La comunicazione della scienza nelle radio universitarie

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA MASTER IN COMUNICAZIONE DELLE SCIENZE

LA COMUNICAZIONE DELLA SCIENZA NELLE RADIO UNIVERSITARIE

Relatrice: ELISABETTA TOLA Corsista: MARTA BRACCIALE Matricola: 933000 - CS

A.A. 2008/2009


LA COMUNICAZIONE DELLA SCIENZA NELLE RADIO UNIVERSITARIE

Indice…………………………………………………………………………2 Introduzione .............................................................................. 3 1. Scienza on air ........................................................................ 5 Un mezzo caldo contro il “deficit model” ................................ 5 Potere evocativo e immagini mentali ....................................... 8 2. Università on air ................................................................10 L’esperienza americana ............................................................... 10 Il panorama italiano....................................................................... 11 3. Università e scienza: un’indagine sul campo............14 Otto radio per otto programmi................................................. 14 La scienza nelle radio universitarie........................................ 17 4. Format di scienza universitari: somiglianze e differenze..................................................................................21 Informare, intrattenere, educare ............................................. 21 Locale o globale?.............................................................................. 24 Conoscere e soddisfare il target ............................................... 26 Alla ricerca del linguaggio giusto............................................. 27 Interazione con il pubblico ......................................................... 30 Dietro le quinte: attori e registi del format radiofonico 32 Le fonti del sapere scientifico.................................................... 35 Conclusioni ...............................................................................37 Bibliografia...............................................................................39

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Introduzione

Nel momento in cui, a gennaio 2009, ho cominciato a frequentare il Master in Comunicazione delle Scienze dell’Università di Padova, era già passato più di un anno dalla mia prima esperienza in una radio universitaria. Giusto pochi giorni dopo il primo compleanno di Radio Bue, la web radio degli studenti universitari di Padova, è stata trasmessa la prima puntata di Buco Nero, un programma di informazione scientifica proposto da me ai miei colleghi corsisti, quattro dei quali hanno aderito all’iniziativa e si sono messi in gioco al mio fianco, sperimentando la comunicazione della scienza on air. Cinque mesi dopo il nostro “debutto”, ho deciso di approfondire questa esperienza, confrontandola con altre simili, in altre radio universitarie. Ho deciso di studiare e indagare i legami che intercorrono tra scienza e radio, tra radio e università e ancora tra università e scienza. Sono quindi queste le tre parole-chiave che identificano il lavoro che presenterò nelle prossime pagine. Il trinomio scienza-radio-università verrà analizzato, in un primo momento, illustrando come e perché il mezzo radiofonico ben si presta alla comunicazione del sapere scientifico, indicandone i vantaggi, i punti forti e le caratteristiche essenziali. La mia ricerca proseguirà indagando il mondo delle radio universitarie, a partire dai primi esperimenti nelle emittenti studentesche americane fino ad arrivare al panorama italiano attuale. Verrà dedicato spazio anche ad alcuni progetti strettamente correlati a questo nuovo mezzo di comunicazione e promozione adottato dalle università, come ad esempio UnyOnAir, promosso da Radio24, iTunesU, iniziativa lanciata dalla Apple, e ovviamente RadUni, l’associazione degli operatori radiofonici universitari. Come ulteriore approfondimento, la mia indagine si è arricchita di una serie di interviste a redattori e conduttori di programmi di scienza nelle radio universitarie. In particolare sono state effettuate otto interviste, quattro inerenti radio universitarie italiane (FAN di Verona, Radio Zammù di Catania, Radio Frequenza di Teramo e i podcast della facoltà di Scienze MM.FF.NN dell’Università di Geno-

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va) e altre quattro per radio universitarie estere (ICradio di Londra, Gran Bretagna, UPF.ràdio di Barcellona, Spagna, Diamond.fm di Ibadan, Nigeria, e UFMG Educativa di Belo Horizonte, Brasile). L’intento è quello di comprendere le problematiche che chi realizza programmi di scienza on air si trova ad affrontare, quali sono le scelte che vengono effettuate a livello di contenuti, target, linguaggio e fonti, quali sono i legami tra scienza, ricerca e università e in che misura vengono coinvolti docenti, ricercatori e studenti nella realizzazione dei format. Scienza, radio e università, quindi. Sia attraverso una parte teorica, sia attraverso un’indagine sul campo, mediante interviste e analisi e confronto di programmi radiofonici di scienza realizzati da diverse realtà universitarie.

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1. Scienza on air

Il mezzo radiofonico è al terzo posto come fonte di comunicazione del sapere scientifico e le sue caratteristiche lo rendono un mezzo strategico per la promozione del dialogo fra scienza e società (Merzagora, 2004) . E come sostiene il giornalista Giovanni Carrada nel suo Comunicare la scienza. Kit di sopravvivenza per ricercatori:

La comunicazione radiofonica è immediata, calda, stimolante, e se necessario anche profonda. La radio evoca, invita alla fantasia, e stimolando l’immaginazione induce gli ascoltatori a una maggiore attenzione. È anche un mezzo che interpone poche mediazioni fra ricercatore e pubblico. (Carrada, 2005)

Infatti è stato provato, fin dall’inizio della sua esistenza, come la radio sia adatta a comunicare i concetti scientifici, grazie alla sua abilità di favorire il dialogo fra scienza e società e di coinvolgere tanto la comunità degli scienziati quanto il pubblico nella riflessione, discussione e confronto di strategie, risultati e applicazioni della ricerca scientifica. Ma a cosa è dovuto questo successo? Perché la radio è uno dei mezzi più adeguati a comunicare la scienza?

Un mezzo caldo contro il “deficit model” Il sociologo canadese Marshall McLuhan, nella sua più importante opera Gli strumenti del comunicare del 1964, definisce la radio un medium “caldo”, ovvero un mezzo che impegna un solo senso con messaggi ad alta definizione, e le dedica un capitolo intitolato The tribal drum (Il tamburo tribale).

La radio tocca intimamente, personalmente, quasi tutti in quanto presenta un mondo di comunicazioni sottintese tra l’insieme scrittore-speaker e l’ascoltatore. È questo il suo aspetto immediato: un’esperienza privata. (McLuhan, 2002)

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La radio, quindi, è un mezzo caldo, rilassato, intimo. Non c’è infatti mass media più adeguato ad entrare in sintonia con le emozioni e le paure della persona, di quanto non lo sia il mezzo radiofonico. L’intimità della radio si traduce nel fatto che chi sta parlando al microfono lo sta facendo per l’ascoltatore, in una rapporto individuale, uno a uno. Creare questo atteggiamento di fiducia nel pubblico significa favorire un rapporto più caldo con il messaggio che si comunica. Nel caso della scienza, si tratta di mettere in relazione lo spazio dell’esperienza personale dell’ascoltatore con quello del sapere scientifico, combattendo il cosiddetto “deficit model”, per anni erroneamente rimasto alla base del rapporto scienza-società. Il “deficit model” è l’assunto di base del movimento Public Understanding of Science (PUS), nato ufficialmente con il Rapporto Bodmer, nel 1985 in Gran Bretagna. Questa iniziativa si proponeva di migliorare i rapporti fra scienza e società, considerandole come due entità separate, dove il flusso di informazioni è possibile solo in una direzione. I cittadini sono un pubblico passivo e omogeneo a cui mancano le conoscenze e le teorie scientifiche; gli scienziati sono le fonti del sapere scientifico, che va adeguatamente tradotto in un linguaggio accessibile, per colmare le lacune del pubblico. Alla fine degli anni Novanta fu evidente il fallimento di questo approccio e si iniziò a parlare di Scientific Understanding of the Public, per indicare come la comunicazione della scienza sia un processo più complesso, che deve prendere in considerazione i diversi punti di vista, le paure, culture, aspettative, i bisogni e gli approcci del pubblico a cui si riferisce. A questo proposito nel 2002 un gruppo di scienziati britannici pubblicò su Science un articolo1 per ribadire l’erroneità del modello PUS e sostenere che gli ingredienti per una trasmissione efficace del sapere scientifico devono basarsi sul coinvolgimento, la bidirezionalità, la partecipazione, il dibattito, il dialogo e soprattutto la fiducia. Come si è detto, il mezzo radiofonico crea un rapporto di fiducia con il suo pubblico, potenziato negli ultimi tempi anche dalle innovazioni a cui questo medium è andato incontro in seguito alla comparsa di nuove tecnologie. L’avvento 1

From PUS to PEST in Science, vol. 298, 4 ottobre 2002, p. 49

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della televisione e di internet non sono stati infatti un ostacolo alla radio, non l’hanno sostituita, ma paradossalmente potenziata. McLuhan parla del potere che il mezzo radiofonico ha di coinvolgere profondamente le persone e precisa:

Uno dei molti effetti della televisione sulla radio è stato di trasformarla da un medium di svago in una specie di sistema nervoso d’informazione. I notiziari, i segnali orari, le informazioni sul traffico e, soprattutto, i bollettini meteorologici hanno ora la funzione di accentuare l’originario potere di coinvolgere le persone. (McLuhan, 2002)

Questo potere è stato ulteriormente rafforzato dall’inevitabile convergenza della radio con internet. Le web radio sviluppano infatti prodotti comunicativi che agiscono su molteplici livelli di percezione, combinando media diversi, e garantiscono alti livelli di interattività grazie allo sfruttamento delle applicazioni del web 2.0. La grande flessibilità mostrata dal mezzo radiofonico ha permesso che questo accrescesse il suo potere di interazione con il pubblico, elemento fondamentale affinché la comunicazione della scienza sia efficiente. Porre l’attenzione sulle domande, gli interessi e le competenze del pubblico, invece che basarsi su una comunicazione unidirezionale volta ad “educare” e colmare le mancanze dei cittadini, è la chiave per migliorare il rapporto tra scienza e società. Comunicare la scienza non significa trasformare i cittadini in tanti piccoli scienziati, imporre le opinioni e le conoscenze di un gruppo di esperti su una massa omogenea e passiva, ma piuttosto creare un consenso sulle scelte operate dalla comunità scientifica, al fine di creare fiducia e garantire il dialogo con il pubblico. Una relazione a senso unico non può funzionare nella comunicazione della scienza ed ecco perché un mezzo come quello radiofonico, intimo, caldo e partecipativo, è perfettamente in grado di avere successo in questo tipo di processo comunicativo. È la radio ad adattarsi alle esigenze del pubblico, non viceversa, e questo fatto la rende particolarmente adeguata allo scopo di favorire la nascita di discussioni e riflessioni attorno ad un tema di interesse generale, ovvero di favorire la comunicazione della scienza.

