TEMPO PRESENTE 381-384 set-dic 2012

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N. 381-384 settembre-dicembre 2012

euro 7,50

Tempo presenTe

In ricordo di

Vittoriano Esposito Biondi Botticchio Capezzali Leone Liberale Melchiorre Moretti Moscardelli Petricca Addari Petrucci Sabatini Spedizione in abbonamento postale: comma 20, lett.B, art.2 legge 23 dicembre 1996, numero 662, Filiale di ROMA


DIRETTORE:

Angelo G. SABATINI - VICEDIRETTORE: Attilio SCARpEllINI COMITATO EDITORIAlE

Dario BuzzEllI - l. Rino CApuTO - Antonio CASSuTI Girolamo COTRONEO - Giuseppe DE VERGOTTINI Emmanuele F. M. EMANuElE - Walter pEDullà - Carlo VAllAuRI

CONSIGlIO DEI GARANTI

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REDAzIONE

Coordinamento: Salvatore NASTI paola BENIGNI - Giuseppe CANTARANO - Matteo MONACO - Francesco Russo Marco SABATINI - Guido TRAVERSA - Andrea TORNESE - Sergio VENDITTI Responsabile: Angelo G. SABATINI Grafica: Adriano MERlO

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TEMPO PRESENTE

Rivista mensile di cultura _______________________________________________________ N. 381-384 settembre-dicembre 2012

In ricordo di

Vittoriano Esposito Premessa, p. 2 saluto delle autoritĂ , p. 4 interventi ANgElo g. SAbAtINI, esposito emulo di silone, p. 7 gIuSEppE lEoNE, un galantuomo delle lettere, p. 9 lIlIANA bIoNdI, vittoriano esposito letterato e critico, p. 12 VIto MoREttI, vittoriano esposito scrittore di poesie, p. 16 RoMolo lIbERAlE, Politica e religione in vittoriano esposito, p. 19 WAltER CApEzzAlI, Commossi ricordi di vittoriano, p. 23 MARIA MoSCARdEllI, omaggio a vittoriano esposito, p. 25 testimonianze RoMolo lIbERAlE, p. 30 pASquAlE pEtRICCA, p. 32 VIttoRIA AddARI pEtRuCCI, p. 34 AuRoRA bottICChIo, p. 37 ANgElo MElChIoRRE, p. 39 arChivio, p. 41 VIttoRIANo ESpoSIto, dario Biocca - silone: la doppia vita di un italiano, p. 42 BiBliografia, p. 47


premessa la rivista TEMPO PRESENTE è lieta di poter rendere omaggio ad un suo collaboratore che apprese con soddisfazione che la rivista - che ebbe nei suoi fondatori due illustri intellettuali del dopoguerra, Ignazio Silone e Nicola Chiaromonte - nel 1980, dopo un’interruzione di dodici anni (1955-1980) aveva ripreso la pubblicazione, nello spirito e negli intenti che ispirarono la nascita della vecchia. la nuova serie vide in Vittoriano Esposito uno degli intellettuali che ne appresero con soddisfazione la ripresa e che collaborò con interventi pensati e costruiti negli intenti del gruppo che ne fu fondatore. A lui, quindi, dedichiamo la pubblicazione di questo fascicolo di TEMPO PRESENTE, riportando l’elenco dei suoi interventi.

operaia”, n. 157/158 gen-feb 1994, p. 63 giada baldascino, Poesie, con una nota di Vittoriano Esposito, n. 163/164 lug-ago 1994, p. 54 Pablo neruda, attraverso le sue memorie, n. 167 nov 1994, p. 55 ignazio silone in svizzera, n. 169/170 genfeb 1995, p. 22 allegoria della memoria, n. 171 mar 1995, p. 72 Benedetto Croce e la bella angelina, n. 172 apr 1995, p. 62 mario Pomilio e il romanzo italiano del novecento, n. 173 mag 1995, p. 65 “si prega di non disturbare” di luce d’eramo letto da Vittoriano Esposito e da Angelo Angeloni, n. 177 set 1995, p. 73 silone e il cinema, n.178/180 ott-dic 1995, p. 54 luciano ricci e i suoi “sottilissimi cammelli”, n. 214/216 ott-dic 1998, p. 46 l’ultimo “caso silone”. Cronistoria, n. 232/233 apr-mag 2000, p. 5 la disavventura di un povero cristiano, n. 241/246 gen-giu 2011, p. 47 l’invisibile respiro della vita. Conversazione con Biagio marniti, n. 250/251 ott-nov 2001, p. 45 “fabio vander, silone sul fascismo”, n. 257/260 mag ago 2002, p. 23 “dario Biocca, silone. la doppia vita di un italiano”, n. 292/294 apr-giu 2005, p. 31 Jung-silone. la pratica psicoanalitica della confessione, n. 331/336 lug-dic 2008, p. 31 le “Care lettere” di ottaviano giannangeli, n. 301/304 gen-apr 2006, p. 41

g. d’annunzio poeta dei “reietti”, n. 72 dic 1986, p. 79 la presenza del de sanctis e del Croce nelle “lettere dal carcere”, n. 85/86 gen-feb 1988, p. 51 A. g. Sabatini, l’altro d’annunzio. intervista a vittoriano esposito, n. 87/88 mar-apr 1988, p. 66 silone dal socialismo storico al socialismo libertario, n. 115/120 lug-dic 1990, p. 47 la figura e l’opera di edoardo scarfoglio nell’ultimo saggio di mario Pomilio, n. 130/131 ott-nov 1991, p. 63 ferruccio Brugnaro e la questione della “poesia 2


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saluto delle autorità Saluto del Sindaco del Comune di cortesia istituzionale mi impone di dare la paropescina, Maurizio di Nicola la ai delegati dei Comuni di avezzano e dei Comuni di Celano nonché del consigliere un saluto di benvenuto alla famiglia del com- alfonsi per la Provincia dell’aquila. sono pianto Prof. esposito e a tutti gli illustri rela- certo che anch’essi come noi vorranno esprimere tori che conoscete e che sono indicati nell’invito e con la loro presenza la stima che quelle comuche per evidenti motivi di tempo non enucleerò nità nutrono nei confronti del Prof. esposito, nei nomi, ma ai quali mi sento legato per una studioso che essi hanno visto in più occasioni frequentazione abituale fin da quando giovane operare per la crescita culturale dell’abruzzo. studente partecipavo ad incontri con la loro presenza e da essi, attraverso le pregevoli relazioni del Prof. esposito, sono stato introdotto alla vita, alle opere e al pensiero di ignazio silone. Saluto del Consigliere della provincia la città di Pescina, con questo Convegno e con dell’Aquila, gianluca Alfonsi un passaggio formale che si è tenuto nell’ultimo Consiglio comunale nel quale è stata conferita la ringrazio l’amministrazione comunale e il cittadinanza onoraria al Prof. esposito alla Centro studi per questa importante iniziativa memoria, ha voluto ricordare non solo uno stu- che si aggiunge alle tante altre organizzate per dioso, un critico, un letterato, sulle cui qualità ricordare un grande uomo d’abruzzo e della intellettuali e di lavoro sicuramente i relatori marsica, ignazio silone, attraverso il ricordo sapranno meglio di me riferirci. il Prof. di una figura autorevole, quella di vittoriano esposito, ha voluto sempre dare un contributo esposito particolare alla città di Pescina, una comunità la Provincia dell’aquila è sicuramente vicina che ha difeso, studiato, e si è appassionata al a questa iniziativa, anzi nella mia qualità di proprio concittadino silone; e lo ha fatto fin da Presidente della Commissione Cultura della tempi non sospetti in cui in pochi, anche nella Provincia, informo che siamo già in fase di constessa Pescina, avevano capito l’importanza di clusione di una iniziativa per un riconoscimenignazio silone, la sua forza morale e il suo to alla figura di vittoriano esposito a cui si valore di letterato. Quello di oggi è un incontro assegna il merito di essere riuscito a unire ladper certi versi doveroso, scontato, ma per altri dove la politica non vi riesce. merito della granversi è un momento necessario perché consente a dezza della persona e dell’uomo a cui va anche tutti noi, come ho già detto nel Consiglio il ringraziamento per tutto quello che ha fatto, Comunale, di ricordare insieme uno studioso che con il Centro studi, per portare, come diceva ha pensato a valorizzare le energie intellettuali prima il sindaco, la figura di ignazio silone al marsicane, di un silone che oltre che essere un centro quando centrale non era nell’universo letcittadino del mondo, in momenti in cui altri ten- terario. e lo ha fatto con una critica importandevano invece ad emarginarlo, rappresentava te, facendo capire che ignazio silone non era solcon efficacia il suo e nostro mondo: la marsica. tanto, come spesso la critica utilizzata anche ricordare il Prof. esposito, studioso e inter- nelle università e nelle istituzioni scolastiche prete fedele di silone è per noi importante, per- voleva far passare, uno scrittore animato soltanché ci aiuta a capire che non dobbiamo disprez- to da motivi politico-sociali nel filone del verismo zare le nostre qualità come comunità marsicana ottocentesco, ma era qualcosa di più: era un spiallargata, non dobbiamo temere di difendere le rito rivoluzionario che preferiva i valori alle nostre forze intellettuali. Per questo motivo, teorie, quei valori di giustizia e libertà di cui in dicevo in Consiglio Comunale, a mio avviso questo periodo abbiamo tanto bisogno. a avrebbe meritato, il Prof. esposito, forse nel- vittoriano esposito va il merito di aver difeso l’ultimo anno, quel “Premio internazionale l’attualità di ignazio silone perché forse nel silone” che credo abbia sfiorato. Comunque messaggio siloniano riusciamo a cogliere le chiasappiamo che a lui è stato conferito un Premio vi di lettura del nostro presente per tentare di speciale. costruire un futuro migliore per le nostre genePrima di ascoltare i relatori del Convegno la razioni. 4


Saluto dell’Assessore alla Cultura del Saluto dell’Assessore al turismo del Comune di Avezzano, Eliseo palmieri Comune di Celano, Ezio Ciciotti Porto il saluto del sindaco di avezzano e dell’amministrazione comunale tutta, alle autorità, agli illustri relatori, agli organizzatori di questo importante convegno che rende omaggio a vittoriano esposito, uno degli ultimi veri intellettuali della nostra marsica, stimato e apprezzato anche in campo nazionale. la presenza di così tante persone in questa importante sala dedicata ad ignazio silone, fa capire quanto questo grande studioso sia stato apprezzato e stimato dalla sua gente. vittoriano esposito, anche se nacque a Celano, si poteva considerare a tutti gli effetti cittadino avezzanese. infatti, viveva ad avezzano dove aveva insegnato al liceo Classico torlonia per tanti anni, formando diverse generazioni di studenti. ad avezzano ha diretto validamente e con passione, il Centro studi marsicani, succedendo ad altri insigni cattedratici: ugo maria Palanza e aroldo Buccilli. non sono stato suo allievo, ma suo estimatore sì. ho avuto modo di seguirlo e apprezzarlo quando ero giornalista a il tempo; seguivo i suoi scritti e le sue recensioni e a volte ne curavo la loro pubblicazione. vittoriano esposito ha lasciato ad avezzano, alla marsica, all'abruzzo, superando spesso anche i confini regionali, un patrimonio culturale di grande pregio. e' stato maestro e letterato insigne, di lui resterà impressa in maniera indelebile una esperienza umana e artistica ineguagliabile. Pescina oggi gli ha voluto dedicare una giornata in ricordo, rendendo così omaggio all’uomo, al letterato, all’intellettuale che ha lasciato la sua nitida impronta. ricordo che l’amministrazione di avezzano ha già provveduto il 21 marzo 2012 a ricordare l’amico scomparso. Così come ha fatto Celano. oggi l’iniziativa è partita da Pescina. ma posso garantire che al Prof. vittoriano esposito verrà rivolta ulteriore e maggiore riconoscenza per il contributo da lui fornito alla crescita culturale della nostra città.

illustri partecipanti, è con grande soddisfazione che mi onoro di rappresentare l’amministrazione Comunale di Celano in questo importante convegno interamente dedicato alla memoria di un illustre concittadino che tanto lustro ha dato alla marsica. e’ doveroso ricordare l’impegno del prof. esposito nel campo della saggistica, della critica letteraria e degli studi, che hanno occupato gran parte della propria attività, dedicati alla ricerca e alla riscoperta dell’opera siloniana un legame forte e profondo ha legato fin da subito l’autore di “fontamara” allo studioso esposito, originario di Celano, ma le cui opere sono conosciute ed apprezzate anche a livello nazional. Bene ha fatto, quindi, il Centro studi siloniani di Pescina ad organizzare questo importante evento culturale che vuole essere prima di tutto un sentito omaggio ad una personalità del mondo culturale che tanto ha fatto per la propria terra la giornata odierna vuole anche essere un momento di riflessione e di approfondimento per conoscere ancora meglio l’intensa attività letteraria del Prof. esposito e, magari al contempo, cercare di colmare il vuoto da lui lasciato nel panorama culturale regionale a questo punto posso preannunciare che anche l’amministrazione comunale di Celano si impegnerà nel commemorare l’illustre concittadino, organizzando per il mese di febbraio del prossimo anno, in occasione del primo anniversario della sua scomparsa, una giornata di studio e tutta una serie di iniziative di contorno con lo scopo di non disperdere ed anzi far conoscere alle nuove generazioni l’importante attività nel campo letterario del Prof. esposito nel rinnovare i sensi della più sentita partecipazione, a nome mio personale e dell’amministrazione Comunale di Celano, auguro a tutti un buon proseguimento dei lavori.

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vittoriano esposito con la moglie ninetta e con darina silone mi piacerebbe di essere sepolto cosĂŹ, ai piedi del vecchio campanile di san Berardo, a Pescina, con una croce di ferro appoggiata al muro e la vista del fucino in lontananza Ignazio Silone 6


angelo g. sabatini

Esposito emulo di Silone Rendere omaggio a Vittoriano Esposito è un dovere per le istituzioni, per le città che lo videro nascere, formarsi intellettualmente ed mettere l’intelligenza a favore delle generazioni di giovani oggi attivi nel contesto della società civile; per gli amici un atto di riconoscenza per l’affetto con cui espresse i sentimenti di convivenza, per le istituzioni culturali a cui donò molto della sua riflessione come saggista, come critico letterario, come narratore e come poeta. A me l’onore di ricordarlo come amico e come collaboratore della rivista “tempo presente”. Come amico non posso non ricordare l’umanità sua e lo stile di vita con cui portava avanti l’esercizio dell’intelligenza: un bene da lui considerato guida delle sue decisioni e stimolo a bene operare. l’intelligenza non era una formula di circostanza, ma scalpello per forgiare figure della letteratura oltre le semplici occasioni rammemorative. possedeva una vis razionale e morale come fonte da cui attingere sostanza per la sua incommensurabile capacità di gestire gli argomenti del suo indagare con spirito di adesione ma anche nel rispetto delle regole ermeneutiche dell’attività letteraria. le molte occasioni in cui la nostra amicizia ha potuto manifestare la propria intensità, fatta di stima e di collaborazione, sono state segnate principalmente dal nome di Silone, vuoi nel “premio internazionale Ignazio Silone” gestito dal Centro Studi di pescina, e vuoi nelle molte occasioni in cui abbiamo dovuto opporci alla ricorrente accusa rivolta a Silone di delazione e di collaborazione con la polizia fascista, tesi sostenuta con forte convinzione da una storiografia revisionistao. un tema, questo, che Vittoriano ha sempre affrontato con rigore e vigore rivelando una forte tempra di difensore del vero sull’ipotetico sospetto mal costruito. un contributo

importante sul valore letterario di Silone Vittoriano l’offerse in occasione di un convegno organizzato nel 2000 dall’IRRSAEAbruzzo su scrittori d’abruzzo nel panorama della cultura italiana del novecento. In questa occasione presentò in modo attento ed efficace la figura del Silone nella cultura italiana. Ma ciò che lo fa siloniano doc, sia come interprete della vasta produzione letteraria e politica del grande Abruzzese che come suo difensore di fronte al lavoro di denigrazione che alcuni storici revisionisti hanno esercitati in questi ultimi anni. una difesa ispirata al martellante richiamo ad una lettura corretta dei documenti, utilizzati dai denigratori senza volere e sapere cogliere il ruolo esercitato su di lui dalle ragioni profonde del dramma umano vissuto da Silone per il destino del fratello detenuto, ma anche per evitare connessioni immotivate tra la produzione letteraria dello scrittore e il sospetto di una sua delazione. Il dialogo con Silone non si è mai interrotto ma si è sempre più sviluppato in forte sintonia: sull’impegno dell’intellettuale, sul ruolo della sensibilità morale sia nella produzione letteraria che nella partecipazione alla vita civile e politica, per quel tanto che Esposito ha vissuto nell’agone della politica attiva. quella di Esposito per Silone è un’amicizia costruita non sull’onda di un entusiasmo frutto di una scoperta occasionale quanto piuttosto per l’avvento di un sentimento di comune appartenenza ad un ethos generato in un ambiente umano e civile che ha saputo dare a due figli d’accezione dell’Abruzzo una concreta sensibilità, costruita all’insegna dell’impegno comune alla propria terra la dignità di una civiltà che, nata come contadina, viene spinta a inserirsi nel processo di modernizzazione della vita sociale. questa affinità tra Silone ed Esposito 7


