognerebbe provvedere all’estrazione durante la gioventù e non da adulti per evitare un peggioramento della situazione; inoltre l’estrazione del dente del giudizio a 16-17 anni di solito si rivela più semplice sia per il paziente che per l’operatore perché il dente non ha ancora le radici completamente formate e mineralizzate, l’osso circostante è più morbido e quindi la percentuale di complicazioni è molto più bassa.

RADIOGRAFIA PRIMA DELL’ESTRAZIONE (LE FRECCE INDICANO I DENTI DA TOGLIERE)

Attenzione L’estrazione dell’ottavo è un intervento chirurgico da non sottovalutare, in particolare quello del dente del giudizio inferiore. Normalmente questo intervento viene eseguito in anestesia locale sia dai dentisti generici che dagli specialisti della chirurgia orale e maxillo-facciale. Il decorso postoperatorio richiede l’uso da parte del paziente di antibiotici, anti-infiammatori e colluttori a base di clorexidina. Di solito è accompagnato da gonfiore e dolore per alcuni giorni che possono richiedere anche l’astensione dall’attività fisica e lavorativa.

RADIOGRAFIA DOPO L’ESTRAZIONE (LE FRECCE INDICANO GLI SPAZI ORA RIMASTI “VUOTI”)

Attenzione Molto rare sono le complicanze tardive legate a lesioni neurologiche temporanee o permanenti del nervo alveolare CUCITURA DELLA inferiore: in questi GENGIVA DOPO L’ESTRAZIONE rari casi il paziente riferisce la parestesia, ossia la mancanza

di sensibilità nella zona del labbro e del mento. Per prevenire questa complicanza può essere utile in taluni casi eseguire, accanto alla tradizionale radiografia panoramica, anche un esame 3-D (TC o CBCT » TAC volumetrica 3D ConeBeam Vedi SALUTE 10+ n.2.2016 su www.salute10piu.it) che permette di valutare il decorso del nervo alveolare FINE rispetto alle radici del dente.

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SOCIETA’

ADOLESCENTI

E NUOVE TECNOLOGIE ISTRUZIONI PER UN USO CORRETTO

Nuove abitudini

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Si regalano durante le festività, oppure per premiare la promozione a scuola. Si promettono in dono se in cambio si ricevono comportamenti adeguati, bei voti, soddisfazioni. Stiamo parlando di genitori e figli, di smartphone, tablet, computer. E chi più ne ha, più ne metta. Parliamo di tutti quei dispositivi elettronici che occupano un grande posto nella nostra società e soprattutto nella vita dei più giovani. La società si è evoluta negli ultimi anni e sono nate nuove forme di comunicazione; cartoline e lettere sono oramai un vecchio ricordo, al posto loro troviamo sms, chat, e-mail etc. Senza dubbio un modo più veloce e comodo per sentirsi, ma che comunque nasconde alcuni aspetti negativi. I primi ad essere stati travolti sono stati senza dubbio gli adolescenti, i quali hanno accolto a braccia aperte queste nuove mode. 26

Oggi giorno sono sempre più gli adolescenti che passano il loro tempo libero assieme ad un dispositivo elettronico. Secondo i dati ISTAT, nel 2014 erano circa l'87,1% le famiglie, con almeno un figlio, ad avere la possibilità di accesso ad Internet nella propria casa. Sempre nello stesso anno il 54,7% dei bambini utilizzava il pc. Bambini? Sì, di tre anni. Oltre il 60% della popolazione di sei anni d'età, invece, era in grado di navigare su internet. Nella maggior parte dei casi, le navigazioni al web non erano protette o con-

trollate dalla sorveglianza di una persona adulta. I più giovani, e i giovanissimi, utilizzano principalmente siti per poter chattare (scambiare messaggi), ma anche social network per raccontare un pezzo di sé agli altri. Internet è diventato un rifugio: i ragazzi si connettono a qualsiasi ora, condividono immagini, frasi, aggiornano i loro stati d'animo, informano su che cosa stanno facendo in quel preciso momento.


