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Salute Dieci Piu’
RAVENNA
MENSILE DI INFORMAZIONE SU SALUTE E BENESSERE - N. 3 - MARZO 2017
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IL PARTO IN ANALGESIA DESDEMONA MAMBELLI (CENTENARIA) L’OMOSESSUALITA’ in FAMIGLIA La SEDAZIONE PROFONDA La RIABILITAZIONE del PAVIMENTO PELVICO Le CALORIE del VINO NON ANTROPOMORFIZZARE il TUO CANE
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Salute Dieci Più
Nr. 3 - MARZO 2017 - www.salute10piu.it
FITOTERAPIA
2 CARATTERISTICHE ed UTILIZZI dell’EUCALIPTO Dott.ssa Tiziana Mundula SOCIETA’
5 OMOSESSUALITÀ IN FAMIGLIA Dott.ssa Ludovica de Fazio OSTETRICIA
9 Il PARTO in ANALGESIA Dott. Massimo Innamorato ATTUALITA’
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12 SEDAZIONE PROFONDA: il CASO di DINO BETTAMIN di Tiziano Zaccaria GINECOLOGIA
14 La RIABILITAZIONE del PAVIMENTO PELVICO Dott.ssa Simonetta Santisi ALIMENTAZIONE
16 ZUCCHERI SI, MA SENZA ESAGERARE Dott. Andrea Baldisserri LONGEVITA’
18 100 ANNI PER DESDEMONA MAMBELLI di Tiziano Zaccaria ALIMENTAZIONE
21 LE CALORIE DEL VINO Dott. Vladimir Guluta INFETTIVOLOGIA
22 IL VACCINO CONTRO EBOLA È AFFIDABILE di Fabio Lironzi
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25 UN CUORE DA CAMPIONI Dott. Marco Diena STUDI
28 STORIA della MEDICINA: tra PRESENTE e PASSATO Dott. Stefano De Carolis I NOSTRI AMICI ANIMALI
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FITOTERAPIA
EUCALIPTO UN AIUTO PER NASO, GOLA E BRONCHI
Dott.ssa
La storia
Tiziana Mundula
Farmacista E-Mail: greentea@virgilio.it
L’eucalipto (Eucalyptus globulus Labill) famiglia delle Myrtaceae, è un albero sempreverde originario dell’Australia, diffuso anche in Europa, può raggiungere un’altezza di oltre 20 metri; presenta foglie giovani opposte e ovali e foglie dei rami adulti coriacee e falciformi di colore verde-argento.
I fiori sono bianchi e solitari. Il frutto è una cassula legnosa.
Fitoterapia
L’eucalipto è stato identificato, per la prima volta nel 1800 in Tasmania (isola vicino all’Australia), dal botanico francese Jacques Labillardière, che lo descrisse nel libro “Relation du Voyage à la Recherche de la Pérouse”. La parola eucalipto, deriva dal greco eu+kalypto, che significa ben nascosto, in riferimento al fatto che i petali nascondono il resto del fiore. Una caratteristica particolare di quest’albero è la capacità di assorbire grandi quantità di acqua dal suolo, motivo per il quale è stato scelto per la
Dermocosmesi
Veterinaria
bonifica dei terreni paludosi in varie parti d’Italia infestate dalla malaria negli anni ’30. Gli australiani aborigeni, utilizzavano il legno di eucalipto, oltre che per la costruzione di dimore, per la fabbricazione di utensili e per uno strumento musicale a fiato chiamato ‘didgeridoo’. Gli aborigeni sono stati anche i primi utilizzatori di questa pianta: ne masticavano le radici in periodi di siccità e bevevano gli infusi delle foglie per trattare febbre, dolori di varia natura e problemi gastro-intestinali.
Bio Make Up
Dr.ssa Maddalena Piffanelli:
laureata in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche (Università degli Studi di Ferrara) ed iscritta all’Ordine dei Farmacisti dal ‘97. Dopo una ventennale esperienza nel settore farmaceutico, dal giugno del 2015, è titolare e dirige la Parafarmacia Elisir di Ravenna ove, con professionalità e dedizione, mette a disposizione utili consigli per la tutela della salute e l’ottimizzazione del benessere corporeo.
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Componenti principali
Uso esterno
Altri usi
Nell’olio essenziale c’è una prevalenza di eucaliptolo (85%), tannini, acidi fenolici, flavonoidi.
E’ presente in spray, unguenti, soluzioni per suffumigi per la fluidificazione delle secrezioni nasali e bronchiali e per la riduzione della tosse. E’ possibile effettuare anche dei massaggi con un olio base al quale vengono aggiunte poche gocce di olio essenziale di eucalipto per frizioni sul petto ad effetto balsamico e decongestionante, prima di andare a letto nel caso di problemi respiratori e naso chiuso.
Un bagno rilassante oppure un pediluvio possono essere preparati aggiungendo l’olio essenziale all’acqua calda. Rientra nella composizione di deodoranti per l’ambiente. Ha una attività insetto-repellente, per la quale viene inserito come ingrediente in formulazioni antizanzara “naturali”.
Uso interno L’eucalipto vanta numerose attività: antisettica, balsamica, espettorante, ipoglicemizzante, per lo piu’dovute all’olio essenziale contenuto nelle sue foglie. La sua attività antibatterica, in particolare è stata confermata da diversi studi scientifici in vitro.
Nella medicina popolare, viene utilizzato un decotto di foglie per problemi digestivi, respiratori (es.tosse) e per il diabete. L’olio essenziale è utilizzato in piccole quantità nella preparazione di sciroppi, gocce, compresse, caramelle, destinati alla cura di tutte le principali affezioni respiratorie (mal di gola, raffreddore, riniti, sinusiti e bronchiti). L’olio essenziale puro è controindicato per uso interno.
Alimentazione Viene utilizzato come aromatizzante nell’industria alimentare. Molto apprezzato nel periodo invernale è il miele d’eucalipto, che associa le proprietà benefiche del miele a quello della pianta.
L’olio essenziale di eucalipto rilassa, rinfresca e rinvigorisce, per questo viene utilizzato anche nella medicina sportiva per sciogliere le contratture, lenire le infiammazioni e trattare le contusioni muscolari. Sempre l’olio essenziale può essere usato in colluttori per effettuare sciacqui del cavo orale e gargarismi, per il sollievo del mal di gola e sfruttando l’effetto antibatterico per un effetto rinfrescante e preventivo nei confronti di placca e gengiviti. Sconsigliato l’uso anche esterno nei bambini sotto i due anni, per il pericolo di laringospasmo ed eccitazione. Va utilizzato con cautela nei soggetti con asma.
Curiosità Il koala, marsupiale Australiano, vive praticamente tutta la sua vita sugli alberi di eucalipto e la sua alimentazione è costituita esclusivamente dalle sue foglie …per un totale che puo’ arrivare fino ad 1 Kg al giorno, impregnandosi anche dell’odore caratteristico dell’olio, che ricorda lo sciroppo per la tosse. FINE
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SOCIETA’
OMOSESSUALITA’
IN FAMIGLIA La scoperta dell’omosessualità di un figlio costituisce nella maggior parte dei casi un evento critico e problematico all’interno dell’equilibrio familiare: vediamo insieme in che modo genitori e figli si approcciano a questo scenario.
Dott.ssa
Ludovica De Fazio
Psicologa Psicoterapeuta Sudio in via Bozzi, 83 - Ravenna - Cell. 329.5886662 E-mail: ludovica.defazio@libero.it
Come reagiscono i genitori? Incredulità, negazione, vergogna, sconforto, rabbia. Si tratta delle reazioni più frequenti riscontrate tra i genitori che apprendono la notizia, o la scoprono da sé, circa l'omosessualità di un figlio. Di solito, dopo un periodo variabile di shock, madri e padri tentano di convincere se stessi e il proprio figlio della possibilità di una crisi passeggera; così facendo possono arrivare ad una vera e propria negazione, un atteggiamento di noncuranza, come se non fosse vero. Nel momento in cui la questione si ripresenta, per insistenza del figlio nel parlarne, o per l'evolversi della situazione, ad esempio un fidanzamento o una convivenza con una persona dello stesso sesso, le reazioni più riscontrate sono la tristezza e la rabbia. A pianti e discussioni, sostanzialmente dovuti a un senso di impotenza verso una condizione considerata patologica, stigmatizzata o motivo di vergogna, possono seguire le reazioni più estreme, di rifiuto completo.
Non è raro assistere ad un disconoscimento del proprio figlio o a frasi quali "meglio un figlio malato che un figlio gay". Ancora diverso il caso di genitori fortemente religiosi, che ricorrono alla fede sottoforma di preghiera o come mezzo di redenzione per il figlio, che verrà invitato a sostenere dei colloqui con un sacerdote. Solo raramente, rendendosi conto della propria difficoltà di fronte ad una notizia del genere, i genitori si rivolgono ad un professionista, nello specifico uno psicologo. Associazione Sportiva Dilettantistica
Quali meccanismi psicologici inducono i genitori ad una reazione negativa? E' difficile scindere i meccanismi psicologici dalle componenti socioculturali. Interessante è un termine coniato da alcuni autori negli ultimi anni, quello di omonegatività: si individua qualcosa che va al di là di una reazione individuale, ma comprende le manifestazioni sociali e istituzionali dell'intolleranza nei confronti dell'omosessualità. E' chiaro che in un clima di questo tipo, l'atteggiamento del genitore è già indirizzato verso una »SEGUE sostanziale avversione.
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La rivelazione dell'omosessualità da parte di un figlio è un evento stressante di per sé, perché mette in discussione i ruoli, le aspettative e le credenze circa se stessi e l'identità del proprio figlio.
Non è un caso che le reazioni peggiori si riscontrino nei confronti delle figlie lesbiche, poiché il contrasto con il ruolo tradizionale di cura e accudimento dei figli è ancora più evidente. La poca conoscenza sull'argomento fa si che, uno dei motivi per cui un genitore non riesce ad accettare l'omosessualità del figlio, è la convinzione di una propria responsabilità: vecchie teorie sostenevano che si trattasse di una patologia e che fosse correlata, ad esempio, alla figura materna dominante. Oggi la comunità scientifica riconosce come condizione normale l'orientamento omosessuale e non sono state riscontrate correlazioni con i modelli educativi. E' indubbio che l'impatto psicologico che avrà sul genitore la notizia dell'omosessualità di un figlio dipenderà in buona parte dalle caratteristiche di personalità preesistenti: genitori rigi-
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di, con scarse abilità relazionali ed empatiche, poca apertura al dialogo avranno maggiori difficoltà nel fronteggiare la situazione.