angelo g. sabatini costituirà la formazione in Esposito di un laboratorio di critica culturale ispirata al rispetto della verità come fondamento dell’agire intellettuale e politico. Esposito molto deve a Silone e non solo nel lavoro culturale e di critica sociale ma persino nel comportamento umano: entrambi hanno operato e vissuto nello spirito di un costante ritegno a non ergersi a censore dell’altro, il diverso, quale che esso fosse, con toni saccenti e rancorosi nella conversazione e nella disputa. potremmo dire che entrambi vivificavano la forza della loro persuasione in quella radice interiore che è il sentire nel silenzio, il luogo simbolico della generazione di ogni riflessione critica. Ascoltare Esposito quando riflette pubblicamente su temi a lui cari con la pacatezza di un saggio letterato timoroso di prevaricare l’interlocutore del momento costituisce un richiamo al Silone degli ultimi anni, chiuso nei propri pensieri e nelle pause di un silenzio esso stesso portatore di un invito alla meditazione. un modo di essere che credo abbia accompagnato in modo più pressante l’esistenza di un Esposito vittima di un male progrediente che ha finito col portarlo via dalla nostra incommensurabile amicizia. Esposito, quindi, è siloniano convinto; di Silone ne assume in primo luogo l’etica della coscienza e dell’intelligenza. Ma da lui coglie anche la possibilità di dare maturazione alla giovanile adesione ad un socialismo privo forse di un rigore dottrinario ma ricco di quell’humus rigeneratore che era l’ispirazione alla liberazione del “cafone” del Fucino dall’indigenza in cui la terra e la scarsa cultura lo tenevano ancorato. In questo Silone gli fu maestro e ispiratore nel vivere il socialismo come strumento di difesa dei diritti civili, di liberazione dalla povertà e di affermazione di una cultura che fosse fulcro di politica rigeneratrice del popolo degli umili. Esposito non è stato un politico politicante ma se il primo anelito giovanile di un socialismo dal volto umano non ha

trovato modo di esercitare un forte e costante ruolo pubblico, esso è presente nella lettura degli eventi letterari e nella lunga missione di docente nei licei, attività che si identificava ormai con la sua esistenza, fucina e fusione di messaggi culturali, la cui essenza di autenticità si dipanava in eguale misura tra l’insegnamento e la critica letteraria. due attività che, fuse in un unico progetto di vita, ci hanno consegnato una storia umana e intellettuale che ha saputo cogliere tutte le istanze culturali di un’epoca in forte trasformazione, dissodando il mondo siloniano per cogliervi il messaggio più autentico al di là delle manifestazioni generate da alcuni storici revisionisti della sua vita ed esplorando il Novecento letterario non solo nelle sue manifestazioni care alla critica ufficiale ma portando all’attenzione della critica quell’enorme produzione di narrativa e di poesia che non ha avuto la doverosa visibilità. un allargamento di confini che diventa un dono prezioso per porre la dovuta attenzione al complesso e articolato mondo della produzione letteraria esistente senza, comunque, avere la pretesa di infrangere le regole della critica ufficiale per assegnare invece un valore di eccellenza a quanto va invece notato per il valore che esso di fatto ha. In questo compito Vittoriano è stato un propulsore efficace lasciandoci un panorama della forte coscienza letteraria di un Abruzzo che accoglie nella sua storia non solo Silone, d’Annunzio, Croce, Flaiano, pomilio o altri noti, ma tanti altri scrittori e poeti che aspettavano che un Esposito li tirasse fuori dal sonno cui li teneva relegati la critica ufficiale. Ricordare oggi Vittoriano Esposito con gli interventi degli amici che qui ne illustreranno l’opera e i meriti acquisiti nella lunga attività intellettuale, è il migliore omaggio che possiamo rivolgergli nel momento in cui ci è stato portato via. 8


giuseppe leone

un galantuomo delle lettere Vittoriano difende gli scrittori abruzzesi dall’accusa di provincialità e di chiusura, dicendosi d’accordo, prima, con pomilio, il quale scriveva che “se a loro, riferendosi ai letterati abruzzesi, “fu possibile fare quel che fecero e a una tematica regionale offrire sbocchi non provinciali, lo fu in forza di un’ “apertura culturale che li portava ad essere europei prima che regionali”; e poi, - con riferimento a due ponderose opere storiche sull’Abruzzo nel settecento e nell’ottocento - appoggiando le tesi dei loro autori Edoardo tiboni e umberto Russo, secondo le quali, questa regione non è rimasta affatto estranea sia alla vita culturale dell’età dell’Arcadia e alle urgenze innovative del secolo dei lumi, sia durante il Romanticismo e il Risorgimento quando la sua cultura fu “al passo con i tempi”, per merito della borghesia più illuminata che assumerà un ruolo non marginale nelle vicende di quella che benedetto Croce chiamerà “la nuova Italia.” E non solo questo, Vittoriano ci ha ricordato, inoltre, che esiste, nell’universo della letteratura Italiana, accanto al Novecento che tutti conosciamo, anche un Altro Novecento. Scrivendo l’altro Novecento nella Narrativa e nella poesia Italiana, egli non ha voluto delegittimare il Novecento illustrato dalla critica ufficiale, quello che si studia nelle nostre scuole, né contestare l’attendibilità delle scelte di autori e opere, ha semplicemente cercato di raccogliere ed evidenziare altri aspetti che, secondo lui, non hanno avuto la visibilità che si meritavano. Né

«un uomo vale per il ricordo che porta e per il ricordo che lascia», scriveva negli anni ’40 del 1900 Cesare pavese. Ne doveva sapere qualcosa anche Vittoriano Esposito, se di lì a poco, nel 1952, discutendola con Natalino Sapegno e Alfredo Schiaffini, dedicherà la sua tesi di laurea proprio al poeta e scrittore piemontese. Se è vero che un uomo vale per il ricordo che porta, Vittoriano Esposito ne ha portati di ricordi: primo fra tutti, quello degli scrittori abruzzesi che egli ha menzionato e commentato, inserendoli a piene mani, in molte delle sue opere – da poeti Marsicani a parnaso d’Abruzzo a penultime note di letteratura abruzzese, alle monografie su Silone, pomilio, Flaiano, d’Annunzio, a quella sua prestigiosa e corposa opera in 11 volumi dal titolo “l’altro Novecento”. di questi scrittori, ci ha ricordato, in particolare, certi loro tratti in comune, che se anche non individuabili in una scuola per via di scritture e generi molto diversi, pur tuttavia fanno ritrovare una certa aria di famiglia. perché – pensa Vittoriano quella “filosofia del rifiuto” nata dall’urgenza di opporsi a ogni compromesso ideologico di un Flaiano o “il dissenso” che ha sempre caratterizzato la visione cristiana di marca conciliare, con uscite a volte su posizioni ereticali, di un pomilio, non suonano per nulla nuovi nel panorama letterario abruzzese, anzi rimandano alla presenza in Abruzzo di una “formazione di una coscienza letteraria comune e riconoscibile” quale è possibile ritrovare anche in Celestino V, in Ignazio Silone, in benedetto Croce. 9


giuseppe leone ha mai pensato di creare due universi novecenteschi, ma uno solo e infinito, per dirla con giordano bruno. l’altro Novecento è, allora, il Novecento e basta, al quale Vittoriano Esposito cerca ora di allargare i confini. per cui, il critico può augurarsi che i nuovi disegni storici - o i nuovi Atlanti come si preferisce chiamare oggi i manuali della letteratura - si aprano a tutte le altre espressioni del secolo: che si cominci a parlare di ambiti letterari tranquillamente messi in ombra come la narrativa umoristica, la narrativa per l’infanzia, la narrativa cristiana e femminista, la narrativa di alcune giovani scrittrici di una Sex Antology di quattordici “ragazze…” messe insieme da Simona Vinci e Alessandra C. per l’editore Einaudi; e infine, la narrativa giocata fra giornalismo e letteratura. Sostenere, poi, che l’altro Novecento sia un’opera provocatoria, è vero ma fino a un certo punto. È, soprattutto, un suggerimento inesauribile e prezioso ai lettori e agli studiosi, ripetiamolo, che attendono alla pubblicazione delle nuove storie del Novecento letterario italiano. Ne è convinto lo stesso Vittoriano, se nella premessa all’undicesimo volume, che chiude la serie, parlando dell’ispirazione di questa sua opera, dichiara di aver obbedito “solo alla ragione di voler suggerire”, a cominciare da coloro a cui dedica il suo libro, ai suoi nipoti “Emanuela, lorenzo e Alessandro, carissima proiezione nel futuro”. Ma un uomo, tornando ancora all’aforisma di pavese, vale anche per il ricordo che lascia, e i ricordi che ci lascia Vittoriano sono più d’uno. Ci lascia il ricordo di un galantuomo delle lettere, tale per il suo stile, sempre affabile e colloquiale, tipico della conversazione che

egli affronta, ogni volta, con garbo e misura nei toni come nel linguaggio, mai gridato allo scopo di farsi vedere, ma semplicemente parlato per farsi ascoltare. E non solo, anche per quella sua disponibilità a parlare di tutti gli scrittori, di quelli a cui ha arriso il successo e di quelli sulle cui opere non si sono mai accesi i riflettori della ribalta. Caratteristiche, queste, che ricordano, da una parte, lo stile ciceroniano, per via di quella sua maniera di “vagliare solitamente autori e opere con un metodo di assoluta serenità senza sfiorare i limiti della inutile mitizzazione e senza sfociare nel gusto acremente stroncatorio”; dall’altra, anche lo stile senecano, per quella sua capacità di elevare a eguale dignità autori e correnti, seppure di differente importanza critico-letteraria. Come Seneca, Vittoriano riusciva ad “abbassare le montagne e a innalzare le pianure”, quasi a voler dire che, se molti degli scrittori abruzzesi non erano dei dante, dei leopardi o dei Manzoni, erano tuttavia scrittori che non disonorarono mai la loro terra. per queste sue qualità, non si ha difficoltà, oggi, a riconoscere in lui uno dei maggiori critici militanti nel nostro paese, che ha saputo guardare alla letteratura, non come canovaccio concluso di regole da osservare o trasgredire, o come “morta gora” di passioni e di vita, ma come luogo mobile e sempre aperto della coscienza. Come avviene per esempio in un suo saggio edito nel 2007, che forse Vittoriano avrebbe preferito pubblicare con un altro titolo, presumibilmente, Sessant'anni con Silone. E sareb10


un galantuomo delle lettere be rimasto questo il titolo, così almeno si sizione, Vittoriano demolisce uno dopo evince leggendo l'introduzione, se non l’altro pregiudizi e inesattezze. Silone è fosse stata la lettura del saggio di per lui tutt’altro che verista, sia sul piano giorgio Napolitano, attuale presidente dello stile, sia sul piano ideologico, per la della Repubblica, a suggerirgliene quello semplice ragione che egli utilizza tecnidefinitivo di Ignazio Silone e la rivolta che di certo surrealismo francese e poi del “terzo fronte”, perché non gli è sem- non induce mai il lettore a uno “sconsolato pessimismo”. Ma non si può neanbrato ammissibile che “un presidente che pensare che Silone sia un socialista ex-comunista avesse ignorato involontaliberale o, addirittura un moralista dalriamente lo scrittore marsicano riducen- l’impegno etico-religioso. per Vittoriano, done il ruolo a figura insignificante della Silone è semmai un socialista libertario, e storia più tormentata del Novecento”. anche tutt’altro che questo o quel caso, è E infine, Vittoriano Esposito vale, qualcosa di più, che un semplice intelletanche, per il ricordo che ci lascia di tuale della libertà o uno scrittore dell’inIgnazio Silone, un ricordo tutto partico- telligenza, è qualcosa di più che l’heretilare e tutto suo. Io que di un Sigaux o il penso che, come si revolutionnaire moraliparla del balzac di il destino è un'invenzione ste del suo connazionaCurtius, dello Svevo di le Nadeau, e anche della gente fiacca debenedetti, del Verga qualcosa di più che un di Russo, o ancora del e rassegnata socialista rivoluzionabaudelaire di Macchia, rio, o più semplicemeno del pascoli di Contini, te un uomo inquieto, ignazio silone definizione assai cara si possa oggi anche parlare del Silone di Vittoriano Esposito. E ad Attilio danese e giulia di Nicola. in effetti, il Silone di Vittoriano è un Silone, per Vittoriano, è un caso infinito, Silone speciale, almeno da quello che cioè un’eccezione letteraria e umana emerge sin dalle primissime impressioni senza fine, non relegata a quell’unica e ricevute dal critico quando lo ha cono- sola stagione letteraria e politica che risasciuto personalmente nel ’46 al Silone le all’Italia degli anni trenta. un caso del ’79, anno della prima monografia infinito, che non fa perdere, però, l’ottisulla sua opera, e poi, via via di seguito, mismo a Vittoriano. Infatti, egli non attraverso le questioni siloniane (vec- dubita, “poiché tanti sono nel mondo gli chie e nuove), il Silone dei quaderni, ideali d’ispirazione per i quali l’umanità diretti assieme a giuseppe tamburrano, si batte ancora, che Silone sarà sempre della Collana di studi e testi siloniani, come un sicuro richiamo per chiunque fino al recentissimo Ignazio Silone e la voglia battersi in difesa dei diritti inalierivolta del terzo fronte. Attraverso una nabili dell’uomo, non solo in Italia e in ricerca sempre in bilico tra verità e men- Europa, ma in tutto il mondo”. zogna, dubbio e sospetto, ricerca e inqui11


liliana Biondi

Vittoriano Esposito letterato e critico per la terza volta, gli scranni del Comune di Avezzano mi vedono impegnata a ricordare uomini eccezionali della bella e mentalmente feconda terra marsicana. Nel 1993 e nel 1994 fu proprio l’amico Vittoriano Esposito a invitarmi a parlare sugli aspetti letterari della splendida figura di ugo Maria palanza; oggi ringrazio l’amico Angelo Sabatini, erede della rivista di Ignazio Silone «tempo presente», e la cara Ninetta, adorata moglie di Vittoriano, per avermi voluto qui a ricordare la onorabile figura di Vittoriano Esposito. Ed oggi è anche il 21 marzo, un giorno propizio perché segna l’inizio della primavera e perché è il giorno Mondiale della poesia, alla cura e alla divulgazione della quale Vittoriano ha profuso tanta parte del suo impegno. Considerata la circostanza celebrativa, il mio intervento su Vittoriano letterato e critico vorrà essere più affettuoso che accademico, più commemorativo che specialistico, più ricognitivo che critico; magari teso a mettere in luce qualche aspetto meno noto dei suoi studi, e a dare spunti per eventuali futuri approfondimenti sulla sua sessantennale attività letteraria, che abbraccia anche, per meglio comprendere la personalità nella sua interezza, l’iniziale trascorso poetico velato sotto lo pseudonimo ormai noto di “Amato Amans”. un nome che è per lui una premonizione, avendo Vittoriano lasciato la vita terrena il 14 febbraio, giorno della festa degli innamorati; e un’annominazione, un po’ emblema della sua bontà e della sua mitezza. Mitezza, ma non remissività, come vedremo, scorrendo i suoi scritti. hanno fatto bene i famigliari a fare in modo che Vittoriano, nel suo viaggio verso l’aldilà - misterioso per noi terreni-

portasse con sé una penna e una piccola agenda. la parola scritta, la riflessione letteraria ricognitiva e valutativa, ma anche l’espressione poetica hanno accompagnato Vittoriano nella lunga vita; una vita composita, quieta, diremmo sedentaria, proprio perché continuamente e quasi esclusivamente tesa al colloquio letterario fatto di lettura e di scrittura. quando, serenamente, a 82 anni, egli ha lasciato- tra l’affetto dei propri cari e la stima dei tanti che lo hanno conosciuto- il mondo terreno, sul suo stipato - di libri e ricordi- grande tavolo di lavoro, insieme agli appunti sugli ultimi libri che stava recensendo, era posata una spessa agenda ad uso quaderno manoscritta per intero fittamente e con caratteri grafici piccolissimi, sulla cui prima pagina giganteggia il titolo tutto in maiuscolo: StoRIA dEllA lEttERAtuRA EuRopEA, e subito sotto, in minuscolo e tra parentesi: (con una sintesi della letteratura mondiale). dopo aver attraversato la versificazione e un’attività ricognitiva e critico-letteraria che dal piccolo nucleo nativo si estende ai massimi autori italiani e ai minori, Vittoriano si era sentito maturo per un confronto che superasse i confini nazionali. Intensa, ampia, vasta, ininterrotta è la sua attività, iniziata con discrezione, come giovanissimo poeta, con la pubblicazione, tra il 1950 e il 1961, di cinque piccole sillogi: primavera di un’anima (1950), Cuore e speranze (1952), da cui sono tratti i versi riportati dietro la fotoricordo, palpiti di un solitario (1953), per non sentirti perduto (procellaria, Reggio Calabria1961). In esse, la sua naturale melanconia s’illumina grazie al giovanile ma già forte e saldo sentimento d’amore verso colei che, chiusa nel santuario del 12