Internet-malattia Secondo uno studio del Journal of Clinical Psychatry, l'utilizzo di Internet è diventato tra alcuni una vera e propria patologia, chiamata Internet Addiction Disorder (I.A.D.), termine che indica una forma di dipendenza in crescita, causata dall'uso smodato della rete soprattutto tra i bambini e gli adolescenti. POSSIBILI CAMPANELLI D’ALLARME -Aumento sproporzionato tempo trascorso in rete.

del

-Progressiva perdita di interesse verso i “vecchi” hobby e passatempi abituali. -Distacco dagli amici reali, a favore di persone conosciute virtualmente. -Cambiamento degli stati emotivi, con insorgenza di aggressività, agitazione, rabbia. Questo è un elenco puramente esemplificativo, ma raccoglie alcune informazioni importanti da non sottovalutare.

Sconosciuti virtuali La dipendenza da Internet non è il solo aspetto negativo: negli ultimi anni sono stati condotti molti studi sul cosiddetto “adescamento online”. Sempre più bambini e adolescenti vengono contattati da individui malintenzionati, i quali si

nascondono dietro lo schermo per celare la propria identità, fingendosi appunto diversi da quello che realmente sono. Purtroppo molti giovani vengono catturati virtualmente da queste persone, che solitamente promettono loro ricariche telefoniche o altri piccoli doni che potrebbero far interessare il giovane ad avvicinarsi maggiormente a questo sconosciuto che gli dedica tante attenzioni. L'adescamento in rete è diventato un vero e proprio reato, ed è stato introdotto nel nostro codice penale. La Polizia Postale svolge al riguardo un ottimo lavoro di indagine nei confronti degli adescatori in rete, estendendo le ricerche su tutti siti maggiormente utilizzati dagli adolescenti e dai bambini. Nel solo 2015 sono state denunciate 485 persone con l'accusa di essere adescatori in Rete.

que importante e molto utile sotto tanti punti di vista, quindi proibirne l'uso è sbagliato, e farebbe ancor di più crescere la curiosità e la voglia di utilizzarlo.

Per una navigazione sicura

Non siate ansiosi ma instaurate un dialogo aperto e sincero con i vostri figli, cercando quindi di creare le condizioni per educare all'uso della rete. E' importante parlare della tecnologia in modo positivo per farne capire i vantaggi, ma anche in modo più attento per mettere in luce l'esistenza di tanti pericoli da considerare.

La presenza di un adulto è il primo strumento importante per la nascita di un lavoro di prevenzione. Ma è comprensibile che essere genitore è già difficile sotto certi aspetti, ancora di più se ci si ritrova alle prese con un mondo virtuale che poco si conosce. Purtroppo non si potrà mai avere perennemente la sicurezza che i nostri figli non incontrino mai pericoli, ma si possono creare le condizioni affinché imparano ad evitarli. Si tratta di piccoli passi verso la prevenzione: Internet è uno strumento comun-

CONSIGLIO AI GENITORI di tenere controllata la qualità del tempo che i ragazzi trascorrono online, ma anche il tipo di rapporto che essi costruiscono con il dispositivo elettronico. Se avete dubbi o presentimenti, o semplicemente bisogno di capire, parlate con i vostri figli, chiedete, fate capire loro che vorreste essere rassicurati sotto alcuni punti di vista. Non preoccupatevi se vostro figlio sta usando il web per fare delle ricerche scolastiche, Internet è anche una nuova forma di studio, se usata positivamente. FINE

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AMBIENTE

GLI ANIMALI “ “

SENTINELLA

E L’INOUINAMENTO AMBIENTALE

Le variazioni di alcuni parametri vitali in diversi organismi sono dei campanelli d’allarme di possibili contaminazioni ambientali.

