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OPERE STORICHE DELLO STESSO AUTORE Pubblicate La Baronia Camera
La
:
—
del Cilento.
Roma,
1904. Tipografia della
dei deputati.
rÌTOlta del Cilento nel 1828, narrata su documenti inediti,
1906 {Biblioteca storica del risorgimento
liano, serie 4»,
Memorie N.
di
N.
ita-
9).
Carlo De Angelis, 1828-1860 {Idem, serie
5»,
4).
Costabile Carducci ed
i moti del Cilento nel 1848. Volumi due. {Idem, serie 5% N. 10 e 11).
La reazione borbonica
nel re^no di Napoli. (Episodi
dal 1849 al 1860). {Idem, serie VI, N. 12).
In preparazione : I
carbonari di Salerno nel 1820.
I patrioti di
Salerno nel 1799.
Le rlTolnzione del 1860 in provincia
di
Salem*.
BIBLIOTECA STORICA DEL RISORGIMENTO ITALIANO CASINI
pubblicata da T.
e V.
FIORINI (Serie VI
- N.
12)
MATTEO MAZZIOTTI
LA REAZIONE BORBONICA NEL REGNO DI NAPOLI -% (Episodi dal
1849
al
1860)
MILANO-ROMA-NAPOLI SOCIETÀ EDITRICE DANTE ALIGHIEBi DI
ALBBIGHI, SEGATI 1912
e C.
PBOPBIETA LETTERAEIA
DELLA SOCIETÀ BDITBICE DANTE AUGHIBSI DI
ALBRIGHI, SEGATI &
Bom»,
1919
— Tipografia
C.
Ooop«TatÌTa Sociale, ria dal Barbieri, XL C
USTDICE
Avvertenza Capitolo
I.
Pag,
—
stituzionale I.
xv
Gli ultimi mesi del governo co-
Pag.
.
1
Le elezioni del giugno 1848 - Deputati eletti da la provincia di Salerno - Proroghe e quindi scioglimento della ("amera il. Inizio della reazione - Mutamento di funzionarli nella capitalo e nelle provinole - Il nuovo intendente di Salerno - I sottintendenti dei distretti della provincia - III. Indirizzi e deputazioni al re per la soppressione dello Statuto IV. Processi nella capitale e nelle provincie - Istruzione giudiziaria in Salerno per le fucilazioni avvenute nel Cilento durante i moti del gennaio 1848 - Ripristino delle Corti Speciali - Commissioni di scrutinio per i magistrati V. Numerosi mandati di arresto - Latitanza di raolti ricercati da la polizia - La nave da guerra francese Ariel Rimostranze del governo borbonico - VI. Latitanze e fughe di liberali - Conflitto dei fratelli Del Mastro con la forza pubblica - Arresto di uno di essi - Sua sollecita liberazione per parte dell'altro - Imbarco por Genova dei fratelli Do Angelis, di Ernesto del Mercato, di Filippo Patella - VII. Liberali salernitani a la difesa di Roma Morte di Agnello Criscuolo - Fuga degli emigrati da Roma dopo l'ingresso dei Francesi - Liberali salernitani a la difesa di Venezia - Dolorose vicende dei reduci nel regno - VII!. Le Commissioni di scrutinio per gli imputati politici - Ripartizioni di questi in tre classi - Soprusi della polizia.
Capitolo IL L
—
comandante
Il maresciallo
Palma
.
Pag.
la Divisione militare di Salerno - Vigilanza sui i liberali della provincia - Arresto di coloro che portavano i baffi o la barba lunga - II. Odii del Palma contro i preti ed i frati liberali - Persecuzioni al padre GiĂšII
32
VI seppe da Campora - III. Il canonico Abignenti di Samo ClausTira di lui e di altri canonici in vari conventi per farvi i santi esercizi - Fuga dell'Abignenti - IV. Persecuzione contro intere famiglio - La famiglia Del Mercato Arresto di Francesco e di Pietro Del Mercato - Traversie della famiglia Capezzoli - Morte di Luigi Capezzoli Kelegazione a la Pantelleria di alcuni loro congiunti V. Vigilanza della polizia su le corrispondenze postali Sorpresa di una lettera della vedova Carducci - Perquisizione in casa di questa ed arresto del padre di lei Morte di una figliuola del Carducci - VI. Un grave incidente nelle carceri di Salerno - Proposte della polizia per l'applicazione delle legnate al detenuto Andrea Curzio maresciallo Palma ordina le legnate - VII. Il governo affida l'incarico di paciiìcare il Cilento al Palma - Arresti ed invii di attendibili nelle isole - 11 maresciallo percorre il Cilento - Suoi severi provvedimenti - Ai^plicazione delle legnate - Vili. Le squadriglie - Loro gesta - Il Palma protegge le squadriglie.
n
Capitolo HI. l.
—
Le prodezze di
tino sbirro
Pag.
65
Cesare - Sue vicende anteriori - Sua latipolizia non riesce a scovarlo - III. Il ser-
Salvatore De tanza - IL La gente Vignes - Suoi precedenti dell'arresto del De Cesare - IV.
Crii si affida Il Vignes si
1' incarico accinge a
l'impresa - Riesce a scovrire l'asilo del De Cesare - Crudele morte di questo - Artifici del sergente per simulare un conflitto - V. Elogi del governo al Vignes - Fermento in Salerno i)er luocisione del De Cesare - Indagini del comando militare - Risultati di esse - Proteste della gendarmeria di Salerno - VI. Baldanza del Vignes - Commette un altro delitto - Indagini giudiziarie su la morte del De Cesare - Esitanze della magistratura - Decisione della Gran Corte che si dichiara incompetente - VII. Sollecitazione del processo da pai-te degli orfani De Cesare innanzi al Consiglio di guerra - Ordine reale per troncare il procedimento - Decisione della Gran Corte favorevole al Vignes per il secondo delitto - Vili. Tramutamento del Vignes a Catanzaro - Partenza di lui nel 1860 per Napoli - Arresto del medesimo - Giudizio a carico del Vignes - Condanna di lui - Sua morte nell'ergastolo.
Capitolo IV. I,
—
Le pròne condanne
,
,
Pag.
Il processo della setta dell' Cnttd italiana - Rivelazioni di alcuni imiiutati - Duo testimoni falsi - Arresto di Carlo Poerio, del Settembrini, del prete Barilla, di Filippo Agresti, Francesco Antonetti, Vincenzo Dono e Michele Pironti II. ^'icende anteriori del Pironti - Avvocato in Salerno poi in Napoli - Deputato al Parlamento - Nominato giùdice - Denunzia contro di lui - E" rimosso da l'ufficio III. Arresto del Pironti - Perquisizione nella sua casa Suo interrogatorio - Vessazioni inflitte al detenuto IV^. Cnnipimento dell'istruzione - L'atto di accusa - Costituto del Pironti - V. Trasporto dogli imputati nelle carceri della Vicaria - Orribili condizioni del carcere Rimostranze delle famiglie - Risposta del medico delle prigioni - Ricusazione del in'esidonte della Corte - Ma-
83
VII lattia di Antonio Leipneoher - Sospetti di Suzione dell'infermitĂ - Trasporto di lui in udienza - Nuova sospensione della causa - Morte del Leipnecher - VII. Prosieguo del dibattimento - Requisitoria del procuratore generale Decisione della Gran Corte - I condannati a morte in cappella - Ore di angoscia - Le famiglie dei condannati La grazia della vita - Trasporto dei orndannati a Nisida ed a S. Stefano.
Capitolo V. maggio I.
—
Il giudizio
per
i
fatti
del
15
l^ag.
101
L'istruzione del processo per gli avvonimenti del 15 maggio - Numero rilevante degli imputati - Molteplici sentenze preparatorie - Arresto di Giovanni Avossa - Sua detenzione nel Castel Sant'Elmo - Sua. infermitĂ - Accusa contro Domenico Giannattasio - Suo arresto - Sue ansie per la malattia della macire - Importanti decisioni delia Gran Corte speciale su la voluminosa istruttoria - II. I quarantasei imputati rinviati al giudizio della Gran Corte speciale - I fratelli Palumbo - I due Leanza - Kioorso degli imputati a la Corte Suprema di giustizia - Rigetto del ricorso - Ripresa della causa - Le false testimonianze Conclusioni del procuratore generale - Gravi condanne pronunziate da la Corte - Lettera di Luigi Leanza a la moglie durante la redazione della sentenza - Il decreto di grazia della vita - Invio dei condannati a vita a l'ergastolo di S. Stefano e dei condannati a tempo al bagno di Procida - III. Altri settantaquattro imputati in attesa di giudizio - Proteste della stampa straniera - Rescritto sovrano che abolisce per essi l'azione penale riguardo a 1 fatti del 15 maggio - Rinvio di alcuni imputati a le Corti speciali delle proprie provinole - Decisioni della Gran Corte - Condanna di Raffaele Morose e di Matteo Sica Influenti raccomandazioni pel Morose - Il re gli concede la grazia - IV. Il prosieguo di istruzione per altri imputati - Liberazione di molti di essi - Rinvio dell' Avossa innanzi la Gran Corte speciale - V. Gli imputati contumaci - Rigorosa sorveglianza della polizia a lo scalo marittimo ~ Fuga del Mancini del Pisanelli, del Conforti e di altri - Fuga di Ulisse De Dominicis a Malta - Travestimento e fuga del barone Mazziotti - VI. Giudizio a carico dei contumaci - Feroce requisitoria del pubblico ministero - Ventidue condanne di morte in contumacia.
Capitolo VI I.
Pag. 125
Processi per le uccisioni avvenute noi moti dol gennaio 1848 - Provvedimenti a favore dello famiglie delle vittime - Severi ordini del re per tali processi - II. La squadriglia Vairo arresta gli uccisori del barone Maresca - Inizio della causa - Deposizioni commoventi di alcuni testimoni - Gli imputati invocano le amnistie emanate per i reati politici - La Corte ritiene trattarsi di delitto comune Difesa degli imputati - Sentenza della Corte - Vano ricorso di Luigi De Mattia - Esecuzione capitale di lui -
Provvedimenti per gli altri condannati - III. Processo per la fucilazione di Rosario Rizzo - Arresto degli imputati Loro difese - Sentenza della Corte - Commutazione della
vili
pena di morte in quella dell'ergastolo ad uno dei condannati - IV. Giudizio per l' uccisione del De Feo - Strana unione di questo delitto ad altri fatti - Condanna emessa da la Corte speciale.
(Rapitolo VII.
—
La Gran
Corte speciale di Sa-
Pag. 139
lerno I.
Processo per le agitazioni del distretto di Sala nel m.aggio 1848 - Arresto di Michele Aletta - Sorprendente interrogatorio di lui - Sua condanna a morte - Commutazione della pena nell'ergastolo - II. Istruzione per i m.oti del Cilento nel luglio - Arresto dei fratelli Francesco 8 Carlo De Angelis, di Giambattista Riccio, di Dom.enico Picone, di Ovidio Serino, di Luigi Magnoni, di Carlo Pavone, di Pasquale Lamberti, di Giuseppe Pessolani e di Giuseppe Vitagliano - Sequestro delle carte del Carducci - Sorpresa di importanti documenti in casa Passero Discussione della causa - Severe conclusioni del pubblico ministero - Difese degli imputati - Gravi condanne Invio dei condannati a i ferri al bagno di Nisida III. Fuga di altri imputati - La moglie di Diego Da Mattia - Enrico Mambrini ripara in Piemonte - Latitanza di Giovanni Carducci, di Nicola Causale, di Giovanni Guerrieri, di Filippo Vitagliano, dei fratelli Coco - Iscrizione dei contumaci nell'albo dei rei assenti - IV. Arresto dei fratelli Lucio e Salvatore Magnoni e di Emanuele Giordano - Gravi condanne contro di essi - Loro invio a la galera - Arresto di Stefano Passero - Procosso - Sentenza di assoluzione - Presentazione s^jontanea di Giovanni Ausilio e di Angelo Potroni - Chiusura di quest'ultimo in un convento - V. Processo per i fatti di Sapri del 1848 - Arresto di molti imputati - Il loro processo ~ Condanne - VI. Persecuzioni contro gli autori dei moti di Castella'mte deJ luglio 1848 - La fuga di Pompeo De Angelis - Suo travestimento da benedettino - Scoperta ed arresto di lui - Condanna di Antonio Ronzio, di Luigi Parente e di Pompeo De Angelis.
Capitolo Vili.
—
Una congiura
L Denuncia
.
.
.
Pag. 163
di una congiura nell'esercito - Sequestro di una lettera criminosa - Gravi rivelazioni di un confidente Numerosi arresti - Nomina di una « Commissione segreta d'istruzione » - II. Mandato di arresto contro la signora Mazziotti - Persecuzioni contro di essa e la sua famiglia - III. Confessioni del caporale Del Baglivo - Perquisizioni nel bagno di Precida - Arresto della giovinetta Leanza Sequestro di una lettera press Michele Pironti - Altri numerosi arresti di borghesi e di militari - Tentativo di fu^a del Baarliv'o dal castello di Sant'Elmo - Sua caduta nei fossati del castello Risoluzioni sovrane per gli imputati militari e borghesi - VI. Applicazione della pena della bacchetta - Indegno certificato di un chirurgo militare - E' sottoposto alla bacchetta anche il ferito del Baglivo - Invio doirli imputati nelle isole - VII. Latitanza della signora Mazziotti - Risoluzione di fuggire a Genova - Artificio con cui riesce a deludere la vigi>
'\
.
-
IX lanza della polizia - Un passaporto falso - Arrivo della profuga » Genova - Sorpresa ed ire della polizia napoletana.
Capitolo IX. I.
— Da Nisida a Montesarchio
Pag. 188
Il Pironti, il Dono ed i loro compagni noi bagno di Nisida - Visita del Gladstoue - NoIjìIì parole del Poerio e del Pironti - Il re ordina il trasporto (li essi nel bagno di Ischia - II. Arrivo nell'isola di Isolila - Altri condannati del Salernitano nello stesso bagno - Felice Barone Francesco Komano - Gaetano Capezzoli - III. Trasferimento del Poerio, del Pironti e di altri nel castello di Montefusco - La galera eccezionale - Regolamento speciale di essa - Informità contratte da i condannati - Passaggio dei condannati nel piano superiore - Il Poerio, il Dono ed altri al «puntale» - Grave pericolo corso dal Pironti - Le legnate al Garcea - Grave malattia del Pironti - Morte del padre di lui - Lettera del Dono a la moglie - Sublime pietà di donna - IV. Il Poerio, il Pironti, il Dono ed altri nel castello di Montesarchio - Atroci sofferenze del Pironti - Ritratto ra.orale di lui - La vita nella galera - Varii detenuti presi da la tisi - Morte di Alfonso Zeuli e di altri condannati politici - Grave infermiità del Poerio - Pietosi uilìci di Cecilia Dono - Auguri dei condannati a lei - Ringraziam^enti del Poerio ad essa - Morte di un fratello del Pironti - Opera benefica della Dono - Fine di lei.
Capitolo X. I.
— Nell'ergastolo di S. Stefano
Pag. 214
L'ergastolo di S. Stefano - Trattamento dei condannati Abito che indossavano - La raziono del «remo» - Agevolezze loro concesso - II. I condannati politici del Salernitano - Michele Aletta - Francesco De Stefano, Filadelfo Sodano, Francesco Procenzano, Cosimo Postiglione, il farmacista Vincenzo Do Roberti» - III. Michele Alotta - Dia-
logo di lui col Scttenxbrini - IV. La vita dell'ergastolo Le visite dei parenti e degli amici - Costanza Leipnecher Il barbiere Faoella - Il tifo - Vittime di esso - Le risse -
Un ammutinamento.
Capitolo XI. I.
—
Nel Lagno di Procida
.
Pag. 224
Carlo De Angelis, Carlo Pavone, G. B. Riccio ed altri nell'isola di Nisida - Le primo impressioni della galera - II. Trasporto di essi a Procida Arrivo di altri loro compagni - III. La figlia di un condannato - Un poeta nella galera - IV. Un cor^iandante mite - Triste cambiamento - Il preteso eroe di Danzica Sue crudeltà - Le legnate a sessanta galeotti - Una lettera di Ovidio Serino - Un ammutinamento immaginario - Altre legnate - V. Cospirazioni in galera - La denunzia di un falso liberale - Arresti e perquisizioni - Nuova
condannati salernitani
condanne.
Capitolo XII.
—
Il colera nei bagni penali
Pag. 235
I, Primi oasi di colera in Napoli - Diffusione di esso nelle Provincie e nei bagni penali - II. Il prete Matteo Farro Precedenti di lui - Sue vicende dopo i moti di luglio Sua latitanza nei bosoiii - L'arresto e la condanna del
prete - Preso dal morbo soccombe rapidamente - III. Un'altra vittitaa nel bagno eli Nisida- Luigi Leanza - Aijpunti della figliuola di lui - La grazia ad Emanuele Leanza IV. L'epidemia nella galera di Montefusco - Varie vittime - I relegati dì A'entotene - V. Gli elenchi dei colpiti dal morbo nella galera di Precida - Uccisione di Francesco Antonelli.
Capitolo XIII. I.
—
In via per
V America Pag. 245
L'Inghilterra e la Francia richiamano da Napoli i loro ministri - Liffìcoltà del governo napoletano - Si invitano detenuti politici a domandare grazia - Rifiuto del i Poerio, del Pironti, dello Spaventa e del Settembrini II. Convenzione con la Repubblica Argentina xier una colonia penitenziaria -Pratiche del governo napoletano con i condannati politici, per indurli ad accettare - Risposta del Poerio - Lettera del Pironti - Contegno del Settembrini e dello Spaventa - La stampa liberale insoi'ge contro il trattato - Il governo argentino nega la ratifica di esso - III. Incertezze del re Ferdinando - Si redige un decreto di grazia per i non «pericolosi» - Risoluzione di inviare in America i condannati « pericolosi » - Minuta del decreto - Osservazif.ni del ministro di giustizia - Decisione del re - IV. La ministeriale Pionati - L'esecuzione del prov-^-edimento - Difficoltà ad ogni passo - Il re approva le norme di esecuzione - V. Il ministro chiama in Napoli i giudici regi di Pozzuoli e di Montesarchio - Istruzioni «segrete» ad essi - f'omunicaz.ione del provvedimento a 1 condannati di Nisida - Fiere ritnostranze dei preti Contegno dei forzati dei bagni di Precida, di Santo Stefano e di Montesarchio - Dichiarazioni del Poerio o dei suoi C( nipagni - Supplica del Dono - Istanza del Pironti - Lettera di questi a suo fratello - Ordini perentori del re da Foggia - VI. Delusioni del ministro degli esteri napoletano - Nuovo espediente del governo - Nomina di una Commissione reale per la esecuzione del decreto reale - Istruzioni scritte ed orali ad essa date - VII. La Commissione a Montesarchio - Le pretose acclamazioni dei condannati - Rifiuto del Pironti a la partenza - Partenza del Poerio e dei suoi compagni - Trasporto del Pironti - L'arrivo a Pozzuoli - L'addio ai parenti - Imbarco su la « Stromboli » - Incerte/,zG del Pironti - Un ordine del re - Sì arco di Pironti a Nisida - Vili. Arri^-o dei condannati di Nisida - l.a « Stromlioli » rileva coni
dannati da i ljaa;ni di Precida e di S. Stefano - Pasquale Lamberti resta a l'ospedale di Precida - Inno della Commissione a la cleiMonza sovrana - Nobili parole del Poerio a suoi compagni - IX. Viaggio dei deportati a t adice Proteste di essi - Noleggio oi una nave americana - Un finto cameriere - Grave infermità del Poerio - X. Passaggi o degli esiliati su la nave americana - La partenza di essa - Il «Fieramosca» ritorna a Cadice - Nuove protesto desìi esiliati al capitano - XI. Il finto cameriera Raffaele Settembrini - Suoi colloqui - Nuova protesta al i
XI capitano - Pretese di questo - Suoi timori - Il capitano consente a l'approdo in Irlanda - XII. Sbarco degli esiliati a Quoenstfiwn - Festosa accos;lienza della città -Colletta a favore di essi - Il Mazzini invia due suoi amici a trattare con gli esiliati - Risposta del Poerio - Partenza di essi per Londra - Dichiarazione dello Si^aventa e del Settembrini - Risposta di altri esuli - Adunanza in onore dei proscritti - Loro ritorno in Italia - XIII. Il re Ferdinando riceve la notìzia dello sbarco degli esiliati - Il governo chiede al capitano Prentiis la restituzione dei documenti consegnatio^li - Condizioni poste dal Prentiis Imbarazzi del governo dì Napoli.
Capitolo XIV. letana l.
—
L'emigrazione politica napoP^g- 290
Gli esuli napoletani - Paesi cui si rivolsero di preferenza vita degli emigrati - Il governo napoletano sequestra loro le rendite - Miserie e dolori dei proscritti - II. Esuli in. Francia - Guglielmo Pepe e vari dei profughi di Venezia si stabiliscono a Parigi - Arrivo di altri esuli Frequenti ritrovi in casa del Tupputi e del Pepe - Le esequie di Gioberti - Esuli napoletani a Montpellier, a Tours ed a Marsiglia - III. A Londra - La propaganda del Mazzini e dei suoi seguaci - Arrivo di italiani espulsi da la Francia - I manifesti del Comitato nazionale italiano - IV. Malta - Gli esuli siciliani - Arrivo di Teodosio De Dominicis - Il dott. Nicola Causale - Vigilanza su le corrispondenze delle famiglie degli emigrati - Sequestro delle lettere del Causale - Partenza del Causale per l'Egitto - Giovanni Avossa - Sua corrispondenza col barbiere Facella - Lunghi anni di esilio - Suo ritorno in patria - ^ ". In Toscana - Gli emigranti napoletani a Pisa - La casa della baronessa Begani - Arrivo del D'Ayala a Pisa - Altri emigrati a Firenze - VI. Ospitalità del governo piemontese verso gli esuli - Sussidi a i più bisognosi - ^'igilanza del governo su i seguaci del Mazzini VII. A Nizza - Riguardi delle autorità locali e della cittadinanza x^er gli emigrati politici - Il comitato di soccorso - .Vlorte del Primicerio e del Giura - Si stabilisoono in Nizza l'UUoa, l'Assanti ed il Pepe - Lettera di quest'ultimo al D'Ayala - Le esequie della madre di Craribaldi Vili. A Genova - Arrivo di niolti reduci da la difesa di Roma e di Venezia - Si rifugiano a Genova in gran numero i perseguitati dal governo borbonico - Arrivo degli ex deputati Francesco Mazzìotti, Ulisse De Dominicis e di varii liberali salernitani - Fuga di Raffaele Conforti da Napoli - Sua operosità in Genova - Approdo di Francesco Angherà - Le esequie e la commemorazione della madre del .Mazzini - Fondazione di una società per l'assistenza dei colerosi - «La solidarietà nel bene» - IX. A Torino - Uffici concessi dal governo a gli esuli - La casa di Pasquale Stanislao Mancini - Raffaele Conforti prende dimora a Torino - Accoglienze al D'Ayala - Arrivo di Giuseppe Del Re - Le esequie di Gioberti - Gli amichevoli ritrovi in casa Tofano - La gmerosità del De MoisOnoranze a gli emigrati estinti - I solenni funerali di Guglielmo Pepe - Le prime notizie del Poerio e dei suoi compagni - Arrivo di molti di essi a Torino -Lettera del Cavour a lo Scialoia - Accoglienza dei torinesi - Entusiasmo della popolazione.
La
A
XII
Capitolo XV.
—
Gli esuli napoletani venimenti politici
I.
avPag. 334
e gli
La notizia del moto di Milano del 6 febbraio 1853 desta grande impressione negli esuli - Distacco di molti liberali dal Mazzini - Arresto ed espulsione di emigrati politici nel Piemonte - IL Relazioni di alc\mi esuli con Luciano Murai - Idea di una restaurazione murattista - L' opuecolo del Saliceti in favore di essa - Dichiarazione di Daniele Manin - Lettera del Murat al * Times » - Protesta di molti esuli delle Due Sicilie - Pubblicazione di Francesco Trincherà - Risposta del La Farina e del De Sanotis - Silenzio di molti altri esuli - Erronea interpretazione di questo - Colloquio dol La Farina con Cavour - Contegno del grande statista piemontese - Dichiarazioni del Poerio, dello Spaventa e dei loro compagni di galera contro il murattismo - III. Prime notizie del moto siciliano promosso dal Bentivegna e dell'attentato di Agesilao Milano - Coniazione di una medaglia in onore di entrambi - Carmi di Del Re, di Laura Beatrice Oliva e dell' Iinbriani in onore del Milano - Processi per apologia del regicidio - Lettera del Manin favorevole a la dinastia di Savoia - La parto liberale e gli esuli si raccolgono intorno al programma del Manin - La Farina pubblica il «Piccolo Corriere d'Italia »- Il giornale « L'Indipendente» - Adesione del La Farina al programma del Vlanin - Fondazione della Società nazionale - Molti esuli si ascrivono ad essa - Lettera del Cosenz - L'adesione di Garibaldi Costituzione del comitato centrale e dei comitati provinciali - Estese relai^ioni della Società e sua propaganda continua - V. Agitazioni in Napoli - Preparativi in G-enova per una spedizione nel regno - Lettere del Cosenz e del Pisacane - Il Mazzini in Genova - Dissensi tra gli esuli su la spedizione - triovanni Nicotera - Partenza della spedizione - Moti in Livorno ed in Genova - Notizia dei disastri di Padula e di Sanza - Arresto ed espulsione di mazziniani - Protesta degli altri esuli - VI. Entusias-no Ijer il discorso reale del 1859 e per la guerra imminente Concorso di giovani nell'esercito e nei cacciatori delle Alpi Dolore degli esuli per il contegno di Napoli - Una lettera di G. B. Riccio - Colloquio di Cavour con Poerio e Scialoia - Conferenza di questi ultimi con il conte di Salraour - Dissensi tra gli esuli - Manifestazione di quelli residenti in Toscana - Invito ad una adunanza in Torino -_ Dichiarazioni del Poerio, dello Scialoia e di altri - Deliberazioni dell' adunanza degli emisrati - La fine di Luigi Parente - VII. Tenace lavorio degli emigrati per destare la rivolta nel mezzogiorno - Dolorose delusioni degli esuli - Rapporti del console napoletano a Genova - Pratiche del ministro napoletano a Parigi presso il governo francese - Gli emigrati meridionali insistono por l'insurrezione delle loro provinole - .Moto del 4 aprile in Palermo - Il comitato di emigrazione a Genova - Si raccoglie danaro per aiutare il moto siciliano - Riunione degli esuli a Torino - Preparativi per una spedizione in Sicilia - Vi prendono parte molti esuli - Emigrati della provincia di Salerno tra i « mille ». -•
XIII
Capitolo XVI.
—
Liberazione
....
Pa^. 395
I. Provvedimenti del governo per i compromesai politici Amnistie, oommutaziono di pene e grazie - II. Vicende del NÌ6CO, del Pironti e del Lamberti - III. Nuovo indirizzo del governo napoletano dopo la morte di Ferdi-
II - Mutamenti di funzionarli politici - Indulto del 16 giugno 1S59 - Vane premure della famiglia del Pironti - Liberazione del Lamberti e di molti relegati politici rv. Provs'edimenti per i condannati cui si era conoees» la commutazione della pena nell'esilio - V. Il decreto del 16 giu^o 1859 e gli esuli - La grazia a Michele Aletta Esclusione del Nisco da la grazia - VI. La conceasion» dello Statuto in Napoli - Amnistia generale per i delitti politici - VII. L'amnistia e gli esuli - Proteste del Mancini e del Poerio contro le pratiche del governo napoletano per una alleanza con il Piemonte - Riunione degli - Indirizzo del esuli napoletani e siciliani a Firenze Settembrini a la parte liberale del Regno - Vili. Il conte di Cavour esorta gli esuli a tornare nel regno Una lettera del Pisanelli - Il Poerio ed altri ricusano dì tornarvi durante il regno dei Borboni - IX. Ritorno di molti esuli - Dimostrazioni in Nopoli a l'arrivo di essi.
nando
Appendice Indice dei nomi
Pag. 421 citati nel
volume
.
.
.
Pag. 431
AVVERTENZA
Debbo fare una confessione al Io intendeva, nel i^orre
cortese lettore.
mano a
di
questo lavoro^
narrare soltanto gli avvenimenti della provincia di Salerno durante la reazione borbonica che principiò nel 1849, cioè subiti
da
i
le
persecuzioni,
vano preso parte ai moti in
condanne, gli
esilii
del
volume, che dovrò purtroppo citare spesso
altro
nel corso di queste pagine
Ma
le
mia provincia che ave1848, da me raccontati
costituzionali della
(1).
lungo la via, che dovevo percorrere,
ad una grave
mi sono
tro-
Dovevo ad esempio parlare degli importanti processi per la setta della « unità italiana » e per i fatti del 15 maggio: provato di fronte
cessi,
difficoltà.
in cui erano complicati parecchi dei miei con-
terranei. piii bei
Ma
nomi
a questi erano uniti in quei giudizi
i
del patriottismo dell'Italia meridionale,
tra cui Carlo Poerio, Luigi Settembrini, Silvio Spa-
venta. Potevo tacere di
essi?
Inevitabile
quindi di
tessere l'intera storia di quei dolorosi processi.
menti, raccontando
le
miserie
e le
Pari-
angoscie dell'esilio
di molti miei com,provinciali, potevo tacere di Pasquale
Stanislao Mancini, di Angelo Camillo de
(1)
Costabile Carducci ed
i
Meis
e
di
moti del Cilento del 1848.
XVI tanti altri bei
nomi onore
e
vanto
dell'
emigrazione
politica napoletana?
In molti capitoli quindi storia della provincia
è
il
la
m.io scrìtto piii che
storia
dello
una
sventurato
regno di Napoli durante quel funesto periodo.
I Borboni di Napoli sono ormai da lunghi anni scomparsi dal trono ed a me non piace tirare pietre contro
i
caduti. Dirò solo
una
cosa.
Quanto vi era
di meglio nelle provincie meridionali d'Italia per in-
gegno, per coltura, per nobiltà di animo, venne dura-
mente colpito , con le carcerazioni, la galera, tanta ignominia e cecità doveva pur
Da la
giusta
e
doverosa
espiazione
della
l'esilio!
seguire
rivoluzione
del 1860.
Eoma, 10
aprile 1912.
M. Mazziotti.
/'
CAPITOLO Gli ultimi
Sommario. eletti da
—
I.
mesi del governo costituzionale.
I.
Le
elezioni
del
giugno 1848 - Deputati Proroghe e quindi
la provincia di Salerno -
scioglimento della Camera
— Mutamento di vinole - Il
nuovo
—
II.
Inizio della reazione
funzionarli nella capitale e nelle prointendente di Salerno - I sottintendenti
dei distretti della provincia
—
III. Indirizzi e
zioni al re per la soppressione dello Statuto
deputa-
— IV. Pro-
cessi nella capitale e nelle provinole - Istruzione giudi-
avvenute nel Cimoti del gennaio 1848 - Ripristino delle Corti Speciali - Commissioni di scrutinio per i magistrati V. Numerosi mandati di arresto - Latitanza di molti ricercati da la polizia - La nave da guerra francese Ariel - Rimostranze del governo borbonico VI. Latitanze e fugbe di liberali - Conflitto dei fratelli Del Mastro con la forza pubblica - Arresto ziaria
in Salerno per le fucilazioni
lento durante
i
—
—
di
uno
di
dell'altro -
di
- Sua sollecita liberazione per parte Imbarco per Genova dei fratelli De Angelis, essi
Ernesto del Mercato,
di Filippo Patella
—
VII. Li-
a la difesa di Roma - Morte di Agnello Criscuolo - Fuga degli emigrati da Roma dopo berali
salernitani
l'ingresso dei Francesi - Liberali salernitani a la difesa
—
Venezia - Dolorose vicende dei reduci nel regno Le Commissioni di scrutinio per gli imputati politici - Ripartizioni di questi in tre classi - Soprusi di
Vili.
della polizia.
,
I.
Gli avvenimenti del 15
maggio 1848
in
Na-
poli e l'improvviso richiamo delle truppe
da la guerra una profonda scissura
lombarda avevano creato tra il re Ferdinando 2<* di Borbone e la parte liberale. Sciolta la Camera ed indette le nuove eie zioni per il 15 giugno successivo, i fautori degli ordini costituzionali si adoperarono vivamente a la conferma degli antichi deputati, come solenne protesta contro
tanza nazionale.
lo
scioglimento della rappresen-
Per evitare dispersione
molti cittadini rifiutarono la candidatura.
di voti
Un
emi-
nente avvocato salernitano, Carmine Ruotolo, nativo di Sarno, sollecitato ripetutamente a presentarla
declinò l'invito con una nobilissima lettera a gli elet tori,
pregandoli di raccogliere
tichi eletti. il
i
loro voti su gli an-
A tanta concordia corrispose pienamente
successo, poiché essi riuscirono in grandissima
maggioranza. Il
Principato citeriore elesse
Domenico
:
per
il
distretto di
Giovanni Avossa, Filippo Abignenti, Giovanni Angelo Positano, Giovanni Centola, Raffaele Conforti per il distretto Salerno,
Griannattasio,
:
Campagna, Gennaro Giacomo Giuliani: per di
briele e
Pietrantonio
Bellelli,
distretto di Sala, Gail Abatemarco: per quello di
Vallo, F. A. Mazziotti, Ulisse
suè Sangiovanni
(1).
G. B. Bottiglieri,
De
Dominicis, Gio-
Di nuovi non
vi erano
che
(1) Elenco dei deputati pubblicato nel Diario del Parlamento delle Due Sicilie di Carlo Colletta, parte 2», pagina 150, Napoli, stamperia dell'Iride, 1864. Fu rieletto anche il Carducci, che venne sostituito dopo che si ac-
Abatemarco, antichi liberali del Vallo avevano preso molta parte a i moti del venti e subito dipoi lunghe persecuzioni. G-abriele aveva avuto, dopo la costituzione, la nomina i
due
fratelli
di Diano, che
di direttore
al
ministero dell'interno.
primo luglio 1848 finalmente si inaugurava la legislatura nella gran saia del museo borbonico, ora nazionale, mentre non era ancora spenta la Il
e stava per scoppiare
rivoluzione nelle Calabrie
nel Cilento. Nell'indirizzo di risposta al della
Corona
la
discorso
rappresentanza nazionale deplo-
rava il richiamo delle truppe da la Lombardia ed esprimeva apertamente il voto dell' indipen denza italiana da lo straniero e di una federazione tra
i
varii Stati della penisola.
ricevere l'indirizzo.
La
Il re
ricusava di
piazza tumultuava tra
dimostrazioni contro lo statuto promosse da
i
le
rea-
zionari nel quartiere del Mercato (14 agosto) e le
controdimostrazioni dei popolani del quartiere tecalvario.
Il
cura,
i
finiti
domare
Mon-
governo ed il re volgevano ogni moti della Calabria e del Cilento, a
la rivoluzione in Sicilia,
chiusa la Camera.
A
l'uopo
tembre prorogò questa
al
tenendo intanto
un decreto
30 novembre,
del 1° set
ma
del giorno fissato per la riconvocazione
decreto del 23 novembre
un
prima altro
rimandò al r° febbraio 1849. Dopo poche sedute il re con decreto reale sottoscritto a Graeta il 12 marzo sciolse la la
certo la sua morte. Di altri due degli antichi eletti l'uno, il
Pironti, era entrato in magistratura, l'altro,
Abatemarco, era stato nominato
pari.
Domenico
Camera, " riserbandosi di stabilire con altro decreto V occorrente per la convocazione dei collegi elettorali „. 11 decreto promesso non venne mai ed il
Parlamento non fu più convocato. II. Nel frattempo il re aveva mutato vari dei più alti funzionari nella capitale. Fin dal 7 settembre 1848 destinava al dicastero della istruzione il Bozzelli, surrogandolo a l'interno con il cav. Raffaele Longobardi, già prefetto in Napoli il 1828 avvocato generale presso la (1), quindi
Suprema Corte di giustizia. A direttore nominò Francesco Scorza, togliendone
di polizia
G-abriele
Abatemarco, ed a prefetto nella capitale Gaetano Pecclieneda, antico massone, protetto del ministro Saliceti durante l'occupazione francese. Parimenti, a poco a poco, praticava nelle Provincie.
Furono mutati, dice
intendenti ed
i
il
Nisco
(2),
tutti gli
sottointendenti. In Salerno, a l'in-
tendente Giovanni Consiglio, e temperato, sostituì,
il
uomo
di
18 agosto 1819,
animo mite il
cav. Giu-
seppe Valla, calabrese, antico funzionario che aveva già sessantaquattro anni valoroso, con
il
(3).
Questi aveva fatto
da
campagna
di
grado di capitano,
la
Russia, dipoi era entrato negli uffici amministrativi.
Sottointendente a Vallo nel 1828 aveva preso
parte È le feroci repressioni della rivolta avvenuta in quel distretto (4).
(1) (2) (3) (4)
Intendente a Salerno dovette
Posto che corrisponderebbe ora a quello di questore* Nisco, Ferdinando II ed il suo i-egno, pag. 223.
Nato in Monteleone il 17 gennaio 1785. L'ho narrata nel mio libro La rivolta del Cilento nel 1828 '
piegarsi a
le
imposizioni dei suoi superiori e princi-
palmente del Peccheneda promosso poco tempo dopo direttore di polizia e divenuto in tale ufficio
bieco ed insolente istrumento di tirannide Altri
mutamenti avvenivano nei
provincia.
come
A
Campagna andava,
il
più
(1).
distretti della il
18 ottobre,
sostituzione di Mariano Ferdinando Sanfelice e due mesi dopo, 18 dicembre, Achille Laudi di Caserta, figlio del
sottintendente, in
D'Afflitto, il
generale Laudi.
Il
sottintendente di Vallo, Griuseppe
mandato via precedentemente fin 1848 (2). Venne sostituito da prima
Belli, era stato
dal 7 luglio
da Giuseppe Dentice
di Accadia, quindi
da Gio-
vanni Battista Cely Colaianui, da ultimo da si
comportò umanamente, per quanto
sentivano gli ordini superiori
(1)
lo
nuova residenza
stesso Laudi, che a dir vero nella
glielo con-
(3).
Vittorio Imbriani nel suo lavoro Alessandro Poerio
a Venezia (pag. 493)
mi assicura che
scrive:
« il
Landolfi (genero del Valla)
in Salerno, per
non rispondere
all'inten-
zione del Peccheneda, ebbe persecuzioni che lo uccisero
con uno scirro al fegato e che lasciò la lunga famiglia in poverissimo stato, buon documento dell'integrità della vita ». Il Valla mori in Napoli il di 8 aprile 1855. (2) Il Belli si ritirò nel suo paese nativo e venne iscritto da la polizia tra gli attendibili. Dopo il 1860 fu prefetto del regno in varie provincie, tra cui Salerno e Cosenza. Mori nel maggio del 1877. Parlarono sul feretro di lui Francesco Pepere ed Angelo Santangelo e scrisse dell'estinto nel giornale II Piccolo del 30 maggio Giuseppe Massari. (3) Il Laudi promosso il 1854 intendente a Cosenza perdette il posto dopo l'attentato di Agesilao Milano, essendoglisi fatta
una colpa dell'accettazione
di lui
come
soldato.
La stampa
III.
piemontese e
liberale
la stra-
contro il re Ferdinando per la mancata riconvocazione dei comizii elettorali e lo chiamavano spergiuro. Il nuovo ministero che successe il 7 agosto 1849 a quello del Cariati e del Bozniera inveivano
presieduto dal Fortunato
zelli,
nelle provincie per esortare
i
provinciali, la magistratura,
il
guardie urbane,
le
anche
privati
i
dello statuto
tale
cittadini
a
consigli
i
clero, gli impiegati,
religiose
ed
chiedere l'abolizione
Nell'agosto del 1849 ebbe princi-
(2).
Doria di Cervinara,
una formula
pilò
inviò emissari
congregazioni
le
pio questo lavorio, in cui
un
(1)
municipi,
ufficiale
si
Il
segnalò specialmente
governo stesso com-
per queste petizioni, le
quali terminavano cosi: "
Piaccia
alla
M. V. riprendere
la
concessione
strappata dalla violenza e da la perfidia con la violazione dei più
doveri e preparata
sacri
con
le
più sacrileghe ed inique mire settarie. Ritornino i
popoli sotto l'unico potere del paterno suo scet-
tro e noi
ed
i
nostri
figli
staurata potente forza
benediremo con la remonarchia assoluta
della
Uscirono dal governo anche il Ruggiero ed il Girestarono il Carrascosa a i lavori pubblici, l'Iscliitella a la guerra ed a la marina. Eagioppi, Storia (2) Nisco, opera citata, pag. 288 (1)
gli; vi
—
dei moti di Basilicata e delle provincie contermini nel 1860,
pag. 29
— De Sivo, Storia delle Due Sicilie dal 1847 al
voi. lo, pag. 366.
Quest'ultimo scrittore dice che
avrebbe dovuto abolire esplicitamente ziché lasciarla cadere tacitamente,
il
1861,
governo
la costituzione
come
fece.
an-
il
nome
sagro
(sic)
Ferdinando II (1) Per promuovere
Un
metoio.
mula
al sindaco,
altri cittadini.
re
„.
petizioni
le
teneva questo
si
agente di polizia presentava
sottoscrivere da
blici notai.
magnanimo buon
del nostro
che
la sottoscriveva
decurioni, da
i
Le firme erano
I sindaci
che
ben pochi, furono prima
si
i
la for-
e la faceva
proprietari ed
autenticate da pub-
rifiutarono,
veramente dichia-
destituiti e poi
costantemente da
rati attendibili e tenuti d'occhio la polizia (2).
In seguito, messa da parte ogni riserva,
la ri-
una praintendenti, per mezzo
chiesta e l'invio delle petizioni divennero tica ufficiale del governo. G-li
dei sottintendenti,
mandavano
a
i
sindaci la for-
mula, questi la facevano firmare e poi la riman-
davano per lettera
lo stesso
ministeriale
mezzo
a l'intendente. In
diretta al cav. Valia,
dente a Salerno, è detto
:
" si
attendono
al
una
inten-
più pre-
(1) De Cesare, Fine di un regno, 3* edizione, parte 1*, Il Bilotti {Spedizione di iSajyri, pag. 393) pagine 11 e 12 riporta quest'altra formula adottata da un comune della provincia di Salerno: Sacra Real Maestà. Il corpo munici-
—
pale,
il
clero e privati cittadini del
comune
di...
prostrati a
pie del Real Trono implorano dalla Maestà Sua ciie alla fin
forme libere dell'attuale governo e restituire lo stesso nello stato come si trovava prima del 1848. Coti solamente potrà ritornare il godimento fine voglia compiacersi togliere le
di quella bella pace, che
dere.
i
passati rivolgimenti fecero per-
Tanto sperano dalla Maestà Sua
e l'avranno a
grazia
singolare [Archivio jjrovinciale di Salerno, fascio 458). (2)
De
Cesare,
ivi.
sto le deliberazioni
Pagliano,
Mango,
S.
comuni
dei
di
l'abolizione dello statuto
„
Montecorvino ed Ottati per
Castiglione (1).
Diffusasi la certezza che tali manifestazioni sa-
rebbero riuscite grate in
rebbe stato il
rifiuto
alto,
che
titolo a protezioni
promuoverle
il
sa-
ed a favori, mentre
avrebbe potuto produrre conseguenze spia-
cevoli, sindaci, enti morali, associazioni, preti,
im-
piegati fecero a gara nel sollecitarle. Cominciarono le
Provincie di
Teramo
e di Chieti, seguirono la
Lavoro
Capitanata, la Basilicata,
la
gradatamente le altre vincie ed enti morali
Parecchi comuni, Pro-
(2).
Terra
vollero, per
di
e
maggior zelo e
solennità, inviare questi indirizzi al re con apposite deputazioni, che dopo lunghi viaggi giungevano a la capitale ed erano accolte benevolmente dal governo e da la Corte. Tale andazzo di cose durò da Tagosto del 18-19 al marzo del 1850, nel quale periodo le petizioni ascesero a 2383 (3). A dire onestamente il vero, le premure del go-
verno trovavano facile ascolto nelle amministrazioni
e
nei
cittadini,
perchè
il
paese era ormai
stanco del continuo tumultuare di piazza, del pe-
renne clamore, cui Sivo,
"
quei
si
aggiungevano, scrive
il
De
strascichi di sciabole, quei spallini
—
Anche (1) Archivio di Salerno, anuo 1855, fascio 540 MiccHiTELLi {Storia delle rivoluzioni nel reame delle due Sicilie, voi. 3», pag. 29j conferma che il governo il
stesso sollecitava queste petizioni. (2)
Nisco,
(3)
De
ojma
citata, pag.
288
—
Sivo, opera citata, pag. 365.
Db
Sivo, pag. 365.
.
d'oro di
capitani
quel
posticci,
cicaleggio e ru-
more inconsueto, quello star sempre su l'arme (1) „. Le classi povere, immensa maggioranza tanto nella capitale che nelle provincie, non pregiavano, e non intendevano neanche, possidenti,
i
generale,
ordini
commercianti,
i
amavano
"
uno
"
rappresentativi
;
professionisti, in
faccende.
le loro
intelligente,
bliche libertà.
i
di vivere tranquilli e di atten-
dere comodamente a
minoranza
gli
Solo una
ardita teneva a le
Quelle cataste di petizioni
pub„,
dice
vennero distrutte dopo il 1860 perchè formavano troppo stridente contrasto con il
scrittore,
plebiscito (2)
Da
„.
venne di fatto soppressa la costituzione. Già il re aveva allontanato dal go verno, come ho precedentemente riferito, i coallora
Bozzelli ed
stituzionali, tra cui
il
Camera era
ne più
sciolta,
nuovi comizi
i
abolita. la
;
guardia
la
Dal giugno
bandiera con
i
si
nazionale
quell'anno
di
colori nazionali,
nata quella bianca con
i
Ruggero. La
il
parlò di convocare era
1849,
stata
smessa
era ripristi-
si
gigli borbonici;
il
2 ago-
sto ritornavano nel regno, nelle antiche loro case, i
gesuiti, cui
venivano
afìfidati
i
licei
—
Db
;
il
5 giugno
Sivo, opera citata, pag. 366 Il Eacioppi, opera § 7, conferma ciò scrivendo: « ... un popolo che non si ordinò mai, che non quetò mai, né mostrò principio di quetarsi, continuamente versantesi in agitazioni e tumulti, che gli mettevano nel sangue un vigore effimero (1)
citata,
ed una infermità vera (2) Db Cesare, ivi.
»
10
del 1850 il
giornale ufficiale del regno abbandonò
il
titolo di costituzionale.
IV. Fin da i primi di giugno la magistratura aveva iniziato un grande processo per gli avvenimenti del 15 maggio. Da principio l'istruzione era stata limitata solo a i promotori delle barri-
avevano combattuto contro
cate ed a coloro che regi.
Ma
Camera
sciolta la
proporzioni. Vi
si
i
processo prese vaste
il
complicarono tutti
i
deputati sot-
famosa protesta Mancini, i capi della guardia nazionale e gli uomini più noti per devozione a gli ordini costituzionali sia in Nadella
toscrittori
poli che nelle provincie, arrivandosi cosi a la cifra di trecentoventisei
imputati
(1).
In pendenza di questo farraginoso processo
un grave avvenimento destò
l'ira
(2)
del governo e
Nel settembre del 1849 venne da pontefice Pio IX fuggito da il Roma. La presenza di lui nel regno colmò di gioia Ferdinando II. Il giorno 16 di settembr-e il papa doveva dal balcone della reggia di Napoli Corte.
liella
Gaeta
Napoli
in
benedire
il
popolo. Queste feste al pontefice, rite-
nuto ormai come traditore
turbavano
mente
i
la
più accesi,
della
causa italiana,
liberale napoletana,
parte i
special-
temevano che i reazioesse per fare una grande
quali
nari volessero profittare di
dimostrazione contro lo statuto.
Uno
dei
più
fervidi liberali, l'ing. Francesco
Giordano, nativo di Lustra nel Cilento, residente
(1)
Atto di accusa dei procuratore generale Angelillo.
(2)
Formato
di
duecentoventisette volumi.
11
in Napoli, ove esercitava la sua professione, ascritto
a la setta dell'Unità, era da pochi di carcere,
giorni uscito
ove trovavasi per sospetto di reità
poli-
un suo compagno, Lorenzo Vellucci, ad affiggere per le vie un manifesto con cui si invitava il popolo a non accorrere a la be-
tica (1). Egli persuase
nedizione di nide nelle gli
un
mani
jjapa divelluto istriimento di tirandi re
Ferdinando
(2).
Ma
ciò
non
parve sufficiente e suggerì ad un appaltatore
municipale, Salvatore Faucitano, di esplodere durante la funzione una piccola il
bomba per
destare
panico nella folla e farla fuggire. Difatti
il
16 settembre, mentre la piazza della
reggia era gremita di popolo in attesa che
il
pon-
bomba. L'auamici vennero
tefice si affacciasse, scoppiò la piccola
tore ed alcuni suoi
compagni ed
subito arrestati e condotti nel castello dell' Ove.
n
Griordano ricercato da la polizia
salvo passando
il
confine
(3).
si
pose
in
Gli arrestati, sotto-
posti a le più crudeli privazioni, sotto le percosse e le sevizie
dichiararono di essere ascritti a la setta
dell'Unità italiana, parlarono di di essa formato dal Settembrini, altri,
che difatti facevano parte di questa, e dal
P cerio
che vi erano completamente Aggiunsero misteriosamente che la setta
e dal Pironti,
estranei.
(1)
un gran Consiglio da l'Agresti e da
Imprigionato
il
3 agosto, usci sette od otto giorni
dopo. (2)
Nisco, opera citata, pag. 281.
(3) Il
Giordano, l'autore del famoso progetto della
fer-
rovia Eboli-Reggio, fu poi deputato al Parlamento italiano.
12
congiurava anche contro
la vita del
polizia Longobardi, del direttore
di
e del
Gran Corte criminale Navarro.
della
presidente
ministro
Peccheneda
mano ad un
grande processo, che venne detto delV Unità italiana, nel quale vennero complicati ingiustamente anche il Pironti ed Subito
pose
si
medesimo tempo
Poerio. Nel
il
altro
si
Naavevano preso avvenute nella istruiva in
poli contro moltissimi popolani che
parte a
le
capitale
il
Non
dimostrazioni liberali
5 settembre dello stesso anno.
altrimenti accadeva nelle provincia, ove
cominciò ad indagare anche per alcuni
si
fatti pre-
cedenti l'atto sovrano del 29 gennaio. L'amnistia
emanata con
il
Reale decreto del 2 febbraio suc-
cessivo era amplissima l'art. "
H
per tutti
i
reati politici
;
31 della Costituzione dichiarava solennemente: passato rimane coverto di un velo
trabile.