vittoriano esposito critico e letterato suo cuore, sarà sua moglie; ma si percepiscono, nei versi, anche inquietudini esistenzialistiche, connaturate sì al proprio animo, ma probabilmente anche nutrite dalla partecipazione intellettuale ed emotiva allo studio dell’autore da lui allora prescelto per la tesi di laurea, Cesare pavese: un letterato scomodo, complesso, travagliato, anche a causa del tragico suicidio con cui aveva stroncato la propria vita tre anni prima, nel 1950. Risalgono agli stessi anni cinquanta, ma lasciati inediti, come scriverà in seguito Vittoriano, la raccolta di racconti Amori Clandestini; il dramma in quattro atti rappresentato a Celano: Fucino conca di passioni; alcuni saggi: politici (Marxismo, Socialismo e Cristianesimo) e critici (discorsi sulla poesia contemporanea); la silloge poetica Vivere ardendo; alcune traduzioni di lirici greci. pubblicherà invece nel 1954 il suo primo studio critico su la poetica del Semplicismo [Cuore e speranze del 1952, è la seconda sezione del volumetto Invito al semplicismo (Editoriale la zagara, Reggio Calabria 1952) scritto con giuseppe Rossi bellicampi)]. Il matrimonio, l’insegnamento letterario presso il liceo classico di Avezzano, di cui sarà a lungo preside l’amico palanza, l’amore per la letteratura e l’impegno didattico ed educativo verso gli studenti, lo esortano a proseguire nella ricerca. Ripresa tra le mani la tesi su pavese, con cui si era laureato brillantemente alla “Sapienza” di Roma con i professori Sapegno e Schiaffini, pubblica, nel 1967, ancora con lo pseudonimo Amato Amans, problematica esistenziale in Cesare pavese (gugnali, Modica). una data importante, quella del 1967, perché sancisce, per quanto ci è dato sapere finora, l’avvio di una lunga, e mai più interrotta presenza editoriale – tra testi nuovi, riedizioni, ristampe, nuovi assemblaggi - dei suoi scritti. Ma non va taciu-

to che, da attento cultore anche delle cose abruzzesi, già negli anni 50-60 aveva fondato e diretto in Avezzano la rivista «l’Albatro»; cui seguirono «Il semaforo delle idee» e, vent’anni dopo – aveva nel frattempo“ripudiati” la poesia, in quanto peccata juventutis, e, su suggerimento dell’amico scrittore Mario pomilio, anche lo pseudonimo-, dal 1983 al 1992, la nota rivista «Abruzzo letterario». per quanto Vittoriano abbia fornito e aggiornato volta per volta la sua bibliografia, sarà interessante sotto il profilo del metodo e degli interessi critici, ricostruire in futuro la cronologia dei suoi scritti, spesso saggi singoli editi su riviste italiane e straniere, in atti di convegno e in miscellanee, poi raccolti e integrati ora in una monografia ora in testi di argomenti diversi, e nel tempo di volta in volta aggiornati. dante, leopardi, pascoli, pirandello, d’Annunzio, pomilio, Flaiano, e innanzitutto Silone, per nominare i più noti del panorama letterario italiano, vedono più pubblicazioni nel tempo. Ma attenta considerazione e scrupolo di ricerca ricevono anche, e direi soprattutto, alcuni autori che talvolta subdolamente la critica ha emarginato. Come per esempio lo scrittore ligure Ettore Cozzani, poeta e critico letterario soprattutto di pascoli; al quale Esposito riserva due attente monografie: profilo di Ettore Cozzani (Edizioni dell’urbe, Roma 1981) e Ettore Cozzani e “l’Eroica”, (Ivi, 1984). E poi, i poeti Vincenzo Maria Rippo, giuseppe tontodonati; Alessandro dommarco, Veniero Scarselli, Adriano grande, Vito Moretti, che a sua volta ha affettuosamente recuperato e curato la raccolta antologica di Vittoriano autore di poesie; la scrittrice trentina Nedda Falzolgher. E ancora, Antonio Silveri, Muzio Febonio, petronilla paolini Massimi, e la rassegna su poeti, storici e giuristi celanesi (dal 200 all’900). Ad 13


liliana Biondi ognuno di questi nominati è dedicata una monografia, con una doviziosa ricognizione tematica e critica e con una ricca sezione antologica. E quasi tutte hanno una prefazione esplicativa e una conclusione. A tale scopo, sarebbe stimolante, raccogliere tutti i passi, spesso frammenti seminati in prefazioni, presentazioni, conclusioni, ma anche nel cuore del testo, in cui Esposito espone quelli che potremmo definire i suoi criteri in fatto di critica, e il suo credo, il suo pensiero, le sue opinioni civili, politiche, religiose. Si pensi a quanto, senza peli sulla lingua, scrive nel profilo di Ettore Cozzani: «Se la critica assolvesse al suo compito con continua intelligenza e con sincera onestà, non si avrebbero i cosiddetti “casi” di autori e di artisti rivendicati tardi ai quali l’ingiustizia critica (cattiva e melensa) ha a volte impedito libertà e pienezza di svolgimento. Avviene infatti che ci sono artisti (poeti, pittori, scultori) sui quali la simpatia critica si riversa piena, procurando loro rapidi successi e vanagloria, ad altri, inconvenienti, avviene l’opposto» (p.41). Alle singole monografie, va aggiunta la vasta produzione ricognitivo-critica e antologica di Esposito in più tomi - da parnaso d’Abruzzo (Edizioni dell’urbe, 1980), ricco panorama della poesia in latino, in dialetto e in italiano, in cui ritesse tutta la storia della letteratura abruzzese, a l’altro Novecento per poesia e narrativa, giunto al decimo volume -, un grande fitto panorama, non solo regionale, di artisti della parola, uomini e donne, che a parere del critico degnamente meritano un raggio di luce nello sterminato mondo della storia delle lettere. Anche nella scelta dei grandi autori, tuttavia, Esposito talvolta tende a prediligere gli aspetti meno noti di essi, quelli più confacenti alla sua personalità come ho già detto, mite ma non remissiva. Si pensi al volume per un altro

d’Annunzio (Edizioni dell’urbe, Roma 1988), dove Esposito, erede degli oppositori del pur “grande” d’Annunzio, in età matura concorda con gramsci a distinguere tra amore e ammirazione per un autore. Essendo ora anch’egli convinto che un poeta «si può anche amare e insieme odiare» (p.8), mette in luce come il d’Annunzio da lui amato è quello «degli umili, dei vinti, dei soccombenti per cieche fatalità o avverse circostanze, creature autenticamente vere proprio perché sfortunate e infelici ben degne di rappresentare il polo opposto al “vivere inimitabile”; è il d’Annunzio delle malinconie e delle tristezze, quello non estraneo alle implicazioni sociali e a tratti perfino interessato alla instaurazione di un “ordine nuovo” essenzialmente anarchicheggiante perché geloso della propria libertà» (pp. 8-9). Si è fatto cenno agli studi su dante, il cui primo lavoro edito, Struttura e significato della “divina Commedia”, risale al 1968. Esposito torna a dante, con il volume la “Commedia” dantesca tra fede e dissenso (tracce, pescara), nel 1999, a un anno dal giubileo e dalle celebrazioni per il Centenario della nascita di Ignazio Silone particolarmente “caldo” per i noti contrasti tra studiosi sui trascorsi politici del grande narratore abruzzese al quale Esposito ha dedicato il massimo dell’attenzione, dell’amore, dello sforzo ricognitivo, critico, divulgativo. Sembra una pubblicazione mirata, quella di Esposito sull’Alighieri. Nel ricordare come il giudizio di dante su Celestino non sia frutto di vendetta, e che tutta la Commedia sia stata scritta «con lo spirito acceso d’un franco tiratore della cristianità», un tiratore per una causa sacrosanta capace di affrontare la sua battaglia a viso aperto, in nome della pace, della giustizia, ideali che – a suo giudizio- l’Impero e la Chiesa possono garantire all’umanità solo a patto che 14


vittoriano esposito critico e letterato tornino a governare ciascuno nella propria sfera politica e religiosa, nel reciproco rispetto delle funzioni temporali e spirituali che dio ha loro assegnato (p. 9), Esposito relaziona il tempo di dante col quello attuale; riconosce il «rischio costante, per non dire ancora certezza, di una Chiesa mondanizzata che si alimenta di ritualismi formali e dottrinali anziché di pratiche concrete all’insegna dell’imitatio Christi; e, nel portare l’esempio di quanto accaduto per la beatificazione di padre pio da pietralcina, cita le parole indignate di Carlo bo, esprime il timore di una «prospettiva ingigantita a dismisura» in occasione del giubileo imminente, e riconferma l’importanza della rilettura della Commedia, come pellegrinaggio profetico. da dante a Silone, pur distanziati nel tempo, il passo è breve per comuni coerenza di pensiero, amore di patria, dolorante esilio. A due anni dalla morte di Silone, avvenuta nell’agosto del 1978, Vittoriano Esposito inaugura l’istituzione del Centro Studi di pescina appena fondato, e di cui è da subito membro del direttivo, con la monografia Ignazio Silone. la vita e le opere (Edizioni dell’urbe, Roma 1980), cui segue per trent’anni una sterminata produzione critica, tutta edita presso case editrici e stampatori abruzzesi, a cui si aggiungono, dal 1997 al 2005 i “quaderni Siloniani”, organo ufficiale del Centro Studi Siloniano, e rassegna semestrale di informazione e di articoli inerenti tematiche e problematiche siloniane, da lui fondato e diretto con luce d’Eramo, la prima ed imprescindibile biografa di Silone, e, morta costei, con lo storico giuseppe tamburrano. In piena sintonia d’animo e di idee politiche con Silone sin da ragazzo, Vittoriano ha avuto un colloquio ininterrotto con l’opera dello scrittore marsicano, è stato curatore di inediti, recensore e critico attento di

tutta la critica siloniana, e mai è stato attraversato da ombra di dubbio sulla lealtà della sua persona: questo è stato Esposito nei confronti del grande Silone, tanto da meritare la presidenza onoraria del Centro Studi di pescina e il premio “Fontamara”. l’ultimo volume, Scritti su Silone, pubblicato per il Centro Studi Siloniani di pescina presso le grafiche di Censo, porta la data 2010, e, quasi testamento e passaggio di staffetta intellettuale, è dedicato alla nipote, Emanuela paciotti, a cui ufficialmente Vittoriano ha affidato la pubblicazione del suo carteggio personale con la moglie dello scrittore, darina Silone, che sembra serbare inedite verità. pur importantissimo, il carteggio di Vittoriano con darina, è, tuttavia, penso, uno fra i tanti e densi che egli abbia intessuto con il mondo delle lettere che saranno preziosi scandagliare, quando la famiglia vorrà. Conchiuso il suo lungo, inesausto cammino di studioso, consolidato ufficialmente negli anni anche da importanti riconoscimenti e premi, l’opera di Vittoriano si apre ora a sua volta a nuovi studi che ne riorganizzino la scansione cronologica, tematica, organizzativa edita e inedita della sua opera. A voler dare una prima stima d’insieme, penso che virtù indiscutibili sono nella sua ampia capacità esplorativa, ricognitiva e comunicativa da storico della critica più che da interprete analitico; molti dei suoi scritti sono considerevoli e puntuali regesti, utilissimi a costituire quella salda piattaforma dotata di agevoli strumenti che bene aprono allo scavo e all’approfondimento.

(la Bibliografia, allegata al testo, per esigenze editoriali è collocata a p. 47) 15


vito moretti

Vittoriano Esposito scrittore di poesie la poesia di Vittoriano Esposito, almeno quella edita, è tutta circoscritta nel decennio degli anni Cinquanta, con la silloge d’esordio, primavera di un’anima, del 1950, appunto, e con le successiva tre raccolte – Cuore e speranza, del ’52, palpiti di un solitario, del ’53 e per non sentirti perduto, del ’61 –: un decennio che pone in essere le più ardite speranze sia per la libertà da poco riconquistata alla vita civile sia per i temi di riforma che entrano a gareggiare nei dibattiti politici e sindacali della nuova democrazia e che anche nell’Abruzzo del dopoguerra sollecitano gli intellettuali e gli esponenti della cultura a prendere cognizione dei bisogni più urgenti e dei doveri di solidarietà che s’impongono nel resto della penisola. Sono gli anni, del resto, in cui la Marsica riscatta l’antico sogno di berardo Viola, il «cafone» siloniano di Fontamara, e in cui le terre del Fucino vengono espropriate ai torlonia e cedute ai contadini che le lavorano, non senza però l’estremo sacrificio di due braccianti, uccisi a Celano la sera del 30 aprile 1950 dopo una lunga serie di mobilitazioni e di altre morti. Vittoriano Esposito ha da poco compiuto vent’anni e il suo orizzonte culturale ed umano si identifica con questa stessa realtà, filtrata dalle letture che riesce a mettere insieme nella biblioteca del socialista Agostino Carusi (al quale dedicherà il sonetto Santa alleanza) e dall’incontro con l’intellighenzia celanese del tempo, riunita proprio nella casa del Carusi; qui, peraltro, nei medesimi anni, il giovane Esposito ha modo di incon-

trare Ignazio Silone e di avviare con lui un intenso rapporto che si trasformerà, per alcuni aspetti, in una vera e profonda intesa ideale, nel nome soprattutto della libertà dell’uomo e della sua insopprimibile dignità, da ribadire sia contro le mediazioni pur necessarie della vita pratica che contro i mimetismi e le diaspore del pensiero contemporaneo. Anzi, da questa lontana esperienza, che alimenta la riflessione di fondo delle sue poesie, Vittoriano Esposito elabora il suo rapporto con il mondo e struttura la sua vocazione a testimoniare – anche negli anni della maturità 1 – la fede nel primato dell’uomo, con un assiduo ed intenso esercizio critico che rifiuta compromessi e tradimenti e che mira di volta in volta ad evidenziare quel che ognuno ha di suo o quel che ognuno arreca alla vicenda dell’arte e della cultura, senza concedersi mai a rigidità ideologiche o a posizioni di implicito settarismo. un impegno di verità, dunque, che nelle quattro raccolte poetiche si traduce in una denuncia della miseria e della ingiustizia e in una scrittura attenta ai mali antichi e nuovi della società marsicana ed abruzzese, ma anche (e qui va sottoli-neato come elemento originale rispetto al diffuso gusto neorealistico di quella stagione) in uno scavo nella propria pena di individuo, nel proprio microcosmo di creatura chiamata a mediare lacerazioni e dissidii e, ben più drammaticamente, ragione e fede. Ecco, allora, componimenti come un giorno di festa («V’è modo e modo di tradire Cristo»), dio, non ti credo («il mio cuore tanto brama/ quanto respinge ed odia il 16


vittoriano esposito scrittore di poesie mio pensiero»), Svélati mio dio! («com’io potrò amarti/ se tu non mi ti sveli?»), dove sei? («Non so da quale fonte possa attingerti,/ potente Iddio») e Come nacque il mio canto («confesso che l’unica favilla/ che m’accese nel petto il sacro fuoco [della poesia],/ non fu verun amore di fanciulla,/ ma l’ansia di congiungermi con te.// Ricordo con tremore/ le segrete battaglie che il mio cuore sostenne nella prima adolescenza:/ quando, impotente/ a sciogliere il gran nodo del tuo vivere,/ fui preda ad un tormento inenarrabile»), nei quali il sentimento religioso più che poggiare sulle certezze della metafisica e sui temi della riflessione teologica, si incentra sulle energie solidaristiche e sui valori della carità, per l’urgenza di ricondurre l’attenzione e il giudizio dei lettori sul dramma insostenibile dei diseredati e sui conflitti fra etica, politica, società civile e storia. Il poeta sente di essere chiamato a manifestare la propria biografia e la propria pena in testimonianza dell’umanità sofferente, col proposito di perorare la definitiva liberazione dell’uomo – non solo marsicano, ma di ogni latitudine – da tutte le forme di schiavitù e da qualsiasi minorità psicologica e sociale, come peraltro si ricava da preghiera o da tremula fiammella di candela («la mia voce, ahimé!, è somigliante/ a tremula fiammella di candela,/ che pretenda d’illuminare il mondo») o anche da «buon Anno!» («Formule vane resteran gli auguri/ finché chi vive agiato,/ non penserà che langue nei tuguri/ il popolo affamato»), da Ingiustizia, da la vita è prova e da Favola amara, in cui, per giunta, il giovane poeta grida tutto lo scandalo che prova la sua coscienza di fronte all’umiliazione dell’innocenza e alla mortificazione dell’equità, precorrendo a suo

modo – e d’istinto, si capisce – i temi della futura “teologia della liberazione”, ben presenti nell’area marsicana (si pensi, ad esempio, a Memmo pinori 2, o a talune pagine di ugo Maria palanza 3). A tali temi, del resto, sviluppati anche nello scritto coevo Marxismo, Socialismo e Cristianesimo e nel dramma inedito in quattro atti Fùcino, conca di passioni, vanno ricondotti sia i molti riferimenti all’amore (un amore che non conosce «le distanze» e che «ad ognuno ugualmente si dona», perché «d’un sol modo avviluppa i viventi»: A un monello che canta), sia le invocazioni di pace (pace! pace!), sia infine i richiami alla libertà su orizzonti universalistici («Non ha respiro/ il mio spirito sdegnoso e vagabondo/ entro confini imposti./ Ama spaziare libero pel mondo.// […]/ la mia patria è dovunque splenda il sole/ e brillino le stelle», la mia patria; «scelgo a padre sacro il mondo intero», Cittadino del mondo). E tuttavia l’Abruzzo resta il riferimento privilegiato del giovane Esposito, un Abruzzo non da “cartolina” né dei clichés letterari e veterodannunziani, ma la regione dell’oblìo, la geografia della fatica e del sudore, la terra dei “digiuni” e degli “stracci”, il paese dei “cafoni” e dei “sogni disperati”, quale è tratteggiato nel componimento Abruzzo, terra di dolore, che è anche – in assoluto – una delle poesie più vibranti della sua produzione («È partita dai grigi casolari/ la mia povera gente contadina» …) ove la realtà dei protagonisti si identifica via via con quella stessa del poeta, in un afflato corale e spontaneo («io so quant’è amaro il pane smozzicato […],/ com’è duro il giaciglio […]») che scaturisce dalla condi-zione biografica e psicologica del comune destino. 17


vito moretti Ma per Vittoriano Esposito c’è sempre, nonostante il buio e i corrosivi presagi, una via di scampo, un’occasione individuale di riscatto e un’opportunità di salvezza, che è fornita, oltre che dall’amore, come s’è detto, dal “sogno”, inteso come fedeltà ai valori alti dell’uomo e della vita (Il mio canto, Spaziare come rondine), dalla “volontà di resistere” (Autoritratto) e dalla capacità (e volontà) di acquisire la lezione giusta dai fatti dell’esistenza benché l’angoscia ci chiami a smemorarli o a rimuoverli (la mobile sabbia del destino). In ognuno, dunque, c’è una possibilità di resurrezione, «come perla in un’acqua fangosa e sconvolta/ […]/ Ed è quanto ti basti, per non vederti spezzato,/ per non sentirti perduto» (Congedo). Il suo verso, pur così orientato al segno dei “contenuti”, scaturisce però dal fondo del cuore e reca anche un’istanza lirica che emerge in taluni momenti ad attenuare l’asprezza della denuncia; capita allora di leggere: «il sole si spalma come miele/ sulle foglie cadute», in lieve, nel tardo autunno, o «il grido assiduo delle vostre rughe», in passano gli zingari, oppure «Il sole già va in bilico su i nembi», in la giovinezza e la vecchiaia, o infine «siepi […] irte di cardi», nell’ultimo brano; una liricità che dà più vasta prova di sé nelle coeve traduzioni approntate dall’Esposito sui classici greci e latini, e che sono a tutt’oggi inedite come tanto altro materiale di questi lontani anni d’esordio. Il modello dei classici, d’altronde, che il giovane poeta va assimilando con esercizio diretto, si coglie anche in alcuni aspetti stilistici di queste poesie, nella elezione di talune assonanze, nella presenza della rima, nell’impiego – qua e là – di aggettivazioni che diremmo non à la

page e nell’assenza di certo gusto novecentesco. Esposito sembra procedere ad excludendum, togliendo alla sua comunicazione e alle sue risorse espressive tutto quel che risulti estraneo alle sue scelte ideali e alla sua esperienza vissuta, senza neanche preoccuparsi di rifinire o di limare il suo dettato in direzione della raffinatezza estetica; ad Esposito, insomma, interessa soprattutto il “messaggio”, come si suol dire, il senso della parola più che la parola in sé, perché la sua poesia – e lo si sarà ben capito – si prefigge di testimoniare la realtà e la pienezza di una esistenza chiamata a fare i conti con il “bene” ed il “male”; e perciò, in questo senso, la sua pagina è un autentico documento, che si affida alle generazioni future per mantener desta la memoria d’una età e di una gente, come anche – dal nostro versante – per illuminare la personalità di un intellettuale a cui deve molto la cultura abruzzese di ieri e di oggi.