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Potere evocativo e immagini mentali Ogni mezzo di comunicazione di massa punta a colpire, in maniera più o meno intensa, un determinato organo di senso dell’essere umano. Per esempio, la stampa si affida al senso della vista, la radio a quello dell’udito, mentre cinema e televisione sfruttano entrambi questi organi di senso. Nell’era dell’apparire, però, non possiamo non ammettere il potere delle immagini: dal semplice allietare e attirare l’attenzione, al provocare, influenzare e creare una sorta di dipendenza e schiavitù. A questo proposito, il fatto che il mezzo radiofonico si affidi al solo senso dell’udito può sembrare un limite. Infatti, esistono sicuramente temi difficili da affrontare on air, perché necessitano di strumenti ausiliari come figure o lettere e numeri visibili, e non si può negare che le immagini possano potenziare e rendere più efficace il processo comunicativo, quando usate come testimoni di ciò di cui si discute. Tuttavia, ciò non è sempre possibile per la scienza, basata molto spesso su astrazioni o scoperte di cui ancora non si ha sufficiente materiale illustrativo a disposizione. Ecco perché la mancanza di immagini non è uno svantaggio, anzi, è proprio la caratteristica che rende la radio funzionale alla trasmissione del sapere scientifico. Molto spesso la scienza è costituita da idee e oggetti difficili da mostrare (perché non si possono vedere direttamente, perché sono troppo piccoli o perché sono conosciuti solo tramite inferenze), infatti non di rado le trasmissioni televisive tendono a ignorare sistematicamente alcuni temi, si pensi ad esempio alla matematica, perché consapevoli che in quella direzione è difficile riuscire a costruire una narrazione per immagini che sia valida. Questo rende le figure inutili e molto spesso dannose, trattandosi di raffigurazioni di contorno, non appropriate, non funzionali, come sosteneva un grandissimo studioso della radio, Rudolf Arnheim, già agli inizi degli anni Trenta. Come afferma ad esempio anche Deborah Cohen, produttore di BBC Radio Science, le immagini possono essere un ostacolo al processo di spiegazione dei concetti scientifici. La combinazione di figure e parole non è un aiuto, ma una di-

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strazione. La scienza, quindi, si basa sul pensiero, sulla riflessione, su una dimensione astratta che poco si può affidare alle immagini concrete. La radio sfrutta quindi il suo potere evocativo e permette di creare delle immagini mentali, di dare vita ad uno spazio astratto in cui inserire l’informazione scientifica, dandole una forma precisa, facendola crescere e assimilare dall’ascoltatore, accendendo un flusso di pensieri tali da provocare una riflessione, un’idea, un punto di vista. A questo proposito ho avuto il piacere di raccogliere il parere di un professionista della scienza on air, Federico Pedrocchi, conduttore di Moebius su Radio24, che riguardo alle immagini mentali afferma:

La radio […] è in grado di raccontare delle cose e sfruttare delle metafore che creano un’immagine. Noi abbiamo come esseri una grande capacità di immaginarci le cose e se si lavora bene e correttamente, questa immaginazione la si può richiamare. […] e la cosa funziona, cioè, c’è la creazione di un’immagine mentale […] e in questo la radio ha una funzione.

La radio, quindi, offre un punto di partenza, uno spunto, che deve essere completato dall’immaginazione e dall’interesse dell’ascoltatore. Dovendo fare un paragone con il mondo artistico, il mezzo radiofonico si potrebbe quasi comparare al “non-finito” di Michelangelo, per il modo in cui una mancanza serve in realtà a suscitare una reazione, un completamento dell’informazione da parte di chi ne fruisce e dunque un ulteriore grado di coinvolgimento del pubblico. Sempre citando Federico Pedrocchi, la buona divulgazione scientifica deve essere “programmaticamente incompleta”, in quanto è impensabile affrontare un tema di scienza approfondendolo in tutti i suoi aspetti, ma piuttosto si deve produrre una suggestione corretta rispetto al tema, dare spazio alla produzione di immagini mentali favorevoli alla trasmissione dell’informazione scientifica. Ecco perché la scienza on air è molto efficace laddove si concentra sui concetti, sui significati e sulle implicazioni della ricerca, sulle personalità coinvolte nei processi di scienza e ancora più sulle questioni etiche e di confronto di diversi punti di vista, garantendo dialogo e partecipazione.

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2. Università on air

Il dizionario di italiano Sabatini Coletti2 riporta la seguente definizione: università [u-ni-ver-si-tà] s.f. inv. 1 Istituzione scientifico-didattica e culturale in senso ampio, pubblica o privata, che rappresenta il più alto livello di istruzione, ed è articolata in facoltà dove si svolge la didattica e in dipartimenti dove si effettua la ricerca.

Le università sono quindi, per definizione, enti che si occupano di scienza, ricerca e didattica. Se si vuole cercare una fonte del sapere scientifico, un luogo dove la scienza viene studiata, insegnata, sviluppata e approfondita è a queste istituzioni che bisogna rivolgersi. Non è un caso, infatti, che agli inizi del Novecento, negli Stati Uniti, la comunicazione radiofonica della scienza venne affidata anche alle università, che la seppero migliorare, rendendola più appetibile e accessibile a tutti.

L’esperienza americana Nel 1924 l’Università di Pittsburgh istituì uno studio radiofonico all’interno del proprio campus, per offrire una serie regolare di radio talks tenuti da docenti universitari e ricercatori, che sarebbe durata per ben sei anni. Nel 1935, il 35% dei discorsi tenuti on air presso l’Università del Michigan riguardava la scienza e, negli anni Trenta e Quaranta, l’Università di Chicago si impegnò considerevolmente a migliorare l’utilizzo educativo della radio. Il lavoro più conosciuto e apprezzato promosso da questa università fu University of Chicago Round Table, trasmesso dal 1931 al 1955 sulla NBC, in cui si argomentava sui temi più controversi del giorno, inclusi quelli di scienza, in un’ideale tavola triangolare che poneva ogni speaker faccia a faccia, allo stesso livello. Verso la fine del 1930, coloro che si impegnavano a comunicare la scienza tramite il mezzo radiofonico optarono per format più emozionanti, spettacolari, 2

Disponibile sul sito del Corriere della Sera all’indirizzo http://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano/U/universita.shtml

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di modo da rendere le discipline scientifiche più piacevoli al pubblico. L’Università di Chicago seguì questa direzione producendo Human Adventure, un format volto a rivelare passato e futuro dell’uomo, attraverso la spettacolarizzazione di temi quali la fisica, la nascita della terra, ma anche argomenti storici come le origini del Nazismo. I produttori radiotelevisivi dell’epoca definirono questo programma un esempio di come principi scientifici e tecnici possano essere resi interessanti e comprensibili al grande pubblico. Un altro esperimento di scienza on air fu Unlimited Horizons, trasmesso dal 1940 al 1943 sulla NBC, e realizzato grazie al supporto di un consorzio di università americane. Si trattava di un programma di trenta minuti in cui venivano esplorate le nuove proposte nel campo dell’astronomia, della geologia e della biologia. Nonostante alcuni temi caldi fossero proibiti durante la guerra, questo format seppe ugualmente offrire un’ampia gamma di racconti relativi alla scienza, che fossero vivaci e ricchi di emozioni, con un cast di attori competenti e in grado di catturare l’attenzione degli ascoltatori. (LaFollette, 2002) La scienza on air negli Stati Uniti passò dunque anche per le università, che iniziarono a capire l’importanza del mezzo radiofonico come strumento informativo ed educativo, ma anche promozionale, e cominciarono a coinvolgere non solo docenti e ricercatori in questa esperienza, ma anche gli studenti stessi. Le prime campus radio, dette anche university radio o student radio, nacquero infatti negli States, per poi diffondersi in Canada, approdare negli anni Sessanta nel Regno Unito e da lì diffondersi in altre nazioni europee, nonché sbarcare in tutto il mondo, dalla Russia al Giappone, dall’India a Israele (Perrotta, 2005).

Il panorama italiano La prima università a dare il via, nel 1998, ad un progetto di radio d’ateneo fu l’Università degli Studi di Siena. Dopo una fase di sperimentazione, nel settembre 2000 nasce infatti Facoltà di Frequenza, la prima radio universitaria italiana,

che

trasmette

via

etere

su

www.facoltadifrequenza.it.