Ogni condanna sinora
ed
tiche imputazioni è cancellata
mento per avvenimenti
Ma
la
i
ogni procedi-
successi sinora è vietato
di
reati
„.
non sangae commessi
magistratura ritenne che
dovesse estendersi a
impene-
profferita per poli-
il
beneficio
nei moti del gennaio. Si cominciò quindi in pro-
vincia di
Salerno ad istruire per
lora avvenute
pari
tempo
si
le uccisioni al-
rimaste dipoi impunite
e
(1).
In
allestirono grandi processi nelle sin-
gole Provincie, raggruppando in essi tutte le manifestazioni
gno
i
movimenti
verificatisi nel giu-
Cosi in Calabria
per
Le ho raccontate nel mio libro Costabile Carducci moti del Cilento nel 1848, voi. 1°.
(1)
e i
ed
e nel luglio del 1848.
18
l'insurrezione ivi accaduta, nel giugno, a
per
il
per
i
moti cilentani del
Salerno
In provincia di Saabbracciò in generale
luglio.
un grande processo il movimento di allora, mentre per alcuni
lerno tutto
crearono dipoi
fatti singoli si
come meglio
A
Potenza
e la federazione lucana, a
cii'colo
processi
pronunciare su tutti questi processi
tuirono
separati,
chiarirò in seguito. si
ricosti-
le Corti Speciali. Il
governo, dubitando di parzialità o di soverchia mitezza dei giudici, formò
una Commissione ziario,
di scrutinio del personale giudipresieduta da lo Scorza, direttore al mini-
stero dell'interno
(1), a l'intento di scegliere per i giudizi politici magistrati devoti a la Corte e che
mai avessero dato sospetto di amore a le istituzioni La maggior cura si adoperò per
rappresentative. la
destinazione dei procuratori generali, che dovele accuse e sostenerle poi innanzi
vano promuovere le Corti.
Un
decreto del 31 ottobre 1849 concesse procuratore generale di Salerno che si era segnalato per grande zelo nell'istituzione dei proal
cessi politici, Raffaele Angelillo,
la
vagheggiata
residenza della capitale e promosse a Salerno stituto
Angelo
G-abriele che
il
so-
aveva dato non dub-
bie prove di devozione al governo.
I procuratori generali
mando
dovevano per segreto cotenere informata l'alta polizia e la Corte
dell'andamento dell'istruzione dei processi
politici
e dei pubblici dibattimenti, sorvegliare destramente
(1)
Nisco, opera citata, pag. 224.
14
i
giudici,
su esso i
indagarne in precedenza
il
voto, influire
Dovevano sovratatto notare a tempo
(1).
precedenti, le aderenze dei magistrati, per esclu-
dere coloro che dopo l'atto sovrano avessero mofervore
strato
il
i
il
governo
costituzionale
o
parentele, amicizie, relazioni d'interesse
avessero
con
per
liberali.
Questo occulto
lavorio
era
pensiero dominante dei funzionari, che
si
allora
adope-
ravano ad acquistare merito o protezioni in
alto
con il dimostrare zelo e che temevano di apparire poco fervidi o finanche sospetti. Anche le autoritĂ militari prendevano parte a tale maneggio.
comandante la divisione territoriale di Salerno, avendo scoverto che un onesto giudice della Q-ran Il
Corte del luogo, gino dei riva di
De
Carlo
De
Porcellinis,
era
cu-
Mattia, noti liberali di Vallo, sugge-
mandare
altrove
il
bravo magistrato
scri-
MiccHiTELLi narra, opera citata, voi. 3°, pag. 37 due consiglieri della Corte suprema di giustizia vennero tolti di ufficio e collocati a riposo per un voto da (1) Il
a 89,
clie
loro dato nel giudizio a carico del giornale e fu
rimosso
il
U Indipendente
giudice Giambattista Albarella, funzionante
da pubblico ministero, perchè procedette contro un ufficiale che senza processo aveva fatto passare per le armi due calabresi. Per semplice sospetto di idee liberali il sostituto procuratore generale Rosario Giura venne da Napoli sbalzato in Calabria e dovette dimettersi, perdettero l'ufficio Giuseppe Aurelio Lauria, procuratore del re, ed il giudice Capomazza, entrambi a Salerno; Domenico
Abatemarco dovette lasciare il posto di consigliere della Suprema Corte di giustizia, e lo riebbe soltanto dopo il
1860.
16
vendo
di lui
vorito
i
"
pusillanime
è vecchio,
demagoghi
fa-
„ (1).
modo
Costituiti in tal
ed ha
gli uffici di istruzione e le
può immaginare facilmente quali concetti dominassero nei giudici. L'intima loro Corti Speciali,
si
persuasione di esser chiamati dal proprio ufficio
a salvare la dinastia e l'ordine, strarsi zelanti
paura
il
desiderio di
mo-
per guadagnare encomi e favori,
di perdere
la
posto o di essere tramutati in
il
residenze disagiate, tutto
indueeva a prestare
li
agevolmente fede a le accuse, a pronunciare le più severe condanne. Si ripeteva con singolare compiacimento da i giudici il detto del famoso Navarro,
Gran Corte
presidente della " è
male erbe il
speciale di
dovere del magistrato pulire
il
Napoli:
paese di tutte
le
procuratori generali chiedevano
„ (2). I
più delle volte condanne capitali, e
le
Corti
si
affrettavano ad accogliere le richieste per atterrire
per dar
la parte liberale e la
modo
al
sovrano, con
grazia della vita, di far atto di clemenza e di
apparire innanzi a
longanime
le
e generoso.
boni narra che
popolazioni ed a l'Europa
Uno
procuratore generale che tezza dei giudici:
imparato a fare!
scrittore ligio a
i
Bor-
capo del governo rispose ad un
il
"
E
si
lamentava della
che! neppure
il
len-
boia hanno
„ (3).
(1) Archivio di Napoli, ministero giustizia, fascio 4894, nota del 28 dicembre 1849. (2) Nisco, opera citata, pag. 225. (3)
De
Sivo, opeì^a citata, pag. 376.
16
È
però dovere di lealtà
il
riconoscere che delle
morte pronunciate pochissime ebbero esecuzione, credo anzi due sole. Nessuna nella capitale; una soltanto, il 26 aprile 1851, a Reggio Calabria per il giovane Francesco Fer-
condanne
molte
rari (1),
di
che minacciato di arresto per causa poli-
aveva ucciso un gendarme, ed un'altra a Salerno per una causa in cui al delitto di Stato si
tica
congiungeva, come narrerò in seguito,
la fucila-
zione di un capo urbano.
V. Per ordine dei magistrati inquirenti e per iniziativa della polizia si eseguivano frequente-
mente
arresti tanto in
Si disse allora che
Napoli che nelle provincie.
procuratori generali lascias-
i
sero a la prefettura di polizia mandati di arresto firmati in bianco per poter imprigionare
i
liberali
a proprio talento. Molti di coloro contro cui era spedito
mandato
di cattura, avvisati segretamente
da scrivani, da gli stessi agenti della per speranza di lauta ricompensa, si nascondevano per qualche giorno finché, assicuratisi di un imbarco su qualche nave* straniera, riparavano in Piemonte od a Testerò. I da
cancellieri,
polizia per amicizia o
ministri ed di
Sardegna
livier
i
Napoli
narra che
gli
(2)
(1)
(2)
poi
il
aiutavano
i
e
ricercati. L'Ol-
agenti francesi in Napoli
adoperavano con molta
mola
d'Inghilterra
consoli di Francia,
in
attività a facilitare la
D'Ayala, Calendario politico. Il Ferrari era Reggio Calabria.
di
si
fuga
Mam-
in provincia di
Console sardo in Napoli era
il
dicembre del 1851 dal Fasciotti.
Perret, sostituito
0-^
It
RAFFAELE CONFORTI
17
dei principali perseguitati. Il ministro francese
Ray-
neval tenne nascosto nella sua casa vari giorni
Mancini e il
Pisanelli ed
ministro
il
segretamente partire insieme con
lo fece
Conforti, che, pochi mesi
il
dell' interno,
prima
dovette per isfuggire a
tempo
resto nascondersi per vario
l'ar-
e poi travestito
da marinaio imbarcarsi su V Ariel
(1).
In questa opera civile e pietosa, di soccorrere
i
uomini del regno perseguitati da un governo iniquo, si segnalò aovratutti Giorgio Fagan, primo aggiunto della legazione inglese allora diretta da sir William Tempie, fratello di Lord Paljnigliori
merston. dese
Il
Fagan,
console
figliuolo di
britannico
in
Palermo nel 1815 da madre
Fagan
del
brini scrisse
:
"
un gentiluomo Sicilia,
italiana.
A
irlan-
era
naro in
Il
Settemerano
quelli che
"
ricercati pel carcere e pel patibolo egli procacciò
"
mezzi
•'
cere porgeva segretamente aiuti e consigli, e
*
mancò mai
"
cause,
di
e
fuga di
a
"
dorè
(1)
assistere
alla
discussione
anche Sperava che quei
diplomatici „
a quelli che capitavano in car-
spesso indusse
" intervernirvi. "
:
il
ad
ministro
innanzi
.giudici,
stranieri, avessero
non
delle
qualche
pu-
(2).
Ollivier, Empire Liberai, voi.
2°,
pag. 423.
Il
(2) Scritti vari, voi.
quell'ufficio per venti
2»,
pag. 245.
Fagan
stette
in
anni {Epistolario del Settembrini, pag. 114, nota). A i;remura del governo borbonico fu inviato, per allontanarlo dal regno, segretario di ambasciata a Berlino. Ottenne però dopo alcuni mesi di tornare in Napoli, ove era ancora il 1854. Mori a Caracas il 1« aprile 1869. 2
18
Nell'estate e nell'autunno del 1849,
mandati
periodo di
di arresto per reità
maggior frequenza di Stato, si vedeva di continuo una nave con di
bandiera francese bordeggiare presso la spiaggia della Marinella,
mentre tutte
le
navi mercantili e da
guerra solevano ancorarsi nel porto. Ogni
mana
stesse acque.
sempre nelle
improvvisamente
ricomparire
per
setti
quel legno spariva, per tre o quattro giorni,
Questo fatto che
si
ripeteva spesso,
a varie riprese, destò sospetti alla polizia quale, posta su l'avviso, notò che quella
guerra
Baudin. Crebbero
la
comandato da l'ammiraglTo dilìidenze quando si riusci a
V Ariel
era
(1),
nave da
le
sapere che essa faceva di continuo
il
viaggio tra
Napoli e Civitavecchia.
commissario di polizia addetto a
Il
lo scalo marit-
una sorveglianza assidua, constatò che la sera del 20 ottobre, mentre V Ariel bordeggiava lungo la Marinella, da uno dei vicoli adiacenti a questa erano sbucati un individuo ed un ufficiale frantimo, dopo
cese, che, attraversata
rapidamente
la strada, sa-
raggiunsero V Ariel.
lirono in fretta
in
barca
e
La
stessa scena
si
ripetè
nelle
Da
altre indagini si seppero partiti cosi
deputati napoletani e
per
cini, il
giero,
Trincherà, il
Conforti,
approdati
(1)
il
Archivio
voi. 1099.
vari
liberali
del 15 maggio, tra gli
fatti
i
sere successive.
parecchi
compromessi altri,
il
il
Pisanelli,
il
Lanza,
il
Dentice,
il
Malvito.
1° ottobre a Civitavecchia,
di Napoli,
il
ManRug-
Erano donde ri-
ministero polizia, fascio 114,
19
partirono
il
seguente
di
per
meno
G-enova,
il
Ruggiero 2he per infermità non potette imbarcarsi. Pochi giorni dopo erano fuggiti a Civitavecchia egualmente su VAriel ed avevano proseguito di là
il
16 ottobre per Genova
francese di commercio
i
su un piroscafo
deputati Cagnazzi
Giura, Roberto Bavarese, Mazziotti, Angelo luillo
De
Meis, Michele Primicerio
guisa, imbarcandosi su VAriel, le
si
(2),
(1),
Ca
Nella stessa
erano sottratti a
ricerche Pier Silvestro Leopardi, Antonio Scia-
loia e
il
Briol;
donde
i
due primi erano sbarcati a Marsi-
Leopardi prosegui per Parigi, il Briol invece approdò a Genova e di là andò a Torino (3). filtri ricercati politici avevano potuto glia,
il
fuggire diversamente, cosi Giuseppe Del
ad imbarcarsi
Re
era
4 aprile 1849 sul piroscafo francese Alexaìidre come domestico di bordo sotto il nome di Giuseppe Giraud. Il governo napoletano mosse qualche rimoriuscito
il
stranza al ministro francese
in Napoli,
ma
questi
evasivamenta e la protesta non ebbe se guito. Forse nelle alte sfere governative e nella rispose
(l"i Per l'età molto avanzata ottenne il rimpatrio nel novembre successivo. Archivio di Napoli, ministero esteri,
espulsi, fascio 3651. (2)
Notizie desunte da V Archivio di Napoli, ministero
polizia, fascio 114,
voi. 1099, e
ministero esteri, espulsi.
Della fuga del Mancini e del Pisanelli fa cenno l'articolo della Pierantoni Mancini Una pagina di storia {Nuova Antologia, fase, di
viaggi (3)
àQW Ariel
il
maggio
1898). Accenna a lo scopo dei Guerritore, opera citata, pag. 19.
Archivio di Najyoli,
ivi.
20
Corte non spiaceva in fondo che parecchi dei ricersi teneva grandemente
cati andassero a l'estero
:
ad imprigionare
per
volentieri
un
i
capi
;
gli altri
chiudeva
si
occhio per liberarsi da altri impicci.
Probabilmente non si comunicavano a i dipendenti queste istruzioni, che potevano riuscire pericolose;
ma
le autoritĂ napoletane non si commovevano quando qualcuno degli individui colpiti da mandato di arresto per causa politica prendeva il volo, come spesso acca-leva.
VI. In provincia di Salerno
darmi e
la
polizia,
le squadriglie si affaticavano
gli autori del
moto
i
gen-
a scovare
di luglio. Parecchi di essi riu-
scirono a sottrarsi a le piĂš diligenti indagini, na-
scondendosi in
parenti
paesi presso fidi
altri
amici, e vi restarono tranquilli,
avvenendo
ed
allora
assai di rado denunzie e tradimenti. Altri prefe-
rirono invece a le ansie ed ai pericoli della lati-
tanza abbandonare a patria emigrando a ]
Narrerò alcuni episodi di quella vita
fuga I
due
fratelli
e la
Salerno.
Ortodonico, perseguitati
di
compagno tenimento del comune
qualche
di
Francesco Paolo e Michele Del
comune
accanitamente da la polizia,
il
raminga
di varii liberali della provincia
Mastro, del
l'estero.
loro
di Serramezzana.
Il
si
erano nascosti con
una casa rurale tra di Perdifumo e quello quattro novembre del 1848, in
mentre essi erano nei dintorni della casa, si videro ad un tratto piombare addosso una turba di gendarmi appostatisi lĂ vicino nel corso della notte per sorprenderli.
1
due
fratelli
non
si
perdettero
d'animo, e facendo fronte risolutamente a
la forza,
21
tirarono contro di essa parecchi colpi, cui risposero
vivamente zioni,
i
gendarmi. L'esaurimento delle muni-
prevalenza di numero
la
degli
avversarii
Del Mastro a volgersi in fuga, durante la quale Francesco Paolo ed uno dei loro compagni vennero raggiunti ed arrestati (1). Michele Del Mastro, che piĂš agile era riuscito a far percostrinse
dere
le
i
sue traccie gettandosi in una selva, credeva
chiamò ripetutamente invano, finchÊ dovette convincersi dell'ardi essere seguito dal fratello e lo
resto di
lui.
L'affetto fraterno lo indusse a l'ardito
il germano. Sapeva che i gendarmi avrebbero ben presto tradotto i due arrestati a le carceri di Salerno e, per mezzo di altri liberali, ebbe notizia che ciò sarebbe avvenuto il giorno 28 novembre successivo. Raccolta una piccola schiera di suoi conterranei, si nascose ad una curva delle rampe di Ogliastro (2), per le quali doveva necessariamente passare la forza. Dopo lunga attesa comparvero a la fine i g-.-ndarmi, che traevano con loro am-
proposito di liberare a viva forza
manettati
i
tiva armata
A
prigionieri.
la
vista
della
comi-
gendarmi insospettiti ripiegarono rapidamente presso una casetta rurale di un tale
Longo i
e
si
i
accinsero
a
la difesa.
Questa
volta
gendarmi erano soltanto quattro o cinque;
(1)
la
Archivio di Napoli^ ministero di polizia, fascio 15,
incart. 636, voi. 13. (2) La strada che da Salerno conduce a Vallo, capoluogo del circondario, si inerpica con una serie di curve su le colline del comune di Ogliastro.
22
comitiva invece comprendeva una diecina di ar-
Dopo
mati.
lo
scambio di
di fucile,
colpi
varii
che fortunatamente andarono a vuoto,
i
gendarmi
vennero a patti e liberarono i detenuti, i quali, raggiunti i loro compagni, si posero con entusiasmo a gridare " viva la libertà, viva Pio nono! „ (1). I Del Mastro, nonostante le dure prove subite, del 1850
si
finche nel
latitanza,
persistettero nella
maggio
ad imbarcarsi per Genova. Griovanni e Pompeo De Angelis di
risolsero
I fratelli
Castellabate ed Ernesto Del Mercato di Laureana Cilento,
anche
luglio, stettero
essi
complicati per la rivolta del
qualche tempo nascosti. Per mezzo
dell'ambasciatore francese in Napoli, conte di Rayneval, ottennero da l'ammiraglio
Baudin l'imbarco
su la nave Friedland ancorata a Baia e di là partirono
il
23 gennaio 1849 per Civitavecchia, donde
raggiunsero
Un
Roma
(2).
altro dei ricercati
Filippo
Patella,
da
la polizia salernitana,^
parroco di Agropoli, che tanta
parte aveva preso nei movimenti della sua
con-
dove vestito da bor-
trada, era fuggito in Napoli,
ghese, e fattasi crescere la barba lunghissima, potette restare per
dei
parecchio tempo.
gendarmi incalzavano
;
a
i
Ma
le ricerche
suoi parenti
si
in-
fliggevano continue vessazioni e minaccio ed egli
ad emigrare. Michele Pironti, suo intimo amico, ancora non arrestato, era in intimità con si risolse
uà
consigliere
dell'ambasciata
(1)
Archivio di Salerno, processi
(2)
Memorie di Carlo De
di
Francia,
certo
politici, fascio 2820.
Angelis^ pag. 53.
-
23
Dupuis, che fece imbarcare
il
Patella
zo 1849 su la nave da guerra Iena.
profugo il
scrisse al Pironti
il
27 mar-
Da bordo
il
pregandolo di mandargli
bagaglio; questa lettera, trovata poi in una per-
quisizione in casa del
come documento
Pironti, servi a la polizia
di accusa
(1).
VII. Durante gli ultimi mesi del 1848 ed i
nello Stato pontificio
come
difficile a raggiungere
i
primi
ricercati politici riparavano
dell'anno successivo
più vicino ed
il
il
meno
specialmente dopo la
Ivi,
proclamazione della repubblica, aiHuivano da ogni parte d'Italia
i
più
accesi
compromessi
liberali,
ormai
nelle vicende politiche, sentendo che
della rivoluzione
le sorti
Roma. Vi
collegavano a
si
e-
rano accorsi da ogni parte del regno, sovratutto, verso la fine del luglio 1848, da le Calabrie e dal
Cilento.
Tra
i
calabresi Stanislao Lupinacci,
Luigi Miceli, Eugenio Casimiro
De
De
Riso, Biagio Miraglia,
Lieto, Achille Parise,
i
fratelli
Ago
Antonino Plutino, Gr. Andrea, Pietro e Stefano Romeo (2), che avevano diretto l'insurfezione calabrese, Giovanni Nicotera e G-iovanni Fai cone, che avevano combattuto in essa. Dal Cilento, come già ho accennato, i fratelli Giovanni e Pompeo De Angelis, Ernesto Del Mercato, Filippo Patella, il dott. Giuseppe Caputo e Leonino Vin-
stino
ed
ciprova, già capo di
(1)
una colonna insurrezionale
Archivio di Napoli, processo per la setta dell'Unità
italiana, voi. T». (2)
L'ex intendente di Salerno.
24
nel Cilento
Quasi tutti
(1).
parteciparono a la difesa di
Un al
fuorusciti napoletani
i
Roma.
battaglione comandato da Griovanni Grozzi,
quale erano ascritti Antonio Gruerritore di Pa-
gani ed
suo conterraneo Aniello Oriscuolo
il
(2),
ebbe ordine di difendere i giardini del Vaticano da i Francesi. La mattina del 30 aprile cominciò un fuoco vivissimo da parte di questi ultimi. taglione
riparato dietro le
espressamente
nuove
il
comando
Il
bat-
ricevuto
non muoversi firo a aveva seguito Lombardia, e poi era
di
disposizioni. Il Criscuolo, che
la principessa Beìgioioso in
corso
mura aveva
Roma, volle con giovanile intrepidezza mura per osservare l'avvicinarsi dei
in
salire su !e
Francesi. Lieto e spensierato egli intuonò con voce
vigorosa la strofa: Suoni
la
tromba: impavido
Io pugnerò da forte,
Pronto a incontrar Gridando: libertà!
Una
palla
la
morte
nemica in quel momento gli spaccò esanime da l'alto delle
la fronte, rovesciandolo
mura
Un
(3),
(1)
profugo napoletano, Griuseppe Caputo
altro
di Barile,
Ho
che era stato tra gli autori del moto
accennato alla fuga del Vinciprova nel mio libro
Costàbile Carducci, voi. (2)
Nato
in
Pagani
il
2°,
pag. 83.
1826 da Massimo Criscuolo e Ma-
ria Sanseverino. (3)
GuBRRiTORE ANTONIO,
seguenti.
EcM
(lèi
passcifo, pag. 40 e
25 nel
del Cilento
luglio
si
comportò nella difesa
con grande bravura
della città
una colonna
che
(1).
segai G-aribaldi
Egli comandò nell'
invasione
del regno di Napoli ed occupò il 26 maggio 1849 Arce, donde, per ordine del suo capo, tornò a Roma. Caduta la repubblica romana, gli emigrati na-
poletani dovettero porsi in salvo. 11 Gruerritore con
un passaporto falso andò a Civitavecchia e di là su un piroscafo francese proveniente da Malta si diresse a Genova. Erano sul piroscafo Guglielmo Pepe, Damiano Assanti, Girolamo Ulloa, Enrico fratelli Mezzacapo, rifugiatisi a Malta dopo la caduta di Venezia. Sbarcarono tutti a Genova, meno il Guerritore, cui non fu consentito l'approdo perchè proveniente da gli Stati pontifici;
Cosenz,
egli
si
i
rifugiò a Marsiglia e di poi a Parigi ed
Londra (2). Il Caputo si tenne qualche tempo nascosto però i gendarmi pontifici dintorni di Roma a
nei lo
;
1849 ed arrestatolo lo Civitavecchia chiusero nel forte di (3). 11 governo napoletano chiese la consegna del detenuto; ma il colonnello francese Rousseau, prefetto di polizia sorpresero
a
il
15
ottobre
Roma, rispondeva
non permetteva
la
"
che la
consegna
bandiera francese
di imputati politici
Ciò nonostante, breve tempo dopo, tifici
i
tradussero al confine napoletano
il
Caputo.
(1)
Archivio di Napoli^ fascio 165, voi. 27, n. 2231.
(2)
Guerritore,
(3)
Archivio di Napoli,
scicolo 3856.
„.
gendarmi pon-
ivi.
ministero
esteri,
espulsi,
fa-
26
Genova insieme con
fuggire a
che di lĂ riusci Filippo Patella.
Molti napoletani trovaronsi invece a la difesa di Venezia, e tra essi
Francesco Gralloppo di Polla,
Lorenzo Mottola, Enrico del Mercato appartenenti a la provincia
tutti
Laureana,
di
Salerno. In
di
questa difesa perirono combattendo al ponte di Marghera il 24 maggio 1849 Francesco Diotaiuti di Camerota (1), Antonio Falcone di S. Cristoforo
De Mattia
Alessandro
(2),
Massa, borgata
di
di Vallo, sott^ifficiale nel battaglione
patori del genio
gotta di
Campagna,
giore Vaccaio
Massa glia,
che
(4),
il
il
Mar-
partito da Napoli con
il
mag-
e Giuseppe Iorio, parimenti di
ma
D'Ayala dice
governo
zap-
degli
sacerdote Griovanni
Periva pure,
(5).
dico di Giffoni Il
(3),
per colera, Ciro Fo-
figlio di
un
celebre
me-
(6).
di
Napoli
si
era prefĂŹsso di
tenere
lontani dal regno tutti coloro che avevano preso
parte a la guerra lombarda o a la difesa di e di Venezia. glio
1849
il
In una nota
ufficiale
direttore di polizia
a gli intendenti:
"
Impegno
ed accuratezza nel fine
di
del
Roma 14
lu-
Scorza scriveva
tutto
vegliare
il
zelo
loro
che
non
si
introduca nel regno alcun regio suddito che abbia
D'Ayala, Vite degli Pantheon dei martiri,
(1-3)
italiani morti combattendo.
(4)
voi. 2", pag. 149.
(5) Il
giornale L'Italia del 27 luglio 1860 dice
sepolto nel camposanto di Venezia.
menti {<o)
ufificiali.
D'Ayala,
ivi.
l'
Iorio
Lo confermano i docu-
27
militato a l'estero o sia
per militare
manicati
a
(1).
„
avvenne,
allorché
siz oni,
Simili
regi consoli.
i
capitolazione di Venezia, città ricusò
il
volontariamente
partito
il
erano
ordini
A il
norma 23
stati
co-
di tali dispo-
agosto 1849, la
console napoletano della
passaporto per
il
regno
a
quattro-
cento trentadue sudditi di esso ascritti a
i
corpi
Concesse invece a molti, in
militari disciolti (2).
seguito ad autorizzazione del suo governo, passaporti per la
Romagna,
sandria d'Egitto
la
Successivamente
il
governo, mutando d'avviso
per pressioni ricevute da ricevere
regno
nel
Toscana, Corfù ed Ales-
(3).
i
altri Stati,
reduci, per
i
acconsenti a
quali però
il
Peccheneda dispose la più rigorosa sorveglianza. Il Castromediano narra le miserie e le traversie di costoro, che privi di ogni mezzo di direttore
sostentamento scarni
dovettero
rifare
chiedendo l'elemosina
la
(4).
via
laceri
e
Al loro arrivo
regno la polizia si impadroniva di essi e, dopo avere a qualcuno applicato arbitrariamente la pena delle legnate, li mandava tutti nelle isole
nel
(1)
Archivio di Salerno, anno 1849, fascio 41.
Vi è l'elenco di essi formato dal console nel settembre 1849. Archivio di Napoli, fascio 219. Tra i documenti vi è pure l'elenco, per provincia, di coloro che avevano militato all'estero (voi. 2°, n. 4321). L'elenco di Salerno comprende ottantadue persone, dodici delle quali non tornarono nel regno. (3) Archivio di Salerno, anno 1849, fascio 40. (2)
(4)
Carceri
e
galere politiche, voi.
1°,
pag. 249.
28
o nei
castelli.
La maggior
parte venne
mandata a
Ventotene, a Ponza e nel castello di Brindisi
(1).
Molti salernitani ricorderanno ancora Griuseppe
d'Andrea, un bel vecchio, dritto e forte della per-
ma
sona, le i
indebolito nella mente, che lottava con
maggiori
Quel vecchio da
diflScoltà della vita.
lunghi capelli bianchi, che serbava ancora nella
miseria la nerezza dei suoi anni
virili,
era stato
da giovine un bravo farmacista. Fu a la difesa di Venezia e si comportò da valoroso. Tornato nel regno dopo la capitolazione, venne relegato con parecchi suoi compagni a Ventotene. Ottenne la libertà il 7 marzo 1852 e tornò a Salerno. Egli narrava di essere stato a la difesa di Venezia,
ma pochi
fatuo, ed egli
lo
credevano,
non seppe
più lo reputavano
i
allestire
i
documenti occor-
renti per ottenere qualche aiuto dal governo. Solo
negli ultimi
ebbe pietà
anni
di quel
sua
della
vita
qualcuno che
misero potè fornirne la dimo-
strazione e procurargli qualche soccorso, purtroppo assai modesto.
Vili.
Le
carceri
Nella sola provincia
erano
gremite
Salerno
di
si
di
detenuti.
trovavano in
prigione per causa politica e soggetti a giudizio (2). Parve neun argine a tante carcerazioni ed
quattrocento quattordici individui cessario mettere istruttorie
limitandole
sgombrando con sovrani
(Ij
(2)
A
le
Corti da
rescritti del
a i
i
delitti
importanti
e
processi più lievi. Il re,
10 aprile 1850 e del 7 giu-
Brindisi ve ne erano 540.
Archivio di Napoli, doc. dal 1848 al 1856, fase. 146.
29
gno 1851, pubblicò una amnistia per
meno gravi avvenuti
litici
Calabrie. Il 9
maggio
dello stesso "
decreto con cui
altro
reati po-
i
in Basilicata
nelle
e
anno emanò un
aboliva Fazione penale a
riguardo di imputati, siano presenti siano assenti, per tutti il
reati
i
di
discorsi
malcontento contro
Tanno 1848
tendenti a spargere
governo
il
commessi
nel'
„.
Nonostante tutto ciò, ordini di arresto e processi seguivano senza tregua. Si pensò allora di fare una indagine sommaria di tutti i procedimenti
si
politici
per
sbarazzare
terreno da
il
i
meno im-
portanti e far proseguire soltanto quelli di qual-
che gravità. A tale oggetto il re, con risoluzione sovrana del 14 febbraio 1852, istitui per ciascuna provincia una speciale commissione detta di scruche ebbe
tinio,
rosi
l'incarico di classificare
imputati in tre categorie secondo
i
la
numegravità
del delitto. Per la prima, che doveva comprendere quelli più gravi,
si
imponeva
di procedere
tamente a giudizio; però in caso pitale
era
per
necessario,
di
solleci-
condanna
ca-
eseguirla, chiedere
il
consenso del ministro. Per la seconda classe, si addiveniva egualmente a giudizio e se fosse intervenuta una condanna a morte
mandare fine,
che comprendeva
i
delitti
addirittura, per diminuire ceri, l'azione
Per
la
si doveva doPer l'ultima classe in-
l'assenso del re.
i
più
lievi, si
aboliva
giudizi e sfollare le car-
penale.
provincia
di
Salerno
fa costituita da l'intendente Valia dal procuratore generale
Angelo
la Commissione come presidente,
Grabriele
e
dal
30
generale brigadiere Cipriano Nasi.
La Commis-
sione provvide per quattrocentotrentuno imputati
per
le
agitazioni del
luglio
1848.
Iscrisse nella
prima classe sedici individui, cioè Filadelfo Sodano, Carlo Pavone, Antonio Curcio, Giuseppe Caputo, Giuseppe Maria Pessolani, Ovidio Serino, G. B. Riccio, Giovanni De Angelis, Filippo Vitagliano, Ernesto Del Mercato, Filippo Patella, Pasquale, Lamberti, Domenico Picone, Salvatore Garofalo, Gennaro Giardino, Benedetto Strommillo. Nella se
conda eentosessantasei imputati, tra cui Carlo e Pompeo De Angelis, Salvatore e Lucio Magnoni, Angelo Pavone, Michele DeAugustinis, Leonino Vinciprova, F. P. Del Mastro, Giovanni Carducci, Stefano Passero,
Gaetano Del Mercato, Zaccaria Ragone, Gio-
vanni Guerrieri, Raffaele Ginnari, Giovanni e Salvatore Gallotti, Domenico Mercadante, Cristoforo e
Socrate Falcone, padre e fine,
subito
le
norme
terza classe, in-
ministro
a-
adottate, essere
prosciolte dal giudizio e dal
non avvenne
carcere;
ma
(1).
L'intendente Valla scriveva al
La
annoverava duecentotrentetre persone, che
vrebbero dovuto, giusta cosi
figlio.
dell'interno
cosi:
il
"
17 febbraio 1852
Tra
i
compresi
sono molti appartenenti al distretto di Vallo e tra questi parecchi per minella d^ categoria
vi
sura di preveggenza non dovrebbero per ora tor-
nare in patria. Se Ella approva il mio proponimento, La prego di comunicarmi al piĂš presto le
(1)
Archivio di Napoli, carte dal 1848 al 1850, fascio 306,
espediente 7013.
31
necessarie facoltà. Chi ha tanta Il il
canaglia
benigno
in
quel
il
coraggio di
diabolico
suggerimento
mandare
Cilento!
(1).
„
ebbe tutto
del Valia
suo effetto; ben sessantasei persone della prò
vincia di Salerno (la maggior parte del distretto di Vallo) che
nare
al
dovuto liberamente
avrebbero
domicilio forzoso. Tra esse Raffaele Coccoli
dato
tor-
proprio paese dovettero andare invece a
ad
Pasquale
Francesco
Eboli,
De Feo
Petillo
a S. Cipriano
(2).
toccava a l'ingegnere Pizzuti di
La stessa sorte Montecorvino.
Arrestato nel maggio del 1851 perchè
nero presso di tricolore,
lui carte
man-
ad Avellino,
criminose ed
si
una
rinvenfascia
nonostante che fosse stato assolto da
Gran Corte Speciale
di
la
Napoli fu relegato a Ven-
totene e poi ad Avellino.
(1)
Protocollo ministero
giustizia, verbale del 12. feb-
braio 1852. (2)
Archivio di Napoli, fascio 305, espediente n. 7015.
CAPITOLO il
—
Sommario Salerno
-
I.
Palma.
maresciallo
Il
comandante
Vigilanza su
i
II
la divisione militare di
liberali della provincia -
resto di coloro che portavano
i
baifi
Ar-
o la barba lunga
—
II. Odi del Palma contro i preti ed i frati liberali — Persecuzioni al padre Giuseppe da Campora III. Il canonico Abignenti di Sarno - Clausura di lui e di
—
altri
canonici in vari conventi per farvi
cizi -
Fuga
intere
dell' Abignenti
famiglie -
La
i
santi eser-
—
IV. Persecuzione contro famiglia Del Mercato - Arresto
Francesco e di Pietro Del Mercato - Traversie della famiglia Capezzoli - Morte di Luigi Capezzoli - Relegazione a la Pantelleria di alcuni loro congiunti V. Vigilanza della polizia su le corrispondenze postali - Sorpresa di una lettera della vedova Carducci - Perquisizione in casa di questa ed arresto del padre di lei Morte di una figliuola del Carducci VI. Un grave incidente nelle carceri di Salerno - Proposte della polizia per l'applicazione delle legnate al detenuto Andrea Curzio - Il maresciallo Palma ordina le legnate VII. Il governo affida l'incarico di pacificare il Cidi
—
—
—
lento al
Palma - Arresti ed
invii' di attendibili nelle
il Cilento - Suoi severi provvedimenti - Applicazione delle legnate Vili. Le squadriglie - Loro gesta - Il Palma protegge le squa-
isole - Il maresciallo percorre
—
driglie.
33
Un
I.
Ministero
ordine del
della guerra
28 marzo 1849 destinava al comando della territoriale dei due Principati, cioè
sione
Provincie di Salerno e di Avellino,
Bernardo Palma
(1).
Nato
braio 1772, egli era entrato
in il
divi-
delle
maresciallo
il
Roma 1796
del
17 feb-
il
nell' esercito
come tenente ed aveva preso parte a campagne con Napoleone e con Murat com-
cisalpino
varie
portandosi da valoroso e raggiungendo colonnello.
del 1815,
Avvenuta perdette
al principio del
posto,
il
il
grado di
restaurazione borbonica
la
che
riebbe soltanto
periodo costituzionale del 1820
(2).
governo assoluto, un regio decreto del 31 marzo 1821 radiò da i quadri tutti gli ufficiali non nati nel regno ammessi nell'esercito
Ripristinato
dopo
Fu il
il
il
5 luglio 1820, cioè dopo la rivoluzione
radiato tra gli altri
il
Palma,
il
(3).
quale ricuperò
suo grado soltanto nel 1831, e venne dipoi pro-
mosso a maresciallo. 11
vecchio soldato, inasprito forse da
i
lunghi anni
trascorsi senza impiego, desideroso di far ticare
i
servizi prestati
dimen-
durante l'occupazione fran-
cese, si diede a la più accanita persecuzione contro la parte liberale,
(1)
Archivio
commettendo ogni
sorta di ar-
militare di Pizzo falcone, 1° ripartimento,
lo carico, n. 2401. (2)
Desumo
le notizie
su la carriera militare del Palma
dal suo stato di servizio. (3) Il
mento,
decreto non accenna a
ma
ammessi nel periodo sommossa di Nola. ciali
le
ragioni del provvedi-
esse sono chiare. Si vollero escludere gli costituzionale,
cioè
uffi-
dopo
la
34
arrogandosi
ed
bitrii
mancavano
qualsiasi
certo
Né
facoltà.
mostrare
per
occasioni
gli
zelo,
giacche la provincia di Salerno non era davvero tranquilla ed ogni giorno si verificavano novità, le quali mettevano a dura prova la sua pazienza, indubbiamente non grande. Il 5 novembre del 1849 nel comune di Angi'i occorse un incidente che fece andare su tutte 1*^
furie
marescialllo. Si legge nella sua relazione
il
uf&ciale
" si
:
una acacia
rinvenne
la
mattina penzoloni ad
nell'interno del paese
una statua
gesso del nostro adorato sovrano con
in
capo reciso
il
dal busto, intrìsa di sangue e sostenuta da due corde
annodate a due biforcati tronchi la parte migliore
del
paese,
(1).
scelleraggine, gridava con lagrime
viva
il
A
quella vista
da tanta
inorridita
di
devozione
morte alla canaglia! e portò in proces-
re,
sione le venerate immagini dei nostri adorati so-
vrani (D. e
G-.),
da tutto
festa.
il
Quindi
posero
le
accompagnata dalla guardia urbana che indossava i paramenti da cantò solennemente il Te Deiim e si
clero, si
statue del re e della regina su Taltare
maggiore (!)
„ (2). Il
Palma pieno
di santa indigna
•
zione chiedeva poteri eccezionali per dare qual-
che esempio salutare. Intanto avvertiva di avere fatto arrestare otto persone del
spette
come mali
Avvenimenti
di
(1-2) Relazione del
il
governo
luogo so
intenzionati.
maggiore gravità turbavano
Palma
dello stesso giorno al ministro
di guerx-a e marina, n. 6343,
Archivio militare indicato.
gli
comando generale,
fol.
2515,
35 distretti della
altri
urbani,
provincia.
I più feroci capi-
più noti denunzianti venivano
i
audace-
mente massacrati o feriti ed un grande terrore dominava la parte reazionaria. Il maresciallo attribuiva queste rappresaglie dei liberali a l'indulgenza della magistratura, " la quale „, gridava sdegnosa-
mente
il
Palma,
"
ha
liberato
nientemeno che
quarantaquattro individui detenuti per causa po-
"A
litica „.
dimostrare
giudiziaria basta
il
fatto
„
la ,
debolezza dell'autorità
esclamava,
"
che passeg-
giano a loro agio per Salerno notissimi tra cui
i
fratelli
vulcaniche', tutti gli i
ciò
che
desta
teste
immenso scandalo
in
una Commissione militare
(1).
„
maresciallo, infervorato sempre più nella sua
opera,
si
propose di ridurre sollecitamente a
dine la pi^ovincia ribelle.
veglianza assidua su blici ritrovi,
di
liberali,
Angelis di Castellabate,
onesti. Bisogna ad ogni costo istituire per
reati politici Il
De
uno
le
Subito iniziò una
persone sospette e su
i
l'or-
sor-
pub-
informandosi attentamente per mezzo
stuolo di spie di coloro che
e dei discorsi che vi
si
tenevano. Al
li
frequentavano
menomo
indizio
procedeva, di sua autorità, senza alcun ordine del magistrato, a perquisizioni ed arresti
(2),
tenendo
(1) Relazione del Palma, da Salerno, in data del 3 settembre 1849, Archivio militare indicato, comando generale,
n. 2439, fol. 2508, n. 274. (2) Fece arrestare tra gli altri, il 31 maggio 1850, l'ingegnere Francesco De Pascale di Salerno, sospetto semplicemente perchè figlio di Gaetano De Pascale gravemente complicato per i fatti del 1820, come narrerò in un prossimo lavoro L'arresto risulta da una nota dello stesso
36
in carcere gli arrestati a sua discrezione, senza
neanche denunciarli al potere giudiziario come era prescritto da le leggi. Il caiFè
più frequentato dai liberali in Salerno
era al largo del
Campo
specialmente l'avvocato
e
vi
si
intrattenevano
Rocco Positano, Carlo Al-
Francesco Avossa, Matteo Luciani, Griustino Vicaris, i fratelli Francesco ed Achille Mezza-
fieri,
De
capo, Camillo Borrelli
(1).
Abili confidenti di polizia
solevano pedinare questa gente sospetta e seguirla finanche nel caffè per sorprendere qualche parola potesse dar motivo o pretesto per arrestarli.
che
In Salerno, forse più che in altre proviacie, per appunto del Palma, la polizia arrestava coloro che ardivano portare i ba£6. o la barba lunga,
opera
che era ritenuto
ciò
mezzo
d'idee sovversive
segno
di riconoscimento tra
liberali.
i
Invano
e
l'in-
tendente obbiettava che convenisse lasciare a i cittadini la libertà di portare la barba a loro gusto,
perchè così
sarebbero eluse
si
le arti dei settari,
che
non avrebbero potuto più comodamente riconoscersi tra loro il maresciallo imperversava sempre maggiormente contro quelli che non obbedivano :
al divieto,
li
faceva arrestare
e,
fatta loro radere
barba senza insaponare il viso, non li mandava via che dopo qualche giornata di prigione ed una
la
giorno del commissario di polizia di Salerno che (Ivi, (1)
anno
lo esegui,
1850, fascio 40).
Eelazione del commissario di polizia Nicola Scafati. divenne^dopo il 1860 un valoroso ed eloquente
Il Borrelli
magistrato.
37
Un
gran numero di cittadini di Salerno e di provinciali ebbe a subire questo odioso trattamento (1) indice della goifaggine del governo il quale, con tali metodi puerili e indegni di un popolo civile, dava continuo argomento a beffe ed a proteste della stampa estera. II. Esasperavano l'irritabile maresciallo più di fiera paternale.
tutto
i
preti liberali.
Un
prete liberale
!
Sembrava
una cosa inverosimile, enorme, un sacrilegio per cui non vi fossero pene sufficienti. In una sua relazione, alludendo a i moti del luglio al maresciallo
del 184:8 nel distretto di Vallo, scriveva
dine di
tutti
e quindi
i
ogni sorta di
Ne avrebbe
i
mali sono stati in prima
sacerdoti, vizi,
i
quali,
" Il
:
car-
parroci
i
abbandonandosi ad
sono la pietra di scandalo
voluto imprigionare
parecchi,
Corte dopo la fuga del papa a Graeta e
„ (2).
ma la
a
so-
lenne venuta di lui in Napoli dominava più che
mai
l'antico bigottismo e si
teneva a non
dispia-
cere a la Caria; occorreva quindi usare riguardi e temperanza e procedere in perfetta intesa con
Non
vescovi.
era
i
Ebbene
possibile la prigione?
mandavano i preti liberali in qualche convento tempo indeterminato gli esercizi spirituali! Quando poi si trattava di un frate, lo si si
a fare a
sbalzava località
(1)
Tra
convento in convento, per
lo
più in
per tali motivi furono Giovanni Giovanni Rossi di Castellabate. Archivio di Najjoli, ministero di polizia, documenti
Materazzi (2)
di
poco gradite e lontane da la capitale.
gli arrestati
e
dal 1848 al 1850, fascio 140.
38
Richiamava spesso
attenzione
l'
in provincia di Salerno
noto
Feola
con
nome
il
Giuseppe Giuseppe da
di padre
Camperà, suo paese nativo nel
A
della polizia
cappuccino
il
distretto di Vallo (1).
fervidi sentimenti religiosi egli univa
i
fondo amore per
la patria e
le
un pro-
libere istituzioni
che vibrava nelle sue prediche eloquenti,
le quali
attraevano sempre un affollato uditorio.
Prima della costituzione l'ardito monaco era stato, per ordine o per desiderio dell'alta polizia, sbalzato senza tregua di convento in convento.
Dopo
l'atto
sovrano ottenne di andare nel convento di Piaggine, a breve distanza dal suo paese nativo, ove
congiunti ed
molto affetto e reverenza. glio,
la
suoi
i
conterranei avevano per lui
suoi
i
Ma
dopo
i
moti di
lu-
l'autorità politica credette di allontanare
provincia
il
pericoloso
cappuccino,
da
ed
egli
al
con-
ebbe improvvisamente l'ordine di recarsi
vento di Marsico in Basilicata: obbedì, comunque a malincuore. Calmatasi in seguito alquanto la tempesta, ottenne
propria
da
i
provincia,
suoi superiori di tornare nella
Camerota, e
a
quillamente, quando, per
Palma, ceno
volere
vi stava tran-
del
maresciallo
fu trasferito al monastero di Castelsara-
(2),
d'onde passò poi come padre guardiano
a quello di Saponara. Nella quiete del suo cino meditava arditi
e
(1) Nato in Camperà da Giuseppe Feola. (2)
mento
convento
disegni
il
e,
il
22 maggio 1813 da Elena Ciardo
Archivio di Salerno, carte sparse, fascio 474.
cappuc-
fiero
quando cominciò
8,
incarta-
39
Basilicata
nella
l'insurrezione
segreto lavorìo che precedette
il
1860
del
quella
in
contrada,
si
diede con tutto l'animo a propagare nelle masse 1a idee liberali. Il Lacava lo cita tra i più fervidi
mazziniani della sua provincia
ed
Racioppi
il
per
lo
civili
(1), il
accennano
(3)
libertà.
al
De Cesare
Egli divenne,
come
rivoluzione di
Basilicata ed
padre
il
Serafino da Centola, uno dei principali tori della
cooperaistituì
sezione del comitato liberale, quella di
prima
(2)
suo entusiasmo
la
Mon-
temurro, formata dai comuni di Moliterno, Sapo-
nara e Viggiano
(4).
Ritornato in patria dopo opuscolo contro
il
mia confessione intorno papi
„
il
un
1860, pubblicò
potere temporale intitolato al potere
''
La
temporale dei
dedicandolo a Vittorio Emanuele
;
e visse se-
renamente nel suo paese, circondato da la stima e da la benevolenza di tutti fino alla sua tragica morte. La sera del 3 giugno 1863 irruppe a F improvviso in Camperà la banda di briganti capitanata da Griuseppe Tardio. Alcuni dei malfattori corsero per
ordine del capo a la povera casa del cappuccino, e,
quantunque
da
egli fosse costretto a letto
la po-
dagra, lo trassero a forza nella pubblica piazza in-
nanzi
(1)
al
Tardio, che gli impose la taglia di duemila
Cronistoria
documentata
della rivoluzione in Basi-
licata del 1860, pag. 3. (2) (3)
Fine di un regno, parte 2», pag. 334. Echi di Sapri, appendice al volume su
Basilicata, pag. 394. (4)
Lacava, opera
citata, pag. 44.
i
Moti
delia
40
con
ducati. Il fratello del Feola, gli ocelli,
si
per la modesta famiglia di pagare
Ma
fiero
il
gridò
il
denaro
che
ti
"
Tu
sei
a
Timpossibilità si
somma.
forte
brigante sdegnato da
cappuccino:
al
fuori
lagrime
le
affannava a mostrare
le
preghiere
non vuoi mettere
procurato con
le
pre
diche del tuo Vittorio, tu ne hai perchè sei un
suo pensionato
(1),
tu
perchè spieghi male
il
sei
monaco indegno
un
vangelo,
tu
perchè quest'ordine mi è venuto da
morire
devi
Roma
„.
Padre
Griuseppe ascoltò con animo sereno la condanna. Il
Tardio
gli ingiunse,
facendogli sperare la salvezza
della vita, di gridare " viva Francesco
II!
„.
Ma
il
racconta la requisitoria del procuratore ge-
frate,
nerale Paolo Magaldi nel
l'avvicinarsi
dava a
le
del
processo che
con
il
martirio
e
avvenimento,
triste
"
segui al
volto divinizzato da
con
un gesto che
sue parole la maestà del profeta, o me-
glio la solennità evangelica dell'eternità, rispose
:
come vissi: Viva l'Italia! Allora vari colpi di arma da fuoco gli forano il petto, ma non l'uccidono, vari altri colpi di arma bianca il finiscono, e da la confessione di uno degli astanti si ha come lo stesso Tardio, quasi indispettito che non morisse, gli tirò una sciabo-
No!
Io
lata „
(1)
saprò
(2).
morire
Ricordano
Alludeva
ai
l'estinto
due
iscrizioni, l'una
tenui assegni stabiliti con la soppres-
sione degli ordini religiosi.
Dal processo esistente presso l'archivio provinciale Il Tardio fu condannato a morte con sentenza 13 dicembre 1872; ma questo procedimento fu annullato con altra sentenza della Corte di Assise di Salerno del (2)
di
Salerno.
41
nella piazza di
Campora ove fa
trucidato, Taltra
nella chiesa del paese nella quale ebbe sepoltura.
Più
III.
monaci
di tutti gli altri preti e
della provincia di Salerno faceva saltare la al
naso
maresciallo
al
Filippo x4.bignenti
(1),
Palma
distretto.
mosca
giovane canonico
di antica ed illustre famiglia
del luogo, di alto ingegno, il
il
liberali
assai stimato in tutto
Deputato neir
aprile
vedendo
1848,
grande agitazione della capitale nei giorni pre-
la
cedenti la convocazione della Camera,
scrisse
a
mandare gente armata in Napoli per difesa del Parlamento. Di questa lettera si valse il prete Ovidio Serino uno dei
un suo
fratello a
Sarno
di
più ardenti rivoluzionari della provincia, per raccogliere persone armate la sera del 15 inviarle in Napoli
(2).
maggio ed
memo-
L'Abignenti nella
randa seduta preparatoria tenuta in quel giorno
da
la
Camera
dei deputati sottoscrisse la protesta
Mancini. Ritoinato dopo quella riunione a Sarno, persuase
le
guardie
nazionali
del
suo paese e
comuni vicini a desistere dal proposito di muovere su Napoli, essendo già stata colà domata la rivolta (3). Ciò nonostante la polizia in
dei
15 ottobre 1874, annullata a sua volta
il
13
maggio 1875
dalla Corte di Cassazione di Napoli che rinviò la causa
a
le
Assise di Avellino. Ignoro
i
fatti successivi.
