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RAVENNA
MENSILE DI INFORMAZIONE SU SALUTE E BENESSERE - N. 6 - GIUGNO 2015
PAG. 13
STEFANO BALDINI
«DIO DI MARATONA» INOLTRE
LIBERA MAZZOTTI (CENTENARIA) CHIRURGIA DELL’ERNIA LE FACCETTE DENTALI DIFENDERSI DALLE PUNTURE DI API, VESPE E CALABRONI UN ALBERGO A MISURA DI CANE
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Nr. 6 - GIUGNO 2015 - www.salute10piu.it
ALIMENTAZIONE
3 ESTRATTI DI SUCCHI DI FRUTTA E VERDURA Dott.ssa Tania Rontini LONGEVITÀ
7 I CENTO ANNI DI LIBERA MAZZOTTI di Tiziano Zaccaria SANITÀ
8 CHIRURGIA DELL’ERNIA Dott. Giampiero Campanelli OCULISTICA
10 GLI STRABISMI Intervista del dott. Ugo Cimberle al dott. Giovanni Battista Marcon L’INTERVISTA
13 STEFANO BALDINI, “DIO DI MARATONA” di Tiziano Zaccaria ODONTOIATRIA
16 COSA SONO LE FACCETTE DENTALI? Dott. Sergio Spinato CARDIOLOGIA
18 10 DOMANDE SULLA CORONOGRAFIA Dott. Vladimir Guluta PSICOLOGIA
20 AFFRONTARE UN LUTTO CON I BAMBINI Dott.ssa Isabella Cantagalli ALLERGIE
23 LE PUNTURE DI API, VESPE E CALABRONI Il parere del dott. Oliviero Quercia e intervista all’apicoltore Tiziano Rondinini. PSICHIATRIA
26 RADIO SHOCK Dott. Emanuele Guagnini TECNOLOGIA
28 CYBERLEGS Ing. Nicola Vitiello TECNOLOGIA
30 UN ALBERGO A MISURA DI CANE di Tiziano Zaccaria SALUTE 10+ - Anno 5 - N. 6.2015 - Aut. Trib. Ravenna n. 1381 del 23/11/2011 - www.salute10piu.it
Proprietà, redazione e realizzazione - Multiservice sas: via A. Gnani, 4 - 48124 Ravenna Tel. 0544.501950 - multiredazione@linknet.it - Direttore responsabile: Spada Gabriele Stampa: Modulgrafica Forlivese - Forlì (FC) - www.modulforlivese.it
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ALIMENTAZIONE
ESTRATTI DI SUCCHI DI FRUTTA E VERDURA La pectina…
Dott.ssa
Tania Rontini
Dietista c/o Maria Cecilia Hospital - Cotignola
E’ risaputo che mangiare frutta e verdura fa bene alla salute, vediamo insieme il perché. Già agli inizi degli anni novanta la campagna “5 a days” (5 porzioni quotidiane di frutta e verdura, 2 di frutta e 3 di verdura) promossa negli Stati Uniti dal National Cancer Institute diede come risultato una diminuzione dei casi delle patologie intestinali. Innumerevoli studi confermano le proprietà di frutta e verdura. Ve ne cito solo un paio: uno studio dell’Università di Boston ha rilevato che su un campione di 40.000 donne l’assunzione di frutta e verdura ha ridotto il rischio di infarto del miocardio; sedici anni di ricerche effettuate dall’Istituto Mario Negri di Milano hanno evidenziato che nei soggetti con neoplasmi al tratto digestivo e tumori ormonali, i rischi si sono ridotti in seguito all’assunzione di alte quantità di verdura. Le sostanze che contribuiscono a difendere l’organismo da ossidazione, infiammazione e tumori sono tantissime, tra cui: le fibre, in particolar modo la pectina, ma anche i beta glucani, gli antiossidanti come i flavonoidi, i carotenoidi, le vitamine, la clorofilla.
…è una fibra idrosolubile, si trova in tutta la frutta, è definito “carboidrato bioattivo”. Un particolare frammento della pectina, un polisaccaride contenuto nella parete cellulare dei vegetali, inibisce una proteina responsabile dello sviluppo del cancro, la galectina3. La scoperta di questo meccanismo molecolare è merito dell’Institute of Food Research britannico, che va a confermare gli studi di popolazione che identificano una stretta correlazione statistica fra assunzione di fibre e minor
rischio di cancro nel tratto gastrointestinale. Frutta e verdura hanno un importantissimo valore protettivo, gli antiossidanti contenuti sono in grado di proteggere le cellule da qualsiasi tipo di intossicazione, infiammazione, aggressione fungina e batterica, fattori che trasformano cellule e tessuti sani in parti malate. Ora che si avvicina l’estate vi proponiamo i centrifugati, o meglio gli estratti di succhi di frutta e verdura, perché meglio conservano i nutrien»SEGUE ti e le loro proprietà.
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Si deve a Norman Walker… …pioniere del crudismo, la diffusione dei succhi di frutta e verdura estratti a freddo, che forniscono nutrienti subito pronti e assimilabili: amminoacidi (i mattoncini che costruiscono le proteine), sali minerali (principali costituenti di ossa, denti e tessuti, supportano e regolano le funzioni dell’organismo, armonizzano eventuali disfunzioni, stimolano naturalmente il processo di auto guarigione del corpo), enzimi (catalizzatori che avviano molte funzioni come il mantenimento e la rigenerazione dei tessuti, organi e fluidi) vitamine (necessarie alla formazione e riparazione dei tessuti, digestione, assorbimento di energia dai cibi, sostegno alle difese immunitarie, ecc..) e clorofilla (dalla composizione simile all’emoglobina e ricca di magnesio), veri e propri rigeneratori del corpo umano e ovviamente acqua. A differenza dei centrifugatori, gli estrattori conservano meglio i nutrienti spremendo a freddo i vegetali grazie ad una parte meccanica che lavora ad una velocità minore, permettendo anche una migliore separazione tra parte liquida e solida (di scarto).
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Quali estratti di succhi di frutta e verdura consumare? Per quanto riguarda gli estratti di sola frutta, in estate avete l’imbarazzo della scelta fra i frutti più succosi e invitanti. Vi invito a scegliere secondo la stagionalità unendo due o più fra questi frutti: mela, albicocche, cocomero, ciliegie, fragole, meloni, mirtilli, pesca, susine, fichi, uva. ESTRATTO DI MELA, FRAGOLE, MIRTILLI E LAMPONI La MELA è ricca di pectina, in particolar modo sotto la buccia, mantiene basso il colesterolo, regolarizza l’intestino, ci protegge da tumori. Contiene polifenoli, antiossidanti molto attivi, e gli acidi della frutta, che sono digestivi, depurativi, de acidificanti e aiutano a sostenere il sistema immunitario, vitamine del gruppo B e i minerali come il potassio e il bromo.
Fragole, mirtilli e lamponi contengono molti minerali tra cui potassio e magnesio, sono ricchi di vitamina C, K, antociani (vaso protettori) ed ellagitanini, una classe di polifenoli presente
in alte concentrazioni nei frutti rossi e blu. Insieme agli antociani, proteggono la mucosa gastrica e allontanano il rischio di insorgenza dell’ulcera. REPERIBILITA’: sono tutti frutti disponibili in questa stagione, vi consiglio di acquistarli a Km zero direttamente dai produttori. Basta fare una veloce ricerca su internet, appuntarsi i produttori più vicini a casa nostra e cambiare itinerario quando si va a fare la spesa! ESTRATTO INSALATA CETRIOLO, UVA. La LATTUGA contiene molti sali minerali, ma soprattutto essendo un vegetale a foglia verde contiene moltissima clorofilla. “Consumare la maggior quantità possibile di clorofilla è come far prendere un bagno di sole ai nostri organi interni, la clorofilla infatti è energia solare liquefatta, depura tutti i nostri organi e distrugge molti dei nostri nemici interni, come i batteri patogeni, i funghi, le cellule cancerose, ecc… Per ottenere la salute ideale, dobbiamo avere nell’intestino l’80-85% di batteri “buoni” che vivono e proliferano in presenza di ossigeno, necessario alla loro continua crescita e sopravvivenza. Possono essere distrutti con facilità da innumerevoli fattori, fra cui gli antibiotici, una dieta inadeguata, un’alimentazione eccessiva e lo stress.
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La clorofilla trasporta una gran quantità di ossigeno, più ne consumiamo, più favoriamo una sana flora intestinale e una buona salute generale. Considerando che le verdure a foglia verde sono una delle principali fonti di clorofilla, per assumere questa sostanza è difficile trovare un modo migliore del consumo di estratti verdi. PROPRIETA’ TERAPEUTICHE DELLA CLOROFILLA Aumenta numero dei globuli rossi. Contribuisce a prevenire il cancro. Fornisce ferro agli organi. Aumenta l’alcalinità del corpo. Neutralizza le tossine ingerite. Contribuisce a depurare il fegato. Accelera la guarigione delle piaghe. Curativa per i tessuti ulcerati. Favorisce l’espulsione del catarro. Rivitalizza il sistema vascolare nelle gambe. Migliora la vista. Con l’elevato contenuto di ossigeno della clorofilla e la ricca presenza di minerali nelle piante, le verdure a foglia verde sono i cibi più alcalinizzanti che esistono sul nostro pianeta. Integrando nella nostra dieta gli estratti verdi possiamo mantenere il nostro corpo sano e alcalino. Il cetriolo è anch’esso un generoso serbatoio di sali minerali che insieme alle vitamine si concentrano nella buccia (consiglio quindi di utilizzare anche questa parte per preparare gli estratti vegetali), i più importanti sono: potassio, ferro, silicio, magnesio, fosforo. Le vitamine contenute sono principalmente: Vitamina C, A e del gruppo B, 5 enzimi. Ha effetti diuretici, digestivi, antitumorali (annulla effetti cancerogeni delle sostanze contenute negli oli fritti e alcuni composti cancerogeni come i nitrati e nitriti), stimola la funzione del pancreas, e regolarizza l’attività cardiaca grazie soprattutto al potassio e al magnesio.
L’uva è molto ricca di zuccheri (glucosio, levulosio, mannosio), acidi organici, sali minerali (potassio, ferro, fosforo, calcio, manganese, magnesio, iodio, silicio, cloro, arsenico), vitamine A, del gruppo B e C, tannini (nella buccia), polifenoli. Indicata nei casi di anemia e affaticamento, gotta, artrite, vene varicose, iperazotemia, malattie della pelle. Ha proprietà antiossidanti grazie al contenuto di polifenoli e di resveratrolo presente nella buccia dell’uva nera, l’acido tannico e fenolo invece hanno proprietà antivirali efficaci contro il virus dell’herpes simplex. REPERIBILITA’: l’insalata la troviamo praticamente tutto l’anno, il cetriolo da aprile a settembre, mentre l’uva possiamo reperirla da luglio a novembre. Per non avere difficoltà nell’identificare verdura e frutta di stagione da quella che non lo è, vi consiglio di scaricare dal sito www.altroconsumo.it il calendario frutta e verdura. In questo modo sarà facilissimo fare la spesa! Altri ESTRATTI VEGETALI interessanti: di COCOMERO (per l’intestino); di FINOCCHIO e MELA (per lo stomaco); di RAPA e MELA (per il sangue), di ASPARAGI e POMODORO (per i reni), di CAVOLO e MELA (per l’ulcera). Mi raccomando: se non volete “rovinare” gli estratti di succhi di frutta e verdura, non aggiungete zucchero!
Qualche suggerimento Scegliete solo frutta e verdura di provenienza biologica e o biodinamica. Se consumiamo prodotti provenienti da agricoltura intensiva ci porteremo a casa verdure a foglie verde come spinaci, lattuga e rucola con nitrati, oppure mele, sedano, peperoni, pesche e fragole con la più alta concentrazione di pesticidi.
