IN VIAGGIO CON METAXA - storia di barche, canali ed equipaggi
- di Chiusa in Chiusa parte seconda - Domenico Santarsiero
Domenico Santarsiero
IN VIAGGIO CON METAXA storia di barche, canali ed equipaggi Di Chiusa in Chiusa seconda edizione Domenico Santarsiero issuu.com/sandom
A Metaxa, che con la sua esistenza ha saputo riempire i nostri giorni
IN VIAGGIO CON METAXA storia di barche, canali ed equipaggi Di Chiusa in Chiusa seconda edizione issuu.com/sandom
Domenico Santarsiero e Metaxa Family dsgeo57@gmail.com Metaxa’s © 2021 Revisione testo: Loredana Bonacquisti Realizzazione grafica, copertina e impaginazione: Paolo Residori Stampa: kdp-amazon.com, Versione multimediale, www.zoelab.it Questo volume è pubblicato secondo le regole dei «Creative Commons» che puoi leggere su: http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/it/ Le fotografie di questo volume sono state scattate dall’equipaggio di Amphitrite nelle varie tappe. Chiuso in redazione il 28 febbraio 2021
Uomo libero, tu amerai sempre il mare !
Il mare è il tuo specchio: Contempli la tua anima Nello svolgersi infinito della sua onda. E il tuo spirito non è un abisso meno amaro. Ti piace tuffarti nel seno della tua immagine: L’accarezzi con gli occhi e con le braccia e il tuo cuore Si distrae a volte dal suo battito Al rumore di questa distesa indomita e selvaggia. Siete entrambi tenebrosi e discreti: Uomo, nulla ha mai sondato il fondo dei tuoi abissi, O mare, nulla conosce le tue intime ricchezze Tanto siete gelosi di conservare i vostri segreti. E tuttavia ecco che da innumerevoli secoli Vi combattete senza pietà né rimorsi. Talmente amate la carneficina e la morte, O eterni rivali, o fratelli implacabili . Homme libre, toujours tu chériras la mer!
La mer est ton miroir; tu contemples ton âme Dans le déroulement infini de sa lame, Etton esprit n’est pas un gouffre moins amer. Tute plais à plonger au sein de ton image; Tu l’embrasses des yeux et des bras, etton coeur Se distrait quelquefois de sa propre rumeur Au bruit de cette plainte indomptable et sauvage. Vous êtes tous les deux ténébreux et discrets: Hommo, nulina sondó lo fond de tes abimes; Omer, nul ne connaîttes richesses intimes, Tant Vous êtes jaloux de garder vos secrets! Et cependant Voilà des siècles innombrables Que Vous Vous COmbattez sans pitié ni remords, Tellement vous aimez le carnage et la mort, Olutteurs éternels, ô frères implacables! Charles Baudelaire
IN VIAGGIO CON METAXA storia di barche, canali ed equipaggi Di Chiusa in Chiusa Seconda Edizione°
Sommario Uomo libero, tu amerai sempre il mare! ............................................................... 5 Il viaggio ............................................................................................................... 9 L’equipaggio ....................................................................................................... 10 La barca ............................................................................................................... 12 Amphitrite è la nostra arca .................................................................................. 15 Il viaggio a tappe Da Lemmer a Tilburg - 1 .................................................................................... 17 Da Tilburg a Compiegne - 2 .............................................................................. 23 Da Compiegne a Nevers - 3 ................................................................................ 35 Da Nevers a Macon - 4 ....................................................................................... 47 Da Macon alla Camargue - 5 .............................................................................. 53 Da St.Gilles a Colombiers - 6 ............................................................................. 65 Da Colombiers a Marcelette 2015 - 7 ................................................................. 75 Escursioni miste da Colombiers a Bordeaux 2016 - 8 ........................................ 87 Da Colombiers a Ventenac 2017 - 9 ................................................................... 89 Amphitrite va a Roma 2018 - 10......................................................................... 97 Appendice Le carte.............................................................................................................. 108 I riferimenti web e altro .................................................................................... 109 Le immagini ...................................................................................................... 111
In viaggio con Metaxa, storia di barche, canali ed equipaggi
Il viaggio
Il viaggio che troverete in questo diario è la prosecuzione naturale di un primo viaggio affrontato con una barca diversa, ugualmente bella e affidabile, ma meno comoda e funzionale di Amphitrite, la quale ha il grande vantaggio di una cabina di poppa che è diventata la nostra stanza da letto, il nostro rifugio a notte fonda o nei momenti del bisogno nella nuova casa galleggiante. Questo è stato per 8 lunghi anni la nostra barca. Una casa, una vita vissuta lungo i canali di Olanda, Belgio e Francia, e infine dopo 8 anni il mediterraneo verso Fiumicino, l’immenso porto diffuso di Roma. Nel frattempo su Amphitrite si sono succeduti personaggio un po’ di tutti i tipi, non troppo raccontati nel diario di viaggio, ma sicuramente citati e documentati nel reportage fotografico. Ognuno ha vissuto a modo suo la barca, oppure il viaggio, o tutti e due nel caso più fortunato. Noi, Amphitrite Family, abbiamo semplicemente vissuto la nostra vita, la nostra esperienze senza pentircene nemmeno un momento. Un lungo viaggio, oltre 2500 km in 10 tappe, decine di località grandi, piccole e piccolissime. Approdando poi in Occitania, per restare 4 anni sul Canal Du Midi, un mito dell’ingegneria idraulica costruito in soli 12 anni prima della rivoluzione francese. Infine il trasferimento in 120 ore lungo la Francia del sud, la costa azzurra e il lungo costa italiano fino a Roma, dove termina “In Viaggio con Metaxa”, insieme nella nostra avventura a bordo di Amphitrite. Forse nei prossimi anni continueremo a frequentare quella che è stata la nostra stupenda barca, ma ovviamente con un diverso mud che la vita di tutti i giorni, l’avventura durata 8 anni, un centinaio di approdi di lunga o corta durata, circa 250 chiuse passate.
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L’equipaggio
L’equipaggio di Amphi è stato vario e divertente, ma difficile da classificare per mille e più motivi, non ultimi, parentele ed amicizie che non si vogliono e non si possono rompere. Bene, dal semiserio alla realtà, in primis l’equipaggio vero di Amphitrite, che si compone di me, comandante in prima, l’armatrice, ovvero mia moglie e l’ospite perenne della nostra vita, Metaxa che tutti noi amici e conoscenti apprezziamo per la sua smodata marineria. Per il resto l’equipaggio è quello che ha vissuto almeno una notte a bordo di Amphi, alcuni di loro ne hanno apprezzate le doti marinare da fiume e da mare che sia. Quindi, in ordine di apparizione abbiamo: Sandrone, Tiziana e prole, ovvero Leila. I cosiddetti Coniugi Carpegna che hanno partecipato al primo battesimo di viaggio di Amphi, avvenuto purtroppo senza l’armatore Laura, rimasta a terra per cause di forza maggiore. Il primo viaggio è stato infatti quello da Lemmer a Enkuizen, e da lì fino a Tilburg in visita alla Albert Family. Dopo Carpegna Family è stata la volta di Rosaria la fattrice, che ha portato un po’ di pioggia, ma essendo del Granducato Toscano non abbiamo che potuto accomodarle ogni favore, a lei e al bassista consorte Andrea. Da Compiegne a St. Gilles nessuna presenza oscura sulla rotta, se non l’Albert Family che in quel di Glun si è congiunta a noi per un veloce aperitivo e una cena frugale in campeggio. A St.Gilles abbiamo avuto un’ospite d’eccezione, Maria Luisa, che partita da Cordoba in Argentina, ci ha raggiunti a Roma e poi insieme al team stabile ha contribuito al viaggio St.Gilles - Colombiers. Maria Luisa è la cugina vera della nostra armatrice, e di suo ne ha da raccontare parecchie. Da Colombiers a Marseillet un equipaggio si è aggiunto per una breve escursione, che a dire il vero è cominciata ad Homs ed è terminata a Colombiers dopo qualche giorno. Parliamo dei cosiddetti coniugi, ovvero Claudio e Loredana, che hanno assaporato l’aria dei canali e anche quella del nostro cane che per la prima volta ha cominciato a difendere il suo ruolo e anche la sua ciotola. Infine un equipaggio vacanziero l’ultimo anno, ospite per una mezza giornata, quindi Francone,
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Giuliana e Nadia, oltre ad Antonio che poi farà parte dei ragazzi temerari che organizzeranno il trasferimento Colombiers - Fiumara come ultima tappa del viaggio. Infatti il 6 agosto 2018 si parte da Roma in tre, Roberto, Antonio e Domenico, mentre il quarto uomo, Maurizio, è stato recuperato a Genova. Questo l’ultimo equipaggio ardito che in 120 ore di navigazione marinara, non sempre semplice, porterà Amphitrite a destinazione. C’è poi l’equipaggio primario della nostra Amphi. Ovvero io Domenico o Mimmo, Laura o Lalla mia moglie, e Metaxa la nostra regina del viaggio. Non penso che abbiamo bisogno di presentazioni, visto che già siamo apparsi su queste pagine, a bordo di Pinta, la barca speciale che ha dato inizio alla storia dei nostri viaggi sui canali di Olanda, Belgio e Francia negli ultimi 10 anni.
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La barca
Amphitrite è una barca a vela in acciaio di produzione olandese, costruita nei cantieri del Friesland, ovvero un Mareenport 970 AK, dove AK sta per “versione con cabina di poppa”, ed è la 184° uscita dal cantiere nel 1973. Armata a sloop classico con randa e fiocco, ha in dotazione altre vele come Genoa e Tormentina da usare alla bisogna. Essendo una barca olandese è scontato l’albero abbattibile in poche mosse. Un pozzetto molto capiente e una cabina di poppa a prova di grandi dormite, cullati dalle onde e protetti dalle intemperie. Timone a ruota come un piccolo veliero, un desk protetto con un ’abitabilità eccezionale vissuta sulla nostra pelle, sotto piogge torrenziali nella campagna olandese e francese, ma anche riparo impagabile nelle giornate di sole. Insomma, non una, ma due barche. L’interno è composto dalla zona giorno poggiata sulla murata di sinistra,
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con al centro un bel tavolo da 4 persone comodo e sempre aperto, o terza cuccetta doppia alla bisogna. Dotata di un entrobordo da 20 cavalli diesel, ha un dislocamento di 5.4 tonnellate per 2.55 m di larghezza, e un fuori tutta di 9.70 circa.
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Amphitrite è la nostra arca
A fine 2009 apriamo la trattativa per l’aquisto di Amphitrite e dopo una veloce visita per verificare gli interni e in particolare la cabina di poppa, ci avventuriamo in questa nuova impresa e il 30.4.2010 consumiamo la prima cena a bordo della nostra nuova barca. Spaghetti e fagioli, un litro e mezzo di buon vino rosso marchigiano marca Marocchi Giordano. Metaxa dorme al mio fianco e l’ebrezza di questa nuova avventura ha inizio, anche dopo il bagno a peso morto di Metaxa che all’arrivo, per seguirmi su due zampe sulla banchina galleggiante, è piombata nell’acqua del mare del nord. Ore 22.35, la lampada della cabina di poppa sembra fulminata, dice mia moglie. Ergo, dovrò occuparmene.
Da Lemmer a Leimuiden.
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Da Lemmer a Tilburg - 1 19.6 - Si riprende finalmente a navigare, anche se a questo nuovo inizio
non parteciperà purtroppo l’armatore di maggioranza, mia moglie Laura, affaccendata con problemi di badanti a Roma, salirà a bordo nel giro di qualche giorno a Enkuizen. Arriviamo quindi a Lemmer io, Metaxa e i Coniugi Carpegna, ovvero Sandone e Tizzy, con la allora pupa Leila, dopo un viaggio di due giorni a bordo del nostro Kangoo. Il viaggio è stato abbastanza fortunato, se si pensa che al seguito c’era ogni sorta di bagaglio. Ivi comprese due biciclette nomadi che hanno fatto su e giù dall’Olanda, facendo parte delle dotazioni di Pinta la prima barca, e che furono comprate niente po’ po’ di meno che in quel di Maastricht. Verso le 19 siamo in zona, ma prima passiamo a Wolwega per una birra e, intorno alle 23 abbiamo fatto fuori una pasta e fagioli, mentre in giro c’è il panico di buste, accessori e mille altre cose. Amphitrite è grande, ma a volte non lo sembra, e la sera finisce comunque in bene e contenti, mentre domani si riprenderanno i preparativi del viaggio. 20.6 - Giornata stanziale, è domenica, é quasi tutto chiuso. Amphi ha biso-
gno di un controllo all’alternatore perché la spia di ricarica diventa rossa e il cicalino continua a suonare, anche se il motore parte regolare regolarmente. Angoscia normale per questo inconveniente e spero che si risolva in qualche modo, pensando anche che fino alla prossima tappa comunque non sarebbe stato un problema. La questione poi si risolverà e scoprirò che era solo un problema di mettere su di giri l’alternatore ed eliminare così la patina dalle spazzole del rotore. Più che io, lo ha scoperto Joan Bushes, amico e collega di vecchia data che vive proprio a Lemmer e che nel pomeriggio era passato a trovarci. Joan ha rappresentato un punto importante per le nostre storie di barche in Olanda, e anche se non è stato citato sul precedente diario di viaggio “Di Chiusa in Chiusa”, è stata una delle persone strategiche per l’avventura iniziata con Pinta a soli 50 km da Lemmer verso SE, ad Harderwijk, dove Pinta fu scovata e da dove iniziò il primo viaggio. Dal Tacozijl, il cantiere di Lemmer, si fa un leggero giro seguendo il canale
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I luoghi notevoli della tappa Harlem - Tilburg
a nord e si torna poi verso sud-est per affrontare la chiusa e uscire quindi nel mare dell’Ijsselmeer per proseguire verso Enkhuizen per 30 km circa. Fatta la rotta e messi giù i WP per la navigazione, il più è fatto. Poi è bastato seguire al wp alla fine della diga foranea, ovvero all’uscita dal canale, quello a 6 miglia circa sulla rotta per Enkuizen, e infine l’ultimo all’arrivo stimato. I WP usati impiegati sono quindi i seguenti: WP1 N 52° 50’,50 E 5° 40’,25 WP2 N 52° 49’,00 E 5° 36’,00 WP3 N 52° 42’,50 E 5° 19’,40 Le carte necessarie ad intraprendere il vero viaggio da Enkuizen sono diverse, e bisogna scomodare le carta F, G e H dell’Olanda, i cui riferimenti trovate in fondo al volume. 22.6 - Alle 8.30 si attua il programma di viaggio, potenza al motore con
pieno di gasolio e acqua. Alle 9.00 in punto si passa la prima chiusa e alle
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9.50 siamo verso il WP2. Si naviga senza problemi in un mare bello e liscio. Andiamo a motore con albero in coperta, il vento non ci aiuterebbe, ma il sole e la giornata in generale portano un piacere divino in questo mare basso e sicuro. Poche barche, fino a quando arriviamo in vista della terra ferma e dell’area di Urk e del Markermeer che porta verso il golfo di accesso ad Amsterdam ed è quindi inevitabile incontrare barche di ogni genere. Sul giornale di bordo il segnaore va da 569.21 a 573.81, che in parole povere fanno poco meno di 5 ore, le prime ore di navigazione per noi e per la nostra nuova e stupenda Amphitrite. Arrivati a Enkhuizen ormeggiamo e procediamo alla “scoperta” della città, dove dovremo attendere la capitana in seconda, nonché armatrice Laura. La città è divina come tutte le città olandesi, oltre al fatto che questa è patria del mare del nord ed è sede di tantissime barche caratteristiche della battelleria storica Dutch (sailing barges o barche da trasporto a vela - www.hollandsail.com/ships). 24.6 - È giorno di arrivo della comandante Laura, che è attesa intrepida-
mente da tutti noi per proseguire insieme il viaggio verso sud-ovest, passando più o meno paralleli alla costa del mare del nord olandese. 25.6 - Si parte sul serio in direzione Medemblick a poco più di 15 km verso
Nord. Alle 8.10 (573.80) motore acceso, si esce nel IJsselmeer e si prosegue fino alle 14.50. Poi sosta rifocillante anche per Amphi con 10 litri di gasolio. Infine dopo una giornata di navigazione ci fermiamo verso le 18.30 lungo il canale di Alkmaar, sulla strada verso Harlem. 26.6 - Arriviamo ad Harlem a gettare le cime in un piccolo approdo tra
due ponti. Finalmente una prima tappa di riposo, equipaggio al completo e voglia di evadere verso il mare. Il giorno dopo infatti noleggiamo delle biciclette e, con Metaxa in prima fila andiamo verso il mare del nord. Haarlem è una città speciale nata intorno al 1245, a soli 15 minuti da Amsterdam. È la capitale del Randstad, e ha poco meno di 200 mila abitanti. È considerata una delle città importanti per il lavoro, e a noi tutti è sembrata molto attiva e strategica. Con soli 15 minuti di bicicletta si arriva alle dune sabbiose del Nationaal Park Zuid-Kennemerland sul mare del nord.
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Una giornata indimenticabile al mare. Primo bagno di Metaxa nelle pozze d’acqua lasciate dall’alta marea. Anche per tutti noi è una prima e inaspettata vacanza marinara. A parte ciò la cosa divertente è stata la scampagnata in bicicletta, in un bellissimo parco che termina sulle dune. Metaxa in bicicletta che abbaia se non è la prima della fila, mentre procede nel suo “porta Metaxa di fortuna” montato sulla bici da uomo. Non c’è che dire, ci siamo rilassati e decidiamo quindi di rimanere ancora un paio di giorni. Riposo e godimento dell’Olanda, più bella di sempre. 29.6 - Dopo 2 giorni di riposo, ci rimettiamo in viaggio verso sud-ovest, e
proseguiamo quindi verso Gouda. Mattinata normale di sole. Alle 10.50 dopo rabbocco di 15 litri di gasolio, motore ai giri standard e via lungo il canale. Verso le 18 cominciamo ad accusare la stanchezza della lunga navigazione mentre per fortuna alle 19 arriviamo in un porticciolo dove passeremo la notte. Nel giro di poco diventa buio e andiamo alla ricerca di un posto dove rifocillarci. Tutto OK fino a notte iniziata, ma alle 3 ci ritroviamo tutti svegli in pozzetto a causa di un esercito di zanzare che ci ha letteralmente assalito. Ecco spiegato il motivo di alcune reti messe all’imbocco dei passauomo di alcune barche. In breve ci ritroviamo alle 7.30 pronti alla partenza, cercando di sfuggire a questa notte insonne. Nel giro di poco riprendiamo il canale verso la prossima tappa a Tilburg, dove passare così qualche giorno con gli amici della Alberts Family, ovvero Deesi, Hennie e i due stupendi pargoli Kiel e Jettka. Appena partiti smaltiamo un po’ perché Sandro, assistente alla navigazione, non riesce a trovare l’apposita carta, e così il comandante deve distrarsi dal suo compito principale, e alla fine è premiato dal ritrovamento della carta medesima. La nostra vecchia carta K Grote Rivieren Midden 1:50.000 (ANWB), già usata per il precedente viaggio. Ripassiamo nei pressi di Dordrecht, sulla stessa via seguita da Pinta tre anni prima. Infine arriviamo a Tilburg, dopo aver passato la grande chiusa, e verso le 19.30 siamo nel nostro porticciolo Plusiehaven, dove lasceremo per un po’ Amphi come fu per Pinta. Tilburg è ormai una città nota, almeno per me, la mia signora e Metaxa.