(1)
Nato
(2)
Processo a carico di Bernardo D'Ambrosio ed altri
in
Sarno
il
16 aprile 1814.
del circondario di Sarno esistente presso
l'archivio pro-
vinciale di Salerno. (bi
ed
i
Come ho già narrato
nel
mio
libro: Costahile
moti del Cilento nel 1848, voi.
1«>,
pag. 159.
Carducci
42
stesso
anno
canonico col
titolo
di corifeo
della
Forse questo
titolo
dovette
19 maggio dello
una relazione del battezzò
il
rivoluzione.
che ad un fanatico reazionario, che dato sul viso in q:iei giorni Viva egli assestò
risposta
una
bella
gli il
al fatto
aveva
gri-
re! -pev tntta,
bastonata
su
le
spalle.
L'Abignenti soleva frequentare in Sarno, un da un tale Pasquale Geronimo (1).
caffè tenuto
La
polizia che sorvegliava
1'
effervescente canonico,
come soleva chiamarlo, notò che nel medesimo ritrovo convenivano spesso altri canonici del luogo
egualmente
maso
Domenico Ruotolo, PieMarano ed i sacerdoti Tom-
sospetti, cioè
tro Nocera,
Filippo
Squittieri,
Alfonso Liguori, Francesco
Mi-
Perchè costoro si trattenevano cosi spesso ed a lungo nel caffè, con una certa aria di mistero, ed in compagnia lano e Griovanni Ruotolo
di
un
Certo
tipo si
(1).
pericoloso
così
tramava qualche
come l'Abignenti? doveva essere una
cosa,
riunione settaria! L'intendente, cui in fondo pia-
ceva
la legalità, a
sognava fare un del vero;
ma
queste notizie, dichiarò che
bi-
buon processo e venire in chiaro
al maresciallo
gaggini delle istruttorie ed
non garbavano i
curiali
:
le lun-
egli preferiva
risolvere ogni cosa soldatescamente e di testa sua.
Lasciando che l'intendente strepitasse a sua voprovvide da se: il caffè venne chiuso dehni-
glia,
(1)
Archivio
voi. 11.
di
Napoli, fase. 65,
voi. 46. e
fase.
82,
Idem, nota del vescovo del 3 agosto 1849, Ar-
chivio di Napoli, fase. 65, incart. 636, voi. 52.
43
tivamente,
il
De Geronimo,
fratello del
prietario, fu sbalestrato in
Ma
usciere del
di Sarno, solo perchè parente del pro-
giudi(3ato
una residenza
lontana.
bisognava anche dare una lezione a quei preti
audaci!
maresciallo comunicò imperiosamente al
Il
vescovo
di sospenderli subito
darli in conventi
terminato
A
santi esercizi
i
capo della diocesi
Mons. Salvatore
allora
timenti
liberali.
a divinis e di man-
lontani a farvi a
Uomo
tempo inde-
(1).
di
Cava
Fertilla,
e di
Sarno era
siciliano,
di sen-
aveva avuto la
ingenuo,
non felice di pubblicare nei primi mesi 1849 un breviario, in cui raccomandava a i
ispirazione del
diocesi di celebrare la ricorrenza del
della
preti
29 gennaio
(cioè della concessione
dello Statuto)
prò recuperata libertaie e perfino di cantare
Deum
!
il
Te
Questa trovata di monsignore giunta all'orecun vero scandalo (2).
chio del re aveva suscitato Il
vescovo, che
vedeva
si
sapeva malveduto in alto e che
Curia deferente ad ogni desiderio del
la
governo, cedette a
le
brusche intimazioni del ma-
ed impose a
resciallo
in alcuni
dotto da
conventi
(3).
gli sbirri, il
i
preti
designati
ritiro
il
L'Abignenti venne con-
7 luglio del 1849, nel
mona-
stero dei minori osservanti di Vico Equnnse.
(1)
Archivio di Napoli, ministero
di
polizia,
fase. 65,
voi. 46, e fase. 82, voi. 11. (2)
Archivio di Napoli, ministero di polizia, earte dal
1848 al 1850, (^3)
fase. 267,
espediente 3443.
Nota successiva del vescovo del 3 agosto 1849,
Archivio di Napoli, ministero di polizia, fase. 65, incar-
tamento
636. voi. 52.
44 le mura del non resistendo
canonico fremeva nell'ozio tra
Il
convento
dopo
e
più a quella vita,
La rendeva però
mesi,
alcuni
cominciò a meditare assai
difficile
la
la fuga.
continua
vi-
gilanza degli altri monaci e specialmente del padre
da Sarno, che dimorava nel monastero e che aveva ricevute personalmente dal maresciallo severe raccomandazioni. Per fortuna provinciale, Sebastiano
il
padre provinciale dovette per ragioni
di ufficio
allontanarsi durante alcuni giorni dal convento, e la
vigilanza sul recluso divenne, nell'assenza del superiore,
meno
assidua. Riusci quindi al canonico,
mediante segreti accordi, di architettare una evasione.
Nel pomeriggio del 5 ottobre due individui con molta eleganza bussavano rumorosamente a la porta del convento, dandosi a credere con tono arrogante ed imperioso, grandi personaggi del governo e forse anche della Corte. vestiti
Il portinaio,
cui chiesero del
canonico, umile ed
ossequioso, sprofondandosi in inchini
li
accompa-
gnò
si
intratten-
fino a la cella di lui,
con
il
quale
nero a lungo fino a sera. Preso quindi congedo si
diressero per uscire verso la porta del convento
accompagnati da alcuni per non il
frati e dal canonico, che,
dare sospetto, aveva lasciato nella cella
lume acceso
e
andava a capo scoperto. Giunti i due ignoti, il cano-
vicino a la porta ed usciti
nico a l'improvviso balzò fuori e sparve nell'oscurità lasciando attoniti e
sgomenti
i
poveri monaci.
Può facilmente immaginarsi la sorpresa, lo sdegno del maresciallo a simile notizia! Volle
FILIPPO ABIGXENTI
45
nientemeno che
monaci
iniziasse
si
un processo contro
e specialmente contro
il
ma in quei tempi di fervore religioso non
si
cano, ed
il
Palma dovette
ranza di scovare
il
e di bigottismo
con
leggermente
poteva trattare
i
padre provinciale; Vati
il
rassegnarsi nella spe-
canonico e di averlo ben presto
nei suoi artigli. L'Abignenti, nascostosi per qual-
che giorno in
con l'aiuto
Napoli, riusci
dell'ambasciata
Erano su
10 ottobre 1849
ad imbar-
il 16 sucGenova, donde prosegui per Nizza (1).
carsi sul piroscafo Ariel e
cessivo, a
il
francese
con esso giunse
lo stesso piroscafo altri profughi:
putati Cagnazzi, Angelo
Camillo
De
i
de-
Meis, Ro-
berto Savarese, F.A. Mazziotti, Michele Primicerio.
rV.
La
polizia ricercava attivamente nel
regno
Francesco Del Mercato di Laureana Cilento, antico carbonaro del 1820, ed lerio,
a
i
suoi figli
Emesto, Va-
Gaetano, Pietro ed Enrico. Ernesto
Roma, Valerio
si
trovava
era destramente riuscito a porsi
Il Palma, indignato ad agguantarli fece dare la caccia a tutta la famiglia Del Mercato. Caddero cosi nelle mani degli sbirri nel dicembre 1849 Francesco e Pietro (2). Iniziato un processo a loro carico, mancò ogni prova, sicchÊ andarono assolti,
in salvo, credo in Toscana. di
non essere
(1)
riuscito
L'imbarco di
serito nel libro
lui si
Discorsi
desume da un suo appunto e scritti
di
Filippo
pag. 713. Nonostante le piĂš diligenti ricerche riuscito trovare cenno di
alcun processo
in-
Abignenti,
non mi
è
a carico del-
Eppure egli rimase in esilio fino al 1860. Lettera del sottintendente di Vallo del 12 marzo 1849, Archivio di Salerno^ fascio 244.
l'Abignenti. (2)
46
dopo ventidue mesi resciallo relegò
di carcere.
ad Avellino
Nondimeno
l'ietro,
il
ma-
che solo nel
1852 ottenne di stabilirsi a Salerno (1). Ignorò qual sorte snbi allora Francesco. Dagli atti si desume che qualche anno dopo si trovava a Salerno, ove il 31 luglio 1852 la polizia lo arrestò insieme con il figlio Enrico, avendo in una perquisizione in casa di lui trovato varie armi,
una sciarpa
tri-
ed una penna nera costituzionale (?) (2). G-aetano passò qualche tempo nascosto in una fat-
colore
toria dei
Marchese Palmieri
al
Vomere
e
poi
si
diede ad esercitare la professione forense in Nail falso nome di Francesco Malnieri. Più accanite persecuzioni subiva per opera del maresciallo la famiglia Capozzoli, dei famosi ban-
poli sotto
diti Il
Palinuro
fucilati a
il
1829(3).
vecchio padre loro, Antonio, relegato con la
moglie e con
i
Gaetano e Luigi da quell'epoca, dopo
figliuoli superstiti
nell'isola della Pantelleria fin
che fa pubblicata la costituzione era partito con la
sua famiglinola
il
23 maggio 1848 per Napoli
su una barca a vela. Durante in vicinanza della Sicilia
una
si
il
non breve viaggio,
destò improvvisamente
forte tempesta, tanto che l'equipaggio dovette
per alleggerire
la
barca gettare a mare
le
masseri-
(1)
Archivio di Salerno, anno 1849, fascio 598.
(2)
Nota
dell'
intendente di Salerno del 31 luglio 1852.
Archivio di Napoli, prefettura di polizia, incart. 4251, scio 476, voi. (3)
Ho
9,
anno
narrato la loro tragica fine nel libro
del Cilento nel 1848 (Biblioteca del serie IV, n.
9).
fa-
1852.
La
rivolta
risorgimento italiano,
47 zie
che
i
Capezzoli portavano seco. Giunti
molte traversie
al
dopo
paese nativo, Monteforte Cilento,
trovarono la loro povera casa depredata di tutto,
i
beni di famiglia usurpati da altri durante la loro
due vecchi si dibattevano in una supplica del 2 novembre 1849, narrate le loro miserie, chiedevano una elemosina al Consiglio degli ospizi della
lunga
assenza.
I
cosi crudeli angustie che in
provincia
(1).
preso parte
due figliuoli Graetano e Luigi avevano al moto del Cilento nel luglio 1848.
Cominciata
la reazione, la polizia sguinzagliò
Intanto
i
darmi ed urbani a rinvenuti nella
la ricerca di essi.
loro casa a Monteforte,
gliaccamente contro
tendeva sapere
non avendo
i
i
Le
gen-
avendoli inveĂŹ vi-
decrepiti genitori da cui pre
ove fossero nascosti vecchi
voluta
dette a rov^inare la casa,
porte e
Non
i
rivelarne
scassinando
figli,
l'asilo,
perfino
e, si
le
le finestre (2j.
sera del 13 settembre 1849 Ja guardia ur-
bana di Monteforte, che si era accinta a la caccia dei due Capezzoli, li sorprese in una casetta rurale presso Omignano. A la vista degli urbani i due fratelli si diedero a fuggire inseguiti da i colpi degli assalitori; G-aetano riusci a salvarsi, Luigi ferito
(1)
gravemente da una palla
di fucile
ebbe non-
Archivio di Salerno, anno 1860, fascio 537. In quel le opere pie erano in ogni provincia amministrate
tempo
un Consiglio degli ospizi. Reclamo di Amalia Capezzoli del 30 agosto ArrMvio di Salerno, anno 1849, fascio 4. sotto la sorveglianza di (2)
1849,
48
dimeno
la forza
fuga, e gli
ed
coraggio di continuare nella
il
nascose in una capanna di pastori ove
si
urbani lo rinvennero
Il ferito,
non ostante
il
le
giorno dopo (1). sue gravi condizioni, fu
trasportato a le carceri di Polla, nelle
mase gettato
su
nuda
la
terra,
quali ri-
senza
alcuna
Invano V infelice chiese di essere trasportato in un ospedale. Restò in -carcere e vi mori miseramente il 26 settembre 1849 (3). Gaetano pochi giorni dopo, il 14 ottobre, cadeva anche egli nelle mani dei gendarmi in contrada Selva in tenimento di Omignano (4). Quasi non bastassero tante sciagure, il maresciallo Palma, sollecitato da istanze di abitanti del comune di Monteforte, proponeva di mandare novellamente a la Pantelleria il vecchio Antonio Capezzoli, la moglie e due assistenza
fratelli
(2).
esso, a
di
nome Luigi
r intendente Valia, piĂš umano,
giustamente che Antonio genari
e
Antonio
limitò
la
e la
si
e Q-iuseppe
;
ma
oppose allegando
moglie erano ottua-
proposta a
i
due
fratelli
di
(5).
(1) Archivio militare di Pizzo falcone, comando generale, incartamenti 2561 e 5073. (2)
Sapplica accennata del 2 novembre 1849 del padre.
(3)
Atto
di
morte del giorno successivo, registro degli
atti dello stato civile del (4)
comune
Nota del sottintendente
di Polla.
di Vallo cav. Dentice e ver-
bale di arresto dello stesso giorno, Archivio di Salerno,
R.
P., n. 50. (5)
Archivio di Napoli, doc. dal 1848 al 1850, fascio 230,
n. 4591.
49
V.
La
polizia esercitava
una continua vigilanza
su le lettere dei liberali intercettandole ed aprendole senza
il
menomo
scrupolo. Sottoposte ad in-
cessante e severa sorveglianza erano
denze tra
vedova Carducci ed
la
le
corrispon-
congiunti e
gli
La sventurata donna con una nome Rosa s' era stabilita, dopo
amici del marito.
sua fìgliuoletta di l'assassinio del
i
marito, in Napoli
suo
in casa di
padre Francesco Paolo Del Re, che abitava allora in sezione
Avvocata
al vico
Campanile,
n. 20.
Nell'agosto del 1850 la polizia della provincia di Salerno apri
una
da
lettera diretta
la
vedova
Carducci a Salvatore Ricci di Capaccio, parente
La
dell'ucciso e persona sospetta.
neva,
un
tra
le altre,
sapposizioni:
si
bisogna avere
queste parole:
altro poco di pazienza.
Subito
immaginò che
conte-
lettera
si
fecero mille
l'infelice
donna
ludesse a prossimi rivolgimenti rivoluzionari
una rigorosa perquisizione si
in
rinvenne a carico di
in casa
lei.
camera del padre alcuni
perchè
gli sbirri
!
al-
Li
Del Re, nulla
Si trovarono soltanto libri
che era già tenuto d'occhio da
bastò
proibiti:
conducessero in carcere
il
Del
la polizia, a
Re
causa
di suo figlio Giuseppe emigrato in Piemonte. Si volle naturalmente venire in chiaro sul ,
gnificato di gravi.
quelle parole
La vedova
ritenute
si-
misteriose e
Carducci, interrogata
il
14 no-
vembre successivo, spiegò molto facilmente l'enigma: un .figliuolo del Ricci, Ernesto, complicato nei moti del luglio era da due mesi detenuto a Sapadre di lui le aveva scritto pregandola con calde parole di cooperarsi, mediante qualche
lerno, il
50
conoscenza, per
la
liberazione del figliuolo.
Carducci, assunte informazioni, scriveva del detenuto tanto per dargli
un
al
E
la
padre
po' di sollievo
che bisognava avere un altro poco di pazienta La povera vedova qualche anno dopo,
(1). il
24 aprile 1855, perdette in Napoli la sua bambina, che nell'immane dolore era stata Tunico suo
L'inatteso colpo prostrò profonda-
conforto.
mente r animo VI.
Le
della sventurata
carceri di S.
gitavano di detenuti tra gli altri,
battuto su
le
in
politici (3),
Salerno rigur-
Vi
si
trovava,
Angelo a Fasaventicinque anni, che aveva com
Andrea Curzio
nella, giovine di
(2).
Antonio
barricate
a
di S.
Napoli
nella
giornata
maggio (4) ed era stato arrestato il 20 dicembre del 1S49. Egli mal soffriva la lunga detenzione.
del 15
Avvenne
che, recatosi nel parlatorio delle carceri
16 febbraio del
venuto a
il
1850 per parlare con un amico
visitarlo,
si
imbattè
nella
stessa
sala
Archivio di Salerno, carte sparse, incart. 492. favoritemi cortesemente dal colonnello GiuNotizie (2) seppe Del Re, nipote della Carducci, al quale rendo i più (1)
vivi ringraziamenti. (3)
le
L'agglomerazione rendeva malsana l'aria e frequenti specialmente il tifo. Vi morirono nel 1852
malattie,
Luigi Causale di Altavilla, Angelo Pironti di Salerno, ed ignoro con precisione in quale degli anni successivi. Salvatore Garofalo di Torchiara e Michele De Robertis di Gifioni. Nel 1856 vi soccombè Gennaro Corasio di Agropoli. I loro nomi sono riportati dal D'Ayala nel suo opuscolo I ìiostri morti e dal giornale L'Italia del 6 agosto 1860. (4) Ho narrato ciò nel mio lavoro // Carducci ecc., voi, I, pag. 153.
51
con un altezzoso capo urbano che in atto molto provocante faceva mostra del suo distintivo, una coccarda rossa con il giglio. Il giovine
non
seppe
rattenere
gli
dell'
animo
modo sdegnoso
fieramente e in
voltosi
impeti
al
e,
capo
urbano, lo apostrofò con queste parole: Ca?iaglia che ini rappresenti con cotesto po-
d'un calderaio
(1),
modoro?
Immediatamente
dosso
i
(2).
custodi,
lo
chiusero in
saltarono ad-
gli
un
cella di rigore
e informarono del fatto l'intendente.
La cella di rigore ed un buon processo non sembrarono bpustevoli al commissario di polizia, che scriveva al suo direttore il giorno 22 successivo "Il giorno 17 comunicai
cosi:
dal Curzio
per
al sig.
le disposizioni
dovere
il
reato
commesso
procuratore generale pregandolo
da sua parte. Ora, nel farmi un
di rassegnarlo a Lei,
interesso l'alta sua
considerazione sul proposito, pregandola di voler riflettere
che in simiglianti incontri sarebbe
di adottare straordinarie
ed
'"'uopo
istantanee misure di
rigore^ giacche l'essersi ristretto
il
detenuto in una
stanza di correzione, indipendentemente dal processo che
sa,rĂ istruito,
un lieve esempio La punizione
Come
non imprime
di repressione â&#x20AC;&#x17E;
delle
in altri che
(3).
legnate, cui
il
commissario
è noto la setta dei calderari sosteneva dopo governo assoluto in opposizione ai carbonari (2) Nota dell'intendente di Salerno del 21 febbraio 1850, Archivio di Salerno, anno 1850, fase. 20B, (3) Nota in data 22 febbraio, Archivio di Salerno anno 1850, fase. 205. La minuta della lettera non porta firma. (1)
1820
il
52
alludeva, era stata solennemente abolita dal go-
verno costituzionale, sicché l'infliggerla implicava un manifesto e grave sopruso. Il nuovo direttore di polizia, Francesco Scorza, fìnse di non comprendere, non volendo esporsi personalmente
aduna non lieve
responsabilità.
Avrebbe desiderato,
suggerimento di applicarele legnate venisse dall'alto. Rispose quindi 23 febbraio al commissario di polizia " Le il fo noto di aver direttamente informato di que-
per poter essere tranquillo, che
il
:
sto
avvenimento
fatto del
(il
Curzio)
il
mini-
con preghiera di comunicare la sue istruzioni a la Gran Corte per l'esemplare punizione dell' imputato ,,. Ma la polizia stero di grazia e giustizia
di Salerno
non
evasiva, e
come
fosse
si
contentava di questa risposta
se la sua lettera precedente
non
abbastanza chiara, volle mettere da parte
ogni riserva, e spiegare nettamente
Replicò quindi
:
"
Con
la
mia
il
suo pensiero.
lettera precedente ac-
cennai alla Commissione per
le
legnate che, tro-
vandosi salutarmente stabilita con sovrano rescritto fu poi con ministeriale del 10 febbraio 1848 a firma di Poerio ordinato che più
non
si
riunisse
„ (1).
Di tutta questa faccenda era stato informato intanto il maresciallo Palma, il quale, visto che non si giungeva ad una risoluzione, stanco degli indugi, riori
dotto
fece a
ed ordinò nel
meno
del permesso
le legnate. Il
piccolo
cortile
delle
carceri,
legato con le natiche scoperte sovra
(1)
Archivio di Salerno,
ivi.
dei
supe-
povero Carzio, con-
venne
un cavalletto
53
legno ed,
di
in presenza
subì trenta colpi
''
laconico
questo
vasi
degli
bacchetta.
di
altri
Negli
documento che
detenuti, atti
tro-
trascrivo:
Amministrazione delle prigioni centrali di Samarzo 1850. Dietro ordine del mare-
lerno, 13
campo comandante
sciallo di
Principati, alle ore
del
si
territoriale dei
due
sono fatte eseguire questa mattina
14 d'Italia trenta battiture in persona
detenuto
Andrea
Curzio.
L' amministratore
D. A. Vairo „ (1). VII. Il governo, per tenere a freno in cui continuava sempre
una sorda
il
Cilento
e minacciosa
1848 una colonna mobile comandata dal tenente colonnello Giosuè Ritucci. Questi percorse per lungo e per largo la contrada, e finché vi rimase non occorsero novità. Egli però non si faceva illusione di avere domato gli spiriti ribelli del paese, tanto che scriveva da Vallo al comando dello stato agitazione, vi aveva spedito nel dicembre del
maggiore: "Il Cilento è fonte perpetua di disor dini e modello su cui si regolano le altre Provincie
„ (2).
Si voleva nella capitale porre finalmente
mine
al
un
ter-
continuo pericolo di moti insurrezionali
nella provincia mediante
cale ed energica, e
si
una azione pronta, radiF incarico appunto al
affidò
maresciallo Palma, in cui
si
nutriva molta fiducia,
Archivio di Salerno, ivi. Lettera del 4 gennaio 1849 al colonnello Garofalo, Archivio militare di Pizzofalcone, comando generale delle (1)
(2)
armi
al di
qua
del Faro, incartamento n. 29.
64
uomo da
sapendolo
mico
risoluzioni istantanee, ne-
le
mezze misure
di
e
di ogni blandizia. Tali
medesimi poteri straordinari concessi a i generali in capo di un esercito di operazione, i quali avevano " piena autoritĂ incarichi conferivano
su tutti
i
funzionari politici e militari della pro-
i
vincia, anclie superiori di
La
grado
(1).
â&#x20AC;&#x17E;
provincia di Salerno era veramente in un
periodo
costernazione e
di
putati eletti da essa tutti,
di
terrore.
meno
il
Dei
mandato
in carcere o latitanti in seguito a
de-
erano
Griuliani,
di cat-
tura e sottoposti a giudizio. In carcere da qualche
tempo l'Avossa ed regno od
all'estero
giĂ ministro
forti,
Positano,
il
dato
l'
Giannattasio
il
il
Bellelli,
dell'interno,
Abignenti,
il
nel
latitanti il
Con-
De Dominicis,
il
Truci-
Bottiglieri.
Carducci, in prigione o
il
:
Mazziotti,
il
fuggiaschi
tutti
movimenti di gennaio e di luglio, e tutti coloro che vi avevano avuto parte notevole. In carcere il Pironti deputato nella prima elezione i
capi
dei
poi giudice della
Centinaia di
da
i
Gran Corte
famiglie
si
sentiva in
mal represso fremito
Palma
di
quindi
Lavoro. lontane
mezzo a
le
no
popolazioni un
di rivolta.
diresse specialmente l'opera sua al di-
stretto di Vallo di cui
(1)
Terra
loro cari, nelle angoscio e nei timori. Ciò
nostante
Il
di
vivevano
Ordinanza
di S.
nelle sue
M. per
il
relazioni diceva
governo,
il
:
servizio e la
disciplina delle reali truppe nelle piazze, dell'anno 1831,
Archivio militare di Pizzo falcone.
55 " è
stato
Non elle si
sempre l'avanguardia della rivoluzione
„ (1).
bastandogli le tante carcerazioni, egli ritenne '^
per migliorare
pubblico nel distretto
lo spirito
dovesse assolutamente relegare nelle isole tutti contrada
gli attendibili della
„ (2).
Procuratosi da
l'intendente Valia l'elenco di essi e in generale degli
complicati
individui
luglio,
li
fece subito
buona scorta
muni
nelF insurrezione
arrestare
e
spedi
li
de!
sotto
o
li
confinò in altri co-
di diversa provincia.
I
due
nelle
isolo
o Felice Q-iordano dal
comune
di
fratelli
Pietro
Ceraso vennero
relegati nell'isola d'Ischia, tentarono di evadere ed allora il Palma li mandò a Ventotene, come luogo più sicuro e meglio custodito. Ottavio Vallante,
liberale
designato
vallese,
per
la
rele-
gazione riusci a fuggire dal regno e riparò a Fi-
donde potette tornare nel regno soltanto il 25 giugno 1855, in s'3gtnto
renze,
parecchi anni dopo,
a grazia sovrana concessa per preghiera di suo padre Michele Vallante. Proposti per l' invio nelle isole
erano anche G-ennaro Pagano di Pisciotta,
Biagio
De Gregorio
e
Francesco Oricchio; ignoro
Palma confinò a Potenza barone G-. B. Bottiglieri, antico liberale che aveva accolto nel suo comune, a Petina, le bande però se vi andarono.
Il
il
del Cilento
(1)
(3),
ed a Laviano Raffaele Pessolano
Archivio di Napoli, mmÌBtero di polizia, fascio 212,
incart. 4164. (2)
Così erano chiamate
le
persone
politicamente so-
spette al governo. (3) Il Bottiglieri
era ancora a Potenza nel 1854.
56 di Atena che si era mostrato benevolo ad esse (1). Nei documenti del tempo trovansi langhi elenchi
di persone arrestate, tra cui
il
dott.
Mcola Bruno
Giuseppe Gruzzi di Policastro, Michelangiolo Bove di Sala Consilina, Francesco di Piaggine,
il
sac.
San Mauro
Petillo di
Cilento
(2),
Raffaele Coccoli
dopo parecchi mesi
di Sessa Cilento. Questi,
prigionia nel Castello dell'Uovo, fu liberato
febbraio 1849 perchè non carico contro
venne
di
si
ma
nuovo arrestato
Dopo
Vili. necessari
di lui,
il
di
23
potette accertare alcun
trascorso qualche anno (3),
questi primi provvedimenti ritenuti
accompagnato dal comun giro nel Vallo per operare un secondo disarmo maresciallo,
il
missario di polizia Lubrano, intraprese distretto di
ed adottare in ciascun comune le misure opportune. Cominciò, il 3 gennaio 1850, dal capoluogo. Rimosse da l'ufificio il sindaco Alessandro Pinto, impose al vescovo di mandare per gli esercizi spirituali nel
convento dei cappuccini in Eboli
nonico Vincenzo De Laurentis dini, tra cui
(1) Il
l'
(4),
il
ca-
arrestò vari citta-
ingegnere Angelo Raffaele Passero.
Pessolano, figlio
di Saverio
Arcangelo, uno dei
più ardenti carbonari del 20, era stato lerno
il
arrestato in Sa-
29 settembre 1849 (processo Aletta). Era ancora
a Laviano nel 1856. (2)
Archivio di Napoli, ministero di polizia, atti dal 1848
al 1850, fascio 304, incart. 7013. (3)
Arrestato di nuovo nel 1851, liberato
il
10 febbraio
dello stesso anno, poi arrestato per la terza volta. (4)
Archivio di Salerno, carte sparse, fascio
mento
474.
4,
incarta-
57
Per
atterrire
maggiormente
ciò a dare nelle
legnate
che
(1).
la
popolazione comin-
pubbliche piazze lo spettacolo delle
Con ordinanza del 6 marzo 1850 dispose
gli abitanti del distretto di
Vallo non potessero
allontanarsene (anche nell'ambito della provincia)
senza carte di passaggio e minacciò di arresto im-
mediato
tutti coloro
che non
le avessero (2).
Nel distretto erano frequenti i reati. Le rivolte del gennaio e del luglio avevano lasciato lungo strascico di disordini, di odii, di vendette ed ave-
come purtroppo avviene
moti pò polari, sollevato ed insuperbito parecchi malvagi. Malfattori comuni, e della peggiore specie, ave-
vano,
in tutti
i
vano assunto, ed ostentavano sfacciatamente idee e veste di liberali nello stesso modo che dopo la rivoluzione del 1860 non pochi delinquenti tennero a passare per
fautori della dinastia caduta. Molti
di quei tristi arnesi
venivano ricercati da
pubblica non solo per zione,
la
la forza
complicità nell'insurre-
ma principalmente per violenze e ruberie. Ad
onore del vero è duopo riconoscere che nella larga applicazione
delle legnate che
il
maresciallo fece
nel distretto nessuno di quelli,
che onestamente avevano preso parte a i moti, fu sottoposto ad esse: vennero invece inflitte a individui colpevoli forse di reità politiche,
comuni od
(1)
ma
sopra tutto di misfatti
ascritti a sette locali,
Racioppi, Storia dei moti della
che erano asso-
Basilicata e
delle
Provincie contermini, pag. 29. (2)
Archivio di Napoli, miniatero di polizia, carte dal
1848 al 1850, fase. 241.
58 ciazioni di malfattori e
comunistica
litica e
facevano propaganda po-
(1).
Palma, sbrigatosi del capoluogo, si mise in del distretto con una compai comuni gnia di sbirri comandata dal capitano Umbeli a la quale erano addetti Talùere Farina tenente di gendarmeria, e Benedetto Giambone di Montella, promosso da breve tempo ad ugual grado per il 11
giro per
(2). Facevano codazzo a tale compagnia parecchi degli antichi gendarmi espulsi o fuggiti durante il
suo fervore nella persecuzione dei liberali
moto
di
luglio e qualche lido
capourbano sma-
nioso di rappresaglie e di vendette.
Questa turba andava di paese in paese pretesto di cercare armi, devastava masserizie,
insolentiva
contro
imprigionava non soltanto 1
aglio,
ma
anche
i
i
e,
sotto
le
case e le
pacifici
cittadini,
capi della rivolta del
gregari, gente spesso inconsa-
pevole che, appartenendo a la guardia nazionale,
aveva seguito per obbligo di disciplina
i
propri
ufficiali.
Spesso, allorché non si rinvenivano armi e si credevano nascoste, il capitano degli sbirri imponeva a i proprietarii delle case i così detti piantoni,
cioè soldati che
prendevano alloggio
in esse
e vi restavano a carico del loro ospite, e con una
retribuzione giornaliera finché questi
(1)
Tra
tali sette
non
quelle denominate la crosca e la fra-
tellanza. (2j
avesse,
Archivio di Salerno, fascio 34-5, voi.
8*>.
59
pur procurandosele altrove, come soventi avveconsegnate le armi che si pretendevano. Non descriverò il passaggio di questa banda
&ia
jìiva,
paesi
nei vari
continuo
le
medesime
e
sopruso
al
ed uniforme
il
metodo
procedeva con ogni vioritiro delle armi da i citta-
che teneva quell'orda lenza
di
documenti del tempo
cose. I
incompleti. Unico
sono
per non ripetere
Cilento
del
:
arrestava tutti gli individui sospetti, rimuo-
dini,
veva da l'ufficio i sindaci ritenuti poco devoti al governo assoluto, infliggeva le legnate (1). Il commissario di polizia Lubrano, che accompagnava il maresciallo, scriveva il giorno 28 al governo, magnificando la virtù delle legnate: " Tale misura è di
un
effetto
del Cilento
La
„
mirahile e potrà
influire nel
resto
(2).
frequente somministrazione delle legnate non
destò nella capitale alcun clamore,
tamente
illegale.
comunque
in alto la rimozione
dei sindaci
per la quale
maresciallo non aveva veruna facoltà. dell'interno
aper-
Invece diede luogo a rimostranze
ammoniva che
la
Il
il
ministro
rimozione dei
sin-
non dovesse avvenire che con le forme stabilite da la legge e con provvedimento dell' au
daci
chiamare in Napoli commissario di polizia Lubrano per dare chia-
torità competente. Il re fece il
rimenti e
(1)
A
riferire
su
le
condizioni del
distretto
Rutino vennero applicate a quattro persone
il
25 gennaio 1850. (2) Archivio di Napoli, ministero di polizia, carte dal 1848 al 1850. fase. 212 e 241.
60 di Vallo.
Ma
il
Palma, soldatescamente, non
cu-
si
rava di qualsiasi monito del governo e scriveva
Lubrano: è proprio da ridere che nel mentre da noi si perde la salute e la pace in luoghi si tristi, da gli altri si vada trovando la legalità. Vi prego di dire al re (D. Or.) che con questa canaglia anziché piegarmi mi spezzerò „ (1). E continuava imperterrito con gli stessi metodi. Meravigliato dei costumi poco morali dei preti, che chiamava pietra dello scandalo, supplicava il governo " a volersi benignare di mandare
in quei giorni al
nel distretto
''
un vescovo rigoroso per
vedere e rialzare
ed oppressa
.,.
Proponeva per ragioni
per migliorare
rav-
farli
la forza della religione avvilita
la
militari e
contrada la costruzione di un
ponte sul Sele e di un altro sul fiume Alento. Vili. Risorsero ad aiutare Topera degli sbirri le cosi dette
squadriglie, che, formate verso
il
184:6,
erano poi scomparse a V avvicinarsi del periodo costituzionale.
Ne facevano
parte uomini turbolenti
Nel una coman-
e tracotanti, spesso già noti per gravi misfatti.
distretto di Vallo
ne sorsero due
data dal cav. Q-iuseppe Pascale
l'
:
(2),
Narra
il
D'Ayala che
il
dal
l'altra
cav. G-iuseppe Melchiorre Vairo di Piaggine
(3).
Pascale ebbe l'onore
Gaeta dal re Avete voi il co-
di essere ricevuto nella fortezza di
che
gli rivolse
queste parole:
"
raggio e Parte di schiacciare la testa a tutti
(1) Ivi, fascio 212. (2)
Ne ebbe
(3)
Costituita
il
comando il
il
15 luglio 1849.
18 dicembre 1849.
i
li-
61
Ebbene andate!
berali delle vostre parti?
verete colà
voi tro-
tenente di gendarmerìa Grambone,
il
da semplice caporale, che era, tra poco sarà colonnello e molto ricco,, (1). Così l'accorto sovrano con l'attrattiva della poil
quale, per
i
suoi meriti,
tenza e della ricchezza inspirava a
un
fanatico zelo
suoi satelliti!
i
I componenti delle squadriglie ascendevano ad una cinquantina per ciascuna, ed erano pagati venticinque o venti grana al giorno (2). Portavano
giacca con
filetti
rossi
e
pantaloni bigi, berretto
militare, fucile e scudiscio. Perlustravano
i
paesi,
banchettando senza mai pagare, spadroneggiavano dapertutto,
perquisivano
battendo, imprigionando
venne negli ultimi
La
le
maltrattando,
a loro talento. Così av-
di gennaio del
squadriglia Pascale con
stano invase quel
case,
comune
il
e
1850 a Rofrano.
suo sottocapo Orisi
diede
senza
al-
cuna ragione a bastonare per le vie ed anche nell'interno delle case chiunque incontrasse, senza risparmiare vecchi cadenti, deboli donne ed innocenti fanciulli
(3).
Anche più molesta e crudele era la squadriglia Vairo formata in massima parte da naturali di Piaggine. di Sala
Da
ogni parte dei distretti dì Vallo e
pervenivano
al
governo reclami
di citta-
D'Ayala, Vita del re di Napoli, pag. 42. grano corrispondeva a quattro centesimi. (3) Eapporto dell' intendente Valia del 1" febbraio 18B0Id. del sottintendente di Vallo del 21 gennaio (Archivio (1)
(2) Il
di Napoli, fascio n. 141 incart. IV, h.nno 1848).
62
come contro
dini contro di essa
bone
(1).
denti degli scherani driglia Vairo,
si
che,
furti e di violenze.
storo a le loro
componevano
prece-
i
la squa-
accertò per quattordici di essi pa-
imputazioni di
recchie
tenente G-am-
il
Dispostasi una indagine circa
Si
case
delitti e
ma
;
principalmente di
pensava a rimandare cogenerale
il
Palma
di-
chiarava con una lettera del 21 ottobre del 1850 "
Non
tordici,
di
espellere
che hanno imputazione di
reati,
tri
conveniente
reputo
da quel
corpo
di
o di
furti
armigeri,
:
quat-
i
per
al-
non
esporli a vendette e a persecuzioni, che certo sof-
frirebbero dai nemici dell'ordine, contro
hanno prestato
efficace opera, e però
viso di conservarli nel
vanza della rigorosa li
loro
posto
tiene soggetti e di licenziarli al
camento
â&#x20AC;&#x17E;.
A
questo parere
si
risoluzione del 6 febbraio 1851
Naturalmente nelle sue gesta.
sotto
disciplina, cui
il
i
quali
son di avl'osser-
loro
capo
menomo man-
attenne
il
re
con
(2).
famosa squadriglia continuava Nel giugno del 1851, sotto pre-
la
una guardia urbana di Piaggine, tale Angelo Capriccio, si fosse mostrato insubordinato, il Vairo lo fece afferrare da i suoi satelliti, legare su uno scanno in mezzo a la pubblica via testo che
e gli fece dare le legnate. Il giudice regio di Laurino ncn ometteva di denunziare il fatto a i suoi superiori (3), che gli ingiunsero di proce-
anno 1848, fascio 3141,incar. 16. Rapporto del 16 giugno 1851, Archivio di Napoli, anno
(1-2) Archivio di Najyoli, (3)
1848, fascio 3141, incart. 16.
63
dere contro
il
colpevole. Il magistrato
obbediva,
comandante della squadriera molto prepotente e gli aveva rivolte mi-
osservando però che glia
il
naccie: chiedeva quindi di essere garentito
conoscenza
re
venuto
1°
luglio 1851,
a
che
il
del
maresciallo
Palma commise
De
derico di
Lozza,
il
Palma avesse
represso l'abuso e punito severamente 11
(1). Il
ordinò,
fatto
Vairo
(2;.
tale incarico al capitano
Fe-
che
comunicò
il
maresciallo
al
avere messo a gli arresti fino a nuova dispo-
sizione
il
Vairo,
" il
cui agire del tutto dispotico,
ed abusivo metteva nell'animo di tutte
illesale
autorità indignazione e dispetto
regio aveva già iniziato sciallo
messo
di
il
Vairo a
il
gli
Il
(3).
un processo
11 luglio 1851
non conviene
„
;
ma
mare-
il
scriveva: "L'aver
perchè
gli arresti è sufficiente,
avvilirlo a fronte deìVidea
demago-
quale è tutta intenta a malignarlo
gica, la
covrirlo di nere calunnie re l'ordine di sospendere
„.
le
giudice
ed a
Implorava quindi dal
qualsiasi procedimento,
e cosi fu risoluto (4).
Non con
i
si
mostrava da meno
suoi gendarmi, tra
i
per ferocia un tale sergente gio 1851
si
il
tenente
quali
si
Gambone
distingueva
Grallo. Il di
8 mag-
presentava in uno stato miserando al
sottintendente di Vallo un certo Carmine Cortazzo,
che dopo poche parole cadeva svenuto.
(1)
Lettera sua del 30 giugno 1848,
Si seppe
ivi.
(2) Ivi. (3)
Lettera del De Lozza del 3 luglio 1851,
(4) Ivi.
ivi.
64
aveva crudelmente bastoma anche il padre di settuagenario, nell'abitato di Cannalui vecchio longa. Il sergente venne soltanto sospeso da l'ufficio (1) perchè a suo favore si diede ad agire prontamente il maresciallo, il quale inperversò in provincia di Salerno fino al 3 gennaio 1852 quando un ordine del governo lo destinò al coche
il
sergente Gallo
nato non solo
mando
Cortazzo,
il
assai più importante, della provincia e della
piazza di Napoli
(2).
(1) Ivi.
(2)
lerno
reale
Archivio militare di Pizzo falcone.,
di guerra, 1° ripart. 2° carico, il
marescialle
Emanuele
poi di colera in Napoli
il
n. 58.
Lo
di Gaeta, li
2 agosto 1854.
segreteria
[sostituì a
Sa-
Palma mori
CAPITOLO Le prodezze
—
Sommario. teriori -
denti - Gli
—
sare
IV.
—
III.
Il
si affida
Il
uno
De Cesare II. La
sbirro. -
Sue vicende annon riesce sergente Vignes - Suoi prece-
Salvatore
I.
Sua latitanza
a scovarlo
di
III.
—
polizia
l'incarico dell'arresto del
Vignes
si
accinge a l'impresa
-
De
Ce-
Riesce
a scovrire l'asilo del De Cesare - Crudele morte di questo - Artifìci del sergente per simulare un conflitto
— V.
Elogi del governo al Vignes
in Salerno per l'uccisione del
comando
De Cesare
-
-
Fermento
Indagini del
militare - Risultati di esse - Proteste della
gendarmeria
Commette un
di Salerno
—
VI. Baldanza del Vignes -
giudiziarie su morte del De Cesare - Esitanze della magistratura - Decisione della Gran Corte che si dichiara incompetente — VII. Sollecitazione del processo da parte degli orfani De Cesare innanzi al Consiglio di guerra - Ordine reale per troncare il procedimento - Decisione della Gran Corte favorevole al Vignes per il secondo delitto VIII. Tramutamento del Vignes a Catanzaro - Partenza di lui nel 1860 per Napoli - Arresto del medesimo - Giudizio a carico del Vignes - Condanna di lui - Sua morte nell'ergastolo. altro
delitto - Indagini
la
—
Viveva da parecchi anni a Salerno un tale De Cesare nato a Palermo nel 1809. Egli aveva sposato una giovane salernitana di civile famiglia, Fiorentina Ferrigno, da cui aveva avato quattro figli. Poco si conosceva dei suoi I.
Salvatore
5
66
anni giovanili
diceva che verso
si
;
il
1841 avesse
disertato da l'esercito, riportando per questo fatto
una grave condanna condonatagli dopo breve
car-
cerazione.
De
Il
Cesare, conduttore
che da la stazione
stale,
della
diligenza
po-
Nocera (ove allora
di
terminava la ferrovia) andava a Salerno, aveva per il primo portata in quest'ultima cittĂ la no-
Sovrano del 29 gennaio. Arrestato
tizia dell'Atto
per alcune ore e poi messo in libertĂ , aveva preso parte a la grande dimostrazione di giubilo avve-
nuta in Salerno per
la
promessa delio
statuto.
lo scoppio dell'insurrezione di luglio nel
era
ad
corso
unirsi
con
rivoltosi e
i
seguiti nel Vallo di Diano, Si
A
Cilento li
aveva
sapeva anzi che
il
giorno 9 con alcuni compagni aveva assalito, presso Sala, la corriera postale e si era impadronito della
corrispondenza del sottointendente
Sopravvenuta pose a tutti continente
il
il
e che gli
reale im-
rimpatrio nel termine di tre giorni di
De
sua famiglia?
l'isola
(1).
un ordine
Siciliani complicati nelle rivolte del
minaccia
sotto
rovina per la
i
la reazione,
E
gravissime Cesare! il
modesto
dava da vivere?
pene.
Una
vera
Lasciare Salerno!
E
ufficio
E
che teneva
come tornare
nativa senza impiego e senza mezzi?
Lo
nel-
sven-
turato sperò nella revoca dell'iniquo ordine o che
scemasse
il
rigore, e
di aver trovato
(1)
lume
Ho lo,
un
si
tenne nascosto. Credette
sicuro ed impenetrabile asilo
raccontato questi precedenti nel Carducci, vopag. 116.
67
una piccola grotta
in
(1)
posta tra
montagne
le
presso Montecorvino Rovella, e propriamente a le falde del
monte detto Calatala, nel territorio del Gauro (2), La grotta era chiamata
villaggio di
allora del Mossuto, dal
nome
del proprietario del
terreno circostante. In quell' antro
passava
Gauro per
suoi amici liberali,
cesco Mazzarelli.
Cesare
recava spesso nel
la giornata; la sera si
vicino villaggio di
De
il
Domenicantonio Foglia
La
due Fran-
trattenersi con e
giovine moglie, per quanto
poteva, gli inviava biancherie e vitto. Il vivere,
e
i
pericoli,
lontano
per
le
dai
suoi
cari, tra
ricerche
insistenti
darmi, era un vero martirio per stanco, avvilito,
per
mezzo
il
De
le
ansie
dei
gen-
Cesare, che
moglie
della
conoscenti impetrava dalle autoritĂ locali
Ad
vacondotto per presentarsi. tormenti sopraggiunse contro di lui
il
il
accrescere
e
dei
un
sal-
i
suoi
mandato di cattura emesso
17 novembre 1848.
II. Trascorsei'o cosi
lunghi mesi.
Le
indagini dei
gendarmi erano continue, giornaliere: la polizia nulla aveva omesso per scovare il De Cesare, parecchi suoi confidenti erano in l'asilo.
Tutto
quella
caverna
invano:
moto per conoscerne
nessuno aveva pensato a perduta tra i monti.
ignorata,
Dei continui insuccessi di queste lunghe ricerche
(1)
Larga venti palmi, lunga
dieci, alta
poco
meno
della
statura media dell'uomo. (2) Il
un
tale
proprietario del terreno e della grotta era allora
Domenico Amato detto
tiene ad Antonio
Amato
il
fu Nicola.
Mossuto. Ora appar-
68
Salerno
le autorità di
cavano da di
mal
si
sentivano umiliate; non man-
parole di sorpresa e di sdegno o
celato sarcasmo. Possibile che
scisse in di
l'alto
nessun modo a penetrare
un disgraziato privo Il
il
non
riu-
si
nascondiglio
mezzi e di relazioni!
di
ministro della guerra specialmente insisteva
per l'arresto tanto che
De
del
Cesare,
l'
antico
De
capitano Grirolamo
il
disertore;
Liguoro, coman-
dante la gendarmeria nella provincia, scriveva in Na})oli:
"
al
È
De
guerra l'arresto di tale tante, per
inaudite
Cesare, siciliano, lati-
ribalderie
in
Montecorvino „ (1). II L Tra i più feroci e zelanti era allora
il
comandante generale dell'arma stato impegnato dal ministero della
3 agosto 1849
un
Saverio
tale
giovine esercitato
sbirri di
Salerno
Vignes, sergente
Nato in Salerno
gendarmeria.
circondario di
il
di
1813, aveva da
mestiere di calzolaio, che ab-
il
bandonò nel 1838 quando usci in leva. Assegnato a la gendarmeria, aveva ben poco progredito nella carriera, raggiungendo il 1° gennaio 1849 il grado di caporale e qualche mese dopo quello di secondo sergente
Aveva
(2).
aspetto
volgare e sinistro:
volto rozzo e grossolano, naso grosso e prominente, sopracciglie nere e folte, orecchie bucate
st'uomo non
(1)
mancava però
di
acume
(3).
Que-
e di scal-
Archivio di Salerno, Consiglio di guerra P. C, 1849,
voi. 2".
Le
ribalderie consistevano unicamente nei prece-
denti politici del
De
Cesare.
(2 e 3) Filiazione di
Saverio Vignes di Francesco nel
processo per l'assassinio
guerra di Principato
del
Citra,
De
1849,
Cesare. (Consiglio voi. 2°).
di
69 trezza. Dolente della
non rapida
carriera,
smanioso
di miglior sorte, credette giunta la sua ora allor-
quando cominciò la reazione nella provincia. Più che a la repressione dei delitti comuni
si
pensava allora a colpire inesorabilmente le reità di Stato: in alto si tempestava per l'arresto dei più noti agitatori
Allorché la polizia riu-
politici.
sciva ad agguantarne qualcuno era
a la bravura degli
agenti, e
un coro
gratificazioni e le promozioni; se invece falliva,
non
si
di lodi
non mancavano
le
colpo
il
risparmiavano aperte censure e rim
proveri. Ciò stimolava specialmente lo zelo dei bassi
agenti che, pur di riuscire, non lasciavano intentati le
i
mezzi più disonesti,
minacce,
amici più tici. il
le
le violenze, gli arbitri,
più sfacciate corruzioni, tentando gli
fidi e
perfino
i
parenti dei ricercati poli-
In queste persecuzioni spiccava principalmente
Vignes, ardito, temerario, scevro di ogni scrupolo;
egli era
divenuto
nitana,
il
il
terrore della parte liberale saler-
beniamino delle autorità della provincia,
l'uomo di fiducia nelle imprese più scabrose.
A per
le esortazioni
ed a
le inutili ricerche
i
del
rimbrotti del governo
De
non ebbe più pace. Si pensò
Cesare
la
polizia
Vignes come al solo capace di scovarlo. Il capitano De Liguoro terminava una lettera al comando dell'arma con queste parole:
"
al
Solo la scaltrezza e l'attività del
sergente Viq-nes
potrebbe attuare
La prevengo
aver dato
di
loghe istruzioni
(1)
„
(1).
Processo suindicato, voi.
il
disimpegno.
al sottufficiale le
4°.
ana-
70
IV. Già da alcuni giorni Faccorto sergente aveva
ed è facile immaginare
con quanto entusiasmo. Vedersi designato proprio lui, tra tanti suoi compagni, a scoprire ed arrestare un ricevuto
l'
incarico,
reo di Stato che per oltre
un anno
era riuscita a sorprendere!
Un
non
la polizia
pronto successo lo
avrebbe certamente elevato nella carriera, mentre il non riuscire gli avrebbe tolto la protezione e Tutto
le grazie dei superiori!
il
suo avvenire or-
mai dipendeva dal successo! Con quali arti subdole riuscisse al Vignes di scoprire l'asilo del De Cesare non è noto. Rapidamente, in due o tre giorni, giunse a penetrare un mistero rimasto por un anno impenetrabile a Certo corruppe qualamico dello sventurato! Balzando di gioia
tutti gli sforzi della polizia
che
!
a la confidenza ricevuta,
senza far trapelare ad
alcuno
egli
il
prezioso segreto,
pagni neir impresa, che più
suoi
fidi,
il
si
caporale
com-
per
scelse
proponeva, alcuni dei Pellegrino
Pelosi
di
Avellino e quattro gendarmi, cioè Sebastiano Tolomieri della stessa
Leopoldo Langella di e Ferdinando fece travestire da cac-
città,
Barra, Carlo Gruaragna di Sangro
Giordano ciatori.
di
Cava, e
Presentatosi
il
li
12 agosto del 1849
al
giu-
dice regio di Montecorvino, Bernardo Fischietti
(1),
Divenuto poi famoso perchè si trovò giudice regio di Vibonati quando vi sbarcò Carlo Pisacane con la sua spedizione nel luglio del 1857. Il Fi(1)
nel
mandamento
scbietti scrisse, per farsi
merito presso
i
superiori,
un
opuscolo apologetico dell'opera sua in quella circostanza.