1 Cfr. VIto MoREttI, Il lavoro critico di Vittoriano Esposito, in Id., l’orto di Académo. personaggi e ambienti della cultura abruzzese, pescara, d’Incecco, 1990, pp. 209-214, e VIto MoREttI, la «letteratura della dissacrazione» di Vittoriano Esposito, in Id., Il plurale delle voci. la letteratura abruzzese fra Sette e Novecento, Roma, bulzoni, 1996, pp. 321-322. 2 Sul quale cfr. VIto MoREttI, «la mia religione» di Memmo pinori e l’etica cristiana della liberazione, in Id., Il plurale delle voci, cit., pp. 295-299. 3 Cfr. VIto MoREttI, «lungo antiche mura» di ugo M. palanza e Il simbolo di «Idrusìa» nel romanzo di ugo M. palanza, in Id., l’orto di Académo, cit., pp. 251-253 e 255-259; cfr. anche Id., «Notturni» di ugo M. palanza, in Id, Il plurale delle voci, cit., pp. 301-305.

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romolo liberale

politica e religione in Vittoriano Esposito E’ vero. dopo la scomparsa di Vittorio, i nostri sentimenti trepidano tra quell’angosciante “la morte è solo morte” con cui Federico garcia lorca piangeva l’amico Sanchez Mèjas e quel consolatorio “la morte è la scalata per vedere gli dèi” a cui i rimanda il celebre testo egizio sul destino dell’uomo. Viviamo questa trepidazione come la sanno vivere le amicizie nate e maturata da lontane seminagioni nella confortante convinzione che anche per il pensiero – come dicevamo sovente con Vittorio – c’è un tempo per arare e un tempo per mietere. E Vittorio ha molto arato, ha aperto solchi lunghi e profondi, ha seminato a profusione. Molti hanno mietuto nei prati delle sue seminagioni e molti continueranno a farlo per cogliere l’essenza del suo intelletto e della sua umanità. Si, credo di aver detto giusto, perché in Vittoriano, intelletto e umanità si ricomponevano in una testimonianza che aveva al centro il suo rigore di ricercatore e di critico, ma sapeva compiere delicate incursioni nella poesia, nella esegesi d’arte, nelle inquietudini politiche, nei rabbuffi umani. quando il prof. Angelo Sabatini, assumendo e comunicandomi il doveroso assunto di rendere omaggio alla figura e l’opera di Vittoriano Esposito in questa prestigiosa aula consiliare, mi disse di tentare un profilo di Vittorio nei suoi rapporti con la politica, pensai subito che tanto era nota e ricca la sua opera di scrittore, quanto riservata, sobria, discre-

ta quella parte del suo vissuto in qualche modo rapportabile all’impegno politico. Nelle conversazioni che talvolta, quasi con pudore, facevamo sulla politica, trovavo che Vittorio, nel tempo, si era lasciato alla spalle gli ardori giovanili per le idealità socialiste intese come militanza, per approdare ad una concezioni del socialismo che fu chiamato, tra la fine dell’ottocento e l’inizio del Novecento, socialismo umanitario. Vittorio, a differenza di me che rimanevo ancorato alle implicazioni libertarie sul piano culturale e sociale del socialismo scientifico di ispirazione marxiana, Vittorio, per indole e per acquisizioni culturali, era più vicino all’umanitarismo sociale riconducibile a personaggi – cito a caso – quali Arturo graf, domenico gnoli, forse guido gozzano, ma innanzitutto giovanni pascoli, specialmente quello del periodo messinese durante il quale il poeta ebbe la ventura di conoscere l’ardente, romantico, poeta dell’anarchia Mario Rapisardi, cantore della libertà e apostolo del riscatto delle “plebi tradite e maledette”. Il filtro decisivo per approdare al filone del socialismo umanitario, Vittorio lo trova non solo nelle pagine siloniane, ma anche negli incontri personali con Ignazio Silone che avvenivano, a Celano, in casa Carusi dove Agostino, il fratello di Filippo che della cafonitudine fucense fu il primo a rivendicare il riscatto, li accoglieva con dovizia di attenzione e di affetto. queste conversazioni erano poi desti19


romolo liberale nate a lievitare in meditazioni, acquisizioni, convincimenti che collegavano l’ansia di sapere a quella febbrile attività di critico in cui, il sapere acquisito e filtrato nei conversari col Maestro, si trasfondeva in pagine e pagine che nello scorrere degli anni rappresentano un nutrito corpus sulla personalità di Silone vista in tutte le dimensioni, ma innanzitutto in quella della comune e convinta confluenza in valori nei quali il sociale e l’etica religiosa si compongono in una testimonianza di fervida presenza e partecipazione. quante volte, con Vittoriano, abbiamo celiato su quel “cristiano senza chiesa” e quel “socialista senza partito” che poi, vista la stanca ripetizione che ne facevano quelli che dello scrittore di pescina avevano letto poco o nulla, fece esclamare a Silone conversando con luce d’Eramo: “Non l’avessi mai detto”. Ma Vittorio aveva fatto sue le implicazioni di quella equazione. E sentiva come sue le angustie provate da Silone in una chiesa insufficiente a dare risposte alle moltitudini attraversate da troppe ingiustizie, emarginazioni, negazioni; e in un partito (direi più partiti) nei quali le idealità del riscatto sociale rimanevano solo scritte nei proclami e, quel che è peggio, soffocate nello scadimento etico e nelle sconvolgenti pratiche autoritarie. Al cospetto di tutto ciò, Silone prima e Vittoriano poi, trovano rifugio in quel filone del pensiero socialista nel quale confluiscono i principi della solidarietà universale e elementi dell’etica cristiana. un socialismo e un cristianesimo, direi, più di sentimento e di cuore che di tessere e di bandiere. E’ in questo quadro che matura la grande utopia siloniana, che Vittorio non tarda a far sua, di una società in cui non le leggi dei poteri scritte nei

codici, ma la legge dell’amore scritta nei cuori salverà l’umanità. quando, con Vittorio, osservavo che la dissacrazione tout court delle istituzioni civili, politiche, religiose conducevano a quell’anarchismo di coloritura contadina di cui aveva parlato il nostro Mario pomilio, e sottolineavo che il pensiero dell’uomo si fa storia solo se cammina con la spinta dei fermenti sociali e con le forme organizzate della società, egli un pò si adombrava. poi concedeva: “Certo. Ma non emarginiamo gli spazi dell’utopia”. Ricordo come Vittorio si compiacesse, in occasione di incontri culturali, di riportare ai presenti, in una sorta di immedesimazione, il ritratto che Silone faceva di suo padre quasi a suggerire un modello di comportamento nei rapporti con le istituzioni. “Mio padre – diceva Silone – fu uomo d’ordine non di anticamera; fu uomo di chiesa, non di sacrestia”. Vittorio si infervorava quando diceva questo, sì che dava la sensazione di essersi calato egli stesso nella dimensione etico-civile che Silone riconosceva al padre. E Vittorio, per come l’ho conosciuto, non fu mai cristiano dei rituali domenicali, ma cristiano meditante, e spesso sofferente, della quotidianità. E non fu mai un petulante dietro la porta della “stanza dei bottoni” nella quale un potente troneggiava distribuendo sorrisi, promesse e pacche sulle spalle. talvolta, ma solo negli scritti, essenzialmente quelli giovanili, le riflessioni di Vittorio si facevano grido che egli affidava a ritmi di preghiera. questi tre versi ne danno il segno: “Non posso torturarmi alla visione/ di fanciulli languenti tra gli stenti/ e fanciulli giulivi tra i balocchi”. Il pensiero corre alla tenera Mendica dell’inquieto guerrini la quale, pallida e macilente, nel fango della via, 20


Politica e religione in vittoriano esposito implora la pietà della gente per tacitare i morsi di una fame dalle ore troppo lunghe. E insisteVittorio. Ne è testimonianza la sofferta lirica nella quale, dialogando idealmente con dio sui mali del mondo, così gli parla: “Ente che in sé il mio cuore tanto brama”, ma “non ti credo/ perché dovunque io guardi, non ti vedo”. E’ il grido esasperato di chi vuole che il suo dio sia più presente in un mondo attraversato da offese, ingiustizie, umiliazioni. E poi, quando nella lirica “Svelati, mio dio” leggo il verso “Ma se davvero esisti/ se vuoi il mio bene, svelati”, mi pare di udire la disperata invocazione di Aleksander zinoviev “padre mio, ti supplico e piango: cerca di esistere”. Nonostante ciò – riporto una confessione di Ninetta – la domenica Vittorio indugiava a seguire la messa per radio. Era un modo tutto suo, intimo, riservato, di assolvere ad uno dei doveri cristiani. E non so dire se quella sete “delle preziose perle di sudore” del Cristo e delle “molte lacrime calde, roventi” di Maria sulla via del Calvario – evocate da Angelo Melchiorre nel documentario – sia stata saziata nello spirito di Vittorio. So solo che i rovelli spirituali di Vittorio hanno sempre avuto tempi sofferti e lunghi. Vi è dunque una correlazione tra politica e religione nella parabola umana e spirituale di Vittoriano Esposito. ho sotto gli occhi una delle più pensate fatiche di Vittoriano, quella dal titolo “Ignazio Silone e la rivolta del terzo fronte”. Nell’appassionata introduzione, Vittorio scrive: “Silone, per tutta la vita, ha ingaggiato battaglie interminabili contro le cosiddette istituzioni, identificabili soprattutto nei partiti, nello Stato, nella Chiesa”. ogni citazione che

Vittorio fa del pensiero di Silone, ha sempre il senso di una condivisione in cui la dimensione politica diviene un assioma a cui conformarsi. più avanti Vittoriano, volendo definire meglio il senso della rivolta siloniana contro l’azione alienante dei poteri, è ancora più esplicito. “Silone – scrive – immaginava un terzo fronte non solo tra dittatura e libertà, ma anche tra democrazia formale e democrazia integrale, tra socialismo “parlamentare” e socialismo “umanistico”... A volte. come deve essere tra amici che si stimano, ci concedevamo, conversando, qualche reciproca impertinenza. quando gli dicevo che tra me e lui la differenza stava nell’essere lui siloniano e io silonista, e che volevo intendere che egli, per convinzione e per affetto, condivideva in toto l’opera di Silone, mentre io cercavo con essa un rapporto più dialettico, Vittorio scuoteva la testa in un garbato gesto di riserva. un giorno mi spinsi a dire anche a lui che io, in quanto autodidatta, avevo il privilegio di non subire i condizionamenti dell’accademia. osservò con calma, ricordando come anche lui aveva iniziato da autodidatta il suo lungo viaggio nell’universo delle lettere, che anche chi ha alle spalle l’accademia può essere un uomo libero. E debbo riconoscere che le scelte di Vittorio erano libere, non meno delle mie. ho finito. ho tentato, e solo tentato, e l’ho fatto rivisitando le sue “sudate carte”, di disegnare alcune coordinate dell’essere politico e dell’essere cristiano, di colui che conosciamo più come saggista e critico. Mi rimane solo riportare a voi i tre righi che chiudono la introduzione al volume su “Silone e la rivolta del terzo fronte”: “l’essenza del messaggio 21


romolo liberale di Silone – scrive Vittorio - sta tutta qui. Non per nulla qui riconduce la proposta conclusiva di questo lavoro, forse l’ultimo dei miei studi siloniani, per una interpretazione “personalistica” del suo pensiero”. la data è quella del luglio 2007. A distanza di quattro anni, quel forse è caduto. E in quell’ultimo, figlio amaro del dram-

ma che lo consumava, c’è la premonizione della fine. Ma l’ultimo dei suoi volumi conferma come il pensiero del Maestro e il pensiero del discepolo, si fondono in una unica, limpida, generosa testimonianza a cui riandare per capire le turbolenze che hanno attraversato il secolo (e che secolo!) che abbiamo salutato dodici anni fa.

il 21 marzo 2012 il Comune di avezzano, in collaborazione con la rivista tempo Presente, ha organizzato un incontro. riportiamo la locandina dell’evento.

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Walter Capezzali

Commossi ricordi di Vittoriano Appunto quarant’anni fa, una conoscenza già doverosamente cementata ebbe occasione di arricchirsi di una più stretta frequentazione. Il ricordo, a questo proposito, va ad un’altra eletta figura della cultura abruzzese del Novecento, Antonio Silveri di ofena, Ispettore scolastico che durante una lunga e proficua stagione aquilana fu il promotore di storici ed partecipati incontri, soprattutto nel ciclo intenso e cadenzato delle Conferenze della “dante Alighieri”, di cui il Silveri era il nume tutelare. la “Sala patini” pulsava da anni di un fervore culturale di assoluto rilievo. proprio quel ben noto ambiente fisico dominato dall’affresco “l’Aquila” del grande pittore castellano, oggi sottratto all’uso culturale dal sisma che ha duramente ferito la Città, mi costringe ad una breve digressione, suggerita dal leggere nel programma di questa nostra giornata, un altro nome legato ai miei ricordi, quello del prof. Emerico giachery, che purtroppo non ci ha potuto raggiungere, il grande letterato che ha dedicato non pochi anni della sua prestigiosa carriera universitaria all’Ateneo aquilano e che a sua volta ha avuto stretti legami culturali ed amicali con il nostro Vittoriano. Fu giachery, un giorno, a bussare alla mia porta nella biblioteca provinciale per segnalarmi – primo in assoluto – l’intenzione di portare la cultura letteraria fuori dalle gelosie accademiche, per incontrare i cittadini, gli studenti, la città. E giachery tenne in quella sala una memorabile, affascinante conferenza. l’università si apriva alla Società che l’ospitava.

torno ad Antonio Silveri, perché in quei primi anni Settanta del Novecento l’ormai attempato personaggio, al quale mi legava amicizia e condivisione di sentimenti, ritenne di affidare ad un libro i suoi ricordi, il frutto della sua vita; e di ricorrere per l’impresa alla penna di Vittoriano Esposito. Il “Ritratto di Antonio Silveri”, pubblicato nel 1976, rimane nella mia memoria, io alquanto molto più giovane dell’Ispettore e di una decina d’anni di Vittoriano, perché i due protagonisti di quell’avventura editoriale vollero coinvolgermi in un ruolo di collegamento e supporto che per me fu di grande arricchimento. Negli Anni ottanta il nome di Ignazio Silone s’impone nei miei ricordi con un crescendo che ha visto Vittoriano nel ruolo di principale protagonista, votato come a lungo sarà quasi “vocazionalmente”, ad un impegno di studio, approfondimento, valutazione critica, valorizzazione e condivisione ideale del pensiero e dell’opera del grande Figlio di pescina. In questo contesto, i miei ricordi si arricchiscono di una più matura e documentata conoscenza, di una più ricorrente frequentazione, per un segmento di storia esistenziale che a lungo, sia nel ruolo di bibliotecario provinciale, sia per le “chiamate” all’interno del Centro studi siloniano, mi ha visto accanto a Vittoriano in un ideale cenacolo culturale che si arricchiva della condivisione di nuove amicizie, con diversi volti che oggi sono qui accanto a me, e con qualcuno che il destino ci ha sottratto troppo presto e che sempre ricordo con fraterna 23