Nel momento in cui si crea un clima positivo dal percorso differenziato con i genitori e con il figlio, è possibile concordare degli incontri congiunti.
Quali percorsi di psicoterapia possono affrontare i genitori nei casi più difficili?
Come può un figlio comunicare la propria omosessualità in famiglia?
Le reazioni e le caratteristiche psicologiche di cui abbiamo parlato celano per ognuno una storia diversa. Il percorso di psicoterapia, nelle situazioni difficili, risulta fondamentale sia per i genitori che per il figlio/figlia. Nel caso dei genitori, aiuterà a fare chiarezza sull'argomento e a eliminare dubbi circa la propria responsabilità; in secondo luogo, sarà un'occasione importante per capire il vero timore che si cela verso la mancata accettazione e che, come dicevamo, si può rintracciare nelle caratteristiche di personalità e nell'ambiente socioculturale. Per il figlio, avviare un percorso di psicoterapia è fondamentale, soprattutto nelle fasi iniziali, per sperimentare un clima di accoglienza e sostegno. Inoltre, il professionista potrà aiutare il/la ragazzo/a nel processo di scoperta e accettazione del proprio orientamento sessuale, che è spesso accompagnato da forti timori.
Il coming out, cioè l'atto di rivelare il proprio orientamento omosessuale, è un aspetto fondamentale per raggiungere una propria coerenza identitaria. E' un processo che solitamente avviene per stadi, dalla rivelazione a pochi intimi all'apertura completa. E' evidente che le persone scelte inizialmente per la condivisione di tale aspetto sono quelle che il ragazzo percepisce come meno giudicanti e rigide. La famiglia, per questo motivo, viene inclusa di rado in questa cerchia ristretta. Nel caso di genitori particolarmente chiusi sull'argomento è consigliabile chiedere aiuto a qualcuno di cui ci si fida, possibilmente della famiglia, ad esempio un fratello o una sorella. Un parere esterno risulta utile per facilitare la comunicazione e l'assunzione di nuovi punti di vista. Inoltre, è importante sottolineare ai propri familiari che non si tratta di una decisione temporanea e che non esistono responsabilità genitoriali in tal senso.
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In generale, un clima familiare improntato alla coesione, all'adattabilità e la condivisione emotiva costituirà un fattore protettivo.
Come viene vissuto il rifiuto del figlio da parte dei genitori? Nonostante i genitori di oggi abbiano maggiori strumenti culturali per affrontare positivamente l'evento del coming out, le reazioni più diffuse sono quelle di disapprovazione/rifiuto. Come anticipato, ad ostacolare l'accettazione da parte dei genitori sono perlopiù fattori religiosi e personologici.
L'impatto psicologico a seguito di un
rifiuto da parte dei genitori sarà tanto più forte quanto più si è giovani e vincolati alla famiglia anche dal punto di vista materiale. Occorre quindi agire preventivamente, individuando delle risorse che ci possano sostenere anche di fronte ad una reazione negativa: aprirsi con persone fidate che ci accettino e sostengano, crearsi un'indipendenza economica, ricorrere alla consulenza psicologica. Così facendo, si ridurranno i principali rischi a livello psicologico, primo tra FINE tutti il disturbo depressivo. I consigli di Stomatologica
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OSTETRICIA
IL PARTO IN ANALGESIA
iniettata una soluzione a base di sostanze morfiniche e anestetiche che saranno in grado di bloccare le fibre nervose che trasmettono il dolore della contrazione, consentendo qualsiasi movimento alla partoriente. Dott.
Massimo Innamorato
Responsabile del servizio di Anestesia Ostetrica e Primario della Terapia Antalgica Ospedale Santa Maria delle Croci - Ravenna A cura di
Barbara Gnisci.
La parola "analgesia" deriva dal greco e vuol dire "senza dolore". Con questo termine si intende quindi una pratica medica che permette di partorire in modo naturale evitando la sofferenza fisica.
Quali effetti produce e quando è consigliata L'uso appropriato e nei tempi prestabiliti dell'analgesia, può mitigare o bloccare alcune risposte fisiologiche al dolore come l’aumento della frequenza respiratoria, della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca e della risposta ormona-
le allo stress con incremento di adrenalina, noradrenalina e cortisolo, svolgendo così un’azione favorevole al benessere materno-fetale. La paziente rimane sveglia, rilassata e senza dolore per tutta la durata del travaglio e quindi è in grado di vivere il momento del parto nella sua completezza. È dimostrato che nel range delle dosi di farmaco utilizzate per l'analgesia peridurale e nelle condizioni di parto normale, gli effetti sull'attività comportamentale del neonato alla nascita sono insignificanti o del tutto inesistenti. In alcune circostanze, l'analgesia epidurale può… »SEGUE
In cosa consiste precisamente? Si tratta di una procedura, tecnicamente definita “blocco neuro assiale”, che richiede pochi minuti per essere praticata e non è dolorosa perché è preceduta da anestesia locale nell'area dove verrà praticata la puntura.
L’area specifica si trova a livello della regione lombare (spazi lombari da L3 a L5) e viene raggiunta adoperando un ago particolare (tuohy). In tale spazio è inserito un piccolo tubicino di materiale plastico detto "cateterino", che viene fissato alla schiena, attraverso il quale è 9
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»…dimostrarsi
addirittura vantaggiosa per il neonato soprattutto nelle partorienti preeclamptiche (pressione arteriosa elevata, gambe gonfie ecc.). In questi casi l'analgesia epidurale può migliorare il flusso placentare e aumentare l'ossigenazione del feto durante il travaglio e il parto. Altre condizioni in cui l’epidurale è particolarmente indicata sono: il diabete, l'ipertensione arteriosa, la grave miopia, nel pregresso distacco di retina e in alcune malattie cardiovascolari. Si può ricorrere all'anestesia epidurale anche in caso di parto cesareo permettendo così alla partoriente di vedere subito il neonato, di tenerlo in braccio, di allattarlo al seno da subito e infine consente una ripresa dall'intervento in tempi molto brevi.
Come viene praticata? La posizione che deve assumere la paziente per praticare l’epidurale (o peridurale) può essere “seduta” o di “fianco”.
La procedura è eseguita esclusivamente da specialisti in Anestesia e Rianimazione con competenze specifiche in “Anestesia Ostetrica e nella gestione del neonato”. L’epidurale interviene sul dolore del travaglio che è stato classificato come uno dei dolori d’intensità più elevata che l'organismo umano possa percepire. La percezione e soprattutto la tolleranza al dolore sono fattori che variano da persona a persona. Alcune donne ricavano una grande gratificazione e conferma delle proprie competenze sperimentando il travaglio e il parto al riparo da ogni medicalizzazione, mentre per altre il dolore può rappresentare un evento estremamente negativo che impedisce di vivere la nascita del bambino in modo sereno. Soffrire non è né inevitabile né tantomeno salvifico: chi sostiene il dolore del travaglio come “rito ancestrale di passaggio” non prende in considerazione che già 2000 anni fa gli Egizi ricorrevano ad amuleti e a riti magici per ridurre il dolore del parto e che i Greci e i Romani utilizzavano infusi di mandragola e papavero, senza dimenticare che, in Inghilterra, la regina Vittoria, nei primissimi anni del secolo scorso, si sottopose alla prima anestesia locale per il parto.
Le “preparazione”, qualche mese prima Poiché l'analgesia epidurale non deve interferire con la normale dinamica del
Dott. Mauro
travaglio, può essere eseguita, in accordo con l'equipe ostetrico-ginecologica, a condizione che il travaglio sia iniziato e soltanto dopo la visita del ginecologo. E' bene che la gestante che intende partorire con l'analgesia epidurale programmi, tra l'ottavo e il nono mese di gravidanza, un colloquio con il medico anestesista. Il dato statistico indica che nel ravennate il 35% delle donne prossime alla gravidanza ha richiesto il parto in analgesia. Durante la visita sarà valutata la possibilità di eseguire l'epidurale riguardo alle condizioni cliniche della mamma e agli esami del sangue eseguiti in gravidanza. Inoltre saranno fornite tutte le successive spiegazioni eventualmente richieste e sarà possibile firmare il consenso informato all'anestesia. Tale procedura si può eseguire indicativamente dalla 37° settimana gestazionale.
Possibili piccoli fastidiosi effetti del parto in analgesia L'analgesia epidurale è una tecnica sicura, ampiamente praticata in tutto il mondo da molti anni e normalmente ben tollerata, tuttavia, seppure raramente, si possono presentare alcuni effetti collaterali come brividi e mal di schiena che peraltro sono presenti anche in assenza di un’analgesia farmacologica. Inoltre può verificarsi una riduzione della pressione arteriosa, la quale sarà controllata sistematicamente durante il
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travaglio e adeguatamente trattata con la somministrazione di liquidi per via endovenosa e/o con l'utilizzo di farmaci appropriati; prurito che è la conseguenza dell'uso di alcuni farmaci per controllare il dolore, ma in genere compare in forma lieve e tollerata; accidentalmente, come complicanza legata ad un piccolo foro accidentale provocato dall'ago della peridurale sulla membrana che circonda il liquido cefalorachidiano, può esserci mal di testa dopo il parto: questo mal di testa in genere insorge a distanza di 24-48 ore dal parto, si esacerba restando in piedi e dura alcuni giorni. Può essere controllato con semplici analgesici, evitando la stazione eretta e assumendo molti liquidi, e se correttamente gestito, non lascia alcuna conseguenza.
Cosa avverte la donna che sta partorendo in analgesia? L'analgesia epidurale consente un controllo efficace nel dolore nel travaglio e nel parto, lasciando inalterate tutte le altre sensibilità e anche la capacità di muoversi e camminare. Dopo aver somministrato i farmaci nel tubicino fissato alla schiena, le contrazioni uterine continueranno a essere percepite, ma non saranno più dolorose. Talvolta alcune donne possono avvertire una lieve alterazione della sensibilità che può manifestarsi con formicolio e sensazione di calore alle gambe e all'addome.