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Ci fermiamo quindi per un paio di giorni, e passiamo belle ore con Desi e Hennie, a bere, a chiacchierare e a cena nel loro garden annesso alla bellissima casa dell’epoca in Oude Langstraat. Una fattoria in miniatura, galline comprese, verde e giochi per i pargoli, mentre la nostra Amphi è lì che ci fa vivere il viaggio come vita quotidiana, con le nostre piccole e grandi cose. Come vivere in una casa galleggiante. La famiglia Carpegna dopo un paio di giorni prende un volo verso Roma, mentre Metaxa Family riprende la via di Roma con il kangoo, nel frattempo recuperato andando in treno fino a Lemmer e tornando in giornata. Si parte quindi, non prima di aver sistemato la nostra Amphi, che ci porterà verso sud nel nostro viaggio master, più comodi e più rilassati che nel primo viaggio a bordo di Pinta. La nostra barca è finalmente un must, con una cabina di poppa che ci rende indipendenti dal disordine della dinette e del pozzetto. Lasceremo quindi la nostra Amphi qui a Tilburg fino a fine luglio, dopo aver fatto il primo viaggio per un totale di 39 ore circa di navigazione. È il 2 luglio 2010, e si giocano i quarti di finale di Sudafrica 2010, con Olanda - Brasile che finirà 2 a 1.
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Da Tilburg a Compiegne - 2 5.8 - Riprendiamo possesso di Amphi dopo un mese circa passato in Italia,
e per prima cosa controlliamo i livelli, mentre il 6/8 facciamo i conti con la capitaneria e paghiamo circa 206€ per poco più di 30 giorni. Alle 9.50 in ogni caso ci avviamo verso il ponte girevole del Plushaven, che varchiamo per la seconda o terza volta nel nostro girovagare. Prendiamo ovviamente il canale che va verso Breda e alle 15.15 mettiamo un picchetto subito dopo un ponte in direzione del porticciolo cittadino. Laura rimane in barca e io e Metaxa andiamo a fare un giro per Breda, città abbastanza conosciuta perché luogo di residenza di Desirè per lungo tempo e dove diversi amici del nostro giro hanno passato in tempi diversi delle belle giornate. Ci è costato 5€ senza servizi, ma abbiamo avuto anche l’occasione di comprare il portapacchi che diventerà poi il porta Metaxa installato sulla bicicletta di bordo. 7.8 - Rimbocchiamo 10 litri di gasolio, pioviggina e alle 9.20 lasciamo l’ormeg-
gio e andiamo verso Tholen. Da lì seguendo il canale della Shelda si va verso Anversa, o Antwerpe, capoluogo della regione e seconda città del Belgio. Alle 18.15 arriviamo a Tholen al WSW De Kogge. Acqua, luce, bagno, ma nessuno in vista. Stanchi, dopo cena facciamo un giro fuori della marina, avvistiamo un posto dove vendono liquori olandesi, putroppo chiuso 8.8 - Ci riforniamo di acqua e lasciamo 10€ dentro la busta per l’ormeggio.
Alle 10.15 dopo aver rimboccato 18 litri di gasolio, si riparte. Il comandante distratto ci fa rischiare l’incaglio, avendo passato una boa a sinistra, invece che a destra. La situazione si risolverà con l’aiuto di due barche di passaggio, le quali ci porteranno fuori dalla melma, dopo averci lanciato un paio di cime. In effetti era un canale assai strano e sospetto e io non avevo ben capito che dovevo solo tenermi sulla linea delle boe. In ogni caso alle 10.30 siamo di nuovo sulla strada, e anche se sarà una giornata lunga e stancante, si concluderà con il lieto fine di un ormeggio nel centro di Anversa e una cena a base di Moule & Frites che è poi il piatto nazionale Belga. Tutto il
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Da Tilburg a Compiegne
giorno passa quindi a percorrere l’interminabile canale commerciale che porta dall’Olanda ad Anversa, questo perché non avendo una carta adeguata, non abbiamo capito che di fatto esisteva un canale parallelo solo turistico. In ogni caso alle 15 circa passiamo il ponte che ci introduce nello Jachthaven Antwerpen Willemdock, e dopo aver atteso circa 15 minuti, un gommone viene a dirci che si apre la chiusa e che possiamo entrare nel porto. All’ufficio della capitaneria acquisteremo poi anche una carta nuovissima dei canali del Belgio, cosa impossibile da trovare prima proprio perché nessuno l’aveva editata e bisognava affidarsi agli editori di carte per l’Olanda. La sera continua con cena sotto la cattedrale di Anversa con menù classico già descritto sopra di qualche riga. La mattina dopo di buon ora faccio un giro per il vecchio porto e scorro a passo veloce davanti ai vecchi Dockers, dove nel 1700 venivano caricati e scaricati i vecchi brigantini che facevano su e giù dal sud America e dall’India con le merci pregiate dell’epoca come caffè, thè ed altre spezie.
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9.8 - Facciamo il pieno di gasolio con le nostre taniche, ne rimbocchiamo
7 litri circa, e alle 11.30 lasciamo il porto di Anversa. Il programma di viaggio prevede di fare una puntata a Gent, dove aspetteremo Rosaria che viene da Firenze via Aeroporto Charleroi, ma uscire da Anversa non è proprio facile, e forse facciamo le cose troppo affrettate senza studiare bene la situazione. Di fatto percorreremo poi l’unico canale ancora esistente, la Schelda1, che non è regolato dalle chiuse, bensì dalle alte e basse maree con una escursione di 4-5 metri, e di conseguenza con forti correnti che cambiano direzione in funzione delle maree. Capiamo questa cosa solo alla fine del canale, quando arriviamo ad un porticciolo di Gent, anche se in effetti qualcosa non ci tornava sul fatto che la corrente fosse veloce e contraria. Nello stesso tratto infatti ci è capitato di dover mollare repentinamente gli ormeggi su un approdo per i cosiddetti “caronti” perché le cime stavano mollando e la barca traversava, con l’aggravante che Metaxa era a terra perché pensavamo che volesse fare i suoi bisogni. Per fortuna non è andata in panico e ha eseguito gli ordini aspettato fiduciosa. In un secondo passaggio veloce e un migliore ormeggio abbiamo recuperato il cane e abbiamo proseguito, ripartendo con una velocità quasi immediata di 13 km l’ora, cosa veramente sospetta. Anche l’avvio a questo tratto non è stato però dei migliori, perché abbiamo dovuto passare una enorme chiusa insieme a un paio di barche da diporto e quattro enormi peniche a cui ci siamo anche dovuti ancorare, e all’apertura della chiusa non si capiva chi passava prima e chi dopo, fino al rischio incidente dovuto al fatto che sottobordo alle peniche è sempre un gran casino, visto che loro non ti vedono e tu sei piccolo e insignificante. Mettici poi l’inesperienza in questi scenari e il rischio diventa incognito. All’uscita della chiusa si poteva andare tanto a destra che a sinistra, ma non sei sulla strada e non puoi mettere il freno a mano, e devi decidere tutto anche velocemente. Arriviamo infine verso le 8.30 di sera in quel del Merelbeke Jachthaven, e con grande nostra fortuna ci succede di incontrare una persona speciale che si chiama Rocco, è di origini italiane e se non bastasse, proprio del paese del comandante, ovvero Potenza.
1) La Shelda è un lungo fiume che nasce in Francia e attraversa il Belgio, e prosegue in Olanda. https://it.wikipedia.org/wiki/Schelda.
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Non vi è nulla da dire, la serata continua allegra e ci offre un’ottima birra al bar del porto, di cui lui è il gestore, che nei giorni successivi impareremo a conoscere meglio. Rocco Lioi è venuto in Belgio da figlio di emigranti minatori, e non poteva nemmeno farsi vedere in giro perché ai suoi tempi era vietato avere dei bambini, con un atteggiamento repressivo nei confronti degli immigrati, cosi come è oggi in tutta europa. Conosciamo infine sua moglie che stava sistemando il bar, infine esausti ritorniamo in barca, mangiamo e crolliamo nella nostra stupenda cuccetta di poppa. 10.8 - Giornata non proprio solare, decidiamo di fare il minimo indispen-
sabile e ci attrezziamo per andare alla stazione di Gent dove arriverà Rosaria, una vecchia amica di Firenze. Il porticciolo è fiancheggiato da un parco su cui la nostra Metaxa può fare scorribande senza pericoli in vista. D’altronde la copertina di questo diario di bordo lo dimostra. In mattinata tardi montiamo un cestino sulla bici da uomo, ci facciamo accomodare Metaxa e ci dirigiamo verso la stazione di Gent, portando al seguito anche un monopattino per la nostra amica. Quando l’abbiamo recuperata torniamo verso la nostra Amphi sotto una leggera pioggerellina, ma per fortuna siamo sulla pista ciclabile che fiancheggia lo Schelda e in breve, senza tanta fatica, siamo a bordo a rifocillarci. Nei giorni successivi faremo un paio di visite a sfondo turistico a Gent e Brugges. Il 12 si va con il treno a Brugges e al ritorno Rocco e la moglie ci passano a prendere per andare a mangiare una pizza. Visto che non era consentito portare Metaxa dentro al ristorante proviamo a lasciarla in barca, ma con scarsi risultati. Quindi lasciamo il cane legato in uno spazio di sicurezza e ci godiamo una serata mangereccia con menù classico italiano. 13.8 - Rimbocchiamo 9 litri di gasolio e alle 10.10 riprendiamo la naviga-
zione lungo la Schelda, in direzione Tournai, verso il confine francese. Alle 20.30 siamo in un pontile che può ospitare solo 5 barche, e noi siamo la 6°. Non possiamo che fermarci in seconda fila in attesa di miglior sorte, che arriva inesorabile la mattina dopo quando due barche ritirano le cime per proseguire verso altre destinazioni. È il 14 agosto e verso le 15 circa arrivano i nostri amici di Tilburg, Alberts
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Family al completo, che nel frattempo rientrano da Saintes Maries de la Mer in Camargue. Passiamo mezzo pomeriggio insieme e poi baci e abbracci fino alla prossima occasione lungo la nostra rotta verso il sud della Francia. In banchina qualche contatto e un signore olandese ci da qualche informazione sui canali che affronteremo nei giorni a seguire. Poi cena e infine ninna nanna cullati dal canale che in questa parte è abbastanza ampio e quindi un po’ ti illude con lo sciabordio che ricorda il mare. Il giorno dopo riposo e visite cittadine, poi ci si prepara alla Francia, che raggiungeremo a ferragosto. 15.8 - Rimboccati 13 litri di gasolio, alle 10 si mollano gli ormeggi e si
riparte alla volta della Francia, ma con un problema enorme che è quello di fare la vignette il 15 di agosto, e non sappiamo se di fatto troveremo qualcuno ad assisterci. Il confine è a soli 9 chilometri in quel di Péronnes e, anche se le barriere tra gli stati sono virtualmente superate, le questioni operative, specialmente sui canali, non sono ancora unificate. Il problema non è però solo la vignette ma anche le carte che non abbiamo fatto in tempo a reperire, visto che il precedente viaggio era su tutt’altra direttrice. Comunque andiamo e sembra che non si arrivi mai, forse per colpa del tempo uggioso e della distanza che non è mai quella che uno si aspetta. Arrivati all’incrocio del Mortagne du Nord ci rendiamo conto che il canale è chiuso, e quindi proseguiamo sull’Escaut. Giunti alla prima chiusa francese, dopo un po’ di giri a vuoto, entriamo in un ufficio e troviamo un addetto giovane e simpatico che ci fa la pratica di ingresso nei canali francesi. Ovvero ci registra nel sistema informativo che in tutte le chiuse presidiate è attivo e viene usato per controllare il passaggio delle imbarcazioni e dei natanti. È il motivo per cui è consigliabile tenere ben in vista il nome o l’identificativo della barca e anche della vignette. La dea bendata ci regala anche altre cose, e lo stesso operatore si organizza con un collega del VNF di stanza alla chiusa di Tritu St.Leger per l’emissione e il pagamento della vignette. Infine ci regala una carta generale dei canali e possiamo così proseguire.
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La nostra intenzione, vista la data festiva del 15 agosto, era quella di fermarci a Valenciennes, ma non siamo riusciti a trovare altro che attracchi per peniche, e così senza pensarci due volte abbiamo proseguito per la chiusa di Tritu St. Leger, dove arriviamo verso le 17.15. Lì troviamo una comoda bitta galleggiante, facciamo infine la vignette e ci ormeggiamo subito dopo la chiusa, che oggi, visto che è domenica, chiude alle 18. Il pomeriggio è stato abbastanza inclemente, a giudicare dai diversi e scatenati rovesci. Ma forti del confort estremo a bordo della nostra Amphitrite, che possiede un pozzetto al coperto e una dinette ben vivibile, abbiamo potuto preparare una cena degna di un ferragosto in trasferta. Menù composto da seitan preparato in barca, riso e minestra di fagioli, patate e leccornie varie innaffiate da vino bianco e birra.
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In onore della nostra entrata in Francia il tempo metereologico si è proprio scatenato e alle 8 del mattino successivo, ora in cui aggiornavo il giornale di bordo, erano esattamente 13 ore di pioggia intensa e ininterrotta. La speranza era quella di una tregua di qualche ora. Giusto il tempo di arrivare in un porto dove goderci un po’ di cibarie e sentirci un po’ al calduccio. Ma niente da fare, sembra proprio che sia arrivato il diluvio universale. 16.8 - Pioggia a gogò, ma nonostante tutto dobbiamo alzare le tende e alle
9.15 si riparte verso sud alla ricerca di un approdo nella regione dello champagne. Passiamo diverse chiuse e incroci di canali, fino al Canale de la Sensèe che porta al punto di inizio del Canal du Nord in località Arleux. Alle 13.30 ormeggiamo tra mille peniche e ci facciamo 2 brodi caldi in previsione di passare qui il resto della giornata nell’attesa che spiova. La speranza infatti è che l’indomani ci sia una tregua cosicché, percorso tutto il Canal du Nord, entreremo finalmente nello Champagne. Rosaria è distrutta, soprattutto dopo l’inzuppata dovuta ad un’oretta passata sotto la pioggia alla ricerca di un supermercato, infine trovato ma a caro prezzo. 17.8 - Dopo aver rimboccato il gasolio partiamo speranzosi in un tempo mi-
gliore, ma la speranza dura poco ed ecco di nuovo la pioggia. Il tutto per fortuna dura solo qualche ora, e per il resto della giornata niente pioggia e appare anche qualche tratto di cielo limpido. Passiamo il più lungo tunnel mai fatto sui canali francesi, il tunnel di Royalcourt che è di 4.3 km. Un’ emozione unica videoregistrata e a doppio senso. Infatti dopo aver atteso il semaforo verde entriamo e di lì a poco ci accorgiamo che una enorme peniche sta navigando in senso contrario al nostro, e dopo poco ci incrociamo. Dopo questa emozione si viaggia senza sosta. Poi la pioggia ci saluta e approdiamo un po’ umidicci nel marina di Péronné, non prima di aver rischiato un incaglio per cattiva segnalazione del canale di collegamento e per la stanchezza dell’equipaggio. Péronné è un posto famoso per i campi di battaglia della prima guerra mondiale, e varrebbe la pena fermarsi qualche giorno, ma anche se sem-
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bra un ottimo posto di hivernage, non è per niente collegato. Il porto è un tutt’uno con un campeggio, la sera cena tranquilla, con aggiunta di patatine fritte a gogo comprate da un furgone ambulante che è nei pressi. Infine tiratardi di chiacchiere e quindi nanna. 18.8 - Si riempiono le taniche di gasolio e alle 10.30 si riparte in direzione sud. Ancora una giornata tranquilla e ancora un tunnel, il Souterrain de la Panneterie, di 1Km circa. Si arriva infine nei pressi di Noyon verso le 18.45 e rimaniamo prima della chiusa dalle parti di un silos. Noyon non è una zona tranquilla e quindi ci viene consigliato di non sostare in zone troppo evidenti come la zona della chiusa, e di fatto andando alla ricerca di qualcosa da mangiare troviamo un posto di blocco, e mentre rientriamo lungo il canale, degli stronzi tossici che passavano in macchina ci rompono le scatole proponendoci l’acquisto di qualcosa. Abbiamo tentato di trovare il Porto di Pont-l’Évêque ma senza risultati, così alla fine siamo andati a nanna. 19.8 - Si parte alla solita ora alla ricerca del porto ideale per lasciare all’Hi-
vernage Amphitrite. Procediamo verso Compiegne, dove arriviamo attorno alle ore 12, dopo essere passati per Lonqueil-Annel, definita anche la città dei “penisciari”, famosa al punto di avervi installato un vero e proprio museo che consigliamo a tutti di vedere. Troverete infatti video e altri materiali, compresa una istallazione 3D, che vi racconteranno come nasce e come si trasforma la società francese che vive lungo i canali. Una vera e propria civiltà, un popolo di trasportatori la cui necessità primaria fu risolta costruendo delle scuole permanenti per i figli di questa classe operaia, figlia della seconda rivoluzione industriale europea, quella del movimento delle merci (https://youtu.be/KLNGUxR5htc). A Compiegne invece grossa delusione. Il porto non sembra essere proprio accogliente per lasciare a riposo la nostra Amphi, oltre al fatto che l’addetto è irreperibile. Proseguiamo quindi ancora a sud verso il prossimo porto di plaisance che si trova a Jaux. Un posto a modo, non proprio di lusso, ma con servizi e un bar ristorante niente male, ma soprattutto vicino ad una fermata di treno che in meno di un’ora ti porta a Parigi. Bene, siamo arrivati a destinazione, anche se più che un porto, il posto somiglia a un semplice approdo lungo l’Oise, in una
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La regione parigina
specie di ansa in prossimità di un ponte. Ad ogni passare delle numerose peniche da lavoro un’onda continua di 20-40 cm si scatena per pochi secondi. Ma almeno ha i pontili galleggianti e quindi una sicurezza in più in caso di piena. Lasceremo qui Amphitrite per l’inverno e la primavera, facendo un viaggio invernale sia noi che la nostra amica Rosaria accompagnata dal compagno Andrea. Il giorno dopo prendiamo armi a bagagli e in bicicletta ci spostiamo a Compiegne, che dista solo qualche chilometro. Metaxa, comoda comoda nella sua sporta di vimini non batte ciglio, mentre Rosaria ha già preso la strada del ritorno a bordo di un altro treno. A Compiegne prendiamo il treno e facendo un percorso a tappe via Parigi, Brussels, Anversa, Rosendal e infine Tilburg, recuperiamo la nostra macchina e facciamo un saluto veloce ai nostri amici di Albert Family. Ci rimettiamo in cammino verso la nostra barca che si trova a circa 350 km in direzione sud-ovest, dove arriveremo alle 10.30 di sera un po’ stanchi ma molto felici della nostra avventura. Il giorno 21 lo dedichiamo al riassetto della barca, con cambio della bombola del gas che sul più bello della colazione ci molla. Poco male, il bar del
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Relaise du Port è a solo 100 metri e la colazione la facciamo lì come molti altri armatori o avventori. A natale non ci facciamo mancare una visitina alla nostra Amphi, ed è l’unica volta che viaggiamo senza Metaxa che è in custodia da Luisa e Anna a Roma. Facciamo quindi un viaggio comodo, aereo più macchina a noleggio, e passiamo 3-4 giorni da turisti veri andando in visita al famoso castello di Fontainebleau. Piccola vacanza nella vacanza, un giorno passato tra visita al castello e al villaggio. Ci rifocilliamo e facciamo piccoli acquisti al mercatino artigianale aperto per le feste natalizie.