71
ottenne da
guida
mediante un ordine superiore, una vicine, un tale Crescenzo
lui,
nelle
montagne
Di Vece, nativo
La mattina
ogni distintivo militare,
anch'egli i
dipendenti e con
suoi
A
monti. sare
del luogo.
seguente, di buon'ora, nascondendo
la gu^.da
avviò con
si
a la volta dei
De
breve distanza dal ricovero del
lasciò in
vedetta
Ce-
gendarmi Langella e
i
Il povero profugo, senza sospetto, stava inerme a l'entrata della grotta sboccon-
Giordano. solo ed
un pezzo
cellando
mente
si
pane, quando improvvisa-
di
vide dinanzi minacciose e terribili
le
figure ben note del Vignes e dei suoi compagni.
E
volto del temuto sergente rivelava la gioia fe-
roce di aver raggiunto la preda. Il
prima nente
allibì,
gittò in ginocchio
si
De
Cesare da
quindi compreso del pericolo immi-
invocando
la
Madonna
del Carmine; e piangendo supplicava per la vita. Il
crudele sbirro,
non commosso menomamente a
quella vista, fermo nel suo efìerato proposito gli "
gridò:
non muoverti, carogna
fucile contro
il
De
Cesare
gli
„
e
puntando
ciapelo. Altrettanto fecero a varie riprese
rale ed
i
due gendarmi.
suolo agitando in alto
Non il
L'infelice
le
il
sparò quasi a bruil
capo-
cadde bocconi
al
braccia.
isfuggiva a la mente perspicace del Vignes
pericolo, cui
andava incontro,
cesso per assassinio;
ma
lo
di
un grave pro-
incoraggiavano l'im-
punità dei molti soprusi commessi,
le alte prote-
zioni acquistate. Volle, per ogni eventualità, pre-
munirsi simulando un il
fucile
conflitto.
ancora carico e
Tolse a la guida
lo esplose
forando
il
prò-
72 prio cappello; quindi con cinica calma, lasciato fucile a fianco del cadavere, prese
cui restinto
gli
altri
colpi di fucile
i
trassero in
si
il
pane,
pose l'arma tra
due gendarmi, che,
spettacolo, telli
A
del cadavere.
il
coltello di
era servito per affettare
si
tagliò la giacca del Pelosi e
mani
il
le
accorsero
inorriditi a l'atroce
un vicino
caprile dei fra
Amato.
Raccolti
i
compagni,
suoi
riprese la via, e tornò a
sergente
feroce
il
Montecorvino, ove con
maggiore disinvoltura narrò al giudice regio avendo rinvenuto su la montagna il De Cesare, questi a l'ordine di arrendersi aveva fatto
la
che,
ripetutamente fuoco e il
coltello in
prova del
una
mano
si
era quindi avventato con
contro la forza. Mostrava quale
conflitto
giardo racconto assistevano
due dei quali però non a l'eccidio; gli
da Al bu-
proprio cappello forato
il
palla e la giacca del caporale lacerata.
altri tre
si
i
seguaci del Vignes,
erano trovati presenti
complici del triste avveni-
mento confermavano per proprio
interesse le pa-
role del loro capo. Il
giudice
si
recò
prontamente
luogo
sul
procede ad un verbale particolareggiato,
vendo
la posizione del
luoghi.
Non si rinvenne addosso
somma
;
cadavere
eppure era noto a
al
e
lo
stato
De Cesare
e
descri-
dei
alcuna
la famiglia dell'estinto
una cintura con alcune doppie d'oro procurategli a grande stento che questi portava
ai fianchi
e destinate a subornare gli sbirri in caso di sorpresa. Si disse in seguito che fosse impadronito
il
Vignes.
di
quel denaro
si
73
Per ordine del giudice l'ucciso venne trasporsu di una scala a la chiesa di S. Maria della Pace in Montecorvino. Al passaggio del
tato
cadavere nelle vie del villaggio di Gauro
assi-
mezzo a la folla il Vignes, che ripeteva astanti come si fosse salvato miracolosa-
steva in a gli
mente da i colpi fatto come d' una
del
De Cesare
e
brillante vittoria.
si
gloriava del
La
perizia
me-
dica, eseguita presso la chiesa, accertò su l'estinto
ben nove
ferite
tumulata nella
d'arma da iuoco. La salma venne chiesa
parrocchiale di S. Pietro
apostolo in Montecorvino Rovella
V.
Le
finsero
autorità
del
di prestarla,
(1).
tempo prestarono fede, o a la impudente invenzione
del conflitto. Il segretario generale dell'intendenza di Salerno, Nicola Dommarco, che reggeva allora r intendenza, non avendo ancora il nuovo titolare,
cav. Valla,
nominato appunto
in quei giorni, preso
possesso dell'ufficio, riferiva in data del 21 ago-
1849 al governo il preteso conflitto e soggiungeva: " Debbo raccomandare caldamente all'È. V. il sergente Vignes, che merita ogni consto
siderazione anche perchè olire sempre novella prova di coraggio e zelo per il reale servizio. Del pari giustizia esige che io raccomandi
nato caporale Pelosi che
(1)
si
e le altre
distinsero nel rincontro „
succen-
guardie
(2).
Libro dei defunti della chiesa, libro 5o, fol. 20, si legge « violenter interfectus
13 agosto 1849. Nell'atto a militibus (2)
il
indicate
».
Processo indicato, voi.
4».
74
ministro di polizia,
Il
gnalava
comandante
al
Winspeare
giorno successivo, se-
gendarmi brigadiere
l'accortezza, l'energia,
raggio del Vignes
Non pare
presa.
il
dei
e dei
suoi
in vero che
il
il
singolare co-
compagni nell'imWinspeare fosse
molto entusiasta del sergente, perchè il 16 settembre rispondeva freddamente al ministro " Avendo :
riguardo a
i
servizi renduti dal
secondo sergente
Saverio Vignes ed in grazia di questo titolo l'ho promosso non ha guari al suo impiego attuale â&#x20AC;&#x17E; (1). Queste parole mostravano che il Vignes non avrebbe
per alcun altro
La
meritato la promozione.
titolo
terribile a la sventurata
dre di
i
quelli
che
accrebbe
i
Il
non
aveva il
dello
grande
preoccupato da
un
il
De
Cesare e la sua famiglia
di larghe simpatie.
comando
dava colĂ
non avevano preso parte al un vivo fermento
sospetti ed
sorse in Salerno, ove
godevano
l'asserita resistenza.
sfuggita ai gendarmi, probabil-
Qualche parola
mente a
dell'estinto. Il pa-
parenti, sapendo l'animo mite del
non credettero a
Cesare,
delitto,
moglie
Michele Ferrigno, un bravo albergatore
lei,
salernitano, ed
De
giunse improvvisa e
notizia dell'assassinio
stato
maggiore, che
tenerezza
le voci diffuse
per in
i
allora
gendarmi,
Salerno,
man-
3 settembre 1849 per una indagine
ufficiale dello stato
maggiore,
legrino, giovine ed onesto
il
tenente Pel-
militare,
stimato per
ingegno e coltura. Questi, agendo con molto ac-
(1)
Nota del ministro
n. 2055,
di
polizia
processo indicato, voi.
4o.
del
22 agosto 1849,
75
corgimento, riusci ad ottenere dal caporale Pelosi l'aperta confessione della verità,
senza
a
reticenza
che oramai
meria
che
il
mano
Vignes ed
i
all'inganno.
sponsabilità,
i
forse anche
e
notizia
Un
pro-
suoi complici avrebbe
ed esposto a
colpito di discredito l'intero corpo
gravi umiliazioni,
La
vide esposta al biasimo ge-
si
nerale per aver tenuto cesso contro
manifestò
la
turbò la gendar-
tutto era scoperto
di Salerno,
e
superiori.
suoi
i
a
qualche re-
superiori diretti del sergente.
E tutto
opera di un ufiQcialetto loquace, privo di
ciò per
ogni esperienza, dimentico di ogni solidarietà
!
Il
capitano della gendarmeria di Salerno invocava,
con lettera del 7 settembre, l'opera energica del
comandante generale dell'arma, per evitare un processo, facendogli notare lo scandalo ed
more che ne sarebbero
venuti, e
tro l'imprudente ufficiale che verità.
Soggiungeva che
" si
si
cla-
il
scagliava con-
aveva palesato avute
sarebbero
la le
tristi conseguenze a discapito dell'opinione governo per opera di quei medesimi che lo rappresentano, suscitando prove ed armi nelle
più del
mani
dei malcontenti e dei suoi nemici per
darsi all'assassinio
cludeva in
cosi:
"
!
Se
un importante
„ si
Il
vuole denigrare se stessi
servizio
reso,
ziativa a tutto altro potere e al
gri-
capitano indignato conspettava
l'ini-
rimaneva l'obbligo
tenente Pellegrino di respingere fino
il
sospetto,
a tutela degli interessi del comando territoriale e del Real
(1)
Governo da
lui
invece manomessi
„
(1).
Processo suindicato. La lettera porta la firma del
De Liguoro.
76
VI. Nonostante
venimento, tezioni,
non
il
rumore destato dal
tristo av-
Vignes, fidente sempre in alte pro-
il
continuò imperter-
anzi
scosse,
si
rito nelle sue gesta.
Era
allora evaso dal carcere
un tal Griuseppe De Maio condannato per reato comune, ed era riuscito con
di Castellammare
molta destrezza a sottrarsi a
le
santi degli sbirri, che scoraggiati
abbandonata
la
tembre 1849 un al governo (Ij. Il fatto
dettero
avevano quasi
speranza di riprenderlo.
durante la sua latitanza, uccise tale
M
inces-
ricerclie
Il
De Maio, 4
la sera del
set-
persona assai devota
,
destò grande sdegno nelle autorità, che
ordine al Vignes di
porsi
a la ricerca
del pericoloso latitante. L'intraprendente sbirro in-
sieme con alcuni suoi subordinati, tra losi,
sorprese
il
profugo
la notte del
i
quali
il
Pe-
17 ottobre 1849
presso Salerno in una tenuta dei signori Conforti detta la Sala ed
a tradimento lo uccise.
questa volta cercò di simulare un conflitto. sfatto parve
in
al
premio concesse a l'autore L'indignazione sollevata
la
De Cesare
essa ancora l'uccisione del
medaglia d'oro
nella cittadinanza
da
indusse l'autorità giu-
De
ignorando
Maio. L'istruttoria
Relazione del maresciallo Palma del 3 settembre 1849.
Comando (2)
mi-
(2).
diziaria a procedere per questo delitto,
(1)
Il
governo un'azione eroica, tanto che
del Real ordine di S. Giorgio
l'assassinio del
Anche
generale, n. 274,
fol.
2508.
Relazione indicata. In essa
sione avvenne per
il
si
legge che la conces-
conflitto del 17 ottobre 1849.
77
accertò che
il
apparteneva a
fucile posto accanto la
al
De Cesare
guida Di Vece, e che
non aveva opposto a
l'estinto
la forza
pubblica alcuna resistenza: appariva quindi manifesta la reità del Vignes e dei suoi complici ed inevitabile una con-
danna.
Condannare dei gendarmi per un grave probabilmente commesso con
delitto
il
pieno accor-
do del comando dell'arma, forse anche da questo ordinato! Promuovere un pubblico dibattimento da cui sarebbe venuto certamente un grave scandalo! La Gran Corte pensò prudentemente, con decisione dtl 22 ottobre 1849, di liberarsi subito del molesto processo rinviando gli imputati innanzi al tribunale militare come solo competente a giudicarli.
VII. Gli
De
atti del processo per l'assassinio del Cesare sarebbero rimasti certamente dimenti-
cati negli archivi, se la
vedova ed i non avessero continuamente
cidato
mezzo
figli
e
del tru-
con ogni
per il giudizio: a furia di suppliche raccomandazioni ottennero che la procedura per l'uccisione del loro congiunto fosse ripresa innanzi al Consiglio di guerra di Salerno. Il capitano Ferdinando Siciliani, commissario del re, insistito
e di
rinnovata l'istruzione, ne desumeva le prove più luminose della colpabilità del Vignes e dei suoi compagni. La guida Crescenzo Di Vece presente al fatto,
parecchi testimoni, che avevano udito da i il racconto dell'avvenimento, attestarono
gendarmi che
il
De
Cesare non aveva con sé alcuna arma il fucile posto vicino al cadavere
da fuoco, che apparteneva a
la
guida, e che
il
sergente aveva
78
• .
ad arte forato
proprio cappello e tagliato la tu-
il
nica del Pelosi
(1).
doveva vequando giunse da Talto ordine di sospenderla. Ma ciò non bastava affatto al Vignes, il quale sapeva bene che la vedova ed i figli dell'estinto non si sarebL'istruzione era ormai completa e
si
nire a la pubblica discussione della causa,
bero dati pace finché l'assassinio del loro diletto
congiunto non fosse stato vendicato. Egli insistette perchè
si
cesso. Il
troncasse assolutamente
29 agosto del 1850
ordinario di Stato la sua il
De
presso
da
riferito cosi: "
La prova
il
di essa
le
armi rinvenute
cadavere vi furono messe appositamente
la forza,
che
il
cappello del Vignes fu forato da i
suoi
compagni
un
e cosi pure
taglio della giacca e che lo schioppo rinvenuto
presso la
Su
(2).
specifica accertò che
Cesare era inerme e che
colpo tirato ad arte da il
domanda
procuratore generale della Gran Corte di Salerno
aveva il
pericoloso pro-
il
discusse in Consiglio
si
il
cadavere
era quello stesso che portava
guida della forza pubblica
„.
Il
verbale della
seduta del Consiglio di Stato prosegue in questo
modo:
" Il
generale comandante
la
divisione di'
Salerno ha manifestato che per non darsi dalo di vedere processata rivolgersi ai superiori
la
lo
scan-
forza militare crede
onde arrestare
il
corso del
giudizio, e difatti venne superiormente disposto di
(1) Dicliiarazioni di Crescenzo Di Vece, Domenico D'Amato, Pasquale Lepore e molte altre tutte concordi del 9 novembre 1849. (2) Ministero giustizia, anno 1850, 29 agosto, n. 4.
79
conservarsi la processura in quel dersi
il
comando e sospencorso del giudizio. Il ministro di guerra e
marina ha dichiarato che
gli ordini
per la sospen-
sione del giudizio vennero emessi da S.
M.
„
A mar-
gine del verbale è la consueta formula di decretazione del sovrano " S. M. ne resta intesa „. Il
Vignes intanto
inorgogliva
per
cessi nella persecuzione dei liberali e
suoi suc-
i
progrediva
rapidamente nella carriera, protetto e favorito costantemente da i superiori. Il 24 marzo era promosso primo sergente onorario e il primo luglio
1853 primo sergente
secondo
miva
il
o proprietario
processo dornei polverosi scaffali dell'archivio del Con-
siglio di
guerra in Salerno.
vamente intervenne al
titolare,
linguaggio di allora.
A
Il
troncarlo
definiti-
nel 1853 quest'ordine
mandato
capitano Benedetto
dei
Conti di Chiti, com-
missario del re presso quel Consiglio:
"
Comando
armi nella provincia di Principato citeriore, 2782, Salerno, 7 dicembre 1853 Sig. Capitano,
delle n.
—
S. E.
ministro di grazia e giustizia con venerato foglio del 3 stante, 3° carico, n. 10183, mi fa il
conoscere che S. M.
il re ha ordinato sospendersi procedimento della causa pendente contro Saverio Vignes e che non debba figurare più in avvenire.
il
Io la prego a dare adempimento a le cennate Sovrane risoluzioni. Il brigadiere comandante Ferdinando De Roberto „ (1).
(1)
Archivio di Salerno,
fase. 3361,
Gran Corte Criminale di P. C, Processo a carico del Vignes, voi. 6». Vi è l'ori-
ginale dell'ordine del Comando.
80
Dopo questo esempio
di alto favore e di scan-
dalosa impunità naturalmente l'istruzione per l'omicidio del De Maio procedeva tra infiniti ostacoli. I
più importanti testimoni, timorosi della potenza
piegavano a suo prime dichiarazioni, sicché da i nuovi atti appariva la morte del De Maio avvenuta in seguito ad un conflitto con i gendarmi. Uniformandosi a queste risultanze del processo, la Gran Corte criminale di Salerno con decisione del 22 marzo 1855 ordinava di consere delle rappresaglie del Vignes,
favore, disdicendo le
varsi gli atti in archivio per l'uccisione del "
avvenuta in Vili.
il
Di Maio
con la forza pubblica
conflitto
Sempre più insuperbito
„ (1).
del favore regio,
Vignes continuò nelle sue imprese, nonostante
l'aperto disprezzo della
Un
cittadinanza
salernitana.
sentimento di pudore indusse finalmente
mando
il
co-
dell'arma ad allontanarlo da Salerno, desti-
nandolo a Catanzaro, ove
il
l'omaggio dell860 con-
segui finalmente le sospirate spalline di ufficiale.
Scoppiata la rivoluzione
in
Calabria dopo
sbarco di Garibaldi sul continente,
primi di settembre, insieme con
sua compagnia e con
altri
il
il
Vignes a
lo i
capitano della
gendarmi, per timore
bea imbarcò nella marina di un brigantino denominato Raffaele
di vendette da parte dei liberali calabresi che
conoscevano Catanzaro su
le
sue gesta,
di
si
che faceva vela per Milazzo e di poi
(1)
Napoli.
Gran Corte Criminale di P. C, Processo a carico del Vignes, voi. &^. Vi è l'ori-
Archivio di Salerno,
fase. 3361.
pt^r
ginale dell'ordine del Comando.
81
Questa fuga venne a conoscenza del direttore Giuseppe Arditi che sollecitamente in-
di polizia
formava,
con lettera del 14 settembre 1860, il polizia di Napoli del prossimo approdo del famigerato tenente. Il brigantino giunprefetto
di
geva il
infatti nel porto di Napoli il giorno 19, ed commissario di polizia delegato a lo scalo ma-
rittimo arrestava
il Vignes e gli sequestrava varie armi che questi portava seco; quindi, per ordine
superiore, lo spediva sotto buona scorta a le prigioni di Salerno a disposizione dell'autoritĂ giudiziaria. Il Vignes nel suo interrogatorio addusse di essersi imbarcato a Catanzaro, in seguito ad autorizzazione ottenuta dal pro-dittatore Greco, per prendere servizio in Napoli aggiunse che come ;
ufficiale di
gendarmeria aveva
piena
facoltĂ
di
asportare armi.
In Salerno era ancora vivo il ricordo delle prepotenze e dei delitti di lui. La famiglia del De Cesare, specialmente
il
maggiore dei
figli.
giovine di dieiotto anni, che esercitava
il
Michele,
mestiere
di gioielliere, supphcava calorosamente per la ripresa del processo a carico non solo del Vignes
ma
anche dei complici
Due
(1).
di costoro erano giĂ morti,
il
gendarme Lan-
27 marzo 1853 in Barra (2), il Guaragna il 14 aprile 1859 in Cava (3). Del caporale Pelosi e del Tolomieri riusci vana ogni ricerca: si diceva gella
(1) (2) (3)
il
Sue istanze, tra cui una del 9 gennaio 1861. Atto di morte di pari data, n. B2. Idem, n. 55.
82
entrambi da quatad una banda di bri-
in Avellino, loro patria, che tro mesi
si
fossero
uniti
ganti. Il Vignes sfacciatamente
parte a l'uccisione del
De
negava ogni sua
Cesare, studiandosi di
gettarne la responsabilità sul Pelosi. Inoltre in-
vocò l'amnistia concessa provincia di Salerno
dal
il
3 settembre 1860 in
prò- dittatore Matina,
il
rescritto sovrano del 1853, la prescrizione, e subor-
dinatamente dell'art.
la giurisdizione militare a
62 dello statuto penale
i
termini
dell'esercito.
La
Grran Corte criminale respinse queste eccezioni con decisione del 18 giugno 1861. Egli ricorse a la Su-
prema Corte
di giustizia di Napoli, che
successivo rigettò
il
12 agosto
ricorso.
il Vignes ebbe Ferdinando Torrusio. l'esame dei testimoni, ormai liberi di ogni
Apertosi
il
pubblico dibattimento,
suo difensore di
Da
il
ufficio l'avv.
risultò manifesto che il De Cesare non aveva opposto alcuna resistenza a i gendarmi e che le prove del conflitto, il fucile presso l'estinto e il coltello nelle mani di lui, il cappello forato del Vignes e la tunica lacerata del Pelosi erano un mero artifìcio. Del pari giudicò inesistente il preteso conflitto con il De Maio. La G-ran Corte criminale ritenne quindi il Vignes colpevole dei due omicidi e lo condannò a i lavori forzati a vita. Il condannato terminò la vita nell'ergastolo, pagando cosi il fio dei suoi scellerati delitti. Una lettera della direzione del bagno di Ponza del 19 maggio 1881 annunziava che il di precedente in quel-
timore,
l'infermeria era spirato
il
tenente Vignes.
CAPITOLO Le
—
Sommario.
Il
IV.
prime condanne processo della setta delV Unità italiana
- Rivelazioni di alcuni imputati - Due testimoni falsi - Arresto di Carlo Poerio, del Settembrini, del prete BaFilippo Agresti, Francesco Antonetti, Vincenzo
rilla, di
Dono
—
Pironti II. Vicende anteriori del Pironti - Avvocato in Salerno poi in Napoli - Deputato e Michele
- Nominato giudice - Denunzia contro III. Arresto del Pironti rimosso da l'ufficio - Perquisizione nella sua casa - Suo interrogatorio IV. Compimento delVessazioni inflitte al detenuto l'istruzione - L'atto di accusa - Costituto del Pironti V. Trasporto degli imputati nelle carceri della Vicaria
al
Parlamento
di lui -
—
E
—
—
- Orribili condizioni del carcere - Rimostranze delle famiglie - Risposta del medico delle prigioni - RicusaVI. Malattia di Anzione del presidente della Corte
—
tonio Leipnecher - Sospetti di finzione dell'infermità - Trasporto di lui in udienza - Nuova sospensione della causa -
Morte
del
Leipnecher
del dibattimento - Requisitoria
del
— VII. Prosieguo procuratore
ge-
nerale - Decisione della Gran Corte - I condannati a morte in cappella - Ore di angoscia - Le famiglie dei
condannati
-
La grazia della vita
-
Trasporto
dei condannati a Nisida ed a S. Stefano.
I.
Negli
uffici
di
istruzione della G-ran Corte
criminale di Napoli in
Castelcapuano
si
lavorava
febbrilmente, su lo scorcio del 1849, per condurre
84
a termine
Faucitano
Le
processo dell'attentato
il il
commesso dal
sedici settembre.
confessioni estorte al Faucitano e ad alcuni
altri arrestati
mediante
rivelarono l'esistenza
proponeva
clie si
di
piĂš crudeli sevizie
le
(1)
una vasta associazione unire in un solo Stato la di
penisola e di affrancarla
dominio straniero.
dal
In una minuziosa perquisizione presso il tipografo Gaetano Romeo si rinvennero i diplomi, il programma, un manifesto del Gran Consiglio ed altri documenti della setta. Due individui, che avevano
ad arte fatto pratiche per esservi ammessi, narrarono alcuni colloqui da essi
In seguito a
uditi.
queste notizie furono complicate nel
processo e
tratte in arresto molte altre persone, tra le quali
Carlo Poerio, Luigi Settembrini, Filippo Agresti, il
prete Francesco Barilla, Antonio Leipnecher, e
Dono, Fran-
della provincia di Salerno, Vincenzo
cesco Antonetti e Michele Pironti.
Ingiusta ed iniqua era l'accusa contro del tutto
dopo
il
Poerio,
estraneo a la setta e tenutosi sempre,
l'atto
sovrano del 29 gennaio, nella maggiore
correttezza costituzionale. Si volle ad ogni costo
comprenderlo nel processo per colpire alta
della
parte
dente di polizia
liberale
noto come
chiarò che, avendo chiesto
la figura
napoletana. falso al
Un
piĂš
confi-
testimone di-
Poerio
di
essere
Faucitano fu legato sopra una sedia e gli si doveva essere fucilato. Rimase parecchi giorni a pane ed acqua e senza letto in un orrido (1) Il
fece credere clie
criminale.
.
85 ascritto a la setta, egli lo
L'Agresti,
parte di
mandò
Settembrini ed
il
anzi
essa
ne
il
erano
dal Nisco
(1).
Barilla facevano
successiva-
stati
mente a capo. L'Antonetti, giovane di 25 anni, nativo di Nocera dei Pagani, era venuto da poco tempo in Napoli per trovare un impiego e si era intanto occupato come commesso presso uno spedizioniere. Il Leipnecher, divenuto famoso per gli avvenimenti del Cilento nel gennaio, venne arrestato da l'ispettore Giovenale nella
propria casa
Capuano, n. 10. Il Dono, nato in Tegiano (provincia di Salerno) il 5 febbraio 1805, era una antica conoal vico Sedile
scenza della polizia. Studiava, verso
minario del suo paese quando
il
1820, nel se-
governo lo espulse perchè si era ascritto ad una vendita carbonica (2). Uscito di seminario coadiuvò abilmente il
il fratello. Benedetto, in una farmacia di Tegiano molto accreditata (3). Compromesso nei moti
del Cilento
del
tempo finche retto (4)
(1)
si
1828,
tenne nascosto qualche
si
un manifesto di Del Carvenne mandato a giudizio
fidente in
presentò, e
Conclusioni del procuratore generale Filippo
gelino innanzi
Gran Corte
la
cembre del 1850, pag. 48. (2) Castromediano, opera informazioni di polizia
condotta politica
si
speciale di Napoli
citata, voi. 1°, pag. 348.
legge
«
(4)
espulso
Nelle per cattiva
»
Debbo alcune di queste notizie dottor Gaetano D'Elia, conterraneo (3)
al
mio egregio amico
del Dono.
Del maresciallo Del Carretto mandato dal
sedare la rivolta.
An-
nel di-
re a
86
Commissione suprema
innanzi la
10 assolse. Si
resse
la
nuovo
la
spiratori.
allora
stabili
Stato, che
di
Napoli
in
farmacia reale a Foria
e vi
di-
Ponte-
presso
quale divenne ritrovo dei più arditi co-
Durante
dimora
lunga
sua
la
capitale dette molte preoccupazioni e noie a
nella i
com-
missarii di polizia del quartiere essendosi più oc-
cupato di conferire con
Nei
di disbrigare ricette.
figurava
come
"
malintemionatA anziché
commissariato
antico e tenace cospiratore, sedi-
zioso, invecchiato in 11
i
registri del
ogni maniera di fellonia
bollente ed irrequieto farmacista, a
delle fucilazioni
avvenute in Calabria per
del 1847, fu preso con alcuni
impeto di ira e desiderio
tale
appostò
31
con
ottobre
essi
per
strada
quella
su
la
uccidere
recarsi
un compagno vennero
a
via il
suoi di
re
arrestati;
i
moti
compagni da
vendetta che
della
Portici.
„ (1).
la notizia
Marinella
si il
che doveva per
Denunciati
ma
da
pochi mesi
dopo, la costituzione del 29 gennaio e l'amnistia
liberavano
li
(2).
Accusato nel
1849
preso parte a l'espulsione dei gesuiti,
un
si
di
aver
trovò ad
tratto su le spalle l'accusa più grave, d'avere
tentato nel dicembre precedente, per incarico della setta
(1)
lizia
deW Unità
italiana, di subornare alcuni sol-
Processo per la setta àelV Unità italiana. La poi liberali malintenzionati, cioè gente di
chiamava
cattive intenzioni. (2)
Castromediano,
pag. 82.
ivi,
pag. 349. - Nisco, oliera citata,
87
dati
La lunga
(1).
carcerazione
lo
rovinò: egli
aveva allora assunto per otto anni la fornitura, abbastanza lucrosa, dei medicinali nelle prigioni di S. Francesco in Napoli ed unicamente da questa industria traeva i mezzi di sostentamento per sé e la sua famiglia. II.
setta
Michele Pironti, parimenti arrestato per delVUnità^ apparteneva
ad
antica
e
la
civile
famiglia di Montoro, perseguitata per causa politica fin
dal
1799. Egli
era
della costituzione del 1848, scritto (2),
stato,
un fervido propugnatore
rappresentativi.
A
anche prima
come ho detto
in altro
degli ordini
l'improvvisa notizia
dell'atto
sovrano del 29 gennaio aveva capitanato in Sa-
ove esercitava
lerno,
la
professione
forense,
una
grande dimostrazione, nella quale venne leggermente ferito al volto. Stabilitosi in Napoli vi trasferi il suo studio di avvocato e vi scrisse il giornale V Indipendente. Eletto deputato della provincia di Salerno aveva con i suoi colleghi il 15 maggio cercato invano di indurre il popolo a disfare le barri-
cate.
Nominato giudice
Santa Maria, lorché
si
nersi con
di Grran Corte criminale a
egli era tutto intento al suo ufficio al-
accorse nel venire in Napoli, per intratte-
un giovinetto suo
dinato da la polizia.
Un
fratello, di essére pe-
giovane salernitano, che in
quella dimostrazione avea portato la bandiera tricolore,
corrotto
dal
governo denunciò ingiusta-
(1)
Conclusioni accennate dell'Angelino.
(2)
Carducci, voi.
lo.
mente
il
Pironti, clie
pochi giorni
dopo un de-
creto del 24 ottobre 1848 tolse di ufficio. III. Il Pironti ritornato in
l'esercizio forense e
Napoli aveva ripreso
proponeva anche di dar
si
zioni di diritto costituzionale. sto
1849
A
famoso commissario Campagna pe-
il
homo
netrò nella casa di lui al vico Ecce
donna
dell'Arco N.
casa. Si il
arrestò
lo
9,
27 marzo
e perquisì
da Filippo Patella,
1849
capi dei moti cilentani, e diversi si
accennava a
bile parola fece
ritenere
uno dei cui una
Campagna
La
terri-
di
avere
scoperto un gravissimo documento mentre
tava di
un brano
accennando a
di lezione
la
Roma
scritti, tra
la repubblica. al
Ma-
a la
rinvenne una lettera direttagli da
pagina ove
le-
l'alba del 3 ago-
in cui
il
si trat-
Pironti,
forme di governo, parlava
le varie
necessariamente anche della repubblica. L'arrestato venne subito
tura di polizia.
Lo
posero
condotto a la prefetin
una stanza senza
imposte battuta continuamente dal sole e vi stette quattordici giorni, dopo
17 agosto passò a
le
rente e vi rimase fino della notte
l'ispettore
a Castel dell'Uovo.
"
i
quali fu interrogato. Il
Maria Appa24 settembre. A le 2
carceri di S.
Ivi
al
Moscati lo fece tradurre „,
narra
il
Pironti nel suo
una prigione orrenda, senza letto, senza sedie, e solo un secchio d'acqua, un cesso ed una lucerna, dove la muffa ed il puzzo di una prossima latrina contendevano l'angusto costituto (1)
(1)
" fui
cacciato in
Processo àoiV Unità italiana.
89
spazio
muda
quella
di
scarso
allo
aere che
ci
penetrava attraverso un vano angustissimo, pradici
sulla
mastio
nel
ticato
nuda
da
triplice grata. Ivi giacqui
selce la notte;
scrivere
di
richiesi
rocca spessa quasi do-
della
passi e sbarrato
di appresso
il
mio desolato
al
invano
fratello; era
venuto ed era stato scacciato dagli svizzeri con la
baionetta alle reni! Passò quel giorno e la se-
guente notte fra angoscie crudeli.
venne a radermi
galeotto
Ebbi
il
terzo di
letto,
il
ma mi
si
un
IV. In citano,
meno
capelli.
un mese prima
fratello! „
mesi da l'attentato del Fau-
di tre
con sollecitudine molto rara nei giudizi
criminali di allora, cesso, che prese l''
i
cinque di prima di aver
libro,
nuove del mio povero
domani un
interdisse quanto
era più necessario alla vita. Passò di poter avere
Il
barba ed
la
il
si
espletò Fistruzione del pro-
nome
di processo della setta del-
Unità italiana. Aiferma
volle che
il
Nisco che proprio
il
re
prima questa causa politica (1). Il tentativo di turbare la grande solennità della benedizione papale da la reggia napoletana aveva destato vivo clamore in tutto il regno ed a l'estero e Ferdinando II intese di mosi
trattasse per
strare che al sacrilego
misfatto
seguiva pronta-
Il De Sivo attribuisce precedenza di questo processo, rispetto a gli altri, specialmente a quello per gli avvenimenti
mente una severa condanna. la
del 15 maggio, al fatto che
ci)
Opera
citata,
pag. 285.
questo
ultimo
pro-
90 cesso, colossale per
che
putati
il
numero ingente
naturalmente piĂš lunga istruzione
(1).
15 dicembre dello stesso anno
Il
degli im-
ascesero a trecento ventisei, richiese
il
procuratore
generale della Gran Corte speciale di Napoli, Filippo Angelillo, accusava di cospirazione settaria
quarantadue persone tutte detenute. Deboli, anzi frivoli indizi gravavano sul Pironti secondo lo stesso atto di accusa. Consistevano principalmente nella deposizione di alcuni testi i quali avevano riferito
un
tale
che
il
d'uno dei capi della setta, D'Ambrosio, era in rapporti
fratello
Pasquale
con Antonio l'imputato.
Un
Pasquale Pironti congiunti delconfidente di polizia aveva inoltre
e
affermato che quest'ultimo sultava invece
parte a
che
in
l'udienza della
il
mene
era recato a Salerno per
sette settembre, si settarie
mentre
ri-
quel giorno aveva preso
Gran Corte criminale
in
Santa Maria. Il
Pironti,
nel
suo
costituto
(2),
respingeva
l'accusa manifestando le proprie idee con queste fiere parole
"
Mi
professo amico caldissimo delle
ed oneste libertĂ . Ho desiderata la civile eguaglianza dei dritti innanzi la legge, ho parteggiato apertamente per le opinioni politiche che il sincere
29 gennaio 1848 furono suprema costituzione dello Stato e che la MaestĂ del Re giurava nell'invocato nome di Dio e dalle quali hanno titolo gli ordini del governo e guarentigie tutti
(1)
Opera
(2)
Processo indicato, voi.
citata, pag. 376.
43.
i
cittadini.
ilo
MICHELE PIRONTI
.
91
Queste mie opinioni, che mi rendevano inviso e sospetto alla vecchia polizia, divenute per lo Sta-
ho sostenuto e sostengo con il tranquillo convincimento del vero, con l'invariabilità di un santo proposito. Però ad attuarle, non cospirai, non congiurai fra le tenebre di una sotta qualsiasi, non antivenni la maturità dei tempi che doveva addurle, e contuto
dritto pubblico
il
nell'indeviabilità
fidai
del regno
dell'umana ragione, nello
sviluppo dei bisogni sociali, che ne mostrerebbe la necessità, nella
provvidenza del principe che
le
avrebbe riconosciute e proclamate. Fui nominato giudice
il
3 maggio 1848, fui deputato
cessivo. Cercai
di
15 maggio. Ricusai poi
accettai.
far
rimuovere
dopo
l'ufficio
Disapprovai
il
le
15 suc-
16 maggio,
rivolture
le
il
barricate
il
ma
calabresi.
Con decreto del 24 ottobre 1848 fui ritirato da la mi stabilii a Napoli Lo scritto del Pironti, che meriterebbe di es-
carica e
,
sere riprodotto integralmente, narra quindi
i
primi
sospetti della polizia, la perquisizione subita, l'arresto, le accuse rivoltegli,
una con forma ed
che confuta ad una ad
scultoria e con dialettica stringente
irresistibile.
V.
mento
Prima gli
dell'apertura del
pubblico
dibatti-
imputati vennero trasferiti nelle carceri
giudiziarie della Vicaria. In un'oscura stanza furono rinchiusi undici di essi, tra cui ronti,
vicini
Dono
il
Poerio,
il
Pi-
avevano giacigli cosi che ciascuno doveva per andare sul proprio
il
;
i
prigionieri
passare, brancolando, su quelli degli
altri.
ferriata erano appese quattro
di
teste
A
l'in-
briganti;
92
ad uno dei
lati della
stanza un cesso
tanto puzzo da asfissiare tenuti
si
dolsero con
gelino temendo per tifo carcerario,
ma
rispose ad esse:
il i
(1).
Le
emanava
famiglie dei de-
procuratore generale An-
loro cari
una infezione
di
l'altezzoso procuratore generale "
Non
temete, signore, la com-
missione dei medici delle carceri, ed ecco
il
porto del dott. Serapione Sacco, assicura che
dore ammoniacale
potrà
essere ingrato,
pregiudizievole alla salute
rapl'o-
ma non
(2).
„
Gli imputati dichiararono di ricusare
il
Navarra,
presidente e commissario della causa, poiché tra
accuse v'era anche quella di cospirazione contro
le
ma
la vita di lui,
manda
e la Corte
Durante di
la Grran
Corte respinse la di-
Suprema confermò
processo la polizia spiccava mandato
cattura
contro due degli avvocati difensori,
Giacomo Tofano, che fu
arrestato, e
Filippo che riusci a fuggire.
un
la decisione.
il
A
le
Gennaro De
rimostranze di
loro collega, l'insigne avvocato Marini Serra,
contro simili eccessi,
il direttore di polizia Peccheneda rispondeva che " l'ordine di arresto gli era venuto direttamente dalla segreteria partico-
lare del re
„
(3).
VI. Durante
il
dibattimento, verso la
Ine del
maggio 1850, cadde infermo uno degli imputati, Antonio Leipnecher. Ben presto la febbre si elevò ed il malato dovette essere condotto a l'ospedale di
(1-2) Trascrivo quasi a parola la descrizione del Nisco,
opera
citata, pag. 291.
(3)
Nisco, pag. 292.
93
A
S. Francesco.
egli
non potette
l'udienza del 4 giugno successivo intervenire. Osservato, per ordine
non solo da i medici dell'ospedale, anche da due primarii della capitale, 1 dotVulpes e Manfredi, fu dichiarato infermo di
del presidente,
ma tori
febbre gastro- reumatica in guisa da non poter lasciare
H
letto.
il
qualche giorno l'ospedale,
il
presidente sospese le udienze per (1).
dell' 8
rapporto
Mentre
commissario
gemeva
nel-
polizia Casillo,
con
l'infelice
di
giugno, insinuava nell'animo del
Peccheneda che gli imputati per prolungare il giudizio avevano stabilito di fìngersi infermi e che i medici per pietà avevano riferita vera la malattia del Leipnecher (2). Narra il Nisco che il Peccheneda ordinò, con il
consenso del presidente Navarra,
malato nella sala d'udienza.
il
trasporto del
Ad onore del
vero biso-
gna aggiungere però che il Navarra lo sottopose ad un'altra visita da parte del medico delle carceri Serapione Sacco. Questi dichiarò che
senza febhre
davanti a
(3)
e che poteva
la Corte,
purché
qualche ristorativo e non gli
domanda
il
detenuto èra
essere trasportato
gli si fosse apprestato si
fosse rivolta alcuna
(4).
Archivio di Napoli, fascio 133, processo della setta Unità italiana.
(1)
dell'
(2) Il
Nisco trascrive
la
relazione del Casillo,
opera
citata, pag. 294. (3)
Lo
dice successivamente lo stesso Nisco, pag. 295.
Massari nel suo
libro II sig. Gladstone ed il governo napoletatio, a pag. 167, dice: «il presidente Navarra informò i medici addetti a le prigioni che le loro (4)
Il
.
94
In seguito a questo nuovo parere,
venne Corte.
la
A
il Leipnecher mattina del 17 giugno trasportato a la
la
sorella
consanguinea Costanza De amorevolmente lo accom-
Cusatis, che piangendo,
pagnava, egli disse:
Non
"
piangere sorella mia:
presto finiranno le mie pene che sono state lunghe e strazianti
compagni
:
di
per te provvederanno di aiuto fede
„
(1).
Comparve
il
miei
misero a
il
l'udienza tremante e sfinito, destando
compagni
i
tra
i
suoi
e nell'uditorio profonda pietà. Lettogli
suo interrogatorio, dichiarò che, avendo
la feb-
aveva compreso e che nell'ospedale non era avuta di lui la più piccola cura (2). Il pro-
bre, nulla si
curatore si
generale, a smentire l'imputato, chiese
leggesse la relazione dell'ultima visita medica,
da cui risultava che l'infermo poteva intervenire a
le
udienze con
novellamente del
il
Leipnecher
le
opportune cautele. Sorsero
Poerio,
avv.
il
Pironti ed
Castriota
coscienze dovevano trovare
e
i
difensori
Marini
Serra
i mezzi di certificare che Leipnecher aveva possibilità di assistere al dibattimento. La mattina seguente io stavo al tribunale con un amico ed ivi incontrammo uno dei medici, col quale quel mio amico era legato d'amicizia. Incominciò a parlare di Leipnecher e disse che, quantunque costui fosse pericolosamente infermo, la propria posizione però era tale da non poter certificare con sicurezza l'impossibilità, in cui era il Leipnecher d'intervenire a l'udienza » (1) Narrazione di lei in una istanza che molti anni dopo, il 26 ottobre 1890, rivolgeva al ministro Crispi (Incartamento di lei presso la Commissione per i danneggiati politici napoletani, Ministero dell'interno). (2) Processo detto, fascio 133.
95
chiedendo una novella
visita
dei
sanitari, e la
Corte aderì. Procedutosi immediatamente ad essa i
medici constatarono die l'infermo era travagliato
da febbre molto elevata e non poteva assistere a " Ma la discussione. Allora l'Angelillo esclamò rimputato è già qui, potrebbe ben rimanervi! „ Replicarono i medici che il Leipnecher restando in udienza avrebbe corso rischio di morire. La :
Corte allora sospese l'udienza.
La
aggravava rapidamente, del 22 giugno l'infelice cadde in profondo letargo e dopo breve agonia spirò a le ore 8 V2 tra le braccia dell'amorosa sorella (1). A l'annunzio della morte dato in pubblica udienza il Pironti esclamò " della morte malattia intanto
per
rivelandosi
di
Leipnecher farà
degli oppressi
„.
Il
e sdegnato cipiglio
dichiarò:
"
Il
si
La mattina
tifo.
giustizia
presidente
impose
nome
di
Iddio
vendicatore
Na varrà con
silenzio
al
fiero
Pironti e
Antonio Leipnecher è
cancellato dall'elenco degli imputati
„
(2).
Processo indicato, fascio 133. Narra lo Spaventa IIB) die la povera donna visitava di frequente lui e gli altri detenuti nell'ergastolo. Essa sposò poi un tale Ferdinando Perrone. Un decreto di Garibaldi del 26 ottobre 1860 le concesse una lieve pensione e poi un modesto impiego come direttrice a S, Francesco di Sales. Morì in Napoli a 85 anni il l» maggio 1901 nella sua casa di abitazione posta alla via del Duomo, n. 147, lasciando tre figlie, Ida, Gilda ed Emanuelita. (Notizie desunte da gli atti della Commissione dei danneggiati politici napoletani}. (2) Processo indicato. (1)
{Lettere e documenti^ pag.
96
Vn. Comparvero davanti
a la G-ran Corte in
questo processo, come negli
altri successivi, quali
testimoni, molti confidenti di polizia. L'accusa di
luminosamente provata più che da le dichiarazioni dei testimoni, da i documenti sequestrati. Lo stesso Nisco confessa la formazione della setta e la parte che egli vi prese con il Settembrini e con l'Agresti. Provata del pari la colpabilità del Faucitano sorpreso quasi in flagrante pochi minuti dopo l'esplosione della piccola bomba. Nelle udienze del 4, 6 e 7 dicembre 1850 il procuratore generale pronunciò la sua requisitoria conchiudendo per la condanna a la pena di morte del Nisco, dell'Agresti, del Settembrini, setta risultò
del Barilla, del Pironti e del Faucitano; a trenta
anni di
ferri
Dono
del Poerio, a diciannove del
e dell' Antonetti. "
"
Dopo questa requisitoria
noi richiesti di morte
e più ristretti; rilla
il
„
scrive
fummo
il
Settembrini,
separati da gli altri
Nisco perchè ammalato ed
il
Ba-
perchè prete stettero nell'ospedale di S. Fran-
cesco noi quattro che eravamo nella Vicaria, ;
tratti dalla carcere dei nobili e
passammo
Provvisorio, dove sono
del popolo in luogo detto
il
molte stanze
fummo
segrete, e
stanze dette Lo Sperone e
fummo
in quella
allogati
in
due
Marco Perrone, dataci uno stretto corridoio
la facoltà di passeggiare in
e bere
un
po' d'aria
fondo di esso
(1)
da un'alta finestra che
„ (1).
Settembrini, Bicordanze^ voi.
2».
è in
97
Splendide furono
ed occuparono parec-
le difese
chie udienze. Finalmente, chiuso
il
pomeriggio del 31 gennaio 1851,
dibattimento nel i
giudici
si
radu-
narono in camera di consiglio. Durante le lunghe ore di attesa i detenuti conversavano tranquillamente, anzi scherzavano.
mente
si
quale
egli
Il
Settembrini special-
dilettava a contraddire "
dice:
uomo
il
Pironti,
del
carissimo, di bello inge-
gno, di molte e varie cognizioni, di cuore ottimo, di
costumi candidi, di fede rara nelle
Io non seguitai a scherzare secondo
il
amicizie.
solito, conti-
nua il Settembrini, perchè pensai che questo diletto amico ignorava un'altra sua sventura, la morte di un suo fratello sostegno e speranza della famiglia.
Andammo
dormimmo placidamente
a letto e
La mattina
del
l**
di precedente.
La Corte condannava
tenza resa
il
a morte
Faucitano, l'Agresti ed
il
a l'ergastolo di ferri
il
il
Barilla ed
Nisco ed
il
â&#x20AC;&#x17E; (1).
febbraio venne letta la sen-
il
il
Settembrini,
Mazza, a trenta anni
Margherita, a venticinque anni
Lorenzo Velucci e Cesare ed il il Poerio, il Pironti, Romeo, a venti Achille Vallo, a diciannove Francesco Nardi, Francesco Cocozza, Giuseppe Caprio, Vincenzo Dono, Salvatore Colombo, Gaetano Errichiello, Giovanni De Simone e Francesco Antonetti, a sei anni di relegazione Antonio Miele e Raf-
Francesco
Catalano,
Braico, a ventiquattro
faele
Crispino.
Concesse
la libertĂ
provvisoria a
parecchi imputati, tra cui Michele Persico, che nel
(1)
Settembrini, 7
ivi.
98
dicembre del 1848 era andato in
per inca-
Sicilia
rico del Poerio, ad assicurarsi degli intendimenti
del Comitato di Il
Palermo per l'insurrezione
Nisco ha raccontate
subirono
i
(1).
di angoscia
le ore
condannati a l'estremo supplizio
che
(2),
e
ha meravigliosamente descritte il Settembrini nelle Ricordanze (3). Mentre essi stavano in cap-
le
pella, e vi restarono tre giorni, si
raccolsero
le
famiglie loro
casa di Vincenzo
nella
la più vicina a la Vicaria per avere
Dono come
con maggior
sollecitudine notizie e per cooperare in la grazia della vita per
del Dono, di
nome
loro diletti.
i
Cecilia, fu
comune a La moglie
oltremodo affettuosa
verso quelle sventurate famiglie,
come
attesta
il
Settembrini in una commovente narrazione pubRicordanze, sotto
blicata nelle di
mia moglie
ribili
La
(4).
ansie per
vita
la
il
titolo
Racconto
Settembrini, che era in terdel
marito, fu avvisata
della grazia da una lettera del Pironti, che è ferita nelle
Come naio,
Ricordanze
è noto,
il
re con
aveva disposto,
sione, che,
essendovi
eseguisse la metà.
Il
ri-
(5).
un
rescritto del
21 gen-
dieci giorni innanzi la deci-
condanne di morte,
se
ne
procuratore generale comunicò
questo rescritto a la Corte soltanto dopo la decisione.
La
(1) Il (2)
Corte,
Carducci,
non potendo eseguire esattamente
ecc., voi. lo,
(4)
Settembrini, ivi, voi. Opera citata, pag. 57.
(6)
Voi. 2°, pag. 67.
(3)
pag. 56,
Nisco, opera citata, pag. 298. 2o,
pag. 21 e seguenti.
99 il
comando sovrano, perchè
condannati a morte
i
erano cinque, cioè in numero dispari, ordinò che per un
la sentenza.
Ma
il
istrumento
cieco
per
solo, cioè
Faucitano,
il
che riteneva
re,
mani
nelle
di
eseguisse
si
Faucitano un
il
non
altri,
che questi solo andasse a morte e
gli
volle
concesse
la grazia (1).
giorno stesso, 4 febbraio, i condannati usciti
Il
dal carcere vennero legati a coppie ed Il
tati. il
Settembrini era legato con Filippo Agresti,
Poerio con Michele Pironti
una
ammanet-
(2).
Passando, tra
folta scorta di sbirri per la popolosa via del
Mercato andarono a di questa, rasi loro
i
Darsena. Su
la
capelli,
la
banchina
furono vestiti con cal-
zoni di pelo d'asino e giacca rossa ed incatenati. Spinti poi in una barcaccia da carboni, vennero da questa condotti sul piroscafo il Nettuno in una stanza a prua ove erano, scrive il Settembrini (3), " stivati come negri „. Colà passarono la notte get-
pavimento.
tati a la rinfusa sul
La a
mattina del 5
l'isola di Nisida,
separò care,
ove
condannati a
i
da
i
piroscafo
il
condannati
i
a
vita
stolo di S. Stefano. Scesero
Poerio, il
il
Pironti,
il
(1) Il 2»,
da
destinati a l'ergala
nave quindi il il Dono,
Caprio, l'Antonetti,
Braico, l'Errichiello,
lume
giunse dinanzi
comandante del legno ferri, che dovevano sbar-
il
il
Romeo,
il
Vallo,
il
Nardi,
Settembrini aggiunge per stizza {Ricordanze, vopag. 48).
(2 e 3) Ivi, pag. 51.
100 il
ed
il De Simone, il Colombo, il Velacci Margherita condannati a i ferri (1). La separazione dopo tanti mesi di ansie e di vita
Cocozza, il
comune fu
assai dolorosa. Il Settembrini abbracciò
aifettuosamente leva staccarsi da scritta
il
Poerio ed
lui.
Il
12 febbraio da
il
il
Pironti, che
non vo-
Settembrini in una lettera S.
Stefano
al Pironti, dice:
Quando ci dividemmo sul vapore io diedi un bacio a te, un altro a Carlo e poi mi allontanai. Tu mi chia"
masti ed chele, io
io ti
ti
di questo cuore
meno
viene
con
i
fuggii. Si, o
la
ardente, che
guai a
ragione
Il
me
Pironti
se
mi
sbarcò
nome
suo e di essi
al
Settem-
I condannati a vita restarono sul Nettuno
(3).
la sera,
„ (2).
compagni a Nisida, ove fu suo primo
suoi
pensiero scrivere a brini
mio dolcissimo Mi-
fuggii per essere padrone del mio cuore,
non potendo a causa del mare fortemente
agitato proseguire per S. Stefano.
mato alquanto
il
mare,
il
La
piroscafo
notte,
cal-
continuò la
sua rotta ed a l'alba successiva approdò a S. Stefano,
ove
l'Agresti,
(1) Ivi,
(2-3)
discesero il
il
Barilla ed
Faucitano, il
il
Mazza.
pag. 52.