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99.450

Mhz

e

online

sul

sito


Nel 2006 nasce RadUni, l’associazione operatori radiofonici universitari, il cui primo presidente è il coordinatore e poi station manager di Facoltà di Frequenza, Romeo Perrotta. Come viene ribadito nello statuto dell’associazione3, RadUni «nasce con l'intento di aggregare quanti seguano con interesse il fenomeno della radiofonia universitaria e individuino nello strumento radiofonico un volano per la diffusione di valori culturali e democratici dei quali gli atenei italiani sono promotori». Tra i propositi dell’associazione c’è quello di «incoraggiare presso gli atenei del nostro paese la nascita di nuove esperienze di radiofonia universitaria e di sostenere quelle esistenti», motivo per cui se all’epoca della nascita di RadUni le radio universitarie italiane si potevano contare su una mano, al giorno d’oggi sono più di trenta. La proliferazione di radio d’ateneo si deve anche alla nascita, nel 2007, del progetto UnyOnAir, promosso da Radio24. Si tratta di un progetto formativo per la creazione e gestione di nuove web radio d’ateneo e per la partecipazione ad un network nazionale di emittenti universitarie. Tramite un bando iniziale a cui hanno aderito 21 università, UnyOnAir si è infatti impegnata ad accogliere e far crescere nuove radio universitarie, garantendo una consulenza professionale per gli aspetti organizzativi, economico-gestionali, editoriali e tecnici e offrendo percorsi di formazione in aula, laboratori didattici e un tutorato sempre costante. L’intento del progetto è infatti quello di fornire assistenza per la creazione di una propria identità d’emittente, di spingere le radio universitarie a crescere autonomamente. A questa prima fase segue poi la realizzazione di una vera e propria comunità, di un network di emittenti d’ateneo, capaci di comunicare tra loro, collaborare, confrontarsi. Ma cosa spinge un’emittente nazionale ad investire in piccoli progetti studenteschi? Come mi comunica durante un’intervista Luca Corte Rappis, senior product manager di Radio24, se si vuole guardare al futuro, nel lungo termine, è importante ammettere l’importanza di queste nuove iniziative universitarie, ecco perché vale la pena investire in progetti che le potenzino e le migliorino, permettendo loro di crescere ed essere in grado di offrire prodotti di qualità. 3

Disponibile al sito http://www.raduni.org/

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Le potenzialità delle radio universitarie sono state comprese anche da un colosso come la Apple, che ha deciso per questo di creare iTunesU, un servizio che permette di scaricare gratuitamente lezioni, discussioni, corsi di lingua, audiolibri, podcast e tanti altri contenuti, offerti da prestigiosi atenei, musei famosi e istituzioni culturali di tutto il mondo. Il podcast (ovvero registrazione digitale di una trasmissione radiofonica o simili, resa disponibile su internet con lo scopo di permetterne il download su riproduttori audio personali) è infatti un ulteriore strumento che permette alle emittenti d’ateneo di potenziare la propria offerta. Oltre a trasmettere su frequenza o in streaming su un sito web, le università possono affidarsi ai podcast per realizzare e diffondere contenuti audio. È per esempio il caso dell’Università degli Studi di Genova, che pur non essendo dotata di una radio universitaria, dal 2007 realizza i podcast della Facoltà di Scienze MM.FF.NN EfferveScienze, associati a RadUni. È il caso anche di Radio Bue, la web radio dell’Università di Padova, che ha realizzato con 31 docenti la bellezza di 121 podcast il cui scopo è arricchire, facilitare e rendere più moderna e multimediale la didattica rivolta agli studenti. In podcast si possono seguire seminari, sintesi di lezioni, adattamenti radiofonici, atti di convegni e conferenze. Oltre trenta emittenti, podcast, associazioni e progetti formativi disegnano dunque il quadro italiano dell’unione fra università e mezzo radiofonico. Come rientra la scienza in tutto questo? Nei prossimi capitoli si cercherà di approfondire il legame che unisce radio, università e scienza nel nostro paese.

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3. Università e scienza: un’indagine sul campo

Per poter approfondire il punto di incontro fra scienza, radio ed università, ho ritenuto opportuno svolgere un’indagine sul campo ed esaminare otto format inerenti la scienza, realizzati da radio universitarie. Qui di seguito fornirò un piccolo identikit delle emittenti d’ateneo analizzate, nonché una descrizione del programma scientifico preso in esame.

Otto radio per otto programmi I programmi di scienza valutati vengono trasmessi da otto diverse radio universitarie, quattro italiane e quattro straniere. Eccone un breve identikit.

FAN Università degli Studi di Verona

Fuori Aula Network (FAN) è una radio online sul sito www.fuoriaulanetwork.com. Trasmette tutti i giorni, 24 ore su 24. Ha una vocazione principalmente culturale, ovvero di diffusione di contenuti culturalmente rilevanti per la comunità studentesca, per docenti e tecnici amministrativi. Non propone solo intrattenimento, ma anche informazione e soprattutto informazione musicale. Rivolge la sua attenzione anche a conferenze stampa, presentazione di libri, attualità, a tutto ciò che è legato al mondo dell’Università di Verona e ancora arte, cultura, terzo settore, volontariato, ambiente, promozione di attività teatrali, cinematografiche ecc. Tutti gli studenti iscritti presso l’Università di Verona possono collaborare con FAN, anche se c’è un occhio di riguardo per gli studenti di Scienze della Comunicazione, dato che lavorare nel mondo radiofonico è un laboratorio pratico per sperimentare la comunicazione. Ci sono comunque collegamenti con tutte le facoltà (es. economia, informatica, scienze della formazione).

Radio Frequenza Università degli studi di Teramo

Radio Frequenza è la prima radio comunitaria di cui un’università italiana è proprietaria. Trasmette su frequenza (102fm e 101.3fm) 24 ore su 24 e si può ascoltare anche in streaming sul sito di Ateneo www.unite.it.

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Gli studi sono coordinati da esperti radiofonici e la dotazione tecnica in uso permette, oltre alla normale messa in onda, la preparazione dei programmi più complessi e la realizzazione di spot originali e di qualità. Il palinsesto di Radio Frequenza, ricchissimo di rubriche che affrontano le tematiche più varie, riserva ampi spazi all’informazione locale, nazionale e internazionale, regalando ogni giorno una pillola di approfondimento in cui vengono spiegate, grazie alla collaborazione di docenti ed esperti dell’Ateneo, temi di stretta attualità. Attenta alle problematiche locali, la radio dell’Università di Teramo è sempre pronta ad aprire spazi in diretta per rilanciare le manifestazioni volte a sensibilizzare e promuovere il territorio. La radio è aperta a tutti gli studenti che vogliano cimentarsi con questo media. Ogni anno accademico almeno duecento studenti sono coinvolti direttamente nella programmazione dell’emittente e la loro presenza permette di realizzare tanti programmi freschi e divertenti che trattano di musica, televisione, cinema, sport e costume. Radio Zammù Università degli Studi di Catania

Radio Zammù è sia una web radio, sul sito www.radiozammu.it, sia una radio su frequenza (101.00fm). Il palinsesto ospita una grande varietà di programmi, tematiche, stili di conduzioni , scelte musicali, e non è tipicamente radiofonico, ma si accosta di più a quello televisivo. È formato da programmi a fascia unica e da altri con tematiche diverse nei diversi giorni della settimana (lunedì teatro, martedì cinema…). Ha una redazione musicale e una giornalistica. Quella giornalistica si occupa di programmi che in una radio universitaria “devono esserci per forza”, quindi programmi di informazioni universitarie, di approfondimento. La redazione musicale ha il compito di selezionare i brani da mandare in onda, in un campo abbastanza ampio, ma sempre ben definito. Radio Zammù è aperta a tutti ed è formata per la maggior parte da studenti con tanta voglia di sperimentare.

Podcast della Facoltà di Scienze MM.FF.NN

L’Università di Genova non è dotata di una radio universitaria,

Università degli

http://effervescienze.disi.unige.it/), ritenuto ugualmente rile-

ma la facoltà di Scienze MM.FF.NN ha intrapreso, dal 2007, un progetto

di

scienza

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in

podcast

(disponibili

al

sito


Studi di Genova

vante ai fini di questa indagine. Questi podcast sono nati da un’idea dell’intervistata, laureata in fisica e poi iscrittasi alla SISSA di Trieste, a cui poi si sono aggiunte altre due collaboratrici. È stato poi chiesto l’appoggio del preside della facoltà di Scienze MM.FF.NN e la realizzazione del progetto è sempre comunque avvenuta su base volontaria, affidandosi quindi anche a strumentazioni artigianali (registratori, software gratuiti per il montaggio audio e pc delle responsabili). Il fatto che nessun’altro abbia collaborato al progetto non è dovuto a divieti precisi o a vincoli, ma al fatto che sia difficile, all’interno di una facoltà scientifica, trovare studenti interessati alla comunicazione.

ICradio Imperial College Londra

ICradio (Imperial college radio) è una web radio, online sul sito

(Gran Bretagna)

scaricati in mp3 dal sito, ma non è prevista la realizzazione di

www.icradio.com. In streaming 24 ore su 24, trasmette principalmente musica . Gli show trasmessi su ICradio possono essere podcast, per mancanza di mezzi adeguati. È composta principalmente da studenti, che possono collaborare in vari modi (dal mandare in onda un programma al semplice aiutare a gestire lo studio) e chi vuol farne parte deve pagare una piccola quota (8 £).