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Da Compiegne a Nevers - 3
Da Compiegne a Nevers è il viaggio calmo che passa per Parigi, a bordo della nostra casa galleggiante, un viaggio lento verso il sud. 7.8 - Noi tre soli, ovvero io mia moglie e il cane, arriviamo a Jaux verso le 21
a bordo di Amphi dopo un viaggio in auto abbastanza da incubo. Partiti da Castelferretti (AN) alle 7.50 del giorno 5/8 con equipaggio ridotto, visto che i fratelli Pantano ci hanno dato buca. Arriviamo a Mulhouse in forte ritardo alle 24.30, a causa di 4 ore di fila al San Gottardo. A Lucerna autostrada bloccata senza che la radio ci avesse avvertiti, e altro girone infernale. Pernotto in albergo caro e schifosetto, ripartenza e viaggio relativamente sereno fino a Epinal, dove ci accorgiamo di aver lasciato il marsupio pieno di soldi e documenti al tavolo della colazione di Mulhouse. È immediato il dietrofront verso il pacco ricco, e alle 13.30 si riparte sotto un diluvio permanente. All’arrivo a Jaux solo la gioia di Metaxa e le sue scorribande sul prato hanno risollevato il morale di queste 48 ore da dimenticare. In compenso all’interno di Amphi tutto perfetto: Rosaria e Andrea sono stati qui in vacanza una settimana e ci hanno fatto trovare tutto in ottime condizioni, compresi 2 regali. Uno per la barca e uno per noi. Un aspirapolvere portatile e 1 kg di zucchero in zollette per addolcire un po’ la nostra litigiosità. 9.8 - Si riparte finalmente verso Parigi e poi verso sud ancora. Lasciamo
quindi Jaux con 682h motore alla volta di Creil. Sono le 9.0 e ci accingiamo nell’igiene personale. Laura ha trovato le sue dotazioni per la navigazione, Metaxa è onnipresente, tutti i livelli sono OK, e alle 10.30 prua verso Parigi, che si trova a circa 100 km. Navigazione regolare e qualche chiusa di appena 1.50 m, verso le 17 siamo all’altezza di Criel e dopo qualche chilometro ci fermiamo per una meritata pausa. Ripartiamo dopo un po’ e alle 19 circa ci fermiamo in un pontone in quel di Persan al K 34, giusto qualche km dopo la chiusa di Boran. Il posto è bello e tranquillo ed è vicino all’area commerciale. In effetti
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Da Compiegne a Nevers
poco prima del pontone sulla sinistra c’era un’area verde dove si poteva attraccare, poco distante dall’area di sosta delle peniche. La nota di oggi è positiva, siamo al primo giorno di navigazione della terza tappa del viaggio con Amphitrite, e nello stesso giorno avremo un incontro casuale che si trasformerà in una bella amicizia nata sui canali. Incontriamo infatti una famiglia di Italiani a bordo di Sanguetta (sanguisuga in genovese), barca
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a motore, blasonata e costruita in Olanda. Facciamo anche conoscenza di una coppia di inglesi che viaggiano su una barca a vela con albero sdraiato come noi. Abbiamo piccoli problemi meccanici, che però non ci fermano. Si è rotta la cuffia paragrasso del giunto di collegamento asse motore-elica e la pompa dell’acqua perde appena qualche goccia. In 7.5 ore di navigazione effettiva abbiamo percorso solo 57 km e passato 4 chiuse. Il tempo si è messo al bello e nel pontone di Persan non si paga nulla. Metaxa può scendere dalla barca da sola per fare i sui bisogni sul prato che costeggia il lungofiume. Mia moglie ha fatto incetta di biscotti e salumi che non hanno bisogno di frigorifero ed ha acquistato una bottiglia di acqua di colonia alla lavanda, pagata meno di 2€ x 250 mL a 70°, e dice “Siamo o non siamo dei veri signori ?? Del resto per un motivo o per l’altro è dall’Italia che non ci laviamo per bene, coprire gli odori come al tempo di Luigi XIV ci è sembrata una scelta naturale”. 10.8 - Si riparte alle 10.07 dopo rimbocco gasolio. C’è il sole !!!! e alle 14.45
siamo finalmente sulla Senna. Proseguiamo tranquilli e ci fa un certo effetto essere sul fiume che ci condurrà verso la mitica capitale francese, semplicemente a bordo della nostra barca, che è un po’ come sentirsi a casa propria. Il fiume è veramente imponente e lo stesso sono le strutture e i posti a bordo riva, e si percepisce in qualche maniera che siamo sulla via di una grande città europea. La giornata è bella e non ci sono contrattempi, quindi alle 18.15 ci fermiamo al pontone “fua di chatou” al K 45.5 in località Bras de Merly. 11.8 - Riempito il serbatoio di gasolio con 12 litri circa, mentre ci prepa-
riamo a mollare gli ormeggi, passa il team di Sanguetta che noi invece pensavamo ormai già in quel di Parigi visto che la loro barca è di quelle serie e sostenute da un motore adeguato. Invece no, erano dietro l’angolo a riposare e Livio, come sempre vigile al timone, accosta e ci scambiamo un po’di informazioni. Rimaniamo con un appuntamento ad un’ora indefinita al porto dell’arsenale e quindi alle 9.07 molliamo la banchina e ci rimettiamo in navigazione. Fino all’ingresso nell’area di Parigi la Senna è una fila incredibile di peniche abitate, terrazzi e locali. Un sogno che diventa realtà per molti che possono fregiarsi di abitare nella più bella città del mondo, in uno scenario
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da bohemien come pochi possono permettersi. Ma appena ci si avvicina alla città vera, allora sbucano le baracche sotto i ponti, lungo gli argini e sotto i viadotti, così come più o meno si può vedere a Roma ma con molta meno poesia. In ogni caso alle 14.45 arriviamo al ponte dell’Ile del la Citè, dove un semaforo regola il passaggio. Pieno di polizia fluviale che non sappiamo cosa fa, ma che in ogni caso ci fa aspettare le 15.00. Passiamo e ci dirigiamo di fronte allo zoo e alla banchina della polizia fluviale, in attesa di accedere al Port dell’Arsenal. Ci prenotiamo citofonando da un pontone galleggiante, poi ci mettiamo in attesa per un’oretta. Ci proviamo almeno 2 volte, ma la precedenza va alle barche turistiche, ovvero ai bateaux mouches che scorazzano senza tregua. La prima volta proviamo ad andare e dopo poco il semaforo diventa rosso. Poi almeno 2 battelli in entrata, e una proposta di passare in formazione da sardine. Questo fino alle 16.45, quando decidiamo di alzare le tende, e anche se ci dispiace molto saltare lo storico Porto dell’Arsenal e di dare buca ai nostri amici genovesi, proseguiamo fino a trovare un pontone free, dopo la chiusa di Alfortville e all’incrocio senna marna. Un pontone in un parco a poca distanza da una fermata della metro che ci attendeva e che si presterà ad una breve vacanza parigina veramente bella e senza costi aggiuntivi. 12.8 - Sveglia comoda e colazione e ci dirigiamo poi verso la linea 8 della
metro che è a vista dal nostro pontone. Scendiamo alla fermata della Bastiglia per dirigerci verso l’arsenal, e appena fuori incontriamo i genovesi di Busalla, finalmente passiamo un po’ di tempo con Livio, Angela e Giulia, con cui diventeremo poi amici, e che continueremo a vedere per il resto della nostra vita. Livio e Angela hanno navigato in UK, attraverso loro conosceremo Busalla e il sig. Castruccio che fa parte delle cose mitiche che ti possono capitare una sola volta nella vita. 13.8 - Si riparte, motore 706.8 e rimbocco 10 litri di gasolio, infine la par-
tenza verso le 11.10. Si passa la chiusa di Alfortville e alle 11.30 siamo di nuovo in navigazione sulla Senna. Navighiamo tutto il giorno con tempo
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nuvoloso e alcuni momenti di pioggia, alla ricerca di acqua e di un posto dove passare la notte. Non abbiamo ancora idea di cosa fare, ma l’incipit è andare verso sud a cercare un posto di hivernage per Amphitrite. Siamo senza carte vere e alle 19 siamo costretti a fermarci prima della chiusa di Melun. Non abbiamo bitte adatte a noi, e siamo costretti ad usare i paletti di recinzione di un piccolo parco. Alle 19.50 siamo al bar del minuscolo parco sulla riva destra. Facciamo in tempo a bere una birra, che costa la metà che a Parigi e molto meno che a Compiegne. Poi in barca con umore pessimo per la giornata piovosa e umida. 14.8 - Fatti i livelli, alle 9.20 molliamo le cime e superiamo la chiusa che ci
reimmette sulla Senna. Verso le 15 arriviamo al bivio che porta sul Loing. La priorità è diventata farsi una doccia e fare acqua, quindi andiamo alla ricerca di un posto, e ci fermiamo un po’ più giù ad un halte de plaisance di Moret sur Loinge. Qui paghiamo 10€ per la barca, e acquistiamo due gettoni per la doccia per 2€ cadauno. Il posto è incantevole, e ci accorgiamo che il terzo membro dell’equipaggio, la signorina Metaxa, sta andando in calore. 15.8 - È ferragosto, ma decidiamo di navigare e alle 10.35 molliamo le cime
e facciamo la prima chiusa sul Loing che è lì accanto a noi. Su questo canale le chiuse sono tutte manuali e per questo i tempi di percorrenza sono un po’ più lunghi. Inoltre i chiusari fanno gli orari canonici 9-12 e 13-19, la qual cosa rallenta un po’ il passaggio delle chiuse come fu nel canal dell’Est. Sfruttiamo comunque tutti i tempi, e alle 19.15 ci fermiamo in un pontone, subito prima della chiusa di Brise Barre (h 6 del Loing o km 11). La nostra cena di ferragosto è a base di fusilli conditi con panna finta, cipolle e prosciutto cotto. Secondo a base di tonno e fagioli con cipolle. Da diversi giorni non facciamo la spesa e non abbiamo più cibi freschi. Passeggiata dopo cena a NARGIS, ma non c’è anima viva. 16.8 - Oggi è l’83° compleanno di Luisa, la madre di Laura. Come da pro-
gramma alle 8.50 romba il motore e si parte. Alle 13.30 abbandoniamo il canale del Loing ed entriamo nella chiusa che ci introduce al Canal de Briare. Alla pausa pranzo dei chiusari siamo alle porte della Chiusa di Peinette. Si fa
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il rabbocco gasolio e alle 14 riapre la chiusa. Il chiusaro un po’ anzianotto ci chiede se abbiamo fretta o possiamo aspettare la barca che segue che arriverà in 1⁄2 ora, ma 30 minuti sono un po’ troppi e quindi chiediamo di passare. Alle 14.30 siamo alla chiusa 31 dove non c’è nessuno, la chiusa è aperta ed entriamo, e dopo 15 minuti in cui nulla accade, chiamiamo il numero telefonico affisso nella chiusa. Risponde lo stesso chiusaro di prima, che ci parla di qualcuno che arriverà e che la barca che ci segue è nella chiusa precedente, ma dopo questa frase cade la linea. Noi intanto siamo legati alla scaletta centrale della chiusa, visto che non esistono altre possilità di attracco. Alle 14.55 arrivano comunque dei chiusari che ci ignorano, ma alle 15.05 arriva l’altra barca e dopo 5 minuti abbiamo passato la chiusa, a dimostrazione che sono i tempi di attesa quelli più imprevedibili. Le chiuse dalla 30 alla 27 sono quasi attaccate l’una all’altra e alte sui 4 metri. In una delle barche con cui stiamo viaggiando, per l’esattezza una barca belga, la moglie scende prima della chiusa e va avanti a piedi per aiutare il comandante ad ormeggiare in chiusa. Sulle chiuse c’era un’unica scaletta ed era esattamente dall’altro lato della tirette (sistema di attivazione della chiusa), per cui diventa veramente complicato ammarare e attivare la tirette, ma in ogni caso alle 16.20 ci lasciamo la chiusa 27 alle spalle. Alla chiusa 25 di Lepinoy litighiamo con il chiusaro perché volevamo fermarci in un punto che secondo lui non andava bene, ma in ogni caso passata la chiusa alle 18.45 arriviamo al porticciolo di Chatillon-Coligny. Sorpresa, attracco e luce sono gratuiti, ma la doccia costa 2 euro. Verso le 7 facciamo un giro per la cittadina, piuttosto decadente, negozi chiusi, bar compresi. Solo una birreria è aperta anche se chiuderà da lì a poco, ma in ogni caso ci permette di berci un kir. Cena in barca, altra passeggiata nella città fantasma e nanna. 17.8 - Visita a Chatillon-Coligny, spesa al Casinò, rimbocco di circa 8 litri
di gasolio, ore motore 737.5. Ce la prendiamo comoda e partiamo verso le 13.10. Le chiuse in salita si susseguono, e quando arriviamo a Rognyles-Sept-Ecluses ci accorgiamo che quelle che dovevano essere le 7 chiuse, sono di fatto 6 e anche malandate. Alla precedente chiusa ci dicono
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di passare la cima intorno ad un tubo centrale, malmesso e poco pratico. Rischiamo di staccarlo, ma comunque, anche se insoddisfatti per le condizioni di passaggio, superiamo le prime 5 chiuse, ma alla sesta manca completamente il tubo. Mi arrampico lungo tutta la scaletta e salgo di 4 metri circa per agganciare la cima ad una bitta in sommità e tornare in barca. Mentre stiamo lì a manovrare la tirette, sesamo si apre inaspettatamente, e in effetti non è magia, ma semplicemente si è palesato il chiusaro. Un bello stress per tutto l’equipaggio, Metaxa compresa che dall’alto della sua bassezza non sa cosa pensare. Per fortuna la giornata continua con le chiuse in discesa ed è una pacchia
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arrivare in chiusa, girare la cima sulla bitta e scendere come se stessi facendo surf sull’acqua. Queste solo le prime chiuse a scendere dall’inizio della tappa, e abbiamo fatto circa 4 km di canale livelllato, che è poi in genere là dove si alimenta il tratto di canale che permette di azionare le chiuse. Ma la pacchia dura per poco meno di 17 km, ovvero fino a Briare, un comune del dipartimento Loiret in Francia nord-centro a soli 50 km in linea d’aria da Parigi. La faccenda delle chiuse in discesa ci mette di buon umore, tanto che Lalla per la prima volta decide di assumere il comando dell’imbarcadero anche nelle manovre di passaggio delle chiuse. Entra con successo nella n°10 (Notre Dame) e prosegue così fino alla chiusa n°7, andando a una velocità sui 4 nodi tra una chiusa e l’altra. Ma alla 7° cede la mano al comandante, prima di accostare al porto di Ouzouer-sur-Trézés. È un porto pagante, ma acqua e servizi sono gratuiti. Avvistiamo un bar subito al di là del ponte e non ci facciamo mancare un aperitivo a base di Kir e di un 1664. Basta poco per essere felici. Cena in barca e dopocena rilassato. Oggi solo 20 km di navigazione e 17 chiuse, delle quali 6 in discesa. Non è il nostro record di certo, ma abbiamo navigato solo 5 ore e 30. Siamo soddisfatti. 18.8 - Si riparte alle 9.15 e alle 11.30 passiamo il ponte-canale di Eiffel a
Briare e ci immettiamo sul Canale Laterale alla Loira. All’altezza della chiusa di Maimbray sentiamo uno stridire dal fondo della barca, ma proseguiamo fino a Belleville sur Loire, pur con una non bella vista su una centrale nucleare. Ci fermiamo per controllare, e siamo anche un po’ preoccupati. Ma più in là tutto passa senza particolari interventi, forse abbiamo semplicemente agganciato un ramo nella chiusa e lo abbiamo trascinato per un po’. Rami che di lì a poco vediamo galleggiare di poppa ad Amphi. Ne approfittiamo per rimboccare 7 litri circa di gasolio, alle 15.00 superiamo la chiusa n°37 di Belleville e navighiamo tranquilli verso la chiusa 36 di Les Houards. Il chiusaro ci propone di comprare un po’ di vino locale, e noi, così come un gruppo di americani prima di noi, gli diamo soddisfazione e ci portiamo via qualche bottiglia. Un Lancerre Domain Les Channes rosso del 2009 e una bottiglia di Vin de Pays des Cotes de la Claritè IGPS Sauvignon. Alla successiva chiusa ci offrono dei legumi che invece rifiutiamo di acquista-
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re. Ma visto che ci sono dei pollai, decidiamo di acquistare invece delle uova che ci vengono offerte insieme a delle pesche per modici 2.5€. Avevamo già della frutta raccolta da alberi carichi e abbandonati vicino alla chiusa di Maimbray, ma come dire no ad un’offerta così nature ? Verso le 18.30 entriamo al porto canale di St-Thibault. In capitaneria non c’è nessuno e bisogna rivolgersi al campeggio, dove poi ci faremo una doccia. L’attracco per la notte è senza acqua e senza elettricità per modici
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7 € che paghiamo volentieri. Ceniamo in barca con seitan al curry, avocado, riso bianco e melone. Il tutto innaffiato da un ottimo vino bianco comprato poche ore prima nella chiusa. Stasera fa anche molto caldo. Che pacchia. 19.8 - Si parte alle 9.05 e dopo 5 minuti siamo sul canale laterale. Ripren-
diamo il cammino con la segreta speranza di arrivare a Nevers o almeno non troppo lontano da lì. È un obiettivo ambizioso e al limite della portata della navigazione. Non ne parliamo tra noi, se non per riconoscere che è una meta irraggiungibile. Dovremmo anche fare gasolio, ma il caso vuole che non ci siano posti in cui fermarsi, e questo ci fa guadagnare un po’ di tempo. Senza rendercene conto arriviamo a ridosso della chiusa le Guétin. Una chiusa doppia per un totale di 9.3 metri di dislivello e comunque non lontana da Nevers. È una chiusa in salita e la violenza dell’acqua che travasa dalla prima alla seconda chiusa è tanta. Il chiusaro ci consiglia di usare 2 cime, una a poppa e una a prua. Sistemiamo le cime, poi andiamo in chiusa e l’esperienza ci fa capire che in effetti le chiuse in salita sono sempre critiche, e che comunque bisogna essere sempre armati di almeno 3 cime sui due lati. Anche Metaxa percepisce la tensione della concitazione dovuta al rumore e alla violenza dell’acqua, e la bestia bella e pelosona addirittura non esce dal pozzetto. Facciamo la prima chiusa e poi subito la seconda. Poi facciamo anche scendere velocemente Metaxa a riva e scambiamo due chiacchiere con il chiusaro, il quale ci dice che per arrivare alla chiusa di accesso automatico al porto-canale di Nevers ci vogliono 40 minuti. Lo ringraziamo e usciamo dalla seconda chiusa: siamo su un ponte canale che passa sopra il fiume Allier, piccolo affluente della Loira. Un ponte canale più brutto di quello di Eiffel, ma più emozionante perché connesso a 2 chiuse. Fatto il pontecanale affrettiamo il passo e alle 16.15 siamo alla prima chiusa del portocanale di Never che si comanda attraverso una pertica da tirare. Tutto OK, la chiusa si apre e riusciamo a passarla. Oltretutto è in discesa e quindi è abbastanza veloce e semplice da manovrare. Sono già le 18.30, e in breve arriviamo anche alla seconda chiusa sempre in discesa e un’altra pertica è a nostra disposizione per comandarla. Passiamo anche questa sul filo dei
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minuti e alle 18.55 siamo infine al porto di Nevers. Ci sistemiamo alla meglio ed annunciamo al responsabile della capitaneria che cerchiamo posto per l’hivernage. Lui non oppone resistenza, ma decidiamo di rimandare la discussione dei particolari ai giorni successivi. Siamo sfiniti, considerato anche che la temperatura ha raggiunto i 34° circa, 20° in più di qualche giorno fa. Domani andremo in trasferta a riprendere la macchina a Jaux, 268 km in linea d’aria verso nord. I nostri amici di Busalla ci mandano un messaggio per dirci che sono giunti a Vermenton, loro destinazione finale per questa stagione e a poco più di 50 km da Nevers. Coincidenze che però non sfoceranno in nessun appuntamento. Il giorno dopo si sistema la barca nel suo posto di hivernage, rassettiamo tutto e stiamo un paio di giorni ancora in questo posto incantevole che è Nevers, un po’ decadente ma molto antico. In finale un bel posto ben collegato perché quasi a metà strada tra Parigi e Lione, le due città più importanti della francia centrale. Bighelloniamo per qualche giorno e poi riprendiamo la strada di casa. In inverno faccio una puntatina a Nevers a controllare Amphitrite e nel frattempo cerco di fare qualche lavoro utile come portare la corrente a 220 volt nelle cabine di poppa e di prua, così che si possano eliminare prolunghe e cavi che inevitabilmente intralciano il passaggio nella stretta dinette.