I marchi “agricoltura biologica” oppure “organici”, “biodinamici” e “da lotta integrata” si rifanno a disciplinari che riguardano le tecniche di coltivazione, l’uso di concimi naturali e la riduzione dei trattamenti parassitari, integrato dall’uso di insetti predatori dei parassiti, e a Km zero. Preferire frutta o verdura a km Ø
I procedimenti di produzione e di conservazione dei cibi che arrivano da tutte le parti del mondo, la richiesta di prodotti fuori dalla loro naturale stagione e l’inquinamento fanno sì che la nostra alimentazione perda buona parte dei nutrienti fondamentali. A parità di consumo calorico, rimasto invariato negli anni, in media, la perdita di vitamine e sali minerali rispetto agli stessi alimenti di 15-20 anni fa, ammonta ad oltre il 50%. Assimiliamo quindi meno principi nutritivi di quanto sia necessario alla salute. I moderni sistemi di produzione e conservazione aggravati dalla catena lunga della grande distribuzione, hanno portato a notevoli modificazioni nei confronti di quello che ogni giorno mettiamo sulle nostre tavole. I prodotti hanno un miglior aspetto, ma la metà dei principi nutrizionali.
Conclusioni Frullati ed estratti di succhi di frutta e verdura, ovviamente, non sostituiscono i pasti, ma vanno integrati ad un’alimentazione completa ed equilibrata. E’ importante non creare falsi miti, non esistono i “Super Alimenti”, per assicurarsi la corretta introduzione di tutti i nutrienti che necessita il nostro organismo, molto meglio non affidarsi a pochi, selezionati e “miracolosi” alimenti, ma spaziare il più possibile prediligendo la stagionaFINE lità. 5
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LONGEVITÀ
I CENTOANNI DI
LIBERA
MAZZOTTI Dopo essere rimasta vedova due volte, la cotignolese ha raggiunto serenamente il secolo di vita. Iniziò a lavorare da bracciante, a otto anni; da giovane le piaceva ballare il valzer.
di Tiziano Zaccaria E-Mail: zaccariatiziano@alice.it
Una donna da sempre dal carattere molto determinato, tenace, ma anche generoso ed altruista. Lei è la cotignolese Libera Mazzotti, che da poche settimane ha raggiunto il fatidico traguardo del secolo di vita, festeggiata presso la Casa di Riposo Tarlazzi Zarabbini di Cotignola, dove vive tuttora, anche dai due figli Romana e Sergio, dai quattro nipoti e dai quattro pronipoti. Quarta di sei figli (due maschi e quattro femmine; oltre a lei, è rimasto in vita il fratello minore 97enne), Libera è nata il 3 aprile 1915 da genitori cotignolesi che lavoravano come braccianti agricoli. «Sono nata nella chiesa di Cotignola dove c'era la comunità dei frati. Ho frequentato la scuola fino alla seconda elementare, ma non potevo permettermi di studiare e così ad otto anni ho iniziato a lavorare anch’io nei campi. Un lavoro che non mi piaceva, ma ho dovuto farlo per tanti anni».
Durante la Seconda Guerra Mondiale… …a 25 anni si sposò con Romeo Capelli, originario di Casola Valsenio, trasferendosi assieme a lui a San Severo, sempre nel lughese. «Lui era un bravo ballerino, come me. Quando andavamo in
balera, non ci stancavamo mai di ballare il walzer. Romeo lavorava come mediatore di vini; io facevo la casalinga e mi occupavo dei nostri due figli».
te, ndr), allora gestita da una comunità di suore. Abitavo nella casa sul retro della struttura: mi bastava attraversare la strada per andare a lavorare».
Oggi La prima “batosta” Un matrimonio felice che durò però soltanto 10 anni, fino alla morte prematura di Romeo. «Rimasta vedova, mi trasferii a Solarolo, ricominciando a lavorare. Facevo tanti piccoli lavori di servizio in campagna ed intanto crescevo i due figli da sola. Verso la metà degli anni Sessanta mi sono risposata una seconda volta, ritrasferendomi a Cotignola».
E la seconda Negli anni Ottanta, dopo 18 anni dal secondo matrimonio, Libera rimase nuovamente vedova. «Rimasi a vivere a Cotignola, lavorando prima alla fornace, poi per anni come lavandaia nella casa di riposo (che la ospita attualmen-
Dopo il pensionamento, pochi anni fa la decisione di alloggiare alla casa di riposo Tarlazzi Zarabbini, dove quotidianamente riceve la visita del figlio Romano, 72enne, che da Barbiano tutte le mattine in auto va a trovarla, portandole un caffè d'orzo. Oggi Libera Mazzotti gode ancora di buona salute: ha ancora una vista ed un udito discreti, e non soffre nemmeno di pressione alta, che sono le patologie più frequenti nei centenari.
Domanda d’obbligo
Qual è il suo segreto? «Non ho fatto nulla di particolare per arrivare a questa età. Ho sempre mangiato di tutto e ancora oggi riesco a gustarmi ogni cosa, dalla pasta alla carne. Non ho mai fumato e di vino bevo soltanto quello dolce, ogni tanto. Passo le mie giornate partecipando alle varie attività della casa di riposo, dalla FESTA DEI CENTO ANNI ALLA PRESENZA tombola al lavoro di DEL SINDACO DI COTIGNOLA LUCA PIOVACCARI ricamo». FINE 7
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SANITA’
ADDOME OMBELICO SPOSTATO MUSCOLO RETTO ADDOMINALE
Dott.
Giampiero Campanelli
Direttore Unità Operativa di Chirurgia Generale e Day Surgery Istituto Clinico Sant’Ambrogio - Milano
Ogni anno circa 75.000 italiani sviluppano un'ernia addominale, con una netta prevalenza di uomini. Nel sesso maschile, infatti, il problema è circa otto volte più frequente rispetto alle donne. L’unica strada per risolvere le ernie è la chirurgia, e di questo si è parlato durante la prima Conferenza Mondiale sulla Chirurgia dell'Ernia Addominale, svoltasi a Milano dal 25 al 29 aprile scorso, alla quale hanno partecipato oltre tremila medici provenienti da 90 Paesi di tutto il mondo.
A Milano… …sono arrivate le prime Linee Guida Internazionali sulla chirurgia dell’ernia addominale, condivise dai massimi esperti del settore per la gestione di tutti i pazienti, dai casi meno complessi a quelli più difficili. Realizzate “dal vivo” in occasione della Conferenza, le nuove tecniche puntano sulla massima personalizzazione, grazie alle nuove tecnologie, per una “chirurgia su 8
ERNIA
ERNIA OMBELICALE
NUOVE TECNICHE CHIRURGICHE “SU MISURA”
Si punta sulla MASSIMA PERSONALIZZAZIONE, grazie alle nuove tecnologie, per diminuire al minimo le complicanze. Arrivano anche le protesi biologiche, che si trasformano nel tessuto col quale vengono a contatto.
misura” in grado di diminuire al minimo le complicanze, ridotte a meno dell'1 per cento dei casi, garantendo allo stesso tempo la massima efficacia. Per il prossimo futuro si punta alla chirurgia robotica per intervenire in casi selezionati, e sono in partenza anche condivisioni di referti ed esami tra medici su profili riservati di Facebook. In questo modo, eventuali dubbi clinici potranno essere risolti attraverso il confronto in tempo reale fra colleghi esperti.
Quali sono le cause di un’ernia? Le ernie inguinali e addominali sono provocate dalla fuoriuscita di una parte di un viscere dalla cavità addominale che di norma lo contiene. Le cause possono essere varie: oltre alla predisposizione familiare, rappresentano dei fattori di rischio gli sforzi prolungati e persistenti o gli interventi di chirurgia addominale. L'unico mezzo per risolverle è la chirurgia, che richiude la fessura attraverso la quale fuoriesce il viscere, applicando delle protesi che di fatto sono delle “reti” in grado di contenere l'ernia ed impedire che esca.
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Ernia inguinale Le viscere sporgono verso l’esterno della parete inguinale
piano sostituite e “colonizzate” dalle cellule del paziente, così da sparire completamente dopo aver esercitato il loro effetto di contenimento per il tempo necessario. Oggi vengono impiegate in casi complessi, ad esempio se ci sono infezioni o potenziali infezioni, oppure in donne con piccole ernie ombelicali dopo la maternità e pliche cutanee addominali ampie.
Come intervenire? Oggi disponiamo di varie tecniche per eliminare un'ernia velocemente e con successo: in circa il 70% dei pazienti si tratta per fortuna di ernie semplici, operabili con interventi mininvasivi, rapidi, spesso in anestesia locale. Le nuove Linee Guida sono pensate proprio per la maggioranza dei chirurghi addominali che si trovano a gestire ernie comuni: anche in queste situazioni è bene però applicare i principi della chirurgia su misura, per ottenere i risultati migliori. Possiamo scegliere la tipologia di anestesia, l'accesso chirurgico in laparoscopia o aperto, il tipo di riparazione da mettere in atto. Proprio in questo settore le grandi novità tecnologiche degli ultimi anni ci stanno aiutando a risolvere al meglio tutti i casi, anche i più complessi. Abbiamo infatti protesi biologiche intelligenti che, ad esempio, sono in grado di trasformarsi nel tessuto con cui vengono in contatto: si tratta di lamine ottenute da tessuti animali che, dopo l'impianto, sono pian
PROTESI A RETE PER ERNIA
Esistono poi reti in materiali sintetici non assorbibili o parzialmente assorbibili, che garantiscono ottimi risultati e un rischio molto basso di recidiva dell'ernia, e protesi dinamiche che assecondano la muscolatura della parete addominale per un risultato estremamente naturale. Questa grande varietà di protesi consente al chirurgo di scegliere la più adatta al paziente, tenendo conto della sua età, del suo stile di vita e della sua corporatura. Le nostre Linee Guida privilegiano sempre l’intervento
più dolce e mininvasivo, valutato su misura per ogni singolo caso. Anche nel SETTORE DELLE SUTURE, infine, sono stati compiuti grandi progressi. Oggi esistono fili da sutura che si adattano al tipo di protesi usata, completamente o parzialmente assorbibili. E’ perfino possibile operare senza suture, grazie a particolari colle biologiche, che possono sostituire l’uso dell’ago e del filo tradizionali. L'obiettivo è un recupero rapido, che consenta ai pazienti di tornare alle consuete attività in pochissimo tempo: fin da subito si può camminare in sicurezza o riprendere un'attività lavorativa sedentaria, nel giro di una settimana i fastidi legati alla tensione nella INGUINALE zona operata, gestibili con semplici antinfiammatori, scompaiono del tutto; già dopo 15 giorni è possibile riprendere un'attività sportiva. L'essenziale è arrivare all'intervento chirurgico prima che compaiano complicanze, che rendono tutto più difficile. Anche per questo è opportuno non perdere tempo pensando di contenere il problema con busti o cinti erniari, ma rivolgersi a un bravo chirurgo che possa scegliere l'approccio più adatto per risolvere l'ernia nel modo FINE migliore.
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OCULISTICA
GLI
STRABISMI
QUANDO GLI OCCHI NON SONO ALLINEATI, intervista al dottor Giovanni Battista Marcon.
TIPI DI STRABISMO
Dott.
Ugo Cimberle
Studio Oculistico Dal Fiume-Cimberle - Ravenna E-mail: cimberle@cidiemme.it
È esperienza abbastanza comune incontrare delle persone con le quali facciamo un po' di fatica a capire la reale direzione dello sguardo. Un pò di imbarazzo ma nulla più, siamo di fronte ad un soggetto strabico. Patologia con una certa frequenza negli anni passati, oggi notevolmente ridotta grazie ai minori problemi neonatali (una buona parte infatti sono congeniti) ed alla migliore prevenzione e terapia. Voglio parlarne con un amico, uno dei maggiori esperti in strabismo non solo italiani, e della cui collaborazione ho l'onore di avvalermi al San Pier Damiano Hospital di Faenza, il Dr. Giovanni Battista Marcon.
degli assi oculari rispetto alla normale posizione. Tale disallineamento può avvenire in convergenza (strabismo convergente), in divergenza (strabismo divergente) o in verticale (tipo o ipertropia). Vi possono anche essere combinazioni di questi disallineamenti a formare strabismi più complessi. E’ molto importante ricordare che la condizione di normalità, nell’uomo, è di avere gli occhi allineati in modo che le due immagini formatisi in ciascun occhio formino l’unica immagine che noi percepiamo normalmente. E’ per questo che lo strabismo non può essere definito un inestetismo, un problema “estetico”.