Diamond.fm University of Ibadan

Diamond.fm è una radio che trasmette su frequenza (101.1fm) e

(Nigeria)

bre il suo primo anno di vita ed è costituita principalmente da

sta valutando la possibilità di essere anche online. Per il momento lo è solo tramite un social network. Ha festeggiato a fine ottovolontari. Il palinsesto è formato per lo più da musica e da qualche programma educativo e di approfondimento, ma si cerca di ampliare l’offerta per i prossimi anni. In generale la linea della radio vuole essere per metà educativa - informativa e per metà d’intrattenimento.

UPF.ràdio Universitat Pompeu Fabra Barcellona

UPF.ràdio è una realtà radiofonica molto piccola ed esiste da tre anni. Non trasmette su frequenza, ma in realtà neanche in streaming. Si

(Spagna)

tratta

infatti

di

una

radio

online,

al

sito

http://www.upf.edu/upfradio, una pagina interna del sito web dell’Università Pompeu Fabra, che si limita però a pubblicare i

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file audio da ascoltare. Il sito di riferimento è infatti statico, non si è mai voluto investire per farlo essere un sito web dinamico, per cui non ci sono RSS, non c’è possibilità di commentare. Si è cercato di ovviare a questo problema approdando su altre piattaforme: da quest’anno UPF.ràdio è entrata in iTunesU. Il direttore è un professore di Comunicazione Radiofonica presso l’Università Pompeu Fabra ed è un giornalista a tempo pieno, quindi è poco presente nella gestione della radio. Lo scorso hanno c’era solo l’intervistata a gestire il lavoro degli studenti, da quest’anno c’è anche un secondo borsista ad aiutare. UFMG Educativa Universidade federal de Minas Gerais Belo Horizonte

Radio UFMG Educativa, inaugurata ufficialmente nel settembre del 2006, è una società creata dall’Università Federale di Minas Gerais e l’impresa Brasile di Comunicazione(EBC). Trasmette su frequenza (104,5fm) e si può ascoltare online sul sito http://www.ufmg.br/online/radio/arquivos/002140.shtml.

(Brasile)

Il palinsesto è composto da programmi giornalistici che presentano i principali fatti e accadimenti. Oltre a conoscere qualcosa di più riguardo il mondo universitario, l’ascoltatore ha anche accesso a notizie nazionali e locali che influenzano il suo quotidiano, con una copertura indipendente, libera e di qualità. La programmazione comprende anche musica, di vari ritmi e nazionalità, 24 ore su 24, una serie di “pillole” su diversi argomenti e programmi quotidiani prodotti in associazione con alunni e insegnanti della UFMG. Lo station manager di UFMG Educativa è un giornalista e al progetto collaborano molti studenti. Il coinvolgimento degli studenti universitari avviene tramite extension project, ovvero progetti comunitari che puntano all’interazione fra l’università e il resto della popolazione.

La scienza nelle radio universitarie Ogni radio universitaria presentata nel paragrafo precedente trasmette un format scientifico nel suo palinsesto. Programmi di durata e contenuti diversi, ma pur sempre inerenti il mondo della scienza. C’è chi preferisce parlare di scienza comunicando quali sono i progetti di ricerca della propria università, chi realizza un format di scienza in breve, chi sceglie ogni settimana un tema e lo approfondisce, chi crea un programma radiofonico come parte integrante di un

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esame universitario e chi si prefigge lo scopo di educare alla scienza i bambini con l’aiuto di studenti universitari. Scienza alla radio può voler dire molte cose e qui di seguito verrà fornito un panorama generale delle diverse tipologie di format radiofonico analizzate.

Scienza e ricerca Zoom – Obiettivo Ricerca (FAN)

Campus Profile (Diamond.fm)

Format nato nel 2006, della durata di 30 Realizzato e condotto da una sola persona, minuti e a cadenza settimanale. È dedicato è un programma di 15 minuti a cadenza a capire i risvolti pratici delle ricerche settimanale che si occupa dei progetti di dell’Università di Verona nella vita quoti- ricerca dell’Università di Ibadan, cercando diana. Si propone inoltre di dare informa- anche di dare un profilo delle persone zioni di servizio a ricercatori e dottorandi, coinvolte nelle diverse attività di ricerca. che possono così conoscere, attraverso il È basato principalmente sull’interazione programma, iniziative come premi di ri- con gli ospiti (ricercatori, dottorandi), non cerca, borse, dottorati, attività all’estero.

ci sono stacchi musicali, ci si occupa solo

Il contenuto è focalizzato unicamente su di ricerca scientifica e di chi la svolge. Le ricerca e scienza, le contaminazioni con la interviste a ricercatori e dottorandi sono musica, ad esempio, sono dovute solo alla alla base dell’intero programma, in quanto necessità radiofonica di avere stacchi mu- lo scopo del format vuole essere informasicali. È condotto da un solo speaker ed è tivo ed educativo. Non viene lasciato molarricchito da interviste.

to spazio all’intrattenimento.

Scienza e didattica Le Parole della Scienza (Radio Frequenza)

Universidade das crianças (UFMG Educativa)

Format della durata di 10 minuti, in onda Programma di pochi minuti, in onda tutti i due volte alla settimana, nato in collabo- giorni, è realizzato con la collaborazione razione con la cattedra di Teorie e Tecni- di studenti universitari, ma soprattutto che della Comunicazione Scientifica. Si grazie a bambini tra i 9 e gli 11 anni. Ai rapone quindi come un modo per mettere gazzi, provenienti sia da Belo Horizonte alla prova gli studenti che hanno frequen- sia dalle aree rurali limitrofe, viene data tato i corsi e costituisce parte integrante l’opportunità di porre delle domande su dell’esame.

vari temi (perché il sangue è rosso, perché

Si occupa di scienza a 360 gradi, general- pensiamo, cosa fanno i pidocchi, ecc), sulla mente tratta di nuove scoperte, spesso di base delle quali vengono realizzate delle

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studi effettuati dai ricercatori dell’ateneo attività interattive volte a cercare le rispodi appartenenza, ma anche ad esempio di ste. alcune specie animali, dalle più strane alle Da tutto il lavoro sviluppato con i bambini più comuni.

nasce questo format, il cui scopo è eviden-

Ogni argomento viene affrontato in modo ziare l’importanza del legame fra la coda renderlo comprensibile anche ad un struzione

del

sapere

scientifico

e

pubblico di cultura non elevata e soprat- l’esperienza quotidiana dei bambini nel tutto ad un pubblico distratto, occupato a loro ambiente naturale e sociale. svolgere le normali attività quotidiane.

Scienza in breve EfferveScienze (podcast facoltà Scienze)

Short Science (ICradio)

Podcast che va dai 3 ai 6 minuti, con un Programma di circa un’ora, intervallato da solo conduttore (anzi, conduttrice) ed e- cinque brani musicali. Vi è una prima seventualmente domande ad un esperto.

zione dedicata alle notizie di scienza in

Vengono presentate delle notizie scientifi- breve, ne vengono scelte circa quattro. che in modo leggero e accattivante, bre- La seconda sezione è denominata Capsule vemente, per poter fornire uno spunto in Science e dura dai 5 ai 7 minuti. Tratta di merito al tema che si propone. Gli argo- un tema di scienza in generale affrontato menti sono vari, ma rientrano sempre tramite domande e risposte tra i due nell’area scientifica.

speaker. A questa sezione segue una Guest

I podcast sono strutturati principalmente Capsule, dove si approfondisce la figura in due parti: un’introduzione al tema, dell’ospite in quanto scienziato. un’infarinatura generale, seguita da un La terza sezione è la Capsule Medicine, anbreve

approfondimento

costituito

da che questa strutturata tramite domande e

un’intervista a qualche ricercatore o do- risposte fra speaker, che si occupa di macente universitario.

lattie e dei loro sviluppi. La Capsule Scien-

A seconda delle possibilità si cerca di por- ce e la Capsule Medicine cercano sempre di re domande anche a personalità al di fuori essere collegate tra loro in qualche modo. dell’ambito universitario (ad esempio a La sezione finale è più libera e informale, Genova si svolge il festival della scienza e meno strutturata, ed è dedicata al pubblisi è colta l’occasione per raccogliere con- co, con un quesito da porre agli ascoltatori tributi diversi).

che possono mandare la soluzione via mail.

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Approfondimento scientifico Emissioni Zero (Radio Zammù)

Ona Ciència (UPF.ràdio)

Programma a cadenza settimanale, della Programma dal duplice aspetto: per tre durata di 60 minuti, è diviso in tre blocchi, mesi viene realizzato da studenti del i cui interventi sono di 5 minuti al massi- Master in Comunicazione delle Scienze e si mo, intervallati dalla musica. È realizzato e presenta in stile reportage, della durata di condotto da un’unica persona ed è arric- 10-15 minuti, dove si sceglie un tema e lo chito da interviste. Di solito c’è un tema si approfondisce tramite interviste; il reportante in ogni puntata che si riferisce sto dell’anno Ona Ciència è un format di all’ambito ambientale, ecologico e del ri- notizie scientifiche brevi, in 5-8 minuti, sparmio energetico, e un paio di rubriche lette e registrate da un solo speaker. che ne ampliano le vedute. Le notizie ine- Nel primo caso i contenuti sono prettarenti il tema trattato vengono presentate mente scientifici, non ci sono influenze di secondo il criterio di “buone” o “cattive” altri argomenti, mentre nel secondo fornotizie.