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Da Nevers a Macon - 4 Nell’estate del 2012 organizziamo la nostra quarta tappa del viaggio, e dopo i preparativi il 9/8 si riparte da Nevers lungo il Canale laterale alla Loira, navighiamo lungo il Canal du Centre fino a Chalon sur Saōne e infine ci immettiamo nella bassa Saōne fino a Macon dove Amphitrite rimarrà ferma per quasi due anni. Alle 10.40 si mollano le cime dell’hivernage, e puntiamo verso Decise, 30 km più a sud che raggiungeremo in 6 ore e mezza, pausa pranzo dei chiusari compresa. Navigazione tranquilla e controllo delle riparazioni alla ripresa della navigazione. Facciamo 3 km di portocanale e 35 totali del canale, comprese le 7 chiuse che passiamo senza problemi, di cui 5 normali e le altre 2 doppie in uscita da Nevers. Navigazione tranquilla e paesaggi campagnoli, alla fine arriviamo a Decise dove troviamo un attracco gratuito in banchina, fuori dal porto canale, dotato di acqua potabile. Siamo solo in 2, noi e una barca di tedeschi. Il paese è un po’ distante, ma andiamo comunque a fare una passeggiata dopo cena. 10.8 - Da Decise andiamo verso Diou a 40 km circa, dove pensiamo di
fermarci. Alle 10.30 si parte, arriveremo alle 18.45 circa in un ottimo attracco ad una banchina comunale. L’ormeggio è gratuito e il posto è dotato di acqua potabile, panchine e tavoli da picnic. Siamo al solito in pochi, questa volta insieme ad un equipaggio francese con una barchetta bellissima. Abbiamo percorso 42 km e passato 10 chiuse tutte in salita, con un chiusaro che le apre e chiude manualmente. Le stesse sono fuori servizio dalle 12 alle 13. 11.8 - Rimessi i livelli, alle 11.15 si parte e navighiamo tutto il giorno verso
Paray-le-Monial, ovvero sul nuovo canal du centre che dovremo percorrere fino a Chalon-sur-Saōne. Il cambio di canale si fa prima di Digoing e alle 18 attracchiamo subito prima della cittadina di Paray-le-Monial.
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Da Nevers a Macon
Non ci sono servizi ma solo bitte ben ordinate ed un wc pubblico. Scopriremo poi che 1 km circa fuori dal paese c’è un porticciolo minuscolo con luce e acqua. Il luogo è sacro e strapieno di pellegrini adoranti, cantanti e festanti. Il canal du centre è lungo 112 km e ha 61 chiuse che dovremo passare obbligatoriamente, di cui le ultime otto, per il nostro godimento, sono in discesa. 12.8 - Da Paray-le-Monial partiamo un po’ tardi, verso le 11.15, dopo aver
fatto una passeggiata per il paese. Tutto bene e per quasi tutto il giorno, anche se il tempo è nuvoloso e fa freschetto. Quando arriviamo alla chiusa 17 Océan il semaforo della chiusa si spegne, e la chiusa rimane bloccata La chiusa 17 è situata in un punto strategico del canale del centro, ovvero là dove da una parte si va verso l’oceano, e dall’altro verso il mediterraneo. Infatti le relative chiuse si chiamano Ocean e Mediterraneo. Accostiamo al canale in assenza di bitte, ma tocchiamo e rimaniamo infilzati nel fango a circa 1 metro dalla riva. Scendiamo e telefoniamo ad un numero verde. Di lì a poco arriva un chiusaro e risolve la situazione, lasciandoci intendere che i guasti sono abituali. Ci da anche una dritta per uscire dal fango: quando la chiusa si aprirà, il flusso d’acqua a valle au-
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menterà velocemente. Quanto basta a cogliere l’attimo e ripartire, e così in effetti sarà. Il provvidenziale chiusaro dopo un paio di chiuse cede il passo ad un collega più attempato, il quale ci accompagnerà fin dopo la chiusa 13, ci presenterà al chiusaro che ancora ci abita pur essendo in pensione e ci darà appuntamento all’indomani alla numero 13. Avevamo tentato su suo suggerimento di fermarci a Ciry le Noble sul lato destro, ma mentre ci accostiamo tocchiamo un fondo roccioso, e così decidiamo di continuare ancora un po’. Alla fine della giornata abbiamo fatto 26 km e 11 chiuse a salire, acrobatiche e con tirette. 13.8 - Si parte alle 8.45, e facciamo una sosta verso le 12. L’attesa all’ul-
tima chiusa ci ha stremati, ma una volta fermi ci siamo rifocillati tra una panetteria e un bar con la birra a pression. Riempiamo le taniche di gasolio in una ex sala da ballo diventata officina. 60 litri o poco meno a soli 68€, una svoltona. Alle 14.15 via per le altre chiuse in salita e alle 17 circa ultima chiusa, ovvero “piano livellato”. Quota “0” dei due canali “Oceano” e “Mediterraneo”. Siamo a Montchanin subito fuori la chiusa, a 300 metri circa dall’ufficio del VNF. Oggi solo 22 km e 12 chiuse. 14.8 - Si parte alle 9 in direzione di Ecuisses dove andremo a visitare il
museo del canale chiedendo la chiave alla chiusa 1. Ma il museo è chiuso e quindi ci becchiamo una solenne sola. Alle 15.30 ci fermiamo in un porticciolo antico e riadattato, dalla parti di St-Léger-sur-Dheune, ovvero dopo qualche centinaia di metri dalla chiusa 19 (pag.89, fluviacarte 19). 15.8 - St-Léger-sur-Dheune è un posto attrezzato e una buona base per rifo-
cillarsi e fare cambusa. Ma passarci il ferragosto non ci interessa, e puntiamo ad andare più giù, visto che i francesi a ferragosto amano andare lungo i canali. Ma noi puntiamo ad andare ad un porto appena qualche chiusa più in là, dove dovrebbero esserci delle bitte, acqua e tavolini da picnic. Arriviamo dopo qualche peripezia. Chiusa passata con verde/rosso perenne e alle 13.20 ci sono 3 barche. Ci fermiamo poi in un posto incantevole e occupiamo subito il tavolino e la panchina di fronte all’ormeggio. La barca è sistemata un po’ così, per
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via delle bitte, perché preferiamo lasciare spazio per altre barche che sicuramente arriveranno. E infatti dopo una mezz’ora arrivano due bellissime narrow boat. In una un ragazzo e una ragazza, e nell’altra due signori con un cane. Siamo nel mezzo della Bourgogne e ci sono nell’intorno almeno una cinquantina di cantine. Domani proveremo ad acquistare una damigianetta di vino locale, così, tanto per non far torto a nessun vignaiolo. Il posto è esattamente al K24 del canale originato da Chalon Sur Saône. Si riparte solo il 17/8, non è martedi, bensì venerdì, ma noi non dovremo dare inizio all’arte, e quindi partiamo ugualmente alla volta di Chalon sur Saône, anche se ci fermiamo in quel di Frangnes, sosta di ricerca per l’hivernage di Amphitrite. Il giorno 18/8 decidiamo di andare al recupero della macchina, ma succede un incidente di percorso prima di andare alla stazione: la nostra Metaxa finisce non si sa come nel canale di prima mattina, e la scena del recupero è al limite del fumetto. Infatti come ogni giorno Metaxa si allontana dalla barca per fare i suoi bisogni, e visto che tardava a rientrare più del solito, mi sono preoccupato e sono uscito dalla barca. È a quel punto che delle persone hanno indicato qualcosa nel canale. Qualcosa che somigliava ad una grossa nutria, e solo allora ho realizzato che era Metaxa. Presa velocemente una tavola dalla barca ho tentato di farcela salire sopra, ma alla fine ho dovuto prenderla su un braccio e stringerla da sotto con la mano, ovviamente solo dopo essermi sdraiato per terra. Evidentemente è scivolata nel canale, e per fortuna ha capito da che parte andare, povera piccola cana pelosa. In mattinata ci avviamo a piedi verso la stazione di Chalon, che forse è un po’ troppo lontana, infatti ci mettiamo 2 ore. Ma comunque teniamo duro, e alle 14.10 prendiamo il treno da Chalon e arriviamo a Nevers per recuperare la macchina e tornare dalle parti di Amphitrite. 19.8 - Andiamo alla ricerca del cantiere dove fare hivernage con Amphi.
Giriamo molti posti, tra cui anche l’incantevole Pont de Vaux dove torneremo altre volte in visita di piacere, ma dove è impossibile andare in barca per il pescaggio ridotto del canale.
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In ogni caso il giorno dopo troviamo il cantiere giusto a Macon, dove poi faremo anche carena con un lavoro speciale di sabbiatura dell’opera viva. 21.8 - Alle 9.50 si parte alla volta di Chalon, ma poi verso le 16 ci fermiamo
dopo essere entrati nella Saône, a metà distanza circa con Macon, in quel di Tournus. Tournus è incantevole, e visto che è in sostanza l’ultimo giorno di navigazione vera, decidiamo di fare una visita turistica e rilassarci un po’. 22.8 - si riparte dopo aver rabboccato il gasolio e alle 9.40 siamo in navi-
gazione verso Macon, dove arriveremo nel primo pomeriggio. Il porto di Macon, venendo da nord, è situato 2-3 km prima del centro della città e la distanza dal porto al centro città si percorre come una bella passeggiata sempre in riva al fiume, i cui argini sono alti e spaziosi offrendo un panorama ampio e bello sulla città. Il giorno dopo andiamo a recuperare la macchina in treno e poi taxi, e torniamo al nostro porto di Macon, dove cominceremo a cercare un cantiere che possa in futuro rifare la carena. Nei due successivi anni verremo solo una volta a vedere la fine dei lavori della carena e alloggeremo in un piccolo albergo vicino al crematorio. Un viaggio di piacere che ci farà rendere conto di quanto sia importante una barca che peschi il giusto per andare nei canali che si amano. Infatti andremo ancora in visita a Pont de Vaux, dove il canale è veramente particolare e dove non possiamo andare con Amphi. Nel frattempo la nostra vita in Italia si scombussola un po’ con ripetuti ricoveri ospedalieri di Luisa, la madre di Laura. Il 2013 è un anno da dimenticare con tutto quello che è successo in famiglia, ovvero con la dipartita di Luisa, madre di Laura e mia madre “in seconda”. La carena verrà comunque rifatta nel 2014, e noi assisteremo alle attività degli ultimi giorni e alla prima stesura dello strato di antivegetativa.
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Da Macon alla Camargue - 5 Nel 2014 riprendiamo la navigazione e l’8 luglio siamo di nuovo a bordo della nostra Amphitrite dopo averla lasciata sola a Macon per due interi anni. Carena rifatta a regola d’arte, ovvero con sabbiatura e trattamento epossidico e infine una o più mani di antivegetativa blu. Un lavoro fatto da un cantiere di Macon, trovato l’anno prima in una visita operativa. Insieme alla carena abbiamo un’elica sabbiata e anche nuovi zinchi, mentre l’opera morta è ancora tutta da rivedere. Cosa che faremo pian piano lungo la via che porta a Sud verso la Camargue. Almeno queste erano le intenzioni, ma abbiamo fatto ben poco, visto che alla prima ripresa abbiamo anche avuto voglia di rilassarci. Riprendiamo la navigazione operativa solo il 12/7, dopo aver fatto cambusa e aver risolto qualche problema barchereccio. Gasolio al colmo e sound del motore regolare. Dopo 2 anni è emozionante riprende la navigazione con Amphitrite. Si va verso sud, verso la Camargue, ma si va in cerca di riposo e quindi ci si ferma dopo 2 ore circa a Thoissey al Pk 63. Una vecchia colonia estiva costruita nel 1937. Posto gradevole con molti moletti inservibili, ma almeno uno buono a cui siamo attraccati noi. Il nostro primo giorno verso la libertà di Amphi, una pacchia. Il paese a meno di 1 km è raggiungibile lungo un canale con passeggiata all’ombra di una fila di alberi di almeno 50 anni . Una notte in libertà, le emozioni che riaffiorano, e che riportano a galla vecchie e navigate emozioni. Ormeggi e luoghi già vissuti con la nostra prima barca. 13.7 - Si riparte alle 11 con 818.40 al conta ore del motore. Direzione sud
verso Belville, cosi da passare la grande chiusa e essere liberi per domani 14 luglio, memorabile giorno di festa in Francia, in onore dell’unica rivoluzione europea, dove nacque il motto “LIBERTE, EGALITE, FRATERNITE”, che tanto ci fa sognare. Alle 11.18 si passa la prima chiusa a poche centinaia di metri e poi è la stupenda campagna francese di sempre. Un fiume portentoso la Saone, che ti porta lungo anse e rettilinei fatti di natura pura.
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Ogni tanto una passe o meglio un villaggio, e tanti moli e moletti vietati all’attracco dalle 22.50 alla mezzanotte. Belville e Montemerle sur Saone forbiden. Ci fermiamo alle 13.55 a un moletto del VNF con tanto di elettricità e di bagni un po’ sconnessi. Siamo al PK40 circa, poco prima di Villefranche Sur Saone, e precisamente a Jassans Riottier. Le danze sono aperte per la festa del 14 luglio, visto che domani sarà quasi tutto chiuso e dovremo fare gli stanziali. Decidiamo di rimanere, così, cerchiamo di goderci il nostro tempo invece che girovagare alla ricerca della banchina perduta proprio il 14 luglio, che si sa in Francia è festa vera. 15.7 - Si riparte da Jassans Riottier verso le
11 in direzione sud, nel senso che si va già alla ricerca del posto dove fermarci e iniziare così la ricerca dell’hivernage prossimo. Siamo in un posto complessivamente singolare. Siamo a Saint-German ou Mont D’or, ovvero il circolo “Yacht Club du Rhone”, dove ci fermiamo due giorni. Il luogo è un vero e proprio circolo velico. Infatti qui la “Bassa Saone” è navigabile e sembra anticipare il rodano che da Lione in poi cambierà lo scenario per circa 300 km. Un posto tutto sommato positivo, tante barche sui 6 metri, e anche un’imbarcazione di alcuni tizi che vanno a sud su una barca a vela minimale. Un 6 metri appunto. Altre barche a motore tipo cafonisti,
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Da Macon a Saint Gilles
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dei laser, e anche qualche bella barca a vela trasformata in casa. Gestione autorganizzata per servizi e altro, chiave del cancello compresa. Il giorno dopo si parte al recupero della macchina a Macon e nei giorni successivi si andrà alla ricerca dell’hivernage sul Canal du Midì. L’idea iniziale era di lasciare Amphi in Camargue. Ma il viaggio non è stato molto positivo, e a un certo punto abbiamo anche pensato di andare a nord, dove essendo bassa la richiesta, è più facile trovare posti di hivernage a buon prezzo. Quando invece la fortuna sembrava averci mollato ecco che riusciamo a contrattare un porticciolo sul Canal du Midì, un posto che sarà il nostro nido d’amore in terra Occitana. Incontriamo infatti un cane, una metressa e un Comandante del porto carina e disponibile, che in seguito entrerà a far parte della nostra vita. Alè, siamo tra i clienti dell’Halté Nautic di Colombiers, a tre ore di navigazione dal mediterraneo o anche meno, e solo 6 Giorni per l’oceano, ai bordi della sognata Camargue, in piena Occitania. Dopo varie peripezie e programmi il 19/7 siamo di nuovo in navigazione alla volta di Lione. Oggi sono 10 anni che ho conosciuto mia moglie. È stata dura, ma auguri ancora. Alle 12.50 in marcia verso Lione, anche se poi ci fermeremo per una sosta e un de ja vù, all’altezza di Vienne. 19.7 - Alle 20.15 si arriva a Vienne. Peripezie da paura per trovare un attrac-
co decente, con il vento da Sud che monta ancora e il Rodano che gli rode abbastanza. Primo approdo poco prima di Vienne andato buca per acqua bassa, infatti quando Amphi si è adagiata sul fango, motore tutto indietro e poi un bel rumore dell’elica su rocce o cose simili. Passata la paura e venuti fuori da questo guaio si procede verso Vienne, dove l’approdo migliore è subito dopo un ponte allietato da un rumore assordante del treno. A detta del capitano di Martin II, rimane qui a Vienne l’approdo più sicuro e riparato quando c’è vento. Scopriremo tutto ciò la sera verso le 11, quando al nostro approdo le onde faranno su e giù da strappare gli ormeggi. Ma la sorte marinara la vince, e il comandante di Martin Il, una barca olandese da sogno, viene a darci un consiglio e una mano a rimettere su le cime. Le cime in effetti erano troppo tese e troppo a corto. Bene, ho imparato un’altra lezione marinara, come in effetti è qui sul Rodano, un fiume
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grande abbastanza per fare i danni del mare. Martin ll è una bellissima barca da lavoro trasformata in barca da viverci, almeno 12 metri e chiatta chiatta come le barche olandesi di acciaio massiccio. Linda e pinta è una barca da sogno con un motore da non meno di 150 cavalli, a guardia un gatto che stava ben rnesso sull’immenso piano da carteggio nella zona di comando. 20.7 - Notte quasi in bianco quindi, con la comandante Tata sofferente
in pozzetto e la seconda Metaxa anche lei agitata. La notte continua con il dormiveglia almeno fino alle 6, quando constatiamo che il vento è cessato e la superficie dell’acqua è un tavolo da biliardo, almeno per un po’. Martin II se ne va verso nord nella direzione di Lione e poi Anversa, sua destinazione finale. Il tempo sarà clemente con Amphi e ci spingerà in poppa, mentre per lui sarà faticoso assai se non impossibile navigare, vista la previsione di un bel maestrale che riempie come sempre la valle del Rodano fino al golfo del leone. Ma i guai non finiscono mai e la batteria sembra morta, anche se aggirandomi per le masse di fili intorno al motore, riesco a far ripartire l’impianto elettrico che sembrava proprio giunto al capolinea. Si parte da Vienne con un tempo veramente infame. Vento, pioggia e visibilità ridotta. Quanto di peggio può esistere per un comandante di barche, o per chi deve comunque muoversi lungo fiumi, canali e strade. Alla fine riusciamo comunque a passare la chiusa a valle di Vienne e la sera arriviamo a le Roche de Condrie, a soli 14 km a sud di Vienne, un approdo fantastico e conosciuto. Il 21 luglio siamo ancora qui e non abbiamo intenzione di muoverci, cosi stiamo tutto il giorno a Le Roche de Condrie a non fare quasi niente, se non trovarci verso le 15.15 a bere thè verde e sgranocchiare gallette all’aglio acquistate per la zuppa di pesce in bottiglia, menù molto diffuso da queste parti. La mattinata è passata tra qualche lavoretto e un salto con Lalla all’area Commerciale. Tentativo andato male perché essendo lunedì molti esercizi erano chiusi per turno. Una bella pioggia incombente, in attesa di un mistral che tra oggi e domani dovrebbe arrivare. Passeggiata quindi al parco
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dello sci acquatico subito a ridosso del nostro porto. Rimaniamo anche il 22 a Le Roche, da cui partiremo il giorno dopo. 23.7 - Si riparte da Condrie alle 12.30 e si arriva in banchina a La Roche de
Glun alle 17.30. Questo è un luogo speciale per diversi motivi. Primo tra tutti perché è un incantevole luogo dove passare l’ameno tempo girando da un lato all’altro del villaggio che si trova tra due rami del Rodano. Ovvero tra un ramo navigabile e uno semplicemente di scorrimento delle abbondanti acque verso il barrage. Ma non solo, dal lato opposto al villaggio scorre l’Isère, e quindi di fatti La Roche de Glun è a tutti gli effetti un’isola incantevole e ben collegata, un posto ideale dove poter passare qualche mese l’anno. L’altro aspetto speciale di questo villaggio è legato alla nostra storia. Infatti era un posto già conosciuto perché c’eravamo già stati uno o due giorni durante il nostro primo viaggio con Pinta, e poi perché il caso è veramente incredibile, visto che abbiamo incontrato i nostri incantevoli amici olandesi nella maniera più inaspettata. Anche loro si erano fermati in questo posto, ma nel campeggio che è a qualche chilometro dalle banchine d’ormeggio. La storia fu veramente singolare, e si svolse in questo modo. Stavamo mandandoci messaggi con Desi e Hennie, perché c’era una sorta di accordo sul sentirci quando eravamo dalle parti di Lione. Mentre ci diciamo dove siamo l’uno e l’altro, improvvisamente scopriamo di essere nello stesso posto!!! Nel giro di 30 minuti siamo tutti in banchina a brindare in un improvviso “tempo di aperitivo”, visto anche che era ormai pomeriggio inoltrato. La Roche de Glun entra di diritto nella lista degli attracchi del cuore dei nostri viaggi. La famiglia Alberts al completo, Desi, Hennie, Kiel e Jettka che ormai è diventata una bellissima roscetta. E in ogni caso questo incontro è una magia vera. Metaxa nel frattempo è impazzita per Jettka, e dopo l’aperitivo ci avviamo ad accompagnarli al campeggio. Nell’occasione abbiamo deciso di regalare ai due pargoli uno dei monopattini che abbiamo in barca come riserva di mobilità, così che loro possano rappresentare la nostra speranza del futuro, sono teneri e hanno bisogno di più amore che mai.