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Il venerdì orario continuato - Giovedì pomeriggio chiuso.
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E’ invece una patologia in grado di comportare numerosi disturbi alla visione. Per questo motivo la sua correzione chirurgica va piuttosto definita come una “chirurgia ricostruttiva” o “riabilitativa” della visione o di uno sguardo normale e non certamente una chirurgia “estetica”».
Quando ho iniziato a lavorare l'ortottica rivolta alla diagnosi ed al trattamento degli strabismi era uno dei capitoli principali dell'attività di reparto, oggi sono diventati sicuramente più rari e necessitano di maggiore specializzazione. Cosa ne pensi? «L’incidenza dello strabismo infantile congenito è diminuita negli ultimi 20 anni in tutto il mondo occidentale. Ciò è dovuto sicuramente al miglioramento delle diagnosi e delle terapie pre e perinatali. Non è diminuita l’incidenza dello strabismo accomodativo legata alla presenza della ipermetropia ma è migliorata la gestione, anche non chirurgica, di questi bambini. Sono sicuramente in aumento, invece, gli strabismi acquisiti dell’adulto. Per esempio i post-traumatici (traumi cranici della strada) o gli Iatrogeni (dopo interventi neurochirurgici)».
Dividiamo il terreno in strabismi del bambino e in strabismo dell'adulto. Sicuramente i primi sono più importanti da molti punti di vista. Cosa consigli ai genitori come primo screening?
Purtroppo vediamo ancora dei bambini strabici portati molto avanti con terapie ortottiche o pseudo ortottiche poco efficaci anche per la paura dei genitori verso la chirurgia.
«E’ importante sapere che non esiste un’età minima prima della quale è inutile portare il bambino all’oculista pediatra. Al di là degli screening fatti dai Pediatri di Base (red reflex per esempio) per evidenziare gravi patologie congenite (esempio: cataratta congenita) oggi lo screening dei fattori di rischio per ambliopia e strabismo può essere iniziato anche a 6 mesi di età. Gli oculisti pediatri consigliano di sottoporre tutti i bambini a visita oculistica verso i 2 anni e mezzo-3 anni di età.
«La cura di uno strabismo può essere relativamente complessa e comportare diverse “fasi” molto chiare. Alcune di queste terapie sono mediche: la stabilizzazione ottica del difetto refrattivo presente con la eventuale prescrizione degli occhiali o delle lenti a contatto, la terapia dell’ambliopia (occhio pigro) eventualmente presente. Questa si attua con l’occlusione dell’occhio dominante per periodi ed intensità variabili da caso a caso o con varie tecniche di penalizzazione ottica o farmacologica. Una volta prescritti gli occhiali corretti e recuperata l’ambliopia se esiste ancora una deviazione degli assi oculari questa va trattata chirurgicamente. La chirurgia dello strabismo è una chirurgia a bassissimo rischio, esterna al bulbo oculare: si sposta l’inserzione di un muscolo o se ne accorcia un altro. Per il successo del trattamento è molto importante che il tutto sia coordinato dall’oculista strabologo».
Ovviamente se in famiglia i genitori portano occhiali fin da bambini o hanno avuto strabismo la prima visita dovrà essere più precoce: verso l’anno di età. In questo modo il trattamento potrà essere impostato precocemente portando a migliori risultati».
C’è un limite di età per operare? «No non esiste un limite di età ed oggi operiamo molti adulti anche anziani che magari in passato si erano sentiti dire che non si poteva operare. »SEGUE
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Oggi le indicazioni chirurgiche degli strabismi si sono molto estese e, sostanzialmente, sono poche le situazioni nelle quali non è possibile fare niente.
Un altro problema è il timore sia dei bambini che di alcuni genitori di dover portare una correzione ottica per molto tempo. «Anche qui è difficile generalizzare. Alcuni difetti refrattivi, come l’ipermetropia, tendono infatti a ridursi con l’accrescimento del bambino; altri sono più stabili come l’astigmatismo ed altri, come la miopia, tendono invece ad aumentare con lo sviluppo staturale. Per quanto riguarda l’occlusione o la penalizzazione, trattamento notoriamente poco gradito ai genitori ed ai bambini, va detto che quello che fa la differenza è la diagnosi precoce. Quanto più precocemente sarà instaurato il trattamento tanto più breve ed efficace sarà. Da qui l’importanza della diagnosi precoce e la necessità di uno screening o di una visita a tutti i bambini verso i 2 anni e mezzo. Perché questa età? perché a questa età i bambini sono sufficientemente piccoli per evitare trattamenti lunghi ma contemporaneamente sufficientemente collaboranti per eseguire una visita oculistica completa».
E le forme dell'adulto, sono ben curabili a seconda della causa? «Con forme dell’adulto intendiamo uno
strabismo acquisito dopo il periodo plastico cerebrale diciamo per comodità dopo gli 8-9 anni di età. In questi strabismi il sintomo che fa la parte del leone e motivo principale della visita è la Diplopia cioè la visione doppia. Gli occhi sono disallineati e guardano due differenti oggetti. Le cause principali di questi strabismi sono i traumi cranici con conseguenti paralisi oculomotorie, alcune malattie come l’ipertiroidismo, gli interventi neurochirurgici, le malattie vascolari o alcune patologie più squisitamente oculari per esempio la miopia elevata. In tutti questi strabismi la chirurgia può essere un validissimo aiuto per ridurre il disagio visivo di questi pazienti e migliorarne, in maniera sostanziale, la qualità della vita».
Una volta operato uno strabico, ci sono dei rischi se il risultato non fosse ottimale per rioperarlo? «Solitamente no. E’ quasi sempre possibile ed alle volte anche prevedibile il reintervento. Non dobbiamo dimenticare che la chirurgia degli strabismi agisce operando l’ultimo anello della catena del comando oculomotorio cioè il muscolo o i muscoli degli occhi. Ma tale catena di comando inizia molto in alto e precisamente nella corteccia cerebrale. La chirurgia di uno strabismo è la ricerca di un equilibrio tra le forze attive e passive che
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agiscono sugli occhi ed alle volte questo equilibrio è molto delicato ed instabile e può richiedere un reintervento».
Infine, cosa consigli come prevenzione? «In età pediatrica sarebbe bene che i genitori portatori di occhiali fin da giovani o con familiarità per strabismi od ambliopia fossero consci della necessità di fare visitare precocemente i loro bambini dall’oculista, diciamo al massimo verso i due anni di età. Idealmente tutti i bambini dovrebbero essere sottoposti a screening per l’individuazione dei difetti refrattivi o degli strabismi al massimo verso i 3 anni di età. E’ questo un problema molto dibattuto e che ha avuto nel mondo ed anche in Italia diverse vicissitudini e diverse soluzioni proposte. Resta ancora purtroppo anche un problema di sensibilità dei genitori. In età adulta la cosa che mi sento di dire è questa: in tutte le nostre attività lavorative o sportive o di hobby pensiamo anche alla protezione dei nostri occhi. Gli occhi sono quegli organi che nessuno pensa mai si possano ammalare (a parte il portare gli occhiali) e quindi difficilmente si fa prevenzione nei loro confronti soprattutto con FINE stili di vita adeguati».
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L’INTERVISTA
STEFANO
BALDINI IL DIO DELLA MARATONA
L’emiliano di Castelnuovo Sotto, ORO alle OLIMPIADI di ATENE 2004, racconta la sua storia di atleta. I sacrifici, gli allenamenti, la giusta alimentazione, le curiosità. E l’amore per la nostra terra. Intervista di Tiziano Zaccaria E-mail: zaccariatiziano@alice.it Stefano Baldini è stato indiscutibilmente il più grande maratoneta italiano di tutti i tempi. Quart'ultimo di 11 fratelli, è nato il 25 maggio 1971 a Castelnuovo Sotto, in provincia di Reggio Emilia, in una famiglia di agricoltori ed allevatori. Tra i suoi successi spicca la vittoria nella maratona alle Olimpiadi di Atene il 29 agosto 2004 col tempo di 2 ore 10’55”, 34 secondi davanti allo statunitense Mebrahtom Keflezighi e 1 minuto e 16 secondi davanti al brasiliano Vanderlei De Lima, che fu bloccato da un tifoso al 36º km quando era ancora in testa alla gara ma ormai braccato dai suoi inseguitori. Baldini, che già da qualche anno ha abbandonato l’attività agonistica, è tuttora il primatista italiano di maratona col tempo di 2 ore 7'22" ottenuto a Londra nel 2006. Attualmente ricopre il ruolo di Direttore Tecnico del settore giovanile della Federazione Italiana di Atletica Leggera.
fisico negli allenamenti. La gara è andata come volevo, in progressione, conoscevo bene il percorso e col caldo faticavo meno di altri. Ho concretizzato, nelle due ore più importanti della mia carriera, tutto quello che avevo imparato in anni di allenamenti e gare. Il massimo per uno sportivo».
Come ti sei innamorato della corsa? Avevi iniziato con la pista, diventando fra l'altro molto giovane il campione italiano sui 10.000 metri. Perché in seguito sei passato alla maratona? «Ho iniziato a correre inseguendo di corsa i miei fratelli più grandi, che facevano atletica nella Excelsior Corradini Rubiera. Ho cominciato facendo un pò di tutto: pista, cross, strada e montagna d'estate, un ottimo allenamento per quello che è venuto dopo. »SEGUE
Stefano, la tua splendida carriera sportiva è stata coronata dall’oro olimpico di Atene 2004. Cosa ricordi di quell’impresa? «Ricordo una giornata perfetta, così come perfetto era stato tutto il periodo di preparazione ad Atene. La prima volta che non ho avuto nessun intoppo 13
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Sono stato un discreto pistard, correndo buoni tempi dai 3.000 ai 10.000, e dopo la finale delle Olimpiadi di Atlanta 1996 ho deciso che ero abbastanza maturo e competitivo per allungare. Il mio allenatore, il mitico professor Luciano Gigliotti, ha avuto grande influenza su questa scelta».
Per correre bene una maratona occorre iniziare da regole alimentari adeguate. Come era la tua alimentazione durante l’attività agonistica? «Direi BILANCIATA. Quando facevo distanze più brevi era una dieta a "zona" appena più spostata sui carboidrati. Da maratoneta la variavo molto di più in base ai periodi della stagione. In quelli di carico era importante reintegare rapidamente le calorie spese in funzione del recupero, in quelli di scarico tornavo verso il 40-30-30».
Durante la gara è fondamentale l’idratazione. Tu come ti comportavi, avevi bevande specifiche? «In allenamento avevo trovato il giusto mix per i rifornimenti personali. Mi sono sempre allenato anche in quello, a bere e a provare soluzioni adeguate
anche in base al clima. Non è la stessa cosa correre agli 8 gradi della maratona di Londra e ai 30 delle Olimpiadi di Atene».
I top runner hanno rifornimenti personalizzati. Che tipo di bevande sono? «Gli atleti più veloci possono prepararle prima della gara e ritrovarle su tavolini dedicati ogni 5 km. Personalmente bevevo circa 200 centilitri per 7 volte da borracce contenenti una soluzione all'8% tra sali minerali e maltodestrine, una concentrazione minore rispetto a quella che troviamo negli idrosalini sui banchi del supermercato».
Quanto peso perdevi durante una maratona? «In una maratona primaverile o autunnale perdevo circa 2 kg, in una estiva anche 4. Sono quasi tutti liquidi che si recuperano con una normale alimentazione e idratazione nel giro di 24 ore».
E’ vero che un bicchiere di vino ogni tanto te lo sei sempre concesso, anche la sera prima della maratona olimpica di Atene? «Non tutti i giorni, ma spesso me lo sono concesso, soprattutto dopo giornate molto impegnative e positive che meritavano un premio. E' successo anche ad Atene, dove ho bevuto un sorso di rosso il sabato, il giorno prima della gara. Mi è sempre piaciuto mangiare e bere di qualità, a mio avviso il recupero è importante come l'allenamento».
