COUNSELING E MEDIAZIONE di Salvatore Colazzo
doi: 10.4443/sc84 Il presente lavoro prende in esame il costrutto di “mediazione”, cercando di dimostrare la sua importanza per la teoria e la pratica del counselor. Il rapporto dell’uomo col mondo è sempre mediato da strumenti, utilizzando i quali l’uomo dà luogo ad artefatti, che costituiscono insieme un vincolo e una risorsa per l’azione. Nel rapporto con la “cultura”, nasce l’esigenza di modificarla esprimendo con ciò la cifra individuale di appartenenza alla comunità. Il counseling supporta questo bisogno, offrendo al cliente l’opportunità di riformulare il proprio mondo, il mondo delle sue relazioni, i significati che attribuisce al contesto in cui vive. In questo senso utile può essere l’altro costrutto vygotskijano, quello di zona di sviluppo prossimale, soprattutto nella formulazione dataci da Bruner.
1. UOMO – MEDIUM – MONDO Il lavoro focalizza la sua attenzione sul costrutto di “mediazione”. Voglio dimostrare la sua importanza per la teoria e la pratica del counseling. Il costrutto è primariamente costrutto vygotskijano, ma poi è stato anche da altri variamente interpretato e riformulato. Qualsiasi cosa l’uomo faccia – dice Vygotskij –, lo fa ricorrendo a degli strumenti. Gli strumenti quindi mediano l’azione dell’uomo nel mondo. Attraverso gli strumenti noi produciamo degli artefatti, che sono degli oggetti che recano in sé qualcosa di noi, della nostra immaginazione, della nostra capacità progettuale. L’artefatto dice pure molto dei rapporti sociali: gli strumenti sono messi a disposizione dalla società in cui viviamo, e i nostri artefatti, che da quegli strumenti derivano, sono dentro i rapporti sociali, in qualche modo sono mediatori di socialità, ci danno la possibilità di rinvenire ruoli e funzioni sociali, di definire la nostra identità e di stabilire ciò che noi siamo per gli altri e ciò che gli altri sono per noi. Strumenti e artefatti rivelano la natura culturale dell’uomo, il quale non ha un rapporto immediato e diretto col mondo, ma passa sempre attraverso uno strato intermedio che gli fornisce le risorse per dare senso e significato alle cose che egli fa. Tra uomo e mondo quindi c’è una distanza, il mondo è ricreato linguisticamente da noi e pertanto, attraverso le operazioni che noi possiamo compiere sul linguaggio, possiamo investire il mondo delle nostre intenzioni e tentare di modellarlo a nostra immagine e somiglianza, scoprendo che le nostre intenzioni, oggettivate, non corrispondono mai pienamente a quanto da noi immaginato e sono comunque in grado di modificarci, inducendo per un verso inquietudine e per altro verso ulteriori ipotesi di cambiamento. La capacità linguistica è tratto distintivo per l’umano. Come ci ha detto Sebeok, per capacità linguistica dobbiamo intendere la capacità sintattica, per la quale, con un numero limitato di