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24.7 - Alle 10.35 si riparte verso sud, con l’idea di fermarci dalle parti di
Viviers che rappresenta nel nostro immaginario uno dei migliori posti scoperti all’epoca di Pinta. Navigazione tranquilla e a volte anche noiosa lungo il grande e placido Rodano. Ci facciamo 3 chiuse e fino al PK 148 è tutto OK. Poi improvvisamente come sempre, ecco giù il finimondo. Acqua, vento e tuoni, con eco e giramenti di Metaxa, vista appannata e centrali nucleari sulla destra. Per fortuna dura solo una mezz’ora, Il tempo di passare quello slargo dove la larghezza del Rodano raggiunge 1 km circa. Si prosegue alla volta di Viviers, ma al PK 147 saltiamo un porto abbastanza nuovo e mal segnalato sulla guida di fluvial, anche perché è proprio vicino alla centrale nucleare. La nostra Viviers è lì a 2 passi, ossia 15 km. Arriviamo alla chiusa di Chate au neuf al PK 164 e la passiamo insieme alla Wiking, una nave da crociera di 130 metri. Sono le 18.50 e viene giù tanta acqua dalla porta della chiusa a monte che Metaxa quasi impazzisce. Lalla è in coperta addetta alle cime e finalmente alle 19.30 si apre la chiusa e lentamente si va fuori e lontani dalla Viking. In realtà lei starà sempre davanti, e arriverà al porto prima di noi, dove ormeggerà per tutta la sera e farà un baccano infernale. Alle 19.45 siamo anche noi in banchina, un po’ in ritardo sulle previsioni e con 8 ore di navigazione sulle spalle. Ci godiamo da lì a poco un aperitivo con Kir e cena a base di pesce e cozze, innaffiati da un rosè, vino classico delle cene nelle osterie francesi. La Viking riparte all’una di notte in direzione sud, dopo aver vomitato un gruzzolo di turisti e averli risucchiati a bordo prima di ripartire. Lalla e Metaxa sognano cose migliori, e io chiudo questa pagina di viaggio a notte fonda. 26.7 - Alle 9.15, dopo rimbocco gasolio e acqua, si riprende a navigare
verso sud tutto il giorno senza tregua. Alla fine abbiamo navigato per 100 km secchi di cui gli ultimi 20 con vento da mistral alle prime armi, e il Rodano che va dai 500 ai 1000 metri di larghezza. Onde e onde incrociate poco meno di 1 metro, e senza vele devo dire che non è proprio semplice. Proviamo ad avvicinarci al pontone di lunga memoria chiamato di “cay cay” in onore di 2 giorni da dio passati precedentemente nel viaggio con
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Pinta, e Metaxa appena battezzata alla navigazione. Ma niente da fare, siamo traversati e l’onda è considerevole. Esausti ci fermeremo al pontone della chiusa di Vallabregues alle 18.30. Gli spaghetti diventano “spaghetti alla chiusa” invece di “Cay Cay”, e alle 19.15 esce pure il sole, e quindi bene così. Vento 330° pari, ma speriamo in una notte tranquilla. 27.7 - È domenica, sveglia al pontone della chiusa di Vallabregues e per
pigrizia salta il primo passaggio utile. Prendiamo il secondo passaggio con una barca commerciale verso le 10. Siamo fuori dalla chiusa e siamo ancora sul Rodano verso Avignone, passiamo davanti a Beaucaire, dove il canale dal Rhone a Sete si potrebbe discendere, e che invece è chiuso da
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molto tempo per lavori di drenaggio che non finiscono mai. Quindi si prosegue fino all’altezza di Arles e si prende poi le Petit Rhone che entra in Camargue attraverso la chiusa di St. Gilles. Facile entrare, come aspettare senza pontoni. In effetti dopo il Rodano, che ha una gestione speciale, si torna di nuovo alle chiuse del VNF, a volte anche spartane, ma efficienti. Di nuovo come con Pinta ci richiedono le generalità, e in effetti dopo il Rodano, questa è l’ultima chiusa verso il mare e quindi l’ultimo controllo. Se la vostra barca prende il volo, questa è una delle ultime possibilità che venga bloccata. Ci dirigiamo verso St.Gilles, cittadina che amiamo a naso da quando ci siamo stati l’ultima e unica volta nel 2009. Di fatto qui parlano anche un po’ spagnolo e non vorrei sbagliarmi, ma deve essere stata una grande cittadina, con una stazione ferroviaria che è stata chiusa negli anni 50 e diverse altre attività industriali che probabilmente hanno fatto la stessa fine. Una cittadina che probabilmente, essendo sulla strada che dal Rodano porta al mare, viveva bene di commercio o altro. Di fatto è a un paio d’ore dal mare, e che mare, a soli 7-8 giorni dall’oceano, o 3-4 giorni con buon motore in grado di risalire il Rodano, a Lione sempre lungo le linee d’acqua. Un punto di incontro possibile quindi, di culture, persone e commerci. Alle 15.30 siamo su una banchina di fortuna, dopo la sfilata delle barche stanziali e di quelle della base Le Boat. Caldo e vegetazione richiamano il mediterraneo. Il clima è cambiato veramente, da freddo e pioggia al centro della Francia, lungo il Rodano, agli ulivi caratteristici del caldo mediterraneo. Il Caldo è arrivato. Lasceremo qui Amphitrite e torneremo a Roma in macchina, in attesa che arrivi la cugina Argentina di Lalla, Maria Luisa, che verrà con noi in trasferta fluviale fino alla base di hivernage in quel di Colombiers.
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Da Saint. Gilles a Colombiers - 6 15.9 - Riprendiamo possesso di Amphitrite. Arriviamo a Saint. Gilles verso
le 8 di sera, sotto una pioggia che dà più l’idea di un diluvio universale che di una pioggia estiva. Siamo in 4, io e Lalla, Metaxa e Marialuisa. Arriviamo al porto e entriamo di corsa nel ristorante di fronte al posto di ormeggio dov’ è Amphi, ci rifocilliamo per bene e solo dopo, con una pioggerellina fitta ci accingiamo a salire in barca. Io mi occupo della corrente e altre amenità, Laura e Marialuisa si rifocillano con un buon rum e Metaxa cerca di prendere possesso dei suoi luoghi.
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Il 16 e il 17 passano tra spese, cambusa e una visita a Nimes, visto che il meteo non è proprio ideale per la navigazione. Ma il 18 mattina il meteo ancora ruggisce, ma decidiamo in ogni caso di togliere le tende verso le ore 12.30 in direzione sud-ovest verso Carnot. Al PK 55 siamo costretti a fermarci perché “le porte del Vidourle” sono chiuse. Sono le necessarie porte di guardia dove il canale attraversa il fiume Vidourle, e in effetti la situazione sarà critica per tre giorni, con la quota del pelo dell’acqua del fiume di almeno 1.5 metri più su di quella del canale. Colpa delle piogge abbondanti che nei precedenti giorni sono cadute a nord. Decidiamo così di tornare indietro e cercare infine un approdo in direzione di Aigues Mortes, dove ci fermeremo per qualche giorno in attesa che il livello del Vidourle scenda. Il 19 passa facile con qualche visita alla cittadina delle crociate, e poi riposo e lettura da buoni viaggiatori estivi. 20.9 - Alle 10.30 proviamo a riprendere la navigazione, ma il VNF ha scaz-
zato le previsioni messe sul sito con una dichiarazione che dice “non ci sono impedimenti”. Noi ed altre due barche rimaniamo in attesa dell’apertura delle porte. Infine decidiamo di chiamare la chiusa di St. Gilles, la quale ci conferma che il dipartimento è ancora in allerta e che secondo loro per oggi non se ne parla di ripristino della navigazione. Alle 12 siamo di nuovo in banchina, mettiamo a livello il gasolio e prendiamo il tempo motore che è 867.2. 21.9 - Alle 10.30 vado in bicicletta a controllare se le porte di guardia del
Vidourle sono aperte, e lo sono. Torno in bici su Amphitrite e nel giro di 10 minuti ci rimettiamo in navigazione e siamo nel breve sul “canale del sale”. Così era chiamato il canale di Aigues Mortes dove passavano le péniche addette al trasporto del sale. Alle 12.07 siamo in vista delle porte di guardia che ci hanno bloccato per 3 giorni. Le passiamo in breve e riprendiamo il nostro viaggio verso Sete. Viaggio bello e pieno di sole, il Canale du Rhone a Sete è stupendo e suggestivo, soprattutto quando inizia ad addentrarsi nei laghi lacustri
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Da Saint Gilles a Colombiers
caratteristici della Camargue. Arriviamo senza problemi al PK 79 in quel di Maquelonne, dove un ponte di barche si apre al nostro arrivo senza colpo ferire (43.516956, 3.880669), e proseguiamo in mezzo alla laguna seguendo un barca da crociera fluviale che, lenta come una lumaca, decide di darci il passo. Stiamo navigando nel Canal du Rhone a Sète, che è quanto di più bello si possa fare in Camargue, e l’unica cosa che non va è il fatto che non siamo qui per goderci il viaggio, ma a fare una specie di trasferimento verso l’hivernage di Amphi. In altra occasione forse ci saremmo goduti tutto di più, ed è un consiglio che ci sentiamo di dare a piene mani al lettore occasionale di questo diario di viaggio, cioè quello di fermarsi frequentemente per godersi il viaggio esplorando questi luoghi unici. La navigazione continua, e alle 16.30 circa ci dobbiamo fermare forzosamente perché troviamo un ponte che si apre solo 2 volte al giorno essendo un ponte ferroviario con notevole traffico (43.444739, 3.760558). Siamo a Frontignan, gli orari di apertura sono le 8.30 e le 16, al di là del ponte c’è un magnifico por-
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ticciolo del VNF, dove avremmo volentieri ormeggiato e usufruito di tutte le meravigliose comodità come corrente elettrica, acqua e docce. Bene tutto ciò che finisce bene, ma la notte è stata infernale per diversi motivi. Diciamo che una convergenza terribile ci ha scatenato addosso diverse cose come zanzare, treni che passavano veloci con un rumore assordante ogni 15 minuti, barchini che per tutta la notte andavano e venivano dagli allevamenti di cozze nella zona. Associato a questo rumore dei motori dei barchini, ad ogni passaggio lo sciabordio delle onde fa si che la barca ondeggi trasversalmente, toccando sul fondo duro della banchina. Insomma, una delle peggiori notti passate a dormire in un luogo di fortuna nei nostri ormai 5000 km lungo i canali di navigazione in giro per l’europa. In ogni caso si va alla scoperta di un posto dove mangiare e Marialuisa e Metaxa sono i migliori segugi per questo compito. Alla fine infatti le due delegate scovano un ristorantino che serve delle moule fresche di giornata. 22.9 - Alle 8.15 motore acceso in attesa che il ponte apra e alle 8.30, come
programmato, si apre, ed essendo noi in prima fila ed avalanti, abbiamo il diritto di passare per primi insieme alle altre 2 barche che aspettano con noi. Dall’altro lato almeno 5-6 barche da noleggio anche loro in attesa di passare. Da Frontignan a Sete canale normale ma affascinante, visto che a destra la laguna è bella e verde. A Sete si passa in mezzo a molte barche, poi il canale si allarga davanti ad un’industria che probabilmente insacca sale, e si esce infine nel grande stagno, o Étang de Thau dove inizia il Canal du Midi e dove si affacciano numerose località per il turismo da diporto. Nello stesso etang vi sono numerosissimi allevamenti ittici. Purtroppo non avendo predisposto un buon piano di navigazione, in alcuni momenti ci siamo trovati in difficoltà, in quanto pur somigliando la navigazione in tutto e per tutto a quella marina, non è la stessa cosa che quella fluviale, almeno se non si predispongono gli strumenti adeguati alla navigazione a mare. La distanza da coprire tra l’uscita dal canale e quella dell’inizio del Midi è di circa 15 km e se non si hanno le coordinate dei WP da seguire, la navigazione diventa difficile e insicura. Soprattutto se improvvi-
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samente si ha la necessità di un luogo di attracco per avarie o riparo da eventi meteo avversi. La navigazione fluviale è infatti completamente diversa da quella marina, in cui normalmente non c’è necessità di una pianificazione accurata. Ma nonostante l’esperienza del comandante in fatto di navigazione marina, la preparazione dell’attraversamento dell’Étang de Thau non è stata all’altezza della situazione. In ogni caso all’uscita dal canale di provenienza, seguendo le scarse indicazioni della guida Fluviacarte N°11 a pag.102, prendiamo la direzione che ci porta all’imbocco del Canal du Midi. La situazione è comunque paradossale per una persona abituata a navigare tracciando rotte sulle carte nautiche, perché sulla guida Fluvial non c’è accenno alcuno a rotte o waypoint. Infine, in parte seguendo una barca da crociera che andava nel Midi e in parte seguendo le coltivazioni di cozze e ostriche che sono le uniche indicazioni esistenti sulla guida, all’altezza di Marseillan, a 1 Km circa a sud-ovest c’è il faro che segnala l’ingresso del Midi. Ingresso che sconsigliamo vivamente di effettuare in navigazione notturna. Il Midi al suo ingresso, ovvero al primo chilometro, sprizza aria piena di navigazione e storia. Decine di barche abbandonate e diverse affondate. Sembra di percorrere le strade dei barboni del mare ispirati dalle troppe letture di Motessier e Dumas, che non hanno trovato di meglio che portare le loro barche a vela all’inizio del Midì, per poi dirigersi verso il Golfo di Biscaglia, e prendere così il volo sulle ali dell’oceano tanto caro alla libertà e a Motessier. Partiti presto da Frontignan, arriviamo infine tardi a Bezier e abbiamo così tutto il tempo di goderci questa prima navigazione sul Midi. Le chiuse del Midi hanno un orario spezzato e alle 12.30 si fermano per un’ora, ed è l’occasione per noi di fare uno spuntino subito prima della chiusa di Agde. Chiusa speciale e rotonda che collega il Midi al canale di collegamento con il mare attraverso Le Grau d’Agde, componente marinara della cittadina di Agde. Riprendiamo la navigazione e passiamo diverse chiuse, fino a quella di Bezier che è una signora chiusa alta 4.24m. Purtroppo il porto di Bezier è bello e grande, ma al contempo per incuria del VNF e del comune, al momento è senza nessun servizio.
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23.9 - Riprendiamo la navigazione all’ora canonica, dovremo fare solo una
chiusa per uscire dal porto, un ponte canale, e infine passare le famose 9 chiuse di Fonserannes che sono poi 7, e dopo all’incirca 5 km arriveremo al nostro hivernage di Colombiers. Dopo un po’ che abbiamo mollato le cime si apre la chiusa e saliamo di livello. Passiamo la chiusa e dopo circa 300 metri siamo sul magnifico ponte canale di Beziers, un punto di vista unico per chi naviga sui canali. Dopo meno di un chilometro arriviamo in vista delle 9 chiuse di Fonsérannes, ci mettiamo in fila con altre barche e aspettiamo che sia il nostro turno. Di chiuse ne abbiamo passate, ma come queste forse mai, e quindi ci diamo da fare per capire come è meglio procedere. Si decide di fare più o meno come fanno tutti, ovvero di avere una perso-
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na dell’equipaggio a terra, il cui compito è di passare una delle cime da una chiusa all’altra e di agguantarla poi su una delle bitte. Laura è l’unica candidata, mentre io, Marialuisa e Metaxa, siamo a bordo di Amphitrite. Ci mettiamo circa mezz’ora a passare le 6 chiuse in salita, alla fine ci fermiamo per un po’ all’uscita dell’ultima chiusa e dopo una mezz’oretta ripartiamo. Fonserrannes - Colombiers sono circa 5km e quindi arriviamo nel giro di mezz’ora. Entriamo dal primo ingresso al porto e ci ormeggiamo nella zona dell’isolotto della nostra Colombiers. Risolviamo le faccende burocratiche, come contratto e anticipo del canone, poi facciamo un giro a Capestang e in altri luoghi della nostra nuova residenza. Il giorno dopo facciamo un viaggio a ritroso verso St.Gilles con gli autobus, per andare a recuperare la macchina e tornare poi a Colombiers. A natale veniamo a passare una settimana a bordo di Amphi e quindi, con una temperatura di 2 gradi, dormiamo nella cabina di prua. Festeggiamo il capodanno a bordo, tra champagne e video on-line, alla ricerca del gong di mezzanotte che segni l’ora esatta e non quella tarocca dei nostri orologi.