Del resto sei nato e cresciuto in una famiglia di agricoltori, dove il mangiar sano era un punto fermo. «Sì, sono abituato ai cibi migliori e all'aria buona di campagna, da bambino bevevo il latte proveniente dalla nostra stalla, mangiavo la carne delle bestie che allevavamo, la verdura e la frutta dell'orto, la pasta fatta in casa da mia madre con le uova delle nostre galline.
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Quando eravamo a tavola tutti e tredici, per lei era un bell’impegno. Iniziava mettendo in tavola tre salami, che sparivano in pochi minuti».
Anche il caffè non è mai mancato nella tua dieta di atleta. Ti portavi la moka un po’ ovunque nel mondo. «Lo faccio ancora, anche da allenatore. Adesso è molto più semplice trovare in giro per il mondo del buon caffè. Ma venti anni fa, soprattutto quando andavo ad allenarmi d'inverno in Africa (a Windhoek, capitale della Namibia) per periodi lunghi di 25 giorni, il caffè della moka era fondamentale».
Oggi, dopo aver girato il mondo per oltre vent’anni, sei tornato a vivere in Pianura Padana, a Rubiera. «L’Emilia è una terra splendida, con un'aria pulita, un bel paesaggio ed una buona qualità della vita. Me ne sono reso conto soltanto dopo aver girato e visto molti paesi. La mia famiglia viveva in una cascina alla quale si arriva con una strada bianca. Da ragazzino mi allenavo costeggiando i canali fino alla riva del Po. Quando il mio allenatore Gigliotti mi portava a fare i “lunghi” di 40 chilometri, restavo anche venti minuti senza vedere un'auto».
Oggi sei il responsabile tecnico del settore giovanile della Fidal. Come si svolge questo tuo ruolo? «Mi occupo di fare le squadre che parteciperanno alle manifestazioni internazionali, di regolamenti, calendari e gestire un gruppo numeroso di tecnici. E' una grande responsabilità, oltre che un piacere: lavorare coi giovani mette sempre di buonumore».
Quali suggerimenti puoi dare a chi decide di correre una maratona per la prima volta, magari anche in età avanzata? «Il segreto è sempre avere consapevolezza dei propri mezzi e lavorare con gradualità. Le soddisfazioni arriveranno da sole».
Qual’è la maratona più bella del mondo? «Io sono innamorato di Londra, l'ho corsa nove volte. Certo che altri percorsi in città splendide come quelli di New York, Boston o Roma sono eccezionali».
Chi è stato il più grande maratoneta di tutti i tempi? «Abebe Bikila (vincitore delle Olimpiadi di Roma 1960; correva scalzo), il primo corridore moderno». FINE
ABEBE BIKILA
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ODONTOIATRIA
FACCETTE
DENTALI La soluzione ideale per ottenere un SORRISO BIANCO e PERFETTO in poche sedute.
Dott.
Sergio Spinato
Odontoiatra - Sassuolo - Tel. 0536.883868 www.studiodentisticospinato.it E-mail: studiodentisticospinato@gmail.com
Forma espressiva che non necessita di parole aggiuntive, poiché il messaggio implicito è universalmente compreso, il sorriso è forse il primo tra i gesti del corpo con il quale “incontriamo” l’essere umano che ci sta di fronte. Da ciò si capisce quanto sia importante poter contare su un bel sorriso come biglietto da visita personale. Fortunatamente, da qualche anno, è arrivata anche nel nostro Paese l’Odontoiatria Estetica che permette la correzione di qualsiasi imperfezione legata al colore, alla forma e ai difetti, anatomici e non, dei denti. In particolare, le faccette dentali rappresentano un'innovazione estetica assoluta per ottenere un sorriso e dei denti bianchi, naturali e perfetti, a patto che ci si affidi ad un professionista esperto ed affidabile.
degli attori durante le riprese cinematografiche. L’adesione di questi prototipi di faccette in ceramica era affidata a polveri per dentiere, di conseguenza questa tecnica aveva lo scopo di modificare solo temporaneamente l’aspetto estetico senza dunque nessun presupposto funzionale. La scoperta della mordenzatura dello smalto con sostanze acide nel 1959 da parte di Micheal Buonocore, un ufficiale della marina militare americana di origine italiana, ha permesso di utilizzare le faccette dentali come restauro estetico e funzionale permanente,
rendendo questa tecnica una delle possibilità restaurative più indicate e richieste, abbinando alla preparazione poco invasiva del dente o dei denti da trattare i vantaggi estetici delle faccette dentali.
Da quale materiale sono composte? Le faccette dentali vengono fabbricate in composito (una resina riempita di particelle al quarzo) oppure in porcellana (o ceramica). Le prime possono essere eseguite direttamente in bocca al paziente o essere fabbricate dal laboratorio dentale mentre, le faccette in porcel-
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Cosa sono? Le faccette dentali furono inventate dal dentista Charles Pincus in California (USA) nel 1928 per migliorare il sorriso 16
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La preparazione del dente può essere davvero molto limitata e, in alcuni casi clinici, addirittura nulla. Grazie alla mordenzatura dello smalto ed alla cementazione adesiva, la faccetta assume una grande resistenza ed un eccellente effetto mimetico. CEMENTIFICAZIONE DELLA FACCETTA ESEGUITA E LAVORO TERMINATO
MODELLO IN GESSO ESEGUITO IN LABORATORIO
Controindicazioni
lana, vengono eseguite solo dal laboratorio odontotecnico con una tecnica indiretta. In caso di esecuzione con tecnica indiretta, il dentista rileva il colore e prende un'impronta del dente o dei denti interessati; l’impronta sarà poi sviluppata nel laboratorio odontotecnico, dove verrà eseguito il manufatto. Sicuramente le faccette in porcellana, pur avendo un costo più elevato di quelle in composito, rappresentano la soluzione più apprezzata per gli incredibili risultati estetici e la stabilità cromatica nel tempo. Le faccette in ceramica (o porcellana) sono sottilissimi manufatti, anche pochi decimi di millimetro, che vengono cementati adesivamente al dente per risolvere svariate situazioni cliniche.
Quando utilizzarle Le indicazioni per le faccette possono essere: DENTI CONOIDI, DENTI MALFORMATI E TROPPO PICCOLI, SPAZI TROPPO GRANDI FRA I DENTI (DIASTEMI), USURE DENTALI, FRATTURE DENTALI, DIFETTI DI FORMA E COLORAZIONI NON RISOLVIBILI CON LO SBIANCAMENTO. FACCETTA DI PORCELLANA ESEGUITA IN LABORATORIO
Le faccette in ceramica costituiscono probabilmente il più alto connubio fra estetica, funzione e risparmio dei tessuti dentali.
Le controindicazioni all’uso delle faccette sono molto limitate: denti particolarmente distrutti senza smalto che richiedono tecniche restaurative tradizionali (corone dentali) oppure richiedono la sostituzione con un manufatto implantoprotesico (estrazione del dente, posizionamento di un impianto dentale ed esecuzione di una corona); pazienti affetti da parafunzioni estremamente accentuate (in particolare gravi forme di bruxismo, cioè il digrignamento dei denti sia diurno che notturno). Fatte salve queste eccezioni, la faccetta dentale (in particolare quella in porcellana) rappresenta la soluzione estetica e funzionale di elezione soprattutto nei pazienti giovani. Naturalmente si raccomanda ai pazienti di presentarsi a visite di controllo periodiche dopo l’esecuzione e la cementazioFINE ne delle faccette.
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CARDIOLOGIA LE 2 FRECCE INDICANO “RESTRINGIMENTI” NELLE CORONARIE
10 DOMANDE sulla
CORONAROGRAFIA Questo esame permette di visualizzare le arterie del cuore, chiamate appunto “le coronarie”. Serve per sapere se all’interno di qualcuna di esse si siano formate delle placche arteriosclerotiche che diminuiscono il flusso del sangue.
Dott.
Vladimir Guluta
Cardiologo c/o Maria Cecilia Hospital - Cotignola E-mail: vguluta@gmail.com
1 Cos’è la coronografia? Si tratta di un esame che permette di visualizzare le arterie del cuore, che si chiamano coronarie. Possiamo esaminare l’origine, il percorso e “lo stato di salute” di ognuna delle tre arterie del cuore. In parole semplici possiamo dire che la coronarografia è una radiografia delle arterie del cuore, con immagini in movimento riprese durante le contrazioni del cuore.
2 A che cosa serve? Quando abbia- L’esame viene indimo dei dubbi cato quindi, quando sulla qualità del i cardiologi vogliono flusso di sangue sapere se dentro che deve rag- qualche coronaria giungere il (oppure bypass aormuscolo del tocoronarico prececuore dobbiamo dentemente eseguia s s o l u ta m e nt e to) si siano formate potere controlla- delle placche arteriore la pervietà sclerotiche che dimi(capacità di un nuiscono il flusso del canale organico sangue. di consentire il flusso di liquidi) dei condotti che portano il sangue verso la destinazione. 18
3 Si utilizza un mezzo di contrasto?
6 Si può fare a chiunque?
Per visualizzare l’interno di un condotto si deve utilizzare del mezzo di contrasto. Pensate solo all’esame con il bario (elemento chimico) che permette ai medici di “vedere” dentro il tubo digerente. Nello stesso modo, l’iniezione del mezzo di contrasto (liquido radiopaco) nelle coronarie ci consentirà di vedere se il lume dei vasi è pervio oppure “strozzato” da restringimenti (stenosi) formatisi al loro interno. Possiamo quindi quantificare il disturbo del flusso coronarico.
L’esame può essere eseguito a qualsiasi età, compresa quella pediatrica. Nei bambini piccoli che necessitano la correzione chirurgica di alcune anomalie congenite, prima dell’intervento chirurgico, il chirurgo ha bisogno di identificare l’origine delle coronarie dall’aorta e di conoscere il percorso che queste arterie fanno sulla superficie del cuore.
4 Quanto tempo dura? In “mani esperte” l’esame dura in media 20-30 minuti, come diciamo noi medici, dura più la preparazione che l’esame in se stesso. Anche il ricovero è breve, solitamente non più di 24-48 ore.
5 Le radiazioni sono pericolose? Le attrezzature che utilizziamo oggi per l’esame coronarografico permettono di erogare una minima quantità di raggi X. In più, con il tempo, i medici che eseguono l’esame hanno acquisito un’esperienza tale da permettere l’uso di poco mezzo di contrasto e breve esposizione del paziente alle radiazioni.
7 L’indagine è pericolosa? Tutte le indagini invasive presentano un grado di pericolosità. Oggi come oggi il rischio di non superare un esame coronarografico è veramente minimo. Quando capita si tratta di pazienti in condizioni critiche (infarto acuto che interessa un’ampia quantità di muscolo cardiaco che determina un grave stato di disfunzione alla pompa del cuore) con i quali tentiamo con tutti i mezzi a disposizione di salvargli la vita. Le altre complicazioni (a livello del punto di ingresso del catetere nell’arteria, a livello renale, a quello cerebrale, ecc.) avvengono in una percentuale molto contenuta.
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In linea di massima si può affermare che più il numero di coronarografie ed angioplastiche che un centro (e quindi i suoi medici) esegue durante un anno è alto, più il numero delle complicanze è basso.
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8 Ci sono delle controindicazioni? Quando la coronarografia è indispensabile non ci sono controindicazioni. Preferiamo però, quando possibile, migliorare le condizioni generali e la funzione degli organi importanti (la pressione arteriosa, il ritmo del cuore, la funzione respiratoria e quella renale) prima di procedere alla coronarografia. In questo modo il paziente sopporta meglio l’esame e la probabilità di complicanze durante e dopo l’esame scende notevolmente.
9 Quante coronarografie possono essere fatte ad una sola persona? Non esiste un numero massimo di esami coronarografici che possono essere eseguiti per un determinato paziente. Il principale ostacolo è la funzione renale. Il mezzo di contrasto utilizzato durante l’esame viene eliminato nelle urine attraverso i reni. Più la funzione renale è danneggiata più alto è il rischio che il mezzo di contrasto possa creare uno stato in cui i reni non funzionano più (insufficienza renale acuta).
