Il significato dell'esperienza

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aprile 2011

Il significato dell’esperienza di Salvatore Colazzo e Andrea Tarantino

doi: 1034443/sc96

L'esperienza è il tipo più difficile di insegnante: prima ti fa l'esame, poi ti spiega la lezione. (Oscar Wilde) Si dice "fare un'esperienza" quando l'esistenza è viene segnata dall’interazione che stabiliamo col mondo. Vivere è fare esperienza, poiché noi costantemente apprendiamo dalle situazioni in cui ci troviamo, per volontà o per caso, inseriti. Il senso del tempo è marcato dalle esperienze che compiamo, tant’è che il tempo soggettivo è più o meno denso a seconda della quantità e della qualità delle esperienze che compiamo. Esperire è aprirsi all’evento, cioè al fatto che nella vita irrompe il caso, o il caos, e continuamente siamo chiamati a tentare di riannodare i fili dei nostri vissuti, a rimodulare le nostre emozioni e rinvenire il senso delle cose, trovando nelle vicende del caos l’imprimatur del destino. (Il riferimento neanche tanto implicito è ad un ottimo scritto di qualche anno fa di Aldo Giorgio Gargani [1]). Ecco perché fare esperienza è sempre un po’ essere sottoposti ad una prova. Passati attraverso l’esperienza non siamo più gli stessi: ogni esperienza è un passaggio. Di ciò viè traccia nell’etimologia: in greco "peiro", sta per attraversare, passare attraverso; "peirào", che vuol dire tentare, provare. Chi fa esperienza acquisisce nuove abitudini a seguito delle sollecitazioni che il confronto con le cose induce, la persona “esperta” è colui che si è già misurato con una situazione problematica e l’ha risolta, incorporando la soluzione, divenuta patrimonio acquisito del suo essere. Da qui la fiducia con cui ci rimettiamo a chi ha esperienza. La strada che ci tocca percorrere è stata attraversata da qualcun altro, che ha maturato esperienza e può guidarci a diventare anche noi abili e capaci di passare indenni nonostante le insidie del percorso. Michel Foucault, parlando della scrittura la qualifica come un fare esperienza. Attraverso la scrittura – diceva – io imparo a pensare l’impensato, in questo senso per me scrivere è un esperire il nuovo, un aprirsi alla possibilità di uscire trasformati attraverso il tempo passato a misurarsi, attraverso la scrittura, con temi, argomenti, situazioni che attirano la nostra curiosità e i nostri interessi. Dopo aver scritto un libro – aggiunge Foucault – mi rendo conto di quanto la scrittura abbia il potere di trasformarci, per questo egli amava dipingersi come sperimentatore piuttosto che come teorico. La scrittura nasce sempre da un qualcosa che, accadendo fuori di noi, chiede di essere integrata nel nostro mondo, per farlo dobbiamo cambiare l’ambiente che andrà ad ospitarla, in questo senso essa ci invoca a fare esperienza, concedendo il tempo e i modi della trasformazione interiore. In questo

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