Walter Capezzali commozione, come il carissimo Francesco di gregorio, vera colonna portante, troppo presto spezzata, dell’università aquilana. Sono stati anni ricchi e difficili, di progressi significativi e di qualche dolorosa contrarietà, di costante tensione morale e di combattiva difesa di valori. le confidenze di Vittoriano, nei momenti per lui più dolorosi, mi rivelavano al contempo la saldezza dei principi ai quali egli ha ispirato tutta la sua vita. Emerge la figura di un grande, dal tratto signorile e misurato, dalla saggezza dei comportamenti, dalla voce ferma quanto pacata, dalla concretezza dell’agire. una vita che ci affida lascito pesante e dolce al contempo, obbligo di testimonianza e di indirizzo, viatico per andare ancora avanti. Come è andato sempre avanti lui, come aveva voluto sottolineare facendo nascere, nel 1989, il suo “Abruzzo letterario”, nel quale subito trovò accanto a sé, con ugo Maria palanza, giovanni pischedda e Aldo Vallone, in primo luogo i già ricordati Francesco di gregorio ed Emerico giachery, nomi che si rincorrono in questa frettolosa pagina di memorie e che ci sollecitano a futuri impegni. Mi piace ricordare quel manipolo di grandi uomini, i più ormai tramontati alla vita terrena, con alcune parole che per loro e per sé stesso Vittoriano Esposito volle scrivere nella “lettera dedicatoria” ai primi lettori di “Abruzzo letterario”: «A fondamento di ogni iniziativa editoriale, lodevole in sé, c’è stata quasi sem-

pre la volontà, per non dire l’ambizione, di occuparsi di tutto: ed era, in un certo senso, giustificabile se è vero che il sapere, per la sua natura e le sue intrinseche finalità, deve essere interdisciplinare. Noi muoviamo da un presupposto che può apparire, ed è in realtà, più modesto, ma non per questo meno rilevante: negati, per vocazione o per formazione, ad ogni pretesa di enciclopedismo, vogliamo occuparci esclusivamente di letteratura, nella convinzione di poter rendere un servigio, tanto più limitato quanto più sicuro, alla nostra terra ed alla nostra gente». Seguendo Silone e tirato per i capelli all’interno di una speciosa polemica, il letterato Vittoriano doveva poi vestire anche gli abiti del polemista e del sociologo, dello storico e dell’esegeta politico. Senza, però, mai tradire il compito primigenio, che sempre nella “lettera” ricordata veniva ribadito e che qualche riga più avanti tornava a sottolineare: «…tradiremmo noi stessi e la nostra prima ragion d’essere, se non credessimo soprattutto nella necessità di far conoscere ed apprezzare tutto quanto si è fatto in passato e si fa oggi dai poeti e dai prosatori abruzzesi…». Valorizzare, far conoscere, difendere, insomma. Il suo esempio, sublimato nella vissuta e condivisa tensione ideale siloniana, ci illumini e ci conforti. grazie, Vittoriano.

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maria moscardelli

omaggio a Vittoriano Esposito poche ore fa, quando sono entrata in questa sala ancora vuota, ho subito alzato lo sguardo verso la foto di Silone. Era lì al suo posto. tutto bene. tutto come prima. poi ho guardato più in basso verso il podio. E lì mancava qualcosa. Mancava qualcuno che avevo sempre visto al suo posto al centro del podio. In quel momento mi è tornata a mente la prima volta in cui lo avevo incontrato. Era il primo maggio del 1999, proprio in questa sala, e avevo fatto il mio primo intervento, a dir poco “agitato”, in difesa di Silone. Al termine, un signore alto e distinto, l’aria saggia e rassicurante, mi si era avvicinato e quasi senza parlare, mi aveva tranquillizzato, con la sua compostezza, il suo equilibrio, la sua signorilità. quel signore era Vittoriano Esposito. In seguito ci siamo scritti ogni tanto. Esposito mi inviava regolarmente i quaderni Siloniani, la pubblicazione del Centro Studi di valore e interesse internazionale. d’altronde è nota la sua collaborazione ad altre riviste internazionali. dai messaggi che ricevevo da lui s’intuiva il grande entusiasmo e l’orgoglio con cui promuoveva le attività culturali del Centro Studi di cui è stato fin dall’inizio e per tanti anni il motore e l’ideatore. Non sta a me parlare delle sue molteplici attività di organizzatore culturale, della sua missione di docente e maestro

di generazioni di liceali, o quella di critico letterario e autore di opere e saggi sui grandi della letteratura italiana. Ciò hanno fatto e faranno gli altri interventi. Accenno solo ai nostri scambi sulla letteratura abruzzese del Novecento. A questo proposito ricordo che una sua lettera del 20 aprile 2010, riguardo il suo parnaso d’Abruzzo, mi spinse a rileggere il mio parente poeta Nicola Moscardelli del quale Esposito apprezzava la visione etico-religiosa e anti dannunziana. di Vittoriano Esposito ho anche avuto modo di conoscere l’ esemplare vita familiare assieme all’amata Ninetta. Ma ovviamente la nostra principale interlocuzione concerneva la vita e le opere di Ignazio Silone. I numerosissimi libri dedicati da Esposito a Silone sono una miniera di notizie e dimostrano quale lavoro certosino riservasse agli aspetti, ai caratteri e ai momenti dell’opera siloniana, oltre alla grande cura di editore e commentatore delle opere meno note di Silone. Nella sua meritevole attività di critico letterario, ha così sintetizzato Silone: “aveva eretto la semplicità a norma fondamentale del vivere e dello scrivere...la semplicità mai disgiunta dalla profondità e dalla essenzialità”. Ma c’è un altro aspetto di Silone sul quale Esposito ha dato un fondamentale contributo. 25


maria moscardelli In una lettera del 6 gennaio 2010, dopo avermi ricordato il noto episodio dell’agnellino da lui fatto recapitare a Silone al suo rientro in patria, mi scrive: “nel ’53, com’è noto, Silone fu bocciato alle elezioni politiche. Nessuno sa che io m’incaricai di far accettare la candidatura a Silone, che poi seguii a pescina, dove fu accolto da una bordata di fischi dei comunisti ecc.ecc.”. Ebbene, nell’anno delle elezioni politiche del ’53, Esposito era un giovane di 24 anni che non temeva di opporsi alla maggioranza allora dominante. Ma nel ’45, l’anno dell’agnellino, periodo in cui conosce Silone, Esposito aveva solo 16 anni. Come scriverà lui stesso, “appena sedicenne, ero strettamente legato al socialismo italiano e internazionale di marca anarcoide”. E’ del tutto evidente che tra Silone ed Esposito c’era una chiara consonanza ideologica. Ma Esposito non si è limitato a rilevare questa consonanza. Studiando e approfondendo l’opera di Silone, Esposito ha evidenziato non solo le opere letterarie di Silone ma anche il pensiero politico. Silone non era solo un letterato ma un pensatore politico. per Esposito Silone non si connotava per un piagnisteo religioso-medievalemarsicano ma per una impostazione socialista libertaria valida solo nel futuro. In “Interviste su Silone, pomilio e Flaiano” scrive: “crediamo che il suo destino sia stato sempre di un gran solitario (e tale rimarrà in futuro): egli stesso, forse, volle per sé un destino impossibile, battendosi per un socialismo cristiano, umanistico, liberale e insieme

libertario. questa fu la sua più grande utopia”. Nella sua analisi del pensiero politico di Silone, Esposito ha messo in evidenza come il “gran solitario” travalichi le contingenze del Novecento andando ben oltre la lotta antifascista e antistalinista. Ricorda come Silone sia per una democrazia reale e non puramente formale e procedurale, senza alcun distintivo ”parlamentaristico, regionalistico, provincialistico, municipalistico del bel paese”. Il pullulare di corpi intermedi tra uomo e uomo per Silone diventa una nuova forma di alienazione. In “Ignazio Silone e la rivolta del terzo fronte”, rileva con Silone che una società libera dovrà porsi il problema di “come socializzare senza statizzare e burocratizzare”. Ma tra i meriti di Esposito ce n’è anche un altro. quello di aver difeso con vigore Silone da quanti hanno insinuato sue collusioni poliziesche e come abbia fiancheggiato l’illustre storico giuseppe tamburrano che ha scientificamente demolito tali montature. Ma non intendo dilungarmi su questa vicenda di cui più volte ci siamo reciprocamente detto e scritto e che tanto ha angosciato Esposito. In questi anni anche Esposito deve essersi sentito fare questo appunto: “perché mai agitarsi tanto per difendere Silone? Era diventato un santino, perciò era giusto mettere fine alla sua santificazione!” Ma quale santino? Ma da chi, come, dove quando? Rientrato in Italia pieno di speranze per il suo, il nostro paese, Silone aveva trovato un secondo esilio. 26


omaggio a vittoriano esposito In Italia Silone aveva tutti contro. Mentre, come pronipote dal lato materno, lo frequentavo insieme a mia madre e alla mia famiglia, ricordo che al liceo Sapegno lo liquidava in poche righe. Intanto in Francia tra il 1947 e il 1960, André gide, Mauriac, Camus e SaintJohn perse - tre scrittori più un poeta venivano premiati con il Nobel. per non dimenticare il Nobel a Sartre del 1964 - benché rifiutato. Solo all’estero Silone era stimato e ammirato come un grande italiano che dava lustro all’Italia, all’Abruzzo, alla Marsica, a pescina. Ancora. In questi anni anche Esposito deve essersi sentito dire: “perchè mai agitarsi tanto per difendere Silone? Nonostante sia stato una spia, resta grande per gli scritti!” un’affermazione questa fortemente contestata da giuseppe tamburrano. Ma come si può accettare un tale cerchiobottismo? Silone è uno scrittore morale e con quelle accuse non vale più niente. Ecco cosa sta succedendo dopo il ping pong delle accuse fatte rimbalzare tra l’Italia e i paesi di lingua inglese, in particolare gli Stati uniti. Cito solo alcuni dei molti esempi di cui potrei fornire date e riferimenti precisi. quando si scrive dei campioni dell’antitotalitarmo, i maestri dai quali bisognerebbe riprendere la lezione, tutti uniti dalla comune opposizione alle ideologie imposte, si citano Arthur Koestler e george orwell in primis, poi Albert Camus, Simon Weil, gustav herling, hannah Arendt e per l’Italia Nicola Chiaromonte. Nessuna traccia di Silone. Eppure il manifesto dei grandi antitota-

litari, the god that failed, portava la sua firma insieme a Koestler, oltre a Wright, gide, Fischer e Spender. Nel ripercorrere la storia delle riviste liberal di avanguardia come Partisan review e Politics vengono riportate le personalità che vi hanno scritto, da Mary McCarthy a Camus, Andrea Caffi, paul goodman e per l’Italia Nicola Chiaromonte. Nessuna traccia di Silone, nonostante la sua acclarata collaborazione. quando si scrive di tempo presente, fondato da Silone nel 1956 assieme a Nicola Chiaromonte, la rivista viene citata come fondata da Nicola Chiaromonte. Nessuna traccia di Silone. Intanto nel Canone occidentale (il Western Canon) - un compendio di letteratura mondiale di tutti i tempi, scritto da colui che è considerato il più grande storico e critico letterario della letteratura internazionale, harold bloom per il ‘900, sono 21 gli scrittori italiani inclusi, da Svevo a Moravia, dalla Natalia ginzburg a bassani. Nessuna traccia di Silone. Se vai in libreria e chiedi una copia di uscita di sicurezza, nemmeno ti chiedono il nome dell’autore. ti ritrovi tra le mani il libro di un altro. A proposito di antitotalitari e di Camus, nel gennaio 2010, in occasione del 50° della sua morte, in Francia si discuteva di trasferirne le ceneri al pantheon. Invece noi ci riconosciamo per la capacità tutta italiana di distruggere i pochi personaggi positivi della sua storia. una sorta di cupio dissolvi tricolore. la memoria infangata più in fretta di quanto si sia provato a preservarla. Esposito non deve aver gioito nel con27


maria moscardelli statare che un combattente, un rivolu- Che strano, anche lui era straniero”. zionario attivo sul campo, un saggista Il mio auspicio è che la premonizione che sviluppava soluzioni strategiche per di Esposito si avveri. Il 18 novembre il partito, un teorico-pensatore politico 2009 mi ha scritto: “...coloro che lo di livello internazionale, un grande anti- accusano saranno dimenticati come totalitario, uno scrittore non di lacrime autori di accuse fasulle. Mentre le opere marsicane ma con una visione politica, è di Silone saranno sempre lette e meditastato ridotto a povera cosa - come nella te per la profondità delle argomentaziorecente biografia, la prima in lingua ni e lungimiranza delle problematiche” inglese - striVorrei contolato nel tricludere dicentacarne delle do che quancontrapposido ho saputo zioni politidella scomche. parsa di Nonostante Esposito ho tutto, per foravvertito tuna in Italia, a come se pescina, c’è il Silone fosse Centro Studi morto di Siloniani. nuovo. In un quanto all’ecerto senso si stero, qualche somigliavano speranza arriun po’ anche va dalla lontafisicamente. na Corea. pieni di decoIl 26 maggio ro e dignità e 2009 ascoltanessuna preesposito nel suo studio di lavoro vo alla radio il sunzione nonconsueto programma pomeridiano di ostante le loro doti e la loro superiorità libri e scrittori, Fahrehneit, che è tutt’o- intellettuale. di entrambi ho ammira il clou del pomeriggio di Radio 3. rato il comportamento sobrio in Erano le 17.30 quando una scrittrice grado di controllare l’emotività di cui coreana, intervistata in quel momento hanno dato prova nelle occasioni di su Calvino e umberto Eco, rispose che incontri controversi. al suo paese lo scrittore italiano più letto Sono onorata e orgogliosa di averli in assoluto era Silone. Il commento del- conosciuti e frequentati entrambi e l’intervistatrice è stato il seguente: se Ninetta mi permette - amati “prima di lei fra tutti gli intervistati solo entrambi per il loro valore, i loro un altro scrittore aveva scelto Silone. meriti. 28


testimonianze

vengono qui inseriti interventi che non erano programmati nel Convegno di Pescina e comunque sono espressioni di alcuni amici che hanno voluto ricordare vittoriano esposito.

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romolo liberale Voglio ricordare anche a voi le parole, sagge e ammonitrici, di John donne: ogni morte di uomo mi diminuisce perché io partecipo dell’umanità. per questo, non mandare mai a chiedere per chi suona la campana. Essa suona anche per te. la campana che oggi ha suonato per Vittoriano, ha suonato anche per ognuno di noi per chiamarci a questo incontro per un ultimo saluto e per testimoniare la sua lunga parabola umana e intellettuale. Cosa dire, dunque? Intanto che molto ha scritto Vittoriano Esposito. E molto è stato scritto sul suo costante impegno di critico letterario a monte del quale, insieme ai suoi studi che possono ben definirsi “sudate carte”, vi sono le sue raccoltine di poesie giovanili che, a distanza di tempo, sembrano vagare nei giardini della cultura timidamente, in punta di piedi, con un’aria di pudicizia che dicono da quali pensamenti, e da quali affanni, sono nati i versi venuti a noi nel tempo amaro in cui egli avvertiva il pervicace persistere di antiche offese all’uomo gridando che “v’è modo e modo di tradire Cristo”. E mi sembrò di capire che per Vittoriano, come per me, il più perverso tradimento di Cristo si ha quando si pretende dall’uomo non una sapienza ragionata, ma una sottomissione comandata. Ci eravamo conosciuti qui, a Celano, il paese dove Vittoriano dalla “cafonitudine” contadina muoveva i primi passi verso una tale maturazione intellettuale che oggi lo indica tra le voci più prestigiose in Abruzzo, in Italia, con non poche attenzioni anche all’estero. Eravamo giovanissimi e divenimmo amici, complice, insieme, il comune esse-

re figli di contadini e l’essere ammaliati dalla poesia. di tanto in tanto venivano alla luce le poesie di Amato Amans, quelle della raccolta “primavera di un’anima”, quella di “Cuore e speranza”, quelle di “palpiti di un solitario”. Alcune di queste poesia le avevo già lette su un periodico dalla vita stentata che ebbe il destino delle cose belle, ma di breve durata: “Il semaforo delle idee”. Mi piacque il titolo che Vittorio volle dare a questa rivista innanzitutto per le implicazioni che comportava. Erano, quelli, anni di grandi fermenti ideali, e il “semaforo” rappresentava il punto di incontro, di confronto, di riflessioni e di scelte. questi rapidi riferimenti indicano la fervida sorgente da cui è scaturito il fiume dell’impegno letterario lungo il quale il poeta Amato Amans lascia il posto al critico Vittoriano Esposito. lungo questo fiume spiccano opere di grande significazione che vanno molto al di là della Marsica e dell’Abruzzo e che danno il segno della vastità di una dedizione che ha informato tutto il suo lavoro lasciandoci il rammarico che, per avere un critico, abbiamo perso un poeta. Ma ero convito allora, come lo sono oggi, che, per come l’ho seguito, potevano ben convivere in lui le armonie del canto e il rigore della critica. Sull’opera di Vittoriano esiste un ricco florilegio di considerazioni e apprezzamenti da parte di voci prestigiose della cultura italiana. E non solo. un’ opera, quella di Vittoriano, la quale, pur spaziando in un vasto panorama della puntualizzazione critica, trova nelle pagine dedicate a Ignazio Silone motivo non 30


testimonianze solo di rigorosa ricerca, di attenta analisi, di appassionato approfondimento, ma anche partecipazione fervida alle iniziative di promozione perché fosse più largamente conosciuto il pensiero di colui che è stato definito un indiscusso testimone del nostro tempo. Su questo versante, Vittoriano ha al suo attivo un ricco curriculum di conferenze, dibattiti, incontri in Italia e all’estero perché, oltre la parola scritta, anche la parola detta potesse concorrere ad esplicitare più estesamente il contenuto e il senso dell’opera siloniana. E’ da questa esigenza che nascono, tra l’altro, la promozione e la realizzazione del “Centro Studi Ignazio Silone” di pescina, per il quale molto ci spendemmo insieme, e che, col supporto del periodico “quaderni siloniani”, Vittoriano è stato animatore e condirettore prima con luce d’Eramo e poi con giuseppe tamburrano. Si ripete così, nel versante siloniano, l’esperienza generosa, anche se di breve durata, della promozione della rivista “Abruzzo letterario” che per alcuni anni ha raccolto importanti testimonianze dei fermenti culturali nella regione abruzzese. Mi par giusto sottolineare quanto siano presenti nella sua vita di uomo di cultura, quegli affetti familiari che un pensatore come bertold brecht, semplificando al massimo, aveva definito “sentimenti domestici”. Sia l’Esposito di Amato Amans, sia l’Esposito di Vittoriano, in una serie di pubblicazioni

hanno voluto testimoniare vivissimo affetto per quanti, in famiglia, condividono le gioie e le ansie della vita e del tempo che per essa ci è data. basti citare solo le dediche A tutti i miei cari, Ai miei genitori, A mia moglie, A mia figlia. penso che Amato Amans – un pseudonimo che evoca un attivo scambio d’amore tra chi ama ed à amato – quando è maturato letterariamente in Vittoriano Esposito, ha continuato ad accompagnare quella che prima – permettetemi un richiamo leopardiano – ho chiamato “sudate carte”. E Vittoriano ha sentito fortemente quanto erano importanti, nelle fatiche allo scrittoio, il conforto, il sostegno, la solidarietà., l’amore innanzitutto di chi gli stava vicino. Ed ora? Ecco il dolente quesito che invoca conforto. Non so quante volte immaginerò di leggere insieme a Vittorio questi teneri versi della dolce poetessa greca Maria poliduri: l’ultima mia canzone non scritta sorgerà dagli occhi tramontati. l’ultima mia canzone vergine sgorgherà dalle mie labbra spente. Erano quasi spente le labbra di Vittorio quando, alcuni giorni fa, telefonai a Ninetta che lo assisteva con amorevole sollecitudine. Ninetta gli disse: è Romolo, digli ciao. Sentii un ciao 31


