W Santa Lucia - Salvatore Mauro

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“Viva Santa Lucia!â€? è la frase gridata dai cittadini di Siracusa durante i festeggiamenti della Santa il 13 dicembre. L’artista Salvatore Mauro prende in prestito le parole urlate durante la celebrazione, scegliendole come titolo del suo progetto artistico presso la Galleria Montevergini di Siracusa, ex monastero collegato architettonicamente alla Chiesa di Santa Lucia alla Badia.

foto di Walter Silvestrini


L’artista, trapiantato a Roma da venti anni, propone alla sua città di origine un percorso che comincia idealmente nella Chiesa di Santa Lucia alla Badia dove è custodito il dipinto di Caravaggio Il seppellimento di Santa Lucia realizzato originariamente per la Chiesa di Santa Lucia al Sepolcro durante il soggiorno siracusano dell’artista nel 1608. Il culto della martire, il cui nome deriva dalla parola latina lux-luce, rappresenta una delle più antiche e sentite celebrazioni religiose siracusane durante le quali i cittadini pregano la patrona, protettrice della vista. Le opere di Salvatore Mauro, con uno sguardo antropologico, affrontano il problema del Vedere e del non vedere la luce, elemento che si carica di significati molteplici e che dal 2005 costituisce la sua cifra stilistica. L’artista tramite il linguaggio dell’installazione, riflette sul legame che come un ponte unisce il presente e il passato, il terreno e il trascendentale, il conosciuto e l’ignoto, il buio e la luce, l’individuale e il collettivo. Il percorso espositivo presso la Galleria Montevergini, che comprende otto installazioni di cui tre inedite, inizia con l’opera W Santa Lucia: altare ideale per il dipinto di Caravaggio in cui la scena è ambientata all’interno di una catacomba e la Santa viene rappresentata morente a terra, mentre due scavatori preparano la sua fossa. Salvatore Mauro parte dalla storia dell’arte del passato rielaborandola tramite un linguaggio che rinvia all’arte povera di Merz: il grido celebrativo e religioso diventa una scritta luminosa posta su base di legno dal quale si innalza un cubo in ferro. La scritta giace come il corpo della Santa nel dipinto di Caravaggio e il cubo di ferro presenta le stesse dimensioni della tela. L’artista utilizza lo scheletro del cubo, forma geometrica che si carica di significati mistici e religiosi: indica infatti la staticità, la permanenza e rinvia ai recinti sacri, ponendosi come un simbolo di definizione e delimitazione di quanto in natura è informe e caotico. ( n 2 opera W Santa Lucia )

foto di Walter Silvestrini


Luce dei miei occhi, sul lato destro dell’ingresso in Galleria, consiste in un lightbox in plexiglass pieno d’acqua contente la foto di una donna nuda che tiene una luce neon sugli occhi. La donna presenta un aspetto sacrale conferitogli dalla luce, mentre l’acqua, che le arriva fino alla gola,qui si presenta nella sua molteplice valenza infatti questo elemento può darci la vita ma in sua assenza può portarci alla morte. Il titolo, un’espressione di uso comune e il gesto di nascondere gli occhi, crea un cortocircuito nel rapporto tra la parola e l’immagine. ( n 4 opera Luce dei miei occhi )

foto di Walter Silvestrini

Di fronte, l’opera Seascape, presenta un video dal titolo Intimità, realizzato in postproduzione risultato di un’ibridazione di filmati ambientati a Roma e Siracusa in cui la camera fissa riprende l’ acqua che scorre mentre un light box poggiato a terra intrappola dell’ acqua trasferita da un altro contenitore. L’elemento è concepito dell’artista come ninfa vitale è infatti indispensabile alla sopravvivenza di tutti e accomuna gli esseri viventi. ( n 5 opera Seascape )


foto di Walter Silvestrini

La presenza dell’acqua accomuna anche i light box di Salvatore Mauro, unità seriali che l’artista trasforma ponendo all’interno fotografie illuminate dalla luce del neon. L’artista riflette sui diversi modi di vedere la luce con il workshop Un volto senza la vista attivato prima dell’apertura della mostra in collaborazione con l’Unione Ciechi Italiani sezione regionale di Siracusa e Fishart negozio di ceramica, durante il quale invita le persone non vedenti a modellare l’ipotetico volto di Santa Lucia. L’artista nell’opera Scintille di luce indaga questa opposizione vedere/non vedere, buio/ luce: due ligthtbox posizionati l’uno di fronte all’altro, contengono delle foto che sono sviluppate in negativo in cui il colore bianco corrisponde in realtà al nero mentre le scie colorate corrispondono alla luce. ( n 3 opera scintille di luce )