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Conoscendo la qualità della funzione renale di ogni paziente, quelli che presentano una disfunzione vengono sottoposti ad una particolare preparazione farmacologica prima dell’esame. In questo modo, i loro reni sopporteranno meglio “l’aggressività” del mezzo di contrasto.
10 Non è meglio una TAC coronarica? La tecnologia ha fatto dei passi giganteschi e oggi abbiamo la possibilità “di vedere” l’albero coronarico anche in modo non invasivo (senza l’introduzione di cateteri nelle arterie).
Gli esami non sono antagonisti ma piuttosto complementari. Alcuni aspetti si possono studiare bene con l’esame TAC mentre altri vengono meglio esaminati e trattati con la coronarografia. L’angio TAC è solo un esame diagnostico, mentre la coronarografia è anche una procedura terapeutica. Se durante un esame TAC dovesse venire fuori l’indicazione di eseguire un’angioplastica (dilatazione con pallone della coronaria ostruita con eventuale posizionamento di stent intracoronarico), la procedura non sarebbe fattibile. Durante la coronarografia l’angioplastica può essere FINE eseguita seduta stante.
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PSICOLOGIA
AFFRONTARE UN LUTTO CON I
BAMBINI Dott.ssa
Isabella Cantagalli
Psicologa - Psicoterapeuta c/o Phisiomedica Faenza Cell. 329.8025403 E-mail: drcantagalli@gmail.com
“Mamma, ma dov'è adesso il nonno, come mai non lo vedo più? Ma poi torna?” “Dov'è finita la zia, perché non viene più a giocare con me?” “Dove si va quando si muore?” Può arrivare un momento, nell'infanzia di molti bambini, in cui una domanda simile viene posta ai genitori, in occasione di un lutto di una persona cara, ma talvolta anche senza pretesto, così in linea teorica. E rispondere in modo appropriato diventa un'impresa assai ardua. Che coinvolge i propri credo più profondi, siano essi religiosi o laici.
I genitori evitano di parlare della morte con i bambini. Può essere giusto? Nella nostra cultura, mediterranea e italiana in particolare, la morte è spesso esorcizzata, se ne parla poco o niente, e siamo noi adulti per primi a bandirla dai discorsi, soprattutto in presenza dei bambini, perché si pensa che il tema strida con la spensieratezza tipica dell'infanzia. E anche tra adulti, non si tende molto a parlarne se non per lo più facendo scongiuri. Così facendo non si prepara un bambino a questo evento di passaggio inevitabile. 20
E il paradosso è che proprio noi che affondiamo le nostre radici in una cultura cattolica viviamo il passaggio in modo tragico e drammatico, affatto confortati da quell'idea di fondo che dovrebbe rasserenare almeno i credenti. Da noi sarebbero impensabili i party post funerale tipici della cultura d'Oltreoceano. Il funerale viene vissuto in maniera cupa e talvolta addirittura teatrale. Ma ciò non è d'aiuto ai bambini, che hanno bisogno di capire fin da subito che la vita continua (nelle culture in cui si mangia e si beve dopo i funerali, si assolve meglio a questo compito, in un certo senso).
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Non cercate di fargli “superare” niente. Cercate di favorire che anche lui, come tutti voi, possa vivere questa esperienza di perdita per quello che è.
Il bambino non potrà mai superare nulla, se prima non lo avrà vissuto. Vivete questo tragico, doloroso, terribile momento insieme. Sarà il tessuto amoroso tra di voi nella verità condivisa quello che, lentamente, farà recuperare la vita e il sorriso a tutti voi, compreso il bambino.
Come gli adulti… …anche i bambini hanno bisogno di sapere tutta la verità per riuscire a elaborare un lutto: hanno bisogno di capire quel che è successo, di partecipare al funerale, di piangere e ricordare insieme, di condividere con gli altri il proprio dolore. Il silenzio reticente non li aiuta. Aggrava la traumaticità dell’evento. Li confonde. Li espone a un’angoscia che non riesce a prendere forma pensabile, perché privata dei contenuti. www.privatassistenza.it
L’adulto deve offrire relazioni di contenimento (tollerare il dolore dei figli) nelle quali i bambini/ragazzi possano sentirsi rassicurati nello sperimentare dolore e sofferenza. Deve avere un atteggiamento di ascolto: saper cogliere non solo dalle domande, ma anche dai comportamenti di malessere, quando aprire al dialogo su questi temi.
tuati nell’ambito della teoria psicoanalitica. Attraverso tali studi si evince, infatti, la possibilità che un bambino in tenera età riesca a elaborare il lutto per la morte di un genitore allo stesso modo di un adulto. Questa capacità si sviluppa naturalmente se gli viene offerto un sostegno adatto e un’informazione veridica circa l’accaduto. A questo proposito, le indagini di Robert Furmann e di Erna L’adulto deve impegnarsi personalmente nel diaFurman, effettuate su bambini a logo sulle perdite e sulla morte, non dando leziopartire dai due anni di età, dopo ni ma accettando di esserne lui stesso toccato, la morte di un genitore, hanno scosso, messo in difficoltà. mostrato quanto siano importanti nel processo di elaborazione del lutto sia Cosa è importante le variabili interne sia quelle esterne al per l’elaborazione del lutto bambino. nei bambini Per variabili interne essi intendono il carattere, la personalità del bambino e Un buon rapporto con la famiglia cioè tutti quei processi di reazione prima del lutto; interni e quelle risorse psichiche che vengono messi in atto al momento una persona fidata che si occupi della morte del genitore. affettuosamente di loro; informazioni pronte e chiare sulla morte che non travisino e nascondano quanto è accaduto; incoraggiamento ad unirsi al lutto familiare. Soffrire-con (la condivisione del dolore) è una delle esperienze di crescita più importanti.
Per variabili esterne essi intendono invece il supporto dell’ambiente che circonda il bambino, in primis del genitore sopravvissuto, e il tipo di relazione che il bambino aveva stabilito con il genitore… »SEGUE
Un’ulteriore conferma dell’importanza del supporto dell’ambiente che circonda il bambino emerge da alcuni studi effet-
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…defunto prima della sua morte. Entrambi questi gruppi di variabili giocano un ruolo fondamentale per quella che sarà l’elaborazione del lutto infantile e lo sviluppo della personalità del bambino stesso. Elisabeth Kubler Ross, studiando i dinamismi che si creano durante il lutto, ha individuato delle tappe che si susseguono durante tale processo di elaborazione nell’infanzia. Per prima cosa il bambino può vivere, per settimane o mesi, lo shock legato alla perdita del genitore, caratterizzato da sentimenti di dolore, incredulità e rabbia. Superato questo shock, il bambino e l’adulto possono continuare a vivere questa fase che si palesa attraverso una serie di comportamenti quali la dimenticanza dell’evento stesso o la fuga di fronte a tutto quello che può richiamarlo alla memoria. Tale meccanismo rappresenta una difesa che attenua l’impatto con la perdita, che serve a dare il tempo al bambino di adattarsi all’idea che il genitore se ne sia andato. La NEGAZIONE è, quindi, un importante meccanismo di difesa dell’Io che, incapace di accettare la realtà, cerca inconsciamente di dimenticarla e di bloccare la tensione emotiva che ne deriva. Nel caso in cui l’attivazione di questo meccanismo di difesa non risulti essere sufficiente, si ha la fase della depressione reattiva. A tale proposito è importante fare una distinzione fra un normale sentimento depressivo e una forma di depressione patologica, dalla quale deriva un sentimento d’impotenza e l’incapacità di mantenere stabili rapporti affettivi con gli altri.
Come può reagire al lutto un bambino? SENSI DI COLPA perché pensa che i suoi comportamenti cattivi abbiano provocato la morte, quindi la morte avvertita come una punizione personale. 22
ANCORA SENSI DI COLPA quando si rende conto di sentirsi felice nonostante la perdita. La forte voglia di vivere dei bambini, invece, va sostenuta dall’adulto. Se il bambino trova un lutto o una colpa non elaborati, porterà dentro di sé a sua volta un lutto non elaborato o una colpa non elaborata. Il bambino, infatti, diventa il ricettacolo delle emozioni del genitore verso il bambino e verso il partner scomparso. La patologia subentra quando gli stati emozionali rivolti sia al bambino, sia al partner assente, non sono elaborati e sono portati direttamente sul bambino a seguito dello scompenso psicofisico che il genitore sopravvissuto subisce.
Come si manifestano gli stati emozionali non elaborati? RIFIUTO, anche mascherato da eccesso di protezione. ECCESSO DI DISCIPLINA dovuto al fatto di dover assumere in sé la duplicità dei due ruoli genitoriali. Il bambino, allora, può sviluppare una personalità rigida, ansiosa e tesa, coartata.
ASPETTATIVE TROPPO BASSE quindi mancanza di stimoli adeguati per lo sviluppo del bambino. Se le aspettative sono basse si può avere passività e indifferenza, bassa autostima, sentimenti di abbandono.
Conclusioni Il tema del lutto scatena il timore di non essere in grado come adulti di gestirne l’intensità, la violenza, l’ampiezza. Occorre avere fiducia nel proprio intuito di genitori, nella tolleranza dei figli nei confronti degli sbagli e delle inadeguatezze dei genitori, nella consapevolezza che rispetto a questi temi è più importante “esserci” che dire la cosa giusta. Da tutto ciò, appare di fondamentale importanza la relazione dell’adulto, in particolare genitore, con il bambino e la capacità dell’adulto stesso di elaborare i propri vissuti in relazione ai temi della separazione e della sicurezza del legame. Il tema della morte, infatti, si lega al discorso della sicurezza dei legami e alle angosce di morte del genitore, che vanno elaborate. Se questo non avviene, tali angosce passano nella relazione, determinando una fragilità del bambino prima e dell’adulto poi, rispetto a questi temi. L’adulto deve anche riappropriarsi delle parole e del pensiero sulla morte: parole vive nel dialogo che si svolge nello spazio privato della famiglia, che si oppone all’eccesso di immagini sulla morte che subiamo passivamente o discutiamo razionalmente. Perché genitori e figli possano procedere insieme affrontando l’inevitabile incontro con la separazione e la perdita, è essenziale dare parole alle proprie emozioni e non lasciare che il silenzio avvolga e imprigioni le emozioni, rendendo muti il dolore e la disperazione. Il bambino può riconoscere, tollerare e contenere una particolare emozione solo se trova riconoscimento, tolleranza e contenimento della medesima emozione nelle relazioni reali attuali in cui si trova impegnato. Perciò, se il bambino si trova in un ambiente umano sistematicamente sordo o cieco rispetto a determinate emozioni, non potrà far altro che divenire a propria volta sordo o cieco rispetto a tali emozioni. Si creeranno, così, come dei "buchi" nelle capacità di esperire aspetti vitali FINE della propria esistenza.
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ALLERGIE
DIFENDERSI DALLE PUNTURE
APIVESPE
DI
,
CALABRONI
E
“Punto nel vivo”
Dott.
Oliviero Quercia
Responsabile Unità di Alta Specializzazione di Allergologia Ospedale di Faenza
E’ partita in questi giorni in tutta Italia la prima edizione della campagna di informazione e sensibilizzazione sull’allergia al veleno degli imenotteri, che ha come slogan “punto nel vivo” e coinvolge 25 centri di allergologia su tutto il territorio italiano. L'obiettivo è quello di far conoscere alla popolazione l'esistenza, le caratteristiche e le terapie delle reazioni allergiche da punture di imenotteri. Ogni anno, oltre 5 milioni di italiani vengono punti da imenotteri, un ordine che comprende oltre 100mila specie d'insetti, tra i quali i più noti e comuni sono le api, le vespe ed i calabroni. Fra le persone punte, si stima che da 1 a 8 su 100 sviluppi una reazione allergica senza essere a conoscenza delle conseguenze. L'allergia al veleno di Imenotteri può provocare reazioni localizzate (dal 2 al 26%) o severe reazioni sistemiche (dall'1 al 9%) di tipo respiratorio e cardiocircolatorio che si possono complicare fino alla morte, con circa 10 casi all'anno accertati in Italia.