Pasquale Petricca riproduciamo un articolo pubblicato sul quotidiano il Centro il 15 marzo 2012 Con la scomparsa di Vittoriano Esposito, avvenuta il 14 febbraio, l'Abruzzo e la cultura italiana perdono un intellettuale di assoluto valore e uno dei maggiori esperti dell'opera narrativa e saggistica di Ignazio Silone. Egli scoprì presto una vocazione letteraria che l'ha fatto apprezzare come poeta e poi saggista, con opere monografiche sui maggiori poeti e scrittori italiani non trascurando, nel contempo, le figure cosiddette "minori" del mondo letterario (ne sono frutto, tra l'altro, il parnaso d'Abruzzo e la monumentale antologia "l'altro Novecento"). Accanto a quest' attività va annoverata una dedizione inesauribile alla critica letteraria e artistica, all'ideazione e fondazione di riviste, a collaborazioni prestigiose anche straniere. Nella vastità e varietà del suo lavoro di letterato risalta, rivelandocelo un devoto cultore, la produzione saggistica su Ignazio Silone. Sono almeno undici i libri dedicati alle sue opere: l'ultimo nel 2010, "Scritti su Silone". questo ci fa entrare nel vivo della peculiare attività che qualifica Esposito come intellettuale siloniano, noto e apprezzato in ambito nazionale. Siloniano anche per quel suo richiamarsi, come credo politico, a un socialismo ideale (anche ideologico, ma non partitico), umanistico e fondato su una fraterna solidarietà, affine al cristianesimo delle origini, evangelico-pauperistico, tanto vagheggiato da Silone non solo in contrapposizione alla chiesa- istituzione ma anche come regola che dovrebbe sostanziare le relazioni sociali (la sofferta utopia siloniana: una società retta dall'amore. Ricordiamo la sua risposta "Sarà cristiana la società in cui l'amore sostituirà le leggi" in un'intervista rilasciata a "la Fiera letteraria" nell'aprile del 1954). ora mi consento un ricordo personale che mi è caro anche

perché testimonia le doti di garbo e di modestia dell'uomo. Nell'agosto del 2006 avevo segnalato Esposito alla giuria del premio internazionale Ignazio Silone per l'assegnazione del riconoscimento. Nella lettera scrivevo (riporto solo pochi passi): "Vittoriano Esposito fu al fianco di Silone, giacché ne condivideva le idealità politiche, anche nelle dure prove elettorali degli anni successivi. Egli conserva tuttora, coerentemente, l'originario credo ideologico perché esso ha per basi - così com'era per Silone - quelle esigenze di libertà dell'uomo (da bisogni e condizionamenti, e nelle relazioni con le istituzioni) e di giustizia (nei confronti e rapporti soprattutto con i più deboli), che possono realizzare un sistema di solidarietà sociale. ha approfondito e chiarito agli altri i messaggi e valori espressi dalle opere di Silone, diffondendone la conoscenza in convegni di studio (nazionali e internazionali), in dibattiti, in aule scolastiche, nel Centro Studi di pescina ("lezioni Siloniane"), in conferenze tenute in Italia e all'estero; ha raccolto i risultati del proprio imponente lavoro in articoli e saggi innumerevoli, pubblicati da prestigiose riviste. Solo per citare: tempo presente, oggi e domani, quaderni Siloniani (da lui fondata), biblioteca della Nuova AntologiaFirenze, Nuova Antologia (le MonnierFirenze), e in molti libri d'indubbio valore scientifico, letterario e divulgativo. Esposito ha condiviso - perché li sentiva propri - e condivide i valori che Silone ha esaltato e insegnato nei suoi romanzi e saggi: indipendenza intellettuale, onestà, verità, fraternità, uguaglianza, libertà, giustizia; e tutta la sua opera (di studio, saggistica, critica letteraria, divulgazione) li testimonia o rispecchia. del resto, chiunque ha occasione di conversare con lui, (del tutto particolare è quel suo 32


testimonianze modo di parlare: pacato, quasi sottovoce, rispettoso delle opinioni dell'interlocutore), ha modo di verificare quali siano i costanti valori di vita ai quali il colloquio inevitabilmente s'indirizza, e che all'occorrenza portano Esposito anche a chiarire: "Io, da siloniano convinto come mi professo modestamente da sempre". un giorno del successivo novembre mi decisi a informare Vittoriano sulla mia iniziativa. gli portai copia della lettera, la lesse e con garbo - molto garbo - mi rimproverò per la proposta. (In sede di riunione farà accantonare subito la segnalazione, con un gesto conforme alla sua connaturata modestia e riguar-

doso verso gli altri commissari). Era però contento di quello che io pensavo e avevo scritto sul suo rapporto ideale con l'opera letteraria e la figura di Silone: le parole - disse - rappresentavano bene la realtà, al punto che potevano restare valide e inalterate anche per il tempo successivo alla propria scomparsa. Caro amico, come vedi, le parole di allora restano immutate; tu però ci sei mancato troppo presto. E ci mancheranno i tuoi modi cortesi, la tua modestia, la tua disponibilità ad ascoltare, il tuo tono pacato di parlare, i tuoi libri, i tuoi ragionamenti sulle opere di Silone. Ciao Vittoriano, ci mancherai.

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vittoria addari Petrucci l’assidua frequentazione con la letteratura ha consentito alle “voci” che mi hanno preceduto di tracciare il ruolo insostituibile che Vittoriano Esposito ha ricoperto con i suoi studi su Ignazio Silone, disegnando così per sé uno spazio veramente unico, sempre liberamente e coraggiosamente espresso, in ogni circostanza. Vittoriano Esposito ha vissuto Silone con profondo spirito di appartenenza a questa nostra terra e con i suoi scritti ha voluto e vuole far rivivere coralmente quello spirito a chi lo legge e lo leggerà. Ma il mio ruolo in questo contesto è solo quello di ricordare Vittoriano Esposito “uomo”, un uomo dalla coscienza morale vigile, mai giudice inflessibile. I nodi delle tensioni umane, immediate o profonde, vanno sciolti con accenti pacati, sereni: così soleva dire Esposito e così operava nei diversi contesti umani, sociali, culturali. Vittoriano Esposito è stato mio insegnante, un insegnante che sapeva riconoscere le qualità nei suoi discepoli, perché, lui, le qualità le possedeva dentro, nel profondo! Era il 1958: frequentavo l’ultimo anno delle scuole superiori. Allora, si entrava a scuola in punta di piedi come in chiesa: silenzio, sobrietà, correttezza, rispetto per cose e persone. Noi ragazze indossavamo una “mesta” divisa; grembiule nero, colletto bianco: niente tacchi alti, niente “trucco”, niente fronzoli, niente orecchini e … era preferibile dire sempre sì! Il preside, vigile sul portone d’ingresso, controllava le “disarmonie” che noi ragazze giustificavamo “Non me ne sono accorta!”, “Non è il trucco, è naturale!”l’ ho lasciato a casa!” “Me ne sono dimenticata!” “l’ho perduto!” ed altre ingenue giustificazioni a cui nessuno credeva, naturalmente! ( Ce ne sarebbe tanto da dire sui nostri “sotterfugi”!! ) In quell’ottobre del 1958 c’era fermento nella nostra classe: - Viene un nuovo

professore di lettere: Vittoriano Esposito. È di Celano, è sposato, ha una bambina. Entrò in classe un bel giovanotto, alto, composto, ben vestito, serio in viso, ma non arcigno: tutti in piedi, fuori dai banchi, per salutare. E lui, sedendosi in cattedra: -prego, ragazzi, seduti! - Signorine, prego! -“ Come? Signorine? oh, cavolo! Ma questo chi è?” occhiate interrogative fra di noi. Successivamente, non per mantenere le distanze, ma per rispetto: - lei, signorina petrucci, per favore… Non mi soffermo ad attestare con altre sottigliezze la situazione che si venne a creare e che, innanzitutto, rivoluzionava il nostro modo di intendere il rapporto maestro-discepolo. Constatammo così che i professori non erano solo quelli “chiusi”, “severi”, senza mai un sorriso, autori di atmosfere che agghiacciavano il fiato o quelli che, in atmosfere surreali, evocavano per molti di noi il mondo vegetale popolato di “rape, broccoletti, broccoli e ravanelli” o si dilettavano a comporre rime ispirandosi al mondo animale (per fortuna rarissimi!!). Mi piace qui sottolineare che molti di quei “broccoletti” ,o meglio tutti o quasi tutti, si sono realizzati nella vita in maniera più qualificante dei “non broccoletti”! Con Vittoriano Esposito ci trovammo di fronte ad una persona tra le persone: con lui si respirava, si lavorava, si comunicava, si discuteva, ma sempre con garbo e con affabilità. E lì, in quel contesto condito di sensibilità intelligente e sottile, Esposito scoprì che due sue allieve si dilettavano a scrivere racconti, favole e poesie: Norina Serpente e Vittoria petrucci. Accade tutto quando la realtà non manca di partecipazione emotiva! Sottolineo ancora che nel tempo sono 34


testimonianze emerse da quel contesto quattro “penne” importanti, almeno per il nostro ambiente: luce pietro, da poco scomparso, con i suoi studi storici su Magliano ha recuperato materiale prezioso che il tempo avrebbe potuto disperdere; dino Rossi, ex sindaco di tagliacozzo, fine narratore di favole per bambini, studi e racconti di prossima pubblicazione; Norina Serpente autrice di libri di poesie, di racconti, romanzi-memoriali ed io, Vittoria Addari petrucci, autrice di pubblicazioni varie: libri di poesie, racconti in lingua e in dialetto, studi sul dialetto e sulle nuove metodologie d’insegnamento nella scuola elementare, romanzi-memoriali,collaborazioni con riviste laiche e religiose, autrice di studi su Mario pomilio. dopo il diploma passò del tempo, tutto lavoro, matrimonio, figli, malattie! Finalmente ci ritrovammo con Vittoriano Esposito: era insegnante al liceo Classico di Avezzano di mia figlia Anna Addari, la quale, ancora oggi, condivide pienamente il giudizio su quelle caratteristiche umane, sociali e culturali che io scoprii in Vittoriano Esposito e che oggi lei, insegnante di scuola Media alla “Corradini” di Avezzano, propone ai suoi alunni nel binomio Esposito-Silone: due abruzzesi che dalla imperfetta realtà quotidiana colsero l’eterno. È bene che la catena della cultura, locale e non, si arricchisca di nuovi anelli! da questo incontro rinnovato iniziarono le mie pubblicazioni, tutte con prefazioni di Vittoriano Esposito. Sono tanti i libro che ho pubblicato (diciassette) e quattro sono in preparazione. Il prof. Esposito mi incoraggiava ad andare avanti, a non fermarmi, suggerendomi, a volte, di lasciare un po’ da parte pavimenti, folletti, lavatrici e persecuzioni casalinghe varie: - Cammina e scopri il segreto delle cose e soprattutto i segreti profondi del tuo cuore. I nostri incontri avevano, come punto di partenza, discussioni sui libri, ma poi spaziavano su tematiche diverse ispirate ai nostri vissuti umani, culturali, spirituali. In questo contesto ho conosciuto Vittoriano, l’amico, con i suoi modi eleganti e i suoi suggerimenti intelligenti;

ho conosciuto “il marito” che rivelava con garbo il suo amore profondo per Ninetta, un amore coperto di pudore, misurato in tutte le espressioni. E che dire poi del “padre” per Fiorella e Katia, del “nonno” per Manuela, lorenzo e Alessandro? percorsi d’amore a tinte forti, tenaci, profonde! un uomo sincero e onesto, sempre! In lui i punti cardinali non divergevano, ma ritornavano alle origini, convergendo tutti nella famiglia, una famiglia unita, compatta, coraggiosa. questo, però, si deve proprio dire: Ninetta è stata per Vittoriano una roccia a cui aggrapparsi quando tormente, nubi e raffiche sembravano voler spazzare una serenità coltivata, a lungo, con pazienza, con dolcezza, con profonda vitalità. Non voglio trascurare, poi, la religiosità di Vittoriano Esposito, una religiosità vissuta nella realtà del quotidiano, una religiosità irrequieta, che suggeriva domande in attesa di risposte, ma sostenuta da una fede con le radici infilate nel passato dei padri e delle madri: - dì grazie a dio! Sempre. Vittoriano conosceva il mio coinvolgimento in diocesi e nelle attività parrocchiali, perciò, quando ci incontravamo, mi chiedeva : - quale brano del Vangelo avete letto? le riflessioni che seguivano si facevano, alternativamente, Vangelo di partecipazione umana e religiosa, esaltazione e gloria, ma anche delusione e poi speranza. luminosa l’avventura religiosa se sai scoprirne la dolcezza e la generosità, il mistero e la meraviglia, le inquietudini e le luci! Non chiunque mi dice: “Signore, Signore!” entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del padre mio che è nei cieli.(Matteo 6,21) questo è il Vangelo di cui discutevamo con Vittoriano! E la pARolA piena e nitida ci suggeriva di imparare a vivere con gli altri, per gli altri, tra gli altri. Impresa ardua e tormentosa! Vittoriano Esposito c’è stato sulla terra: ha saputo conquistarsi un ruolo 35


vittoria addari Petrucci significativo nel panorama letterario del suo tempo, ma la sua persona, in maniera dominante, porta il sigillo della dignità dell’ uoMo! Il 14 febbraio 2012, quando è morto Vittoriano Esposito, le nostre città erano soffocate dalla neve. E il cielo? Non c’era più…solo nuvole. quel cielo coperto di nuvole mi ha suggerito questi versi: Questo Cielo si È arreso alle nuvole ( a Vittoriano Esposito ) Vittoriano, oggi questo cielo si è arreso alle nuvole, ma ha riconosciuto la tua voce: ripeteva il tepore dell’anima raccolta ancora a giocare con le parole nelle parole. Si sono sciolte le nuvole, libere a briciole sono precipitate giù a sillabe di neve e neve e neve e neve… neve bianca a consolare il freddo che tenta di soffocare le tue avventure appena passate.

Ci mettiamo in ordine e in ascolto magari accanto alla tua croce nel cimitero dove non è buia la camera: le nostre certezze vi hanno acceso la speranza e luminosi sono i raggi sottili che lentamente dipaniamo per ricordarti gli angeli del Natale appena ieri, la tua casa ora incappucciata nel ghiaccio e la folle folle danza della neve che si contorce e si posa stremata sui fianchi della tua montagna… e tu sei sempre lì in attesa dell’acqua a riempire il fontanile, del fosso che gemmerà alle viole degli alberi che si leveranno al cielo per stormire assieme alle voci degli uccelli in volo di vortici azzurri. Vedi? Non c’è vuoto attorno a te; anche lì i sentieri sono così erbosi e le acque così nuove che ti fanno trasalire! la tua meraviglia diventa forza per noi, Vittoriano! E ci mettiamo in attesa di uno spazio in fiore per incontrarci ancora. Signore, facci stupire sempre dei tuoi misteri! Misure nuove donaci perfette, profetiche a popolare il principio, onda immutabile!