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Il blocco motorio (comunemente avvertito come assenza di sensibilità agli arti inferiori ed estrema debolezza muscolare), può verificarsi solo in caso di errore procedurale: in quanto vi è passaggio dei farmaci nel liquido cefalo-rachidiano, legato a una manovra errata.
Alcune controindicazioni Disturbi della coagulazione del sangue; infezioni localizzate nella regione della schiena o generalizzate; alcune patologie della colonna vertebrale e altre muscolari. Ogni situazione andrà attentamente discussa con l’anestesista.
Esistono dei protocolli da seguire? Esistono vari protocolli nell’utilizzo dell’epidurale. Ad esempio nel reparto di Ostetricia di Santa Maria delle Croci, l’ospedale di Ravenna, dal 2010 si coprono tutte le fasi gestazionali, dalla fase dilatativa a quella espulsiva senza alcuna interruzione, per evitare di incorrere in stati d’iperalgesia. Non esiste quindi alcuna “dilatazione” che possa indicare o bloccare la somministrazione analgesica, ma solo e unicamente la volontà materna. FINE
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ATTUALITA’
ADDORMENTATEMI PER SEMPRE “
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COSI’ DINO HA SCELTO DI MORIRE
Il signor Bettamin, 70 anni, malato terminale di Sla, ha deciso di spegnersi per sempre con la sedazione profonda. Non è eutanasia, ma una pratica consentita dalla legge.
Non è eutanasia, ma buona assistenza
di Tiziano Zaccaria E-Mail: zaccariatiziano@gmail.com La vita di Dino Bettamin non era più vita ormai da tempo. Anche il lavoro da macellaio nella sua Montebelluna, in provincia di Treviso, era ormai un ricordo lontano. Cinque anni fa gli erano comparsi i primi segni della Sclerosi Laterale Amiotrofica, la Sla. Una malattia terribile. I muscoli lentamente si bloccano e perfino deglutire il cibo ad un certo punto diventa impossibile, generando anche angoscia e attacchi di panico. Dino aveva paura di morire soffocato. E dopo aver lottato per tre anni, quando non ce l’ha più fatta, ha chiesto di essere addormentato, per spegnersi per sempre nel sonno senza soffrire.
Dino Bettamin è morto nel più semplice dei modi Non rifiutando le cure e non facendosi staccare dal respiratore che lo teneva in vita, bensì chiedendo e ottenendo di essere sedato con un cocktail di midazolan, aloperidomo e morfina, con lo stesso protocollo utilizzato per i malati terminali di tumore. Lui non aveva il cancro, ma il suo fine vita era comunque dietro l’angolo. Aveva paura di morire soffocato e, forse, sarebbe morto proprio così. Dino lo ripeteva a tutti, anche al parroco che ogni settimana lo andava a trovare: «Voglio dormire fino all’arrivo della morte, senza più soffrire». 12
DINO BETTAMIN
Il suo pensiero lo ha detto più volte anche ai medici. E alla fine, quando sua moglie gli ha detto che tutto era stato predisposto secondo le sue volontà, ha chiuso gli occhi e se ne è andato finalmente in pace. La sua vita è finita dopo quasi dieci giorni di sedazione profonda.
E’ doveroso spiegare che la sedazione profonda non è eutanasia, ma una pratica consentita dalla legge. La precisazione arriva dalla Federazione Cure Palliative e Aisla: “Eutanasia e sedazione palliative sono pratiche differenti. La prima, vietata in Italia, ha l’obiettivo di provocare la morte del malato utilizzando farmaci letali. La sedazione palliativa/terminale, invece, si prefigge di controllare sintomi e condizioni di sofferenza che non rispondono ad altri trattamenti, si usano pertanto farmaci sedativi ad azione
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reversibile e modulabile che provocano perdita dello stato di vigilanza. Se il caso del signor Dino ha suscitato attenzione, è perché si tratta di una positiva eccezione: in Italia i malati inguaribili che possono godere delle cure palliative sono ancora pochi". Insomma, un malato terminale può dire: “Basta con i farmaci, addormentatemi profondamente e la morte arriverà nel riposo”. Non gli vengono iniettati farmaci per accelerare la morte. Il cocktail di farmaci che ha sedato Dino, non lo ha ucciso. Sul referto di morte si parla di arresto cardiaco. Tecnicamente è morto di Sla.
Testamento biologico, una legge attesa da vent’anni Per risolvere ogni questione morale, basterebbe seguire l’esempio di altri Paesi che già hanno legiferato, con precisione, in materia di Testamento Biologico. In California hanno una legge di questo tipo fin dal 1976. L’Italia è partita tardi e ha pure allungato i tempi dell’iter burocratico per oltre vent’anni: risale infatti al 1996 il primo disegno di legge su questo argomento. Ma ad oggi – anche se in queste settimane un nuovo ddl sta per arrivare in Parlamento dopo più di due decenni, siamo ancora senza una legge che consenta ad ognuno di poter esprimere il proprio testamento biologico, ovvero di poter essere libero di interrompere trattamenti artificiali che allungaFINE no la sofferenza verso la morte.
FORSE E’ LA VOLTA BUONA Proprio all’inizio di febbraio la Commissione Affari Sociali alla Camera ha approvato un nuovo disegno di legge sulle “disposizioni anticipate di trattamento”. Il provvedimento dovrebbe approdare alla Camera dei Deputati per la discussione all’inizio di marzo. Il testo uscito dalla Commissione, e divulgato dall’Associazione Luca Coscioni (che da anni si batte per ottenere questa legge), stabilisce le modalità con cui un maggiorenne può esprimere le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari nel caso fosse impossibilitato a decidere sul momento. Decisione che riguarda quindi il consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o terapeutiche, rispetto a singoli trattamenti sanitari, incluse le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali. Signor Cappato, a che punto siamo con la legge sul testamento biologico? La discussione va avanti, ma tra continui rinvii. Il voto alla Camera era previsto inizialmente per il 30 gennaio, ma nel momento in cui parlo (il 25 febbraio, ndr.) ci sono già stati tre rinvii. Dovendo passare anche al Senato, c'è il grande rischio che non si arrivi in tempo prima della fine della legislatura. C'è anche il rischio che si approvi una versione molto annacquata, che di fatto fornisca al sistema sanitario diverse scappatoie per non rispettare dav-
vero la volontà del paziente senza che alcuno sia chiamato davvero a risponderne. Quando potremo arrivare ad una legge sull’eutanasia? La nostra proposta di legge di iniziativa popolare è stata depositata tre anni e mezzo fa e siamo ancora in attesa di una discussione. A questo punto sarà necessario attendere la prossima legislatura. Nel frattempo, non stiamo fermi. Con Mina Welby e Gustavo Fraticelli, continuiamo ad aiutare i malati che chiedono di andare in Svizzera per il suicidio medicalmente assistito, così come abbiamo fatto in questi giorni con Dj Fabo. Non ci fermeremo, fino a quando non ci sarà una buona legge anche in Italia, per l'eutanasia legale e dunque contro l'eutanasia clandestina. Cappato in persona ha accompagnato Dj Fabo in Svizzera. In una clinica privata d'Oltralpe (il cui nome non è stato diffuso), dopo essersi sottoposto alle visite mediche previste dai protocolli, il 27 febbraio scorso Dj Fabo ha visto esaudire la sua implorante richiesta di eutanasia. "Fabo ha scelto di andarsene rispettando le regole di un Paese che non è il suo". Con queste parole Cappato ha annunciato il suo decesso. "Ha morso un pulsante per attivare l'immissione del farmaco letale: era molto in ansia perché temeva, essendo cieco, di non riuscirci”. Al suo rientro in Italia, Cappato si è autodenunciato, dando conto del suo atto e assumendomesene le responsabilità. Per lui si configurerebbe il reato di “aiuto al suicidio”. Rischia fino a 12 anni di carcere. (ndr.).
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GINECOLOGIA
RIABILITAZIONE DEL PAVIMENTO PELVICO
Conosciamo meglio questa parte del corpo che alle volte trascuriamo, ma che influisce sul nostro benessere.
Spina dorsale Vescica
Utero
Pube
Cosa è il pavimento pelvico?
Dott.ssa
Simonetta Santisi
Fisioterapista c/o Studio Medico DonnaSiCura Ravenna - Tel. 0544.1825803 E-mail: donnasicurapolistudio@gmail.com
Urinare e defecare sono da sempre nella nostra cultura considerati argomenti tabù eppure riguardano funzioni fondamentali che, se alterate, possono condizionare la nostra qualità di vita. Il compito della riabilitazione del pavimento pelvico è quello di rieducare queste funzioni quando sono state compromesse: questo compito riguarda quindi il trattamento dell'incontinenza cioè quando, involontariamente si perdono feci o urina, si occupa di stipsi quando cioè diventa difficile andare di corpo ed inoltre tratta il dolore perineale, quello cioè localizzato nella zona genitale. La riabilitazione del pavimento pelvico è poi utile alla prevenzione e al trattamento dei prolassi rettali ed uro-genitali, quando cioè l'ano, la vescica, l'utero invece di rimanere interni al corpo tendono ad uscirne fuori. Sono inconvenienti diffusi e a volte molto fastidiosi, che mettono in crisi l'equilibrio personale e modificano negativamente la qualità di vita. Vediamo di capire e conoscere meglio insieme il significato delle parole che descrivono questa parte del nostro corpo che poco conosciamo. 14
Coccige
È la zona che "chiude" in basso il nostro Valvola Retto corpo. Esso ha la della vescica MUSCOLI del forma di una losanga, sostenuta Uretra Ano PAVIMENTO dal pavimento toccandolo ci si può Vagina PELVICO pelvico facilmente rendere conto che è costituito da pelle e da le tuberosità ischiatiche (le ossa che senmuscoli che assomigliano molto ad tiamo quando ci sediamo su di una una tela elastica sostenuta ai quat- sedia). Questo pavimento non è comtro angoli da quattro punti ossei: il pletamente chiuso, ma attraversato da primo si trova anteriormente, sotto la dei "canali" che sono l'ano e l'uretra pancia ed è il pube, quello dietro è il nell'uomo e l'ano, l'uretra e la vagina coccige e le ossa che stanno ai lati sono nella donna.