foto di Salvatore Mauro

foto di Walter Silvestrini


In fondo alla sala della Galleria, una scritta in neon lampeggia a intermittenza, anche in quest’opera è la luce a dominare. Mehr Licht, più luce, è la frase che Wolfgang Goethe pronuncia in letto di morte, la scritta in neon lampeggia su tre light box pieni d’acqua. Ciascun lighbox contiene una foto che ritrae una donna nuda di spalle che guarda verso la luce. L’artista mostra la doppia valenza positiva e negativa della luce, che può illuminare, accecare, distrarre oppure offrire uno spiraglio di salvezza, può mostrare il mondo ma può anche nasconderlo. La donne guardano verso la luce, ne sono avvolte, abbagliate, quasi accecate. La struttura del trittico rimanda a un significato simbolico e religioso: il numero tre si presenta come risoluzione del concetto dualistico, rappresenta l’unità, la sintesi. I poggia gomiti di fronte ogni lightbox, di tre altezze diverse, corrispondono a tre diversi livelli di spiritualità dello spettatore e con un movimento di ascesa e discesa rappresentano la vita umana. L’artista invita il fruitore a posizionarsi di fronte l’opera a compiere una scelta attraverso un gesto, a fare una pausa per osservare e riflettere. Il materiale in cui sono realizzati i poggia gomiti, metà ferro metà in legno, rappresentano la sintesi delle due dimensioni terrena e spirituale che l’artista mette a confronto: dimensioni diverse, opposte ma in scambio reciproco. il momento della riflessione risulta disturbato da una composizione sonora in loop. ( n 1 opera Luce che mi confonde )

foto di Walter Silvestrini


foto di Walter Silvestrini

foto di Walter Silvestrini


foto di Salvatore Mauro

foto di Salvatore Mauro


foto di Salvatore Mauro

Il suono è un altro elemento fondamentale nell’opera di Salvatore Mauro e si ritrova nell’opera Ou la mort questa volta un suono biologico: l’ecocardio dell’artista. L’installazione, collocata in una delle stanze del vecchio monastero, presenta otto lightbox contenenti le foto del suo ecocardio, tre lapidi di ottone, come quelle di un funerale, riportano ognuna le parole d’ordine della Rivoluzione Francese, sotto di queste, sono posizionate tre mensole- light box piene d’acqua. Su ogni lastra di ottone il simbolo X non rinnega i valori della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità ma vuole stimolare una riflessione: bisogna ottenere di nuovo questi valori in nome della libertà a costo della vita ? Oppure bisogna attendere l’annullamento dell’individuo stesso all’interno della società a causa della mancanza di questi valori? ( n 7 opera Ou la mort )


foto di Walter Silvestrini

foto di Walter Silvestrini


Nella terza sala l’opera Ave Maria racconta una storia che inizia con il ritrovamento casuale da parte dell’artista di una banconota da dieci euro sulla quale con un timbro è stampata la frase di un anonimo: “nelle cose che riguardano Dio, noi crediamo per poter capire, perché se volessimo prima capire per poi credere non riusciremo né a credere né a comprendere.” La banconota diventa protagonista di una performance tenuta a Napoli nel 2011, durante la quale l’artista “clona” altre copie con lo scopo di diffondere il messaggio “spirituale” dell’anonimo tramite il denaro. La banconota originale è stata reinserita nel circuito monetario, quella esposta è una copia. L’installazione è costituita da diversi elementi frammentati, tra cui l’inginocchiatoio le cui gambe in ferro sono instabili e questo porta l’osservatore ad un posizionamento precario e oscillante come la vita stessa. La frase dell’anonimo si ritrova nel lightbox pieno d’acqua mentre un’altro lightbox, anche questo con una cornice dorata, contiene la foto di una Eva contemporanea con una mela rossa sospesa, avvolta dal bianco dello sfondo. Un vinile riproduce in loop Ave Maria di Maria Callas remixata, la custodia del vinile mostra l’immagine di Dante Alighieri cancellata e una scritta beffarda: w il paradiso. L’artista parte dall’intima preghiera che l’anonimo ha diffuso proponendo una riflessione sulla fede, la spiritualità e la contemporaneità. ( n 6 opera Ave Maria )

foto di Walter Silvestrini


foto di Walter Silvestrini


Usciti dalla terza sala, si percorre un corridoio dove alcune t-shirt con il marchio “w santa lucia” sono appese alle pareti che ricordano quelle di un negozio di abbigliamento, il gesto dell’artista non manca di essere provocatore nei confronti dell’art system ma fa anche entrare in gioco la sua ricerca più relazionale invitando i visitatori a portare un oggetto sul quale avrebbe lasciato il marchio luminoso. Il corridoio conduce in una sala parallela all’ingresso dove sono collocate tre scatole di legno. I box contengono le sculture realizzate durante il workshop e il visitatore è invitato a introdurre le mani all’interno potendo solo toccare e non vedere le opere. Alterando la fruizione del pubblico, l’artista vuole porre quest’ultimo sullo stesso piano estetico e visivo di chi ha creato, senza vedere, il volto di Santa Lucia. Accanto i box in legno è possibile ascoltare le interviste condotte dall’artista alle persone che hanno partecipato al workshop dove il dialogo ruota intorno al concetto di luce e buio, all’azione di vedere e di non vedere e alla diversa percezione dei colori. ( n 8 opera Un volto senza la vista )

foto di Salvatore Mauro



foto di Salvatore Mauro

foto di Walter Silvestrini


foto di Walter Silvestrini

foto di Salvatore Mauro


foto di Salvatore Mauro

foto di Salvatore Mauro


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