L’approfondimento

scientifico, mato il programma offre notizie curiose in

quando possibile, cerca di spaziare in altri ambito scientifico, raccontate con un ritcampi, dalla musica alla letteratura, sem- mo incalzante e con accompagnamento pre in collegamento però al tema basilare. musicale.

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4. Format di scienza universitari: somiglianze e differenze In questo capitolo verranno presentate somiglianze e differenze tra i diversi format presi in esame. Scienza alla radio può voler dire molte cose e lo si può notare dalle diverse tipologie di programma individuate nel capitolo precedente: scienza e ricerca, scienza e didattica, scienza in breve e approfondimento scientifico. Alla base di queste distinzioni operano delle scelte effettuate dai responsabili del programma, inerenti gli scopi, il target, le fonti a cui attingere, le scelte linguistiche, le modalità e le tempistiche di preparazione della trasmissione. Informare, intrattenere, educare La cosiddetta mission di un’intera emittente, così come di un singolo format, può essere di tipo informativo, educativo o di intrattenimento. Solitamente le radio universitarie si pongono come servizio informativo per la comunità studentesca, per i docenti e per i ricercatori. Roberto Sammito di Radio Zammù parla di «programmi che in una radio universitaria devono esserci per forza», riferendosi appunto ai programmi di informazione universitaria e Riccardo Poli di FAN, descrivendo il programma Zoom – Obiettivo ricerca, spiega come «una delle vocazioni del programma sia fare informazione di servizio per chi sfrutta la ricerca, quindi ricercatori e dottorandi, che possono conoscere attraverso il programma iniziative come premi di ricerca, borse, dottorati, attività all’estero». Da un lato, quindi, un format universitario può porsi ai suoi ascoltatori come un servizio informativo legato a tutto ciò che riguarda il mondo universitario, scienza e ricerca comprese. Dall’altro, un’emittente d’ateneo può occuparsi di informazione in senso più lato, attraverso notiziari o programmi d’approfondimento, come ci si aspetta dopotutto da un qualunque mezzo di comunicazione di massa, la cui funzione è anche quella di soddisfare il diritto all’informazione. Di fronte ai tre possibili scopi (informativo, educativo e d’intrattenimento) che si prefigge una trasmissione, la maggior parte degli intervistati sostiene fermamente che il proprio format abbia un intento informativo. Al massimo può

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mescolarsi all’intrattenimento, come sostiene Roberto Sammito di Emissioni Zero, che conferma lo scopo «prettamente informativo» del suo programma, ma afferma di essere interessato al cosiddetto infotainment, ovvero all’informazione «che utilizza un linguaggio diverso rispetto a quello classico, un linguaggio che è più vicino a quello dell’intrattenimento». La comunicazione radiofonica della scienza si mescola all’intrattenimento laddove, ad esempio, i contenuti scientifici della trasmissione vengono intervallati alla musica, oppure quando si cerca di non limitarsi a trattare argomenti prettamente scientifici, ma si spazia nei campi della letteratura, dell’arte, dell’architettura o in generale della vita quotidiana. Ad esempio, in una puntata di Emissioni Zero si è lasciato spazio alla musica promuovendo artisti emergenti che avevano utilizzato cartoncino totalmente riciclato per produrre i propri album oppure, in un’altra occasione, i microfoni sono stati affidati ad un gruppo di ragazzi di Catania, autori di un libro riguardante alcune proposte su come risparmiare, nell’ambito dell’acqua e dell’energia. Un ulteriore esempio per rendere più leggero il tono della trasmissione è quello di Le Parole della Scienza, dove spesso si chiude la puntata con una massima di un personaggio famoso o una citazione di un libro «che esprima un po’ il senso della puntata, cosa che permette di evitare conclusioni banali e arricchire ulteriormente i contenuti», racconta Monica Ferrante. Informazione ed intrattenimento dunque, ma mai educazione, come tengono a sottolineare Elisabetta Del Ponte di EfferveScienze, che alla domanda «qual è lo scopo del programma?» risponde «sicuramente non educativo, non vogliamo insegnare o dire nei dettagli», oppure Marzia Mazzonetto di Ona Ciència che dice «soprattutto informativo, educativo sicuramente no». Il termine educativo infatti viene fuggito dagli intervistati, come se si trattasse di qualcosa di negativo, forse anche in linea con l’avversione al “deficit model”.

A nessuno piace essere considerato educativo, ma piuttosto culturale. Questo è spesso motivato dall’assunto che non è dovere dei mass media educare le persone, ma intrattenerle e informarle. (Tola, 2005)

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Ad esempio, Monica Ferrante di Le Parole della Scienza, pur spiegando che il programma ha una matrice didattica, non utilizza il “termine proibito”, ma piuttosto sostiene che l’intera mission della radio sia «portare la cultura alle orecchie della gente comune». Anche Elizabeth Hauke di Short Science, pur sostenendo che nel suo programma «ogni cosa va spiegata in modo basilare e accessibile» non utilizza l’aggettivo educativo per definire lo scopo del suo show radiofonico, ma piuttosto sostiene che l’intento sia quello di «coinvolgere le persone, sia chi è già interessato alla scienza ed è competente in materia, sia chi non lo è». Pur essendo un termine poco accetto, alcuni intervistati hanno però ammesso senza problemi l’intento educativo del proprio programma, come ad esempio Charles Eromosele di Campus Profile, che lo definisce un format «informativo, ma anche educativo di base», oppure Dèbora D’Avila Reis, che definisce Universidade das crianças un programma «educativo, d’intrattenimento e informativo, almeno si spera». La connotazione geografica di queste due uniche testimonianze, provenienti dalla Nigeria e dal Brasile, non è un fattore casuale. Vi è una correlazione fra gli intenti dei mass media e l’area geografica di appartenenza: in particolar modo, nei paesi occidentali le stazioni radiofoniche hanno intenti commerciali e informativi e in genere il mandato dei media e delle scuole sono ben distinti; nei paesi in via di sviluppo, invece, dove la gran parte della popolazione non ha accesso ad un sistema educativo evoluto, i mezzi di comunicazione di massa vengono utilizzati anche come strumenti educativi, con un intento pedagogico poco riconoscibile nei paesi occidentali (Menduni, 2004). Matteo Merzagora, riassumendo i temi fondamentali emersi durante il simposio Science on Air tenutosi a Trieste il 1 e 2 ottobre 2004, afferma:

Se da un lato la maggior parte dei giornalisti radiofonici dell’Europa occidentale e (…) orientale tende a sottolineare la distanza dei propri programmi dalle funzioni più marcatamente educative, negando di poter in alcun modo assolvere compiti che sono e devono restare della scuola, dall’altro esperienze extraeuropee mettono in luce le straordinarie potenzialità della radio in contesti educativi. (Merzagora, 2004)

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Dopotutto, il grande potere della radio come strumento educativo è stato sottolineato più volte anche da Bertolt Brecht e Walter Benjamin, non tanto per supportare il “deficit model”, ma piuttosto enfatizzando quanto sia necessario ascoltare i bisogni del pubblico per orientare in maniera corretta il prodotto educativo e supportando l’idea della tecnologia radiofonica come mezzo rivoluzionario, da sfruttare per raggiungere il modello della comunicazione orizzontale tra il pubblico e l’establishment.

Locale o globale? Lo scopo di un programma viene definito nella pratica dai contenuti e dal modo in cui essi vengono trattati. Un importante aspetto da cogliere per quanto riguarda i format delle radio universitarie è capire se i contenuti si attengono strettamente alla dimensione locale, dunque all’ateneo di appartenenza e al territorio in cui è presente, o se i temi trattati vogliono essere più generali, adatti ad una comunicazione di tipo globale. In un’intervista, Federico Pedrocchi di Radio24 espone il suo parere circa le funzioni delle emittenti d’ateneo:

Ci sono delle funzioni che una radio universitaria può fare partendo sempre dal proprio territorio, ma con l’idea di rivolgersi all’esterno. […] Ci sono delle grandi aree di specializzazione, ad esempio, Padova è un campus nel quale psicologia e neuroscienze hanno una loro grossa tradizione e allora tutti coloro che si interessano di queste cose potrebbero cominciare a sviluppare una certa attenzione verso quello che fa una radio del campus padovano, perché lì può trovare delle cose significative e ben fatte su quest’area di ricerca. Quindi, effettivamente, questa proposta verso l’esterno da parte di una radio universitaria può proprio agganciarsi al lavoro di conoscenza e ricerca che in quel campus viene prodotto. (Pedrocchi, intervista)

Partire dal proprio territorio e dalle proprie attività interne e promuoversi all’esterno è proprio ciò di cui si occupano programmi come Zoom – Obiettivo ricerca o Campus Profile. A questo proposito Charles Eromosele sostiene che in Campus Profile «si parla solo di ricerche legate all’Università di Ibadan. Essendo Diamond.fm una radio universitaria, ci si aspetta che venga dato spazio solo a