COSA NE PENSA L’APICOLTORE
Questa iniziativa è promossa dai 25 esperti che fanno riferimento ai principali Centri Allergologici Specializzati nella diagnosi e terapia dell'allergia al veleno di imenotteri, patrocinata da FederAsma e Allergie Onlus - Federazione Italiana Pazienti (www.federasmaeallergie.org). "Punto nel vivo" ha in programma una serie di azioni e strumenti di comunicazione, che partendo da Facebook, arrivano all'informazione e formazione dei professionisti coinvolti nel percorso diagnostico e terapeutico dei pazienti allergici a veleno di imenotteri, dal »SEGUE Pronto soccorso ai Medici.
Tiziano Rondinini, quali sono i motivi che portano un'ape a pungere l’uomo? «L'ape punge semplicemente per difendere la propria colonia. Alcune di loro stazionano all'ingresso degli alveari, pronte a lanciarsi sui nemici, assumendo talvolta un atteggiamento particolare: zampe anteriori sollevate, antenne piegate in avanti, mandibole aperte. A questa attività di sorveglianza si dedica esclusivamente l'ape operaia, dotata di un'importante arma, il pungiglione… »SEGUE nel box giallo in pagina successiva.
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COSA NE PENSA L’APICOLTORE
Raccomandazioni per i medici di base
…che a riposo è raccolto dentro una tasca addominale e viene estroflesso soltanto al momento dell'impiego». Il pungiglione è un’esclusiva delle femmine? «Sì, è in realtà una modifica dell'ovopositore, un organo tipico delle femmine di molti Imenotteri utilizzato per deporre le uova. Poiché nella società delle api le modalità di ovideposizione della prole la esonerano dalla sua funzione originaria, questo organo può trasformarsi in un valido strumento di difesa ed offesa». Quale sostanza viene iniettata dal pungiglione nella vittima? «Il pungiglione è associato a un complesso laboratorio di ghiandole che producono sostanze velenose come fosfolipasi, jaluronidasi, melittina ed istamina. Esse possono causare nell'uomo effetti tossici e allergici di varia gravità, talvolta drammatici, in relazione sia al numero di punture inferte, sia alla sensibilità individuale di chi le subisce. Non va dimenticata, poi, la possibilità che la ferita prodotta dall'aculeo si infetti». »SEGUE nel box giallo in pagina a fianco.
Facebook.com/puntonelvivo E’ questo l’indirizzo della prima pagina Facebook dedicata all'informazione sulle reazioni da punture di imenotteri, una piazza virtuale dove le persone, con pochi click, possono trovare informazioni semplici e pratiche per conoscere questi insetti, distinguere una reazione normale da una allergica, valutare la sua gravità, comprendere quando è necessario disporre e come utilizzare l'adrenalina autoiniettabile (presidio salvavita) e infine sapere come eseguire l'immunoterapia allergene specifica (AIT, vaccino riconosciuto dall’OMS), unica terapia in grado di curare questa allergia.
Volantini e poster nei Pronto Soccorso Per tutti i mesi estivi verranno diffusi in oltre 150 pronto soccorso italiani materiali informativi sull’allergia al veleno di imenotteri, con l'obiettivo di favorire la conoscenza di un idoneo percorso diagnostico e terapeutico, realizzabile attraverso una stretta collaborazione tra personale del pronto soccorso e specialista allergologo. Se consideriamo tutte le reazioni allergiche gravi che arrivano al Pronto Soccorso, circa un terzo di esse sono causate dal veleno di imenotteri.
Grazie ai risultati di un'indagine sul grado di conoscenza di questa problematica da parte dei Medici di Medicina Generale, realizzata nel 2014 su un campione di oltre 1000 rispondenti, è stata messa a punto una serie di raccomandazioni per i medici di base che si trovano di fronte un paziente con reazione allergica da veleno di imenotteri. L’indagine ha dato degli spunti interessanti, che evidenziano come, a fronte di una buona frequenza di osservazione di pazienti con reazioni allergiche da punture di imenotteri (Il 74% dei medici vede fino a 10 pazienti con reazione locale estesa), ci siano ampi margini per migliorare le loro conoscenze, sia dal punto di vista dell'inquadramento clinico, che delle terapie. Circa il 20% infatti dichiara di non avere conoscenze precise sull'adrenalina autoiniettabile e il 36% conosce bene o abbastanza bene l'esistenza dell'AIT (Immunoterapia Allergene Specifica). Queste motivazioni hanno portato a stendere un documento di raccomandazioni di facile utilizzo, diffuso attraverso la campagna “Punto nel Vivo".
Riconoscere la reazione allergica è di fondamentale importanza… …per questo i 25 centri di allergologia, per tutta la stagione estiva, saranno promotori di iniziative di informa-
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zione sul territorio per sensibilizzare le persone sui rischi che si possono correre quando si sviluppa una reazione allergica da veleno di imenotteri. Confondere una normale reazione a una puntura con una reazione allergica è frequente, perciò è importante imparare a riconoscere la differenza grazie al supporto dell'allergologo. Nel caso di una vera reazione allergica, lo specialista valuterà di caso in caso la necessità di munire il paziente con il presidio salvavita della adrenalina autoiniettabile e di iniziare l'immunoterapia allergene specifica (AIT) in grado di curare questa allergia. Si ricorda che attualmente la vaccinazione è l’unico trattamento in grado di modificare la qualità della vita di questi pazienti a rischio di anafilassi e questo lo possiamo confermare anche in base alla nostra esperienza rappresentata da 30 anni di vaccinazioni su circa 1500 pazienti allergici al veleno degli imenotteri. Il messaggio è questo: se sei stato punto e hai avuto delle reazioni generali o locali estese per una superficie maggiore di 10cm fai una visita allergologica nei centri specializzati per questo problema”.
I Centri Allergologi della rete Punto nel Vivo in Emilia Romagna FAENZA (RA) - Ambulatorio di Allergologia Ospedale degli Infermi - Viale Stradone, 9 - Dr. Oliviero Quercia fa.allergologia@ausl.ra.it RIMINI - Ambulatorio Allergologia U.O. Medicina Interna e Allergologia Ospedale degli Infermi - Via Luigi Settembrini, 2 Tel. 0541.705312 - Dott. Gabriele Cortellini - gabriele.cortellini@auslromagna.it PARMA - Ambulatorio Allergologia e Immunologia Clinica Azienda Universitaria Ospedale di Parma - Via Gramsci, 14 (Padiglione Barbieri) Tel. 0521.702082 - Prof.ssa Eminia Ridolo. PIACENZA - Ospedale Guglielmo da Saliceto - Via Taverna, 49 - Dr.ssa FINE Eleonora Savi.
COSA NE PENSA L’APICOLTORE E' vero che l'ape, dopo aver punto, è destinata alla morte? «Al momento della puntura sull’uomo, il pungiglione viene arpionato sulla pelle da alcuni uncini. E lo sforzo dell'ape per estrarlo, fa sì che si strappino dal suo corpo anche parte dell’addome ed una porzione dell'intestino, nonché le stesse ghiandole del veleno. Così l'ape è destinata, in breve tempo, a morire. E' un esempio di come, negli insetti sociali, gli istinti vanno oltre la voglia di sopravvivenza del singolo». Cosa occorre fare, se il pungiglione resta attaccato alla pelle? «E' necessario estrarlo assieme a tutti i suoi annessi, evitando di toglierlo con le dita perché la pressione esercitata potrebbe iniettare del veleno APE REGINA ancora presente nelle ghiandole. L'estrazione va fatta con delicatezza, ad esempio usando un'unghia come piccola leva». E l'ape regina? «Anche l'ape regina è dotata di un pungiglione, ma è un po' diverso da quello dell'operaia. Ciò le permette di estrarlo agevolmente dalla vittima colpita, che quasi sempre è un'altra regina, assicurandosi così la supremazia nella colonia». Tutte le api sono ugualmente aggressive? «Assolutamente no. Le api possono presentare aggressività differenti, a seconda della specie o della razza alla quale appartengono. Fra le razze presenti in Italia, l’Apis mellifera mellifera è meno mansueta dell’Apis mellifera ligustica, detta anche ape italiana. L'istinto aggressivo varia poi da colonia a colonia, in relazione al patrimonio genetico dell'ape regina, che durante il volo nuziale si accoppia con più maschi, pertanto la discendenza presenta caratteri diversi in relazione all'apporto del patrimonio genetico dei padri. L'aggressività di una colonia è originata anche da cause contingenti, come la cattiva stagione e le condizioni meteo avverse, soprattutto vento e pioggia. Al contrario, la buona stagione e la presenza di abbondante raccolto rendono le api più mansuete.
Altri fattori che ne influenzano l'aggressività sono i movimenti bruschi, i colori scuri in contrasto col chiaro del cielo, le vibrazione e gli odori forti, come il sudore dell'uomo».
COLONIA SU RAMI DI ALBERO Le api comunicano fra loro durante un attacco? «Sì, mente punge l'ape libera nell'aria un feromone d'allarme, l'isopentil acetato, che richiama le compagne sull'obiettivo punto. Gli eventuali bruschi movimenti della vittima scatenano un ulteriore attacco di altre operaie, quindi, se si viene punti, è necessaria l'assoluta calma. L'isopentil acetato può venir emesso dall'ape anche senza aver colpito la vittima: per far ciò solleva l'addome ed estroflette il pungiglione, liberando il feromone volatile nell'ambiente circostante, favorendone la dispersione con un veloce agitare delle ali». Le api, come quasi tutti gli altri animali, non fanno altro che difendere il proprio territorio? «Il "perimetro difensivo" delle api corrisponde ad un'area di estensione variabile attorno a ciascun alveare. All'interno di questa zona è molto probabile un loro attacco difensivo. La stessa aggressività si manifesta anche nei cosiddetti "corridoi", ovvero quei tragitti aerei che collegano l'alveare con le "aree di raccolta". I corrodoi decorrono ad un'altezza variabile di 10-15 metri dal suolo. La loro altezza piuttosto elevata è un vantaggio per l'uomo, ma in condizioni atmosferiche sfavorevoli questi percorsi possono abbassarsi verso il terreno. Ecco perché a volte si verificano aggressioni all'uomo anche a notevole distanza dall'alveare, in circostanze considerate anomale». Tiziano Rondinini è un esperto apicoltore di Faenza. La storica azienda della sua famiglia, fondata dal padre nel secondo dopoguerra, ha sede in località Pieve Cesato. Rondinini produce una decina di tipi di miele (acacia, agrumi, cardo, castagno, eucalipto, girasole, melata, millefiori, sulla e tiglio) e copre come zone di raccolta quasi tutte le regioni d’Italia, nelle aree più vocate a questa attività. FINE
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PSICHIATRIA
LE PAZZE INTERVISTE DI
RADIO SHOCK L’INNOVATIVO PROGETTO di riabilitazione del CENTRO DI SALUTE MENTALE di PIACENZA. Dott.
E. Guagnini
Responsabile Centro Salute Mentale www.radioshock.biz
Radio Shock è l'emittente del Dipartimento di Salute Mentale della A.S.L. di Piacenza, nata come un progetto riabilitativo per pazienti psichiatrici gravi, con una lunga storia di malattia alle spalle. L'esperienza intende portare la lotta all’emarginazione delle malattie mentali in mezzo alla gente comune. Far conoscere la sofferenza profonda causata dal disturbo mentale attraverso lo strumento radiofonico ci è sembrato un modo per uscire dal nostro ambito tecnico e cercare di vincere paure e pregiudizi che sono la prima causa di emarginazione e solitudine. L'idea è nata nove anni fa, con programmi esilaranti nelle radio locali, come le interviste a personaggi defunti o ai monumenti di Piacenza. 26
Domande irriverenti e surreali Oggi Radio Shock trasmette ogni giovedì alle 13.15 e in replica la domenica alle 11.30 su 95 Radio Sound e Radio Fiore di Piacenza. I redattori sono una ventina di persone con problemi psichici, che realizzano interviste “stralunate” non solo a personalità di rilievo, ma anche a persone comuni. Interviste surreali, che spesso si trasformano in pennellate che riescono a squarciare il velo dell'ipocrisia. Gli intervistati rispondono alle domande irriverenti e provocatorie, anche di carattere personale, poste in modo stringato ed incalzante. Col tempo i nostri pazienti hanno sviluppato un forte senso di appartenenza a questo progetto, dimostrando capacità e risorse insospettabili.