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Quali sono le funzioni del pavimento pelvico? 1 Collabora al sostegno dei visceri che sono contenuti nella pelvi (intestino e utero nella donna, prostata e vescica nell'uomo) così come il pavimento di una stanza al 1° piano regge i mobili che vi sono appoggiati sopra. 2 Partecipa ai meccanismi della continenza sia urinari che fecali. 3 Partecipa alla funzione sessuale e riproduttiva (sostiene l'utero con il feto al suo interno e si distende al momento del parto per lasciar passare il bambino).
Se il pavimento pelvico non funziona bene Un'alterazione della muscolatura del pavimento pelvico porterà quindi ad una disfunzione che sarà diversa a seconda del problema. Quindi una diminuzione del tono muscolare (provocata per esempio del parto, da un intervento chirurgico, dalla menopausa...) altererà Muscolatura del la capacità dei pavimento pelvico muscoli di svolgere adeguatamente la loro funzione di sostegno (prolasso) o diminuirà il loro intervento nei meccanismi della continenza (incontinenza urinaria o fecale), al contrario un aumento del tono (provocato ad esempio da infezioni locali ripetute quali la candida, o cistiti ricorrenti..) comprometterà la capacità del muscolo di rilassarsi correttamente portando a difficoltà ad urinare (ritenzione urinaria) o a defecare (stipsi) oppure a sindromi dolorose (vulvodinia). La riabilitazione del pavimento pelvico ha dunque lo scopo di correggere queste disfunzioni ripristinando il normale tono muscolare e riportando l'armonia tra le varie parti del corpo, con l'obiettivo di guarire o ridurre i sintomi riferiti dal paziente.
Quali sono le tecniche di riabilitazione? ESERCIZIO TERAPEUTICO: una serie di esercizi diretti alla parte muscolare del pavimento pelvico programmati e finalizzati in base al tipo di disfunzione.
BIOFEEDBACK: questa tecnica prevede l'utilizzo di uno strumento in grado di registrare l'attività dei muscoli del pavimento pelvico attraverso una sonda (vaginale o anale) e di trasformare la contrazione in una segnale visivo e sonoro (immagine grande sopra). Il soggetto può così vedere e sentire l’effetto della contrazione muscolare migliorando la percezione e la consapevolezza del pavimento pelvico. STIMOLAZIONE ELETTRICA FUNZIONALE: anche questa tecnica prevede l'utilizzo di una sonda vaginale o anale, questa volta per somministrare uno sti-
molo elettrico a scopo terapeutico con l'obiettivo di rinforzare il muscolo (nel caso in cui sia debole come nell'incontinenza o nei prolassi), di inibire il muscolo che avvolge la vescica nel caso in cui questo sia iperattivo (come nell'incontinenza da urgenza) e di rilassare il muscolo nel caso in cui questo sia eccessivamente contratto come capita nelle sindromi dolorose. AUTOTRATTAMENTO: al paziente viene richiesto di eseguire al proprio domicilio alcuni esercizi imparati durante la seduta riabilitativa (e/o di utilizzare al domicilio uno strumento per la stimolazione elettrica funzionale) per accellerare il raggiungimento degli obiettivi terapeutici.
Familiarizzare con questa parte del nostro corpo L'obiettivo della riabilitazione è che la persona sia in grado di utilizzare con lo stesso grado di padronanza con cui utilizza i muscoli di un braccio o di una gamba, anche queste parti del corpo a cui ordinariamente non presta attenzione imparando a controllare di nuovo, e a possedere mentalmente, quei gesti (come urinare o andare di corpo) che ha sempre considerato automatici ed in parte estranei alla propria volontà. FINE 15
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ALIMENTAZIONE
ZUCCHERI L’IMPORTANTE E’ NON ESAGERARE
Fanno veramente così male? Vediamo di sfatare alcuni luoghi comuni e di specificare bene quelli che sono i reali comportamenti scorretti.
Dott.
Andrea Baldisserri
Medico-Chirurgo specialista in otorinolaringoiatria E-mail: abaldisserri@alice.it
Il settore degli zuccheri, o più correttamente dei “glucidi” o “carboidrati”, è molto articolato. Innanzitutto gli zuccheri possono essere semplici come il glucosio e il saccarosio, oppure complessi come l’amido. Sono presenti nella frutta e nella verdura (saccarosio, glucosio e fruttosio), nel miele (fruttosio e glucosio), nel latte e nei prodotti lattiero-caseari (lattosio, glucosio e galattosio), in misura minore nei cereali (maltosio). E si possono trovare come zuccheri aggiunti in diversi alimenti e bevande, come succhi di frutta, bibite, confetture e dolci.
Innanzitutto un po’ di chiarezza Affrontare questo argomento è sempre un po’ delicato, anche perché molte persone sono convinte che l’aumento di peso sia esclusivamente correlato al consumo di zucchero. In realtà sovrappeso e obesità sono originati da più fattori, spesso sono connessi ad una dieta non equilibrata ed uno stile di vita sedentario. In poche parole, compaiono quando le calorie introdotte sono superiori a quelle consumate. Gli zuccheri, in realtà, fanno parte a tutti gli effetti 16
della dieta dell’essere umano, anzi durante la nostra evoluzione hanno rappresentato un elemento sostanziale a nostro favore. Il glucosio rappresenta il carburante preferito dall’organismo e in alcune circostanze è fondamentale. Per esempio, una neo mamma necessita di almeno 70 grammi di glucosio al giorno per allattare il proprio neonato.
L’intelligenza dell’organismo Il nostro corpo ha la capacità innata di sopportare lunghi periodi di digiuno: fabbrica in proprio il glucosio necessario,
tramite un processo chiamato neoglucogenesi, sfruttando le riserve di glicogeno. E siccome queste riserve sono limitate a pochi etti, l’evoluzione ci ha dotati di un ulteriore sistema in grado di fabbricare glucosio da altri substrati energetici. In sostanza, anche non assumendo affatto glucosio, il nostro corpo lo produce per diverse settimane, anche se ciò porta al consumo di proteine, ovvero dei muscoli. Gli zuccheri giocano un ruolo importante anche nell’attività fisica, per la quale necessitiamo di energia. In particolare i carboidrati sono il substrato a più pronto rilascio di energia.
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L’ATTIVITÀ FISICA FA BENE, SEMPRE
Ed è la mancanza o la scarsità di attività fisica (e non l’assunzione di zuccheri di per sé) a determinare sovrappeso, obesità e anche insulino-resistenza ed iperglicemia.
Ma allora, quanto zucchero dobbiamo consumare?
disaccaridi (saccarosio) aggiunti ad alimenti e bevande, e gli zuccheri naturalmente presenti in miele, sciroppi e succhi di frutta. Nell’ambito di una dieta varia ed equilibrata e di uno stile di vita sano, è quindi accettabile un consumo moderato di alimenti o bevande contenenti zucchero. Anche perché il consumo eccessivo di qualsiasi tipo di alimento ha sempre e comunque un impatto negativo sulla salute e sul peso corporeo. Importante è quindi porre molta attenzione alle porzioni e al contenuto energetico delle stesse.
Il ruolo degli zuccheri aggiunti ad alimenti e bevande, come lo saccarosio utilizzato per dolcificare il caffè, è spesso materia di discussione.
Un cucchiaio invece contiene circa 15 gr. di zucchero.
IL MITO DA SFATARE
Un cucchiaino (colmo) da caffè contiene circa 8 gr. di zucchero.
E il glucosio invece cosa fa?
Le ultime linee guida sul consumo di zuccheri emanate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità prevedono una dose giornaliera consigliata di 25 grammi, fino ad un massimo di 50 grammi. La raccomandazione esclude gli zuccheri presenti naturalmente nella frutta fresca, nei vegetali e nel latte, ma riguarda i monosaccaridi (glucosio e fruttosio) e
Va anche ricordato che la salita della glicemia dipende anche dai vari tipi di zucchero, dai più semplici (monosaccaridi) ai più complessi (polisaccaridi). Nel rialzo della glicemia si passa da un massimo dato dal glucosio ad un minimo dato dal fruttosio. Ciò non significa che il fruttosio sia più salutare del glucosio: è sperimentato che animali nutriti con fruttosio puro accumulano più rapidamente grasso nel fegato rispetto a quelli nutriti con glucosio. Insomma, non esistono in natura fenomeni assolutamente buono/cattivo, ma varie FINE gradazioni di grigio.
Discorso a parte meritano gli effetti del glucosio sulla glicemia e sulla cosiddetta insulino-resistenza, che possono essere valutati mediante l’indice glicemico o test di sensibilità insulinica. Va detto che oltre alle caratteristiche dell’alimento ed il suo contenuto in glucosio, vari fattori ambientali possono modificare il risultato. Tra questi, il più eclatante è il livello di attività fisica, che determina una marcata modulazione dell’insulinoresistenza.
Lo zucchero di canna è più salutare di quello bianco? No: entrambi contengono la stessa molecola, quella del saccarosio. La differenza è che mentre lo zucchero bianco contiene solo saccarosio, quello bruno contiene anche qualche residuo di melassa (tra l’1 e il 5 per cento, a seconda dei tipi di zucchero grezzo in commercio), che gli dà un colore ed un’aroma un po’ diversi. Nella melassa sono presenti, in quantità molto basse, anche minerali e vitamine, ma le dosi giornaliere di zucchero che assumiamo, o dovremmo assumere, sono troppo piccole perchè minerali e vitamine apportino un sostanziale beneficio.
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LONGEVITA’
DESDEMONA
MAMBELLI PARTIGIANA CENTENARIA
Nata nel 1916 a Carraie di Ravenna, dagli anni Trenta risiede a Bastia. Ha fatto la sarta e la contadina. E ha partecipato alla lotta antifascista.
di Tiziano Zaccaria E-Mail: zaccariatiziano@gmail.com Nata a Carraie di Ravenna il 4 luglio 1916, Desdemona Mambelli è giunta al traguardo dei cento anni con una memoria ancora integra, piena di ricordi. «Ero la seconda di cinque figli. Mio padre faceva il sarto, mia madre la casalinga. Dopo la quarta elementare, a dieci anni iniziai a lavorare assieme a mio padre. Con la nostra cavalla andavamo presso le case di famiglie numerose, dove prendevano le misure, tagliavamo le stoffe e cucivamo i vestiti ad adulti e bambini. Spesso ci pagavano dandoci dei prodotti alimentari. Soldi ne giravano pochi, ma ci bastava portare a casa qualcosa da mangiare».