A cura di Paola Ferrari

Animali selvatici terrestri

Medico Veterinario della Società Scientifica Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva

Alcune cause naturali, unitamente ad interventi di gestione del territorio forse scorretti, hanno contribuito negli ultimi decenni al progressivo aumento di alcune popolazioni di animali selvatici, quali le volpi, i cinghiali, le nutrie, i gabbiani, le cornacchie, le gazze, ecc. Le situazioni critiche di convivenza generatesi hanno portato a programmi di abbattimento controllato, grazie ai quali si sono resi disponibili molti capi da sottoporre a studi ed analisi.

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L’utilizzo degli animali e delle loro produzioni (carne, latte, uova, miele, ecc.) per evidenziare inquinanti ambientali e per monitorarne la contaminazione lungo la catena alimentare pone le sue radici già agli inizi del ‘900, quando la morte di canarini posti in gabbie all’interno delle miniere di carbone “avvisava” i minatori di esalazioni di monossido di carbonio; gli animali, sia domestici che selvatici, terrestri o acquatici, si prestano a studi di questo tipo in quanto, come l’uomo, sono esposti agli stessi contaminanti presenti nell’aria, nel terreno, nell’acqua e nel cibo e possono presentare effetti tossici conseguenti all’esposizione, acuti o cronici, in tempi proporzionalmente più brevi rispetto a quelli dell’uomo, la cui vita media è sensibilmente più lunga. In alcuni casi gli animali possono fungere addirittura da “accumulatori” di sostanze tossiche presenti nell’ambiente, attraverso la respirazione, l’alimentazione o per contatto, oppure da “magnificatori”, quando la concentrazione della sostanza tossica è riscontrabile a livelli crescenti, da preda a predatore di I grado, di II grado, eccetera. Quest’ultimo è il caso di alcuni selvatici, quali i rapaci o le volpi, che si pongono all’apice della catena alimentare e si rivelano particolarmente significativi negli studi di contaminazione ambientale da diossine. 28

re alla mappatura della radioattività ambientale. Per la stessa ragione i cinghiali possono rivelare una contaminazione del terreno da piombo e cadmio: studi condotti nel territorio emiliano-romagnolo appena una decina di anni fa hanno segnalato che questi metalli pesanti, provenienti da scarichi industriali o da combustibili, sono riscontrabili nel fegato e nel rene dei cinghiali in tracce infinitesimali; questo dato potrebbe essere collegato ai favorevoli effetti sulla salute ambientale a seguito della riduzione del piombo nei carburanti, nelle batterie e nelle vernici e all’ottimizzazione dei trattamenti di incenerimento e delle tecnologie di depurazione delle acque, avvenute tra gli anni ’80 e ’90.

Animali acquatici Un esempio particolarmente interessante di studi condotti su selvatici è rappresentato dal cinghiale, le cui caratteristiche abitudini alimentari ne hanno fatto la sentinella per eccellenza della contaminazione da radionuclidi: a seguito dei fenomeni di ricaduta postChernobyl, avvenuti soprattutto nelle regioni nord-occidentali, alcuni nuclidi, quali il Cesio 137, si sono depositati negli strati superficiali del terreno, e i cinghiali, grufolando alla ricerca di cibo, possono assumerne quantità rilevabili in laboratorio e servi-

Per quanto riguarda l’ambiente acquatico, gli animali maggiormente significativi per il monitoraggio ambientale sono i molluschi filtratori e le tartarughe marine.

Negli esemplari spiaggiati di Caretta caretta vengono testati i livelli di PCB (policlorobifenili) nel grasso e quelli di


arsenico nel muscolo, mentre la produzione di molluschi bivalvi, crostacei e gasteropodi marini, viene tenuta sotto costante controllo dai Servizi Veterinari delle ASL mediante il prelievo di campioni per i principali contaminanti di origine antropica/industriale, quali metalli pesanti, idrocarburi, policlorobifenili e diossine.