Settembrini,
Epif<tólario, pag. 4.
Settembrini,
CAPITOLO Il
giudizio per
i
fatti
V.
del
15
maggio.
—
gli avveSommario. I. L'istruzione del processo per nimenti del 15 maggio - Numero rilevante degli imputati - Molteplici sentenze preparatorie - Arresto di Giovanni Avossa - Sua detenzione nel Castel Sant'Elmo - Sua infermità - Accusa contro Domenico Giannattasio - Suo arresto - Sue ansie per la malattia della madre - Importanti decisioni della Gran Corte speII. I quaranciale su la voluminosa istruttoria
—
tasei imputati
speciale
-
I
rinviati al giudizio della fratelli
Palumbo
-
corso degli imputati a la Corte
I
Gran Corte
due Leanza - Ri-
Suprema
di giustizia
Rigetto del ricorso - Ripresa della causa - Le false testimonianze - Conclusioni del procuratore generale -
- Gravi condanne pronunziate da la Corte - Lettera di Luigi Leanza a la moglie durante la redazione della sentenza - Il decreto di grazia della vita - Invio dei condannati a vita a l'ergastolo di S. Stefano e dei condannati a tempo al bagno di Precida III. Altri settantaquattro imputati in attesa di giudizio - Proteste della stampa straniera - Rescritto sovrano che abolisce per essi l'azione penale riguardo a i fatti del 15 maggio - Rinvio di alcuni imputati a le Corti spe-
—
ciali
-
delle
proprie
Condanna
provincie - Decisioni
della
Gran
Morese e di Matteo Sica Influenti raccomandazioni pel Morese - Il re gli
Corte
-
di Raffaele
—
concede la grazia IV. Il prosieguo di istruzione per altri imputati - Liberazione di molti di essi -
102 dell' Avossa
Rinvio
V. Gli imputati della polizia a lo
innanzi la
Gran Corte
del Pisanelli, del Conforti e di altri -
De Dominicis
speciale
—
contumaci - Rigorosa sorveglianza scalo marittimo - Fuga del Mancini,
Fuga
di Ulisse
a Malta - Travestimento e fuga del ba-
—
VI. Giudizio a carico dei contumaci rone Mazziotti - Feroce requisitoria del pubblico ministero - Ventidue condanne di morte in contumacia.
I.
L'istruzione del grandioso
avvenimenti del 15 maggio
mente
processo per
numero
solo
il
di
conflitto
nata nella capitale,
ottantaquattro.
avvenuto
ma
Comprendeva
nella triste gior-
altresì le agitazioni sorte
allora nelle provincie. Gli imputati,
da
gli
trascinava lenta-
tra continue sentenze preparatorie, che giun-
sero al
non
si
come
si
scorge
l'atto di accusa del procuratore generale presso
Angemaggior parte
la G-ran Corte criminale di Napoli, Filippo liUo, ascesero a trecentoventisei, la
latitanti
tra
cui
od a l'estero, solo ottantaquattro detenuti, ex deputati salernitani Giovanni i due
Avossa e Domenico Giannattasio. L' Avossa non poteva mai immaginare di esser coinvolto nel processo, egli che aveva scongiurato la partenza delle guardie nazionali da Salerno per la capitale a difesa del Parlamento (1). Mentre attendeva serenamente nella sua città nativa a l'esercizio professionale gli sbirri lo arrestarono
il
24 settembre del 1849 e
lo
condus-
sero subito in Napoli nelle carceri giudiziarie di
(1)
L'ho narrato nel mio lavoro sul Carducci,
voi. l».
(V
/d^-
^.
GIOVANNI D'AVASSA (da
un ritratto fattogli nel carcere in Napoli)
103 S.
Francesco, nelle quali trovò
i
suoi ex colleghi
Silvio Spaventa, Pier Silvestro Leopardi,
mar-
il
chese Luigi Dragonetti, Giuseppe Pica e Saverio Barbarisi
(1).
Un
ordine improvviso del governo
una sera, trasferire tutti nel carcere del Sant'Elmo (2). Le stanze in cui vennero chiusi i detenuti, erano poste sopra alcune cisterne da le quali saliva l'umido macchiando orribilmente le pareti. Le porte mal connesse, le finestre senza vetri esponevano i prigionieri a impetuose e continue cor-
li
fece,
Castello
renti d'aria, sicché parecchi di essi, tra cui
ammalarono
e l'Avossa,
si
l'infermeria
(3).
Il
il
Pica
e dovettero andare a
d'Avossa trasportato colà vi
si
trovò molto male, e chiese di ritornare a S. Francesco ovvero di andare nelle carceri di S. Maria
Apparente
il barone G. B. ex deputato della provincia di Salerno, Antonio Scialoia, Giacomo Tofano, ex direttore di polizia durante il periodo costituzio-
(4),
nelle quali erano
Bottiglieri, del pari
Giacomo Racioppi, il valoroso scrittore (5). Domenico Giannattasio, uomo di idee liberali,
nale, e
ma
assai
stretta
(1)
temperate e sopra tutto devoto a
legalità,
Spavekta, Lettere
la più
indegnamente accusato
era
e
di
documenti. Lettera a Giuseppe
Massari, pag. 63. (2) (3)
(4) (5)
Settembrini, Ricordanze^ voi. 2o, pag. 34. Leopardi, Narrazioni storiche, pag. 423. Archivio di Napoli, fascio 83, voi. 33. Cari-o De Cesare, Antonio Scialoia.
era stato arrestato
il
26 settembre 1849,
Lo
Scialoia
104
avere indotto cate.
il
popolo
Per questa
stolta,
il
15 maggio a
le barri-
bugiarda imputazione la
polizia lo trasse in arresto
il
2 ottobre del 1849,
d'Avossa nel carcere Francesco, strappandolo al letto della ma-
e lo rinciiiuse insieme con di S.
il
dre che giaceva gravemente inferma in Salerno. Il
pensiero del Griannattasio, nelle lunghe ore di
silenzio del carcere, correva a la
cui
mancava
Più volte
letto.
povera inferma,
Taffettuosa assistenza del figlio diegli
chiese
un breve permesso
per recarsi nella sua città nativa: riusci vana.
Non
valsero
che personalmente
il
neanche
vescovo della
ogni istanza le
preghiere
Monsi-
città.
gnor Marino, amico ed estimatore del dotto avvocato (1), rivolse al re, quando questi, insieme con
pontefice, visitò Salerno. Solo con decisione
il
del 1°
giugno 1851
il
Giannattasio ottenne di uscire
dal carcere assoggettandosi parò al mandaio di
residenza e ad una cauzione di
Due
lire mille.
importanti decisioni della
Gran Corte
cri-
minale di Napoli, del 7 giugno e 16 laglio 1851, provvedendo su la lunga e farraginosa istruttoria dell'enorme processo, assolsero un buon di imputati
(2),
rinviarono
G-ran Corte speciale di Napoli nuti, riservarono di
(1) (2)
forti,
numero
a giudizio innanzi la
quarantasei dete-
provvedere dopo tale giudizio
Ministero giustizia, fascio 6366. Incart. 155.
Tra essi, della provincia di Salerno, Salvatore ConCamillo Alemagna, Michele Sorgente ed i fratelli
Alfonso, Raffaele e G-iuseppe Sica.
La Corte
dispose per
costoro la conservazione degli atti in archivio.
105
per
altri
un prosieguo
quarantasei, disposero
di
istruzione per altri e l'inizio del procedimento in
contumacia per
Tra
II.
compresi
gli i
i
gli
imputati assenti.
erano
a giudizio
caputati inviati
detenuti Silvio Spaventa, l'arcidiacono
Cagnazzi, Saverio Barbarisi, Michele Viscusi, fa-
moso per il suo spirito burlesco, Antonio e Pasquale Cimmino fu Pietro di Amalfi, Andrea Curche aveva subito nel carcere
zio,
la
pena delle
come ho precedentemente narrato, giovani Girolamo e Luigi Palumbo di S.
gnate,
le-
due
i
Grio-
vanni a Piro, che avevano preso parte al condel 15 maggio ed erano stati arrestati nel-
flitto
l'aprile del
1849 in una cantina sottoposta a la Francesco De Stefano di Sanza,
bottega,
loro
Pasquale Conforti di Calvanico, Luigi ed Emanuele Leanza di S. Giovanni a Piro, zio e nipote.
La
casa di questi ultimi, da la quale
si
era fatto
maggio un incessante fuoco di regi, era stata saccheggiata da i
nel conflitto del 15 fucileria contro soldati,
i
che uccisero in
persone e ferirono la
quella
figlia di
palazzina cinque
Luigi Leanza, gio-
vinetta di quindici anni. Tutta la famiglia
Leanza
era fuggita nascondendosi in casa di parenti e di
ma
amici, scito
il
stare
i
il
famoso ispettore Caiapagna era
riu-
18 marzo 1849 a sorprendere e ad arredue Leanza.
I rinviati a giudizio predassero contro la sen-
tenza di rinvio giustizia,
17
ricorso
a la
Corte
Suprema
sostenendo che un rescritto
reale
maggio 1848 aveva completamente
l'azione penale per
gli
avvenimenti del
di
del
abolita
giorno
106
quindici precedente.
Grli
Camera
fatto parte della
avevano
imputati, clie
elettiva, assunsero
di
non poter zione,
dei
essere sottoposti, secondo la costituad altro giudizio che a quello della Camera
pari
La Corte Suprema
(1).
tenne inesistente il
il
di
giustizia ri-
rescritto invocato,
venuto meno
carattere di deputato con lo scioglimento della
Camera
elettiva, e quindi,
sto 1851, respinse
Ripresa
il
con decisione del 27 ago-
ricorso.
la trattazione della
Gran Corte
speciale,
causa innanzi a la
comparvero a carico dei giu-
dicabili gli stessi testimoni dell'altro processo
per
deW Unità italiana. Sfilarono vergognosamente innanzi al magistrato confidenti di poli-
la setta
zia noti al pubblico, delatori di professione, gente
corrotta e venduta che spudoratamente mentiva,
perchè ninno degli imputati aveva promosso le barricate e pochi soltanto di essi avevano preso parte al
conflitto.
Uno
scrittore
borbonico, che
pur qualche volta dice onestamente il vero, scrisse: " Difficile giudizio, perchè sendo in quel dì funesto (15 maggio) i soli rei padroni delle strade, anche i testimoni erano forse correi e rispondevano ad ingarbugliare la verità: gli innocenti non volevano impicci, erano fuggiti i caporioni ed il
tempo aveva
fatto succedere all'ira la pietà
Per alcuni dei giudicabili le prove lasciavano dubbio di sorta. Cosi per
(1)
Art. 48 della costituzione
reità
non
i
fratelli
Pa-
approvata con atto
vrano del 10 febbraio 1848. (2)
De
Sivo, opera citata, voi.
„ (2).
di
1°,
pag. 337.
so-
107
lumbo ed
i
due Leanza era dimostrato che da Posta avevano tirato molti
la palazzina presso ìa
colpi contro
i
regii
nella giornata
15 mag-
del
Per Francesco De Stefano risultava clie, d'ordine del Carducci, era andato agitando il suo distretto e che poi aveva combattuto contro i sol-
gio.
dati
largo della Carità,
al
era l'accusa a
Ma
falsa
ed iniqua
deputati di aver spinto
i
il
popolo
a le barricate. Nelle udienze del 18, 20 e 21 settembre 1852
il
procuratore generale Angeìillo prendeva la parola e,
la
dopo largo svolgimento dell'accusa, chiedeva pena di morte con il terzo erado di pubblico
il Barbarisi, il Dardano, due Leanza ed i due Palumbo, trent'anni di ferri per Francesco De Stefano, venticinque anni di ferri per Pasquale Cimmino, due anni di prigionia per Giovanni De Stefano. Ei-
esempio, per lo Spaventa,
Giuseppe Pica,
i
spetto al Curzio "
noscere
che
i
vano menomato
il
pubblico ministero dovette rico-
risultati del pubblico il
esame ave-
valore degli elementi raccolti
nel processo scritto, essendo rimasto ignorato e dove egli fu ferito
come
si
il
come
15 maggio, se per caso,
fece ad asserire, o per aver preso parte
al conflitto,
ninno avendolo veduto armato, ninno i faziosi „. Chiese quindi per il Cur-
osservato tra
zio la libertà provvisoria (1).
(1)
É
singolare die nelle conclusioni dell'Angelino ed
anche nella sentenza della Corte non si fa più parola dell'imputato Pasquale Conforti. Dal quadro degli imputati unito
a la sentenza risulterebbe assoluto.
108
Griuseppina Leanza, figlia di Luigi, narrò in al-
cuni suoi appunti, comunicatimi cortesemente da la famiglia
di
lei,
dopo
clie,
la requisitoria
pubblico ministero, suo padre e
del
gli altri giudica-
pena capitale vennero condotti nella stanza denominata exh'a cappella perchè contigua a l'altra in cui si soleva apprestare i conforti religiosi a i condannati a bili
per cui era stata
chiesta
la
morte.
Durante
Gran
la terribile attesa della sentenza della
Corte, che
si
riunì
camera di consiglio
in
il
7 ottobre del 1852,
Luigi
e
coraggioso
che
pagna
di
soldato
Leanza,
avea
il
fatta
vecchio la
cam-
Russia, scrisse a la sventurata moglie
per confortarla, in previsione di una condanna capitale, queste fiere e nobili
certa che
non
si
di viltà, saprò morire
miei
figli la
parole:
"
Sta pur
vedrà sul mio volto alcun segno
da
forte e
non
lascerò ai
vergogna di essere nati da chi non
ha saputo sopportare il martirio per la patria. Possa il mio sangue e quello dei miei compagni fruttare un giorno a questo infelice pa/se quelle concessioni che il principe diede e giurò e :;he una iniqua frazione ha manomesse: possano i ìoro odii spegnersi nel nostro innocente sangue e cessare una volta di desolare queste belle contrade „ (1).
La
mattina seguente, otto ottobre, con grande Corte. si lesse la sentenza della Gran
solennità
(1)
Eiporto integralmente
questo volume.
la lettera
nell'appendice di
109
Essa condannava il Dardano, il Barbarisi, lo Spaventa, i Leanza ed i Palambo a la pena di morte con
il
terzo grado di pubblico esempio; Raffaele
Crispino e Francesco di ferri;
il
Pica,
il
De
Stefano a trenta
anni
Brio!, l'Arcucci a ventisei anni;
Giovanni Di Grazia e Giuseppe La Vecchia a ven-
Amodio a Nicola De Luca e Fran-
ticinque; Antonio Scialoia e Pasquale
nove anni di reclusione; cesco Trincherà ad otto; Giuseppe Avitabile, Giuseppe Barletta, Michele Viscusi, Giovanni Gerino, Mariano Vairo, e Giacomo Sabatino a sei, il Leopardi a l'esilio perpetuo dpJ regno, Giuseppe Piscitelli a tre anni di prigionia, Giovanni De Stefano a due anni. Ordinò la libertà provvisoria per Antonio Cimmino ed Andrea Curzio. Dopo sei giorni da la condanna il re, con decreto del 14 ottobre 1852 sottoscritto a Tiriolo ove allora si trovava in viaggio per le Calabrie, " nella sua innata ed inesauribile clemenza „ (1) fece grazia della vita a tutti i condannati a morte, commutando la pena nell'ergastolo al Dardano, al Barbarisi ed a lo Spaventa, ed in trenta anni di ferri a i Leanza ed a i Palumbo. Commutò le pene inflitte al Briol, a lo Scialoia ed al Gerino nell'esilio, ridusse le pene per l'Arcucci, il De Grazia, ed il La Vecchia, ordinò la libertà assoluta per Cimmino, Francesco Fornaro ed il Curzio, abolendo per essi l'azione penale.
(1)
Parole del decreto pubblicato nel Giornale 20 ottobre 1852.
Sicilie del
delle
Due
110
La mattina
del 21 ottobre
il
Bardano
venta incatenati partirono per l'ergastolo
e lo di
Stefano. Il Barbarisi, gravemente infermo, tette esservi trasportato insieme
pagni di sventura,
con
i
Spa-
Santo
non pocom-
suoi
Franda i suoi cari, senza conforto alcuno di amici, mori il 2 dicembre del 1852 con una serenità d'animo che destò l'ammirazione della parte liberale e turbò profondamente gli avversarli. I Leanza ed i Palumbo e gli altri condannati a tempo vennero lo stesso giorno, 21 ottobre, condotti a la Darsena e di là, stretti con la catena a sedici maglie, andarono ad espiare la pena nel bagno di Precida (1). III. In attesa di giudizio, languivano nel carcere o andavano fuggiaschi settantaquattro altri e restò nel carcere di S.
cesco, ove, lontano
imputati, tra cui
Andrea Fienga, Raffaele Mo-
rose, già capitano della
guardia nazionale a Sa-
periodo costituzionale, i due fraGiovanni Positano nativi di Novi Velia presso Vallo, Achille Mezzacapo, Matteo Giannone figlio di Antonio giustiziato a Salerno il 1823 per reità di Stato, Pasquale Taddeo, Vincenzo Coppola, Giuseppe Pacifico, Matteo Natòlia, Gennaro Ferrara, Federico Della Monica, Carlo Pascarella, Giovanni Negri, Santo Del Mercato, Alessandro Bruccoy, l' avv. Carmine Ruotolo, Gaetano Del Mercato, Matteo De Vicariis, Raflerno durante telli
(1)
Rocco
Nisco, op.
Leanza.
il
e
cit.,
pag. 310 - Appunti di Giuseppina
Ili
faele Rinaldi,
De
il
dott. Griovanni Centola,
Antonio
Maio, Cesare Bassi, Gaetano Ponti, Gerardo
Budetti, Leopoldo Grillo,
maso
F. S. Coppetta,
Tom-
Antonio D'Aiutolo (1). Mentre essi si preparavano a la difesa un improvviso provvedimento cambiò ad un tratto la loro sorte. La stampa estera liberale e quella del Piemonte Calabritto,
specialmente inveiva contro
i
giudizi- politici,
che
si
seguivano
le
numerose e gravi condanne emanate da Si sentiva ormai generalmente
senza tregua
nel
regno, e contro
corti speciali.
stanchezza di
si
dolorosi spettacoli, nei quali ap-
parivano su lo sgabello dei del
paese per altezza di
per carattere. giudicabili
11
le
la
rei gli
linguaggio
commoveva
il
uomini migliori
ingegno,
per coltura,
ardito
e
fiero
dei
pubblico che assisteva
numeroso a
i dibattimenti. Spesso a le udienze intervenivano diplomatici stranieri, massime delle
legazioni di Francia e di Inghilterra, e costoro
non mancavano
di
informare
i
loro
governi di
quella brutta gazzarra di processi e di condanne.
Occulti corrispondenti
di
giornali
stranieri
dif-
fondevano a l'estero le notizie e le commentavano nel modo piĂš ingiurioso per il governo napoletano.
D'Aiutolo, bravo ed onesto patriotta arrestato nel venne poi da la Gran Corte speciale di Salerno con decisione del 30 ottobre 1852 condannato a diciannove (1) Il
1851,
anni di
ferri,
"Un
durante
il
1857.
reale commutò Lo sventurato mori
rescritto
dieci anni di reclusione.
la
pena in
in carcere
112
A
campagna
porre un fine a questa
continua e persistente,
re,
il
della s<:ampa
con un rescritto del
2 dicembre 1852, abolì Tazione penale, in quanto a gli avvenimenti in Napoli, per tutti
settan-
i
taquattro imputati, rinviandoli al giudizio
Gran
Corti
speciali
delle
provincie per
delle delitti
i
commessi. Così vennero rinviati innanzi a
ivi
la
MoDella Mo-
Corte speciale di Principato Citra
G-ran
il
due Positano, il Mezzacapo, il nica, il Ruotolo, il Del Mercato, il De Vicariis, Pacifico, il Rinaldi, il Taddeo, il Coppola, il il
rese,
i
Fienga,
il
Grillo ed
D'Aiutolo, il
Calabritto,
il
il
Budetti,
il
Ponti.
La Gran
Corte di Salerno, con sentenza del
25 agosto 1853, riunì a
la
causa l'altra per
le agi-
avvenuto dopo il 15 maggio del 1848 comuni di S. Cipriano e di S. Severino. Finalmente con una seconda sentenza dispose la an-
tazioni
nei
notazione neir albo
dei rei
per
assenti
Monica, Santo Del Mercato, Carlo
il
Alfieri
Della
ed
al-
contumaci e con decisione del 19 gennaio 1855 condannò il Morese e Matteo Sica a dieci anni di prigionia, condanne ridotte dipoi con decreto del giorno 25 successivo a quattro anni (1). Durante la lunga carcerazione i due condan-
tri
nati invocarono più volte la grazia sovrana alle-
gando
la loro
la sera del
(1)
completa innocenza. Essi, radunando
15 maggio
le
guardie nazionali in Sa-
Archivio di Napoli, Ministero di giustizia,
collo del Consiglio di Stato, seduta del 25
proto-
gennaio 18B5.
113
ad ordini perentori del
avevano obbedito
lerno,
Carducci loro colonnello.
Morese, influente per
Il
larghezza di censo e potenti relazioni, aveva in-
vocato a suo favore la testimonianza dell'arcivescovo di Salerno, del comandacte
le
armi nella
provincia colonnello Quandel e del sottintendente di VaJlo
i
costume e
stato per siasi
innovazione
„.
come
Morese " fosse per indole alieno da qual-
quali attestarono
Lo
Gran Corte
il
stesso procuratore gene-
Angelo Grabriele, una relazione su una istanza di grazia del Morese, dopo aver riferite quelle autorevoli testimonianze, dichiarava: " In nessun'altra causa e per nessun altro imputato, il mio cuore si è trovato rale della
di Salerno
in
in contradizione dei miei doveri dizio
riflettente
Morese
il
„
(1).
quanto nel giuPortata questa
relazione nel Consiglio di Stato del 3 agosto 1855,
nonostante
si
importanti testimonianze,
cite dichiarazioni dello stesso
le
espli-
accusatore pubblico,
e le vive preghiere dell'arcivescovo di Salerno,
il
re fu inesorabile, sembrandogli avere già fatto ab-
bastanza con
la
concessa riduzione della pena.
Ma
nuove suppliche del condannato intervennero; altre persone potenti presso la Corte si mossero a prò' di lui; il re il dì 8 marzo 1856 fece grazia completa al Morese (2). IV.
Il
prosieguo
mutati, disposto
(1)
da
d' istruzione
la decisione
per molti
altri
Protocollo del Consiglio ordinario di Stato,
stero giustizia, verbale del 3 agosto 1855. (2) Ivi,
im-
accennata del 7 giu-
verbale del 28 luglio 1856.
Mini-
114
gno 1851,
protrasse per tutto
si
lo
l'anno, per l'altro successivo e per
ma non
1853, putati.
scorcio
del-
una parte del
arrecò altre prove contro
gli imQuesta considerazione, e forse anche la stan-
chezza derivante da
i
molteplici giudizi politici, in-
dusse la Gran Corte a porre una pietra sepolcrale
anche su
con varie sen-
tale processo, e quindi,
tenze del 16 e 19 aprile e 5 settembre 1853, or-
dinò la conservazione degli
atti
liberazione dei giudicabili, tra
vincia di Salerno, vallo,
in archivio e la quali, della pro-
laetano, Bracale, Licurgo Ca-
F. P. D'Urso di Eboli, Francesco, Pietro
e Nicola zuti,
i
De
Falco, dell'ingegnere Giuseppe Piz-
Giannattasio
del
e
(1)
del D'
Avossa
(2).
Rinviò però quest'ultimo innanzi a la Gran Corte di Salerno per imputazione di delitti politici in quella provincia.
V. Durante i
i
lunghi indugi dell'istruzione per
15 maggio molti imputati, avvertiti
fatti del
gretamente del mandato
di arresto
se-
emesso a loro
danno, erano riusciti a porsi in salvo fuori del regno. L'imbarcarsi per l'estero era allora di grande difficoltà
per
il
severo rigore e
1'
assidua sorve-
glianza adottata dal governo dopo la romanzesca
fuga da Napoli del tenente del genio Carlo Pisacane avvenuta nell'anno 1847, che destò tanto
(1) C!oii (2)
Per
decisione del 19 aprile 1853. il
D' Avossa la requisitoria
31 maggio 1851 aveva chiesto
Gran Corte con decisione nato invece un prosieguo
il
dell'
Angelillo del
rinvio a giudizio;
del 16 luglio 1851 d'istruzione.
aveva
ma
la
ordi-
.
115
partenza da
clamore.
Per
Napoli
prefetto di polizia Scipione Salvi aveva
il
piroscafi
i
postali
in
ordinato non solo un'accurata visita
ma
passeg-
maggiore vigilanza nell'interno delle
gieri e la
navi,
dei
inoltre che, fino al
momento
della par-
bordo di esse un ispettore, un gendarme ed una guardia di marina per esaminare ad uno ad uno tutti coloro che si tenza, dovessero restare sotto
il
imbarcavano ed accertarsi che avessero
le carte in
regola. Riusciva quindi quasi impossibile salire oc-
cultamente su presentavano
i
le
piroscafi postali. Minori difficoltà
navi straniere da guerra o di com-
mercio non soggette ad alcuna visita interna. Però la polizia le sorvegliava
esternamente
(1).
Alcuni degli imputati erano già oltre
il
con-
prima che cominciasse la reazione; tra gli Antonio Galletti, il superstite della rivolta del Cilento nel 1828 (2). Egli erasi recato a Roma e di là dopo la cadata della repubblica era fuggito con il Saliceti, con Carlo Pisacane e con altri a Civitavecchia, quindi a Marsiglia, ove approdò il 30 luglio del 1849. Come ho accennato precefine
altri
dentemente, il
Mancini,
altri il
imputati nello stesso processo,
Pisanelli,
il
Lanza,
il
Ruggiero
e
Raffaele Conforti erano su la nave francese L'Ariel partiti
(1)
da Napoli per Civitavecchia
il
1° ottobre
Archivio di Napoli, Prefettura di polizia, fascio 426,
incartam. 3334, anno 1847. Relazione del Salvi in data del
28 maggio 1847. (2) Di lui ho scritto nel mio libro già accennato rivolta, ecc.
»
e
La
116
e ripartiti
il
Genova,
di successivo per
Ruggiero che malato restò a barone G-ennaro maggio del 1849 nero tra
i
Bellelli (1).
era
in
meno
Civitavecchia.
Francia
il
Il
fin dal
Molte di queste fughe avven-
più gravi pericoli e nel
modo
più strano.
Narrerò di alcune di cui mi è riuscito aver notizia.
La
polizia ricercava insistentemente fin
state del
dei moti
da
l'e-
1849 Ulisse De Dominicis, uno dei capi del Cilento nel gennaio e nel luglio
del 1848, quindi deputato,
firmatario
pro-
della
Mancini del 15 maggio. Le estese e fide relazioni di cui godeva nel suo paese nativo, Ascea, ed in tutto il distretto di Vallo, avevano procurato sicuro asilo in varie case amiche non solo a lui, ma anche ad un suo intimo Giuseppe Verdoliva di Rutino ed al suo domestico Pasquale Feola. Però le ricerche incalzavano; la più lieve imprudenza
testa
poteva ad un tratto perderli, si che risolsero di tentare ogni mezzo per fuggire all'estero. Un tale Antonio De Rosa di Torre del Greco,
padrone di una tartana detta S. Gaetano assunse, mediante la promessa di un premio di seicento ducati (2), di imbarcare i tre latitanti sul suo legno e di condurli a Malta. Difatti, su la fine di aprile
del 1850
il
De Rosa con
a la marina del
(1) (2)
(3)
la
sua tartana
circondario di Pisciotta
si (3).
recò Ivi
Arch. di Napoli, Ministero esteri, espulsi, fase. 3842. Pari a L. 2250. Desumo questa narrazione da i documenti dell' .4r-
chivio di Najyoli, fase. 66, incart. 636, voi. 46, e da altri
che indicherò.
ì
117
ad
arte,
per assicurarsi in precedenza una com-
pleta impunità, confidò lo scopo della sua venuta
doganale del luogo Michele
al controllore
dano, che corse ad avvertirne
Grior-
sottointendente
il
del distretto cav. Celj Colaianni. Questi telegrafò
a l'intendente Valla di spedire in quelle marine
un piroscafo per raggiungere la tartana. L'intendente non aveva alcun piroscafo a sua disposizione: in mancanza di meglio mandò una scorridoia doganale ed una grossa barca con sbirri travestiti sotto il comando del famoso sergente Vignes.
Mentre questi procedeva a il
la volta di Pisciotta,
sera del 29 gendarmi sul lido diruta a Vallo di Marco nel te-
sottointendente fece appostare la
aprile
i
doganieri
presso una torre
ed alcuni
nimento del villaggio di Caprioli ove, secondo informazioni del sottointendente,
dovevano imbarcarsi su
i
la tartana,
le
tre
latitanti
che
bordeg-
giava alquanto in alto in direzione appunto della torre.
Mentre stavano cosi in agguato, ad un una barca muovere da la tartana
tratto scorsero
verso
il
lido.
Sembrava a
l'istante fortunato di
pubblica giunto
la forza
agguantare
i
latitanti
prima
che montassero in barca, quando ad un tratto questa volse la prua e
si
Poco dopo spariva anche
allontanò rapidamente. la tartana (1).
Nonostante l'amara delusione
(1)
il
sottointendente
Eapporto del sottointendente Colaianni del
1»
mag-
gio 1850 da PoUica. Archivio di Salerno, anno 1850, voi. 51.
118 si diede per vinto. Se i tre latitanti non erano comparsi sul lido dovevano ancora essere a terra
non
e quindi con
un
po' di
buon volere
raggiungerli. Ignorava che
il
compagni di lui erano giĂ a bordo fin da la sera del 29 aprile (1). Intanto
il
sergente Vignes con
da Salerno
partito
forse per
il
la
notte
si
poteva
De Dominicis ed
i
del
vento contrario, presso
i
della tartana
suoi
seguaci,
29, giungeva, la
Pisciotta soltanto a l'alba del primo
marina di
maggio
(2).
ColĂ ebbe notizia della scomparsa della tartana;
ma
in pari tempo assicurazione che i tre latitanti non si erano punto visti e che non potevano certamente essere riusciti ad imbarcarsi. Indubbiamente il De Dominicis ed i suoi avrebbero cercato un altro imbarco. L' energico sergente, imbaldanzito
dal costante successo delle sue imprese, corse con la scorridoia
zagliò
i
verso
la-
marina
di Palinuro e sguin-
suoi sbirri nei dintorni per venire in chiaro
della veritĂ . Le prime informazioni lo incoraggiarono molto. Tre persone armate vestite da pastori si erano accostate guardinghe al lido presso Pali-
nuro in attesa di una grossa barca che trasportava pesce a Napoli, avevano premurosamente chiesto ad una donna se avesse visto soldati, ed a la risposta affermativa di
(1)
lei
avevano presa
la
Eapporto del sottointendente del 31 maggio 1850.
Archivio di Salerno^
ivi.
Rapporto dello stesso Vignes in data del 10 maggio 1850 al capitano Filippo Nappa e rapporto del medesimo di eguale data, ivi. (2)
119
monti!
via dei
Vignes stava per mettersi
Il
(1)
a la caccia dei fuggiaschi
quando
che
De Dominicis
il
due
e gli altri
I
tre
agio
a
30
isola del
Grozzo la
mat-
del 17 mag" una barca appro-
sera
di seguente con
il
(2).
Speravano
poter vivere
di
tranquillamente colĂ qualche tempo
invece la po-
;
trasse in carcere per contravvenzione a le
leggi sanitarie e
deferi al magistrato, che
li
dannò ad una multa ciascuno si
la
aprile!!
darono a Malta
li
ricercati erano
profughi ben contenti sbarcarono a loro l'
gio 1850 ed
lizia
informatori
De Rosa
fuggiti proprio su la tartana del tina del
altri
dolorosa certezza
piĂš abili gli dettero l'assoluta e
Il
(3).
vendicò
cinque
li
con-
colonnati
per
governo, inasprito da l'insuccesso,
con
De Dominicis
di
il
sequestro
delle
rendite
del
con l'arresto di parecchi amici di lui, fra i quali il prete Aniello Marsicano e suo fratello Griuseppe, sospetti di aver favorito la fuga e del De Rosa come complice di essa (5).
Un
(4) e
da la polizia, il barone Mazanche lui della protesta Mandel 15 maggio, ebbe notizia il 14 luglio 1849 altro ricercato
ziotti, sottoscrittore
cini
(1) (2)
Rapporti suindicati. Nota del Ministero degli
affari
esteri, fascio 65,
incart. 636, voi. 46. (3)
Ministero esteri, espulsi, fascio 3842.
Lettera dell'intendente Valla dell'll giugno 1850. Arch. Napoli^ fase. 65, incart. 636, voi. 46. (4)
(5) I fratelli il
Marsicano nel 19 luglio 1850,
28 giugno dello stesso anno.
il
De Eosa
120
un mandato
di
di arresto a suo carico. Si rifugiò
nella villa Minardi
proprietà vi
trattenne fino a
si
seppe che anche
si
il
Vesuviana
De
stesso
di
e
primi di ottobre, qaando
i
De
Siervo e due
dei suoi
processo.
Una
perquisizione
quindi
poteva sopravvenire da un momento a
Mazziotti riparò nella povera casa di
11
Siervo,
Francesco e Fedele, erano complicati nello
figli,
villa
Somma
presso
amico Nicola
sao
del
prete del luogo e vi
da
stito
a
l'estero.
Il
un mezzo
giorno 8 ottobre ve-
marina
della
ufficiale
un bravo
trattenne alcuni giorni in
si
attesa che la sua famiglia gli procurasse
per fuggire
nella l'altro.
francese
in Napoli. Nel caffè Del G-reco al largo
si
recò
del Ca-
ora piazza del municipio, rinvenne un uffimedico francese della nave da guerra V Ariel (1) e l'ex deputato Michele Primicerio e tutti e tre andarono a bordo. La nave, su la quale si trovavano anche gli altri ex deputati Abignenti, Giura, Bellelli (2), mosse il giorno 10 per Civitavecchia, stello,
ciale
Ivi
non potettero approdare:
concesso,
o
pontifìcio
li
essi
stessi
forse
non fu
temettero che
il
loro
governo
consegnasse a la polizia napoletana.
Certo a Civitavecchia
si
imbarcarono su un piro-
scafo pure fraacese, lo Scamandro, che partiva per
(1)
A
Desumo queste
notizie da
procurare l'imbarco
si
un
diario del Mazziotti.
adoperò un tale Browon ad-
detto a la legazione inglese in Napoli. (2) Il Bellelli
era ritornato da la Francia a Napoli.
121
Malta.
Prima
dell'alba
16 la nave,
giorno
del
avvolta in una densa nebbia, urtò in uno scoglio tra
Noto
La
sera molte barche faticosamente la rimorchia-
e
Siracusa e
rimase assai malconcia.
rono nel porto di Siracusa. Dopo parecchi giorni su un'altra nave, Malta.
La mattina
il
Sesostri,
i
fuggitivi giunsero a
seguente la polizia locale
li
fece
tornare sul Sesostri e di là partire per Livorno,
ove neanche venne loro permesso di approdare. Ripartirono per Genova, e soltanto colà potettero scendere a terra. VI. Compiuti gli atti prescritti da
cedura criminale del tempo
venne
le leggi di
459
prò
e seguenti)
iniziata la discussione della causa a carico di
quaranta contumaci, tra cui petta,
(art.
Griov.
deputati Luigi Zup-
i
Andrea Romeo,
l'ex
intendente
di
Salerno, Aurelio Saliceti, Raffaele Piscicelli, RafConforti, F. P. Ruggiero, P. E. Imbriani,
faele
Ottavio Tupputi, Vincenzo Lanza, lelli,
Gennaro Bel-
Stefano Romeo, Gaetano Giardini, Ulisse
Dominicis, F. A. Mazziotti,
Giuseppe De Vincentiis, P.
Casimiro S.
De
De
Lieto,
Mancini, Giuseppe
Massari, Goffredo Sigismondi, Giuseppe Del Re, il
duca Proto
di
Maddaloni, Giuseppe Sodano, An-
tonio Torricelli, G. B. Lacaita, Antonio
Galletti,
Michele Farina, Luigi e Salvator^ Sangiorgio, Nicola Magaldi, Raffaele Cupolini, Federico Castaldi,
Pasquale, Pietro, Clemente e Luigi Catalano Consaga, Giovanni
La
Cecilia,
Ferdinando Pescarini,
Pierangelo Fiorentino, Francesco Perez e Francesco
Ferrara per cospirazione
contro
la
sicu-
122
rezza interna dello Stato ed attentato a la guerra civile. Il
procuratore generale Angelillo nelle sue con
clusioni
chiese
orali
la
condanna di morte per
ventidue degli imputati, cioè Torricelli, Piscicelli,
La
Sodano, Zuppetta,
Cecilia,
Romeo, Saliceti, Ruggiero, sari,
il
Gr.
Conforti,
A. e Stefano
De
Lieto,
Mas-
Mazziotti, Imbriani, Tupputi, Lanza, Bellelli,
De
Griardini,
Dominicis, Galletti, Pietro Catalano
Oonsaga e Gaetano Giordano la pena di diciannove anni di ferri per Fiutino, De Vincenzi, Pisanelli, Sigismondi, Mancini, Del Re, Proto, Mazza, :
Luigi e Salvatore Sangiorgio, Meola Magaldi, FĂŠ
â&#x20AC;˘
derico Castaldi e Ferdinando Pescarini; di dician-
nove anni
di ferri
per Clemente e Luigi Catalano
Consaga; l'esilio perpetuo dal regno per Fiorentino, Perez e Ferrara; un prosieguo d'istruzione per Pasquale Catalano Consaga, Miciiele Farina e Raffaele Cogolico.
Comparvero innanzi a
la
Corte come testimoni
avevano
stesse spie e confidenti di prefettura che
figurato tristamente nel processo contro
Difesero
i
rini Serra,
detenuti.
giudicabili varii avvocati, tra cui il
Castriota ed
parola eloquente tando,
i
come
a
nulla
il
Lauria
valse.
La
;
le
ma
il
Ma-
la loro
Corte, accet-
nella precedente sentenza, l'assunto
dell'accusa che
i
fatti del
15 maggio fossero
stati
preordinati da una lunga cospirazione, ritenne fal-
samente che Monteoliveto
deputati da
i
avessero
delle barricate.
i
balconi del palazzo di
incitato
Ritenue pure
a la
formazione
la partecipazione di
.
123
alcuni imputati al conflitto del 15 maggio, quindi
con decisione del 20 agosto 1853 accolse
le
con-
clusioni del pubblico ministero.
A
dimostrare con quanta leggerezza la Gran
Corte speciale accogliesse
vere ad esempio
fatti
i
le
accuse basta trascri-
ritenuti
da
la Corte,
su
semplici informazioni della polizia, a carico del Con-
del Bellelli, del Mazziotti. Per
forti, essi,
in
dopo aver detto che più volte
Salerno
per affari
soggiunse
Corte
relazioni
e
"
della
si
primo di era recato
sua professione,
vuoisi che colà avesse
contatto
con
persone
reputate settarie e sopratutto con
Romeo
il
la
avuto
notoriamente
Giovanni An-
Per il Bellelli la sentenza afferma che egli venne in Salerno, in compagnia di Saliceti, si pose ivi in contatto con persone conosciute pubblicamente per sentimenti sovversivi e tale egli pure si appalesò nei tempi di massimo torbido politico „ Per Mazziotti " Fu uno dei principali prodrea
„.
"
.
motori dell'insurrezione del Cilento in gennaio 1848.
Pubblicata la costituzione trada, ove tenne
altre
si
recò in quella con-
sovversive pratiche e tra
esse quella di farsi eleggere a deputato.
Da
principalmente fu operata e diretta la seconda
lai ri-
volta del Cilento avvenuta in giugno dello stesso
anno
Le
„
leggi di procedura allora vigenti nel regno
condanna a morte dopo quindici giorni da la sentenza la Corte, che aveva pronunciato, dovesse riesaminare di ufficio la causa. Confermandosi la stabilivano (art. 473), nei casi di
in contumacia, che
124
condannato contumace veniva dicliiarato pubblico nemico, ciò che importava " che qualunque individuo della forza pubblica nel procurarne l'arresto, per. qualunque leggiera resistenza anche presunta, potesse impunemente ucsentenza
il
ciderlo â&#x20AC;&#x17E; (1). se a questa
Da
gli atti del giudizio
disposizione ottemperasse la
Corte criminale.
(1)
non
Art. 473 suindicato.
risulta
Gran
CAPITOLO
VI.
—
Sommario. I. Processi per le uccisioni avvenute nei moti del gennaio 1848 - Provvedimenti a favore delle famiglie delle vittime - Severi ordini
—
processi
II.
La
del re per tali
squadriglia Vairo arresta gli
uc-
barone Maresca - Inizio della causa - Deposizioni commoventi di alcuni testimoni - Gli imputati invocano le amnistie emanate per i reati politici -La Corte ritiene trattarsi di delitto comune - Difesa degli imputati - Sentenza della Corte - Vano ricorso di Luigi De Mattia - Esecuzione capitale di lui - ProvIII. Processo per vedimenti per gli altri condannati la fucilazione di Rosario Rizzo - Arresto degli imputati - Loro difese - Sentenza della Corte - Commutazione della pena di morte in quella dell'ei'gastolo ad IV. Giudizio per l'uccisione del uno dei condannati. De Fe'o - Strana unione di questo delitto ad altri fatti Condanna emessa da la Corte speciale. cisori del
—
—
I. si
Presso la Gran Corte criminale di
istruiva con molta alacrità
Salerno
un processo per
i
moti avvenuti nella provincia nel luglio del 1848. L'ufficio di istruzione, nell'indagare su quegli av-
venimenti, ebbe per la prima volta conoscenza di
numerosi
fatti verificatisi nell'insurrezione del
naio dello stesso anno, tra gli del barone
Andrea Maresca
in
altri, delle
gen-
uccisioni
Pisciotta, di
Ro-
126
sario Rizzo in Salento e di
Casalvelino
Gennaro De Feo
in
(1).
Nel periodo turbinoso ed agitato
clie
segai a la
concessione dello statuto, tra ansie e clamori continui,
crudeli avvenimenti
i
nosciuti ducci,
fuori
del
distretto
dubbio
senza
aveva trionfato; potenti e temuti
erano
Vallo.
di
Il
sco-
Car-
maggiore responsabile,
il
suoi amici
i
rimasti
erano
al
governo,
chi avrebbe ardito di accusarlo ?
;
D'altra parte, un articolo dello statuto aveva so-
lennemente promesso su tutto
bile
il
passato
di porre
un
velo
impenetra-
un provvedimento sovrano
;
del 10 febbraio aveva concesso piena amnistia per tutte le reità di Stato.
La
scoperta di quei fatti destò viva impressione
nella capitale. Si trattava, per
De
il
Maresca e per
il
Feo, di due capi urbani trucidati per la loro
Maresca poi apparteneva
fedeltà al re. Il barone
a cospicua famiglia della contrada, segnalata per antica devozione a
i
Borboni, massime nella rivolta
avvenuta nel Cilento
nel
1828.
furono presi, a l'annunzio di
Il
quei
re e la Corte truci delitti,
da un profondo sdegno contro gli autori e da una grande pietà verso le vittime e
di essi le loro
sventurate
famiglie. Il re volle, egli proprio, con
ordine del
23 luglio
sione
di
dodici
vedova Maresca di
lei,
(1)
Q-iuseppe,
Le ho narrate
cap. 2°.
1850, assegnare una
ducati
al
pen-
mese (lire 51) a la primo dei figliuoli
e conferi al il
posto di capo urbano d'Ascea,
nel
mio
libro: Il Carducci, voi. 1°,
127
già
tenuto dal padre
(1).
un assegno mensile
elargì
di
A
la vedova del Feo nove ducati (lire 38.25)
ed a i due figli di ducati tre (lire 12.75) per ciascuno (2). In pari tempo ordinò clie si procedesse
con straordinaria rapidità per quei delitti e nelle adunanze del Consiglio di Stato del 29 agosto e
del
ogni
1850
settembre
7
Maresca
causa
fosse
(3),
trattata
altra, e che, nell'ipotesi di
morte,
si
fosse
lasciato
che
la
preferenza
di
dispose a
una condanna
libero corso a
la
di
giusti-
Provvedimento davvero eccezionale, per che, per eseguire una condanna di morte, si richiedeva sempre l'assenso del sovrano, lascianzia (4).
dosi in tal
da parte
modo
adito a le
domande
dei congiunti dei condannati
di !
grazia
Il re
era
morte del Maresca che volle in precedenza, mediante una pronta esecuzione della condanna, rendere vana ogni opera tanto indignato per
la
pietosa di parenti o di amici. II.
Fin dai primi giorni del novembre 1848 la di Salerno aveva disposto
Gran Corte criminale
l'arresto degli esecutori del reato. L'incarico di ar-
(1)
Archivio di Napoli,
incart. 636, fase. 66, voi. 76.
Giuseppe Maresca ebbe dipoi il posto di tenente nelle guardie di finanza, cbe dovette lasciare in seguito per
una infermità. 2) Nota del ministero Archivio di Salerno, (3)
dell'interno dell'll dicembre 1850,
carte sfuse, incart. 492.
Archivio di Napoli, ministero
giustizia, afiari pe-
nali, fase. 4894. (4)
Archivio di Napoli, ministero giustizia, protocollo
del Consiglio di Stato del 7 settembre 1850, n.
5.
128
dato a la squadriglia del cav. Vairo,
restarli fu
che non ebbe, nell'adempiere
suo mandato, ad
il
incontrare molte difficoltà, poiché essi vivevano tran-
quillamente nei propri paesi ritenendo che la R. in-
dulgenza del 10 febbraio 1848
li
ponesse al sicuro da
ogni persecuzione. In una sola giornata,
novembre
del 1849,
che
Mattia,
si
il
il
22 no-
Vairo imprigionò Luigi
credeva avesse comandato
il
De
fuoco,
Pasquale Marino, Domenico Inverso, Angelantonio Agrillo, Antonio Palladino, F. S. Principe,
De
Luigi
Un altro si
Pasquale
Sevo,
Botti, indiziati
come
De
Vita
esecutori
degli imputati,
un
tale
ed
Aniello
della fucilazione.
Taddeo
di Matonti,
trovava gravemente infermo nell'ospedale mili-
tare della
Si iniziò
a la
Napoli e vi mori
Trinità di
18 lu-
il
1850.
glio
la
discussione
Gran Corte criminale
dal barone Graetano Mirto
della
causa
davanti
di Salerno, presieduta (1).
Destò
viva
emo-
zione nei giudici e neiruditorio assai affollato
testimone Federico Sacco, un buon prete del
il
vil-
laggio di Rodio, economo della chiesa parrocchiale
da un tale Troccoli, che apparteneva a la bande
di Pisciotta. Egli narrò che,
Angelo Maria
cilentane, a prestare
Maresca, e del
si
conforti religiosi al barone
recò nella piccola cappella di S. Sofia
Carmine a
(1) I
i
invitato
componenti
l'ingresso del paese. Nell'entrare,
della
Gran Corte erano
Mancinelli, Lagreca, Quinto, Cotini,
i
giudici
Mariottini e Ricca.
Pubblico Ministero il procuratore generale Angelo GaDifendeva il De Mattia l'avv. Nicola Mottola.
briele.
129
mezzo a una folta e vivace schiera armata (1), un uomo seduto su una rozza panca di legno, sfigurato nel viso, conscorse, in
gente
di
Un
vulso e tremante.
Aniello Marsi-
altro prete.
cano di Pisciotta, che pure aveva assistito resca, ne descrisse
miserando
con parola commossa
Parve a
(2).
inumano
tutti
del Carducci a concedere la grazia i
due
da
preti e
i
il
Ma-
lo stato
diniego
il
chiestagli
da
piĂš autorevoli del paese, tra cui
Ignazio Mandina suo ospite, Luciano Sanile e Gabriele Sacchi.
Un
fremito di raccapriccio e di pietĂ
nella vasta sala
a
la
(3):
colpo, che
gli
saltar fuori
il
mezzo a
al
seguiti
il
primo
cranio e fatto
rumorosa
dell'in-
palpitante;
gli il
(4).
imputati invocarono la sovrana indulgenza
Grli
l'eccezione
ritenendo
soli delitti politici.
soltanto
(1-2)
voi. I.
lugubre
immediatamente; da ultimo
del 10 febbraio 1848;
i
il
ancora
suolo,
colpo di pistola nell'orecchio
a
la
la piazza;
aveva fracassato
cervello; la caduta
riverso
altri colpi
diffuse
condannato, barcollante, esterrefatto,
il
trascinato a forza in
felice,
rievocarono
esecuzione,
triste
scena
si
quando alcuni testimoni, presenti
un
reato
ma il
la
Gran Corte respinse
provvedimento
La
ristretto
Corte ravvisò nel fatto
comune, giudicando un mero
Archivio di Salerno,
processo
Deposizioni scritte ripetute
Maresca, 40-1-50,
poi nel dibattimento
orale.
Processo Maresca, voi. I. narrato il fatto nel libro
(3)
Ho
(4)
pag. 107. 9
II
Carducci, voi.
I,
130
mancata esibizione delle armi prebando del Carducci e causale vera del reato la vendetta che Ulisse De Dominicis aveva voluto esercitare contro il Maresca, il quale nel 1828 aveva denunziato il padre di lui fucilato dipoi a Salerno il 22 settembre dello stesso anno (1). Avpretesto la scritta dal
valorava questo convincimento, al dire della sentenza, la circostanza che restato
il
Carducci, avendo ar-
come contravventori
al
bando
il
e Pasquale Gruercio, aveva poi liberato
timo
(2).
madre
la
Inoltre di
da
Ulisse
Maresca quest'ul-
testimoni uditi risultò che
i
De
Dominicis, nel
morire,
aveva detto al figliuolo, alludendo a la fucilazione del Maresca: " Ora muoio contenta perchè mio marito è stato vendicato ».