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aurora Botticchio Mi ha fatto un certo effetto vedere pescina tappezzata di manifesti in cui orgogliosamente campeggia il nome di Vittoriano Esposito. A caratteri grandi “Vittoriano Esposito - l’uomo, il letterato” e come intestazione “omaggio a Vittoriano Esposito”. Vi ho letto una specie di devozione, una riverenza per Vittoriano Esposito che l’Amministrazione Comunale, il Centro Studi Ignazio Silone, pescina tutta hanno voluto pubblicamente manifestare e comunicare a chiunque vedesse e leggesse. E questo è bello, è nobile, è soprattutto giusto. E’ testimonianza dell’importanza di cui ha goduto e gode Vittoriano Esposito, è testimonianza della stima e della riconoscenza per chi, come Vittoriano, ha tenuto alto il nome di pescina mentre elevava e diffondeva quello di Silone. Io, da parte mia, in questa giornata dedicata a lui, senza essere tra i relatori mi sento di dover dire di Vittoriano, di ricordarlo a me e a voi come persona, così come l’ho conosciuto da piccoli nobili comportamenti che me l’hanno fatto ammirare, stimare fino a farmi affezionare a lui. l’ho conosciuto di persona tardi; lo conoscevo dai suoi scritti su Silone e già lo apprezzavo e lo ammiravo. l’incontro avvenne nell’autunno del 1994 quando fummo nominati entrambi nel direttivo del Centro studi. Mi colpì il suo incedere pacato in una figura austera ed imponente, bella ed elegante. Incuteva rispetto ma anche timore; io, semplice insegnante di scuola media, con una conoscenza scolastica su Silone; lui, insegnante del liceo, scrittore e criti-

co letterario e studioso di Silone. Incuteva timore ma il suo sguardo era rassicurante. Incuteva timore ma nella sua grandezza era semplice ed alla mano… e per questo non fu difficile lavorare insieme per dieci anni e in sintonia per comuni obiettivi, quali quello di far crescere il Centro Studi, di diffondere la conoscenza di Silone, di onorarlo in tutte le ricorrenze, di difenderlo e sempre e tutto senza alcun interesse personale, né economico né di nome. In dieci anni non ha mai avuto né chiesto un rimborso spese per i suoi viaggi, né un compenso economico per le sue pubblicazioni su Silone (parlo di la tromba di lazzaro, il caso silone, un caso infinito, Questioni siloniane) né compenso economico per la pubblicazione dei “quaderni siloniani” da lui diretti. Eppure di spese e di lavoro ce ne furono tanti, di tempo e sacrifici altrettanti. Sempre presente e puntuale nei Consigli del direttivo, anche con la neve alta; sempre presente a Roma nelle riunioni del Comitato Nazionale per le celebrazioni dei 100 anni di Silone, a Roma nonostante soffrisse di mal d’auto. Sempre disponibile a dare il suo contributo nei convegni, a rappresentare il Centro Studi in manifestazioni siloniane in altre città. E tutto e sempre gratis, senza pesare sul bilancio del Centro Studi. Anzi i piccoli proventi di qualche offerta per il dono dei suoi libri li lasciava al Centro per le piccole spese. Ricordo una sera di dicembre di alcuni anni fa, la vigilia di un premio Internazionale. Faceva freddo e c’era ghiaccio sulle strade. Era tardi era buio e Vittoriano, il professor Vittoriano 37


aurora Botticchio Esposito, solo, con la sua macchina ormai vecchia, carica di “quaderni siloniani” appena usciti dalla stampa, partiva da Avezzano per far avere al Centro Studi i quaderni da distribuire il giorno dopo, durante il premio. Fu forte senso di collaborazione, rispetto dell’impegno ma anche interesse culturale e forte passione siloniana. passione siloniana che traspare sempre nelle sue parole, nelle conversazioni, nelle discussioni, nei fatti. Nei suoi interventi culturali su Silone in convegni e conferenze colpiva il fatto che la sua non era solo conoscenza letteraria su Silone, traspariva dalle sue parole l’animo siloniano, viveva quello che diceva, lo sosteneva con fervore oltre che con competenza conoscitiva. E questo soprattutto quando si trattò di difendere Silone dalle accuse infamanti di due “dilettanti”, così li chiamava lui. difesa che gli costò anche una denunzia legale da parte di un giornalista dell’Espresso, di fronte alla quale Vittoriano commentò: ”Sopporterò anche questo per Silone”. Non era in siloniano di studi, era un siloniano di credo. Instancabile scrittore, trascorreva ore ed ore davanti alla sua scrivania a scrivere opere di alta letteratura e a leggere i numerosi lavori scritti che gli pervenivano da tutte le parti d’Italia per avere l’onorevole giudizio del professor Esposito, un avallo alla pubblicazione. E Vittoriano

non ne rifiutava uno, li leggeva tutti ed a tutti dava il suo imparziale giudizio. Se si trattava di giovani li guidava e li stimolava. E quando io, imperterrita, quasi quotidianamente lo disturbavo per sottoporre a lui il mio operato su questioni importanti che riguardavano il Centro e Silone, lui con la sua voce pacata mi diceva ”Non mi disturbi affatto, chiama quando ti serve; sto lavorando su cose che insieme a quelle del Centro Studi e di Silone sono ormai la mia vita”. un rammarico ho, quello di non averlo esaltato in vita. un altro rammarico per non aver potuto esaudire, per una serie di circostanze contrarie, un suo grande desiderio. quando, terminato il nostro mandato nel direttivo del Centro Studi, mentre rammentavamo insieme i 10 anni sereni di fitto lavoro per Silone, lavoro scortesemente non riconosciuto da che ci aveva seguito, Vittoriano, ferito nel cuore, reagì dicendomi: ”un giorno verrò a pescina e insieme andremo sulla tomba di Silone”. piccoli semplici ricordi i miei, ma utili a corredare la già grandezza intellettuale dell’uomo Vittoriano; semplici ma utili a riconoscere in Vittoriano l’uomo vero, magnanimo, onesto, disponibile per tutti, disinteressato in un mondo in cui non si fa niente per niente, instancabile e paziente lavoratore, amorevole educatore. un uomo grande nella sua semplicità e modestia. 38


angelo melchiorre testo pronunciato alla presentazione di un video Febbraio 2012: la Marsica è sommersa dalla neve: intorno, bianco e silenzio . E in questo triste silenzio, ci ha lasciati - anche lui in un silenzio profondo - il nostro Vittoriano Esposito. E ci ha lasciati proprio nel giorno di San Valentino, la festa dell'amore, la festa degli innamorati. Vittoriano era un uomo innamorato sì della sua famiglia, ma anche della poesia, della Marsica, della gente. Il suo parlare, pacato e affabile, nasceva sempre dal rispetto che egli nutriva per gli altri, piccoli e grandi, sempre pronto a capire e accettare anche opinioni diverse dalle sue, sempre disposto a incoraggiare e aiutare coloro che gli si rivolgevano per consigli e suggerimenti. Alla notizia della sua scomparsa, numerose sono state le testimonianze di affetto, di riconoscenza e di stima, espresse non solo dagli amici, ma anche da coloro che lo conoscevano soltanto di nome. Non è possibile in questa sede né citarle tutte, né trarre spunti dagli articoli apparsi sulla stampa, dato il poco tempo a disposizione. Ma mi sembra opportuno sottolineare la varietà di tali interventi, che testimoniano appunto l'emozione che la morte di Vittoriano ha suscitato in tutto l'Abruzzo (e anche fuori della nostra regione). l'unica citazione che mi permetto di trascrivere è tratta dalla commovente lettera che la nipote Emanuela ha voluto scrivere al suo caro nonno: ''durante le nostre lunghe chiacchierate mi prestava un'attenzione speciale. Mi chiedeva delle mie cose e poteva ascoltarmi per ore. quando ero arrabbiata o nervosa, sapeva

dirmi le parole che ancora oggi se qualcosa non va, ripeto a me stessa. parole mai complicate o ridondanti parole semplici e perfette, con cui ha sciolto grandi nodi dentro di me”. *** Il mio primo incontro "professionale" con Vittoriano Esposito fu nel 1978, in occasione della presentazione di due suoi libri su Mario pomilio. Invitai sia pomilio sia Esposito ad una trasmissione per un'emittente radiofonica avezzanese, e lì ebbi la fortuna di ascoltare l'uno e l'altro dei due scrittori e di conservare la registrazione audio dell'intervista. Vittoriano Esposito, sempre disponibile nei confronti di chiunque, non si limitava ai soli elogi, ma talvolta sottolineava anche le debolezze e le sbavature di grandi e piccoli autori. per quel che mi riguarda personalmente, mi rimproverava, ad esempio, una certa carica polemica, che mi conduceva spesso a giudizi drastici e quindi poco oggettivi, come nel caso della pubblicazione di un mio volumetto sul folklore marsicano. Anche di fronte a giovani esordienti, soprattutto nel campo della poesia, incoraggiava sempre a far meglio, pur non trascurando rilievi critici e sottolineature negative. un vero e proprio profilo biografico e culturale di Vittoriano Esposito è quello che scaturisce dalle sue stesse parole, quando nel 2005 viene intervistato da gianvincenzo Sforza per teleCelanoWeb. l'intervista ha inizio con la rivendicazione appassionata, da parte di Vittoriano 39


angelo melchiorre Esposito, della propria "celanesità". Successivamente, Vittoriano parla del suo impegno di docente, delle sue prime esperienze letterarie, dell'amore per dante e la divina Commedia, dell'attività profusa nella creazione (insieme con Aroldo buccilli e ugo Maria palanza) del • centro Studi Marsicani", dell'intensa e più che decennale impresa di rivalutazione della figura di Silone, del ricordo di personaggi celanesi quali Enea Merolli, oreste Ranelletti, Evaristo Carusi, Ercolino di Renzo. E, tra l'altro, anche del suo impegno politico negli anni giovanili. Concludiamo questa veloce rievocazione con qualche altro breve flash: il conferimento a Vittoriano nel 2008 della presidenza onoraria del Centro Studi Siloniani di pescina; una nostra intervista, fatta nello stesso 2008, sulla poetessa tagliacozzana petronilla paolini Massimi. Si nota la fatica fisica di Vittoriano nell'esprimere il proprio pensiero (sono già i primi sintomi della malattia), ma vi sono ancora la lucidità e la chiarezza che mai lo abbandoneranno, neanche quando il male gli renderà assai difficile e doloroso lo sforzo del parlare. *** gli impegni culturali di Vittoriano Esposito si erano manifestati, per oltre un cinquantennio, in una miriade di opere, sempre incisive, spesso anche ponderose, su tutti gli aspetti della letteratura regionale e nazionale. In queste immagini possiamo avere soltanto una pallida idea di quanta produzione critica sia

nata dalla mente e dalla penna di Vittoriano Esposito: in primo luogo, ovviamente, la produzione siloniana ... e poi la letteratura del Novecento... i piccoli e grandi poeti della nostra regione... Insomma, decine e decine di volumi che, da soli, costituiscono una vera e propria biblioteca regionale. Infine, un cenno sul lavoro che Vittoriano stata preparando negli ultimi giorni, poco prima di !asciarci: un esauriente compendio della letteratura europea, già pronto in un ponderoso manoscritto, che purtroppo è rimasto tale, ma che speriamo possa diventare una pubblicazione postuma delle fatiche letterarie del nostro amico. Vorrei chiudere questa mia rievocazione con la lettura di una poesia-preghiera che Vittoriano ci ha lasciato e che la moglie Ninetta ha voluto far stampare, sotto forma di ricordino, quale commossa testimonianza del suo amore per il caro Vittorio: ho sete, Signore! ho sete delle preziose perle di sudore, che sull'aspra via del Calvario donasti con sincero amore a chi invocava il tuo martirio gridando "Crucifige!" ho sete, Signore! ho sete delle molte lacrime calde, roventi, che rigarono il volto di Maria, addolorata ai tuoi piedi.

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archivio

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riportiamo un significativo intervento di vittoriano esposito pubblicato in TEMPO PRESENTE - n. 292-294 Aprile-giugno 2005

vittoriano esposito

dario biocca - Silone: la doppia vita di un italiano Annunciata ripetutamente negli ultimi anni, in occasione di interventi polemici e di interviste rilasciate dall'autore sulla stampa nazionale, finalmente è giunta nelle librerie l'attesa biografia di Silone dovuta a dario biocca, con un titolo meno esplicitamente offensivo d'un suo precedente lavoro, ma parimenti denigratorio: Silone /la doppia vita di un italiano (Rizzoli editore, Milano, maggio 2005). Sarà opportuno ricordare chi è dario biocca, da una decina d'anni al centro di un acceso dibattito sul nuovo "caso Silone". dagli scarni dati della scheda per- sonale, che si può leggere sul risvolto di copertina, si apprende che egli "ha conseguito il ph.d. all'università di California, berkeley. ha insegnato al Connecticut College e alla Stanford university. E' docente di storia contemporanea all'università di perugia e, sempre a perugia, alla Scuola di giornalismo radiotelevìsivo. E' autore di numerosi studi, tra i quali l'informatore: Silone, i comunisti e la polizia (insieme a Mauro Canali, luni Editore, 2000). tra i suoi "numerosi studi", come si vede, si cita ovviamente solo quello che gli ha assicurato una certa notorietà e che, forse anche per questo, gli ha agevolato il "cursus" in sede accademica, sull'onda di certo "revisionismo" storico dominante in alcune università italiane dopo la scomparsa di Renzo de Felice. Non c'è dubbio che il giovane "ricercatore" delle università americane abbia trovato la sua "fortuna" in Italia, occupandosi delle sfortunate vicende del nostro Silone. la storia del socialismo italiano, si sa, è ricca di figure controverse, specialmente nel secondo Novecento. Ma Silone non trova confronti come motivo di richiamo mondiale. di qui, crediamo, la predilezione per il suo "caso" come

paradigmatico di tutta un'e- poca storica. di qui, anche per noi, la necessità e l'utilità di ripercorrerne l'accidentato cammino, alla ricerca di un difficile equilibrio tra le sue luci e le sue ombre. Nulla di male, pertanto, nella scelta del "caso Silone" come serio oggetto di studio, soprattutto se si è convinti che egli sia stato "uno degli scrittori simbolo del Novecento non solo italiano". E' un legittimo diritto e insieme un sacrosanto dovere della critica, come sosteniamo da gran tempo, rileggere sempre ed approfondire la conoscenza di quegli scrittori che hanno lasciato un segno rimarchevole nella storia del proprio tempo. Ma, a tale scopo, occorre avere onestà d'intenti e soprattutto capacità di scavare nel profondo delle persone e degli eventi, senza voler perseguire una tesi precostituita, ad ogni costo, per il piacere di ribaltare delle verità ampiamente acclarate. E appunto una "tesi precostituita" è quel- la di dario biocca, dal momento che si rifiuta di discutere le obiezioni, le riserve, le osservazioni che gli sono state mosse da più parti, da gente che di storia e di critica letteraria s'intende davvero. Non staremo a ripetere, qui, le contestazioni rigorose che giuseppe tamburrano, con i suoi collaboratori g. granati e A. Isinelli, gli ha fatto nel suo processo a Silone (lacaita editore, 2001); e neppure la documentazione non meno rigorosa, riportata nel nostro I. S. ovvero un "caso " infinito (Centro Studi Siloniani, pescina 2000), intesa a ricostruire i rapporti effettivi avuti dalle scrittore con la polizia fascista. Ci limiteremo a formulare delle argomentazioni nuove, per cosi dire, come per chi affronti la querelle per la prima volta, senza farsi condizio42


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nare dagli opposti schieramenti dei "colpevolisti" e degli "innocentisti". Ebbene, innanzitutto, alcune domande che sorgono spontanee: 1) E' lecito fare una ricerca storicamente seria sulla scorta di carte anonime, ritrovate negli archivi della polizia? Ed è lecito definire quelle carte come "prove inoppugnabili", anziché soltanto vagamente indiziarie e, quindi, insufficienti per emettere un giudizio di condanna? 2) E' lecito, inoltre, supportare l'accusa di "doppiezza" e di "tradimento" sulla base di una generica conoscenza di teorie psicanalitiche, applicate alla lettura di opere narrative che, com'è risaputo, sono frutto di un imperscrutabile gioco tra realtà e fantasia? Non è un dato scontato ormai che, alla luce di queste teorie, ogni uomo, tra conscio e inconscio, riesce naturalmente doppio, triplo e persino multiplo. E' lecito, infine, non occuparsi della fitta rete di "controspionaggio", di cui disponeva sia il partito fascista che il partito comunista, e dei rischi non solo di vergogna ma di morte che correvano "informatori" e "spie"? beninteso, sono solo alcune delle tante domande legittime che solleva la biografia siloniana di dariobiocca. Ma, prima di entrare nel merito di queste perplessità, che furono indubbiamente anche all'origine della ferma opposizione d'un Montanellli, d'un bettiza, d'un bevilacqua (tra gli altri), ci preme di richiamare l'attenzione su una tesi della cara amica luce d'Eramo, tesi sfuggita purtroppo a molti, ma che non doveva sfuggire a dario biocca, che pure si degna di citare un paio di volte la prima grande biografa di Silone. Ebbene luce d'Eramo,

subito dopo l'esplosione del nuovo "caso Silone" ebbe a riferire una confessione fattale da umberto terracini, secondo il quale le sfere dirigenti del partito comunista aveva- no consentito a Silone di tenere rapporti con la polizia fascista, ovviamente per il tramite di guido bellone, allo scopo di trarne possibili vantaggi e non danni per il partito. A sostegno di questa tesi, di rilevanza fondamentale a nostro parere, esiste un documento ufficiale, scoperto e riprodotto da Antonio gasbarrini e Annibale gentile nella monografia Ignazio Silone comunista ( Angelus Novus Edizioni, l'Aquila 1989), il primo studio organico della esperienza comunista del nostro scrittore. Si tratta di una lunga, dettagliata, minuziosa relazione al Comitato Centrale del pCd'I, tenuta nel- l'ottobre del 1928, con cui pasquini Silone presentava una articolatissima piattaforma di lotta dei comunisti nei sindacati fascisti, in una prospettiva di infiltrazione e disgregazione non solo ideologica ma operativa, che comportava un vero e proprio doppio gioco, rischioso ma proficuo, consentito e anzi richiesto dal partito. Il documento è custodito negli archivi dell'Istituto gramsci. Non si può credere che per questo valga meno della carte anonime della polizia, maestra da sempre come diceva Montanelli in operazioni di montaggio artificioso, in ogni luogo e in ogni tempo, per fini politici e spesso anche di carriera. Ci si consenta, sul documento, un'autocitazione dal saggio sopra citato (e passato quasi inosservato per la sua scarsa circolazione): 'Il partito comunista. stando a