Lo schema di lavoro della redazione è orizzontale: tutti hanno la stessa importanza al momento di scegliere i contenuti.
I REDATTORI DI RADIO-SHOCK CON DARIA BIGNARDI E DINO ZOFF
L’esperienza alle “Invasioni Barbariche” Quest’anno l’esperienza di Radio Shock ha acquisito notorietà a livello nazionale grazie a “Le invasioni barbariche”, il talk show condotto da Daria Bignardi su La7, che nella sua
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ultima stagione si è avvalso delle irriverenti interviste dei pazienti/redattori piacentini. L'iniziativa, nata su una proposta lanciata da Davide Rossi, un infermiere, e Massimo Seccaspina, uno degli educatori della struttura, si è rivelata un ottimo modo per contribuire all’abbattimento di pregiudizi duri a morire. Oggi Radio Shock vanta uno stato di servizio da fare invidia a molti network nazionali. Tante le personalità intervistate: Mario Monicelli, Gino Strada, Stefania Sandrelli, Enrico Letta, Sandro Mazzola, Emma Bonino, Ersilio Tonini, Paolo Rossi, Francesca Archibugi, Alessandro Del Piero ed altri celebri personaggi, che si sono sottoposti alle interviste “senza paracadute”.
Abbattute le barriere dei pregiudizi Grazie a questa attività, in molti hanno iniziato ad interrogarsi in modo meno banale sul problema della malattia mentale, spesso tratteggiato in maniera caricaturale da un’informazione che non riesce ad andare oltre il semplice bozzetto. Catturato l’interesse della gente, oggi continuiamo ad ingrandirci senza chiedere un centesimo a nessuno: abbiamo fondato una squadra di calcio, una bocciofila e stiamo allargando la rete di collaborazioni col territorio. Alcuni redattori sono diventati anche attori. E’ nato pure un collegamento col mondo teatrale, approdato sul palcoscenico con Lucia Vasini. Quale il segreto del nostro suc-
cesso? Di fronte alle nostre domande non si può fingere, come nella sofferenza, che noi conosciamo bene. Ma soprattutto lavoriamo in un clima di amicizia e ci divertiamo tanto. FINE UN’ALTRA FOTO DELLA VISITA ALLE INVASIONI BARBARICHE
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TECNOLOGIA
CYBERLEGS Le “GAMBE ARTIFICIALI” sono ormai una realtà. Un progetto coordinato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ha realizzato e testato un prototipo di protesi pensate per aiutare la deambulazione di chi ha subito un’amputazione agli arti inferiori.
Uno “zainetto” ergonomico
Ing.
Nicola Vitiello
Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
La perdita di un arto inferiore è una condizione invalidante, in grado di compromettere lo stato di salute e diminuire in misura significativa il benessere psicofisico. Questo evento può verificarsi come conseguenza del diabete mellito, di patologie del sistema vascolare periferico, di traumi e di tumori. Le malattie del sistema vascolare periferico sono la principale causa di amputazione agli arti inferiori: rappresentano circa l’80 per cento delle amputazioni totali. Fra tutte le possibili amputazioni, risultano particolarmente invalidanti quelle transfemorali, ovvero sopra al ginocchio. Gli amputati transfemorali devono sostenere uno sforzo fisico e cognitivo più intenso, e anche il loro cammino, qualora sia amputato anche solo un arto, appare meno stabile. In Europa gli amputati transfemorali sono stimati in circa 30 mila ogni anno. In questo contesto si è sviluppato il progetto Cyberlegs, che ha raggiunto l’obiettivo di testare in via preliminare nuove tecnologie robotiche per aiutare a recuperare un cammino più naturale ed efficiente, sviluppando applicazioni che hanno dimostrato la loro funzionalità nei test pre-clinici. 28
Il progetto ha messo a punto un’ortesi bilaterale di bacino (un sofisticato tutore), robotizzata e capace di assistere il movimento che permette di flettere e di estendere l’anca. Il dispositivo, contenuto in una sorta di “zainetto”, è stato progettato per essere ergonomico e quindi adattarsi alla schiena senza alterarne la postura. In virtù di un meccanismo che segue la naturale biomeccanica dell’anca, la coppia che permette il movimento risulta sempre allineata con l’asse che garantisce la sua estensione e la sua flessione. Questo dispositivo agisce attraverso bat-
LO “ZAINETTO” DI CYBERLEGS
terie con un’autonomia di tre ore e permette agli amputati di camminare tanto all’interno quanto all’esterno.
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Buoni risultati dai test Cyberlegs è stato testato con successo da sette amputati, che hanno potuto interagire col dispositivo in maniera intuitiva. La nuova protesi transfemorale motorizzata permette di camminare, sedersi, salire o scendere le scale, dimenticando la sedia a rotelle.
assorbono l’impatto con il terreno, garantendo la naturale flessione del ginocchio durante la fase del carico. In aggiunta, i motori forniscono assistenza nel passaggio dalla postura seduta a quella eretta e viceversa. L’interfaccia con la protesi è ottenuta attraverso sensori che possono essere indossati, costituiti da scarpe “intelligenti”. Grazie ai dati forniti da questi sensori, un sistema di controllo intelligente può riconoscere il movimento desiderato dalla persona amputata e tradurre tale intenzione in comandi di movimento che si trasmettono ai motori della protesi.
Un progetto da perfezionare I risultati suggeriscono un’ulteriore ingegnerizzazione del sistema, per ridurne ancora gli ingombri ed il peso, migliorando il comfort per la persona amputata. Tuttavia, Cyberlegs ha aperto la strada verso una nuova generazione di sistemi robotici protesici e ortesici. Nel lungo periodo è possibile immaginare che queste tecnologie saranno adottate in maniera progressiva e che il loro impatto sulla
In virtù dell’utilizzo di elementi elastici passivi, uniti ad attuatori elettromagnetici che permettono il movimento sia per il giunto del ginocchio sia della caviglia, la protesi permette all’amputato di riprendere un cammino più fisiologico ed efficiente dal punto di vista energetico. Da una parte, i motori possono fornire energia durante la fase di appoggio, dall’altra parte gli elementi elastici passivi
società sarà tangibile. Le persone amputate potranno contare su una nuova generazione di sistemi robotici leggeri, per ottenere una più alta mobilità, unita ad una migliore qualità della vita.
Cyberlegs permetterà a chi ha subito un’amputazione di camminare avanti e indietro, salire e scendere le scale, alzarsi e mettersi seduti con un minimo sforzo. Una volta industrializzato da chi investirà in questa tecnologia, Cyberlegs diventerà un ausilio alla portata di tutti, al prezzo di poche migliaia di euro. FINE
L’ingegnere Nicola Vitiello, 30 anni, è nato a Torre Annunziata (Napoli). E’ ricercatore nel campo biomedicale dell'Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
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SALUTE_10piu_n.6.15_CASA NOTIZIE cesena n1.2007 29/05/15 16:27 Pagina 30
I NOSTRI AMICI ANIMALI
ALBERGO A MISURA DI CANE
»
UN
Intervista ad ELDA PATUELLI, che nel 1999 fu la prima sulla riviera romagnola ad aprire un “dog hotel”. «Oggi sempre più persone amano avere con sé in vacanza il proprio amico a quattro zampe».
di Tiziano Zaccaria E-Mail: zaccariatiziano@alice.it E’ stata in qualche modo pionieristica, in tempi in cui, parole sue, «la mia iniziativa fu additata e vista con sospetto, perché a quei tempi non c’era la mentalità». Nel 1999 la faentina Elda Patuelli, per prima in tutta la riviera romagnola, decise di aprire le porte del suo albergo, l’Hotel Corona di Riccione, agli “amici a quattro zampe”. «Oggi i tempi sono cambiati e tanti altri alberghi hanno seguito il mio esempio».
Come nacque la sua idea? «Scaturì da una mia esigenza personale. Ho sempre posseduto un cane e mi dispiacevo perché nei miei spostamenti non potevo mai portarlo con me. Pensai che questa problematica potessero averla tanti altri e provai a darle una soluzione. Infatti, l’apertura del mio albergo ELDA PATUELLI ai cani riscosse velocemente un buon successo».
Il suo albergo a Riccione è tutt’oggi uno dei “dog hotel” più apprezzati della nostra riviera. Cosa offrite agli amici a quattro zampe dei vostri vacanzieri? «In camera il cane trova una comoda brandina su misura per la sua taglia, un tappetino con sopra una ciotola per il cibo e una scodella per l'acqua. Naturalmente è garantita la pulizia approfondita delle camere: aerazione prolungata, cambio coperte e copriletto, disinfezione pavimento e mobili con prodotti specifici.
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Ma soprattutto abbiamo predisposto una sala ristorante riservata ai clienti con “quattro zampe” al seguito, provvisto di un buffet con cibo per cani umido e secco. Su richiesta, facciamo anche diete personalizzate. Inoltre, il cane può accedere alla spiaggia insieme al proprio padrone, oppure essere affidato ad un dog sitter specializzato».
In caso di problemi di salute? «In caso di necessità si può contare su un veterinario di nostra fiducia, disponibile 24 ore al giorno».
Accettate qualsiasi tipo di taglie? «Sì, abbiamo ospitato anche degli alani. Le uniche razze che non accettiamo sono quelle considerate “aggressive”, come il Rottweiler ed il Pitt Bull».
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Associazione Sportiva Dilettantistica Scuderia del Borgo Via Benaco, 59 - Ravenna - Tel. 0544.271763 - Cristiana - Cell. 333.3427633
Ciao, io sono ZEUS, ti aspetto per divertirci ai nostri fantastici centri estivi per bimbi dai 2 anni in su… Gli animali sono un aiuto alla prevenzione del disagio tipico presente nell’età adolescenziale
Quali sono i suoi clienti? Italiani o stranieri?
gatto, che lascia poi in camera: l’accettiamo volentieri».
«Prevalentemente italiani, ma c’è anche qualche straniero, soprattutto tedeschi e svizzeri, che amano andare in vacanza col proprio cane».
Ha mai avuto richieste particolari?