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Le ricerche sono condotte sia in forma preventiva sulle aree di raccolta, sia sui prodotti in commercio, in modo da intercettare le diverse vie mediante le quali tali inquinanti potrebbero raggiungere il consumatore. Le misure intraprese in caso di valori anomali vanno dal ritiro dei lotti coinvolti fino alla chiusura di ampie zone marine, lacustri o vallive, con interdizione alla raccolta di ogni prodotto sensibile. Interessante notare come anche le piattaforme estrattive situate al largo della costa romagnola ed il sito della Piallassa Baiona siano da oltre 20 anni monitorate per gli aspetti di potenziale contaminazione chimica, con risultati costantemente favorevoli.

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Alcune specie di pesci, particolarmente ricche di tessuto adiposo, possono inoltre accumulare maggiori quantitativi di pesticidi e diossine e vengono usati quali indicatori della contaminazione nei loro areali di vita. Per le anguille del lago di Garda, ad esempio, è stata vietata la commercializzazione per il quinto anno consecutivo, da quando si scoprì nelle loro carni la presenza di concentrazioni di diossina e PCB in quantitativi superiori ai limiti di sicurezza.

Animali domestici Gli animali domestici possono fungere da sentinella per gli effetti sulla salute associati all’esposizione a metalli pesanti, ai pesticidi, al fumo passivo di sigaretta, all’asbesto (amianto) e ai campi elettromagnetici a bassa frequenza, in quanto, ovviamente, condividono con i padroni lo stesso ambiente, ma soprattutto la loro abitudine al leccamento del pelo porta l’animale a ingerire le sostanze eventualmente presenti nell’aria e a manifestare effetti sulla salute correlati all’inqui» SEGUE nante.

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»Particolarmente

interessante è il caso di alcune forme di tumore riscontrabili nel cane e nel gatto, il cui collegamento con l’esposizione a sostanze tossiche presenti nell’ambiente è ormai dimostrato: il carcinoma della bocca del cane e del gatto, i melanomi e il carcinoma delle cavità nasali dei cani a naso lungo, alcuni tipi di linfoma del cane e del gatto.

ne ed all’aggiornamento del cosiddetto “Registro nazionale dei tumori animali”, nato a Genova nel 1991 con il supporto del Ministero della Salute, per contribuire a definire l’incidenza e la distribuzione geografica di alcune forme di neoplasia e favorire l’identificazione dei rischi ambientali per gli uomini e i loro animali.

Animali allevati E’ noto che le api e i loro prodotti, come il miele e la cera, sono considerati dei veri e propri “termometri” dell’inquinamento e sono stati spesso impiegati come bio-indicatori per il monitoraggio ambientale di sostanze diverse, quali i pesticidi, il piombo e i radionuclidi: in relazione all’opera di impollinazione, infatti, le api compiono voli esplorativi in un’area di circa 2 km intorno all’alveare e possono raccogliere, sul loro corpo provvisto di peli, sostanze inquinanti e polveri ultrasottili.

CARCINOMA ALLA BOCCA DEL CANE

Lo studio comparato dei tumori spontanei negli animali domestici può fornire importanti indicazioni per la prevenzione delle neoplasie che colpiscono la specie umana: è quindi lodevolissima l’iniziativa degli Ordini Professionali di Medici Veterinari e degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali di contribuire alla creazio-

I cani, i cavalli e il bestiame da latte sono stati anche oggetto di studi sui rischi derivanti dai campi elettromagnetici a bassa frequenza, in quanto la loro esposizione a questo particolare tipo di inquinante ambientale può portare alla variazione di alcuni parametri ematici, che suggeriscono un’alterazione del funzionamento dei globuli rossi e bianchi.

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Studi condotti alla fine degli anni ’90 sulla mortalità delle api e sui residui riscontrabili nei prodotti dell’alveare,

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soprattutto in aree intensamente coltivate a frutteto, hanno messo in evidenza una tendenza nettamente positiva per quanto riguarda questa tipologia di contaminazione chimica, a testimonianza della presa di coscienza, da parte degli agricoltori, sul corretto impiego e sulla scelta oculata dei presidi sanitari. Il polline, infine, risulta la migliore matrice da analizzare per indicare la contaminazione atmosferica da radionuclidi, in quanto riflette fedelmente quella dell’aria.