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archivio questo documento (la relazione pasquini Silone), non solo sapeva, ma voleva che dei propri iscritti o simpatizzanti s'infiltrassero negli organismi vitali del regime fascìsta (...) in tutti i settori dell'amministrazione stata- le e parastatale (...). A prova di questa verità, si potrebbero citare varie centinaia di operai e impiegati denunciati e condannati come "sovversivi" che operavano sotto mentite spoglie". Ma un esempio dobbiamo pur farlo, da ritenere una "controprova" decisiva, ed è quello di Nando Amiconi, marsicano come Silone. In un libro di memorie dal titolo Il comunista e il capomanipolo (Vangelista Editore, Milano 1977), che si fregiava della "presentazione" di giuseppe berti, Amiconi ha raccontato come, appena uscito dai banchi del liceo (1929), fondò ad Avezzano una "cellula" comunista pur essendo già iscritto al partito fascista, e per un decennio riuscì a tenere il suo difficile doppiogioco. Solo nel dicembre del 1939 egli fu scoperto e, per i legami che il gruppo marsicano teneva col gruppo romano, furono arrestati in molti (Vidimari, Mancini, Corbi, Amendola, giacchetti, lombardo Radice ed altri). processati dal tribunale Speciale, furono condannati a pene varie: Amiconi si ebbe vent'anni di reclusione, la massima pena, in quanto accusato di "tradimento" del partito fascista, a cui era iscritto, e della patria. tutto questo, posto per assurdo che l'accusa di "tradimento" abbia un qualche appiglio tra le carte poliziesche riguardanti Silone, dovrebbe essere sufficiente a chiarire la natura politica della "doppiezza" e rimuoverne l'accusa. Ma dario

biocca, con a fianco Mauro Canali per l'altro lavoro, non tiene alcun conto di questi risvolti del problema: fermamente convinto della colpevolezza di Silone, la fa risalire addirittura all'immediato primo dopoguerra, cioè a quando, nella sua veste di dirigente della gioventù socialista romana, dovette avere i primi approcci col commissario bellone (la polizia fascista era di là da venire!), il quale probabilmente ebbe a trattarlo col riguardo d'un padre per un figlio un po' sbandato, vedendolo solo e affamato, ribelle e disperato. Ma, secondo biocca, anche dopo l'avvento del fascismo al potere (1922) e ancor più dopo l'entrata in vigore delle leggi eccezionali (1926), Silone si presterebbe a intrattenere rapporti con bellone, assumendo il ruolo ora di "sub fiduciario" ora di "fiduciario", "confidente" e vera, autentica "spia". la prova schiacciante del "tradimento" starebbe nella cosiddetta "lettera di congedo dell'aprile 1930, in cui Silvestri-Silone dichiara che intende lasciare il partito comunista, per dedicarsi esclusivamente all'attività letteraria; confessa, inoltre, di pentirsi d'aver servito cosi a lungo una causa sbagliata, ovviamente quella dei comunismo sovietico; ribadisce, infine, la propria devozione alla democrazia come difesa delle classi più deboli. Al contrario, biocca dà una interpretazione della lettera come più gli conviene, parlando di "rimorso" per una presunta ambivalenza di fronte al fascismo e al comunismo; e quel che e peggio, o comunque più incomprensibile, è che imbastisce un intricato discorso sul tradimento e sul pentimento, che troverebbe un puntuale 44


archivio riscontro nelle opere letterarie, a suo giudizio, con dei personaggi ritagliati su misura del Silone doppiogiochista. la doppiezza" di Silone infatti, secondo biocca, si riflette tal quale in un personaggio minore come Murica nel romanzo pane e vino (1936, 1937): a suo parere, dunque, si è sbagliata di grosso la critica italiana e straniera a identificare in pietro Spina l'alter ego dell'autore. Stabilito, così, che l'impegno letterario di Silone è mosso soprattutto dall'urgenza di liberarsi dal conflitto interiore fra tradimento e rimorso, bisognerebbe d'ora in poi rileggere non solo i romanzi di pietro Spina, ma anche una manciata di more (1952), Il segreto di luca (1956), la volpe e le camelie (1960), il dramma Ed egli si nascose (1944, 1945, 1962), in chiave puramente psicanalitica. del resto, come biocca ricorda insistente- mente, Silone fu affetto da nevrosi e si fece curare presso cliniche specialistiche in Svizzera, per tentare almeno di attenuare il senso di colpa che gli derivava dal "male compiuto". In sostanza. per dario biocca, il percorso politico letterario di Silone è caratterizzato unicamente dall'ambiguità, oltre che dalla cupezza psicologica e dalla goffaggine comportamentale: introverso per temperamento, Silone sarebbe irresoluto e "ambiguo" appunto in ogni momento della sua vita, soprattutto per alcune scelte decisive, come tra comunismo e fascìsmo, tra dittatura e democrazia, tra partito socialista italiano (Nenni) e partito socialdemocratico (Saragat). Addirittura, viene fatto passare come responsabile della scissione di palazzo barberini (1947), come poi proverebbe la decisione di capeggiare

la lista socialdemocratica in Abruzzo nelle elezioni del 1953 (in cui non fu eletto, perché il partito non raggiunse neppure il quorum). Anche su altre questioni delicate e importanti Silone sarebbe stato "ambiguo": sui rapporti con gli Alleati, sul Congresso per la libertà della cultura, con la rivista "tempo presente", riguardo alla Contestazione giovanile del '68. Insomma, per tutta la vita, come si è detto, Silone non ebbe un momento di limpida rettitudine. per dimostrare l'assurda fondatezza del suo assunto, dario biocca si arroga il diritto di ignorare la sincerità del travaglio giovanile, le ragioni della prima "scelta dei compagni", l'istintiva urgenza della conversione al credo rivoluzionario, il doloroso abbandono della Chiesa e della fede, la felice riscoperta della "eredità cristiana", la sofferenza atroce per la condanna e la morte del fratello Romolo, la novità delle tesi del "terzo fronte", la distinzione tra democrazia formale e democrazia integra- le, la critica precorritrice alla partitocrazia e alle ideologie, la ferma opposizione agli imperialismi dell'oriente e dell'occidente, le battaglie a sostegno per la libertà della cultura e dell'arte, la condanna del consumismo nella società "opulenta" in nome d'un falso progresso, il rifiuto della logica dei due blocchi contrapposti e la conseguente "guerra fredda", l'esigenza di gran- di "utopie" destinate a vincere nel corso della storia. Su molti altri punti e argomenti, oltre questi appena accennati, vi sarebbe da fare un discorso lunghissimo, in netto contrasto con quanto asserisce o suggerisce dario biocca. Ad esempio, lo scioglimen45


archivio to del partito Socialista unitario, sorto con l'apporto fondamentale di "Europa Socialista" di Silone in persona, fu dovuto unicamente a difficoltà finanziarie e organizzative e non a responsabilità di Sìlone, come nel testo si adombra. Ancora: la decisione posteriore di riaccostarsi alla politica attiva. capeggiando la lista socialdemocratica, fu dovuta alla insistente richiesta della Federazione marsicana di quel partito ( ne so qualcosa personalmente, perché io ero responsabile del settore giovanile nella Marsíca). Si potrebbe continuare per molto, soprattutto da chi visse, e molto soffrì, per quelle vicende. Ma sarà bene "stringere", per noi e per i lettori. A costo di scandalizzare gli amici della nostra stessa parte, diremo che, nonostante tutto, il libro di dario biocca non è da buttar via. neppure per un "siloniano della prima ora": va letto, ovviamente, con occhio estremamente critico, anche perché sul piano informativo è ricco di dati desunti dalla bibliografia già disponibile e da fonti archivistiche di prima mano, come si suol dire,, oltre che da carteggi privati o riservati. Ma, al di là del pregiudizio di fondo di cui si è già detto abbastanza, vi si avverte una lacuna imperdonabile e cioè: l'assenza di una traccia visibile della problematica etico esistenziale che ha contrassegnato la figura e l'opera complessiva di Ignazio Silone, con i suoi richiami imprescindibili al cristianesimo evangelico, al pauperismo francescano e celestiniano, in sintonia con le istanze di rinnovamento sociale all'insegna della giustizia e della libertà.

oltre questo punto veramente centrale secondo la critica più accreditata, va rilevato un altro difetto di fondo: la scarsa rilevanza data al messaggio etico civile dei romanzi e dei saggi; la noncuranza di opere come Il fascismo, le sue origini e il suo sviluppo (1934, 1991) e la scuola dei dittatori (1938, 1962); la dimenticanza del Nuovo incontro con Mazzini (1938, 1949), del Memoriale dal carcere svizzero (1942, 1979), di quel che rimane (premessa a l'avventura di un povero cristiano), del carteggio un dialogo difficile con Anissimov (1958) e del "romanzetto" la speranza di suor Severina (1981, a cura di darina Silone); l'accenno superficiale a uscita di Sicurezza (1965, 1971) e l'avventura di un povero cristiano (1968). gran parte della novità del Silone uomo e scrittore, a parere non solo nostro, sta nelle opere appena citate, volutamente ignorate o trascurate da biocca. Voler confinare Silone, come uno scrittore qualsiasi, entro i limiti di un perverso gioco di astuzie politiche, come fa dario biocca appun- to, significa anche rimpicciolirne la presenza nella storia letteraria del Novecento. Se è questo che voleva biocca, c'è riuscito benissimo, ma stravolgendo totalmente la verità, in assoluto dispregio proprio della "coscienza storica", per usare una efficace espressione di uno studioso serio come Mario Miegge (caro amico, professore emerito dell'università di Ferrara), che ha pubblicato recentemente un bel saggio di indagine politico filosofica sui rapporti tra storia e coscienza.

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Bibliografia di vittoriano esposito a cura di liliana Biondi Sillogi poetiche Primavera di un’anima (1950) Cuore e speranze, in invito al semplicismo, di giuseppe Rossi bellicampi – Amato Amas (Editoriale la zagara, Reggio Calabria1952) Palpiti di un solitario (1953) Per non sentirti perduto (procellaria, Reggio Calabria1961). Antologie e critiche letterarie Problematica esistenziale in Cesare Pavese, con lo pseudonimo Amato Amans (gugnali, Modica 1967) struttura e significato della divina Commedia (1968) Pirandello poeta lirico, con prefaz. di Francesco biondolillo (Magalini, brescia 1968) Profilo di adriano grande (Sabatelli Editore, Savona 1970) Poeti marsicani. storia e antologia (1971) introduzione a giacomo leopardi (questioni vecchie e nuove), con lettera-prefazione di u. bosco, (Eirene, Avezzano 1972) muzio febonio (pescara 1973) Pavese poeta e la critica (Edizioni della Nuova Europa, Firenze 1974) interpretazione di flaiano (pescara 1975) Ritratto di Antonio Silveri (Editrice di buccio, l’Aquila 1976) mario Pomilio narratore e critico militante (Edizioni dell’urbe, Roma 1978) Interpretazioni critiche del "quinto Evangelio" (Edizioni dell’urbe, Roma 1978) la poesia di vincenzo m. rippo, con prefazione di E. giachery (polla, Cerchio1979) ignazio silone. la vita, le opere, il pensiero (Edizioni dell’urbe, Roma 1980) Parnaso d'abruzzo (Edizioni dell’urbe, Roma 1980) il caso letterario di nedda falzolgher (Edizioni dell’urbe, Roma 1981) Profilo di ettore Cozzani (Edizioni dell’urbe, Roma 1981) note di letteratura abruzzese (Edizioni

dell’urbe, Roma 1982) ettore Cozzani e "l'eroica" (Edizioni dell’urbe, Roma 1984) Poesia e libertà appunti e studi su Cesare Pavese (Edizioni dell’urbe, Roma 1984) lettura di ignazio silone (Edizioni dell’urbe, Roma 1985) donna e poesia oggi in abruzzo (Edizioni dell’urbe, Roma 1986) voci nuove nel Parnaso abruzzese (Edizioni dell’urbe, Roma 1987) Per un altro d'annunzio (Edizioni dell’urbe, Roma 1988) Poeti del trentino (1988) Panorama della poesia dialettale abruzzese (Edizioni dell’urbe, Roma 1989) attualità di silone (Edizioni dell’urbe, Roma 1989) nuove note di letteratura abruzzese (Edizioni dell’urbe, Roma 1991) Poesia, non-poesia, anti-poesia del novecento italiano (1992) Poesie inedite di giuseppe tontodonati (1993) vita e pensiero di ignazio silone (polla, Cerchio 1993) letteratura della dissacrazione e altri studi (Edizioni dell’urbe, Roma 1994) silone novelliere tra ironia e angoscia (1994) segni di scrittura: aspetti e temi della poesia di vito moretti (1994) l'altro novecento nella poesia italiana. Critica e testi vol. I (1995) itinerario poetico di alessandro dommarco (Edizioni dell’urbe, Roma 1995) vita e pensiero di ennio flaiano (polla, Cerchio 1996) la poesia femminile in italia, rassegna storica, vol. II (1997) la poesia etico-civile in italia con rassegna storica della poesia patriottica, vol. III (bastogi, Foggia1997) la riflessione poetica. antologia critica di veniero scarselli (Camponetto, Firenze 1997) religione e religiosità in leopardi (bastogi, Foggia 1998) altre note di letteratura abruzzese (1998) silone vent'anni dopo: ricognizioni e prospettive 47


Bibliografia critiche (Ammin. provinciale, l’Aquila 1998) la poesia etico-religiosa in italia, con rassegna storica (bastogi, Foggia 1998) la “Commedia” dantesca tra fede e dissenso (tracce, pescara 1999) Poeti, storici, giuristi celanesi (1999) la poesia centro-meridionale e insulare, vol. V (bastogi, Foggia 1999) la Commedia dantesca tra fede e dissenso (Edizioni tracce, pescara 2000) ignazio silone ovvero un “caso” infinito” (Centro Studi Siloniani, pescina 2000) Poetica e poesia di Cesare Pavese (bastogi, Foggia 2001) Questioni siloniane (vecchie e nuove) (Edizioni Marsica domani, Avezzano 2003) Penultime note di letteratura abruzzese (1996-2004) (2004) l'altro novecento - la poesia "onesta" , Vol. VIII, (bastogi Editrice Italiana, Foggia 2004) frammenti di vita e di pensiero di i. silone, raccolta di scritti sparsi con introduzione e commento (2005) l'altro novecento - la poesia "onesta" , Vol. IX, parte Seconda (bastogi Editrice Italiana, Foggia 2006) silone e la rivolta del «terzo fronte» (Centro Studi Siloniani, pescina 2007) l'altro novecento nella narrativa italiana, Vol. X (bastogi Editrice Italiana, Foggia 2009) scritti su silone (Centro Studi Siloniani, pescina 2010) l'altro novecento - rassegna di studi critici sulla letteratura italiana, Vol. XI (bastogi Editrice Italiana, Foggia 2010)

Vecchia, 1983), Marsica di Roberto grillo. libro fotografico in bianco e nero in collaborazione con bruno Vespa), 1993) viaggio a Parigi di ignazio silone (racconti tradotti dal tedesco da Silvia Carusi e Karin Wiedemeyer), Centro Studi Siloniani, pescina, 1993 la terra dei santi poveri di mario Pomilio (in collaborazione con dora pomilio, 1997), omaggio a pinori (atti del convegno di studi promosso dal Comune di tagliacozzo, 1997) Profilo di italo mascitti (2002)

Premi e riconoscimenti premio nazionale "la procellaria" (Reggio Calabria, 1954); premio della Cultura presidenza del Consiglio (Roma, 1965); premio internazionale "Machiavelli" (Firenze, 1970); premio "Rosone d'oro" (pianella, 1985); "Velino d'argento" (lions, Avezzano 1990); premio “Marsica M. pomilio" (Avezzano, 1995); premio internazionale "Europa" (pisa, 1996); premio alla carriera "Fiore di roccia" (Roma, Campidoglio 1996); premio Flaiano "lingottino d'oro" (pescara, 1997); premio internazionale "ultimo Novecento" (Astrolabio d'oro, pisa 1998); omaggio Associazione A.R.I.A. (Castello orsini, 1998); omaggio Città di Celano (medaglia d'oro, 1998); omaggio Città di Avezzano (targa d'argento, 1998); premio Rotary (scultura in bronzo di luigi di Fabrizio, Avezzano 1999); premio "histonium" per la critica letteraria (targa d'oro personalizzata, Vasto 1999); “Nobel Curatele d'Abruzzo” (con cittadinanza onoraria di Vacri, di fabio (monografia, 1974) 2005), premio “d'Annunzio-Michetti” (pescara Poesie scelte di memmo Pinori (1979) 2006), lo “zirè d'oro” (l'Aquila 2007); le "sequenze francescane" di tommaso da “Fontamara” (pescina 2011). Celano (con grafica originale di Valeria

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Riproduzione della copertina del 1째 Numero di

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