Prendete anche altri animali? «Qualche viene col
cliente proprio
«Nella sala ristotante riservata ai “quattro zampe” qualche cliente ama tenere il proprio cane sul seggiolone, accanto al proprio tavolo. Qualcuno lo imbocca con la sua forchetta. Da noi è la normalità, nessuno ci fa caso. Del resto la vacanza deve essere un momento di felicità per tutti. E sarebbe impossibile essere felici dovendo lasciare il proprio cane a casa, no?». FINE
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HANNO COLLABORATO al numero 6_GIUGNO 2015 di SALUTE 10+ Dott.ssa Isabella Cantagalli Psicologa - Psicoterapeuta c/o Physiomedica Via Malpighi, 150 - Faenza E-mail: drcantagalli@gmail.com - Cell. 329.8025403 Dott. Giampiero Campanelli Direttore Unità Operativa di Chirurgia Generale e Day Surgery Istituto Clinico Sant’Ambrogio - Milano Dott. Ugo Cimberle Studio Oculistico Dal Fiume-Cimberle - Ravenna E-mail: cimberle@cidiemme.it Dott. Emanuele Guagnini Responsabile Centro Salute Mentale www.radioshock.biz Dott. Vladimir Guluta Cardiologo c/o Maria Cecilia Hospital - Cotignola E-mail: vguluta@gmail.com
Dott. Oliviero Quercia Responsabile Unità di Alta Specializzazione di Allergologia Ospedale di Faenza Tiziano Rondinini Apicoltore - Faenza
Dott.ssa Tania Rontini Dietista c/o Maria Cecilia Hospital - Cotignola
Dott. Sergio Spinato Odontoiatra - Sassuolo - Tel. 0536.883868 www.studiodentisticospinato.it E-mail: studiodentisticospinato@gmail.com Ing. Nicola Vitiello Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
I COLLABORATORI DI SALUTE 10+ Dott. José Aguayo Ph.D. - Psicologo - Psicoterapeuta Email: j.aguayo1345a@ordpsicologier.it Dott.ssa Serena Bagli - Psicologa e Psicoterapeuta - Lugo Email: info@serenabagli.it - www.serenabagli.it Dott.ssa Letizia Bompani Ortodontista c/o Studio ABB - Faenza - Tel. 0546.623355 E-mail: info@studioabb.it Dott. Alberto Busilacchi - Maria Cecilia Hospital Cotignola Dott.ssa Chiara Bucherini - Biologa nutrizionista Dott. Eugenio Bucherini - Angiologo Dott.ssa Letizia Bompani Ortodontista c/o Studio ABB Faenza - Tel. 0546.623355 - E-mail: info@studioabb.it Dott. Ugo Cimberle - Studio Oculistico Dal Fiume-Cimberle - Ravenna E-mail: cimberle@cidiemme.it Dott.ssa Isabella Cantagalli Psicologa - Psicoterapeuta c/o Physiomedica Via Malpighi, 150 - Faenza E-mail: drcantagalli@gmail.com - Cell. 329.8025403 Dott. Pierpaolo Casalini Medico-Chirurgo U.O. Anestesia e Rianimazione dell’Ospedale di Faenza - E-mail: pierpaolo.casalini@gmail.com Dott. Giorgio Maria Cicognani Medico Geriatra - AUSL Ravenna E-mail: giorgio.cicognani@fastwebnet.it Dott. Guido Cocchi Responsabile Centro Malformazioni Congenite e Amb/DH MR UO-Neonatologia Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna E-mail: guido.cocchi@unibo.it
Dott. Stefano Farioli-Vecchioli Istituto di Biologia Cellulare e Neurobiologia - Centro Santa Lucia-EbriCNR, Roma - E-mail: stefano.farioli@inmm.cnr.it
Edda Plazzi - Psicologa e Psicoterapeuta di coppia per problemi sessuali e relazionali Cell. 333.6921234 - E-mail: eddaplazzi@hotmail.com
Dott. Maurizio Fontana Direttore U.O.C. Ortopedia Traumatologia Presidio Ospedaliero di Faenza
Dott. Giuseppe Plazzi Dipartimento di Scienze Neurologiche Università di Bologna - E-mail: giuseppe.plazzi@unibo.it
Dott. Andrea Flamigni - Specialista Idrologia Medica Direzione Sanitaria Terme di Cervia Email: andrea.flamigni@terme.org
Dott. Alessandro Repici Responsabile Endoscopia Digestiva Humanitas Milano
Dott. Vladimir Guluta Cardiologo c/o Maria Cecilia Hospital - Cotignola E-mail: vguluta@gmail.com Dott. Marco Ioni - Dirigente Medico 1° Livello Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso Ospedale Civile di Faenza - AUSL di Ravenna Dott. Marcello Lanari - Consiglio Direttico SIN, Società Italiana di Neonatologia Dott.ssa Enza Lamanna - Urologia - Azienda USL di Ravenna E-mail: ra.urologia@ausl.ra.it Dott. Luciano Lozio - Docente universitario e consulente farmaceutico
Prof. Gioacchino Coppi Direttore Chirurgia Vascolare Università di Modena e Reggio Emilia
Stefano Cresci Presidente AIDO Regionale Emilia-Romagna Dott. Sergio D’Addato Dip. di Scienze Mediche e Chirurgiche Università di Bologna - Ospedale Sant’Orsola Malpighi Dott. Calogero Di Stefano - Specialista urologo E-mail: loger99@libero.it Dott.ssa Maria Cristina Digilio - Dipartimento di Medicina Pediatrica IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Roma Dott. Andrea Drei Pronto Soccorso Medicina d’Urgenza Ospedale di Faenza E-mail: andrea.drei@alice.it Prof. Marinella Di Stani - Psichiatra Responsabile Ambulatorio del Comportamento Alimentare di Ravenna - AUSL Romagna
Nicoletta Fabbri Laureata in Scienze Motorie e Sportive Titolare di Spazio Pilates - Faenza E-Mail: nicofabbri@libero.it
Dott. Ernesto Sarracino Coordinatore pedagogico Comune di Russi e Faenza - Pedagogista al centro per le famiglie del Comune di Forlì Consulente per i genitori Tel. 335.5238668
Francesco Spadoni Tecnico ortopedico Email: francesco@ortopediaspadoni.it Dott. Ignazio Stanganelli Responsabile Centro di Oncologia Dermatologica Skin Cancer Unit IRCCS IRST Istituto Tumori Romagna Progetto Melanoma Istituto Oncologico Romagnolo
Gianna Manna - Optometrista - E-mail: giannamanna@yahoo.it Barbara Maioli - Educatore Cinofilo APNEC nr. 043 Reg. Emilia Romagna Disciplinato ai sensi della Legge nr. 4/2013 E-mail: barbara.maioli@alice.it Dott. Andrea Maccolini Specialista in Ginecologia ed Ostetricia Tecnobios Procreazione Bologna Consigliere CECOS Italia - Email: amaccolini@alice.it
Gianna Manna - Optometrista - E-mail: giannamanna@yahoo.it Denny Conti - Sport GM Solarolo Rivenditore specializzato scarpe da running
Dott. Antonio Salzetta Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva Presidio Ospedaliero di Faenza - Ausl Ravenna
Dott. Marco Manfrini Specialista in terapie Chirurgiche Innovative
Alberto Mantovani - Direttore Scientifico IRCCS Istituto Clinico Humanitas e docente Humanitas University Dott.ssa Francesca Negosanti Medico Chirurgo, specialista in Dermatologia e Venereologia c/o Centro Dermatologico srl via Ercolani, 8 - Bologna - www.centro-dermatologico.it Dott.ssa Monica Negosanti - Dietista AUSL Bologna UOC Igiene Alimenti e Nutrizione Dott. Gianfranco Niedda - Otorinolaringoiatra E-mail: gianfranconiedda@tiscali.it Dott. Roberto Nonni - Direttore Sanitario San Pier Damiano Hospital - Faenza - E-mail: rnonni@alice.it
Dott. Stefano Stea Responsabile U.O di Chirurgia Maxillo-Facciale Maria Cecilia Hospital Cotignola - www.stefanostea.it E-mail: maxillofacciale-mch@gvmnet.it
Fabrizio Tagliavini - Direttore Dipartimento Malattie Neurogenerative - Istituto Carlo Besta Prof. Umberto Tirelli Direttore del Dipartimento di Oncologia Medica, Centro di Riferimento Oncologico, Istituto Nazionale Tumori di Aviano (Pordenone)
Doriana Togni - Bottega dei Servizi - E-mail: info@bottegadeiservizi.it Dott. Gregorio Tugnoli - Responsabile U.O.S.D. Chirurgia del Trauma Ospedale Maggiore, Azienda USL di Bologna E-mail: gregorio.tugnoli@ausl.bologna.it Dott.ssa Sara Vignoli - Fisioterapista - Studio Medico Villa Ginanni Corradini Campiano - Cell. 345.2801470 - E-mail: vignolisara@gmail.com Dott.ssa Maria Nives Visani Farmacista - Naturopata - E-mail: salutenaturasnc@alice.it
Max Vismara Istruttore cinofilo e psicologo clinico - www.dicasavismara.it Dott. Salvatore Voce Urologia - Azienda USL di Ravenna E-mail: ra.urologia@ausl.ra.it Dott. Roberto Zabberoni Centro Dentale La Cura - Ravenna
Dott. Marco Quarantini Medico Chirurgo spec. Odontostomatologia Centro Odontoiatrico Bononia - Bologna E-mail: marcosmile@libero.it
Dott. Alfonso Zaccaria - Ex Direttore Dipartimento Oncologia ed Ematologia Azienda USL di Ravenna
Dott. Pietro Querzani - Neurologo E-mail: querzani@gmail.com
Dott. Franco Ziccardi - Medico di medicina generale Gruppo C.A.S.P.I.T.A. di Faenza E-mail: caspitafaenza@gmail.com
Dott.ssa Federica Piras Medico Veterinario - E-mail: st.fe@libero.it
Prof. Dott. Raul Zini Maria Cecilia Hospital Cotignola
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Direttore Sanitario Dott. Paolo Balella
Invecchiamento?Affrontiamolo insieme. Assisti una persona con demenza o un anziano non autosufficiente? Hai problemi di memoria? Vuoi cercare di invecchiare bene? Vuoi prevenire o curare l'osteoporosi? Noi possiamo aiutarti con strumenti, supporti e percorsi personalizzati. L'Opera di Santa Teresa nota da anni a Ravenna per l'assistenza agli anziani non più autosufficienti, ha implementato una serie i servizi geriatrici rivolti alla cura dell'anziano. Lo scopo è quello di aiutare le famiglie e gli anziani a prevenire quelle situazioni di malattia e di disagio che, se trascurate, possono cronicizzarsi e condurre ad un ricovero definitivo in una struttura specializzata. Offriamo, anche, una completa serie di servizi a tutte quelle persone di "mezza età" interessate a provare a costruirsi un buon invecchiamento. Garantiamo visite geriatriche ed eventuali prestazioni infermieristiche a domicilio nel caso di pazienti con molteplici malattie da gestire contemporaneamente oppure nel caso di parenti che desiderano gestire i propri cari a domicilio senza ricorrere alla Ospedalità ed alle Case di Riposo. Costruire un "Buon Invecchiamento" significa imparare abitudini e sani stili di vita ma, anche, avere il supporto di una figura di riferimento per affrontare con serenità le problematiche di salute che l'età porterà con sè. Per questo ci impegnamo ad offrire un sostegno psicologico all’anziano, a tutti coloro che lo assistono e ai suoi parenti. Per informazioni e prenotazioni è sufficiente contattare il call-center del POLO SANITARIO Opera Santa Teresa del Bambino Gesù e chiedere del dott. Aguayo Josè, psicologo e psicoterapeuta oppure della Dott.ssa Grazzini Emanuela, psicologo-neuropsicologo.
Dott. Paolo Balella Direttore Sanitario Polo Sanitario Opera Santa Teresa del Bambino Gesù
Dott. Raffaele Giannini Specialista in geriatria Ausl Romagna. Visite intramoenia presso il POLO SANITARIO Opera Santa Teresa del Bambino Gesù.
Per prenotazioni dirette Presso il Polo Sanitario Opera Santa Teresa del Bambino Gesù. Per prenotazioni telefoniche AUSL Romagna: 848.884.499 da telefono fisso 199.191.166 da cellulare.
Polo Sanitario Opera Santa Teresa del Bambino Gesù - Via Don Angelo Lolli, 20 - Ravenna - Tel. 0544.38513
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POLIAMBULATORIO
Santa RITA Struttura che si affida a specialisti con esperienza pluritrentennale nel settore della medicina odontoiatrica ed estetica. ODONTOIATRIA - IMPLANTOLOGIA GENERALE IMPLANTOLOGIA A CARICO IMMEDIATO DENTI FISSI IN UN SOLO GIORNO CHIRURGIA ORALE - ODONTOIATRIA PROTESICA ODONTOIATRIA E MEDICINA ESTETICA Il Poliambulatorio Santa Rita nonostante l'utilizzo di tecnologie innovative e all'avanguardia, di fornitori certificati e di alta qualità, riesce ad offrire prezzi totalmente accessibili per combattere e contrastare non solo la crisi economica del settore, non solo l'evasione dei pazienti verso l'estero, ma anche un disagio e un disservizio del paziente stesso. Per una maggiore trasparenza e fiducia nel rapporto paziente-struttura tutti i lavori e i manufatti sono seguiti da documento di identificazione e certificato di conformità, garanzie dovute per legge e garanzie di conformità. Inoltre, tutti i materiali e biomateriali sono rigidamente conformi alle direttive europee in tema di sicurezza e biocompatibilità. Visite e piani di trattamento per il paziente non comportano alcun impegno economico. Le modalità di pagamento verranno concordate direttamente all'interno della struttura con possibilità di rateizzare senza ricorrere a finanziamenti tramite banca e/o finanziaria.
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