A propria difesa gli imputati addussero di aver dovuto obbedire ad un ordine militare del loro capo, il quale si era proposto con la fucilazione del capourbano Maresca di atterrire i realisti della contrada:
da tia
si
studiarono inoltre di attenuare la parte
avuta nel doloroso avvenimento. Il De Matsmenti risolutamente di avere tirato il primo
essi
colpo;
Le
ma
le
sue proteste non persuasero la Corte.
relazioni ufficiali del cav. Valla intendente
della provincia (3) e
del
del distretto Giuseppe
La
capitano dei gendarmi
De Liguoro
(4)
riferivano
(1)
Mazziotti,
(2)
Carducci,
(3)
Relazione del 19 novembre 1849. Archivio di Na-
rivolta del Cilento nel 1828, pag. 141,
ecc., voi. I,
pag. 106.
poli, fase. 66, incart. 636, voi. 76. (4)
Archivio di Salerno, carte sfuse, fase. 28.
131
che la condanna del Maresca era stata pronun-
da una Commissione militare. Anzi il De Liguoro aveva di questa persino indicati i componenti (1). Anche la voce pubblica aveva ritenuto cosi ed in buona fede lo affermò qualche scrittore del tempo (2). E quella opinione era prevalsa interamente nonostante che una lettera ufficiale dell'ispettore di polizia di Vallo, scritta poco dopo l'avvenimento, l'avesse smentita nella forma più recisa (3). Nel pubblico dibattimento apparve in ziata
modo luminoso, per concorde dichiarazione di tutti i
testimoni, che niun giudizio intervenne
e
che
l'ordine di fucilazione fu dato, di sua autorità, dal
Carducci.
Esaurite
le difese
degli imputati,
la
Corte
si
camera di consiglio il 12 ottobre del 1850 e dopo breve discussione pronunziò la sentenza, condannando con voto unanime a morte (4) Luigi De Mattia che aveva diretto l'esecuzione e tirato il primo colpo contro il Maresca. Severa condanna certo, ma non ingiusta, ne iniqua a riunì
in
Gervasio Passero, Luigi De Mattia, (1) Stefano e Francesco Jannotti di Vallo e Raffaele Mariani di Vallo (ivi).
pag. 24. Anche io (2) De Angelis Carlo, Memorie, sono caduto in questo errore nel mio libro La Rivolta del Cilento, appendice pag. 231, non avendo allora potuto trovare il processo. (3)
Archivio di Napoli, fascio 66
(4) Il
De Angelis
che la condanna del contro uno.
come
sopra.
nel libro citato dice erroneamente
De Mattia ebbe luogo con
voti tre
132
fronte della crudeltà del delitto
Condannò
!
poi,
a maggioranza di voti, a trenta anni di ferri F. S. Principe, Pasquale Marino,
Domenico Inverso ed
Angelantonio Agrillo, a venticinque anni Antonio Palladino, assolse
il
De Vita ed
Botti perchè
il
non avevano preso parte a l'esecuzione ed il De Sevo perchè risultò dimostrato che il medesimo aveva soltanto messa una benda su gli occhi del Maresca. per
Il
dispositivo della sentenza
cantonate della
le
notte gli
città,
ma
nel
fu
affìsso
corso
della
vennero strappati.
affissi
che
Si disse allora
i
difensori del
De Mattia
avessero presentato, la sera stessa della condanna,
Suprema di giustizia, ma che la Gran Corte criminale di Salerno
ricorso a la Corte
cancelleria della
non avesse voluto riceverlo, né la sera, stante né l'indomani-perchè giorno festivo (1).
l'ora tarda,
Ripresentato
il
lunedi successivo,
il
generale Gabriele notava in margine
procuratore ricorso
al
che questo era inammissibile ed ordinava l'esecuzione della sentenza. L' ordine reale dato in pre-
cedenza non lasciava adito a dubbi né ad esitanze.
Due
fratelli
del
De
Mattia, Celestino
e Ciro,
corsero trepidanti a Caserta, ove allora villeggiava Il
re,
per impetrare la grazia della vita del loro
congiunto;
voce che
il
ma
invano. Si
diffuse
da prima
ghiere ed a le suppliche più commoventi sicurò invece dipoi che
neanche
(1)
Lo
la
re fosse rimasto inesorabile a le pre-
egli
non
avesse
:
si
as-
voluto
riceverli.
dice anche
il
De
Angelis, ojjera citata, pag. 68.
133
Mentre i due supplicanti si affannavano per ottenere una udienza in Caserta, una breve nota del
procuratore
generale
1850 disponeva
tobre
messo in cappella
Gabriele
che
12
del
ot-
condannato fosse
il
Una
e poi giustiziato.
vecchia
4 ottobre 1828 disponeva potesse procedere ad esecuzioni capi-
circolare ministeriale del
che non tali
si
prima
tenza per
giorno 13
di ventiquattro ore
conforti religiosi
i
il
almeno da
sen-
la
condannato.
al
Grabriele scriveva a Tintendente
Il
" ler-
:
due fu messo in cappella Luigi domani 14 corrente a le ore 14 italiane
sera sabato a le ore
De Mattia
e
(8 antim.)
dovrà essere giustiziato con
tazione
nel
La prego
solito
di voler
locale
dare
in le
convenienti
zioni a ciò la pubblica tranquillità
bata nel corso
La
dell'
la
decapi-
capoluogo.
questo
disposi-
non venga
esecuzione della giustizia
tur-
„ (1).
pia congrega di S. Antonio dei nobili, che
per suo antico istituto adempiva in Salerno pietoso
ufficio
dell' assistenza
a
i
morte, inviò a la cappella due religiosi.
Mattia
li
accolse con
cramenti dal
come
attesta
parroco il
(1)
Raffaele
De
Il
grato, e ricevè
i
sa-
Massa Sparano,
registro parrocchiale
della chiesa di S.
menico
animo
il
condannati a
dei
Maria della Pietà e
defunti
di S.
Do-
(2).
Archivio di Salerno, carte sfuse, fascio 65.
registro dice cosi in data del 14 ottobre del 1850 In comunione Sanctae Matris Ecclesiae animam Deo reddidit, sanctissimo viatico defectus et sacri olei unctione roburatus ». (2) Il
«
:
134
A
l'ora stabilita, cioè a le otto del mattino,
una
schiera di gendarmi
con il capitano a la testa, l'esecutore di giustizia ed il suo aiutante si recarono al carcere di S. Antonio per la consegna del condannato, che
venne eseguita dal custode Antonio Savalugubre corteo, preceduto da
maggiore
delle prigioni di Salerno,
stano
Quindi
(1).
il
preti che salmodiavano, della città verso
il
mosse per
le
vie interne
largo piazzale che allora esi-
steva fuori Portauova, ora occupato da molti editra cui il gran palazzo dei signori Conforti. In quel piazzale adibito per vecchia usanza a le esecuzioni capitali (2), sorgeva un gran palco
fìci
di legno tutto coperto
di rosso e su questo splen-
deva di luce sinistra la mannaia. Del contegno del condannato nelle ore estreme tacciono i documenti del tempo una relazione del ;
commissario di polizia Scafati, che assistette supplizio
non contiene che queste parole:
"
al
Si è
eseguita oggi la decapitazione di Luigi di Mattia.
L'ordine pubblico non ha sofferto alterazione laconico
Il
„ (3).
commissario non credette valesse la
pena di aggiungere
altro, riferì
sommariamente su
Nota del 15 ottobre 1850, Archivio di Salerno, ivi. Erroneamente il registro dei defunti della parrocchia suddetta designa in data del 14 ottobre 1850 avvenuta (1)
(2)
l'esecuzione nel locale stesso delle carceri.
Lo smentiscono
nota citata del 13 ottobre del Gabriele cbe accenna al solito luogo delle esecuzioni, ed il registro dello stato civile che afferma la morte avvenuta fuori porta orienla
tale.
(3) ivi.
Nota
dello stesso del L4 ottobre, Archivio di Salerno,
135
lugubre esecuzione come su una qualsiasi delle
la
pratiche consuete di ufficio.
un avvenimento
tava di
De Mattia
del
Eppure non
si
trat-
ordinario: l'esecuzione
fu la sola avvenuta per causa po-
provincia di Salerno.
litica in
Narra
che mentre
la tradizione
il
corteo pas-
sava imianzi la chiesa di Portanova, denominata ora del Crocefisso,
una
di
il
carnefice che teneva
corda, con cui
legato,
la
tirasse
acuto dolore.
Il
il
bruscamente,
De Mattia
il
capo
paziente era strettamente
si
causandogli un
volse indignato, quindi
levando
gli occhi al cielo in atto di
prosegui
il
cammino. Vuoisi che
rassegnazione
dell' atto
inumano
qualcuno dei pubblici funzionari, che accompa-
gnava
il
corteo, avesse
carnefice. Riferisce
giunto
al
il
nobilmente rimproverato
D'Ayala che
luogo del supplizio
si
il
il
condannato
strappò
ardita-
mente
la benda postagli innanzi a gli occhi e sali con coraggio sul palco (1). Il corpo del De Mattia,
è detto nel registro parrocchiale,
venne inumato m uno
in pubblico septUcreto, vulgo Camposanto,
destinato appunto a la sepoltura dove anche oggi il popolo suole accendere delle lampade in suffragio delle sante anime dei decollati (2).
spazio a parte dei
Il
giustiziati
governo, nonostante che
sposto la liberazione del
(1)
De
la
Corte avesse di-
Sevo, del
De
Vita e
Vite degli italiani benemeriti uccisi dcd carnefice, pa-
gina 240. (2)
Cosi
mi
riferisce
il
prof. P. E. Bilotti,
amico, benemerito direttore Salerno.
dell'
mio cortese
Archivio provinciale di
136
empara con reale rescritto del 23 settembre 1850 e li tenne in carcere (1). Il De Sevo, con una supplica del 24 otdel Botti,
sottoposte
li
all'
tobre successivo, invocava la sua liberazione e
si
doleva di morir di fame e di dormire su la nuda terra
sue speranze restarono deluse e
(2); le
cembre 1851 nelle
il
di
isole
Peccheneda
Tremiti
(2).
lo
mandava
il
26 di-
confinato
due ascirono
Gli altri
il 24 marzo 1852. due anni circa di distanza dal giudizio narrato segui V altro per la fucilazione di Rosario Rizzi avvenuta in Salente il 29 gennaio 1848. Per mandato della Gran Corte criminale di Sa-
dal carcere III.
A
lerno la squadriglia Vairo tori del delitto, Raffaele
gnano, Francesco
La Greca
Andrea Celano fabbro Castagno bracciante signato di
arrestò
bracciante di S. Mango,
ferraio di Perito e di Casigliano.
come complice,
il
del
Un
Pasquale altro de-
fucilato,
insorti
1851
(3).
Tra
gli
fratello
di
20
lu-
Omignano
Vairo arrestò invece di
Alberto, che
il
imputati vi era pure un
certo Leopoldo Pizzuti bracciante la squadriglia del
aveva
era già in prigione,
forse per altro delitto, in Aversa, e vi mori glio
Tomeo
pastore Nicola
Camperà, che per ordine degli
reciso la testa
presunti au-
i
Lerro falegname di Omi-
lui
;
suo
generosamente per affetto Ma durante l'istruzione arrestato Leopoldo Pizzuti,
fraterno tacque l'errore. si
chiari
l'
equivoco ed,
venne messo
La
(1 e 2) (S)
in libertà
il
fratello.
difesa degli imputati invocò
i
reali decreti del
Dog. succennati fascio 145.
Archivio di Salerno, fascio 49-29 del 1849, voi. II.
137
23 gennaio, 1° febbraio e 14 febbraio 1848, che avevano concesso una generale amnistia per tutti i delitti
politici anteriori, tra
comprendere avuto
quali, sostenne, doversi
non avendo
imputati alcun movente particolare per
gli
La
eseguirla.
mune
i
la fucilazione del Rizzo,
Corte ritenne trattarsi di reato co-
poiché gli articoli 129, 130 e 131 delle leggi
come
di procedura criminale consideravano politici gli
delitti
omicidi solo nei due casi di guerra civile
tra la popolazione del classe di persone (1).
regno e
di strage contro
una
Constatata quindi la parte
avuta da ciascuno degli imputati nel
triste avveni-
Gran Corte con sentenza
del 10 mar-
mento,
la
zo 1852 condannò a morte Raffaele Lerro, a
l'er-
Francesco La Greca, a ventotto anni di Andrea Celano e Pasquale Castagno, a ven-
gastolo ferri
tidue anni di ferri Leopoldo Pizzuti.
com-
re
Il
mutò per
il Lerro, con decreto del 31 marzo 1852, pena di morte nell'ergastolo. IV. Pochi mesi dopo cominciò 1' altro giudizio per V uccisione, avvenuta in Casalicchio (2), del
la
De Feo a carico di Sodano di Celso arrestato come man-
capo urbano Gennaro
sotto
Filadelfo
dante
il
23 ottobre 1850, e di alcuni
terranei ritenuti
esecutori
materiali
Vennero, circostanza davvero in questo giudizio
Giuseppe Ferrara
suoi
di Torchiara e
di S. Biase imputati
per
tutto indipendenti da quella morte, cioè
(1)
(2) Il
compresi
s.ingolare,
Angelo Pavone
con-
del delitto.
fatti del
il
Pavone
Decisione del 10 marzo 1852, Archivio diSalerno, idem.
Narrata nel mio libro R Carducci, si chiama ora Casalvelino.
comune
voi. 1",
cap.
2°.
138
per avere sequestrato denaro a
imposte del suo circondario a
gli esattori
tare le masse insurrezionali ed
delle
scopo di sosten-
lo
Ferrara per la
il
parte presa nel moto di Castellabate.
La Gran
Corte, con decisione del 23 ottobre del
1852, condannò a morte dell'
il
Sodano come mandante
omicidio e reo di cospirazione e di banda ar-
mata: condannò
altri
cinque come complici de-
gli stessi fatti a ventiquattro
gelo
seppe Ferrara a loro
sei
ferri,
An-
ferri e
Griu-
anni di
Pavone a venticinque anni
di
anni di prigionia per
Un
rispettivamente attribuiti.
4 novembre 1852 commutò in quella dell'ergastolo per
il
i
reati
decreto
del
morte Sodano, che venne
la
pena
di
mandato ad espiarla nell' isola di S. Stefano. Angelo Pavone consegui, dopo qualche anno di ferri, la grazia sovrana con indulto del 18 giu-
gno 1854 tello
(1) in
considerazione che
l'altro
suo fra-
Carlo più giovane trova vasi del pari in galera breve. NoAngelo Pavone venne mandato
per reità di Stato, come narrerò tra nostante la grazia,
a domicilio forzoso in Baroni ssi
(2). Il
re
commutò
pena del carcera in quella della relegazione a Giuseppe Ferrara, che andò ad espiarla a Ventotene.
la
(1)
Non mi
è però riuscito rinvenire la risoluzione reale
nel protocollo del Consiglio di Stato, non essendovi verbale di quel giorno. (2)
Archivio di Salerno, carte sfuse, fascio
5.
CAPITOLO
VII.
La Gran Corte speciale
Sommario.
—
di Sala nel
I.
Processo per
maggio 1848
-
le
di Saierno.
agitazioni del distretto
Arresto di Micliele Aletta
-
Sorprendente interrogatorio di lui - Sua condanna a morte - Commutazione della pena nell' ergastolo. II. Istruzione per i moti del Cilento nel luglio - Arresto dei fratelli Francesco e Carlo De Angelis, di Giambattista Riccio, di Domenico Picone, di Ovidio Senno, di Luigi Magnoni, di Carlo Pavone, di Pasquale Lamberti, di Giuseppe Pessolani e di Giuseppe Vitagliano - Sequestro delle carte del Carducci - Sorpresa di importanti documenti in casa Passero. - Discussione della causa - Severe conclusioni del pubblico ministero - Difese degli imputati - Gravi condanne -
—
Invio dei condannati a
Fuga
i
ferri al
bagno
La moglie
di Nisida.
—
Diego De Mattia - Enrico Mambrini ripara in Piemonte - Latitanza di Giovanni Carducci, di Nicola Causale, di Giovanni Guerrieri, di Filippo Vitagliano, dei fratelli Coco - Iscrizione dei contumaci nell' albo dei rei assenti. IV. Arresto dei fratelli Lucio e Salvatore Magnoni e di Emanuele Giordano - Gravi condanne contro di essi - Loro invio a la galera - Arresto di Stefano Passero - Processo - Sentenza di assoluzione - Presentazione spontanea di Giovanni Ausilio e di Angelo Petroni - Chiusura di quest' ultimo in
III.
—
di altri imputati -
di
140
—
un convento. V. Processo per i fatti di Sapri del 1848 - Arresto di molti imputati - Il loro processo - Condanne dei
moti
—
VI. Persecuzioni contro gli autori
Castellabate
di
Pompeo De Angelis
luglio
del
1848 -
La fuga
Suo travestimento da benedettino - Scoperta ed arresto di lui - Condanna di Antonio Ronzio, di Luigi Parente e di Pompeo De di
-
Angelis.
I.
Negli
uffici giudiziari di
Salerno
si
istruivano,
con grande alacrità e fervore, numerosi processi per gli avvenimenti del 1848. Grli arresti
politici
e le perquisizioni
polizia,
seguivano senza tregua; giu-
si
procuratori del re, commissari
dici istruttori,
giudici
regi,
davano da fare per
sbirri
i
disordini
promossi principalmente praticante usciere
guardie urbane
di si
la ricerca dei colpevoli.
Venne compiuta, prima processo per
e
presso
di tutte, l'istruzione del
del
distretto
di
Sala,
da Michele Aletta già il
tribunale di Salerno,
condannato per gli avvenimenti del 1820 a cinque anni di prigionia. Costui, mandato dal Carducci nel maggio 1848 ad agitare il distretto di Sala, era salito con pochi dei suoi coi terranei, portando una grande bandiera tricolore, s d monte Raccio, e di là aveva inutilmente eh .imato a raccolta le guardie
muovere su
nazionali della contrada per
aveva destato molto clamore tanto più che l'Aletta aveva dif-
(1)
Per
i
la capitale (1). Il fatto
precedenti dell'Aletta e per l'episodio cui ac-
cenno, veggasi
II
Carducci, voi.
1°,
pag. 143 e seguenti.
141
fuso la voce che egli capitanava di gente sbandata,
ma
non un manipolo
diecimila uomini armati di
tutto punto.
Nonostante questa temeraria intrapresa, zarro uomo, allorché venne la reazione,
neanche lontanamente
il
meno
di nascon-
Se ne stava tranquillamente a Salerno, con-
servando tutte tra
biz-
pensiero di mettersi al
sicuro al di là del confine, o al dersi!
il
non ebbe
le
della giornata
sue
le
i
antiche abitudini, quella,
le
parecchie
caffè della città, e
enfaticamente
di narrare
minciare da
per
frequentare
di
altre,
le
si
sue
ore
compiaceva
vicende, a co-
riunioni carboniche
del venti fino
famoso accampamento del Raccio. La polizia non durò molta fatica per mettere le mani addosso a quell'ingenuo. Il famoso sergente Vignes, ebbe il 18 luglio 1849 dal suo maggiore, al
cavaliere Pignataro, l'ordine di arrestare l'Aletta.
Sapendo
le
abitudini
di
lui,
appostò
si
vicino
ove egli soleva recarsi la mattina, gli lo condusse difilato nelle car-
al caffè,
intimò l'arresto e ceri di S.
Antonio. Ivi, a brevi intervalli, soprag-
giunsero Francesco e Vincenzo Marone, conterranei e
compagni suoi
nella spedizione sul
monte
Raccio.
Passarono due mesi senza che l'Aletta Il
!
Finalmente,
il
giudice istruttore, credette
gnare quando
il
interrogasse
addirittura
di
so-
detenuto, con ammirabile disinvol-
tura, narrò per filo e per
segno
incarichi avuti dal Carducci, stretto di Sala,
si
5 settembre, fu interrogato.
la
spedizione
la
le
sue gesta, gli
sua gita nel di-
sul Raccio, senza
142
nascondere alcuna circostanza, anzi magnificando altamente l'opera sua la
discussione
penosi
(1).
due anni
dopo
Soltanto
della
causa.
prigione, in
di
potette
si
Due
iniziare
anni lunghi e
corsie basse,
affumicate,
mezzo ad una massa di altri detenuti Ma l'Aletta s'era da giovane abituato al carcere e sopportava tutto con la maggiore filosofia, semsudice, in
pre con a
!
il
pensiero rivolto a le sue idee favorite,
setta
la
dei
carbonari ed
a
la
costituzione
del 1820.
Verso
la
metà
di
giudizio innanzi a la
marzo 1851 cominciò il Gran Corte speciale di Sa-
lerno a carico dell'Aletta
sueta indifferenza, cliezza,
e
solennemente,
ripetè la
dei
e
L'Aletta comparve innanzi a
i
suoi compagni.
giudici con la con-
con
la stessa
confessione
delle
fran-
sue
imprese. Il dibattimento non durò che pochi giorni;
Gran Corte, con decisione del 26 mese di marzo, condannò l'Aletta a
la
dello stesso
la pena di morte con il terzo grado di pubblico esempio, Francesco Marone a sei anni di prigionia, Vincenzo Marone a cinque. Della terribile condanna egli era l'Aletta non si risenti menomamente persuaso che essa non avrebbe avuto esecuzione, e cosi accadde difatti. Il 7 giugno un regio decreto gli commutò la pena nell'ergastolo e pochi giorni dopo il governo lo mandò ben incatenato ;
nell'isola di S. Stefano.
(1)
Archivio di Salerno,
voi. 20.
processo Aletta, fascio 2660
143
n. Per
moti avvenuti nella provincia di Sa-
i
lerno nel luglio processo, tati.
La
il
1848
istruiva
si
polizia
solo grandioso
dette con ardore febbrile a l'ar-
si
resto dei colpevoli. Il 25 tratto in carcere, tra gelis
un
quale comprendeva sessantasei impu-
luglio
del 1848
venne
De An-
primi, Francesco
i
movimento Qualche mese dopo,
che aveva preso molta parte
al
avvenuto in Castellabate (1). 14 settembre, il celebre commissario di polizia Biagio Savastano ajrrestò in Napoli presso
la sera del
il
Museo Carlo De Angelis Più faticosa
fratello di
Francesco (2).
riusci la ricerca di parecchi altri
non po-
imputati, dei quali per vari mesi la polizia tette sapere
il
rifugio. Il tenente di
gendarmeria
Benedetto G-ambone sorprese ed arrestò
cembre 1848
un nascondiglio
in Torchiara, in
casa di Saverio Farro,
Gr.
di-
della
B. Riccio, capo di una
colonne insurrezionali
delle
1*»
il
ed
il
conterraneo di lui Domenico Picone
compagno (3).
Il
e
prete
ebbe la stessa sorte il 9 luglio del 1849. Contro di lui si procedeva anche nella
Ovidio
capitale,
Seriuo
addebitandoglisi di aver combattuto su
le barricate
Napoli
il
maggio,
15
credette
di
quella di Salerno.
(1)
(3)
Un
la
a
Gran Corte giudizio
altro imputato.
Memorie di Carlo De
(2) Ivi,
ma
rinviarlo
di
presso
Luigi Ma-
Angelis, pag. 45.
pag. 57.
Verbale di arresto del l» dicembre 1848, Archivio fascio 40-5. Venne imprigionato
di Salerno, anno 1849,
anche il loro ospite. Il Gambone faceva parte della Commissione mobile di pubblica sicurezza comandata da l'alfiere Gaetano Ferrara.
144
gnoni di Rutino, chesale
del
comune
di Gioi),
si
era nascosto nel palazzo mar-
villaggio
ma
di
Cardile
(frazione
del
21 luglio dello stesso anno la squadriglia del cav. Vairo invase la casa e lo
trovò sotto
giato in S.
il
tetto.
il
Mauro
Carlo Pavone
ottobre
di
sospetti
i
ospite.
facilmente e lo condusse insieme con carceri
di
Salerno. Ivi
il
che
si
Difatti nel
Gambone
tenente
il
era rifu-
casa di Francesco
Cilento in
poco sicuro per addensavano anche sul suo
Petillo, asilo
mese
si
scovò
lo
Petillo nelle
erano già, per la stessa
imputazione, Pasquale Lamberti
fido amico e Giuseppe Pessolani di Atena e Giuseppe Vitagliano di Lustra gravemente implicati per i medesimi fatti del
l'audace emissario del Carducci
il
(1),
luglio.
magistrato inquirente conosceva esattamente,
Il
per il
le relazioni delle
movimento
capi ed
i
autorità politiche del tempo,
delle varie colonne insurrezionali,
gregari di esse,
ma
Ad un
consigliato e preparato la rivolta.
venne messo
tutto
i
ignorava chi avesse tratto
in chiaro. Nell'aggressione di
Acquafredda, narrata in altro mio scritto (2) prete Vincenzo Peluso s'era impadronito di tutte
il
le
carte del Carducci, tra le quali la corrispondenza
con
i
che
le
Cosi
capi del
si
mezzo
(1)
movimento
e le
aveva portate
al re,
trasmise a l'uf&cio d'istruzione di Salerno.
seppe e
si
documentò che
del Lamberti aveva fin dal
Carducci, voi.
2»,
(2) Carducci., voi. 2°,
capitolo 1" e
pag. 14.
il
Carducci per
mese
2°.
di
giugno
145
formato in Vallo ed in Sala due comitati segreti per promuovere l'insurrezione e per formare un
campo
a Campestrino
Una
cesso. Il
27 settembre 1849 casa
perquisizione in
rinvennero
i
Gambone,
bullo e Benedetto
di
(1).
propizia stella favoriva l'istruttore del pro-
tenenti Filippo Rein
del dott. Stefano Passero,
corrispondenza di
la
una improvvisa già capitano
lui,
guardia nazionale ed uno dei capi del moto
di luglio,
con
Carducci, con
il
il
barone Crescenzo
Valiante di Laurino, con Raffaele Falcone di Sala,
con
fratelli
i
Magnoni
di Rutino,
De
con Carlo
Angelis di Castellabate e con Raffaele Grorga di
Monteforte
tutti
promotori
impossessarono, tra
della
un elenco
sessantadue persone di Rutino designate da telli
Magnoni come
della libertà di
„.
documenti
"
Dopo
pronte
cosi ricca
l'istruzione
Si
ribellione.
le altre carte, di
i
di
fra-
a servire la causa ed insperata messe
andò a gonfie vele e
potette con lieve fatica giungere a termine.Vennero rinviati a giudizio
quarantuno imputati detenuti il procedimento in con-
e si iniziarono gli atti per
tumacia contro
La
altri
venticinque assenti.
discussione della causa, che
di " causa
dei
quarantuno
„
si
prese
iniziò
il
il
vembre 1851. Ogni mattina una compagnia
(1)
nome
29 nodi gen-
Questi documenti vennero stampati uflS.cialmente
dal governo
nella raccolta intitolata « Documenti delinsurrezione calabra » poiché il moto del Cilento venne considerato come connesso, e di fatto lo era, con quello
l'
della Calabria. 10
146
darmi scortava
imputati da le carceri di S.
gli
An-
tonio a la Grran Corte. I parenti e gli amici dei
volgevano ad essi, durante il breve cammino, saluti ed affettuose parole ed assistevano trepidanti al dibattimento. L'udizione dei testimoni, la lettura dei documenti richiesero molte udienze. Il 15 gennaio 1852 il procuratore generale Angelo Gabriele pronunciò la sua requisitoria, chiedendo la pena di morte per Carlo De Angelis, Carlo Pavone, Gr. B, Riccio, Gennaro Giardini, Giuseppe Pessolani, Ovidio Serino, Pasquale Lamberti, Andrea De Focatis e Salvatore Garofalo. Domandò la pena dei ferri per parecchi altri imgiudicabili
putati.
I difensori terminarono le loro arringhe il 27 gennaio. L'illustre avvocato napoletano Giuseppe Marini Serra capo del collegio della difesa
riassunse la causa e gli argomenti suoi
colleghi.
notò che a l'insuccesso "
della
da
addotti
Nel suo mirabile discorso rivolta
(1)
del
i
egli
luglio
contribuì la decisa ostinazione degli abitanti del
non far quel movimento
Vallo, già logori per antiche sciagure, di
causa comune con insurrezionale
La
stessa sera
di consiglio:
notte
nella
ansie per
cilentani in
i
giudici
si
riunirono in camera
un numeroso pubblico udienza,
di
sala
attendere
severe condanne
(1)
i
„.
;
e
la i
decisione. Si
De
restò tutta la le
più
vive
prevedevano
congiunti e gli amici dei
Marini Serra, Allegazioni
Napoli, tipografia
tra
scelte,
Angelis, 1869.
voi. 2°, pag. 235,
147
male illuminata e fredda, La Gran Corte con prima dell'alba, conpubblicata poco decisione, dannò a morte con il terzo grado di pubblico giudicabili, in quella sala,
tremavano per
esempio berti
Carlo
loro
Riccio,
il
ed
i
il
cari.
Serino,
il
Pessolani,
il
Lam-
Picone; a venticinque anni di ferri
il
Pavone, Antonio Barlotti, Pasquale San-
tomauro, Zaccaria Ragone, Francesco Pellegrino a diciannove
Robertis,
;
Angelis, Sal-
Gennaro Giardini, Vincenzo Andrea De Focatis, i germani Giu-
Celestino
seppe e
gliano; ad
Ordinò
De
Garofalo,
vatore
De
anni di ferri Carlo
un anno
Sabatella di carcere
la libertà provvisoria
menico De Focatis,
e
Giuseppe Vita-
Francesco Coppola.
per Luigi Tucci, Do-
Domenico Caputo, Rosario
Ferrara, Vernieri Cantalupo, D. A. Marsico, Luigi
Magnoni, Giorgio De Focatis, Gabriele Foti, Nicolantonio Pisani,
Baratta, Francesco
De
e Lorenzo Andrea Maretta, Nicola
Angelis, G. B., Forziati,
Nicola e Gcietano Sabbatella, Angelo Zoccoli, Giu-
seppe
De
Petrinis e Rosario Capopizzo.
scritto reale
del
21
febbraio
Un
1852 commutò
rele
condanne di morte in trenta anni di ferri, e cambiò per Andrea De Focatis e Gennaro Giardino la pena dei ferri nella relegazione. I condannati a i ferri, dopo alcuni mesi, andarono in Napoli, a piccole tappe, scortati da i gendarmi, il 20 maggio 1852. Attraversarono le vie
della
popolosa
città
legati
a
coppie
ed
ammanettati e quindi proseguirono per la spiaggia di Coroglio. Di là con piccole barche furono condotti a la galera di Nisida. Tre dei
148
condannati,
Carlo
Barlotti, ottenuta
.
De a
Angelis,
furia di
il
ed
Riccio
mancie una
il
corri-
spondenza straordinaria, partirono in carrozza, accompagnati da uno stuolo di sbirri, da le carceri di Salerno il 16 giugno 1852. Pernottarono a Torre Annunziata, ed il di successivo, passando per Napoli nello stesso modo dei loro compagni, arrivarono a Nisida verso il tramonto del 17 giugno 1852. I custodi del bagno perquisirono ciascuno
dei
nuovi arrivati e fecero loro denudare un piede, che cinsero con una maniglia di ferro a la quale attaccarono, mediante un perno, una catena del peso complessivo di dodici rotoli (oltre 10 chilo-
grammi) che dovevano portare giorno a coppia. zatore
Un
villano addetto a barbiere
nel gergo
la testa.
carcerario) rasò loro
notte
e
il
{arraz-
volto e
Quindi dovettero indossare l'infame abito
dei galeotti.
Nel bagno trovarono
i
capi
della
spedizione calabro-sicula arrestati da le navi na-
poletane nelle acque di CorfĂš nel luglio 1848
Nonostante i
quali
la Corte
aveva disposto
visoria, restarono in polizia.
Anzi
il
in isole lontane,
De
la libertĂ
prov-
carcere a disposizione della
sottintendente di Vallo,
braio 1852 proponeva di
Francesco
(1).
l'ordine del magistrato coloro, per
come
Angelis,
mandare
pericolosi, Gr.
il
16 feb-
in relegazione
Luigi Magnoni,
B. Forziati e Nicola
Baratta e vi vennero infatti mandati
(2).
(1)
De
(2)
Archivio di Salerno, carte sfuse, fascio 20,
AngeliÂť, Memorie, pag.
75. n. 1221.
149 III. Degli imputati contumaci parecchi, come ho precedentemente narrato, erano fug-;f;iti a V estero: tra essi i due fratelh Francesco e Pompeo l!>e
Angelis e Filippo
invano
aftaticava
imputato, Diego
Patella
per
De
(1).
La
polizia
impadronirsi di un
Mattia.
si
altro
Questi, condannato
a morte per la rivolta cilentana del 1828, aveva
come ho
scritto in altro libro (2) subito molti
di galera. Liberato per grazia sovrana,
parte attivissima
al
moto
anni
aveva preso
del luglio 1848.
La
sorte
aveva concesso un asilo che ninno poteva immaginare. Qualche anno prima egli aveva sposato una buona ed onesta giovane a nome Carolina figlia di Giuseppe Campaiola comandante del gli
bagno penale posto
nella darsena di Napoli.
La
aveva persuaso suo padre a ricogenero nella propria casa, nella darsena
giovine sposa verare
il
vecchio e severo
stessa. Il
fetto
filiale
comandante per
aveva consentito,
pur
af-
sapendo di
esporsi a gravissime pene.
Mentre quillo lizia la
cosi
il
tenace cospiratore godeva di un tran-
giovane si accorse che la poteneva d'occhio nella speranza di poter
rifugio, la
rintracciare
il
marito.
La povera donna,
a
porre un termine a moleste e pericolose indagini, si
indusse a diffondere la voce che
il
marito era
morto e, per colorire meglio la finzione, prese gli abiti da lutto. Tutti i detenuti, sapevano del pie-
ci)
In questo stesso volume, cap.
(2)
La
I.
Rivolta del Cilento vel 1828.
150
toso inganno, il
De
ministro la
ma
nessuno fiatava
(1).
Finalmente
Mattia potette, con l'aiuto di Lord Tempie d'Inghilterra
Malta
il
in
Napoli, imbarcarsi su
Dragon „ ed approdare a 4 novembre del 1851 (2). Di là passò
fregata inglese
"
successivamente a Genova.
La polizia cercava con il più vivo interesse un altro degli imputati, Enrico Mambrini che, in assenza dell'intendente Griovan
Andrea Romeo,
aveva diretta l'intendenza di Salerno nei primi di maggio ed aveva consentito a la pubblicazione dei proclami del Carducci ed a somministrare danaro e munizioni a le guardie nazionali della città per muovere su la capitale. Il governo considerava il Mambrini come un traditore e teneva molto a l'arresto ed a la condanna di lui. Ma ogni indagine riusci vana: egli si tenne prudentemente nascosto finche il 29 settembre del 1849 fuggi in Piemonte
(3).
Griovanni Carducci, fratello di Constabile, anche egli si
gravemente complicato per i fatti del luglio, parecchio tempo nel villaggio di
rifugiò per
Cannichio nel comune di Pollica presso suo cognato Q-iuseppe Pisani facoltoso proprietario del paese, e poi riusci a partire per Marsiglia insieme
con Angelo Camillo De Meis illustre medico già deputato al parlamento napoletano. Un altro im-
CastromedianO; Carceri e galere politiche, pag. 190. Nota del direttore Pecclieneda del 26 novembre 1851, Archivio di Salerno, anno 1849, fase. 40. (1)
(2)
(3)
Archivio di Napoli, ministero
polizia, 14,
voi. 36.
151
putato,
Causale di Corleto, fido
notaio Nicola
il
Lamberti nella formazione del campo a Campestrino, potè dopo lunga latitanza, soltanto il 12 marzo 1851, fuggire a Malta insieme con la moglie Giuseppina Palumbo e trovò modestamente da vivere nell'isola lavorando in una fabbrica di carta tenuta da un tale Vincenzo Buggea (1). Di Giuseppe Verd oliva, altro degli imputati, ho già narrata la fuga a Genova (2). cooperatore
Un
del
dei
altro
capi
del
movimento
del
luglio,
Antonio Ourcio, era perito in un conflitto con 1 gendarmi in Calabria il 5 agosto del 1851 (3). Leonino Vinciprova comandante di una colonna insurrezionale nel Cilento
Roma
(4).
durante
il
si
era posto in salvo a
Giovanni Guerrieri
moto
di
luglio
di
era,
Campagna, che nella
sua
città,
capo del comitato della lega italiana^ e che aveva indotti
i
suoi concittadini a riunirsi a le colonne
del Cilento (5) era faella
(1)
fuggito con sua moglie Raf-
Bonavoglia a Genova
(6).
Filippo Vitagliano,
Archivio di Napoli, ministtro esteri, espulsi,
fa-
Hcio 3842. (2)
In questo stesso
(3)
Archivio di Salerno, R.
(4) Il (5)
Carducci, voi.
libro, cap. 5.
2»,
P.,
voi. 6.
cap. 2».
Eequisitoria del procuratore generale presso la
Gran
Corte Criminale di Salerno Angelo Gabriele nella causa a carico dei contumaci. (6) La moglie ottenne poi il rimpatrio nel 13 settembre 1853. Archivio di Napoli, ministero esteri, consolato di Genova, affari diversi, fascio 2646. Ivi, espulsi,
—
—
fascio 3853.
152
che aveva raccolto nel laglio
molte guardie nazionali e seguito le colonne ribelli, era parimente fuggito in Genova, ove poi mori il 18 aprile 1855 (1). I germani Francesco e Raffaele Coco, tenaci ed operosi liberali di Perdifumo, con mirabile calma e persistenza riuscirono, pur
rimanendo
nella loro
contrada, a sfuggire ad ogni ricerca. Un loro germano, di nome Marcello, cadde invece nelle
mani Il
degli sbirri.
procuratore generale Gabriele, con requisitoria
26 febbraio 1855, chiese l'iscrizione dei contumaci nell'albo dei rei assenti; ciò che, secondo le leggi del tempo, portava che essi potevano del
essere
arrestati
pubblica ed ritti
civili
da
ogni
individuo
della
forza
erano sospesi da l'esercizio dei di(art.
466).
La Gran Corte
accolse la
dimanda del Gabriele. L'art. 468 delle leggi di procedura criminale prescriveva: " Quando il misfatto non sia punibile di morte o di ergastolo, o del quarto e terzo grado di ferri, anche nel presidio, V annotazione nell'albo dei rei assenti
si
riguarderà come l'ultimo
atto del giudizio in contumacia si
„.
Quando invece
trattava di delitti che potevano importare quelle
pene, doveva procedersi " a Za decisione condanna in contumacia „. Il delitto di cospirazione e di banda armata ascritto a i rei as-
gravi di
senti implicava le più gravi pene; quindi avrebbe
dovuto addivenirsi a
la
condanna
in contumacia.
(1) Nota del ministero degli esteri del 14 maggio 1856 a r intendenza di Salerno, Archivio di Salerno.
153
Invece
il
procedimento
si
a
arrestò
l'
iscrizione
degli imputati nell' albo dei rei assenti. Forse
si
condanne che avrebbero dato nuovo argomento a i governi stranieri ed a la stampa estera di censurare il governo di
volle evitare altre gravi
Napoli.
IV. Alcuni di questi rei assenti vennero arrestati in seguito.
Due
da lungo tempo
di essi
e
Salvatore
in
arresto
Magnoni 15
il
di
luglio
1852.
Lucio
latitanti,
Rutino,
furono
Circa
tratti
un anno
la Corte speciale giugno 1853 di Salerno pronunciando contro essi ed il loro compagno di causa Emanuele Giordano di Lu-
dopo
il
,
13
,
condannò questo ultimo e Salvatore Ma-
stra,
anni di
gnoni a venticinque ciannove.
Un
R.
decreto
ridusse la pena per il
i
ferri,
del
1°
Lucio a
di-
maggio 1854
primi due a tredici anni, per
terzo a dodici. Tutti e tre andarono al
bagno
di Procida.
dottore
Il
Stefano Passero di Vallo riusci ad
eludere le insistenti ricerche della polizia per ben
Fin dal 13 maggio del 1850 pendeva contro di lui mandato di cattura! La mattina del 23 marzo 1855 il gendarme Francesco Prucinque
anni.
urbani lo
dente ed alcuni in
un
sorpresero
in Vallo,
orto di Basilio Cricchio presso la chiesa di
S. Pantaleo.
Da
le
carceri del luogo passò a la
Vicaria di Napoli. L' istruzione del processo rivelò la parte presa dal
restò
nel
Passero nel moto di gennaio:
nell'ombra quella da lui avuta nel quale
egli
aveva
con una
schiera
luglio, di
suoi
154
raggiunto
conterranei
La
difesa
il
campo
di Ogliastro
destramente
avvalse
si
(1).
dichia-
della
razione da lui fatta, nel convegno a la Pantana nei primi di luglio, che
La Gran
era ostile ad insorgere. cisione
fatti nella
la
18 giugno
del
rivolta
cittadinanza
la
Corte, con de-
ritenne
1855,
vallese
nel gennaio a
soltanto
i
quali applicò
i
R. indulgenza del 10 febbraio 1848, e quindi
dispose la libertà
per
provvisoria
quale però dovette restare
parecchi anni a
micilio forzoso in Salerno per lizia
Passero,
il
ordine
della
il
do-
po-
(2).
Un
Giovanni Aulisio,
dei contumaci,
altro
si
teone lungamente nascosto con grandissima prudenza.
Stanco
certezze sentarsi
chiese
una
di
vita
d'angustie e di in-
1856 di preammesso. Dopo carcere, con rescritto del 25 no-
nel
settembre
spontaneamente
un paio di mesi di vembre 1856, ottenne
del
e vi fu
la grazia, restando
però sot-
toposto a sorveglianza.
Più strane
vicende
occorsero ad Angelo Pa-
troni di S. Cipriano Picentino, altro dei rei assenti.
Prostrato da si
i
disagi e
da
le ansie della latitanza
presentò di sua volontà in carcere nell'agosto
del 1853
:
ma
ben presto
ferenze, che
subiva,
tentativo
fuga: vi
di
lo
le
privazioni e le sof-
indussero ad riusci.
un
ardito
Arrestato novella-
mente, rivolse al re una domanda di grazia, raccomandata per pietà da l'arcivescovo di Salerno. Il
(1) (2)
Nel mio lavoro R Carducci, voi. Era ancora trattenuto a Salerno
2«>,
il
cap. 2o.
9 aprile 1856.
155
re deliberò cosi
" il
Petroni resti rinchiuso, ove
un
voglia, per sei anni in
caso rimanga sospeso di
lui
Questi
(1).
„
convento
nel
dei
Prepezzano
di
clausura
chiese
accettò
venne rinchiuso
e
riformati
Dopo
la
varii
grazia,
un occhio
:
passione ed
dimanda V.
Il
suo
il il
del
villaggio
anni di rigorosa
raccomandato anche
questa volta dal pio arcivescovo.
gravemente malato
Il
Petroni era
podagra, aveva
di
il
in questo
giudizio pendente centro
il
padri
(2).
chiostro ed
perduto
miserando ispirò com26 luglio 1856 accolse la
stato
re nel
(3).
prete Vincenzo Peluso, l'autore del truce
assassinio di Costabile Carducci, anelava di vendicarsi contro
Ad
i
suoi
nemici,
liberali di Sapri,
ispirazione del vecchio prete che, ospite nel pa-
lazzo reale di Napoli, godeva si
i
istruì
il
favore della Corte,
un voluminoso processo contro centoven-
tuno individui, accasati di aver promosso disordini in Sapri allorché erano andati in cerca
del
Carducci. Cominciarono gli arresti.
Fin da la metà del luglio 1848 il maggiore Vincenzo Manzi, spedito con un battaglione a reprimere la rivolta nel Cilento, aveva fatta sorprendere da un drappello dei suoi la casa di Cristoforo Falcone di Policastro,
uno
amici e cooperatori del Carducci.
babilmente informato
che
lo
della
dei più devoti Il
visita
Falcone, pro-
poco gradita
attendeva, aveva prudentemente trascorso
(1-3) Archivio di Napoli,
ministero giustizia,
collo del Consiglio di Stato del 28 luglio 1856.
proto-
156 la notte altrove. Il
Manzi rinvenne però un
crate e lo tenne in prigione qualche castello ducale di Diano,
figlio
nome So-
di lui giovinetto, vivente tutt'ora, di
tempo nel
come detentore
di corri-
spondenze criminose trovate nella casa. Le corrispondenze però riguardavano il padre del giovine, sicché dopo breve intervallo questi riebbe la libertà (1). Se non che, la sera del 7 maggio 1850, tenente
il
dante
gendarmi Luigi Ronghi coman-
dei
tenenza di Sala Consilina irruppe con
la
una schiera dei Falcone
ed
Proprio
nello
suoi
arrestò
dipendenti tanto lui
nella
che
il
casa del figlio (2).
stesso giorno la squadriglia Vairo
arrestava nella pubblica piazza di Maratea
i
accesi liberali
Gin-
fido
nari,
del paese, tra
seguace
del
cui
Raffaele
Carducci,
e
più
Domenico
Mercadante persona assai devota a la famiglia Grallotti, accorso anche egli a Sapri nel luglio. Di un altro seguace del Cardacci, Pasquale Bifano di Torraca, si seppe la morte avvenuta il 10 marzo del 1849 in Basilicata.
Le più
attive indagini
della
polizia
si
dirige-
vano contro Giovanni Galletti ed i suoi figli, capi della parte liberale in Sapri. Molte sorprese eseguite nella loro casa in Sapri riuscirono vane essendosi essi allontanati dal paese.
(1)
del
Nota
Gli
del sottintendente di Vallo,
lo febbraio,
1850,
Archivio
sbirri
pene-
Giuseppe Mollo, anno 1850,
di Salerno,
fase. 8. (2)
Verbale di arresto del 7 maggio 1850, incartamento
suindicato.
157
trarono la sera del 6 agosto 1850 nella villa GralFortino, sicuri, per informazioni ricevute,
lotti al
di afferrare ormai la preda
;
ma, con
grande
loro
meraviglia, trovarono vuota l'abitazione
(1).
Qualche mese dopo, il 16 gennaio 1851, la polizia ebbe assicurazione che nella casa Galletti a Sapri erano nascosti i due figli di lui Salvatore e Raffaele, anch'essi implicati nello stesso processo.
gendarmi entrarono nella villa di notte Salvatore cadde nelle loro mani, Raffaele, gettandosi da una fìjiestra molto bassa, potette prendere il largo. In quelli stessi giorni la polizia ebbe da un confidente segreto avviso che Giovanni Gali otti, si trovava in Lagonegro in casa di un suo intimo amico, un tale Felice Arpaia. Un sorgente dei gendarmi sorprese difatti colà non solo il Galletti, ma anche il fido domestico di lui Mansueto Brandi
I
:
ritenuto
come
"
della corrispondenza
latore
Galletti con l'efferato Carducci „ Compiuta r istruzione, apparve
del processo,
non essendo
delitto la ricerca che
i
(2).
tutta la vanità
possibile gabellare
come
liberali di Sapri e dei paesi
avevano fatta del Carducci.
vicini
del
Il
procuratore
generale della Gran Corte di Salerno, vistosi a
mal
partito,
andò indagando qualche
fatto che
avesse potuto qualificarsi come delitto e lo rin-
venne.
(1) Nota dell' intendente di Potenza al suo collega di Salerno dello stesso giorno. Arch. di Salerno, anno 1850, fase. 18. (2)
Nota dell'intendente
di
Potenza dello stesso
di, ivi.
158
Risultava da gli
atti
che nei primi di luglio Da-
niele Calderaro, cancelliere
comunale
di Sapri, (1)
era partito dal paese portando seco la chiave delGriovanni ballotti, funzionante da sindovendo disbrigare alcune urgenti faccende comunali, aveva fatto scassinare la porta delP ufficio ed affidate provvisoriamente, mediante verbale del
l'ufficio (2).
daco,
5 luglio,
funzioni
le
Domenico Bello
cancelliere
al
decurione
(3).
venne limitato
processo
Il
di
a
gli
autori
di
avevano preso parte o favorito lo sbarco in Acqaafredda quali vromotori di guerra civile. La Gran Corte, con decisioni del 2 agosto 1851 e 22 marzo 1852, mandò assolti tutti coloro che erano accorsi a Sapri per liberare il Carducci, tra cui il Brandi: questo
ed
fatto
a
che
coloro
legittimò l'arresto e rinviò a
giudizio soltanto
i
due Grallotti, il Q-innari, ed il Mercadante. Avverso la decisione costoro ricorsero a la Corte suprema di giustizia, che il 28 giugno 1852 respinse il ricorso.
due Falcone,
Apertosi speciale
cato
La
di
i
dibattimento innanzi la Gran Corte
il
Salerno, difesero
Gennaro Galdi,
Francesca,
(1) Ufficio
il
i
Gallotti
l'avvo-
Falcone l'avv. Francesco Ginnari ed il Mercadante l'avi
corrispondente a quello attualmente di
se-
gretario. (2) Il
Calderaro era accorso ad Acquafredda a premura
come ho narrato nel Carducci, Aveva preso parte a l'assassinio del Carducci.
del prete Vincenzo Peluso, voi. 2", pag. 8. (3) I
consiglieri comunali si
chiamavano decurioni.
.
159
vocato Baione. Nel collegio della difesa intervenne ultimi
negli
giorni
discussione
della
insigae
l'
avvocato napoletano Federico Castriota.
La Gran
Corte speciale, con sentenza del 6 novembre 1852,
condannò Giovanni
Ginnari a ventiquattro anni di
il
a venti,
Gallotti
ciannove, Salvatore
cone
a
tempo
Gallotti
(1).
Cristofaro
di-
Fal-
estraneo al
Nondimeno
fatto-
questi restò pa-
due anni di
in carcere e poi subi
domicilio forzoso in Sala
ferri,
Mercadante a e
Assolse come
tredici.
Socrate Falcone recchio
il
Consilina.
Il
Ginnari
andò a scontare la pena nel bagno
di Precida
e poi nel 1859, condonatagli la pena,
venne man-
dato a domicilio forzoso in Scalea
Un
decreto
mutò
reale
com-
pena a Giovanni Gallotti ed a suo
la
fi-
Salvatore in dieci anni di relegazione, che
glio
espiarono
a Ventotene
18 dicembre 1856 ebbero
due
(2).
marzo 1853
9
del
Giovanni
figli di
nuele,
dovettero
finche
con
decreto
del
la grazia sovrana. Altri
Gallotti, Raffaele
due anni
risiedere
a
ed
Ema-
Salerno.