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Colombiers - Marcelette 2015 - 7 9.6 - Arriviamo dall’Italia verso le 20.30. La barca è qui intonsa, e dopo
aver scaricato e caricato le messi, ci piombiamo nel ristorante Pom Cannelle a mangiare varie cose, tra cui una pizza orribile e un vino rosé buono ma di quarta scelta. La serata continua, siamo contenti e dimentichiamo facilmente l’orribile cena. Scopriamo con stupore che la nostra amica Marinette non è più in servizio e, con rammarico, facciamo tutte le supposizioni possibili. 10.6 - Prima colazione a bordo di Amphi, non prima di aver acquistato delle
baguettes, del salame all’aglio e del formaggio di capra. Poi con abbondante caffè e della stupenda “frutta in giulebbe” facciamo colazione. La “frutta in giulebbe” c’è stata regalata da Castruccio proprio il giorno prima nella nostra visita di cortesia. Una persona come non ne fanno più, 94 anni e non sentirli. Ci riposiamo per una settimana, e prendiamo possesso del nostro territorio, dei nostri paesini nella campagna occitana e verso il mare. Un golfo un po’ piatto, ma appena 180 km a nord di Barcellona. 17.6 - Finalmente si parte dopo varie peripezie, bombola del gas, carte scom-
parse e altre amenità. Alle 13 circa navigazione alla volta del Malpas, il tunnel di poco più di 200 metri, reclamizzato come opera prima del Canal du Midi. In effetti il Malpas è un’opera ingegneristica di rilievo del Midi, visto che di fatto sono tre tunnel sovrapposti a quote diverse. Sopra il Canal du Midi, sotto quello della ferrovia, e ancora più sotto quello dell’acquedotto che alimenta i paesi vicini come Colombiers, Montady, etc. Procediamo verso Capestang e ci fermiamo un po’ vicino alla peniche PASCHA, dove vivono Marinette e Thierry. Ossia 19 metri di libertà. D’inverno, quando le giornate sono limpide, verso ovest si vedono i Pirenei, mentre il giardino è una distesa di ogni genere umano e naturale, in direzione di Narbonne. Caffè alla normanna, ottimo e abbondante. Poi si tolgono le tende e si riprende con il motore verso Poilhes, un posto magico con un bel gruppo di cittadini del mondo e del canale, ovvero di barche
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stanziali e multietniche. Fermata e fuga, troppo caldo. La promessa è quella di fermarci poi al ritorno e fare un carico della birra artigianale del Midi, La Gorge Frauche. Si riprende così a navigare verso Capestang, la prima giornata di navigazione dura quanto basta e alle 16.30 ci fermiamo proprio a Capestang. BUONE VACANZE 2015 18.6 - Giornata di ozio assoluto. Dobbiamo pur riposarci dalla lunga navi-
gazione di ieri. In tarda mattinata abbiamo anche fatto una passeggiatina di una paio d’ore in direzione Le Somail, ma il caldo e la mancanza di una meta raggiungibile ci hanno fatto subito desistere. D’altra parte qui a Capestang il posto sul canale è abbastanza discutibile, nemmeno un filo d’ombra dall’alba al tramonto, ma incredibilmente silenzioso, benché ci troviamo quasi sotto il ponte di ferro in riva destra. La vera attrattiva è che ci sentiamo a casa nostra nella piazza cittadina, e siamo clienti abituali ed affezionati del locale più dimesso del luogo: il Cafè de la Paix. È un luogo dove si seguono le corse dei cavalli, si gioca alla lotteria, si è serviti da un barista non proprio in livrea e si è circondati dalla gente del paese con particolare riferimento a qualche bevitore incallito. Anche nei giorni tra natale 2014 e capodanno 2015 siamo venuti qui a rifocillarci, anche con quel poco che in inverno offriva il locale: solo panino con cotto e burro, solo Kir alla pesca. Del cassis, che da queste parti è abbastanza diffuso, nemmeno l’ombra. Anche se noi imperterriti abbiamo continuato a chiederlo tutte le sere. Questa sera per cambiare abbiamo ordinato della sangria e, udite udite, nel menù è comparso persino un croque monsieur che ordiniamo prontamente. Tornati in barca, per seguire le direttive del comandante abbiamo preparato delle cipolle, accompagnate da una scatola di “trippa alla non si sa come”. Dai primi istanti l’odore nauseabondo ha condizionato le nostre papille gustative, sicché (strano a dirsi, per due come noi che mangiano qualsiasi cosa) senza neppure arrivare alla fase di assaggio, abbiamo buttato via tutto nel bidone, senza alcuna esitazione. Mimmo ha anche provveduto a portare l’immondizia al cassonetto più vicino. Mai sentito nulla di così pestilenziale. La successiva scatola di salsicce è altrettanto poco invitante, ma in confronto sembra una pietanza di
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lusso. Nel frattempo Metaxa non sta bene, forse ha mangiato troppi croccantini e sembra una capra per quanta erba mangia. Speriamo che domani vada meglio, altrimenti proverà l’ebbrezza dei veterinari francesi. 19.6 - Verso le 12.30 si riprende a navigare, e ci fermiamo verso le 16 a
Ventenac, dopo aver tentato di attraccare a Le Somail, senza successo per la solita questione del pescaggio. Qui a Ventenac è pieno di inglesi, anche tra quelli che occupano le banchine lungo il canale. Non c’è alcun tipo di servizio, e c’è solo una baracchetta verde che vende bombole del gas e poco altro. Ci sono poi due ristoranti in cui sosteremo per un aperitivo e per una cena, e la cantina locale di cui usufruiremo negli anni a venire. Chiamata da me cantina, è in verità lo Chateau de Ventenac Minervois (www. chateaudeventenacminervois.com), ovvero qualcosa di molto serio che vende vini veramente a regola d’arte. Inoltre nell’haltè di Ventenac non si paga nulla per attraccare e rimanere tutto il tempo che si vuole. I ristoranti sono in sostanza l’unica attrattiva del luogo e la sera si riempiono di gente che viene dalle campagne e dai paesini vicini. Noi non ci andremo questa sera perché non siamo dell’umore giusto, ma in ogni caso stare qui è un vero piacere. 20.6 - È un giorno speciale di un dolce far niente. Portate a terra le biciclet-
te, ovvero riparata quella di Lalla e messo su il cestino di vimini per Metaxa, ci avviamo verso l’esplorazione del Midì. La prima considerazione è: “se la bicicletta non c’è l’hai...dove vai ?? “ È un piacere e non una tortura arrivare fino a Paraza, posto incantevole ad appena 2 chilometri con molto da vedere, come il primo ponte canale, dedicato proprio al genio del Midi Paul Riquet, di origini italiane, che ha ideato e costruito questo sogno. A Paraza è un incanto. Galleria d’arte, orti e un bar del porto e forse altre case inglesi. Nel senso di naturalizzate inglesi, come un po’ in tutta la zona. Poche persone, vicoli asciutti e sgombri e ogni tanto qualche delizia di casa. Paraza come tutte le località sul midi, si sviluppa intorno a un ponte, che è la prima attrazione per noi barcaioli e ciclisti di ventura. Da un lato del ponte vi è in genere il villaggio, e dall’altro la via di comunicazione principale, da cui noi siamo arrivati con la bici, costeggiando di fatto il
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canale. Dopo un bel girare e una sana “orangina alla mosca” al bar del porto, troviamo un attracco che potenzialmente è magnifico, visto che proprio di fronte all’ormeggio c’è un tavolo, a dire il vero un po’ malandato, ma chissà, magari in uno dei passaggi barcaioli lo potremo sfruttare a dovere. Invece di tornare al nostro Ventenac, decidiamo di proseguire in bici verso Roubia che è sempre sul canale a meno di 2 km. Arrivo stupendo al ponte adornato dalla solita peniche stanziale di qualche inglese, ma il paese sembra essere più francese degli altri, e dopo un po’ di girovagare ci fermiamo a prendere una birra e ad assaporare delle tapas locali in un barrettino al centro del villaggio alto. Una signora sulla cinquantina ci serve, mentre il figlio gira lì attorno con il suo bel monopattino e pronuncia la discussa frase “il và a tombè”, nel momento in cui lo poggia al muro. Poi arriva uno smilzo contadino, o meglio un vignaiolo con il suo dolce cane, anche lui a rinfrescarsi la gola. Detto fatto si riprende la strada di Ventenac, non prima di passare a Paraza per recuperare il guinzaglio di Metaxa dimenticato al bar. Il ritorno a Ventenac è dolce e ventoso. Monto l’amaca e mi faccio 2 ore di pennica mista a lettura del libro di Malala. Assaporo ancora il nostro senso di libertà, in un paese che la libertà c’è l’ha nella sua anima. 21.6 - Riprendiamo la navigazione Da Ventenac en Minervois alla chiusa di
Ognon. Giornata piuttosto intensa. Eppure era iniziata placidamente alle 9 passate con acquisto di baguette e souvenir al chioschetto della Halte de Plaisance. Forse troppo placidamente si salpa alle 11.30 circa. Il sole picchia forte ma il morale è alto. Alle 12.35 arriviamo alla chiusa di Argens (Pk 152,3) che è (come del resto tutte le altre del canale) in pausa pranzo proprio da 5 minuti e per la prossima ora. Ci rimproveriamo la nostra scarsa capacità di programmazione ma aspettiamo con pazienza. Nel frattempo arrivano anche altre imbarcazioni, tutte a nolo; nessun equipaggio ha mai prima d’ora affrontato una chiusa. Questo significa che la chiusara perde un tempo infinito a sistemare le barche, istruire i barcaioli (tutti inglesi o quasi) e l’orologio cammina. I naviganti non conoscono neppure le minime regole della navigazione. Sbattono di qua e di là, sorpassano altre imbarcazioni senza rispettare le
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priorità dell’entrata in chiusa. Insomma, per dirla alla Califano, pare de stà a Monza, la gente fa la gara a chi è più stronza. Alla fine la chiusa si passa senza particolari problemi, a parte la piccola ansia che accompagna la prima chiusa dell’anno. Esaminiamo con interesse il porto di Argens Minervois, ma da subito non ci piace né, probabilmente, noi piaceremmo a lui: è interamente occupato da barche a noleggio, tanto da scoraggiare anche un semplice avvicinamento. È prestissimo, quindi proseguiamo senza esitazione. Quest’anno siamo pigri ma non fino al punto di fermarci immediatamente. Prima di arrivare in vista della chiusa doppia di Pech-Laurier (Pk 149,8) un ragazzo tedesco davanti a noi attracca, scende dalla barca a nolo e ci dice che abbiamo 8 barche davanti in attesa di passarla. Poco male. Siamo di buon umore e tentiamo di attraccare. Ci impantaniamo immediatamen-
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te!! Non andiamo più né avanti né indietro. Stiamo a 1 metro dalla riva. Un altro signore con altra barca a nolo ci aiuta provvidenzialmente, e dopo un po’ di avanti e indietro con la sua barca dal motore potentissimo ci tira fuori dal fango. La fila alla doppia chiusa permane. Un po’ sfacciatamente ci attacchiamo alla barca dei ragazzi tedeschi, tentando di spiegare le nostre difficoltà. Veniamo a sapere che è il loro primo giorno di navigazione, ma con un po’ di scetticismo e diffidenza non riescono a sottrarsi alla nostra richiesta di aiuto. Così per un paio d’ore si spostano (progredendo nella fila) e noi dietro ad attraccarci a loro. Alla fine si passa la doppia chiusa e il più sembra fatto. Ma il bello doveva ancora arrivare. La chiusa successiva dista solo 3 chilometri e cerchiamo di star dietro alle barche che hanno schiusato con noi per non perdere l’ordine di passaggio. Siamo, infatti, gli ultimi di un gruppo di 4, preceduti dai due tedeschi che ci hanno involontariamente aiutati. Arrivati alla chiusa dell’Ognon (che troviamo chiusa perché occupata da barche avvallanti) le barche che ci precedono accostano in riva sinistra (cioè a destra del nostro senso di marcia) dove sono visibili le apposite bit-
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te (paletti di legno, invero) per l’accosto in attesa. Ci accingiamo anche noi a fare altrettanto e, per agevolarsi la manova, Mimmo innesta la retromarcia. Da quel momento scena Fantozziana. Mimmo perde completamente il controllo della barca, la quale si traversa completamente e procede, a velocità non proprio ridotta, verso la sponda opposta, a 90°. Prendiamo in pieno la banchina (in quel tratto, come non è quasi mai, di pietra). Per la botta Amphi fa una piroetta e si appoggia sulla riva destra, dopo aver compiuto un’inversione di marcia. Velocissima discesa, picchetto e constatazione dei danni. Siamo letteralmente sfiniti da tutte le ore trascorse sotto il sole a picco. Leghiamo la poppa all’unico appiglio possibile (un paletto del VNF che ci informa di non sostare perché ci troviamo in zona sottoposta ad inondazioni) e decidiamo di rimanere lì fino all’indomani mattina. Del resto è pure domenica, quindi nessun tipo di soccorso o di meccanico sarebbe reperibile. Mentre si smòccola e si tira il fiato, arrivano nuove barche che si dispongono in attesa del passaggio della chiusa. L’ultima di un gruppo è una barca a nolo lunghissima, simile alle narrow boat ma più larga, completamente in acciaio, nuovissima e bellissima. Non avevamo prestato alcuna attenzione alle loro manovre, senonché mentre Mimmo si trovava in pozzetto e io a dritta, intenti a prendere le nostre cose per scendere a terra, vediamo davanti alla prua di Amphi la barca traversata ed una donna tra i passeggeri terrorizzata. Dopo pochi secondi la nostra ancora di prua si conficca inesorabilmente in una vetrata della narrow boat, mentre la citata turista emette gridolini di orrore e noi siamo increduli ed incapaci di capire quali fossero le intenzioni del pilota. Questi, superando se stesso, innesta la marcia avanti, aggancia Amphitrite per l’ancora, ci piega il paletto d’acciaio e ci stacca la prua dalla banchina. Per fortuna l’intervento di Mimmo è immediato, il paletto (inesorabilmente trasfomato in gancio) viene ripiantato, aggiungiamo altre due cime sempre sul cartello del VNF ed infine scendiamo a terra. Contemporaneamente gli inglesi si accostano dall’altro lato del canale, non si degnano neppure di scusarsi ed iniziano apparentemente un consulto di famiglia. Nel posto in cui il destino ci ha fermati (Pk 147,200 circa) si trova un ampio spazio con panche di legno ed alberi secolari. Vi sostano una manciata di auto e furgoni camperizzati a prendere il fresco. Età media altissima. C’è anche un anziano con la bombola
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d’ossigeno. Mentre sul canale si svolgevano le peripezie appena descritte, Metaxa letteralmente squagliata dal caldo, era scesa a terra e si era rifugiata in prossimità dei vecchietti sotto i platani. Uno di loro non ha perso l’occasione di cacciarla via a calci. Abbiamo fatto finta di non aver visto la scena, ma da allora il personaggio in questione passerà alle cronache con il soprannome di “calciatore di cani”. Decidiamo quindi di andare in avanscoperta a piedi fino ad Homps, dove ci beviamo ben due birre a testa nel primo baretto aperto che incontriamo. Ci eravamo allontanati dalla barca con qualche titubanza, nel timore che qualche altra bizzarra manovra degli inglesi ci avrebbe potuto danneggiare. Quando torniamo dopo la passeggiata scopriamo che hanno fatto dietro-front e se ne sono andati. Chissà cosa avranno detto i noleggiatori quando hanno visto il vetro spaccato. In ogni caso, complice il fresco della sera, Mimmo si azzarda ad individuare il guasto, ed agevolmente scopre che si tratta del cavo del cambio. Eravamo rimasti in retromarcia. Stasera ci si premia: squisita cenetta a meno di 60€ in una piccola locanda che occupa i locali adiacenti la chiusa. E poi meritata nanna. 22.6 - Fermi alla Chiusa di Ognon. Notte tutto sommato tranquilla. Il rumo-
re della chiusa è sopportabile, e il miliardo di cicale che attenta ai timpani nelle ore diurne lascia il turno ad un numero di rane sopportabile. Dato che le chiuse sono fuori uso dalle 19 alle 9, in questo periodo non si corre il rischio di venir insidiati da qualche marinaio inesperto. Purtroppo il calciatore di cani, col suo furgone, dorme lì sotto agli alberi, e sarà l’ultimo essere vivente che si aggira nell’area prima della notte, nonché il primo ad essere avvistato al mattino. Alle 9 circa ci alziamo e Mimmo decide di smontare il cavo guasto. Partiamo con questo aggeggio rotto e subito chiediamo all’addetto della chiusa che ci sovrasta. È di turno la chiusara che il giorno precedente era ad Argens. Telefona alla chiusa di Homps e ci dice che dovremo andare lì per ricevere assistenza. Con le bici andiamo in un attimo. C’è un chiusaro che somiglia al cugino di mia moglie Luciano Griffoni, per flemma e per stazza. Ci aiuta telefonando ad un servizio di meccanica vagantivo sui canali. Ordiniamo il pezzo, e l’indomani ci verrà recapitato alla chiusa. Torniamo alla barca per prendere una bottiglia di spumante di quelle ac-
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quistate al castello di Ventenac e sdebitarci cosi con il chiusaro. Poi proseguiamo verso Homps dove ci sediamo ad un bar ristorante e ci sollazziamo con bibite, birra e patatine. Lo stesso faremo poi nel pomeriggio e concluderemo poi la serata nella trattoria accanto alla chiusa. Il calciatore di cani, che al mattino presto se ne era andato via, nel primo pomeriggio ritorna con la moglie e rimane fino a tarda serata. Per la notte, stavolta, se ne va. In una giornata di sosta come quella odierna abbiamo l’ulteriore conferma che pur di guadagnare, i noleggiatori mettono le barche proprio in mano a chiunque. L’esemplare unico e rappresentativo è una coppia di persone molto anziane (sugli 80). Lei ha un Parkinson e difficoltà a deambulare. Lui sta benino ma certo non è pratico di barche, né può fare tutto da solo. Al momento di passare la chiusa lei prende il timone e lui scende dalla barca ma senza prendere la cima, bensì unicamente con il mezzo marinaio.