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Sugli animali allevati e sulle loro carni o prodotti, i Servizi Veterinari delle ASL cercano regolarmente residui di contaminanti ambientali; nei macelli e negli allevamenti, in particolare, vengono attuati piani di campionamento a valenza nazionale, che prevedono il prelievo di mangime, urina, organi o tessuti “bersaglio”, in quanto si prestano ad accumulare sostanze estranee che gli animali possono avere assunto con l’acqua di abbeverata o con il cibo, oppure che possono essere state somministrate come farmaci. Il riscontro di livelli elevati di contaminanti, oltre a determinare l’esclusione del prodotto dal consumo umano, prevede che siano attuate indagini sull’origine e sulle cause della contaminazione.

- DERMOCOSMESI SERVIZIO NOLEGGIO di: - PRODOTTI OMEOPATICI Apparecchi AEROSOL - PRODOTTI FITOTERAPICI Tiralatte elettrici - Stampelle Bilance elettroniche per neonati - PRODOTTI VETERINARI Conclusioni e prospettive I contributi che lo studio delle specie animali cosiddette “sentinella o bio-indicatori” può portare al miglioramento delle conoscenze sull’impatto ambientale dell’inquinamento sono, quindi, molteplici; con lo scopo di sfruttare al meglio tali contributi, la Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva ha lanciato nel 2015 un progetto di monitoraggio sullo stato di salute di aria, suolo e acqua nei territori interessati dall’estrazione petrolifera, attraverso indagini sulle specie animali selvatiche e domestiche.

Il progetto pilota interessa per ora solo la Basilicata, ma è auspicabile, data la rilevanza degli obiettivi, che venga esteso anche ad altre regioni, in particolare alle FINE aree considerate più a rischio.

UN’IMMAGINE DELLA ZONA DI TEMPA ROSSA IN BASILICATA

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HANNO COLLABORATO al numero 9_SETTEMBRE_2016 di SALUTE 10+ Dott. Andrea Baldisserri Medico-Chirurgo specialista in otorinolaringoiatria E-mail: abaldisserri@alice.it Dott.ssa Margherita D’Amato Medico Chirurgo Oculista Studio: Piazza della Resistenza, 3 Alfonsine (RA) - Cell. 333.1671952 Paola Ferrari Medico Veterinario della Società Scientifica Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva Email: segreteria.fvmromagna@yahoo.it Dott. Vladimir Guluta Cardiologo c/o Maria Cecilia Hospital - Cotignola E-mail: vguluta@gmail.com Antonio Nicolucci Direttore Center for Outcomes Research and Clinical Epidemiology (Coresearch) Pescara

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Prof.ssa Annalisa Pantosti Dipartimento Malattie Infettive, Parassitarie ed Immunomediate Istituto Superiore di Sanità - Roma Dott. Andrea Sagona Senologo - Istituto Clinico Humanitas www.humanitasalute.it

Betty Soccio Educatrice Sociale E-mail: betty.soccio91@gmail.com Dott. Sergio Spinato Odontoiatra - Sassuolo - Tel. 0536.883868 www.studiodentisticospinato.it E-mail: studiodentisticospinato@gmail.com Ti piacerebbe vedere pubblicato un articolo firmato con il tuo nome? Stiamo ricercando collaboratori motivati ed interessati a scrivere per SALUTE 10+. Contattaci allo 0544.501950 oppure scrivi a multiredazione@linknet.it