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contenuti locali». Ma se in questi due programmi la connotazione locale dei contenuti è ovvia, perché nelle aspettative, si può notare che anche in format di natura diversa mantenere un legame con le attività del proprio ateneo, ed in generale nel territorio, è un aspetto fondamentale. «Essere radicati con il territorio è importantissimo per la radio e per il programma» ribadisce Roberto Sammito di Emissioni Zero e della stessa opinione è anche Elisabetta Del Ponte di EfferveScienze, che spiega come nei podcast «si cerca sempre di coprire la presentazione della facoltà nei confronti della città, di presentare che cosa viene fatto dai dottorandi, dai ricercatori, dai professori stessi. Si preferisce in questo senso una dimensione locale». Anche la testimonianza di Marzia Mazzonetto di Ona Ciència è illuminante a questo proposito, quando spiega come il tentativo di dare uno stampo locale, magari inserendo delle interviste ai ricercatori e sfruttando attività di ricerca dell’università a cui si appartiene, venga valutato come un passo avanti, un elemento positivo. Preferire contenuti di tipo locale è quindi una delle caratteristiche principali dei format di scienza universitari, pur non escludendo la possibilità di trattare argomenti di interesse generale. Tuttavia, anche chi cerca di bilanciare contenuti locali e globali non può evitare di delineare alcuni fondamentali vantaggi legati alla dimensione locale. Ed è il caso di Elizabeth Hauke che, parlando del suo programma, spiega come «da un punto di vista pratico è più comodo intervistare e avere a che fare con persone interne all’Imperial College e questo è il motivo principale per cui in Short Science ci sono molti temi a base locale». Vi è poi un vantaggio di tipo promozionale, confermato da Charles Eromosele di Campus Profile il quale afferma che, nonostante l’Università di Ibadan sia la migliore in Nigeria, molto spesso «i progetti di ricerca effettuati al suo interno non hanno la risonanza che meritano, non vengono pubblicati, dunque parlarne alla radio universitaria è un vantaggio». La scelta di attenersi a contenuti locali, dunque, è strettamente legata a vantaggi pratici e promozionali e costituisce un elemento caratterizzante di tutte le radio universitarie.

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Conoscere e soddisfare il target Il privilegio dato alla dimensione locale non si traduce solo nella scelta dei contenuti, ma riguarda anche il pubblico a cui ci si rivolge. Come testimoniano diversi intervistati, infatti, il target di riferimento è proprio la comunità universitaria, che comprende non solo studenti, ma in generale chiunque viva la vita d’ateneo, «dal rettore alla matricola», come dice Roberto Sammito di Radio Zammù. Federico Pedrocchi di Radio24 espone la sua opinione in merito dicendo: Una radio universitaria deve avere come principale obiettivo il pubblico del suo campus e deve trovare delle specificità di coinvolgimento di questo pubblico, di rappresentazione delle idee, delle situazioni, degli eventi che si muovono all’interno di questo pubblico. […] La radio di comunità è uno strumento che aggiunge alla comunicazione di contenuti il fatto che la comunità si riconosce in uno strumento che la rappresenta, che la racconta, e quindi in questo ha un ruolo importante. (Pedrocchi, intervista)

E come illustrato nei paragrafi precedenti, la volontà di fare informazione di servizio, il privilegiare la dimensione locale e l’offerta di lezioni universitarie e seminari in podcast, confermano la consapevolezza delle emittenti in esame di rivolgersi ad un pubblico universitario. Ma chi realizza programmi in un’emittente d’ateneo deve comunque ricordarsi che il suo messaggio può raggiungere ascoltatori esterni al mondo universitario e come testimonia, ad esempio, Monica Ferrante, ogni argomento trattato nel corso della trasmissione Le Parole della Scienza viene affrontato in modo da renderlo «comprensibile anche ad un pubblico di cultura non elevata e soprattutto ad un pubblico distratto che ascolta mentre attende alle normali occupazioni quotidiane». Per molti intervistati, il target della trasmissione realizzata è ampio, principalmente costituito da adulti interessati al mondo della scienza. Ma non si esclude di avere a che fare con un target “misto”, come racconta Elizabeth Hauke, il cui programma Short Science «cerca di raggiungere qualsiasi tipo di persona. Anche se non piace tutto il programma, vogliamo che loro possano trovare almeno

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qualcosa di interessante nell’intero show. Per questo motivo c’è un bilancio tra i vari rami della scienza, si cerca di toccare tutti i campi scientifici, per aumentare le possibilità di interessare al pubblico». E anche Elisabetta Del Ponte, parlando di EfferveScienze, sostiene che il target dei podcast sia «un pubblico adulto che si interessa un po’ di scienza, qualcuno che sia curioso, che abbia voglia di ascoltare pochi minuti di podcast». L’unica eccezione nelle otto testimonianze raccolte riguarda Universidade das Crianças (L’università dei bambini) che, come racconta Débora D’Avila Reis, è un programma «con bambini per bambini», anche se dalle mail ricevute dai conduttori, si sa che la trasmissione raggiunge anche le orecchie adulte.

Alla ricerca del linguaggio giusto Una volta individuato il bersaglio che si vuole raggiungere, è necessario adattare le scelte di linguaggio, di stile e di contenuto al proprio obiettivo. L’ambito contenutistico è già stato analizzato nei primi paragrafi del capitolo, valutando quali possono essere i diversi intenti del programma e quanto gli argomenti siano più o meno legati ad una dimensione locale. Il passo successivo è analizzare le scelte linguistiche che chi realizza format di scienza decide di compiere. Che si voglia utilizzare uno stile formale come in Campus Profile o molto informale come in Universidade das crianças, è comune a tutti i format analizzati scegliere un tono leggero, semplice, adottare un linguaggio breve e privo di tecnicismi.

L’opinione diffusa è che la scienza abbia un vocabolario tutto proprio, anche quando esiste la corrispondente parola comune. […] in questi casi il divulgatore si preoccuperà di fare un’opportuna traduzione dal gergo tecnico alla lingua comune. (Bianucci, 2008)

Molti intervistati seguono questa linea, dichiarando di voler utilizzare un linguaggio semplice, tranquillo, con pochi tecnicismi. Le parole utilizzate devono essere il più possibile comprensibili, il linguaggio dev’essere ricco di esempi,

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chiaro. Elisabetta Del Ponte spiega come per EfferveScienze il linguaggio sia «sicuramente non tecnico, né accademico, non troppo scientifico o con una terminologia complessa» e sulla stessa linea d’onda Charles Eromosele conferma che, nonostante il tono della sua trasmissione Campus Profile sia formale, «si cerca di spiegare tutto il più possibile, non si usano termini tecnici». Tuttavia, come sostiene il giornalista scientifico Piero Bianucci, «semplificare troppo è uno sbaglio: semplicità non è semplicismo». A questo proposito è interessante valutare la testimonianza di Riccardo Poli, conduttore di Zoom – Obiettivo Ricerca, che in merito alle scelte linguistiche del suo programma dichiara: «Il format cerca di essere di ampia diffusione, quindi ovviamente il linguaggio non viene banalizzato per questo. Se dobbiamo chiamare becher un becher, non viene chiamato “contenitore de vetro”, ha il suo nome. Ovvio che la prima volta che viene citato un nome particolarmente impegnativo […], allora per rendere più appetibile al nostro pubblico alcuni termini, prima li diciamo in termini specifici, facciamo una spiegazione e poi, durante lo svolgimento del programma, utilizziamo però il termine specifico, per poter innalzare anche quella che è la qualità dell’ascolto». Anche Roberto Sammito di Emissioni Zero ribadisce che il linguaggio dev’essere «leggero ma non stupido». Per rendere la scienza più appetibile e interessante al pubblico, dunque, di volta in volta chi la comunica dovrà effettuare delle scelte linguistiche precise, che sappiano essere un buon compromesso fra la chiarezza e la semplicità, ma anche la specificità e la qualità, per evitare di banalizzare i contenuti e rivolgersi al pubblico con un atteggiamento di superiorità. Un esempio interessante di come la forma del messaggio vada stabilita sulla base del proprio pubblico, e con il suo aiuto, lo fornisce Débora D’Avila Reis che, dovendo interagire con bambini fra i 9 e gli 11 anni in Universidade das crianças, spiega come per il suo programma si svolga un «continuo negoziato tra adulti e bambini» per quanto concerne le scelte linguistiche. La distanza fra chi comunica la scienza e i destinatari del messaggio dev’essere quindi minima e questo è garantito anche dall’inserimento nel discorso di riferimenti alla vita quotidiana.