Avvenuta
nel 1857 la spedizione di Sapri e la morte di Carlo Pisacane, nel taccuino dell'estinto
(1)
La sentenza narrando l'avvenimento di Acqnafredda,
disse con solenne «
viva (2)
la
mendacio che
repubblica
Venuti
i
nuovi tempi
tenente di dogana negro,
come
il
Carducci aveva gridato
»
il
13
il
la nomina di Mori a Lago-
Grmnari ebbe
novembre
1860.
ricevitore delle privative,
il
3 febbraio 1865,
un maschio a nome Casimiro, che
di-
venne ispettore nelle ferrovie, e due figlie. La moglie Raffaele Ginnari mori di colera il 1855.
di
lasciando tre
figli,
160 si
trovarono
furono
scritti
del
(1)
insieme con
escarcerato
il
tutti essi
:
18 agosto 1859
il
il
31
loro domestico
il
sueto Brandi e non riebbero libertà che
G-allot.ti
novellamente in carcere
tratti
tobre 1857
nomi
i
definitivamente la
(2). Il
15 aprile 1858
:
ot-
Man-
Mercadante fu
Cristofaro Falcone
scontò anche egli la relegazione a Vento tene, ove
morì
il
di colera come narrerò in movimento di Castellabate separato. I istituì un processo
1854
VI. Per glio
si
il
Carlo e Francesco
De
seguito.
nel
lu-
fratelli
Angelis, capi della ribel-
lione nel loro paese, erano
nella causa dei quarantuno,
già stati
come ho
condannati riferito in
Antonio Perdifumo e Nicola Pepe di Castellabate, promotori anche essi della rivolta, erano già in carcere. Vi si trovavano pure alcuni indiquesto
stesso
capitolo.
Luigi
Parenti,
Ronzio di
vidui del
comune
di Ortodonico accusati di delitti
comuni commessi durante quei disordini. La polizia aveva invano cercato lungamente uno dei principali autori del moto di Castellabate, il prete Pompeo De Angelis. Costui come ho raccontato precedentemente, era partito da Baia, su la nave da guerra francese " Friedland „ fin dal 22 gennaio 1849 per Civitavecchia e di là aveva raggiunto Roma. Caduta la repubblica romana, il
De
Angelis, e gli
altri
fuorusciti napoletani, videro
cambiare subito cielo. Un invincisentimento di nostalgia indusse l'ardito prete
la necessità di
bile
(1-2)
Archivio di Salerno, gabinetto anno 1859,
carte sfuse, fascio 14, n. 929.
s. s,
n. 6,
161
a tornare nel regno. Egli pellegrinò di convento
da monaco benedettino e il nome di Mauro Casa proveniente dal monastero di Subiaco. Per i buoni uffici dell'abate Marincola (1) che aveva conosciuto in convento, travestito
con un passaporto falso sotto
nella badia
di
Cava
e
di
autorevole, Bernardo Niso,
commendatizie di
un il
prelati a
alti
benedettino
altro
falso i
monaco, con
priori
di
varii
conventi, potè vivere senza molestie.
12 marzo 1850 nel monastero di Monproponeva di passarvi vari mesi quando ebbe avviso che la polizia aveva scoperto l'inganno e che l'intendente di Caserta aveva ordinato il suo arresto. Fuggi immediatamente in Napoli e si tenne nascosto breve tempo uscendo soltanto la sera. La polizia ne perdette le traccie; ma, affidato l'incarico di scovarlo al commissario Biagio Savastano, questi dopo lunghe e faticose indagini lo sorprese la sera dell'S maggio 1850 nella farmacia Cembalo a l'Infrascata (ora salita Salvator Rosa) e lo condusse nelle carceri di Salerno a disposizione G-iunto
tecassino
il
si
Gran Corte
della
speciale.
Questa, dopo lunghi indugi, con
12 marzo 1853, condannò anni di
ferri,
ventiquattro,
Il
(1)
il
il
Parenti e
il
Pepe a
sentenza del
Ronzio a venticinque
Pompeo De Angelis
a
sette anni (2). Il Parenti
benedettino Luigi Marincola fu abate di Cava novembre 1844. Poi visse a Napoli ove mori
dal 1840 al il
21 gennaio 1851. (2)
Archivio
speciale, 11
di Salerno, decisione
Memorie
del
De
Angelis.
della
Gran Corte
162
ed
il
De
Angelis, a
i
quali la pena fu ridotta a
dodici anni, vennero condotti a Nisida
il
dicem-
bre 1853;
ma
la libertĂ
con l'amnistia del 16 giugno 1859 e il 25 successivo.
poco tempo dopo, per intercessione dell'abate di Cava, il De Angelis ebbe, con decreto del 18 dicembre 1856, commutata la pena in dieci anni di relegazione a Ventotene. Ottenne fu effettivamente liberato
CAPITOLO
Vili.
(1)
Una congiura.
-
—
I. Denuncia di una congiura nell'esercito Sequestro di una lettera criminosa - Gravi rivela-
Sommario.
un confidente - Numerosi arresti una Commissione segreta d'istruzione
zioni di di
-
—
Nomina Man-
II.
dato di arresto contro la signora Mazziotti - PerseIII. Concuzioni contro di essa e la sua famiglia
—
Del Baglivo - Perquisizioni nel bagno di Procida - Arresto della giovinetta Leanza - Sequestro di una lettera presso Michele Pironti Altri numerosi arresti di borghesi e di militari IV. Tentativo di fuga del Baglivo dal castello di Sant'Elmo - Sua caduta nei fossati del castello V. Hisoluzioni sovrane per gli imputati militari e borghesi VI. Applicazione della pena della bacchetta - Indegno certificato di un chirurgo militare - È sottoposto alla bacchetta anche il ferito del Baglivo - Invio degli imputati nelle isole. - VII. Latitanza della signora Mazfessioni del caporale
—
—
-
ziotti -
(1)
Risoluzione di fuggire
Desumo
a
Genova -
Artificio
notizie riportate in questo capitolo in
le
massima parte da un incartamento dell'archivio militare di Pizzofalcone, comando generale guerra, fase. 2530, pratica 461, n. 7, e
da
polizia di Napoli.
gli
incartamenti della prefettura di
164
con cui riesce a deludere la vigilanza della polizia "Un passaporto falso - Arrivo della profuga a Genova - Sorpresa ed ire della polizia napoletana.
I.
Il
due agosto 1853,
in Avellino,
dell'ottavo battaglione dei cacciatori,
Gisonna, confidò a
i
il
caporale
Alessandro
suoi superiori che
un
inser-
viente di piroscafi mercantili diifondeva nell'esercito
proclami rivoluzionari e che
fino
un attentato contro
guente
il
si
preparava per-
la vita del re.
colonnello ne informò
il
Il di
se-
governo, che
subito dispose l'arresto di alcuni soldati indicati
dal Gisonna e le più severe indagini. Queste però
non approdarono a nulla: si raccolsero soltanto voci vaghe e confuse e si finì col credere il denunciante un visionario. Il colonnello prudentemente, per evitare ciarle in caserma e per tema Gisonna,
di
qualche vendetta dei
lo
mandò con un lungo permesso ad Angri suo
paese nativo
liberali contro
il
(1).
Qualche mese dopo, quando a quel tramestio non si pensava più, venne sequestrata una lettera del 13 novembre diretta dal caporale Fortunato Adamo dello stesso battaglione ad un tale Giuseppe Ricciardelli, con queste gravi parole: " Potete inviare qualunque lettera a i nostri fra' tetti, onde renderli del tutto consapevoli, e che si attivassero a dar principio a Vopera
da
tutti bra-
mata. Dovete conoscere che adesso tutto dipende dai paesani a causa che in tutti
(1)
Archivio di Salerno, fascio
13.
i
corpi del nostro
165 esercito
è prestato
si
e
sottufficiali
che a la
un giuramento
dalla maggior parte
prima mossa, le
tutti
truppe come per
il
quale
passato
lo
i
ufficiali
che vi sarà, volteranno
spalle a quelV assassino tiranno
verà più
d.a
degli
non
„ (1).
le
tro-
Una
larga cospirazione in tutto l'esercito, la defezione
generale a la prima scintilla! Al ministero della
guerra ed a
la
Corte nacque a tale notizia un vero
subbuglio.
dal destinatario,
un oscuro caporale, e un modestissimo possidente che
non aveva mai
fatto parlare di sé, si cavò
Da
l'autore della lettera,
poco. Negli atti non esistono
ma
i
ben
loro interrogatori
;
andavano a tennulla. Ad un tratto di capo si veniva a toni e non un confidente, di cui non apparisce il nome, ris'intravede che le indagini
velò tutta la trama. nei documenti,
ma
Anche questa denuncia manca essa
di
ragguagli uno scrittore
ci
ha
dato
larghi
(2).
Si sarebbe trattato di fasci di proclami rivoluzionari del Mazzini
nova a Napoli da addetto a
i
certi
Michele
La
Ge-
Via, impiegato
piroscafi postali, e Luigi Sacco, inser-
viente del piroscafo
vano quei
portati segretamente da
fasci in
il
Vesuvio. Costoro consegna-
Napoli a la baronessa Marianna
Pizzuti moglie dell'ex deputato Mazziotti condan-
nato a morte per
(i)
i
fatti del
15 maggio e fuggito a
Archivio di Napoli, 'prefettura-di
i^olizia,
anno 1853,
fase. 3119, voi, lo. (2)
Paolo Mencacci, Memorie documentate,
pag. 225.
voi. 1°, p.
l^^,
166 Ella, a
Grenova.
quanto
riferiva, diffondeva
si
i
proclami nell'osercito per mezzo dei caporali Antonio Baglivo di Castellabate, Francesco Mazziotti
conterraneo
Luigi
La
ma
non parente
suo
di
marito,
di
Sala, allievo volontario nell'ottavo bat-
taglione cacciatori, e di (1).
nifestato
proposito
il
un borghese, un
tale
Leo-
Baglivo avrebbe perfino ma-
poldo Vitro
Il
(li
uccidere
il
in
re
una
rassegna militare!
immediatamente e con grande segrePer comando di lui, il colonnello di stato maggiore Alessandro Nunziante fece arreSi avvisò
tezza
il
re.
stare e chiudere in Castel S.
Baglivo e Mazziotti, il
Ricciardelli.
La
il
Elmo
Sala,
il
i
caporali
Sacco,
Ogni ricerca del La Via
il
Adamo, Vitro ed
vana:
riuscì
forse potette riparare a l'estero. Il ministro di po^ lizia scrisse
riservatamente
il
16 novembre 1853 a
l'intendente del Principato Citeriore
"
di
proce-
dere senza indugio ed a colpo sicuro a l'arresto della signora Mazziotti, essendo risultato che essa si
trovi con
i
suoi figli nelle proprietà del marito in
quella provincia Il re
„
(2),
teneva grandemente a conservare nei suoi
sudditi ed a l'estero
il
concetto dell'assoluta fedeltà
e devozione dell'esercito a la sua persona.
mancavano su
(1)
di ciò in paese dubbii
L'accusa contro
mente
la
Non
ed insinua-
signora Mazziotti era completa-
falsa.
(2) Archivio di Napoli, anno 1854, n. 6760, voi. T». Nota dell'intendente di Salerno del 22 febbraio 1854, che rias-
sume
i
precedenti della pratica.
167
specialmente da
zioni, diffuse
governo e
la corte le
ostentando illimitata fiducia ostante
più
il
pubblico
e
qualche
ne
se
i
con
;
ma
il
sussiego,
truppe.
Non-
serbato circa
la
cosa era trapelata nel
parlava
molta compiacenza, da
nelle
mistero
geloso
grave denunzia,
liberali
i
smentivano
sommessamente, con
liberali.
deferire
11
gli
accusati a le corti militari avrebbe dato luogo a
anche a gravi conad un discredito dell'esercito. La stampa liberale del Piemonte, della Francia e dell' Inghilterra avrebbe divulgato la notizia, esagerando i fatti e commentandoli a discussioni, a pubblicità, forse
danne
modo
e inevitabilmente
suo! Si credette di evitare questi pericoli
nominando una Commissio7ie
segreta per investi-
gare e proporre in linea economica (vale a dire senza alcun giudizio di magistrato)
ciò
che oc-
corresse di fare.
La Commissione segreta, composta dell'alfiere Vincenzo Bruzzese, del capitano Griacomo Umbeli e del commissario di polizia Salvatore lis,
si
accinse fervidamente a l'opera
De Spagno(1).
Per
di-
sposizione sua la polizia praticò perquisizioni rigorose in tutti
i
luoghi di pena presso
politici e presso
gionò in Castel S. litari
(1)
i
condannati
molte persone sospette, ed impri-
Elmo un buon numero
di mi-
e di borghesi.
Archivio militare di Pizzofalcone, ministero guerra,
l» ripartimento,
1°
carico,
narrato nel cap.
2°,
aveva seguito
nel disarmo del Cilento.
n. 1481. il
L'Umbeli, come ho maresciallo
Palma
168
IL L'intendente ricevè la
del Principato Citeriore, Valia,
mattina del 17 novembre Pordine di
arrestare la signora Mazziotti.
Non sapendo con
dimora contemporaneamente
comunicò l'ordine
precisione la
di al
essa,
commissario di polizia in
Salerno, ove la signora aveva stretti congiunti, al
giudice regio di Montecorvino Rovella, paese nativo di
lei,
e
mandò un
suo fido al cav. Achille
Landi, sottintendente del circondario di Vallo, ove la famiglia Mazziotti
ed era
possedeva alcune proprietà
solita villeggiare (1).
L'ordine giunse da prima al commisS'ario di poSalerno, che perquisì nello
lizia di
stesso giorno
la casa dei fratelli Griuseppe e Vincenzo
De Au-
gustinis di Frignano Cilento, studenti in Salerno e
nipoti
della
signora.
due giovani, avendo
I
compreso, da qualche parola poco prudente del commissario, chi
si
cercava, corsero, appena an-
dati via gli sbirri, da
Fraiese, liberale allora
l'
impresa
un
tale
salernitano,
del
Giovanni Antonio quale esercitava
il
trasporto
denze postali nel Cilento, e
lo
delle
corrispon-
pregarono di reca-
pitare subito a la signora nel villaggio di Celso,
ove essa allora dimorava, una lettera per avvisarla dell'imminente pericolo. Il Fraiese prese tanto
a cuore l'incarico che partì egli stesso la sera
viaggiando tutta
la notte in carrozza fino a
tino e poi a piedi (non
(1)
anno
vi
era
e,
Ru
ancora in quei
Archivio di Stato di Napoli, ministero
di
polizia,
1853, espediente 6760, rapporto dell'intendente del
22 febbraio 1854.
169
luoghi
strada
arrivò
rotabile)
verso
19 novembre a Celso, e consegnò signora ritenne trattarsi di vane
menti giovanili; incaricò
naro
un
La
apprensioni di
modo, per prudenza, amico di famiglia, l'avv. Genandare a Pollica per scrutare
in
fidato di
Piccirilli,
del
l'alba
la lettera.
ogni
accortamente se vi fosse qualche pericolo.
messo inviato da l'intendente a Vallo non aveva trovato il cav. Laudi in residenza, essendo questi per ragioni di ufficio andato nel coIntanto
mune
il
di Ascea.
Aveva quindi proseguito
volta. Il sottintendente riore
la
sera
a quella
ebbe l'ordine del suo supe-
del 18 e scrisse senza indugio a
i
giudici regi di Pollica, di Castellabate e di Tor-
chiara di procedere
immediatamente a
l'arresto.
Questa ingiunzione arrivò nel comune di Pollica,
da cui dipende
villaggio di Celso, verso
il
zodi del giorno 19 dopo
il
il
mez-
segreto avviso portato
dal Fraiese. Il Piccirilli
procedeva
alla volta di Pollica
quando
vide a non molta distanza venir verso Celso
il
giudice regio ed una turba di gendarmi e di urbani. Ritornato prontamente su visò la signora, che per dalla sua casa e
i
suoi passi, av-
una porticina segreta usci
nascose in un fabbricato detto
si
palazzo di Sessa posto nello stesso villaggio ed
appartenente Il
al
marito.
giudice regio,
il
quale sapeva che la Mazziotti
era in Celso, fece rovistare tutta la casa, minacciò
finanche di mettere fuoco ad essa,
minaccio riuscirono
inutili.
ma
ricerche e
Allora cominciò una
caccia feroce, specialmente nelle case dei parenti
170
della signora. Si prese sopra tutto di mira
lazzo in S.
genero
Mango
della
Ella
Mazziotti.
si
fremendo
per
d' ira
pa-
perquisizione, insuccesso,
l'
della sua residenza, lasciò alcuni
stodia del palazzo
trat-
si
sottinten-
Il
recò personalmente a
a dirigere una severa
vi
difatti
tenne a lungo in un nascondiglio.
dente Landi
il
Cilento del barone Del Griudice,
San Mango e
quando,
riprese
via
la
gendarmi a cU'
(1).
L'intendente Valia, spronato da energiche rimostranze del governo, inveiva contro il sottintendente, al quale "
scrisse
il
Cominci dai l'arre stare
16 dicembre del 1854:
tutti gl'individui,
uomini
e donne,
padroni, servi e dipendenti della
di Celso
nella
era
la
casa
Mazziotti e donde
Furono subito imprigionati molti pa-
usc-iva „ (2).
renti di
quale
tra
lei,
i
quali
genero
il
barone Luigi
Del Giudice, i cognati barone Francesco Gagliardi e Rosario Salurso, la cognata Modestina Mazziotti, i
Domenico
suoi fattori
Petillo, V^incenzo Guariglia,
Giovanni Antonio Lippi e lovino. e tre
La
cugini
Gabriele
De
fratelli di lei (3)
a
domicilio forzoso in
gendarmi perquisirono
I
(4).
cembre del 1853,
De
domestica Giovanna
marito, Ferdinando, Michele e
del
Augustinis,
Sala Consilina
la
mandò due
polizia
il
palazzo dei suoi
il
22
di-
affini signori
Siervo, presso Ottaiano, credendo di trovarla
colà;
(1)
ma non
Suo rapporto
(2-8) Ivi, (4)
la
rinvennero e per dispetto ar-
del 13 dicembre 1853. Ivi.
espediente
n.
5131 del 1850.
Incart. indicato, espediente n. 6760.
171
restarono uno dei proprietari,
ii
signor Fedele
Si tentò di carpire
il
segreto a
Siervo
(1).
di
fanciullo
lei,
dieci
di
anni, e lo
dimorare in Salerno, nondimeno
si
egli
un
De
figlio
obbligò a
non
si
lasciò
sfuggire parola.
Per eludere
le
continue ricerche l'infelice donna
passava, accompagnata da
i3di
casa, per lo più nelle
della notte, travestita
ore
parenti, di casa in
da contadina. Quasi tutti nel Cilento sapevano il suo rifugio, ma ninno lo rivelò, per quanto blandizie, promesse e misi fossero adoperate nacele.
Una
sera,
più ospitali richetta
De
ella era
in
una
contrada, presso
il
delle case
signor Ni-
moglie di lui EnAugustinis, giunsero improvvisamente
Galano
cola
mentre della
di Copersito e la
da Vallo e presero alloggio nella stessa casa il sottintendente cav. Laudi ed il capitano dei gendarmi De Liguoro. Essi poco dopo si posero a cenare con la famiglia dell'ospite, mentre la baronessa Mazziotti
si
tratteneva arditamente nella
stanza contigua e stava in ascolto. scorso, tra
i
commensali, su
le
Cadde
il
di-
accanite e infrut-
lei, argomento increscioso due funzionarli, cui non erano mancate dall'alto amare parole per i ripetuti insuccessi. Il capitano dei gendarmi ad un tratto con aria di profondo mistero esclamò: " Io so ove si nasconde
tuose ricerche contro di
per
i
la signora! „ il
A
queste parole
gli ospiti allibirono,
sottintendente balzò in piedi
(1)
Divenuto poi sindaco
domandando ove
di Napoli, senatore del regno.
172
mai
la
ma
fosse:
ella
con
mano
segno
facendo
capitano, di
calmarsi e di
tòno di mesta rassegnazione
in
sedersi, riprese
il
sottintendente
al
ed in pari tempo con misterioso sussiego:
vana ogni
ricerca: ella è presso
cese in Napoli
le
sto
polizia
la
(1).
cav. Laudi, scoraggiato
momento
E
molte perquisizioni fatte inu-
tilmente nella capitale Vallo a l'intendente
"
ministro fran-
Forse cosi sospettava
„.
napoletana dopo
Il
il
il
ormai, scriveva da
21 dicembre 1853:
rientro in residenza
"
In que-
dopo un giro
di
dieci giorni eseguito nel Cilento, sotto dirottissima
pioggia, tra frane e valloni, rischiando la vita nello
scopo di rintracciare la signora Mazziotti oggetto strepitosi impulsi di lei e del signor direttore
di
generale di polizia.
E
assai
malagevole seguirne
i
ognuno ha ritratto, nei paesi del Cida l'emigrato suo marito non pochi bene-
passi; poiché lento,
come uomo assai caritatevole „ (2). Le terribili ansie di una vita randagia,
fìzi
nanza dal marito
e dai
figli,
logoravano
la lontala salate
della sventurata, esposta ogni istante a le più cru-
Una lie^e imprudenza, una denunzia improvvisa potevano perderla! Era forse meglio deli sorprese.
presentarsi spontaneamente che continuare quella
(1)
prile
Una
nota della prefettura di polizia
1854 indica
le
lunghe
ricerclie
fatte
del in
19 atutti
i
quartieri della città. (2;
Sua relazione del 21 dicembre, ivi. Il Landi nel 1854 come sottointendente a Vallo dal cav. Angelo
fu sostituito Santini.
173
La
vita di affanni!
famiglia di
un
grete intelligenze con
lei
che aveva se-
funzionario di polizia
un
a Salerno inviò da questo con una lettera
Mariano De Augustinis di Frignano Cilento (1), chiedendo consiglio. Si era nel cuore dell' inverno ed il funzionario se ne stava solo e tranquillo innanzi ad un buon camminetto acceso, quando gli venne annunziato il parente,
fido
De
sig.
il
Augustinis, che gli presentò la lettera.
Il
fun-
zionario l'apri, la scorse pallido ed ansante, quindi la
quando ogni brandello fu voi, con una tale lettera venir qui rischiando di mandare in
gettò nel fuoco
distrutto, esclamò:
avete osato di
e,
"
E
rovina me, e voi stesso! la signora dite
morte che
una cosa
Fuggite, fuggite, ed a sola,
meglio per
lei la
l'arresto „.
III. Il caporale
Del Baglivo costretto da sevizie
confessò a la commissione istruttoria di avere
ri-
cevuto per mezzo di un tale Donato Nicoletta,
bagno
premure da i compagni (2). Una minuta perquisizione eseguita subito, il 20 dicembre 1853, in quel bagno non diede luogo ad alcuna scoperta importante. Però la polizia seppe che due donne, Raffaella e Nicoletta Leanza, la prima moglie, e la seconda figliuola del condannato politico Luigi Leanza visitavano molto spesso il loro congiunto, e due altri reclusi ritenuti assai inserviente nel
di Precida,
detenuti politici di subornare
i
suoi
(1)
Morto
(2)
Archivio di Napoli, prefettura di polizia, anno 1853,
nello scorso
fascio 3119, voi. 2o.
anno in Napoli.
174 pericolosi, Carlo
De
Angelis e Luigi Parenti, en-
trambi di Castellabate, conterranei cioè del caporale
Del Baglivo. Certo si
spondenze tra
reclusi ed
i
due donne
le
nelle loro
prestavano a criminose corri-
frequenti visite
militari
i
solo sospetto per arrestare,
Bastò questo
20 dicembre,
il
vine Nicoletta Leanza, che
!
la gio-
contava allora venti
d'Agnone ben quattro mesi, cioè
anni, e cbiuderla nel carcere di S. Maria in Napoli, ove restò per
marzo successivo (1). La polizia temeva specialmente, per
fino al
con
occulte
militari.
espiava la pena
dei
relazioni
Michele Pironti, che allora ferri
nel
Mon-
di
castello
una perquisizione presso di rinvenne un frammento di una lettera In
tefusco.
stesso
Adamo,
caporale Fortunato
dal
tagli
autore
ciardelli!
della
Sembrò
(2).
trama
svelare la
lettera ch^i
non
prigione tutti
i
detti
a la vigilanza del bagno, su
teva
cadere
Pironti la si
il
sospetto
lettera
del
di
vette
(1)
chiari nulla. militari
ad-
quali
po-
i
aver consegnata
D'Adamo. Alcuni
trovavano di guarnigione in farli
Ric-
dovesse
in ogni suo particolare e sbro-
in
tratti
al
scoperta
gliare l'arruifata matassa: invece
Vennero
si
diret-
proprio lo
incendiaria la
lui
al
di essi
Sicilia, e si
do-
venire di là e chiuderli nel forte di
Archivio di Napoli, ministero di polizia, anno 1853, La giovine, nata il 10 settembre 1833,
espediente 6760.
sposò poi (2)
il
sig.
Camillo Monaco.
Archivio di Napoli, prefettura di polizia, anno 1863,
fascio 3119, voi. 20.
175 S.
Elmo, ove erano
tutti gli altri
imputati della
tenebrosa cospirazione.
dopo le confessioni fatte si sentiva perduto! L'accusa gravissima, di attentato al re, portava la pena di ma egli aveva conmorte. Mancava la prova IV.
Del
caporale
Il
Baglivo
;
fessato le sue corrispondenze con detenuti politici
per subornare
i
suoi compagni, e questo addebito
bastava a mandarlo
al
ornai restava al misero!
segnata col
mancava modo perle ed, anche
Niuna speranza
!
La fuga? La sua
grosse
di procurarsi
una lima per romsarebbe occorso
molta fatica e non poco tempo, ed ne sarebbero certamente accorti. E esse
una
una corda por da le
fosse spezzata?
i
custodi se
poi, anche ad assicurare ad discesa, v'era da buscarsi
sbarre, e
le
la
fucilata
fi-
sbarre di ferro. Gli
ottenendola, vi
riuscendo a limare
prigione,
posta in alto; la piccola
n. 98, era
nestra di essa aveva
patibolo
sentinelle.
Una
E
se la
corda
si
caduta da quell'altezza sa-
rebbe stata mortale!... L'ardito caporale si agitava tra miUe timori e vane speranze quando scopri che sotto la sua cella v' era una stanza addetta una volta a
prigione
e
poi
abbandonata. Scendendovi, egli
poteva calarsi giĂš da
Con mirabile piano per non fare
corda.
mente, durante suo
lavoro,
le
riusci
la finestra
mediante una
tenacia, lavorando di notte, strepito, e
nascondendo
abil-
frequenti visite dei custodi,
il
ad aprire nel pavimento un
sufficiente per passarvi. Formò quindi con la coperta di lana del suo lettuccio e con la fodera
buco
176
lunghe
del paglione
striscio
per scendere da la
finestra.
La
notte dell' 8 febbraio 1854 fa assai oscura;
una densa nebbia circondava le mura del castello. Poco prima dell'alba, quando di solito era meno intensa la vigilanza delle scolte,
La
il
Del Bagli vo
stanza sottoposta era molto
cominciò
la discesa.
bassa,
che egli potette con un salto giungervi
sì
senza pericolo. Assicurate
le striscio
ad un ferro
conficcato presso la finestra, frenando cuore,
attaccò ad
si
quando ad un
salvo,
si
battiti del
i
slanciò nel
lentamente e già
scorrere
lasciava
Si
esse e
tratto la striscia
si
si
vuoto.
credeva
ruppe ed
egli precipitò nel fossato detto del Petraio.
Al rumore l'allarme,
vennero
caduta una sentinella
della
accorsero
il
i_
soldati
Del Baglivo senza
guinato. Il chirurgo militare nel
caporale
la
frattura
molte contusioni, e
di
diede
guardia e rin-
sensi, tutto insan-
del forte riscontrò
della
spalla
destra
e
lo fece trasportare a l'ospedale
militare. Ma due giorni dopo il maresciallo Bernardo Palma, da poco promosso al comando della provincia di Napoli, per tema che lo sventurato,
comunque
cosi malconcio, tentasse un'altra fuga,
lo fece trasportare di
con ordine di
"
nuovo nel forte un locale
tenerlo in
di S.
Elmo, ben
isolato,
custodito e sorvegliato, sotto le cure del chirurgo di altri che saranno appositamente da l'ospedale militare della Trinità (1) „.
del forte e inviati
(1)
Nota del 10 febbraio
1854, n. 474, archivio militare
di Napoli, segretariato n. 276, personale n. 15952.
.
177
V. Nel grosso fascicolo degli missione istruttoria segreta
su questa spinosa faccenda.
al re
e
la
relazione
Forse non
un documento
volle lasciare negli atti
Com-
della
atti
manca
si
cosi geloso
riservato, temendosi facili indiscrezioni. Vi sono
però
le risoluzioni
sovrane comunicate, con nota
marzo 1854, dal generale Nunziante al comando della piazza per i militari ed a la predel 15
fettura di polizia per
Per
militari
i
l'esercito
in
il
i
borghesi
e l'invio dell'alfiere
Ali sua
patria
sotto
massima punizione
2° la
chetta
(2) nell'interno del
dita del cingolo penali, in celle
(1).
re ordinò: 1° la radiazione
militare isolate,
da Giovanni Fiumara
rigorosa
sorveglianza;
affiiUiva,
cioè
forte S.
Elmo,
(3),
bac-
la
la per-
e l'invio nei
bagni
dei caporali Antonio
Del
Baglivo, Fortunato d'Adamo, Enrico Janni, Q-abriele Battaglia, e dei sergenti
Vincenzo Caggiano; 3°
Vincenzo Giglio e
bacchetta e la relega-
il loro impegno Domenico De Feo, Mariano
a la Pantelleria, durante
zione
militare, dei caporali
(1)
la
Ministero della guerra, l» ripartimento, 1° carico, Prefettura di polizia di Napoli, anno 1854,
n. 1481.
—
fascio 650, voi. 2». (2) L'art. 362 dello statuto penale militare, approvato con legge del 30 gennaio 1819, stabiliva per i delitti commessi da sotto ufficiali e soldati « l'esacerbazione di un
numero di giri di bacchetta da stabilirsi dal Consiglio di guerra a misura della maggiore o minore gravità del reato.» Nell'art. 379 si soggiungeva: « Questa pena non arreca infamia (3)
»
Cioè la radiazione da l'esercito.
12
178 di Angelo, Antonio AuriDomenico La^^anà, Cannine Scarpa, gemma 4** il congedo e la relegazione in Ponza del sergente Giuseppe Amoroso e dei caporali
Q-ianfreda,
e
dei
soldati
Griuseppe
;
Francesco Mazziotti, Nicola Rossini e dei soldati
Angelo Cinquegrana, Enrico Schioppa, Nicola Mangia, Michele Campiglia, Vito Donato Pretti, Domenico Coia, Raifaele De Gfregorio, e Francesco Paolo Albani; 5° il congedo definitivo per il sergente Raffaele Vignolo; 6° il congedo e la relegazione in Tremiti per il sergente Gennaro Cerella, per il caporale Luigi Granna e per i soldati Alfonso De Masellis, Antonio di Fiore, Filippo Brescia, Francesco Giaqiiinto, Leonardo Francesco Leone, Francesco Giampolo, Giuseppe Panunzio Francesco di Sessa, Giuseppe Damiani Domenico Occhiati e Domenico Monzillo; Lanza,
7° la liberazione di altri sei militari riconosciuti
innocenti.
Per
gli
imputati
relegazione a
Ponza
Giuseppe Ricciardelli,
borghesi
il
re
dispose: la
prete Mattia Basile, di
del
Oaccavale, Gaetano
P. E.
Tommaso e Luigi Sacco, ed Antonio Petruccelli: nelle isole di Ustica o della Favignana, di Vincenzo Vitro della Pantelleria, di Donato Nicoletti: a Tremiti di Luigi Pagano, Aniello Alvino, Vincenzo,
:
Adamo
e Pietro
Amodio
:
la
sorveglianza nei
spettivi domicili per Camillo Jacovelli di
ri-
Picini-
Grandino fu Antonio di Castellabate, di Gaetano Della Banca di Avellino, del sac. Bonaventura Falabella di Gioi la libesco,
di
Costabile
:
179
M.
razione di Nicoletta Leanza, Filippo Baratta, A. Cilento e Filippo Verrone
La Commissione in seguito ad
ordine sovrano,
i
rapporti
il
Janni,
De
cinque VI.
Battaglia e D'Angelo
quella
giri di
l'
modo
"
prescritto
condannato
neir atrio
reggimento
si
;
Aurìgemma
della
(2).
diversa da
379 dello statuto pe-
Le bacchette verranno nel
esecuzione delle pene militari
dotto
la
era
bacchetta
della
delle legnaie. L'art.
scrive: " Il
Cagpena di per La-
bacchetta psr cento uomini
nale militare disponeva:
date nel
stabiliva
„
uomini
Feo, Scarpa, (lianfrida ed
La pena
conesige
Griglio, Jacovelli,
dieci giri di bacchetta per cento
ganà,
"
caso
del
massimo rigore
per Del Baglivo, d'Adamo, giano,
novellamente
17 marzo
il
somma gravezza
siderato che la sotto tutti
(1).
segreta, riunita
regolamento „ (3). Il
De
per
Cesare
alle legnate veniva concaserma dove già il suo
trovava disposto in quadrato.
era svestito, e con
le sole
mutande veniva
bocconi sopra una scranna di legno.
Due
Là
steso
caporali
con un sottil bastone applicavano al disgraziato cinquanta o cento battiture, secondo la condanna, marcando i colpi ad alta voce. La pena della
(1)
Lettera
fetto di
del 15
marzo 1854
polizia, archivio
anno 1854,
Napoli,
del
ministro al pre-
prefettura
di
polizia,
voi. 1°.
Verbale del 17 marzo, ivi. Finora non mi è riuscito mento. (2) (3)
di
trovare tale regola-
180
anche piĂš
era
bacchetta
nudo fino ai fra due file
dolorosa. Il
colpevole
doveva passare e ripassare soldati, i quali a suon di tam-
fianchi,
di
buro lo percuotevano sulle verghe di salice (1). La mattina del 20 marzo
con
spalle,
sottili
j,
della bacchetta per
Baglivo
ancora
si
La
infermo.
esegui la pena
meno
militari,
i
per
relazione
il
Del
ufficiale
comandante del castello, dello stesso di, nota che venne scelto per l'esecuzione un locale op-
del "
portuno nelle fossate del forte dei cacciatori, i
terminò a
Assistevano
funzione cominciata a Falba
11 antimeridiane, trattandosi di sot-
le
toporre a la bacchetta ben dodici persone. lazione tace
del
loro compagni,
a
soldatesca
contegno di costretti
l'ingrato
da
la
ferrea di
ufficio
La
re-
Sul viso dei
esse.
disciplina
aguzzini o di
leggeva un profondo sentimento di
spettatori, si
sdegno e
al
le
La barbara
colpevoli.
â&#x20AC;&#x17E;.
compagnie del battaglione cui principalmente appartenevano
vergognoso spettacolo
di repressa ribellione
;
ma
al
comandante
del forte piacque, da accorto cortigiano, di riferire invece
e di
"
che l'unanime spirito di avversione
aborrimento per quei
volto di tutti
â&#x20AC;&#x17E;
tristi si
ravvisava sul
(2),
Per il caporale Del Baglivo era stata sospesa la pena della bacchetta in attesa del responso di
un medico.
Il
chirurgo militare, Domenico Rossi,
(1)
Fine di un regno,
(2)
Eelazione del 20 marzo 1854 del comandante del
forte.
voi. lo.
181
incaricato di visitare ilDelBaglivo e di esprimere
suo parere circa
la possibilità di infliggergli la
senza esporlo a pericolo di vita, scriveva con
buttante cinismo vato
il
soldato
19 marzo 1854
il
Antonio Del Baglivo
comunque non guarito pure
la
Ho
ri-
osser-
quale,
al
omero
frattura dell'
della
essendovi scomposizione
destro,
"
:
il
pena
frammenti,
dei
punizione della bacchetta non è assolu-
tamente mortale
comandante
Il
(1),
„
del
forte,
che molto probabilmente aveva fatto comprendere
medico
al
ciò
che
si
soddisfatto a scrivere,
guerra:
"
desiderava,
si
affrettò tutto
marzo,
al
ministero della
il
'24
Poiché dal certificato del chirurgo Rossi
non si vieta di potersi assoggettare il Del Baglivo ad una punizione affiittiva, domani gli farò seguire la sorte degli
ginarsi
quali
altri
„
(2).
Può
dolori
atroci
facilmente
dovette
imma-
subire
l'in-
felice.
La sare
sera del 25
ogni
colpiti
da
marzo
pubblicità
a ora inoltrata i
„
la risoluzione
nettati e tra
una
la prefettura di le battiture
sovrana vennero
amma-
folta schiera di sbirri condotti a
Del Baglivo dopo reggeva in piedi e lo
polizia (3). Il
subite
le
per scan-
trentaquattro individui
non
si
dovettero trasportare in vettura.
passarono a
"
isole
loro
Da
la prefettura
assegnate.
Narra
il
Brienza che nel gennaio del 1855 vide nell'erga-
(1)
Dichiarazione scritta del Rossi in data del 19 mar-
zo 1854, archivio militare di Pizzofalcone. (2-3) ivi.
Lettera del comandante del forte del 25 marzo,
182 stolo di S. Stefano
caporali
i
i
d'Adamo
sergenti G-igli e Caggiano ed
Del Bagli vo in una
e
un
rigore. Attraverso
di
che avevano
La
le spalle tutte livide,
un braccio
glivo aveva
foro del
rotto ed
risoluzione sovrana per
il
i
cella
muro osserva ed
il
Del Ba-
piede slogato
(1).
non com-
militari
prendeva il La Sala allievo volontario, perchè ancora non faceva parte dei ruoli delFesercito.
Un di
ordine
marzo,
successivo
relegava a
lo
da
cellandolo
del
l'elenco
re,
l'isola
dei
conveniente al reale servizio.
a Ponza scafo
il
Cagliari con
da
di
Ponza, can-
volontari Il
La
mese
Sala
come non si trovava
27 giugno 1857 a l'approdo della spe-
il
dizione di Carlo Pisacane, e
ritogli
dello stesso
i
capi
il
imbarcò
grado di
della
Padula
si
sul piro-
ufficiale
confe-
spedizione. Sfuggito a
i
Sanza venne arrestato e condotto a Salerno, ove subĂŹ con i suoi compagni saperstiti un lungo e clamoroso giudizio innanzi a la Grran Corte speciale. Condannato a morte massacri di
e di
con sentenza del 19 luglio 1858, ebbe commutata pena nell'ergastolo, poi con decreto del governo costituzionale del 17 agosto 1860 in venticinque
la
da ultimo con decreto del l'' settembre successivo, sei giorni prima dell'entrata di Garibaldi in Napoli, ottenne la grazia comanni di
pleta
(2).
VII. tati,
ferri e
Il re nel risolvere
aveva disposto che
su la sorte degli impusi
(1)
Rocco Bribnza. La mia
(2)
Giorjiale delle
Due
adoperasse maggiore
croce, pag.
Sicilie del
97.
4 settembre 1860.
183
energia per l'arresto della baronessa Mazziotti
(1).
Questa frase racchiudeva manifestamente un rimprovero per la polizia: quindi crebbero sbirri, le ricerche e le
La dell'
le ire degli
minaccie.
sventurata donna, nonostante la grande forza
non
animo,
goscio pericoli.
ormai
resisteva
La
crucciava profondamente
esser causa di tante persecuzioni a
Comunque
le
famiglie amiche
i
il
an-
a le
piĂš
queir esistenza raminga, fra
di
continui
pensiero di
suoi congiunti.
a gara
facessero
per darle ricovero, essa sapeva di esporle a responsabilitĂ la
ed a molestie. Sopra tutto sentiva nel cuore
tenerezza
dei figli lontani ed
sistibile di rivederli.
sfidando
costo,
per Genova, ove tutti Il
i
ad ogni
qualunque rischio, d'imbarcarsi si trovavano il marito e quasi
figli.
maggior pericolo era
Sele, su cui allora,
sitava mediante
due
desiderio irre-
il
Risolse di tentare
al
passaggio del fiume
mancando ogni
ponte,
si
tran-
una grossa zattera assicurata a
rive, detta scafa.
danti passavano cosi
Le
carrozze,
i
le
carri, i vian-
da una sponda a
l'altra e
ripigliavano la rotabile. Per andare dal Cilento a
Salerno ed a Napoli non passaggio,
e
li
appunto
rigorosa sorveglianza
si si
della
geva per ogni viaggiatore
poteva evitare quel concentrava la
piĂš
quale
esi-
polizia le carte
la
dette di pas-
saggio.
A
l'
(1)
di una maggio un
alba
giorni di
Nota
del IB
bella
mattina degli
carretto ad
ultimi
un cavallo scen-
marzo precedentemente
indicata.
184
deva per
le
rampe
ripide
di
Ogliastro, che da conducono a l'ubertosa pianura di Capaccio ed al Sele. Un vecchio guidava il carro, sul quale era seduta una giovane bionda in abito da contadina, da la carnagione bianca e delicata, da i fini lineamenti del volto. Sul carro le colline del Cilento
grosse ceste contenenti frutti. Il vecchio era un antico e fido domestico di casa Galano, Antonio
De Feo, sopranominato Parisi: la giovine, la po^ vera profuga tanto ingiustamente perseguitata.
A
l'approssimarsi del fiume, serta, la la
cui
donna
si
quando nascose in una
la via era
de-
di quelle ceste,
parte superiore, chiusa
conteneva
frutti: la
da un tramezzo, parte inferiore aveva piccole
aperture per l'entrata dell'aria.
A rono
l'arrivo al
fiume due gendarmi si avvicinachiedendo al (>onduttore a chi
carretto
al
portasse
quella roba.
tranquillità del
II Parisi con la maggiore mondo, anzi con una certa aria
di superiorità, rispose:
" Complimenti (cioè doni), per l'intendente „. la magica parola 1' " intendente „ quei bassi subordinati, con un umile inchino si trassero di fianco, esclamando
A
enfatica-
Avanti! „ H carretto passò su la zattera e raggiunse la riva opposta. Ad una svoltata della strada, quando il fiume non era più in vista, la profuga usci dal nascondiglio. La attendeva in quel punto una carrozza dei
mente:
"
signori
Moscati, suoi parenti, questi la accolsero a Faiano in una loro villa: e la fecero il di seguente proseguire per un'altra loro villa a Resina, presso Napoli.
185
Restava un'altra grave difficoltà: l'imbarco per A lo scalo marittimo di Napoli detto la Immacolatdla, presso il quale ancoravano i piro-
l'estero.
una vigilanza incessante. Il commissario scrutava ad uno ad uno i passeggieri e chiedeva loro il passaporto che, dopo attento esame dei connotati, vistava. Per mezzo esercitava
polizia
scafi,
la
della
legazione
francese a Napoli
i
signora
suoi con-
Maria Francesca Alène
intestato a
notati
(1) la
nn passaporto con
Mazziotti ottenne
"
se
rendant à Grénes et à Grenoble. „ Il passaporto era vidimato dal ministero di polizia (2). Nel pomeriggio del 4 giugno 1854 il console francese in persona accompagnava
a lo scalo la
giovine signora, che mostravasi disinvolta e tranquilla in quel terribile di polizia
appose
sali sul piroscafo
il
momento.
Il
commissario
visto sul foglio e la profuga
francese HeUcspont in partenza
per Genova. Giunta a bordo la sventurata donna,
con le lagrime a scampato e volse lo sguardo, purtroppo l'ultimo, a la terra che la-
ormai sicura, ringraziò gli occhi,
sciava
per
il
cielo,
il
pericolo
!
L'arrivo della profuga a Genova, in paese libero
ed ospitale, fu una festa per affratellati
politici
(1) Il
La
Cour.
da
la
numerosi emigrati
ministro francese a Napoli era allora A la legazione francese erano addetti
Banneville come segretario,
alunno {Almanacco (2) Il
i
comune sventura
il
reale, 1850,
visconte
il
il
e
da
cav.
De De
conte
De Digeon come
pag. 61).
passaporto è ora presso l'autore di questo scritto.
186 l'aifetto
per la patria lontana. In gran numero ac-
corsero, con
sbarco, ed in tutti
marito, a lo
il
cuori, a l'apparire della
giovane signora
una profonda commozione. Quale ora
grama
nella
"
che
pubblicò
poletano a Genova
arrestarla
lo
ed
ne dolse aspramente con
la
passaporto
:
ma
il
â&#x20AC;&#x17E;
console na-
ministro francese
il
non aver
di
Il fatto
(1).
il
suo governo che
al
riferi
a Napoli. Questi dichiarò il
felice arrivo
il
legazione francese a la
dalla
per
stava
divenne notorio nel pubblico se
giubilo
di
aggiunse imprudentemente
ed
proscritta
sottratta, dicesi,
polizia,
rilasciato
governo risentito oppose che
legazione francese aveva richiesto a la polizia
napoletana
visto
il
al
sisteva in
mediante una
passaporto
lettera che con-
lettera di ufficio. Si rinvenne la
un modulo a stampa, con
zioni necessarie,
ma
indica-
le
essa era senza firma!
(2).
Le
autoritĂ napoletane dovettero tacere e rassegnarsi
L' intendente Valla la
i
destò
e dolorosa vita dell'esilio!
La stampa genovese della
si
profuga era in salvo, incitava
per l'arresto di
lei.
!
intanto ignaro ancora che i
suoi dipendenti
Saputo che un nipote
di essa,
Mariano De Augustinis, trovavasi in Salerno, lo fece arrestare. Il padre di lui corse da l'intendente
per
la
liberazione
del
dente la prometteva a patto che
(1) G-iornale
cantile di (2)
La Stampa
Genova
il
L'inten-
giovane rivelasse
giugno
e Corriere
Mer-
del 15 successivo.
Archivio di Napoli,
voi. II.
del 13
figliuolo.
anno
1854,
espediente n. 70,
187
profuga.
l'asilo della
Il
padre del
De
Augustinis,
che sapeva questa già in Genova, assicurò il
figlio nel
momento
lo ignorava,
ma
clie
che se ne
sarebbe sollecitamente informato per rivelarlo a la polizia, purché,
uscendo dal carcere, avesse po-
tuto fare le necessarie ricerche. L' intendente aderì e lo liberò
:
però qualche giorno dopo la polizia
di Salerno intercettò
una
lettera
con cui
la
signora
Mazziotti annunziava a suo genero Luigi Del Giudice
il
suo arrivo in Genova.
mise novellamente in carcere
Il il
Valia indispettito
De
Augustinis.
CAPITOLO Da
IX.
Nisida a Montesarchio.
—
Sommario. I. gni nel bagno
Dono ed
i loro compaGladstone - Nobili parole del Poerio e del Pironti - Il re ordina il trasporto di essi nel bagno di Ischia II. Arrivo nell'isola di Ischia - Altri condannati del Salernitano nello stesso bagno - Felice Barone - Francesco Romano - Gaetano Capozzoli III, Trasferimento del Poerio, del Pironti e di altri nel castello di Moute-
Il
Pironti,
il
di Nisida - Visita del
—
—
fusco
-
La
di essa -
galera eccezionale - Regolamento speciale i condannati - Pas-
Infermità contratte da
saggio dei condannati nel piano superiore - Il Poerio, il Dono ed altri al puntale - Grave pericolo corso dal Pironti - Le legnate al Garcea - Grave malattia del Pironti - Morte del padre di lui - Lettera del Dono
a la moglie - Sublime pietà di donna
Dono ed
— IV.
Il
Poerio,
Montesarchio - Atroci sofferenze del Pironti - Ritratto morale di lui - La vita nella galera - Varii detenuti presi da la tisi - Morte di Alfonso Zeuli e di altri condannati il
Pironti,
il
altri nel castello di
Grave infermità del Poerio - Pietosi uffici Dono - Auguri dei condannati a lei - Ringraziamenti del Poerio ad essa - Morte di un fratello del Pironti - Opera benefica della Dono - Fine di lei. politici -
di Cecilia
I.
la
Il Pironti,
pena dei
il
Dono
e l'Antonelli, condannati a
ferri nel giudizio della
nità, entrarono,
insieme con
il
setta dell'U-
Poerio,
il
Nisco ed
189
loro compagni di causa, il 5 febbraio 1851 bagno di Nisida. Questo serviva allora come bagno di ricezione, dal quale i condannati, dopo altri
nel
breve dimora, passavano ad
Narra
il
Nisco che egli ed
tura, incatenati a coppia,
i
si
altri
suoi
luoghi di pena.
compagni
di sven-
trovarono in mezzo a
delinquenti comuni e ad una miriade di insetti
(1).
Stavano da una settimana a Nisida, quando vi penetrò segretamente Guglielmo Gladstone accompagnato da una giovinetta napoletana Pasqualina Prota, di umile origine ma nobilissima di animo. Essa andava colà a visitare due suoi fratelli condannati per
dimostrazioni liberali del 5
le
set-
tembre 1849 in Napoli (2). L'eminente statista, commosso da lo stato miserando del Poerio e del Pironti, esclamò: "Io non potrò far sapere come vi ho visti; facendolo, peggiori sarebbero le vostre sorti „. Essi risposero: " Fate che l'Europa lo sappia: che
le
occupatevi
non
nostre condizioni siano conosciute, delle nostre povere persone,
della libertà del paese
„
ma
(3),
Le lettere pubblicate, dopo quella visita, dal Gladstone contro l'iniquità dei giudizi politici e le infamie dei luoghi di pena nel regno di Napoli destarono
(1)
Opera
(2) Ivi
una grande
impressione
in
tutto
il
citata, pag. 30.
pag. 302.
La
giovinetta
subì
dipoi, per
avere
accompagnato il Gladstone, gravi persecuzioni. Sposò in seguito un sarto, certo Giobbe, da cui ebbe un figlio, Mario, valoroso pubblicista suicidatosi in anni. (3)
La Prota Nisco,
è
ivi,
morta recentemente. pag. 302.
questi ultimi
190
mondo civile. Il re Ferdinando ne ebbe tanto sdegno che licenziò il presidente del Consiglio perchè non aveva prevenuta la pubblicazione ed ordinò il trasferimento del Poerio, del Pironti, del Dono, del Nisco, di Gaetano Errichiello e di Cesare Braico, ritenuti come
j)^'^^
pericolosi, in
un
pena ove non potessero avere assolutamente comunicazione con estranei ed in mezzo a
luogo
di
gente che avrebbe saputo fare di essi la giustizia
non aveva saputo fare (1). Venne il bagno di Ischia posto nelle
che la Corte
ritenuto opportuno
sepolture di una antica chiesa cattedrale dell'isola e destinato
pericolosi II.
per
galeotti e per
i
camorristi più
i
(2).
La mattina
del 28 febbraio 1851
i
sei
con-
dannati prescelti passarono da Nisida a quelle orribili
caverne. Sopraggiunsero colà parecchi altri
condannati
politici, tra
i
e Griuseppe
Ametrano
di
Barone,
il
quali,
i
fratelli
Aquara,
possidente Francesco
il
Federico
dott. Felice
Romano, Gaetano
Capezzoli, Lorenzo Carnevale calzolaio di Scorzo, il
notaio Luigi Cavallo e
i
due braccianti Carmine
Magno e Felice Delli Paoli di S. Mango Cilento. " Restammo - soggiunge il Nisco - in quel bagno dormendo su
(1)
Nisco,
(2j
Un
zione di
ivi,
giacigli distesi sul
nudo
basalto,
pag. 302.
decreto del 31 gennaio 1828 ordinò la forma-
un luogo
di
pena nella
località
l'antica città di Ischia. L'attuazione
ove era situata
del provvedimento
ebbe luogo con R. decreti del 12 agosto 1823 e 11 settembre 1826.
