Antonio De Ferraris, detto il Galateo Nota biografica
Antonio De Ferraris, detto il Galateo, nacque a Galatone nel 1448. Il padre, Pietro, notaio, discendeva da una famiglia di sacerdoti di rito greco. Coinvolto nelle lotte di successione al trono di Napoli, che vide contrapposti Alfonso d’Aragona e Giovanna II, fu, alla loro conclusione, poiché sconfitto, allontanato da Galatone. Si trasferì a Gallipoli. La madre, Giovanna D’Alessandra, di nobili orgini, era anche lei di Galatone. Preso a cuore da uno zio materno, abate al Convento di San Nicola in Pergolato, nei pressi di Galatone, poté essere avviato agli studi classici, che completò al Ginnasio di Nardò, dove ebbe come compagni di studi fra’ Roberto Caracciolo e Francesco Securo di Nardò, Imparentato con Stefano Pendinelli, arcivescovo di Otranto, poté frequentare la Biblioteca del Cenobio di Casole, arricchendo così notevolmente le sue conoscenze. Grazie ai buoni uffici di fra’ Roberto Caracciolo, divenuto nel frattempo confessore di corte, si trasferì a Napoli, ricevendo alcuni incarichi da Ferdinando d’Aragona, grazie ai quali poté mantenere sé ed assicurare la dote alle sue quattro sorelle. A Napoli conobbe i principali intellettuali dell’epoca: Pontano, Sannazzaro, Andreo Matteo d’Acquaviva. Nel 1471 entrò a far parte dell’Accademia Alfonsina. Studiò medicina. Successivamente si trasferì a Ferrara per completare la sua preparazione scientifica, arrivando a conseguire la laurea in medicina. Visitata Venezia, su invito di Ermolao Barbaro, ne rimase impressionato per la sua bellezza, ma soprattutto per la sua opulenza. Nel 1478, tornato nel Salento, sposò Maria Lubelli dei baroni di Sanarica, che gli darà cinque figli. Nel 1480 visitò Otranto che aveva subito il sacco dei turchi. Quattro anni dopo vedrà distrutta pure la sua amata Gallipoli, che subì l’assedio dei Veneziani. Ebbe rovinata la villa presso cui amava rifugiarsi per scrivere e deciderà di erigere una dimora in campagna, a Trepuzzi, questa volta. Nel 1489 lo troviamo di nuovo a Napoli, a tentare di inserirsi negli ambienti di corte. L’anno dopo è chiamato a far parte dell’ambito entourage dei medici di corte. Vi rimarrà fino a quando, caduto in disgrazia, a causa di intrighi che lo fecero molto soffrire, non verrà licenziato da Carlo VIII. Nel 1510 Napoli gli renderà omaggio con la cittadinanza onoraria e dedicandogli una medaglia commemorativa con inciso il suo busto. Ritiratosi definitivamente nel Salento, l’anno dopo pubblicherà la principale delle sue opere, il De Situ Japigae. Morirà nel 1517 a Lecce, all’età di 69 anni.
Salvatore Colazzo