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Più immediati, concreti e fantasiosi saranno i confronti tra esperienza quotidiana e dati scientifici, migliore sarà la comprensione. Metafore, analogie e paragoni sono dunque uno strumento potente nelle mani del divulgatore. (Bianucci, 2008)

E questo potente strumento viene ampiamente sfruttato da Elizabeth Hauke di Short Science, che nella sua trasmissione cerca di «relazionare tutto alla vita quotidiana. Se si deve parlare di un concetto astratto si usano le analogie. Il linguaggio dev’essere il più basilare possibile, accessibile a tutti. Per questo le frasi sono brevi, vengono lette lentamente e non si scende troppo nei dettagli (in Inghilterra le persone si annoiano ad ascoltare la radio quindi è meglio creare qualcosa di breve e veloce). Si usa il linguaggio di tutti i giorni, se bisogna usare un termine scientifico si cerca sempre di spiegare cosa vuol dire. Si cerca sempre di relazionare ogni pezzo di scienza a qualcosa della vita quotidiana, in modo che sia più comprensibile». E ad adottare queste scelte è anche Elisabetta Del Ponte che, in merito al linguaggio utilizzato nei podcast EfferveScienze, spiega come si cerchi di entrare nella vita quotidiana, di trovare «esempi di applicazioni pratiche che possano essere comprese facilmente anche da chi ascolta e non ha terminologia tecnica». Adattare le scelte di linguaggio al proprio pubblico, rendendo il programma leggero, semplice, esplicativo e legato alla vita quotidiana, è dunque una formula vincente per la comunicazione della scienza e si tratta di un processo che molto spesso viene dettagliatamente premeditato in fase redazionale. L’attenzione alla forma nella fase di stesura del testo del programma è elevata per tutti gli intervistati. C’è chi prepara la scaletta scrivendo esattamente, parola per parola, tutto quello che verrà pronunciato durante la trasmissione, come fanno ad esempio Elizabeth Hauke in Short Science ed Elisabetta del Ponte per EfferveScienze; oppure c’è chi, come Roberto Sammito in Emissioni Zero, cerca di «parafrasare i tecnicismi per far passare più facilmente le informazioni, cercando di renderle più digeribili per il grande pubblico e riportando il tutto ad una dimensione più colloquiale». In genere c’è quindi una grande attenzione per i termini da utilizzare, attenzione che viene manifestata non solo durante la tra-

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smissione, ma in fase redazionale, dove si cerca di «macinare i contenuti, non sempre facili da comprendere», come sostiene Riccardo Poli di FAN, che considera il conduttore un «filtro tra ospite e ascoltatore».

Interazione con il pubblico Non è sufficiente conoscere il pubblico a cui ci si rivolge o adeguare i contenuti e la forma al target che si vuole raggiungere. Quando si parla di destinatari di un format scientifico è fondamentale fornire loro una possibilità di interagire con chi realizza la trasmissione. Come si è visto nei capitoli precedenti, la partecipazione del pubblico, la creazione di un dialogo costruttivo e di un rapporto di fiducia favorisce una maggiore efficienza della comunicazione del sapere scientifico e questi processi non sono estranei a chi si occupa di scienza on air nelle radio universitarie. La possibilità di interagire con il pubblico è stata considerata positivamente da tutti gli intervistati, nonostante nella pratica non tutti i programmi analizzati offrano questa opportunità. Spesso perché le trasmissioni non sono in diretta, altre volte perché non si hanno i mezzi tecnici adeguati a garantire un’interazione efficace e immediata. Gli unici programmi analizzati ad essere in diretta sono Campus Profile di Diamond.fm, Emissioni Zero di Radio Zammù e Short Science di ICradio. Il primo si affida ad internet, con e-mail e messaggi in chat, per coinvolgere gli ascoltatori. Anche il secondo format garantisce il coinvolgimento del pubblico tramite il web, con l’utilizzo della messaggistica istantanea o della posta elettronica, per porre domande agli ascoltatori, ricevere le loro risposte e considerazioni sull’argomento discusso o segnalazioni di eventi inerenti al contenuto del format . L’indirizzo a cui scrivere viene ripetuto più volte durante la trasmissione, in modo da assicurare anche agli ascoltatori ritardatari la possibilità di partecipare alla chat sempre aperta. Per quanto riguarda Short Science, invece, questo format si affida unicamente alla posta elettronica. Se qualcuno è interessato ad inviare delle domande o dei commenti via mail, questi vengono letti durante la trasmissione. Inoltre viene dedicata una parte apposita della scaletta all’interazione con il pubblico, tramite un indovinello. Ogni settimana viene po-

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sto agli ascoltatori un “enigma scientifico” e si comunica il nome di chi ha risposto correttamente all’indovinello della settimana precedente. Questo aumenta la partecipazione del pubblico e crea fidelizzazione. Per quel che concerne le trasmissioni registrate oppure i podcast, l’interazione con il pubblico non è realizzabile istantaneamente, ma si ricevono dei feedback successivi alla messa in onda. È il caso di Zoom – Obiettivo Ricerca, che di frequente riceve segnalazioni da parte di ricercatori o dottorandi interessati a guadagnare uno spazio nel programma per il proprio progetto di ricerca, oppure di Ona Ciència, che pur facendo parte di una radio universitaria priva di community tools, ottiene a volte dei feedback tramite posta elettronica e ripone le sue speranze d’interazione in iTunesU. La responsabile di questo format, Marzia Mazzonetto, precisa che al di là delle difficoltà tecniche, la possibilità di coinvolgere il pubblico viene considerata importantissima, tanto da affermare che «la mancanza di interazione fa perdere quello che è il senso di una radio universitaria». Un caso particolare inerente la possibilità di interazione nei programmi radiofonici è dato da Universidade das Crianças. Questo format si è distinto fin dall’inizio per la sua originalità, per il fatto cioè di unire il mondo degli studenti universitari a quello dei bambini, in un contesto di didattica della scienza. Questo fa sì che l’interattività cominci durante la preparazione della puntata, dato che gli ascoltatori ideali, cioè i bambini, sono presenti in studio per porre domande ed essere aiutati a cercare le risposte. E questo tipo di attività continua anche durante la trasmissione, in cui si cerca di entrare in contatto con gli ascoltatori in qualche modo, guidandoli a trovare le risposte. Come racconta Débora D’Avila Reis, infatti, alla domanda «da dove arriva la mia voce? », posta da una bambina, si risponde cercando di coinvolgerla, chiamandola per nome e dicendole «appoggia le dita sul tuo mento…ora comincia a parlare…o a cantare…riesci a sentire le vibrazioni sotto le tue dita?». Coinvolgere l’ascoltatore, chiamarlo ad agire in prima persona, fornendo istruzioni per come arrivare alle risposte, è un ottimo strumento di interazione con il pubblico, originale ed efficace. Tuttavia, la partecipazione dei destinatari del programma non si limita a questo. Anche per

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Universidade das Crianças vale l’utilizzo della posta elettronica per ricevere domande e commenti dal pubblico e al momento dell’intervista, Débora D’Avila Reis ha raccontato che esiste la volontà di creare il progetto Universidade das Crianças NET, con lo scopo di contattare persone adulte in altre regioni del Brasile e poter ricevere domande da parte dei loro bambini, in formato mp3, da utilizzare nel programma radiofonico.

Dietro le quinte: attori e registi del format radiofonico Nei paragrafi precedenti si sono indagati contenuti, forme e target di format radiofonici di scienza. Ma chi si occupa di pianificare una scaletta, di scegliere le forme linguistiche più adatte, di selezionare le fonti più sicure da cui ricavare informazioni? Dopo aver analizzato quali sono le scelte e i criteri principali che guidano la realizzazione di un programma radiofonico, è utile anche capire chi sono gli attori e i registi del prodotto in questione, come si dividono i ruoli, quanto tempo occorre per realizzare una singola puntata, quali sono le fonti a cui attingere. Dalle interviste realizzate emerge che non esiste un criterio fisso che regoli quante e quali persone siano responsabili di un format. Questo è probabilmente dovuto al fatto che tutte le radio universitarie si basano sul lavoro volontario, per cui una persona può impegnarsi per un mese o per un anno, saltuariamente o con un impegno costante, e che la possibilità di collaborazione al progetto radiofonico d’ateneo dev’essere garantita a tutti gli studenti, motivo per cui un continuo ricambio è d’obbligo. Esistono casi in cui una sola persona si occupa di scrivere e condurre il programma e questa sorta di one-man band sono Charles Eromosele di Campus Profile e Roberto Sammito di Emissioni Zero, ad esempio. Anche per EfferveScienze i diversi ruoli sono incorporati a turno in una sola persona, che si occupa di cercare informazioni, scrivere i testi, realizzare interviste, condurre nonché effettuare le registrazioni con mezzi propri e creare i podcast. E questo vale anche per Short Science, realizzato da due persone che sono al contempo redattrici, conduttrici e registe, pur dividendosi il carico di lavoro per quanto riguarda la

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ricerca di informazioni e la scrittura dei testi (ad esempio Elizabeth Hauke, l’intervistata, si occupa delle Capsule Medicine mentre la sua collega delle Capsule Science). Ci sono infine casi in cui vi è un conduttore, ma il lavoro di redazione viene svolto da altre persone, come nel caso di Riccardo Poli, speaker per Zoom – Obiettivo ricerca, aiutato da Simone Sprea e Luca Guarnieri che si occupano di ricercare informazioni e contattare gli ospiti della puntata. Tutte queste tipologie di format hanno in comune il fatto di essere costituite da un team di lavoro fisso. Caratteristica non valida per programmi come Ona Ciència o Le Parole della Scienza. Il caso di Ona Ciència in realtà rientra in una tipologia mista, essendo un format realizzato per tre mesi da un gruppo di studenti del Master in Comunicazione delle Scienze e per il resto dell’anno da due collaboratori fissi. Prendendo in esame però la sezione realizzata dagli studenti, si tratta di una redazione che si rinnova ogni anno. Ogni anno un nuovo gruppo di studenti si occuperà di ricevere un certo numero di notizie selezionate dalla coordinatrice del progetto, Marzia Mazzonetto, e di rielaborarle per adattarle radiofonicamente, lavorando sia autonomamente sia a lezione. Questa politica è stata adottata anche in Le Parole della Scienza, realizzato da studenti che si devono sottoporre all’esame di Teorie e Tecniche della Comunicazione Scientifica e preparano questo format come parte integrante della prova d’esame. Anche qui il team di lavoro non è fisso, ma periodicamente avviene un ricambio. Ogni anno studenti diversi si occupano della selezione delle notizie, della stesura dei testi e della loro resa in una forma comprensibile, anche attraverso una buona modulazione della voce. Che il team di lavoro sia fisso o meno, alla base del lavoro redazionale operano diverse fasi di realizzazione, comuni più o meno a tutti i format analizzati e ben riassunti nella testimonianza di Monica Ferrante, coordinatrice di Le Parole della Scienza: «E’ una catena ben collaudata che coinvolge il titolare della cattedra, ed i suoi collaboratori, tra i quali ovviamente ci siamo noi della radio. Essenzialmente le fasi sono tre: scelta dell’argomento, stesura della puntata e individuazione dell’esperto da intervistare, e realizzazione del programma con ospite in studio o qualora ciò non fosse possibile in collegamento telefonico». Le