Desdemona nasce durante la prima guerra mondiale Il padre di Desdemona aveva partecipato alla Prima guerra mondiale. «Quando nel 1918 tornò a casa dopo tre anni di conflitto, rientrando in paese incontrò un gruppo di fanciulle che stavano giocando per strada. Si fermò e disse loro che lui aveva una bambina piccola, ma non l'aveva ancora vista, perché era partito per il Fronte con la moglie in stato di gravidanza. Una di quelle fanciulle ero io. Fu così che vidi per la prima volta mio padre, a tre anni».
L’avvento del periodo fascista Qualche anno dopo la politica cominciò a condizionare fortemente la vita degli
italiani e Desdemona iniziò a capire il valore della libertà: «Tutti erano obbligati ad essere fascisti, l’iscrizione al partito era necessaria se si voleva lavorare. Mio padre era comunista e si rifiutò di prendere la tessera del fascio. Le conseguenze non si fecero attendere: la nostra famiglia venne perseguitata. I fascisti in paese ordinarono di non darci più lavoro di sartoria e mio padre si ritrovò senza un reddito. Eravamo in sette in famiglia e vivevamo con il cucito».
L’adolescenza difficile L'isolamento sociale pianificato dai fascisti provocò povertà e mortificazione nella vita d’adolescente di Desdemona: «Ricordo in particolare un episodio…
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Mia mamma mi mandava a prendere il pane, lasciandolo da pagare perché non sempre avevamo una disponibilità di soldi. Ma un giorno la fornaia mi disse di non ripresentarmi più, perché il pane a credito non ce l’avrebbe più dato. Tornai a casa fra le lacrime. Fu umiliante. Sono nata in una famiglia dove le idee politiche sono state pagate con la povertà e la violenza».
Il matrimonio Verso la metà degli anni Trenta, dopo il matrimonio, Desdemona si trasferì assieme al marito di professione bracciante (morto nel 1992 a 78 anni) in località Bastia, nella casa dove tuttora risiede. Iniziò a lavorare anche lei come contadina. E intanto... «A vent’anni è iniziata la mia partecipazione al movimento antifascista. Io non ho fatto molto, ma l’ho sempre fatto senza paura, contenta di avere un ruolo e una responsabilità nella lotta per la libertà».
Gli anni ‘40 e la resistenza Desdemona fu una partigiana attiva durante la guerra di Liberazione: «Nel 1944 veniva a casa mia un amico di
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Carraie con un biroccio che nascondeva delle armi provenienti da Bertinoro. Mi chiedeva di proseguire il viaggio, di recapitarlo in una casa di Massa Forese, vicino a Campiano, punto di ritrovo di un gruppo di partigiani. Io prendevo la cavalla e lo portavo a destinazione senza paura. A volte, mentre trasportavo le armi nascoste, mi capitava di incontrare dei fascisti che mi salutavano perché mi conoscevano. Se mi avessero scoperta, sicuramente sarei finita in galera e forse mi avrebbero fucilato. Altre volte trasportavo dei bigliettini che alcuni partigiani mi portavano a casa. Nascosti nel petto, li portavo in bicicletta fino ad una casa di Gambellara. Che documenti fossero non l’ho mai saputo. Mi era vietato guardarli, io dovevo solo consegnarli».
Nel primo dopoguerra… …Desdemona, per un po’ di tempo, ha continuato a fare politica attiva: «Sono stata la responsabile di zona dell’Udi (Unione Donne Italiane) e facevo i cappelletti alle Feste dell’Unità, oltre a qualche altra attività di volontariato.
Anche mio fratello Onorio, scomparso nel 2003, aveva aderito al movimento antifascista come giovane partigiano e combattè al fianco di Bulow (al secolo, Arrigo Boldrini, comandante partigiano durante la resistenza) in Croazia, nell’ex Jugoslavia».
Oggi… …Desdemona vive serena, ancora in salute, nella sua abitazione di Bastia. Ha qualche limite nell'uso delle gambe e prende le medicine contro la pressione alta della quale soffre da cinquant'anni. A prendersi cura di lei sono i suoi due figli, Ornella di 80 anni ed Amilcare di 70, che vivono con le rispettive famiglie accanto alla sua abitazione. Desdemona ha anche due nipoti e due pronipoti. La sua ricetta per mantenersi a cento anni è semplice: mangia poco ma di tutto. Fino a qualche anno fa leggeva ancora libri e giornali. Oggi la vista è meno buona e allora passa le sue giornate chiacchierando con gli amici che vanno a trovarla e guardando la televisione. Si tiene informata guardando i telegiornali. FINE
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PREVENZIONE LESIONI DA DECUBITO E MIGLIOR CONFORT La Cooperativa Sociale CO.R.I.F. (socia del Consorzio Sol.Co) fornisce l’apparecchiatura X-Sensor alle Casa Residenza Anziani del territorio, garantendo all’utente un maggiore comfort ed una valida prevenzione alle lesioni da pressione.
Il servizio è disponibile anche per privati ed aziende. 1 - Analisi computerizzata della postura da stesi e seduti Il sistema Xsensor è un sistema sensore capacitivo, utile nel confrontare tecnologie alternative per la seduta e gli ausili antidecubito, per garantire al paziente il valore terapeutico massimo disponibile; il sistema di mappatura Xsensor misura le pressioni di interfaccia tra due superfici e visualizza le informazioni sul pc ad esso collegato; i sensori di pressione Xsensor sono estremamente flessibili, precisi e funzionano bene su superfici sia piane che sagomate; il sistema di mappatura Xsensor viene posizionato tra due superfici, si registrano i dati di pressione, si visualizzano e analizzano poi le informazioni in 2D o in 3D con il software Xsensor. 2 - Mappatura distribuzione della pressione esercitata sulla cute del paziente Rilevazione del picco di pressione massimo, pressione media, area di contatto con la cute; funzione di valutazione del rendimento dei sistemi antidecubito e/o dell’ausilio e/o delle pressioni esercitate sulla cute in un determinato periodo di tempo; funzione didattica e formativa; funzione di ricerca e studio, funzione pratica nel lavoro.
3 - L’analisi della postura aiuta ad identificare la migliore soluzione per il paziente Identificazione delle zone ad alto rischio lesioni da pressione; identificazione delle asimmetrie posturali; aiuto nella prevenzione e gestione del rischio di lesioni da pressione; aiuto nel posizionamento del paziente nella maniera più corretta e confortevole in carrozzina e nel letto - monitoraggio del comportamento e rendimento dei sistemi antidecubito.
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ALIMENTAZIONE
OUANTE SONO LE CALORIE DEL VINO?
Ne ha tante: mezzo litro ne contiene 300. Attenzione quindi a berne in eccesso. Oltre all’alcol, occorre smaltire anche quelle.
Dott.
Vladimir Guluta
Cardiologo c/o Maria Cecilia Hospital - Cotignola E-mail: vguluta@gmail.com
Abbiamo imparato molto bene a fare i conti con il cibo. E’ nota la quantità di carboidrati, di proteine e di lipidi (grassi) che ogni alimento contiene. Ed è anche noto quante calorie ci fornisce ogni grammo di questi tre composti fondamentali della nostra alimentazione.
E con l’alcol, come si fanno i conti? Supponiamo che durante una giornata tra aperitivi e pasti beviamo mezzo litro di vino con 11° di alcol.
?
La gradazione ci indica quanti millilitri di alcol ci sono in 100 millilitri di vino e ci permette di calcolare il contenuto di alcol di una determinata quantità.
Tornando al nostro esempio, se in 100 millilitri di vino ci sono 11 millilitri di alcol, allora in 500 millilitri di vino che abbiamo bevuto ci saranno 55 millilitri di alcol. Ma andiamo oltre: quanti grammi di alcol rappresentano 55 millilitri di alcol? Vale a dire che trasformia-
mo il volume in peso. Per questo dobbiamo moltiplicare il numero dei millilitri per 0,79 (il peso specifico dell’alcol). La risposta è 43 grammi: mezzo litro (500 millilitri) del nostro vino contiene 43 grammi di alcol. Dobbiamo sapere che 1 grammo di alcol fornisce al nostro organismo 7 calorie. A questo punto, i 43 grammi forniscono niente meno che 301 calorie. Mezzo litro di vino ci da 300 calorie. Sono più di un piatto di passatelli in brodo con parmigiano, più di 200 grammi di carne magra di vitello, più di un chilo di pesche. E poi sono dolori… altre 300 calorie da smaltire. FINE
KCAL in un bicchiere di vino (125 ml) Vino Vino Vino Vino Vino Vino
ROSSO ROSÈ medio BIANCO dolce BIANCO secco BIANCO medio BIANCO frizzante
Kcal 85 Kcal 89 Kcal 118 Kcal 83 Kcal 94 Kcal 95
DALLA TEORIA ALLA PRATICA Un consumo giudizioso di vino può incidere per circa il 7-12% del nostro fabbisogno energetico giornaliero. Il fabbisogno giornaliero “standard” di un adulto è poco al di sopra di 2000 calorie… anche se si sa che questo valore può variare in funzione del sesso, della corporatura e dello stile di vita e può essere inferiore in un periodo in cui siamo sottoposti a un regime alimentare restrittivo (una dieta per esempio). Le calorie discrezionali sono considerate “extra” nel senso che non sono essenziali e necessarie per soddisfare il fabbisogno nutritivo. Esse possono provenire da grassi solidi, da zuccheri aggiunti e da bevande alcoliche, o dal consumo di una maggior quantità di cibo da qualsiasi gruppo di alimenti. La quantità di calorie discrezionali si basa sulla stima del fabbisogno calorico per età-sesso. L’attività fisica aumenta il fabbisogno di calorie, quindi chi è più attivo fisicamente ha bisogno di più calorie totali e ha a disposizione una quantità maggiore di calorie discrezionali. Una donna o un uomo di età compresa tra i 31 e i 50 anni che svolge un’attività fisica giornaliera moderata di meno di 30 minuti può utilizzare una quantità di calorie discrezionali compresa rispettivamente tra le 195 e 290 kcal. Considerando che un bicchiere da 125 ml di vino rosso di gradazione media apporta circa 85 kcal, allora lo stesso individuo sopra citato può tranquillamente pemettersi un paio di bicchieri di vino al giorno, in un regime di alimentazione “normale”, senza che l’apporto di alcol contribuisca all’aumento del suo peso. È altresì vero che introducendo lo stesso quantitativo di calorie considerato sopra e non svolgendo alcuna attività fisica giornaliera, è ipotizzabile un aumento di 1 kg nel giro di 35-40 giorni e quindi di circa 9-10 kg in 1 anno. 21
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INFETTIVOLOGIA
EBOLA IL VACCINO FUNZIONA
La casa farmaceutica statunitense Merck ha testato il nuovo vaccino su quasi 6mila persone. Nessuna di loro ha contratto la malattia. L’Oms: “Pronti ad affrontare nuove epidemie con 300mila vaccini”.