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Dopo mille manovre la vecchietta riesce ad accostare in chiusa, ma purtroppo dalla parte opposta a quella prevista. Il marito attraversa le paratie della chiusa, e lei a piccoli passetti incerti, riesce con fatica e quasi per miracolo a porgergli la cima. Osservando meglio, il marito ha i pantaloni completamente strappati dal cavallo fino alle ginocchia. Quali esperienze, prima di questa chiusa l’hanno conciato così? 23.6 - A Valle della chiusa di Ognon, la mattina scorre tra le letture e lo stu-
dio dei turisti che attendono il passaggio della chiusa. Non ci muoviamo perché sappiamo che dalle 13 in poi ci sarà consegnato il cavo dell’invertitore. A metà mattinata ricompare il calciatore di cani, col suo furgone camperizzato e la moglie a bordo. Si trattengono solo un paio d’ore e poi si levano dalle scatole. Alle 13.30 circa appare il furgone del meccanico che ci consegna il pezzo, ma il caldo è davvero insopportabile e decidiamo di aspettare prima di procedere alla riparazione. Continua così l’ozio per un altro paio d’ore, poi Mimmo si decide a sostituire il pezzo, ma nel frattempo la chiusa si è intasata e l’idea di metterci in fila per passarla non ci ispira. Sicché decidiamo di ripartire il giorno dopo. Prendiamo le bici, andiamo ad Homps, ci sediamo in un barrettino a bere birra e ce ne ripartiamo solo verso le 19. Arrivati alla chiusa, decidiamo di mettere a verso la barca, e cosi molliamo gli ormeggi e ci spostiamo di banchina, in maniera da essere la prima barca ad entrare in chiusa il giorno dopo. Siamo l’unica barca. Sistemato il tutto, per la 3^ sera torniamo a mangiare alla solita trattoria della chiusa, che scopriamo essere aperta anche d’inverno (ma non a Natale, a quanto ci dicono). Cena davvero luculliana (60 €). Metaxa invece in questi giorni sta mangiando poco o nulla, e passa il tempo a strappare cuscini e a boccheggiare. Sembra quasi in calore, ma anzitempo. Ci congediamo con i ristoratori augurandoci di rivederci al più presto e infine ci dirigiamo in barca per la notte. 24.6 - L’indomani ci dirigiamo ad HOMPS che è a pochi chilometri, e lì
resteremo fino all’arrivo dei Coniugi, nostri amici romani che vengono a passare alcuni giorni a bordo di Amphitrite. Ad HOMPS rimaniamo 4-5
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giorni, riposandoci al vicino lago di Jouarres, dove andremo sia in esplorazione in bicicletta, sia a piedi per un sano riposo fatto di amaca e letture estive. Metaxa fa qualche bagno insieme a Laura, e nel frattempo il caldo è giusto e il riposo paga. La sera quasi sempre a cena fuori, compresa una puntatina a Olonzac, un posto che ormai è nel nostro DNA visto che abbiamo trovato il bar giusto dove si mangiano le cose di tutti i giorni della nostra amata Francia, senza dover essere armati di nessun galateo se non quello delle persone normali e vacanziere. Il 28 arrivano i coniugi e il giorno dopo si parte alla volta di Marseilette. Navigazione normale e divertente. Si dorme a Marseilette e il giorno dopo si decide di fare il percorso al contrario, ovvero verso Homps, Le somail, Ventenac, Capestang. I giorni successivi li passeremo così in navigazione lungo il Midi, fermandoci dove ci pare, e infine all’ultima sosta, dalle parti di Port de La robine, subito prima del ponte canale sul fiume La Cesse. La sera mangiamo del pollo fritto acquistato al punto di ristoro e il giorno dopo navighiamo tranquilli verso la base di Colombiers.
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Escursioni miste da Colombiers a Bordeaux 2016 - 8 Quest’anno niente navigazione ad agosto, ma solo escursione verso Bordeaux alla verifica di un eventuale viaggio fino alla Garonne, e poi per vedere l’oceano e il fiume che ha un’escursione di marea di 4-5 metri. Si arriva a Colombiers l’11 luglio di sera tardi, e rimaniamo senza cena e senza sollazzi, visto che a mezzanotte anche nella nostra amata piazza di Capestang è tutto chiuso. Il giorno dopo giornata oziosa, visita agli amici Marinette e Thiery per consegna regali italiani. Loro non ci sono e oltre a riprendere possesso di Amphitrite non facciamo altro. Sembra tutto OK, eccetto la tensione della batteria di servizio che sembra un po’ bassa. Il motore parte ed è tutto OK per l’indomani che dovremo spostarci fuori nel canale in vista del 13 sera, quando ci saranno i fuochi d’artificio nel porto, in concomitanza con la festa della rivoluzione francese. I giorni successivi si organizza il viaggio e si va verso Bordeaux. Torneremo dopo una settimana circa, con l’idea che arrivare fino a Bordeaux non sia per niente facile, e che in ogni caso l’escursione è stata istruttiva. Non è stata riposante, visto il caldo infernale e le zanzare del posto dove abbiamo dormito. Torniamo quindi a Colomiers per qualche giorno, senza toccare per niente la barca. E quindi in ogni caso, questo 2016 in Occitania finisce più o meno così.
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Colombiers - Ventenac 2017 - 9 Nel 2017 siamo stati a Colombiers due o tre volte, ma solo ad agosto abbiamo goduto di una riposante navigazione. 23.8 - Si parte finalmente di mattina verso le 10.30 e lentamente si riprende
la navigazione, così almeno Amphi non si annoia. Il timone è molto molle e per cambiare leggermente direzione bisogna fare almeno mezzo giro, ragion per cui mi deciderò poi a dare un’occhiata alla tiranteria. Arriviamo lentamente al tunnel del Malpas, ci facciamo precedenza da soli, e mi becco una cazziata dalla barca in attesa che mi ricorda di non aver acceso le luci di via nel tunnel. Si prosegue per un po’ fino ad arrivare dai nostri amici di Pasha all’altezza del Regisment le Haut. Ci si incrocia con diverse barche, tra cui una che ci sorpassa e che praticamente ci toglie la possibilità di fermarci per un caffè. Bene, si prosegue e al ponte di Pohiles tentiamo di fermarci subito dopo in una banchina che ha gli anelli al vivo. Ma poco attento e poco svelto, non riesco a fare la manovra e quindi si prosegue, contenti comunque di aver ripreso la navigazione. Dopo 1 anno di fermo e un luglio senza possibilità di partire visto che la pompa del gasolio ci ha piantato in asso, alle 12.30 si arriva a Capestang e decidiamo di fermarci. Così tanto per assaporare la vita a bordo con comodità infinite a terra come corrente, bagni, il nostro amato bar della pace e il nostro ristorante preferito Relais Bleu. Bene, visto che il tempo è molto incerto e ha anche conati di pioggia, allora alla fine ci fermiamo per tre giorni e ci riposiamo come non facevamo da molto tempo. Sembrerà stupido, ma fermarsi con la propria barca, in un posto dove non c’è nulla da scoprire perché già si conosce più o meno tutto è assolutamente riposante. Non fare niente avendo tutte le certezze, bello davvero, soprattutto se sei sul Canal du Midi, a Capestang (capo degli stagni), ed è un posto dove ci sono all’incirca 300 giorni di sole l’anno, una comunità molto sociale e una sorta di eden tra campagna viticola, montagna, e mare. Il mediterraneo a poco più di 20 km da un lato e l’oceano dall’altro a poco
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più di 200 km. I giorni successivi ci fermiamo qui senza nemmeno pensare a lidi diversi, visto che il tempo è umido, coperto e incerto. 27.8 - Partiamo alla solita ora da Capestang e ci fermiamo verso le 12 a
Argelier, patria della rivolta dei vignaioli più famosa di Francia. Un posto incantevole come posizione sul canale, ottimo approdo subito dopo il ponte ancora intatto dalla sua costruzione e appena dopo una curva a 90°. L’approdo è incantevole, e visto che è l’ora del pranzo ci facciamo una ottima pasta asciutta. Alle 3 circa facciamo un bel giro per il paese alla ricerca di un bar, ma con risultati pessimi. Sembra che ad Argeliers la gente preferisce stare in casa e quindi dopo diversi giri a vuoto ci fermiamo davanti all’unico supermercato che aprirà alle 4. Fa caldo e siamo chiaramente alla ricerca di sollievo bevitorio, e la nostra buona sorte ci ha fatto trovare un meritato MOJITO analcolico. La cosa bella di Argelier è invece un percorso lungo le mura di una struttura architettonica non ben definita, su cui sono affisse delle bacheche con immagini storiche che rappresentano la famosa rivolta dei vignaioli, che nel 1907 ha interessato tutta la regione di Montpellier. 27.8 - Ripartiamo dopo colazione e ci fermiamo verso le 12 al nostro amato
posto dove è situato anche il fornitore principale dei nostri vini, ovvero in quel di Ventenac Le Minervois. Questa sarà almeno la quarta volta che ci passiamo in barca, oltre a tutte le altre che ci siamo passati in macchina a fare rifornimento di vino per noi e per i cadeaux. Ormeggio alle banchine attrezzate con passerella semplice di legno, ma questa volta ci sono le bitte che il VNF ha recentemente rinnovato lungo il Midi, facendoci un grande favore visto che ora ci sono tantissimi posti dove ormeggiare gratuitamente e godersi la vita del canale. A Ventenac è tutto un po’ rimesso a nuovo. La strada e gli arredi, la peniche vinicola ormeggiata davanti alla Cave dove acquistiamo il vino, il chiosco dove compriamo le baghette e dove faremo una colazione stupenda con caffè e brioche seduti all’ombra del casotto, guardando il canale e le barche che passano. La sera mangiamo al ristorante-pizzeria La Grillade du Chateau, la cui particolarità è che 2 due galline girano libere tra i tavolini sotto
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il pergolato, e il nostro incredulo cane ha capito che non era il caso di prendersela a male, e rinunciando alle tentazioni ancestrali di assalto al volatile. 28.8 - Ripartiamo da Ventenac dopo aver fatto rifornimento di quattro bot-
tiglie di vino passito per vari regali e due taniche di vino sfuso bianco e rosso. È la prima volta che compriamo vino bianco, ma abbiamo deciso di farci il rosè in casa piuttosto che prenderlo già fatto. Bene, dopo aver fatto passaggio di gala davanti ai due paesotti dove ci vorremmo fermare, Paraza e Roubia, proseguiamo quasi fino alla chiusa di Argelier, ma poco
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prima torniamo indietro, pur avendo visto incantevoli posti soleggiati e pieni anche di enormi platani, con vigne a destra e anche pini sulla sinistra, non avendo peraltro la vignette, non potremmo nemmeno proseguire attraverso la chiusa, quindi inversione diretta con la nostra Amphi che fa un turn around perfetto senza manovrare, alla fine ci fermiamo in un parcheggio riservato a barche passeggeri in prossimità del ponte di Roubia dove resteremo fino al giorno dopo. Al nostro arrivo c’è una barca a noleggio, ma noi ci mettiamo subito dopo scocciando le cime ad una bitta di pietra e ad una specie di altra bitta quadrata. Ormeggio perfetto, niente grattate di chiglia, e quindi dopo un po’ emigro con due sedie e il tavolino portatile in una zona ombrata sotto i platani. Roubia è un paesotto che sembra dare molte aspettative, acqua, supermarket, ristorante, etc.. A noi darà solo la possibilità di andare a bere una birra verso le 17.30 in una frugale mescita “Le Fourchette Folle”, dove verremo a mangiare anche la sera. 29.8 - Ripartiamo all’ora canonica, anzi di buon’ora in direzione Ventenac e
Capestang, con l’intenzione di fermarci subito dopo Le Somail e subito prima del ponte-canale di Port La robine, dove ci sono una serie di bitte e una casetta dove vendono generi alimentari, fanno mescita di vino e altre cose mangerecce. Alle 12.30 circa ci arriviamo, dopo esser passati per i posti già visti diverse volte come Ventenac, Le Somail, etc.. Sorpresi di non trovare nessuno ormeggiato, eccetto La Bella Vita, barca inglese di acciaio e legno. Ci fermiamo e ci organizziamo per stare un pomeriggio a riposo, lettura e scrittura delle memorie di navigazione, connessione internet vie telefoniche, rimaniamo in attesa che apra il chiosco, dove verificheremo se la sera potremo mangiare qualcosa, come sarà di fatto anche se circondati da una moltitudine di vespe non invitate ufficialmente al banchetto. 30.8 - Ripartiamo da Port la Robine per rientrare verso Capestang dove
abbiamo deciso di fermarci per rifocillarci con una salutare doccia e andare al nostro bar della pace a prenderci una perrier o qualche altra cosa di buono. La navigazione procede senza problemi e ripassiamo per i posti già visti, compreso un bellissimo posto dove ci sono una fila di barche abitate stabilmente (Lat. 43.3255 Lon. 2.9949). Arriviamo a Capestang verso le 13.30, ma troviamo difficoltà a trovare un
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posto decente dove stare, e quindi decidiamo di proseguire verso il nostro porto di stazionamento in quel di Colobiers, dove arriviamo verso le ore 15. Con questa tappa sichiude la nostra escursione a bordo di Amphitrite per questo 2017.
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Le chiuse da Beziers a Marseilette Nome PK Tipo* Dislivello -------------------------------------------------------Foncerannes 206.5 7 13.60 Argens 152.3 S 2.41 De Pechlauuriers 149.8 D 4.63 D’Ognon 147.1 D 5.81 Homps 146.4 S 3.14 Jouarres 142.7 S 3.62 Puicheric 136.4 D 4.63 L’Aiguille 133.4 D 5.47 Saint Martin 131.6 D 5.61 Fonfile 130.4 D 8.73 Marseillette 127.2 S 3.70 * S singola D doppia
Da Beziers a la Gironde
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Amphitrite va a Roma 2018 - 10 Trasferimento in 5 tappe
L’ultima tappa del viaggio di Amphitrite, almeno quella che riguarda il nostro viaggio da armatori, sarà quello da Colombiers a Fiumara, Roma. Un viaggio i cui preparativi iniziano almeno un mese e mezzo prima, con la formazione dell’equipaggio e la soluzione di tutti i problemi come l’organizzazione del viaggio di andata fino a Colombiers che dovrà avvenire in treno, o altro mezzo ma di sola andata, visto che poi il ritorno sarà a bordo di Amphitrite. Con i primi di agosto si delinea la programmazione del trasferimento, e infine lunedi 6 agosto io, Roberto e Antonio partiamo di buon’ora con il treno, per ritrovarci a Genova con Maurizio, che chiude l’equipaggio che partecipa al trasferimento. Proseguiamo fino a Nizza dove ci attende una fiammante Peugeot 308 a noleggio, con cui percorriamo gli ultimi 400 km fino a Colombiers. Arriviamo di fatto a Capestang in fil di cena, al nostro punto di riferimento Le Relais Bleu soprannominato per l’occasione La Bettola. Il morale si alza subito con una cena a base di escargout, seppia ai ferri e altre pietanze tipiche, ben innaffiate dal rosè locale, e infine cena chiusa con la parte dolce della vita, tarta ten compresa. Prima notte a bordo della nostra arca olandese, su cui dovremo vivere nei prossimi 6-10 giorni, almeno quelli stimati. Il 7 lo dedichiamo ovviamente ai preparativi, non prima di una ottima colazione alla francese nella boulangerie storica del porto. La giornata passa tra manutenzioni al motore, attrezzature e preparazione dell’albero. Rischio di avere un mignolo di meno, ma la buona sorte mi assiste, e continuiamo con Roberto a preparare l’albero e le luci di via. Saldiamo dei fili ed eliminiamo un nido di vespe che si erano sistemate nell’albero entrando da uno dei molti fori. Rivediamo l’armo nei punti salienti preparando il tutto per il giorno dopo, quando avevamo programmato di montare l’albero. Facciamo acqua e rinforziamo la cambusa per una navigazione culinaria di almeno 10 giorni. Un paio di taniche di gasolio e cena in barca. Chiusura della serata al bar del porto per un pastis.
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Ultima notte quindi a Colombiers, e domattina di buon ora toglieremo le tende, non prima di un buon caffè, necessario prima di dare inizio alla lunga giornata. 8.8 - Di buon mattino si parte verso AGDE, che sarà il punto di approccio al
mare per iniziare la grande avventura marinara di Amphitrite. Io e Antonio organizziamo il tutto e in un baleno si stacca la corrente e si mollano gli ormeggi, direzione sette chiuse di Beziers dove arriveremo poco prima dell’ora di apertura prevista per le 8.30. Siamo i secondi in fila, e in meno di un’ora passiamo le 7 chiuse di Fonseranes, ma ci fermiamo poco dopo aver superato il ponte canale di Beziers in attesa del turno per la chiusa di accesso al porto. Dopo una ventina di minuti è il nostro turno ed entriamo in chiusa. Attraversiamo il porto di Beziers e temporeggiamo in un paio di giravolte, fino a che il semaforo della chiusa diventa verde, e allora andiamo verso l’ultima chiusa di Beziers. Scendiamo cosi di qualche metro, e riprendiamo la navigazione verso AGDE, dove pensiamo di arrivare questa sera, o poco prima. Al km 22 attendiamo l’apertura della chiusa di Portiragnes, e dopo averla passata proseguiamo verso AGDE. La navigazione del canale è come al solito tranquilla e oziosa, e tutto il giorno procediamo ai soliti 5/6 km l’ora. Verso le 4 arriviamo ad AGDE e ormeggiamo prima della chiusa ronde, dove aspetteremo almeno un’oretta, in attesa di passarla verso il canale che porta al mare. In realtà il programma è già fatto da molto tempo, e passata la chiusa ci fermeremo in accosto a dritta su 2 bitte del VNF. Insieme a noi poco più avanti è ormeggiata una barca olandese, con capitano, signora e cane. Un signore abbastanza anziano, il capitano appunto, cerca di farci capire che il canale è sottoposto al regime di marea, e quindi di prestare attenzione. Questione che comprenderemo a pieno la sera tardi. Cominciamo ad organizzarci per rimettere in armo l’albero e il resto del sartiame per affrontare il mare. Io e Antonio facciamo un sopralluogo all’ultimo ponte da passare con l’albero abbattuto, e accosto a destra, immediatamente alla prima pedana di ormeggio disponibile. In qualche ma-
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La rotta del trasferimento Francia - Fiumicino
niera con il supporto di un tal Pasqual, Antonio recupera il gasolio per completare le dotazioni e si cena alla meglio. Notte di attesa per la giornata di partenza, cena e riposo. Almeno fino a verso le 10, quando la barca assume un assetto strano, inclinato verso il centro del canale. In breve tutti in pozzetto, capiamo alla fine che il problema è la bassa marea, e infatti siamo fermi solo grazie alle cime sulle due bitte di legno a riva. Nel giro di 1/2 ora torna tutto come nella normalità, ma dopo mezz’ora la marea scende di nuovo e allora molliamio un po gli ormeggi e mettiamo una tavola per distanziare la barca dalla riva. In questa maniera funziona, ma ci vorrà ancora un’altro abbassamento di marea per convincerci che il problema era semplicemente la sezione del canale artificiale che in prossimità della riva è inclinato, e quindi la chiglia poggiava anzitempo facendo inclinare la barca.