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tre fasi di lavoro a cui si riferisce l’intervistata sono a grandi linee le stesse per tutti gli altri format, ad eccezione di Campus Profile e di Zoom - Obiettivo ricerca, che pongono come prima fase l’individuazione dell’ospite il quale, proponendo il proprio progetto di ricerca, offre gli spunti per l’argomento di cui parlare e di conseguenza pone le basi per la stesura della scaletta. Per quanto riguarda le tempistiche di raccolta del materiale, stesura della scaletta e contatto con gli ospiti, esse variano a seconda della durata della trasmissione e del numero di persone che la realizzano. Senza dimenticare che, essendo all’interno di radio universitarie, i responsabili di un format sono per lo più studenti volontari, che quindi alternano questa attività con altri impegni universitari o lavorativi. La più “veloce” è Elisabetta Del Ponte che per realizzare EfferveScienze impiega poche ore: un’ora per preparare argomento e scaletta, mezz’ora di intervista e altre due ore di editing. Seguono le responsabili di Short Science, che avendo una scaletta ormai collaudata e una ferma divisione dei compiti, impiegano circa mezza giornata ciascuna a scrivere la propria parte. Ovviamente solo dopo aver concordato un argomento, attività per cui a volte sono necessari anche due giorni. Le coincidenze vogliono che Zoom - Obiettivo ricerca e Campus Profile, stessa tipologia di format in paesi diversi, impieghino entrambi tre giorni per preparare una puntata, con la differenza che il primo programma è realizzato da un team di tre persone mentre il secondo solo da una persona. Roberto Sammito invece realizza Emissioni Zero prendendosi tutto il tempo che gli serve nell’arco di una settimana. La puntata va in onda il mercoledì, tra giovedì e il fine settimana si sceglie l’argomento e da lunedì si contattano gli ospiti. Gruppi di lavoro fissi o variabili, adozione di una precisa serie di procedure in fase redazionale, tempistiche diverse a seconda del numero di collaboratori coinvolti, del loro tempo libero e della durata del format: questo il panorama che si dipinge dietro le quinte di un programma radiofonico di scienza nelle emittenti d’ateneo.

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Le fonti del sapere scientifico Conduttori, redattori, registi, ospiti, interviste, scalette e argomenti. Nella fase redazionale, però, pesa moltissimo anche la questione delle fonti da cui attingere per ottenere le informazioni necessarie. In generale, gli intervistati dichiarano di basarsi di frequente sulla rete, dato che «le notizie compaiono online prima di essere stampate e distribuite», come afferma Elizabeth Hauke di Short Science. La ricerca di notizie su internet resta valida, anche per Riccardo Poli di Zoom – Obiettivo Ricerca, che afferma di attingere dalla pagina online di Nòva o dal blog Innov’azione di Emil Abirascid, e Roberto Sammito di Emissioni Zero che consulta il giornale online di Legambiente e un sito chiamato eco-blog. Naturalmente la selezione delle fonti dipende in larga misura dai temi caratteristici di un dato format, anche se la consultazione di fonti standard come Nature , Science, New Scientist o Wired è comune a tutti. Le riviste scientifiche rimangono infatti un’ottima fonte a cui si possono affiancare, ad esempio, manuali didattici, come testimonia Débora D’Avila Reis per Universidade das Crianças. Tuttavia, nella sua testimonianza emerge un particolare fondamentale, che sarà il filo conduttore e l’elemento caratterizzante delle radio universitarie. Parlando della scelta delle fonti in Universidade das Crianças, Débora D’Avila Reis racconta: «Molto spesso si raggruppano le domande inerenti un certo tema e lo si approfondisce discutendo con uno specialista interno all’università». E lo stesso particolare viene ribadito da Monica Ferrante di Le Parole della Scienza, che afferma di attingere «principalmente a riviste scientifiche, ma anche siti di istituti ed enti di ricerca oppure andiamo direttamente alla fonte, ovvero, docenti e ricercatori». Le emittenti d’ateneo, dunque, hanno il grandioso vantaggio di nascere all’interno di vere e proprie fabbriche del sapere, ricche di “fonti viventi” come docenti e ricercatori. Questo privilegio è ben espresso dalla testimonianza di Elisabetta Del Ponte di EfferveScienze, che parla di «una sorgente di notizie dinamica (tanti dipartimenti, tanti ricercatori) e una promozione a livello locale dei progetti di ricerca». Tutti gli intervistati riconoscono questo importante aspetto

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e dichiarano di utilizzare come fonti primarie ricercatori, dottorandi, docenti e in alcuni casi anche studenti universitari che studiano materie scientifiche o inerenti la comunicazione della scienza. Anche offrire seminari, conferenze e lezioni universitarie online conferma questo elemento caratterizzante delle emittenti d’ateneo, ovvero l’utilizzo di fonti interne, che sappiano essere sinonimo di qualità ed efficienza, di praticità e di promozione.

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Conclusioni

Attraverso l’indagine sul campo condotta in questo lavoro, è emerso in più occasioni come scienza, radio ed università siano tre realtà strettamente correlate fra loro, che negli ultimi anni hanno trovato una strada per unirsi in un unico strumento di comunicazione e diffusione. La scienza ha infatti molti punti in comune sia con l’università sia con il mezzo radiofonico: la prima è la sede della ricerca e della didattica, è la fonte del sapere scientifico; il secondo è uno degli strumenti privilegiati a cui affidare un’efficiente comunicazione della scienza. A supporto di questo legame, negli ultimi anni si sono moltiplicate le esperienze di emittenti d’ateneo nel nostro paese, sono aumentati cioè quegli esperimenti che uniscono le potenzialità del mezzo radiofonico a quelle degli istituti universitari, offrendo un nuovo tipo di informazione, inerente anche e soprattutto il campo della scienza. Analizzare otto format radiofonici prodotti all’interno di otto diverse università e riguardanti argomenti di stampo scientifico, ha permesso di approfondire la conoscenza di questo nuovo ed innovativo prodotto. Ne è emerso che uno degli elementi caratterizzanti delle radio universitarie e del loro approccio alla scienza è quello di essere fortemente legate ad una dimensione di tipo locale. Sia per quanto riguarda i contenuti, sia a livello di selezione delle fonti, sia in merito ai realizzatori dei diversi format. Le università hanno a disposizione docenti e ricercatori a cui porre domande per approfondire dei temi, aree di ricerca a cui rivolgersi per notizie circa progetti di ricerca a livello locale e internazionale, biblioteche a cui attingere per ricercare informazioni. E ultimamente si sono dotate di studi radiofonici che sono al contempo laboratori formativi, dove studenti universitari posso sperimentare la comunicazione on air garantendo un’ampia varietà in materia di contenuti e di stili di conduzione, per cui si può spaziare dai podcast di seminari tenuti da docenti a programmi in diretta che promuovono i progetti di ricerca interni all’università, da trasmissioni in cui la scienza viene offerta a piccole dosi ad altre in cui si approfondisce un tema collegandolo alla vita

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quotidiana. La possibilità di spaziare in ogni campo della scienza, di proporre format brevi e veloci o trasmissioni di maggiore durata che garantiscano il dibattito con il pubblico, o ancora di rivolgersi unicamente alla comunità universitaria o tentare il coinvolgimento di bambini in un contesto di educazione scientifica, rendono le emittenti d’ateneo un mezzo variegato, innovativo ed efficace per la comunicazione della scienza, meritevole di ulteriori studi. Quello che si è fornito in queste pagine è solo uno spunto, un inizio di quello che potrebbe (o dovrebbe?) essere un ulteriore approfondimento di un mezzo di comunicazione “ibrido” di diffusione del sapere scientifico, che mescola al suo interno intenti promozionali, informativi ed educativi, sperimenta diversi tipi di linguaggio, offre a diverse figure (studenti universitari, bambini, docenti, ricercatori) la possibilità di intervenire attivamente nella comunicazione della scienza, rendendola forse più varia e accattivante, requisiti al giorno d’oggi, e specialmente in Italia, indispensabili ad una valida ed efficace trasmissione del sapere scientifico.

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Bibliografia

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Interviste Riccardo Poli, FAN, Università di Verona Monica Ferrante, Radio Frequenza, Università di Teramo Roberto Sammito, Radio Zammù, Università di Catania Elisabetta Del Ponte, EfferveScienze, Università di Genova Elizabeth Hauke, ICradio, Imperial College Charles Eromosele, Diamond.fm, University of Ibadan Marzia Mazzonetto, UPF.ràdio, Universitat Pompeu Fabra Dèbora D’Avila Reis, UFMG Educativa, Universidade federal de Minas Gerais Federico Pedrocchi, Radio24 Luca Corte Rappis, Radio24

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