di Fabio Lironzi Notizie confortanti nella lotta contro ebola. Un vaccino sperimentale si è rivelato totalmente efficace nel contrastare il virus che negli anni scorsi ha causato oltre 11mila morti in Africa occidentale. I risultati dei test clinici condotti in Guinea e Sierra Leone sono stati definiti molto convincenti dall’Organizzazione mondiale della sanità. Dunque, in futuro il vaccino dovrebbe poter evitare nuove epidemie. Nella comunità scientifica i pareri sono concordi sul fatto che cambierà la lotta contro ebola, rendendola più efficace e mirata: un traguardo insperato fino all’anno scorso.
Gli studi precedentemente effettuati hanno prodotto risultati concreti Le ricerche di un vaccino anti-ebola si erano intensificate dopo l’epidemia che, dal dicembre 2013, portò a molte vittime e casi di contagio anche al di fuori dall’Africa occidentale. Sotto la spinta dell’Organizzazione mondiale della sanità ed altre istituzioni, varie case farmaceutiche avevano avviato test clinici dei loro vaccini, con prove sul campo soprattutto in Guinea e in Sierra Leone, i due paesi africani col più alto numero di contagi.
Come si è arrivati alla scoperta di questo vaccino? Il vaccino rVSV-ZEBOV, sviluppato dalla 22
casa farmaceutica statunitense Merck, nel picco dell’epidemia aveva ricevuto cinque milioni di dollari di fondi da Gavi, un’organizzazione internazionale che raccoglie denaro da numerose fondazioni per finanziare progetti legati allo sviluppo e alla diffusione dei vaccini. I test clinici più recenti sono stati eseguiti l’anno scorso nella Guinea marittima, la parte occidentale del paese lungo la costa, che aveva ancora diversi focolai di ebola, seppure in progressiva riduzione. Per sperimentare rVSV-ZEBOV è stato utilizzato il sistema della “vaccinazione ad anello”, usato per
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gli individui che sono stati a contatto con la persona infetta, iniziando da quelli con i rapporti più stretti e allargando poi il campo agli altri, procedendo a cerchi concentrici (da qui il termine “ad anello”). Con questo sistema sono state vaccinate circa 120 cerchie di amici e parenti di persone infette, con una media di 80 vaccinazioni per ogni cerchia.
Questa “vaccinazione ad anello” ha prodotto risultati importanti Fra le seimila persone che hanno ricevuto il vaccino nella fase sperimentale, i ricercatori non hanno rilevato nemmeno un caso di ebola a 10 giorni di distanza dalla somministrazione, l’equivalente dei tempi medi di incubazione del virus, cioè il tempo che intercorre tra il contrarlo e il manifestarsi dei sintomi. Invece fra i non vaccinati, nello stesso periodo, sono stati rilevati ben 23 casi di ebola. Inoltre, il sistema “ad anello” ha permesso di contenere molto più velocemente la diffusione di nuovi focolai della malattia. I risultati di questa sperimentazione sono stati pubblicati sulla rivista “Lancet”.
Il parere dell’OMS Ora la casa farmaceutica Merck si è impegnata a preparare 300mila dosi del vaccino, da mettere a disposizione immediatamente nel caso di un’emergenza, anche prima di ricevere l’approvazione definitiva, che richiede tempi più lunghi e che dovrebbe essere completata entro il 2018. Citando dati e risultati ottenuti sul campo da questa sperimentazione, l’Organizzazione mondiale della sanità ha definito questo vaccino “sicuro ed efficace” per contrastare la diffusione di ebola. Marie-Paule Kieny, autrice della ricerca, ha detto con soddisfazione: «Le conclusioni dello studio sono convincenti e dimostrano che se si verificherà una nuova epidemia, sapremo come difenderci».
Le origini di questo virus
Eistono più tipi specifici di Ebola
Il virus Ebola fu identificato per la prima volta nel 1976 in Africa, quando si riscontrarono alcuni focolai sporadici. Nel triennio 2013-16 ha provocato oltre 11mila morti, spingendo gli studiosi a cercare un vaccino. I virus di questo genere si trasmettono attraverso il contatto con i fluidi biologici di un infettato, anche durante il suo periodo di incuba-
TELESOCCORSO
zione (30 giorni prima dei sintomi). La malattia colpisce gli essere umani con una febbre emorragica e un tasso di letalità molto alto.
Dal punto di vista scientifico si conoscono cinque specie appartenenti al genere Ebolavirus, che prendono il nome dalle regioni nelle quali sono state individuate per la prima volta: Bundibugyo, Reston, Sudan, Taï Forest, Zaire. Zaire ebolavirus è la specie di riferimento, semplicemente chiamata "virus Ebola", responsabile del maggior numero di epidemie attribuibili al genere. FINE
È un sistema di controllo, di assistenza e di allarme sanitario attivo tutti i giorni dell’anno 24 ore su 24 particolarmente utile se vivi da solo e puoi avere bisogno urgente d’aiuto: anziani e disabili, persone affette da malattie a rischio, pazienti con handicap psico-fisici. - Semplicità di utilizzo, sicurezza, fiducia; - Un Operatore sempre a disposizione; - Centrale Operativa pronta in ogni momento a ricevere le richieste di aiuto e ad attivare i soccorsi più efficaci; - Cartella clinica con dati sociosanitari, logistici, persone da contattare; - Chiavi di casa custodite da noi o affidate a persone di vostra fiducia.
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Poliambulatorio Privato Direttore Sanitario Dott. Filiberto Ponzetti Specialista in Fisiatria
Il gruppo LPL Ortopedici Associati a BE.TA. Medical: una nuova eccellenza del BE.TA. Medical Lab. Dopo un percorso di elaborazione maturato durante una lunga esperienza ospedaliera di tre medici specialisti in ortopedia, il gruppo LPL Ortopedici Associati (Lijoi-Paganelli-Lupetti) è operativo dal 1 gennaio 2017 su 3 diverse cliniche della Romagna, convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale. Il gruppo LPL nasce dalla consapevolezza che nella professione della chirurgia ortopedica sia ormai diventato impossibile raggiungere il più elevato livello di competenza in ogni settore. Dalla unione di tre professionalità, con un lavoro che sarà sempre strettamente di gruppo, si potrà così garantire il massimo in termini di qualità delle cure ai pazienti, permettendo di ottenere i migliori risultati possibili per tutte le patologie ortopediche. In particolare il Dr. Lijoi è pioniere in Italia delle techiche chirurgiche artroscopiche della caviglia e della chirurgia mini-invasiva dell’anca; il Dr. Lupetti si occupa di patologia del ginocchio e della mano, con una forte esperienza in chirurgia protesica e nelle ricostruzioni legamentose artroscopiche maturata nel mondo sportivo professionistico del rugby e del baseball e semi-professionistico del calcio, mentre il dottor. Massimo Paganelli è esperto di patologia della spalla, dopo anni di lavoro nella equipe medica del Dr. Porcellini di Cattolica. Il gruppo LPL segue infine con attenzione lo sviluppo di tecniche di medicina rigenerativa che possono limitare o procastinare il momento di intervenire chirurgicamente: nella moderna ortopedia insomma, lo scopo è anche quello di cercare di evitare i trattamenti chirurgici, o quantomeno di ricorrere il meno possibile alla chirurgia.
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SALUTE
LE DIECI REGOLE D’ORO PER UN
CUORE DA CAMPIONI Attenzione al sale ed agli zuccheri nascosti, sì agli Omega 3 e alla frutta a guscio. No al fumo, che genera radicali liberi e favorisce l’invecchiamento.
Mangiare frutta e verdura contro i radicali liberi E’ consigliato assumere cinque porzioni al giorno di frutta e verdura di stagione, fondamentali per contrastare l’azione dei radicali liberi, che sono responsabili dell’invecchiamento cellulare. Inoltre, gli alimenti freschi di stagione contengono vitamine amiche del cuore (E, C, betacarotene).
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Dott.
Marco Diena
Presidente Cardioteam Foundation Onlus
Semaforo rosso per sale, grassi saturi e alimenti raffinati; alimentazione ricca invece di vitamine, frutta e verdure crude per combattere i radicali liberi. Sono alcuni dei consigli della campagna di sensibilizzazione per la salute del cuore promossa da AQUASALIS Gmbh, l’azienda svizzera che produce la prima soluzione salina spray naturale, con il 75% in meno di sodio rispetto al sale in grani, in collaborazione con Fondazione Cardioteam Onlus.
E’ risaputo che… …uno dei maggiori fattori di rischio per infarto, ictus ed aneurisma è l'ipertensione arteriosa, ovvero la pressione alta nelle arterie, che vede nell’alimentazione ricca di sale una delle sue principali cause. Finora i medici hanno sempre consigliato di ridurre l’uso del sale in cucina, ma in pochi vogliono rinunciare al gusto. Oggi, invece, con Aquasalis è possibile condire tutti i cibi in modo sano e naturale con la stessa
sapidità del sale in grani, senza mettere a rischio la salute. AQUASALIS può essere utilizzato facilmente: si spruzza a piacere sugli alimenti cotti e crudi, con l’unica accortezza di condirli lontano dalle fonti di calore.