I COLLABORATORI DI SALUTE 10+ Dott. José Aguayo Ph.D. - Psicologo - Psicoterapeuta Email: j.aguayo1345a@ordpsicologier.it Dott. Antonio Ascari Raccagni - Responsabile U.O. Dermatologia AUSL di Forlì Dott.ssa Serena Bagli - Psicologa e Psicoterapeuta - Lugo Email: info@serenabagli.it - www.serenabagli.it Dott.ssa Elena Biasini Odontoiatra specialista in implantologia osteointegrata e chirurgia presso Studio Dentistico & Salute Dentale Tel. 0422.857842 - E-Mail: studiobiasini@gmail.com Prof. Gherardo Buccianti Presidente Aspremare Fondazione Buccianti Ospedale Niguarda Cà Grandi - Milano Dott.ssa Marina Buzzi Responsabile Struttura Semplice Banca dei Tessuti, del Sangue cordonale e Biobanca - Policlinico Sant’Orsola-Malpighi - BO

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Barbara Maioli - Educatore Cinofilo APNEC nr. 043 - E-mail: barbara.maioli@alice.it Dott. Andrea Maccolini Specialista in Ginecologia ed Ostetricia Tecnobios Procreazione Bologna Consigliere CECOS Italia - Email: amaccolini@alice.it Dott.ssa Annalisa Marinoni Medico Chirurgo Psicoterapeuta Specializzata in Psicoterapia SistemicoRelazionale e Terapia della Famiglia Sessuologia Clinica e Psicotrerapia della Gestalt Prof. Paolo Morselli - Docente di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica - Università di Bologna Dott.ssa Francesca Negosanti Medico Chirurgo, specialista in Dermatologia e Venereologia c/o Centro Dermatologico srl via Ercolani, 8 - Bologna - www.centro-dermatologico.it Dott.ssa Monica Negosanti - Dietista AUSL Bologna UOC Igiene Alimenti e Nutrizione Dott. Gianfranco Niedda - Otorinolaringoiatra E-mail: gianfranconiedda@tiscali.it Dott. Roberto Nonni - Direttore Sanitario San Pier Damiano Hospital - Faenza - E-mail: rnonni@alice.it Dott. Marco Quarantini Medico Chirurgo spec. Odontostomatologia Centro Odontoiatrico Bononia - Bologna E-mail: marcosmile@libero.it Dott. Pietro Querzani Neurologo - E-mail: querzani@gmail.com Dott. Stefano Palo - Medico Chirurgo Specialista in Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica Cell: 393.4825681 - E-mail: dott.stefanopalo@gmail.com Dott. Massimiliano Perrone Medico Chirurgo Oculista Direttore Sanitario Poliambulatorio Privato DSC - Bologna - Tel. 051.242588 E-mail: info@poliambulatoriodsc.com Dott.ssa Federica Piras Medico Veterinario - E-mail: st.fe@libero.it

Edda Plazzi - Psicologa e Psicoterapeuta di coppia per problemi sessuali e relazionali Cell. 333.6921234 - E-mail: eddaplazzi@hotmail.com Antonio Ravaglioli Esperto di Scienza e Tecnologia dei Materiali Ceramici per impiego biomedico E-mail: ravaglioli.antonio@alice.it

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Evelina Tabanelli - Consulente Nutrizionale E-mail: evelinatabanelli@libero.it

Fabrizio Tagliavini - Direttore Dipartimento Malattie Neurogenerative - Istituto Carlo Besta Dott. Gregorio Tugnoli - Responsabile U.O.S.D. Chirurgia del Trauma Ospedale Maggiore, Azienda USL di Bologna E-mail: gregorio.tugnoli@ausl.bologna.it Dott.ssa Sara Vignoli - Fisioterapista - Studio Medico Via Anastagi, 2 - Ravenna - Cell. 333.3537612 E-mail: vignolisara@gmail.com Dott. Nicola Vanuzzo Odontoiatra - Centro Dentale Vanuzzo - Padova Tel. 049.8790496 - info@centrodentalevanuzzo.it www.centrodentalevanuzzo.it Prof. Paolo Vinciguerra - Oftalmologo Humanitas Research Hospital Dott.ssa Maria Nives Visani Farmacista - Naturopata - E-mail: salutenaturasnc@alice.it

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