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Arriviamo comunque al mattino, e dopo una colazione veloce e qualche preparativo, verso le 9.30 accendiamo il motore e ci dirigiamo all’ultimo ponte, per superarlo e ormeggiare alla banchina di fortuna dove rendiamo operativa Amphitrite per la navigazione verso Roma. 9.8 - Alle 10.30 fervono i preparativi per mettere l’albero nella sua sede na-
turale, la scassa speciale per l’albero abbattibile. Rimettiamo in sede l’albero e stringiamo il lungo bullone prigioniero attorno a cui ruota l’albero. Rimontiamo le crocette e rimettiamo in sede il sartiame, e in fine alziamo il triangolo di prua su cui si attaccano la cima che va in testa d’albero, di solito la scotta del fiocco, all’altra estremità è connessa all’argano. L’angolo tra il triangolo di carico e la linea della prua deve essere di almeno di 110-120 gradi, così che rimanga abbastanza margine quando l’albero va in posizione e cè da serrare il perno e bloccare l’albero con un’altro lungo bullone. A dire il vero questa operazione l’abbiamo dovuta ripetere almeno 2 volte, per colpa di una fascetta che era stata usata per bloccare la luce di via a mezz’albero, senza rendersi conto che la canaletta deve rimanere libera per far scorrere le gallocce della randa. Questioni di barche e barcaroli che si frequentano troppo poco. Alla fine, dopo varie peripezie e un duro lavoro per mettere su al meglio anche il rollafiocco, decidiamo comunque di partire verso le 15 e 30. Si molla l’ormeggio di fortuna e finalmente si va verso l’uscita del canale di Le Grau D’Agde sotto una pioggia niente male, che da li a poco per fortuna cesserà. Grande paura quando a metà percorso dobbiamo passare sotto il ponte della D612, che pur essendo alto abbastanza da poter rendere libere tutte le barche a vela del circondario, genera comunque un effetto ansia quando la testa del nostro albero sembra proprio prossima al ponte. In un secondo mi metto l’anima in pace e vado al rischio grande di passare oltre, cosi da verificare che in effetti ci passiamo e che abbiamo evitato il disastro. L’uscita a mare di Grau D’Adgde è abbastanza critica, con mare forza 2 oltretutto incrociato, inizia una nottata di sobbalzi e sconvolgimenti dell’assetto in dinette. Antonio e Maurizio dentro a cercare di sistemare le mille cose che volano. Ma dopo un attimo vola anche Antonio che si ritro-
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va seduto sulla panca, e dopo un secondo si ritrova con il frigorifero tra le braccia. La scena è da due amanti del brivido verso la notte che avanza. Il frigo volerà altre volte, e per almeno un paio d’ore della notte, il corridoio sarà invaso da libri, dotazioni della cambusa e altre cose. Tutti oggetti che stavano comodamente sul tavolo e negli scaffali. Capiamo subito che non sarà una notte facile, ma nonostante ciò ce ne andiamo per la rotta programmata. Nel breve cala la notte, siamo al traverso di Sete e il mare rimarrà incrociato fino all’alba. Facciamo turni di 2 ore, con due team che rimarranno tali per tutta la traversata: nostromo e assistente di cambusa, e i due più anziani della barca, capitano in prima e seconda. All’ultimo cambio turno quando il nostromo capo riprende in mano la situazione, scopriamo che abbiamo camminato pochissimo, e che la perenne Sete è quasi nemmeno al giardinetto. A questo punto mi prende uno sconforto assoluto e decido di andare a riposare, ma non prima di aver capito che evidentemente la corrente in questo punto è forte abbastanza, da farci ritrovare in una sorta di girabanda dovuta al passaggio dal Golfo del Leone a quello della Costa Azzurra.
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10.8 - Inizia il primo vero giorno di navigazione, intero e intenso. All’alba il
promontorio di Sete è sempre li, ma poi con l’andare delle ore ci ritroviamo comunque con Marsiglia al traverso. Dopo Marsiglia sfiliamo paralleli al Parc natural des Calaques, e infine passiamo la Ciotat in direzione Ile des Embiez in cerca di rifornimenti. Un paio d’ore e siamo in vista dell’isola, con mare bello formato e onde sui 2.50m, tanto che Maurizio si rifiuta di guardare verso poppa, arriviamo al canale d’ingresso e facciamo prima il pieno del tanicame, e poi una sosta al molo pubblico per rifocillarci un po di queste prime 24 ore di mare un po brillo. Verso le 19 riprendiamo a navigare e guadagnamo l’uscita in mare aperto tenendoci molto larghi da una piccola punta rocciosa dove arrivano perfette le onde lunghe del Golfo del Leone. Scapoliamo e ci teniamo a 3/4 miglia dalla costa, navigando tutta la notte e passando indenni la parte più brutta della navigazione notturna, quella parallela alla baia di Tolone, e poi parallela a Iles d’Hyeres e Ile du Levant, ovvero con all’interno Cap Benat. La mattina ci ritroviamo in vista di Saint Tropez. 11.8 - La notte è stata relativamente tranquilla, ed è forse la notte della
secchiata d’acqua che qualche buontempone ha assestato ad un membro dell’equipaggio che dormiva profondo. O forse più che una secchiata era una straorzata, con un’onda che ha lanciato qualche sbruffo di mare, cosi, tanto per farcelo assaporare. Dopo una notte così, al cambio di turno una dormita profonda ci stava bene, e invece sono stato svegliato dalla GDF francese in elicottero, che non leggendo il nome della barca e nemmeno il numero di registrazione, ci ha osservato da vicino e alla fine abbiamo dovuto comunicare le nostre informazioni sul canale 16, e poi su altro canale concordato. La cosa sembrava finita li, ma le nostre risposte non li hanno convinti, visto anche che la nazionalità dell’imbarcazione non era chiara. Da li a poco arriva infatti una corvetta, e dopo 10 minuti un gommone da assalto con 6 persone a bordo, armate di tutto punto. Bene, ci siamo guadagnati la giornata, con una bella perquisizione e ripasso di tutta la documentazione della barca, delle informazioni sulla rotta e di altre info di contorno. Dopo tre quarti d’ora si è chiarito che noi con questa barca a vela, in rotta per Roma, eravamo certamente dei temerari. Vista an-
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che la barca in quanto tale, non propriamente marinara d’alto rango. Ci riprendiamo dallo shock, e proseguiamo sulla nostra rotta in direzione parallela alla costa azzurra, puntando all’Italia, e passando al largo di Cannes e Nizza, la notte passiamo il confine al largo di Ventimiglia. 12.8 - Fa giorno in vista di Sanremo, Antonio e Maurizio riconoscono i
posti di antiche scorribande. Poi si naviga verso Varazze per fare il secondo rifornimento della traversata. Aria meravigliosa e il personale della stazione di rifornimento anche. Ci servono con gentilezza, paghiamo e cè ne andiamo, riprendendo la nostra rotta verso Genova, Portofino e La Spezia. Insomma, navighiamo tutto il giorno. Prima sfila la liguria di ponente, mentre a bordo impazza la “pasta alla sagola”. Passiamo Genova “tagliando” i way point prefissati, e al tramonto siamo di passaggio alle 5 terre. Porto venere e La Spezia di notte, in prima serata e notte illuminata da fulmini e saette in direzione della nostra meta. Si prosegue a fine giornata verso la Toscana, dove vedremo sfilare idealmente Massa, Carrara e la Versilia, e in fine Livorno. La notte la passiamo
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a cercare di capire quanto si avvicina o si allontana una grande meda, o meglio piattaforma petrolifera rosso-fantasma. All’alba finalmente si intravede l’Elba e navighiamo quindi verso il canale di Piombino. 13.8 - Tempo eccezionale fino al pomeriggio, poi un immotivato peggioramento e la formazione di una improvvisa burrasca locale. Improvvisamente groppi di vento e pressione che cambia velocemente, fino a pioggia forte e nebbia che oscura completamente l’Elba. Di colpo davanti a Piombino ci troviamo sotto tiro e siamo costretti a mettere prua controvento e tirare giù la randa. Fatta la manovra, guadagnamo l’ingresso al porto commerciale sotto una pioggia continua, e chiediamo alla capitaneria di attraccare. Ci concedono un attracco per un’ora, facendoci ricevere da un addetto che ci indica una banchina in mezzo alla flotta da pesca minore. Ci togliamo di dosso i vestiti bagnati, e nel giro di 20 minuti siamo di nuovo in navigazione guadagnando l’uscita dal porto. Usciamo dal porto e pian piano ci rimettiamo in rotta verso l’Argentario. All’imbrunire, con un piatto caldo di pasta tra le mani, passiamo con le Formiche a sinistra. Cala il buio, e il passaggio dell’argentario diventa tranquillo, almeno sul mare e per un certo tempo. Ma verso terra il meteo non è proprio dei migliori, e anche sul mare siamo inseguiti e circondati da una coltre di nuvole nere. Per fortuna il cielo si apre verso Isola del Giglio, e si mantiene carico di pioggia a terra. Un retro fronte di fulmini per tutta la notte ci ha offerto uno spettacolo indescrivibile sull’intera fascia parallela alla costa. Lasciamo Giannutri a dritta e si continua la navigazione. Cambi di turno, alla ricerca di una meda lontana verso Civitavecchia. Passiamo la notte paralleli alla grande lingua di sabbia che parte da Pescia Romana e arriva a Civitavecchia, anche se la sensazione non sempre è quella giusta, ma si sa, la terra vista dal mare non è mai quella giusta. In ogni caso ad una certa ora si comincia a vedere una meda importante, che diamo a qualche miglia al largo di Civitavecchia. 14.8 - Alle 8 circa navighiamo a poche miglia dal porto, e nel giro di
un’oretta siamo davanti al Porto di Traiano, dove facciamo rifornimento per l’ultimisso tratto di navigazione fino a Fiumara, stimando di arrivare
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nel giro di 6-7 ore. Ma la giornata non è delle migliori dal punto di vista del meteo, e su Roma e Fiumicino si forma un grande fronte carico di acqua e vento. In breve, all’altezza di Santa Severa si chiudono in cielo delle nuvole nere, che a 2-3 miglia verso il mare cominciano a generare delle turbolenze che formeranno poi 4 trombe d’aria di cui, per fortuna, solo 2 riescono a formarsi fino alla fine. L’impressione è terribile, e un’unica colonna di acqua si forma tra il cielo e il mare, di cui una delle 2 è abbastanza vicina e in direzione di Amphitrite. La fortuna alla fine ci assiste. Le trombe d’aria vanno a morire verso il largo e il vento si riduce. Nel frattempppo a terra i nostri amici, mia moglie e Metaxa ci aspettano, mentre impazza una bomba d’acqua. La nostra navigazione continua sotto la pioggia e un bel mare leggermente formato e incrociato. Si continua cosi per un paio d’ore, e come capita sempre, le ultime miglia sono le più terribili, con la sensazione che non si arrivi mai. Nell’ultimo tratto vento e mare basso formato. Puntiamo il vecchio faro di Fiumicino, quello in prossimità dell’ingresso a Fiumara. Arrivati in zona ci teniamo ben lontani dal faro e dopo poco siamo all’entrata di Fiumara. L’emozione è solita, di quando si arriva da un lungo viaggio, o di quando non si va in un porto da lungo tempo. Di fatto non entravo a Fiumara da quando arrivammo con Pinta, la prima barca di questa storia, il 17 Agosto del 2010. Risaliamo quindi Fiumara tenendoci in riva destra, fino alla nostra meta di passaggio poco prima del ponte della scafa al cantiere Iniziative Nautiche. Li ci attendono amici e famigliari, tra cui Giuliana che aspetta Antonio e che ci indica il posto di ormeggio, Lalla mia moglie e la mia adorata Metaxa, Manuela e Marisa, due amiche di famiglia. Saranno le 4 e mezza, è il 14 Agosto 2018 e siamo arrivati alla meta di questa bellissima traversata. Un ringraziamento infinito all’equipaggio di questa tappa, ma anche a tutti gli amici che sono saliti a bordo di Amphitrite, e a tutti gli amici olandesi che in diversi modi ci hanno ospitati, aiutati e supportati. Agli amici francesi Marinette e Therry. Un ringraziamento
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speciale a Maurizio, che ha tenuto un diaro esatto della lunga traversata finale di Amphi verso Roma, e a una fatina nascosta che ci ha aiutato nella preparazione del nostro ultimo viaggio marinaro. Amphitrite a riposo quindi per un pò e infine con diverse peripezie si trasferirà nel cantiere agognato in quel di Constellation Nautica al Ponte 2 Giugno di Fiumicino, dove amici fidati e barcaioli sicuri ci attendono con le loro Jonathan, Giolea, Antiope e Farfadet.
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Le carte Le carte come sempre sono un problema noto, soprattutto gli aggiornamenti, cosi come la preparazione della tappa programmata di navigazione. Anche a bordo di Amphi abbiamo navigato cercando di programmare le tappe, ma in altre occasioni la navigazione può essere a vista, ma una carta per sapere dove si è e dove si va è sempre necessaria. Oggi con i sistemi di navigazione digitali si può fare anche a meno di alcune dotazioni, ma viaggiando per mare è invece sconsigliabile affidarsi solo alle dotazioni digitali. In ogni caso, per questo viaggio le carte consistono in una o due carte generali e ovviamente in tutte quelle di approfondimento delle varie tappe. Nel nostro caso abbiamo in parte riciclato le carte del precedente viaggio, aggiungendo alcune carte nuove, come quelle dell’Olanda lato ovest per il canale Lemmer - Enkuizen, poi fino ad Harlem e giù in diagonale verso Tilburg. Una carta nuova di zecca è quella del Belgio, che fino a qualche hanno fa non esisteva, se non come carta aggiuntiva delle carte francesi o olandesi. Per le carte di mare, abbiamo usato carte francesi ben fatte e adatte alla navigazione in ambienti umidi come la barca. Ovviamente un portolano è sempre necessario, anche se fidarsi è bene ma chiedere è meglio. I portolani non sempre sono aggiornati, e se possibile conviene contattare gli operatori locali in caso di informazioni critiche. Le carte generali Carta generale Olanda e Belgio. Carta generale dei canali francesi. VOIES NAVIGABLES n° 21 di Fluviacarte
Navigazione in mediterraneo Per affrontare la navigazione in mare dalla Camargue a Fiumicino sono state usate le due carte del Mediterraneo INT 305 alla scala 1:1.000.000 e INT 304 alla medesima scala dell’IIN (Istituto Idrografico della Marina), oltre al portolano Pagine Azzurre.
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Tabella della cartografia di Olanda e Francia
Info e riferimenti In primis il riferimento sono gli enti di gestione istituzionale o delle reti turistiche dei paesi che attraversiamo, ma anche blog o siti web internazionali o locali. Olanda www.anwb.nl — il sito di riferimento dell’associazione turistica olandese dove trovare informazioni utilizzando il traduttore automatico di Google. Le carte le potete acquistare nella estesa rete di negozi che trovate nella cittadine più grandi su tutto il territorio olandese.
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Belgio Voies navigables Belges - Atlas et guide de navigation, che potete reperire attraverso il sito - www.nautic-way.com voies-hydrauliques.wallonie.be – Avvisi alla battelleria. Www.vlaamsehydrografie.be/home.asp – tavola delle maree. Francia www.fluvialnet.com — il sito per aquistare le carte dei canali per il Belgio e la Francia. www.vnf.fr – il sito principale dell’ente di gestione dei canali, ovvero delle Voies Navigables France. Di Chiusa in Chiusa Lungo i canali dall’Olanda al Mediterraneo in 5 tappe. ilmiolibro.kataweb.it o issuu.com/sandom The European Waterways Di Marian Martin, edizioni Adlard Coles Nautical London. Un testo per cominciare a capire le problematiche della navigazione fluviale in Europa. European Waterways Map and concise Directory Edito da Eusomapping. La carta generale dei canali d’Europa. L’unica carta che vi dà la rappresentazione dell’intera rete dei canali europei, dall’estremo Est della Russia all’estremo Sud della Turchia. Scoprirete cosi che potete arrivare in Grecia anche seguendo il Danubio e passando per Vienna. Vent’anni di Mediterraneo Di Göran Schildt edizioni Magenes Editoriale. Un volume che ti insegna ad amare il mare, la vela e la cultura del Mediterraneo. Un viaggio attraverso il Mediterraneo a cavallo degli anni 50’ e 70’. www.canal-du-midi.org Il miglior sito internet da cui partire per avere informazioni a 360 sul Canal Du Midi. www.worldcanals.com
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Un sito internet di riferimento per capire il mondo della navigazione fluviale in tutto il mondo. http://www.citedesbateliers.com Il museo della battelleria di Longueil-Annel. Al link youtube che segue un video sulla storia della battelleria francese. https://youtu.be/KLNGUxR5ht
Le immagini In copertina - Un momento di relax di Metaxa nel marina di Gent. Quarta di copertina - Sosta notturna lungo un canale tranquillo sulla strada di Parigi. Pag. 2 - Amphitrite di poppa nella prima foto al Tacoxx di Lemmer. Pag. 4 - Vista su Amphi nel marina di Ventenac. Pag. 6 - Un immenso convoglio di due barge con chiatta dalle parti di Bergen op Zoom, sulla strada del canale di congiunzione con ANVERSA. Sopra la panoramica di un ex lago a Montady. Pag. 8 - La facciata di uno dei Dockers di Aversa dove arrivavano i brigantini da Montevideo nell’epoca d’oro dei Clipper (1840- 1870). Pag. 11 - Il brindisi di inizio della nostra avventura con Amphitrite a Lemmer nel 2010. Pag. 12 - Amphi lato banchina nel nostro primo incontro. Pag. 13 - I piani originali di coperta e degli interni di Amphitrite. Pag. 14 - Peniche gemelle, in una delle foto scattate lungo i canali del nord della Francia. Pag. 16 - Uno stucco delle facciate di Bruges (Belgio). Pag. 22 - Una Peniche con nome da nerd incontrata lungo i canali francesi. Pag. 28 - La prua di Amphi ordinata e nuova. Pag. 33 - Vista della Torre Eiffel in navigazione con Amphi. Pag. 34 - La comandante Lalla, in seconda Metaxa e l’assistente Rosaria nella tappa Tilburg - Compiegne. Pag. 41 - Un ponte mobile olandese e il marinaio Sandro nella prima tappa del viaggio.
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Pag. 43 - Una foto in quel di Parigi con gli amici di Sanguetta. Pag. 46 - Scena di vita quotidiana di un porto fluviale nel periodo d’oro della battelleria francese (estratta dal video citato a pag.30). Pag. 52 - Una foto scattata prima di entrare nel canale sotterraneo di Ruyaulcourt citato a pag.29. Pag. 55, 56,58 - Raccolta di personaggi e luoghi del viaggio. Pag. 57 - In alto una chiatta lungo uno dei canali. In basso a sinistra una narrow boat inglese come se ne incontrano tante nei canali più raggiungibili. A destra una facciata tipica in una cittadina Belga. Pag. 63 - Sando e Lalla alla consultazione della carta turistica in cerca delle dune del Nationaal Park sul Mare del Nord vicino ad Harlem (Olanda). Pag. 65 - Le 9 chiuse di Fonseranes. Pag. 66 - Una delle bellissime immagini della tappa di avvicinamento a Parigi, catturata dal comandante Lalla. Pag. 71 - La pargola Leila, parte dell’equipaggio del primo viaggio di Amphi. Pag. 73 - Cena a bordo di Pasha. Pag. 74 - Una immagine della DIMORA DEL CAOS. Nei pressi di Saint-German ou Mont D’or citata a pag.54. (http://www.999ddc.org/). Pag. 79 - Giovani marinai a bordi di Amphitrite. Pag. 80 - Metaxa a bordo di Amphi come assistente alla navigazione. Pag. 83 - Ectoplasmi a Bize-Minervois. Pag. 86 - Un luogo maestoso e tranquillo lungo il Canale Pag. 89 - Una inquadratura naturale di una scena artistica reale lungo un canale cittadino. Pag. 91 - Il comandante Lalla alle prese con un passaggio in chiusa. Pag. 93 - Metaxa comodamente in amaca. Pag. 95 - Panoramica di uno dei canali con Anatra a riposo. Pag. 96 - Roberto al timone durante il corso di samba e vela, durante la traversata Francia - Italia. Pag. 101 - Una delle trombe d’aria che ci aspettavano all’arrivo a Fiumicino il 14 di Agosto. Pag. 103 - Ultimo rifornimento a Riva di Traiano per l’ultima tappa Civitavecchia - Fiumara.
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Pag. 104 - Autoscatto di gruppo. Equipaggio al completo con gli amici per sempre Marinette e Thierry della Peniche Pasha. Pag. 107 - AGDE. Un momento della preparazione di Amphitrite per la grande traversata di 120 ore in direzione Fiumara.
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