Ma quali sono le regole d’oro per uno stile di vita a prova di cuore? 1
Abbattere il consumo di sale Il sale in eccesso è un importante fattore di rischio, perché fa salire la pressione arteriosa oltre il valore “limite” 130/85. In base alle direttive dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il consumo giornaliero di sale per un adulto non dovrebbe superare i 5 grammi (un cucchiaino raso). Attualmente ne consumiamo in media 10-12 grammi al giorno: se solo dimezzassimo questa quantità, potremmo abbattere del 17% la probabilità di malattie cardiovascolari e del 23% quella di ictus.
3
Tenere sotto controllo peso e giro vita L’aumento di massa grassa, specialmente a livello addominale, favorisce le patologie metaboliche (dislipidemie e diabete), mentre l’aumento del peso corporeo favorisce anche l’innalzamento della pressione arteriosa. La circonferenza addominale non dovrebbe avere valori superiori a 94 cm nell'uomo e 80 cm nella donna. Valori superiori a 102 cm nell'uomo e 88 cm nella donna sono associati ad un "rischio accentuato".
4
Evitare alimenti raffinati e bevande zuccherine Gli alimenti raffinati, per lo più a base di farina bianca, zucchero e grassi idrogenati, provocano obesità, ipertensione e diabete. Il consiglio? I cibi più indicati per ridare al cuore la sua elasticità e flessibilità… »SEGUE 25
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»…sono
i cereali integrali, ricchi di fibre, meno raffinati e con ridotto apporto di zuccheri che riducono anche il rischio di sviluppare il diabete. Inoltre, una giusta idratazione permette uno smaltimento adeguato delle “scorie” prodotte dal nostro corpo (bere almeno un litro e mezzo di acqua al giorno). Le bevande alcoliche vanno assunte con molta moderazione (al massimo due bicchieri di vino al giorno) e vanno evitate le bibite e le bevande zuccherine.
5
Fare attività fisica Un esercizio fisico moderato per almeno 40 minuti, tre volte alla settimana, è fondamentale per favorire la diminuzione del peso, l’aumento del “colesterolo buono” e l’abbassamento del livello dei trigliceridi e della glicemia. Sì agli esercizi aerobici di media intensità che favoriscono la riduzione della massa grassa (camminata veloce, ciclismo, nuoto), no agli sforzi brevi e intensi che rischiano di sovraccaricare il cuore.
6
Colesterolo sempre sotto controllo In un individuo sano il valore ottimale di colesterolo nel sangue non deve superare i 190, mentre nei soggetti a rischio cardiovascolare i valori “limite” sono più bassi e vanno monitorati. Inoltre, i valori ottimali di trigliceridi nel sangue devono essere inferiori ai 150. In particolare, il consumo di grassi polinsaturi riduce il rischio di malattie metaboliche: meglio, quindi, evitare alimenti ricchi di grassi animali (burro, formaggi grassi, lardo, carni animali) e olio di palma in favore di cibi contenenti
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Omega 3, 6 e 9 (pesce azzurro, ed olio extravergine di oliva, olio di girasole, semi di lino, canapa e girasole), che abbassano il livello del “colesterolo cattivo” e rendono più elastiche le arterie.
7
Nella frutta a guscio l’elisir di benessere E’ consigliabile sostituire almeno una parte dei carboidrati con grassi monoinsaturi (mandorle, noci, pistacchi) per ridurre la secrezione di insulina, l’ormone che provoca l’obesità e la sodio-ritenzione nociva per il cuore. Uno spuntino a base di frutta a guscio, ad esempio, è ideale per ridurre la sensazione di fame. E riduce il rischio di malattie metaboliche, essendo ricca di fibre e Omega.
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Niente fumo Il rischio cardiovascolare del fumatore è cinque volte superiore a quello di un
Corso Quintino Sella, 20 - Torino Tel. 011.2076255 - E-mail: info@cardioteamfoundation.org Cardioteam Foundation Onlus nasce nel 2008 su iniziativa di Marco Diena, l’attuale Presidente, in collaborazione con medici che da oltre 25 anni operano nel settore cardiovascolare. L’obiettivo della Fondazione è la realizzazione di attività, progetti e iniziative volti alla prevenzione delle malattie cardiovascolari. Dal 2009 promuove incontri divulgativi in ambito scolastico attraverso il progetto CardioTOschool per gli studenti delle scuole medie inferiori e superiori. Al contempo è attiva nello sviluppo della ricerca scientifica e nella prevenzione delle malattie cardiovascolari. Per maggiori informazioni: www.cardioteamfoundation.org
non fumatore. Ma non solo: il fumo è un fattore che predispone all’ipertensione arteriosa. Anche se è passivo, provoca danni pari al 30% del fumo attivo.
9 Meno zuccheri Limitate il consumo di zuccheri. Valori di glicemia superiori ai 100 sono un campanello di allarme importante, superiori ai 125 sono indice di diabete, che favorisce le malattie circolatorie, compresi infarto e ictus.
10
Pressione sotto controllo La pressione va monitorata regolarmente, almeno a partire dai 40 anni. A riposo non dovrebbe mai superare i 130 di massima e 85 di minima nei soggetti FINE adulti sani.
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STUDI
STORIA DELLA
MEDICINA TRA PRESENTE E PASSATO
A Rimini l’Ordine dei Medici ha fondato una Scuola di Storia della Medicina con l’obiettivo di capire l’evoluzione e gli sviluppi della scienza medica. Breve “viaggio” alla “Domus del Chirurgo”, una villa di epoca romana, probabilmente appartenuta ad un medico militare.
Dottor De Carolis, studiare la storia della medicina può aiutarci ad affrontare i problemi attuali? Dott.
Stefano De Carolis
Medico Geriatra - Rimini
L’anno scorso l’Ordine dei Medici di Rimini ha aperto una nuova Scuola di storia della medicina, che ha come finalità lo studio dell’evoluzione della scienza medica. Ne è direttore il dottor Stefano De Carolis, medico geriatra riminese, storico della medicina ed esperto della “Domus del Chirurgo” di Rimini: gli abbiamo posto qualche domanda.
Alcune grandi questioni, che appaiono totalmente nuove, in realtà sono già state dibattute in passato. Per esempio, la discussione sull’utilità dei vaccini si era già posta nei primi anni dell’epoca vaccinale e molte obiezioni contemporanee riecheggiano quelle di allora. Inoltre, è utile conoscere quale sia stato il percorso delle conoscenze, per comprenderne lo sviluppo e intravedere i possibili sviluppi futuri. In questo senso sarebbe bene che agli studenti universitari fosse fornita anche una sintesi dell’evoluzione delle diverse tecniche o metodiche.
L’Ordine dei Medici di Rimini aveva già fondato una Scuola di Etica. Ci sono punti di contatto con quest’ultima iniziativa? Oggi la medicina appare molto sbilanciata sulla tecnologia e l’economia, mentre è sempre più trascurata la dimensione umanistica, in senso sociologico, filosofico e storico. Tutte le nostre iniziative intendono bilanciare questa situazione, dando spazio alla componente umanistica dell’arte medica. Spesso i giovani medici sono affascinati dalla tecno-medicina, ma se si tralascia la componente umana della professione, poi i pazienti vanno a cercare altrove le risposte, magari da qualche “apprendista stregone”.
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Il primo evento della nuova Scuola di medicina riminese è stato un convegno dedicato alle malattie dei Malatesta (quest’anno ricorre il 600° anniversario della nascita di Sigismondo Pandolfo Malatesta - foto pagina a fianco), grande famiglia che ha guidato Rimini in una fioritura d’arte e cultura. Ma i Signori della cittadina adriatica erano fondamentalmente “genti d’armi”, per cui lo studio delle loro spoglie ha mostrato soprattutto segni di ferite e di combattimenti. Nel corso del convegno sono stati presentati gli ultimi studi paleopatologici che hanno messo in luce le malattie che affliggevano Pandolfo III (padre di Sigismondo) e lo stesso Sigismondo.
La Domus del Chirurgo Rimini è anche sede della “Domus del Chirurgo”, in un’area archeologica nella parte settentrionale della città. Si tratta dei resti di un’antica villa romana risalente al II secolo d.C., che in quel tempo si affacciava direttamente sul mare, oggi ritiratosi di oltre un chilometro. Gli scavi nell’area hanno portato alla luce altre strutture di rilievo: resti di un’abitazione tardo imperiale, tracce di un insediamento altomedievale e con un grande sepolcreto sottostante che evidenziano una notevole stratificazione storica. Il ritrovamento di numerosi reperti e mosaici ben conservati, ha permesso
TENAGLIE A BECCO
una fedele ricostruzione della casa e dell’identità del proprietario, facendo luce su un passato affascinante.
rato nella Domus, ha permesso di risalire al nome del proprietario. All’interno della casa erano presenti anche una stanza riscaldata (ipocausto), una latrina e, al piano superiore, una cucina e la dispensa. Gli arredi, le decorazioni ed i mosaici della villa testimoniano il gusto orientale del padrone di casa, un uomo raffinato e colto, oltre che ricco. Di particolare importanza il mosaico raffigurante Orfeo tra gli animali, colorato e riccamente decorato. Nella stanza attigua, più piccola, i mosaici ricamano motivi neri e bianchi, simmetrici. Dopo la metà del III secolo, sotto l’imperatore Gallieno, un’incursione di Alemanni devastò Ariminum, l’antica Rimini, e la Domus fu distrutta da un incendio.
Il reperto più eccezionale è una collezione di ben 150 strumenti chirurgici del padrone di casa. Pare che Eutyches, questo il suo nome, provenisse da ambienti ellenici e si fosse formato professionalmente sui campi di battaglia. In effetti, gli strumenti ritrovati erano usati soprattutto per traumi ossei e ferite, lasciando immaginare che Eutyches fosse un medico militare. La sua casa, a due piani, aveva muri di argilla che poggiavano su zoccoli in muratura. Attraverso un piccolo ingresso, si accedeva a un disimpegno che conduceva a un corridoio. Su un lato del corridoio si apriva un cortile interno, sull’altro varie stanze. La casa possedeva una sala da pranzo (triclinium), una camera da letto (cubiculum), e due stanze di soggiorno. Una di queste, la taberna medica, era l’ambulatorio dove Eutyches visitava ed operava i suoi pazienti, a volte ricoverandoli. Su un frammento di muro del cubiculum, agli archeologi è emersa l’iscrizione “Eutyches homo bonus”. Proprio questo graffito, probabilmente inciso da un paziente ricove-
Proprio il crollo del tetto ha consentito la perfetta conservazione dei mosaici, degli arredi e degli utensili chirurgici. FINE
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I NOSTRI AMICI ANIMALI
NON TRATTARE IL TUO CANE
COME
SE FOSSE
UNAPERSONA
E’ SBAGLIATO provare ad “UMANIZZARE” gli animali domestici.
Max Vismara Formatore cinofilo e psicologo clinico www.dicasavismara.it
Davanti all’affermazione “Un eccessivo attacamento affettivo al proprio cane può diventare dannoso”, qualcuno potrebbe replicare sdegnato: “Come si permette questo cagnaro a sostenere che voler bene al proprio cane sia una cosa dannosa?”. Comprendo che l'argomento possa sembrare provocatorio o inaccetabile, ma porterò alcuni ragionamenti che aiuteranno a comprendere il motivo di questa mia affermazione.
Chi è il cane? E’ ovviamente un animale come noi, un mammifero come noi, un animale sociale come noi, un animale familiare come noi: ma con un bagaglio genetico, comunicativo, esperenziale ed affettivo diverso dal nostro, anche se millenni di addomesticazione lo hanno reso più vicino all’uomo di qualsiasi altro animale.
Come comportarsi con lui? Quindi il primo passo da fare è spostare la nostra attenzione sulla “caninità” 30
del nostro compagno, sui suoi bisogni etologici e biologici, piuttosto che su quello che noi pensiamo possa essere giusto per lui. E cos'è giusto per un cane? Sarebbe bello poterlo chiedere direttamente all'interessato. L'obiezione è che i cani non parlano, ma il loro comportamento sì. Dobbiamo quindi imparare ad ossevarlo.
Al cane piace fare il cane, in quanto lo è Il cane non abbraccia gli altri cani, non li richiama ripetendo il loro nome centinaia di volte in un minuto, non si veste
o non pretende che i suoi conspecifici siano vestiti con indumenti creati, scelti e acquistati dall’uomo. Il cane cammina con le sue zampe, non a mezzo di passeggini o altro. Il cane non fa i dispetti, non capisce di avere sbagliato, vive il momento, reagisce da cane a stimoli e sollecitazioni. Il cane ci scruta nelle nostre più sottili ed impercettibili sfumature espressive, vive su di noi, con gli occhi, con l'attenzione, con la sua voglia di essere un buon amico e compagno di vita. Noi, invece, lo umanizziamo, lo mettiaSANTERNO - RA
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mo in condizioni di vita poco consone alla sua identità.
E’ sbagliato pensare ai cani come a dei surrogati umani, mentre la più alta forma di amore nei loro confronti è a mio parere il rispetto e la comprensione passante per la conoscenza. Ancora troppo dobbiamo capire dei nostri cani, che al contrario di noi ormai tutto conoscono e comprendono, loro ci osservano, noi li guardiamo e spesso li interpretiamo a modo nostro. Questo può sfociare anche in quelle che la medicina veterinaria chiama patologie comportamentali. Molte di queste "malattie" sono causate proprio da uno squilibrato rapporto uomo – animale, che naturalmente si riperquote solo sul cane.
Partiamo allora dall’inizio, prendendo in considerazione l’animale cane Lo SVEZZAMENTO è una tappa di crescita comune a tutti i cuccioli di mammifero, compreso il cane. E’ un momento biologico in cui l’alimentazione del cuc-
ciolo subisce una modificazione con l’introduzione di cibi via via maggiormente solidi (dal latte al cibo rigurgitato dalla madre e parzialmente digerito, fino alla comune alimentazione) e contemporaneamente la madre spinge il piccolo ad allontanarsi progressivamente da lei alla scoperta del mondo e alla conquista di un’indipendenza alimentare ed affettivo/sociale. Da un punto di vista relazionale però un legame rimarrà, come visto e studiato da David Mech nei gruppi famigliari di lupi nordamericani. Quindi la madre, col suo comportamento, sarà di esempio al cucciolo affinchè questi acquisisca competenze che lo possano introdurre nel mondo dei “grandi”, ma al tempo stesso lo allontanerà da essa per stimolare in lui atteggiamenti da adulto.
Dove sbagliamo noi umani? Nel nostro rapporto col cane sovente non attuiamo nessun tipo di svezzamento o di crescita psicologica, in quanto per noi i nostri cani restano degli eterni cuccioli. Ma questo a chi giova? Non di certo al cane. Premesso che i cani non sono bambini pelosi, mi soffermerò su come aiutare il cucciolo a diventare un cane adulto soprattutto da un punto di vista psicologico, affinchè possa crescere sereno e sicuro di sè.
Di frequente mi si dice: “Quando esco di casa, il mio cane si mette ad abbaiare, e quando rientro trovo feci davanti alla porta e oggetti portati in giro per la casa… Vede, mi fa i dispetti!”. Da un punto di vista “umano” questa affermazione potrebbe sembrare corretta, ma in realtà è errata, perchè i “cani” non fanno dispetti.
Il cane inteso come… Cani come surrogati di affetti mancanti o venuti meno, cani intesi come “figli”, mostrati come “oggetti fashion” ai quali è negato il diritto di fare il cane, ovvero animale carnivoro, predatore, guardiano, difensore, pastore e tutore della quiete del proprio branco. Il povero Fuffy segregato nella borsa a tracolla di Prada che si intona col guinzaglino, come potrà socializzare con altri cospecifici? E dove potrà fare i propri bisogni, che oltre ad essere corporali sono anche sociali di demarcazione territoriale e di comunicazione con gli altri cani? L’antropomorfizzazione sia la forma di maltrattamento più frequente e subdola che i nostri malcapitati amici debbano sopportare… e ci rimettono pure la salubrità mentale. Mi è capitato di aiutare cani incapaci di riconoscere i segnali posturali, olfattivi e sonori emessi dai loro simili. E mi domando: ma che vita è mai questa? FINE
SETTE BUONE REGOLE PER EVITARE DI “ANTROPOMORFIZZARE” IL CANE Certe persone si rivolgono al proprio cane pronunciando frasi come “il mio bambino”, oppure “non fai mai quello che ti dico”. Questa insana tendenza ad assegnare caratteristiche umane agli animali, trattandoli come persone, ha un nome preciso: “antropomorfizzazione”. Una tendenza da evitare assolutamente.
1 Non vestiamolo come un umano. Niente pigiamino per dor- Il miglior amico dell’uomo comprende molto bene le nostre espressioni facciali, capisce se siamo arrabbiati o felici, ma ricormire, accappatoio per il bagnetto, occhiali da sole, felpa griffata… diamoci che gli riesce difficile capire la lingua italiana. 2 Evitiamogli i trattamenti di bellezza. In qualche realtà (per fortuna ancora pochissime in Italia) esistono delle beauty farm che 5 Non sgridiamolo quando annusa gli odori. E’ nella sua offrono al cane massaggi rilassanti, magari anche coccolati con oli natura. Sarebbe come pretendere che un bambino non si sporchi essenziali, incensi e musico-terapia. Spesso servono solo per asse- mai quando gioca, il ché equivale a negargli il gioco. condare l’ego del proprietario del cane. 6 Evitiamo di dargli da mangiare dal nostro tavolo. Una volta 3 Non mettiamolo a dieta stretta. A volte i maniaci della dieta che il cane ha appreso questo improprio comportamento, sarà diftendono a proiettare le proprie ossessioni sui cani, somministrando ficile rimediare. Inoltre, il nostro cibo a volte non è salutare per lui. loro una dieta povera di grassi, necessari invece al buon funzionamento del loro metabolismo. 7 Evitiamo di riempirlo continuamente di abbracci e baci. Qualche coccola ogni tanto va bene, ma se diventano troppe può 4 Non parliamogli, pensando che lui capisca le nostre parole. esserne infastidito. 31
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SPECIALE ALIMENTAZIONE TRA MITO E REALTÀ I carboidrati fanno ingrassare? Saltare i pasti aiuta a dimagrire? Essere intolleranti ad un alimento determina l’aumento di peso? La frutta va mangiata da sola? Ho la corporatura pesante, è per questo che peso tanto? Non riesco a dimagrire sarà la tiroide?
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Sfatiamo qualche mito e scopriamo l’importanza di una corretta alimentazione per un CORRETTO DIMAGRIMENTO E LA PREVENZIONE delle principali patologie metaboliche. Perdere peso correttamente è possibile e doveroso per preservare la propria massa magra e specialmente per prevenire molte patologie. L’obiettivo è di offrire al paziente una maggior consapevolezza dei propri preconcetti personali che possono ostacolare un giusto dimagrimento e delle leve che influenzano una alimentazione corretta.
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QUANDO PERDIAMO PESO STIAMO ATTENTI A CIÒ CHE PERDIAMO? Di fronte al desiderio di dimagrimento, il metro che la maggior parte delle persone utilizza per certificare il successo o il fallimento è quasi sempre l’ago della bilancia o la variazione di taglia. Tuttavia, ci limitiamo così ad una visione molto parziale, poichè consideriamo solo un aumento o una diminuzione quantitativa (kg, taglie), e non qualitativa (composizione corporea individuale: stato di idratazione, %massa magra, % massa grassa). La valutazione della composizione corporea invece è di fondamentale importanza, poichè consente di identificare lo stato di nutrizione reale della persona. La soddisfazione provata davanti a 2 chili persi, infatti sarebbe fuori luogo, se questi risultassero da una perdita di liquidi o, ancora peggio di massa magra.
Al contrario, perfino l’acquisto di peso sarebbe in realtà un’ottima notizia, se dovuto all’aumento di massa magra e al calo di quella grassa, frutto di un corretto dimagrimento e di un efficacie piano di allenamento. Uno degli esami più affidabili in questo campo è l’ESAME BIOMPEDENZIOMETRICO che, misurando la resistenza opposta dal corpo umano al passaggio di una corrente alternata, permette un’analisi di composizione corporea in maniera non invasiva. Personalmente, ritengo questo tipo di valutazione indispensabile e la eseguo su tutti i miei pazienti con lo strumento Akern BIA 101. Ma attenzine, non tutti gli strumenti sono altrettanto affidabili...ma di questo parleremo la prossima volta!
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