0^
/^o
191
incendiarii, ma non noa un disordine. Quelli sciagu-
a lato di ladri, assassini ed
una
vi fu
rissa,
che rispetto, venera-
rati sentivano per noi, più zione) „
(1). il 30 novembre 1818, era, un giovane medico, cui fu
Barone, nato in Eboli
Il
scrive
il
"
Castromediano
troncata ben presto ed inesorabilmente la carriera, d'indole dolce come mato da ognuno di la
i
suoi biondi
per
noi, sia
fermezza con cui soffriva e notizia
contro di
lui
il
sia
capelli:
fu a-
costanza e per
per
la
sua sol-
compagni infermi „ (2). del mandato di cattura spedito 22 giugno 1850, si presentò spon-
lecitudine nell'assistere
Avuta
la
taneamente in
i
carcere
il
5
febbraio
La
1851.
Q-ran Corte speciale di Salerno, ritenendolo
col-
pevole di avere indotto molte guardie nazionali del suo paese a
dannò
il
muovere su
la capitale,
lo
con-
29 luglio successivo a diciannove anni
di ferri (3).
Francesco in Eboli, nili
il
Romano
di Michele, nato, parimenti
19 febbraio 1794, nei suoi anni giova-
aveva sabito una breve prigionia come ascritto
a la setta dei carbonari.
Il
Castromediano dice
Era uno di quei gentiluomini di campagna che alla buona e senza lettere, hanno dipinta di lui: "
sul volto l'ingenuità dell'animo e la irremovibilità
(1) 1^2)
(3)
Opera citata, pag. 303. Castromediano, voi. 1«>, pag. 351. Nel volume delle deciaioui mauca questa del 29
glio; però nel foglio di
spositivo.
udienza di quel giorno vi è
il
ludi-
192
nei propositi. Credeva fermamente all'onnipotenza delle sette, le quali, affermava egli, in
mento sono tria,
massacrando
se
fossero avverati, son certo
si
reazionari: massacri ai quali,
i
parte, tanto era mite
Era truce
non avrebbe preso umano.
cuore, religioso ed
il
solo nelle parole, parole che egli ripe-
teva con calore, talvolta con energia,
un colpo
era incapace di tirare setto „ (1). Arrestato la stessa sentenza del
tazione,
nel fatto
ad un
in-
22 giugno 1850 ebbe, con
fratello
dei
la stessa
impu-
famosi banditi fu-
a Palinuro per la rivolta del 1828, ho già
narrate in parte lo
il
ma
di spillo
Barone e per eguale condanna (2).
Del Capezzoli, cilati
un dato mo-
che possono sgombrare la pa-
le sole
descrive
sfornito e di
vicende
le "
cosi:
forme
Era
(3).
di
Il
Castromediano
educazione
fisiche assai
cuore eccellente e capace di azioni
affatto
ma
di
generose.
Il
volgari,
suo stato finanziario era miserrimo, non avendo parenti che
si
ricordassero
tutto e limitato nei desideri, tieri del
di lui: si
ma
parco in
accontentava volen-
poco offertogli da noi e perciò spesso
r udii ringraziare la provvidenza „ (4). III. L'indignazione sollevata da le lettere del Gladstone si diffuse rapidamente per opera della
(1)
Castromediano,
ivi,
pag. 349.
La medesima sentenza assolse per eguali imputazioni Eaffaele La Francesca e D. A. Vacca pure di Eboli, (2)
arrestati (3)
il
6
maggio
Nel Carducci,
1850.
voi. 1°, pag. 148, e nel
voro cap. 2«, pag. 46 e seg. (4) Castromediano, voi. 1°, pag. 350.
presente
la-
193
stampa
liberale estera, eccitata sopra tutto
esuli napoletani. Si
chiedeva
legni stranieri
si
le
gli
la liberazione dei con-
dannati politici o un trattamento
Mentre più fervevano
da
meno inumano.
censure, corse voce che
erano avvicinati ad Ischia ed a
una sorpresa per Per stornare il pericolo, il contrammiraglio Palumbo, in seguito a ordine sovrano, spedi la nave da guerra Rondine a rilevare da le due isole molti condannati politici. Il piroscafo andò prima ad Ischia, ove ne imbarcò trenta, tra i quali il Poerio, il Nisco, il Pironti, il Dono, i due fratelli Amitrano, il dottor Barone, il Capezzoli, il Carnevale ed il Romano (2); filò quindi rapidamente verso Precida. Narra il Castromediano, allora nella galera di Precida, che la mattina del 28 febbraio 1852 egli ed i suoi compagni videro spalancarsi le porte delle loro celle ed entrare i custodi con il comite Precida e nacque
liberare
i
sospetto di
il
detenuti
(1).
a la testa: questi agitando
viva
il
tra cui
i
berretti,
gridavano,
re! libertà, libertà! Diciassette prigionieri, il
Castromediano,
vincia di Salerno,
il
lo Schiavoni, e, della pro-
sarto Michele
Vose
di
Lau-
reana Cilento, furono da la galera condotti a bordo della Rondine, che prosegui per Nisida, ove raccolse tre detenuti e quindi per la
(1)
Castromediano,
darsena di Napoli
op. citata, voi.
!<>,
pag. 268.
Il
(3).
Nisco,
op. citata, pag. 316. (2)
Nisco, pag. 316
(3)
Castromediano,
stodi. 13
;
Castromediano, ivi. Il
comite era
voi. 1", pag. 284. il
capo dei cu-
194
Scesi colà, vennero sospinti tutti e cinquanta in
da una torma
fretta e furia
gendarmi
di
minato da una lampada
La
illu-
Stavano
fioca e fetida.
pigiati senza poter sedere.
un
in
vecchio magazzino angusto, umido e sudicio, disperazione
in-
li
dusse a protestare rumorosamente battendo con violenza contro presine quindici,
i
Pironti,
Poerio,
il
sero in
una
Accorsero
le porte.
i
più vicini a la porta, tra cui
Dono ed
il
il
Romano,
stalla contigua, nella
A
(1).
mezzanotte,
quisiti diligentemente,
li
e, il
chiu-
quale passarono
parecchie ore sul suolo, digiuni e tra
più nauseanti
gendarmi
le esalazioni
tratti fuori, per-
sempre incatenati, salirono
in carrozze chiuse. Nella carrozza insieme col Poe-
stavano
rio
il
Pironti,
larga scorta di sbirri
bagno
al
del
1**
Il
di
li
Nisco e l'ErrichieJlo.
il
Una
condusse precipitosamente
Montefusco ove giunsero
al
tramonto
marzo.
bagno, scavato in un monte, era stato chiuso
nel 1845
per voto del Consiglio provinciale
(2)
di Avellino
omaggio a V umanità^ quindi riaPeccheneda nel 1850 per
in
perto su proposta del
mettervi "
camorristi ed
i
Dovemmo
una
passare
fetida cava
poste ferrate,
in
e,
„
i
più feroci delinquenti.
scrive
il
Nisco,
"
attraverso
per un piccolo uscio con im-
un antro che yoggiava
le
sue
oscure volte su grossi pilastri ed aveva le umide e
grigie
mura
chiazzate
di salnitro, le finestre
munite di due massiccie inferriate e senza imposte
(1)
Seguo
(2)
Nisco, pag. 317.
la
narrazione del Castromediano e del Nisco.
195
€ ad un lato
condotto lurido del sovrapposto
il
quartiere militare sul
nudo
pagni
suolo.
gli
„ (1).
La
sera dovettero coricarsi
Per riguardo
un
migliore, presso
A
pilastro.
stretto a la stessa catena,
Poerio
i
suoi
com-
il
fianco di lui stava,
Pironti.
Durante
la
si udì ad un due sventurati precipitò un ammasso di materie
tratto uno scricchiolio e vicino a
notte i
al
assegnarono un posto, che credettero
luride proveniente dal condotto del quartiere militare.
La
galera di
Monte fusco era una galera
eccezio-
nale, governata da un apposito regolamento
che
proibiva a
detenuti
i
ogni
(2)
comunicazione,
anche con parenti, salvo uno speciale permesso generale e l'approvazione del mi-
dell'ispettore
nistro di polizia
(art.
12)
:
permesso limitato a
i
Castromediano, voi. 1°, pag. 298. Castromediano, ivi, pag. 306, pubblica questo regolamento speciale. Il regolamento generale formava il titolo 18" della ordinanza della R. Marina approvata con R. Decreto del 2» ottobre 1818, n. 1338, dipendendo i (1)
Nisco, pag. 317
;
(2) Il
bagni dal ministero della marina. Distingueva i bagni in due classi secondo lo stipendio dei funzionari ad essi addetti. Erano della prima i bagni della darsena, del Car-
mine
e dei Granili in Napoli, di Castellamare, di Precida,
di Brindisi e di S. Stefano
;
della seconda quelli del Gra-
natello, di Pozzuoli, di Gaeta, di Ponza, di
Cotrone e di
Pescara, di Iscbia, di Capua e di Montefusco.
Un
decreto
marzo 1835 pose i bagni sotto la dipendenza di un ispettore della marina detto ispettore dei rami alieni
reale del 19
che aveva a la sua dipendenza anche i telegrafi. Nel 1857 i bagni passarono a la dipendenza del minie
stero dei lavori pubblici.
196
giorni festivi ed a
La
visita
parenti di primo grado.
soli
i
doveva aver luogo nella
presenti l'ispettore di polizia,
il
sala d'udienza,
capitano di piazza,
comandante del bagno, il comite, un caporale di gendarmeria ed un caporale della guarnigione. I il
detenuti erario divisi da
una doppia
i
inferriata. Si
alta e della conversazione
colo
4).
mediante doveva parlare a voce
loro visitatori
si
redigeva verbale
(arti-
Vietato tenere carta, penne ed inchiostro
qualunque libro, meno qualche opera di religione e di morale da approvarsi dal sovrano e da verificarsi pagina a pagina (art, 7). L'art. 9 concedeva due volte la settimana di scrivere a i e
parenti in una apposita sala, a la presenza degli funzionari
stessi
Delle lettere
una
al
su
e
un
solo
foglio timbrato.
facevano tre copie da rimettersi
si
ministero di polizia, un'altra
al
ministero
dei lavori pubblici e la terza a l'intendente della
provincia
10).
(art.
In quell'antro
mese
e
poveri condannati stettero
i
mezzo tollerando virilmente
un
crudele
il
supplizio. Il Nisco scrisse che " per l'aria scarsa e
malsana, che vi
si
respirava, essi contrassero gravi
malattie che abbreviarono loro la vita. soffri di affanno, il
Pironti
di
Castromediano
il
spinite, lo
di
Il
Poerio
bronchite,
Stagliano di artrite, lo
Schiavoni perdette un occhio, diciassette ebbero l'ernia,
(1)
il
Di Gennaro smarrĂŹ
Nisco, pag. 317
Montefusco, pag.
17.
;
la
ragione
Castromediano,
Da
â&#x20AC;&#x17E;
(1).
Procida a
197
Su
la
fine
seguito a estera,
da
il
le
di
marzo 1852, probabilmente in
vivaci proteste della stampa liberale
governo
tolse
prigionieri di Montefusco
i
l'orrido sotterraneo e
li
fece mettere nel piano
superiore ìq due corsie, ciascuna delle quali aveva
due camere. Nella prima tra
i
quali
il
Poerio,
corsia
ne stettero venti
Pironti, lo
il
Schiavoni,
il
Dono, il Barone, il Nisco, il Castromediano nella seconda gli altri trenta (1). ;
Un 3
sollievo a le loro sofferenze conseguirono
aprile
1853 per
che ordinò nati,
effetto
la divisione delle
spezzando in due
catene che
lo
il
un decreto reale coppie dei condan
di
li
univano e
riducendole per ciascun individuo a sole quattro
maglie
(2).
Si disse
che l'ambasciatore di Russia,
vi-
Ferdinando in occasione della Pasqua, avesse, a nome del proprio sovrano, chiesto ed ottenuto tale concessione (3). Nel marzo del 1853 un cacciatore di guardia asserì di avere udito una notte il Dono discorrere sitando
il
re
sommessamente con
compagni e assicurarli mese successivo (4). Irruppero precipitosamente nelle corsie il comandante i
di un'insurrezione per
del bagno,
un
suoi
il
fece condurre
ed
tale Chiappetta,
cacciatori di guarnigione, certo il
Poerio,
il
De
Nisco,
il
il
capitano dei
Curtis,
Dono,
il
il
quale
Braico
e Luisi Cavallo nella caverna sottostante e met-
(1)
Castromediano,
voi. 1°, pag. 333.
pag. 339; Nisco, pag. 318. (4) Ivi, voi. 2°, pag. 12 - Archivio di Napoli, polizia, anno 1854, nota del 15 marzo 1854 - Nisco, pag. 218. (2-3) Ivi,
-
198 terli al
puntale
Ciò consisteva nel fissare la
(1).
pavimento od
catena al
al
muro
della prigione in
non potesse muoversi (2). il detenuto L'intendente di Avellino cav. Mirabelli, venuto a guisa che
conoscenza del
fatto, fece togliere
puntale nonostante Pironti
Il
dorsale,
soffriva
non
clie
come
giare,
i
le proteste del
di forti
gli
prigionieri dal
capitano
dolori
a
permettevano
la
di
nel vaglio.
spirare
un
Un
giorno
il
soldato di guardia ac-
che ritraendosi vivamente indietro gridò „
mediano che Alcuni fra
si
gli i
il
muro.
a due dita da la fronte del Pironti
palla passò
e
re-
testa fra le
cortosene sparò un colpo di fucile rasente
!
passeg-
l'infermo, per
po' meglio, introdusse la
traverse della finestra:
scappata
spina
suoi compagni, qualche ora a l'aria
i
aperta
La
(3).
:
"
l'ho
gettò nelle braccia del Castro
teneva compagnia
(4).
detenuti politici, deficienti di de-
il vitto nella taverna del bagno, vivevano con il pane e la zuppa del fisco. Tra essi Antonio Garcea, che aveva combattuto su le barricate il 16 maggio in Napoli e poi nel giugno in Calabria, e Giuseppe Cimmino, entrambi cala-
naro per acquistare
Un giorno, che la zuppa era nauseante, come sovente accadeva, ardirono di lamentarsene con
bresi.
(1)
poli,
Castromediano, voi 2", pag. 12 - Arcliivio di Naanno 1851, nota del 14 marzo 1854 - NiSCO,
polizia,
pag. 218. (2_)
citata. (3) (4)
Croce, Lettera di Silvio Spaveìita al Bonghi già Le punizioni erano il bastone ed il puntale.
Documenti indicati. Castromediano, ivi.
199
un
quartigliere (1)
denunciò per
i
le
sopranominato Centrillo. Questi al Chiappetta, che ordinò
doglianze
due temerari
il
puntale e cinquanta legnate
per ciascuno. Il medico del bagno, allegando l'età e
lo
stato infermiccio del
Cimmino,
lo
salvò,
ma
non potette risparmiare il supplizio al Garcea. Al rumore dei colpi nella caverna sottostante i suoi compagni compresero, e si rannicchiarono su i miseri letti turandosi le orecchie per non udire il rumore. Il Grarcea sopportò senza neanche un grido le battiture,
A ralisi
ma
al
trentesimo colpo svenne
le sofferenze del Pironti si (3).
Lo sventurato
aggiunse
(2).
la
pa-
prigioniero era in ansie
per la salute di suo padre gravemente malato.
An-
giugno del 1853 a
tonietta Poerio, scrivendo nel
suo nipote Carlo, non ebbe l'animo di comunicargli
morte del padre del Pironti; ma le parole della lettera la facevano intravedere. Vincenzo Dono, la
che s'interessava
aifettuosamente di tutti
i
suoi
compagni, in una lettera del 24 giugno 1853 a la moglie Cecilia, domandava più precise notizie af-
morte fosse avvenuta, " noi, potessimo disporre a poco a poco il povero Michele a finchè, ove la
(1) I quartiglievi erano condannati, per reati comuni, messi nel bagno per provvedere a la pulizia dei locali e per spiare i loro compagni. Nisco, 318 Il Set(2) Castromediano, ivi, pag. 23 tembrini {Ricordanze, voi. 2°, pag. 128), descrive il sup;
—
plizio delle legnate. (3) Il
Dono comunicava
tello di lui
da
la malattia del Pironti al fraLuigi con lettera dell'ottobre 1853, pubblicata
la Gazzetta d'Italia nel 27-28
novembre
1885, n. 397.
200
sventura capace di produrgli grave
quest'ultima e
seria
malattia
â&#x20AC;&#x17E;
avvenimento,
roso
specialmente strare
tutti
Dono
il
G-iunta conferma del dolo-
(1).
condannati
i
fecero
politici
gara per
a
e
dimo-
loro affetto e confortare l'addolorato loro
il
compagno.
Due
fratelli di lui,
ottenuta
a Montefusco. Al vedere
smunto, che male viva commozione
ma
faticosamente da
generale facoltĂ di visitarlo, andarono
la polizia
si si
loro
il
reggeva in
germano
pallido,
piedi, presi
da
slanciarono per abbracciarlo
;
gendarmi messi a sorvegliare il colloquio, sdegnosamente impedirono loro di avvicinarsi a l'infermo e perfino di stringergli la mano. I due i
sgomenti per lo stato miserando del loro diletto (2). Dal comando dei bagni giunse ordine di rispettare rigorosamente
visitatori partirono atterriti e
la disposizione
loqui con
i
un doppio
che voleva
detenuti, nei loro col-
i
congiunti, separati da questi mediante cancello e privi cosi anche del conforto
di vedersi (3).
Queste dal lenire
fanQO
(1)
ed implorate, lungi tramutavano in un aftanto che i detenuti pregavano i
visite tanto attese le
sofferenze,
indicibile,
si
Lettera esistente presso
la
biblioteca
del
museo
Martino in Napoli. Questa ed altre lettere dei detenuti vennero consegnate da le famiglie al corrispondente del Times in Napoli Henry Wreford cbe, per mezzo dell'ambasciata inglese, le trasmetteva al Gladstone ed al Russel i quali ne lessero alcune a la Camera dei Comuni. di S.
(2)
Lettera del
(3)
Idem
del 4
Dono a la moglie, ivi. novembre 1853, ivi.
201
non venire a visitarli. Il povero 12 giugno 1854 a la moglie " Avrei pure io piacere di vedere sempre e non solo una volta te e le nostre dilotte figlie, ma non in quel modo troppo inumano e barbaro e perciò quasi incredibile, quando invece di procurarci uno scambievole ed innocente piacere, ci procureremmo gravi dolori „ (1). Invano egli ed alcuni suoi comloro congiunti di
Dono
scriveva
il
:
pagni inviarono a l'ispettore generale dei bagni
una supplica: al mite e compassionevole contramPalumbo, ispettore generale dei rami alieni, da cui dipendevano i bagni penali, non
miraglio
si consentì da l'alto alcuna concessione (2). Il modesto farmacista, non vinto da tante sevizie, scriveva con grande altezza di animo a la sua addolorata Cecilia: " Ti raccomando di mostrare sempre viso forte a cosi avversa fortuna, e vivi contenta di essere in questi tempi collocata nel
numero
degli oppressi
(3).
„
Intanto progrediva la paralisi del Pironti; eppure
teneva tuttora con
lo si
catena
al
piede! (4):
compagni che lo circondavano Il comandante delle armi gli ufficiali del suo seguito non
spettacolo pietoso a delle più
la
i
tenere cure.
nella provincia e
potettero in
una
visita al bagno, a la
vista del-
l'infermo incatenato e cosi sofferente, frenare la
commozione dell'animo
Lettera del Dono a la moglie del 4 novembre 1853. lettera del 16 giugno 1854. Nisco, opera citata, pag. 318. Lettera del Dono del 4 novembre 1853.
(1-3)
(2) Ivi,
(4) (5)
(5).
202
In mezzo a tante brutture, a tanti dolori, splendeva sublime la pietĂ di una povera donna, Cecilia Dono. Appartenente a civile famiglia di Sulmona (1), aveva conosciuto in Napoli Vincenzo Dono che, innamorato della grande bontĂ di lei, la volle sua sposa. Essa aveva assistito e confortato le famiglie del Settembrini, del Faucitano, dell'Agresti nelle terribili ore in cui questi stettero in cappella
per andare
al
supplizio.
A
lei si
rivolgevano affet-
tuosamente da la galera il Pironti ed il Poerio. Non si possono leggere, senza sentirsi commossi, le lettere con cui il Poerio le mandava i suoi abiti per rattopparli! (2). Il Castromediano scrive di lei: " Con quanta venerazione e gratitudine quel
nome mi
ritorna
una donna ridotta
alla
mente
!
Ben
la
intelligente, piena d'affetto,
miseria,
alla
tutto
sacrificava,
ricordo
:
la quale,
anche
i
panni che dovevano decentemente coprirla, anche il cibo che stremava alla sue tenere figlie, per non far mancare nulla al marito che era in catena.
Essa
si
faceva intendere,
dal
suo Vin-
cenzo senza muovere labbro ed emettere voce, solo col
muovere
tibili
gesti
sguardo
lieve degli occhi, con certi impercet-
del corpo, che
di lince:
sfuggivano
ad
ogni
s3greto speciale dei meridionali
che altri se ne accorga, possono scambiarsi pensieri e speranze â&#x20AC;&#x17E; (3).
e pel quale, senza
S.
(1)
La
(2)
Lettera esistente
famiglia Treppitelli. nella
Martino in Napoli. (3) Voi.
1°,
pag. 309 e 310.
biblioteca
del
Museo
di
203
IV. Tante sevizie destarono
un'eco pietosa in
qualche nobile anima. Per intercessione del mini-
Russia in Napoli,
stro di
mento cui il
Poerio,
il
il
re dispose
di trenta dei detenuti
Cavallo,
il
il
Pironti,
Voso,
il
il
Nisco,
il
trasferi-
Montefasco, fra
di
Dono,
il
Capezzoli,
il
il
Barone,
Dell; Paoli,
il
bagno di Montesarchio (1). Nelle prime ore del 28 maggio 1855, tratti da quell'orrida galera, sempre con la catena Carnevale ed
il
Castromediano,
al
e con l'aggiunta delle manette, partirono in car-
rozze chiuse
(2).
Il Pironti, tolto
da una poltrona, su
la quale era
rimasto inchiodato da la paralisi per ventidue mesi,
venne su una nanzi
barella trasportato nella spianata in-
al castello di
Montefusco
una carrozza, prosegui
e quindi, steso in
movimento
la via (3). 11
della
barella prima, quindi le scosse della carrozza pro-
curarono a l'infermo acuti spasimi. Scortavano triste corteo l'intendente della provincia cav. belli,
un
(1)
voni,
ispettore di polizia
con
Visetti
molti
il
il
tenente colonnello
soldati
e gendarmi.
Nisco, opera citata, pag. 318. Gli altri erano lo Schiail
Braico,
il
Mollica, lo Stagliano,
Serafini, lo Sticco, lo Zeuli, il
ed
ufficiali,
il
Mira-
Ferraro, Barini,
il
il
Russo,
il
Pica,
il
Morelli,
il
il
Tuzzo,
il
Lopresti,
De Gennaro, il Mistorni, il Garcea, il Perri, Palermo, l'Errichiello. (Castromediano, voi. 2°, il
pag. 73). (2) Il Castromediano, opera citata, pag. 72, dice erroneamente 28 maggio 1856, mentre avvenne il 28 maggio 1855, come risulta da una lettera del Dono dell'8 giugno successivo. (8) Castromediano, pag. 73. -â&#x20AC;&#x201D; Lettera del Dono delrS giugno 1855.
.
204
Giunti a Montésarcliio verso
tramonto, vennero
il
messi cinque per stanza, cioè quattro condannati politici
ed un inserviente
(1).
I custodi, stante Torà tarda, lasciarono subito
detenuti, che dovettero passare la notte sul suolo, coperti
Però
soltanto
da
proprii
i
tefusco, erano state da poco le finestre
tempo imbiancate e al pavimento ed
ferri sottili cosi
luce ed aria più copiose
(3).
tolse gli inservienti
che diffondevano
Poco tempo dopo ed
i
nella
nuova dimora
si
il
co-
reclusi si trova-
rono costretti a pulire personalmente
Anche
(2).
Mon-
scendevano giù fino
orano munite di
mando
mantelli
camere, assai migliori di quelle di
le
i
nudo
le
stanze
(4).
usavano per
visite dei congiunti le stesse restrizioni
le
Mon-
che a
doveva parlare da stanze diverse, sotto una assidua vigilanza, e non era concessa neanche una stretta di mano (5). Il Dono, che pure adorava " Ti la buona e virtuosa sua moglie, le scriveva raccomando di non venire, perchè l'udienza non è come nei primi anni in Montefusco si parla da una stanza a l'altra ed è proibito finanche di tefusco. Si
:
;
stringersi la
mano
„
(6).
Dono, lettera dell' 8 giugno 1855. Castromediano, pag. 75. (3) Castromediano, pag. 75. Il Dono nella lettera citata dell' 8 giugno 1855 al fratello scrisse < le stanze che occupiamo sono proprie, anzi decenti però un poco umide » (1)
(2)
:
(4)
(5)
(6)
Lettera del 20 luglio 1855 del Dono a la moglie.
Castromediano, pag. 76. Dono, lettera del 22 giugno 1856. Castromediano,
pag. 77.
206
L'infermità del Pironti
medico del bagno trasportare in una
si
lo fece,
delle
piano adibite ad ospedale tena, lasciandogli
anche
inaspriva, tanto che
il
20 giugno del 1855, due celle del secondo il
(1).
Gli fu tolta la ca-
però la maniglia
che pesava
di più (2).
Nonostante
che lo crucciavano,
dolori,
i
il
Pironti
non perdeva l'indomita energia dell'animo. Nei lunghi lorché
ozii della
galera e perfino nell'ospedale, al-
le sofferenze gli
egli studiava
il
concedevano qualche tregua,
tedesco avvalendosi del solo libro
possedeva in quella lingua, un volume di
che
Hegel, e traduceva la
Omero. Mancandogli
Somma
la carta
di S.
Tommaso
ed
per scrivere, profit-
tava delle copertine dei fascicoli della Storia Uni-
mandava. compagno di
versale del Cantù, che la famiglia gli
Riferisco
sventura,
dal
Castromediano, suo
ritratto
il
morale del generoso e forte
uomo. "
Fornito di studi sodi e severi, saldo nei prin-
cipi,
irremovibile nelle risoluzioni, tuttoché affranto
ed annientato da malori e da patimenti, il suo sgaardo aveva tale vigore da mettere in soggezione gli stessi carnefici che lo tormentavano. Povero Michele! Io lo vidi incapace di muovere un passo, solo
un amico
(1)
un
passo, senza l'aiuto del braccio di
„.
Dono, lettera del 22 giugno 18B5. Castromediano,
pag. 77. (2) Dono, lettera citata del 22 giugno 1855. propriamente in che consistesse la maniglia.
Non
so
206 "
Poi ebbe d'uopo delle grucce
non
ridotto
cilmente
lo
irritabile,
nervi irrequieti
:
ed anche cosi
alleggerirono della catena
si
scattava fulmineo,
(1).
ed
i
Fasuoi
scorgevano quasi formicolare
sotto la pelle: allora la sua lingua penetrava
come
lama nel cuore di chiunque lo contrariasse o molestasse. Bisognava lasciarlo sfogare, che tosto la calma il vinceva, e allora pentito gli cadeva da gli occhi una lagrima, e sulla bocca gli spuntava un sorriso, come se fidente chiedesse perdono; lagrime e sorriso sgorgati da l'anima, punta
di
figli di
sua ottima natura, caratteristici di coloro
che senza volontĂ
focosi,
riconoscono
difetto e francamente lo confessano.
il
proprio
Cosi,
senza
mio amico implorava perdono, e ci abbracciava con tale effusione da farci dimenticare ogni sua asprezza. Noi lo amavamo tutti e avendo altro,
il
presente
il
suo valore,
lo affliggevano, ci
cienza di sollievi,
i
meriti suoi,
i
travagli che
credevamo felici, in tanta defiquando potevamo sottrarre al-
cun dolore a i suoi tristissimi giorni â&#x20AC;&#x17E; (2). I reclusi dovevano provvedere a la pulizia delle celle, e prepararsi il cibo. Il Dono, in una lettera del l*' agosto 1855 a la moglie scrive: " Il mattino, dopo qualche ora viene la spesa, ed il mio compagno di stanza va a prenderla a basso; quindi mi accendo il fuoco e mi preparo il pranzo, dopo ognuno di noi si fa l'acqua calda e si lava i piat-
Soltanto dopo parecchio tempo, come ho narrato, venne tolta la catena. (2) Oastrombdiano, ivi, pag. 78 e 79.
(1)
gli
207
Spettacolo singolare! Uomini, appartenenti
ti! „ (1).
per
la
maggior parte a
esercitati
con
la
i
più
granata
le stanze,
civili famiglie,
alti uffici,
m mano
e poi a
si
che avevano
con una ruvida giacca, affaticavano a spazzare
mondare patate, ad affettare un po' di minestra!
il
lardo, ed a cuocere
Il compagno di stanza del Dono, Alfonso Zeuli, un giovine avvocato di Aquila, di trentaquattro
da la tisi, fu trasportato a l'ospedale del bagno ove i suoi compagni andavano pietosamente ad assisterlo. Il 21 maggio il Dono scriveva a la moglie: " H mio amico e compagno anni, preso
di sventura Alfonso Zeuli è prossimo a morire di " Lo Zeuli attende e tre giorni dopo morte rassegnatamente e con indifferenza. Nel vedermi pianse e volle baciarmi „ (3). La malattia si prolungava con infinito strazio dell'infermo e dei suoi compagni. Circa un mese dopo, il 14 giugno 1856, lo trasportarono nell' ospedale di Capua (4) ove mori (5). Lo seguirono nel sepolcro a breve distanza e per lo stesso morbo Antonio Ferrara e Vincenzo Cavallo. Un altro tisi „ (2)
:
la
recluso politico,
Leone Tuzzo,
calabrese, giovane
di soli ventidue anni, cadde infermo dello stesso
male.
Il
Poerio ed
il
Castromediano, mossi a pietà
delle grandi sofferenze di quell'infelice angustiato
(1)
Lettere citate.
(2) Ivi.
(4)
Lettera del 24 maggio 1856, ivi. Idem del 21 giugno 1856, ivi.
(5)
Castromediano, pag.
(3)
99; Nisco, pag. 317.
208
da
più squallida miseria, lo persuasero a chie-
la
dere la grazia, ed egli l'ottenne,
ma
stare sotto la più rigorosa vigilanza
Anche
il
dolori
forti
Poerio a la
era
spina
dovette re-
(1).
gravemente malato con dorsale e
a
paralisi
le
gambe. Il Nisco scriveva a sua sorella Raffaella il 14 di aprile 1856: " Il medico del bagno mi ha detto di avere assai temuto per la vita di Carlo (Poerio) due giorni or sono „ (2). Fortunatamente il
pericolo
si
vere a Cecilia
verno
dileguò e l'infermo stesso potette
Dono pregandola
permesso di
di
domandare
scri-
al
go-
da alcuni medici avevano curato' (3). L'opera caritatevole dell'umile donna riusci, con il
farsi visitare
della capitale che altra volta lo
grandi
sacrifìci
fatiche, ad ottenere al Poerio
e
che valse a fargli superare la gravezza del male. Egli volle esprimere a la pie-
la visita desiderata
tosa
consolatrice
dei
suoi
mali la riconoscenza
dell'animo con una lettera che trascrivo:
Mia
rispettabile amica,
La mia lunga convalescenza mi ha un vivissimo desiderio
di soddisfare
finora impedito
del
mio cuore,
quello di tributarvi la più viva riconoscenza per l'in-
che avete preso alla mia malattia, per la bontà colla quale avete accolto tante mie noiose preghiere e la prontezza con cui le avete eseguite. So che per le anime informate alla virtù l'adoprarsi a favore di chi soffre, è una spontanea necessità del teresse,
(1)
Castrombdiano,
(2)
Lettera indicata.
(3)
Lettera del 21 ottobre 1856.
voi. 1", pag. 142.
209
ma
non toglie che chiunque non sia del ad ogni senso di gentilezza non abbia a soddisfare un bisogno egualmente prepotente, cuore:
ciò
tutto straniero
quello di rispondere ai benefici colla più viva gratitudine. In questa occasione fo
ammenda di un'altra
mia involontaria colpa, poiché la mia infermità mi ha impedito di ringraziare col più vivo del cuore la vostra egregia zia monaca che ha voluto onorarmi, in compagnia del vostro carissimo marito e del mio carissimo Pironti, col dono degli eccellenti confetti,
Tanta
dello zucchero e del catfè.
una parte mi mortifica, mi gno della singolare bontà
cortesia,
mentre da
è dall'altra carissimo pedi
questa vostra degna
parente, onorando di sua benevolenza chi
pregio di averle mai rassegnato
il
non ha
il
suo rispetto di
persona, e solo da lungi può ammirare le sue virtù.
Vogliate presentare rispettabili famiglie,
ed a
tutti dì
i
miei ossequi a tutte
le
vostre
come
casa sua
;
all'ottima sig.^. Bettina (1) mentre pregandovi di voler
continuare alla mia diletta zia la dolce consolazione della vostra affettuosa assistenza,
mi reco ad onore
di raffermarmi colla più sentita gratitudine
V° dev. servo ed amico Carlo Poerio. Montesarchio, 3 maggio 1858.
(1)
Con
il
nome
di Bettina si indicava la sìg.^ Kosalia
Cianciulli moglie di
Ferdinando Mascilli, benemerito pa-
non abbastanza ricordato. Si usava il soprannome per non far comprendere che la famiglia del Mascilli, allora detenuto nel carcere di S. Maria Apparente, aveva relazioni con i condannati a la galera. Debbo la comunitriota
nicazioue di questo prezioso autografo e di altri docu-
menti e notizie a
U
la cortesia della famiglia Pironti.
210
peso della catena inaspriva
Il
gionieri.
Il
21
febbraio 1857
Portiamo
la moglie: "
biamo trascinato per
le
sei
il
i
mali dei
Dono
pri-
scriveva a
catene che
stesse
ab-
anni e più, e ben ribadite.
Sei di noi sono divenuti erniosi per questo intollerabile
peso,
quale,
il
ciò
nonostante, non
alleviato secondo prescrive
stato
Pironti fa spezzare
il
il
ci
è
regolamento.
cuore a cbiunque ha viscere
umane, è inchiodato su con un forte attacco a
la sedia
la
da quattro anni
spina dorsale.
È
emi-
plegiaco e tutto paralitico e per essere sollevato gli
bisognano due persone. Ogni venti o trenta
è attaccato da violenti convulsioni che durano ventiquattro ore e spesse volte fino a tre giorni „ (1). Nuoceva a i detenuti anche la lunga permanenza in celle chiuse e poco aerate. Lo stesso Dono narrava a la figlia: " Noi stiamo di-
giorni
ciannove ore sotto chiave e per circa tre ore del
mattino e due ore del giorno vengono aperti
i
ca-
merini e liberamente possiamo avere contatto tra di noi
negli
stessi
vaglio
cinto
di
come
i
camerini o passeggiando nel
altissime
Nella primavera del 1857 fratello
mura ed
muli di un centimolo il
„
ivi
giriamo
(2).
Pironti perdeva
un
che teneramente amava. I compagni del
detenuto lo assistevano con amore veramente ammirevole.
Il
povero infermo, rispondendo ad una
lettera della signora Cecilia che cercava di confortarlo, diceva:
"
Io non posso dirvi di quante cure
Lettera ivi. ivi (1) Ijettera (2)
Idem
del 6
maggio
1857.
211
affettuose il
caro Vincenzo (Dono) ha circondato
il
mio dolore
gli altri
A
e con lui
amici
„
pietosa
la
condannati
per
bravo Carlo (Poerio) e
il
(1).
donna
rammendare
farle
per comunicare con
rivolgevano fidenti
si
loro
i
i
abiti,
loro parenti, per consiglio
i
ed aiuto. Ed essa sempre pronta, volenterosa, con profonda carità, con l'entusiasmo del bene, si consacrava tutta al gentile ufficio di soccorrere così alta sventura. Tutti erano compresi di ammirazione e di riconoscenza per lei e le esprime-
vano
i
loro sentimenti. Il Pironti, a tergo di
tera del Dono, le scriveva:
devozione gli auguri,
"
la sig.^ Cecilia e la
let-
somma
prego di voler gradire
che ad occasione del
nome
di lei
ad essa ed alla cara famiglia sua. Possa
Dio fare che questo
una
Ossequio con
mando il
buon
sia l'ultimo giorno della
sua
festa che Ella, e coteste care ragazze passano nel
dolore
(2).
„
ricorrenza
i
Anche
Poerio
il
ronti l'uso dei
bagni
termo-minerali
vrano!
La buona
che
suo Vincenzo
Cecilia
(1) (2)
nome
le
della
Pi-
ma come so-
faceva, delle angoscio e ella,
umile e povera
Fece ella madre dell'infermo una supil
permesso
Lettera del 9 maggio 1857. Anche questo autografo mi
comunicato da
ri-
intenerita al racconto
dei dolori del Pironti, pensò
donna, a conseguire
;
il
nientemeno un permesso
ottenerli? Occorreva
stessa in
inviava nella
urgentemente per
I medici consigliavano
il
le
suoi auguri.
la famiglia Pironti.
reale.
è stato gentilmente
212
re (1) e
plic0j al
per
i
si
diede a girare instancabiĂŹmente
dopo lunghi
ministeri, e
stenti ottenne
intento. Nell'agosto successivo
il
il
suo
malato potette
Montesaracque prescrittegli e ne trasse molto giovamento.
profittare, nell'ospedale del castello di
delle
chio,
A
modesta donna cosi gentile e benefica il grande conforto di vedere libero il marito e i compagni di lui e compiuto il sogno perenne delle lunghe ore di affanno e di dolore. Una violenta febbre di consunla
mancò purtroppo
tempo
zione, in breve
Mancava
Volgeva
tarsi!
ridusse a gli estremi.
la
di tutto, perfino l'
occhio
del
latte
intorno
a
per sostenla
squallida
bambine che ed una nube di trisua candida fronte. Eppure
casetta, al suo misero letto, a le sue
resta,vano
ormai
derelitte,
oscurava la
stezza
dopo pochi
istanti di disperato
bel viso di
martire
si
abbandono
il
rasserenava e l'occhio
suo ri-
splendeva di vivissima luce. certo in quei momenti sentiva nel cuore la grande soddisfazione di avere spesa santamente la vita ed intravedeva tempi migliori, liberi e felici il suo diletto Vincenzo ed i compagni di lui! La signora Mascilli assistette l'amica inferma prodigò
e le
mori che
il
sempre da
(1)
le
piĂš tenere cure.
La
poveretta
19 giugno del 1858, pochi mesi prima marito ed i suoi compagni uscissero per
il
la galera.
In quel giorno a
la
signora
Risulta da una lettera della Cecilia a Mariannina
Pironti, sorella di Michele, in data del 3
giugno 1856.
213
Antonietta Poerio giungeva improvviso un biglietto
con
le
seguenti parole:
il
triste
Cecilia
Dono questa mat-
La buona vecchia Poerio comuavvenimento a la signora Mascilli
tina è trapassata „
nicava
"
.
con questa breve lettera:
"
Abbiamo perduta
nostra diletta amica. Io sono fuori di ragione.
ho un uomo che possa ed
all'afflitta
la
Non
assistere alla spoglia mortale
famiglia.
Non ho
il
coraggio di an-
dare più in quella casa. Mandate voi qualche persona.
Rendiamo
fretta. Il
l'ultimo
ufficio
all'amicizia.
tremore non mi fa dire altro
L'estinta lasciò due
figlie,
In
„.
Concetta e Filomena,
l'una delle quali vive ancora. Esse restarono con la
buona
zia loro Caterina
zio prete.
Dono
e
con un vecchio
CAPITOLO
X.
Neirergastolo di S. Stefano.
—
Sommario. I. L'ergastolo di S. Stefano - Trattamento dei condannati - Abito che indossavano - La razione del remo - Agevolezze loro concesse II. I condannati politici del Salernitano - Michele Aletta - Francesco De Stefano, Filadelfo Sodano, Francesco Procenzano, Cosimo Postiglione, il farmacista Vincenzo De III. Michele Aletta - Dialogo di lui col Robertis
—
—
—
IV. La vita dell'ergastolo - Le visite dei parenti e degli amici - Costanza Leipnecher - Il
Settembrini
barbiere Facella - Il tifo - Vittime di esso -
-
Le
risse
Un ammutinamento.
I.
L'isola di S.
palmente per stolo,
i
Stefano era destinata princi-
condannati a la pena àoiV erga-
a vita. Il Settembrini, che vi 4 febbraio 1850 con i suoi compa-
cioè dei ferri
fu condotto
il
gni di causa Felice Barilla, Salvatore Faucitano, Filippo Agresti ed Emilio
Mazza
mase nove anni ha
minutamente
stolo.
È
descritto
e che vi
ri-
l'erga-
posto su la parte più alta dell'isola, e
formato di tre piani, ciascuno dei quali ha trentatrè camerini,
dipinti
di
giallo, sudici
ed affu-
micati, della grandezza di sedici palmi quadrati.
215
In ogni camerino stavano confusi da otto a dieci condannati, politici e comuni
(1).
L'ergastolo dipendeva dal comandante della vi-
Un
cina isola di Ventotene.
giugno 1824
del 16
spiazione della
un
vestivano
vecchio regolamento
stabiliva
(2)
il
modo
pena. I condannati a abito
color
di
giallo,
dell'e-
l'ergastolo
ricevevano
ogni giorno, oltre la meschina razione del vitto che
chiamava razione
si
di remo,
un assegno
di
cinque grana corrispondenti a centesimi ventuno.
Durante a
il
giorno potevano andare da
ma non
l'altro,
vavano, nĂŠ passeggiare a cesso
a
i
l'aria aperta.
detenuti di corrispondere con
congiunti e di
ricevere
mandanti del bagno
la
E
visita
si
tro-
Era coni
propri
di essi. I
co-
mostravano bonari e con-
si
discendenti e gli impiegati tieri,
un camerino
uscire dal piano in cui
si
prestavano volen-
per qualche mancia, a qualsiasi favore
singolare che, mentre
i
(3).
condannati a tempo do-
vevano portare la catena a coppia, i condannati a l'ergastolo non avevano catena! (4) In complesso si usava loro un trattamento meno severo.
(1)
Eicordanze, voi.
2°,
pag. 158.
Il
palmo corrisponde
a ventitrÊ centimetri, quindi sedici palmi a m. 4.16. (2) Collezione delle leggi, anno 1824, 1° semestre, pagina 349. (3) Lettera dello Spaventa al Bonghi del 15 settembre 1888, pubblicata nel Daily Telegraph del 22 succes-
sivo e riprodotta
dal
Ricci,
Nuova
Antologia, fase, del
lo febbraio 1896. (4)
Art. lo del decreto citato del 16 giugno 1824.
216 II.
Ben
presto
condannati
arrivarono nell'ergastolo
altri
Vi giungeva nel giugno del 1851 Michele Aletta, di cui ho precedentemente discorso, e che nonostante i suoi sessant'anni (1) e le molte traversie subite, serbava ancora l'antica
politici.
fierezza.
Sopraggiunsero dipoi:
il
21 otto-
Spaventa e Francesco De Stefano, condannati per i fatti del 15 maggio; nel successivo novembre 1852 Filadelfo Sodano di Celso condannato per l'uccisione del capourbano De Feo avvenuta nel moto di gennaio, e Francesco Procenzano di S. Cipriano Picentino. Questi, bre 1852 Silvio
caporale dei granatieri
della guardia, disertando
28 giugno 1848, era corso ad unirsi a i ribelli del Cilento ed aveva con essi combattuto a Trentinara. Arrestato, ebbe da la Corte speciale di Salerno il 29 novembre 1852 condanna nel capo commutatagli il 2 dicembre successivo nella pena dell'ergastolo (2). Qualche mese dopo perveniva a Santo Stefano il giovane Cosimo Postiglione di Eboli di ventotto anni, condannato a a Portici
il
diciannove anni di ferri per accusa di avere sparso il
malcontento contro
il
governo. Venne chiamato
a prestar servizio di farmacista presso l'ospedale
annesso a l'ergastolo un altro giovine della provincia di Salerno, Vincenzo
(1)
Nato
in S.
De
Giacomo nel Vallo
Robertis di Posti-
di
Teggiano
il
20 mag-
gio 1794. (2)
Di
lui parla lo
naio 1856 da
S.
Spaventa in una lettera del 22 gen-
Stefano - Croce, op.
cit.
217
gliene, che trovavasi a Ventotene per espiare la pena della relegazione (1). III. L' Aletta, pure in mezzo a le crudeli sofferenze di quell'orrida vita si mostrava sereno e " C'è tra noi fidente. Il Settembrini racconta :
un vecchietto arzillo, di sessantadue anni, il signor Michele Aletta di S. Griacomo in provincia di Salerno il quale da che venne all'ergastolo, cioè quattro anni fa, ha detto e dice sempre che egli
sta
qui
provvisoriamente e che uscirà nel
— Io voglio uscire, debbo uscire ed uscirò. — Non usciremo D. Michele. — Ed io vi dico che usciremo subito. — Usciremo morti. — mese corrente.
No, vivi per Dio: mi hanno veduto nel mio paese due volte con la bandiera in mano, nel 1820
mi rivedranno cosi la terza volta e mi diranno come dissero costui non muore più. Si ne usciremo dopo trenta anni. No, dimani, oggi, più tardi può venire un vapore a prenderci. Il mondo cangia in un momento. Siamo vivi, ed io vivrò sino Noi siamo morti. a novanta anni: lo sento: cosi sarà. Voi non mi fate paura, none none! „ E cosi vive il povero vecchio, condendo una scodella di fave, o di pasta, e nel 1848,
:
—
—
—
—
che egli stesso pulitamente
si
cuoce, con questa
accesa speranza che in lui non viene mai meno, anzi più contrastata pensa,
(1) si
ma
spera.
più cresce: sicché
Che disgrazia
Settembrini, Ejnstolario, pag.
egli
pensare!
è
99.
La
Settembrini, Ricordanze, voi.
2°,
(2).
relegazione
espiava a Ventotene ed a Ponza. (2)
„
non
pag. 186.
218
IV.
Il
Settembrini in una lettera del 18 dicem-
bre 1854 a suo fratello Giuseppe ha dipinto mi-
rabilmente la vita sua e dei suoi compagni nell'ergastolo
"
(1).
Neil' angolo
di
una stanza
io
scrivo con poca luce, altri sceglie lenticchie, altri
accende fuoco, legge,
altri
fuma,
altri
scuote una pignatta
altri
altri fa altro: e dalla finestra si
passeggia, altri di fagiuoli,
vendono
catene, grida di forzati che
ed
ode un suono di cenci, che si
chiamano, che rispondono, che bestemmiano: e per giunta un soavissimo odore di escrementi che ora (proprio ora che ti scrivo) uno getta in un vaso tre palmi lontano da me. Ecco la pace che ora ho
â&#x20AC;&#x17E;
(2).
Visitavano di frequente
i
condannati
politici,
massime lo Spaventa ed il Settembrini, alcune anime generose, tra cui Cesare Corea di Catanzaro, allievo del Settembrini, Cotanza Leipnecher De Cusatis sorella di Antonio Leipnecher morto durante liana ed
il il
processo per la setta
dell'
UnitĂ Ita-
barbiere Nicola Facella. Questi, amico
sincero e fedele di molti liberali, con nobile
stanza tenne
fede a
le
sue
amicizie,
li
co-
visitava
continuamente nelle galere e corrispondeva con quelli che erano a l'estero. Il Croce scrive cosi:
Epistolario, lettera del 18 settembre 1854. Settembrini, Epistolario, pagina 54. Nell'agosto del 1865 Antonio Panizzi noleggiò in Inghilterra un piroscafo per l'evasione del Settembrini e dello Spaventa, ma il piroscafo naufragò in vicinanza di Nisida. (1)
(2)
219 "
Io ricordo ancora
il
Facella,
quando
a far visita a lo Spaventa, allorché
si
recava
questi
capi-
tava in Napoli; lungo, smilzo, vestito di nero e
con
la tuba,
sempre sorridente
sentimento della sua dignità
n dell'
„
e
compreso
del
(1).
serpeggiava spesso nelP ergastolo a causa
tifo
eccessivo agglomeramento di
tanta gente e
venivano d'ogni parte. Molti condannati furono attaccati dal morbo, e parecchi perirono. Accennerò solo a i condannati delle esalazioni pestifere che
politici.
Prima
soccombeva tristamente la sera 1852 Emilio Mazza, napoletano, di quarantaquattro anni, un povero scrivano. Alcuni anni dopo, il 29 luglio 1855 lo seguiva, per lo stesso morbo, nel sepolcro un giovane di trentadue anni, condannato a sette anni di ferri, il sac. Antonio Prioli di Saracena in Calabria (2). Su la fine dello stesso anno cadeva infermo parimente Giuseppe Dardano condannato da la Gran Corte
del 14
vittima,
agosto
speciale di
Napoli per
del pari periva
il
i
fatti
del
15
maggio
6 gennaio dell'anno seguente
e
(3).
Un bravo giovane calabrese, il dott. Innocenzo Veneziano di Bagnara, che aveva riportata condanna di morte convertita nell' ergastolo, prestava
(1) B.
Croce, Lettere
documenti
di Silvio Spaventa, 1860 ebbe la nomina di portinaio del palazzo municipale in Napoli e mori nel 1898. (2) Settembrini, Ricordanze, voi. 2°, pag. 214.
pag. 115.
(3) Id,,
Il
e
buon Facella dopo
Epistolario, pag. 75.
il
220 le
cure più affettuose ed
pagni
di sventura. Il
i suoi commedico fu colpito 5 luglio del 1858
assidue a
pietoso
anche lui dal male, e mori il dopo tre soli giorni di infermità. Di lui scrive il Settembrini " Il povero Veneziano medicava tutti quanti gli ergastolani, i quali lo hanno pianto e quando il suo cadavere stava nella bara, hanno accese moltissime lucerne innanzi a i loro camerini e le hanno circondate di carta per non farle :
spegnere
(1).
„
A la
vista dello sventurato estinto
buon Settembrini esclamava con raccapriccio e " È il quinto dei politici che ho visto morire qui „ (2). Ma pur troppo il Veneziano non fu r ultima delle vittime. Mentre egli delirava per la violenza del tifo, un altro condannato, Franil
con dolore
cesco
De
:
Stefano di Sanza, deperiva rapidamente
per febbre di consunzione e soccombè pochi
dopo del Veneziano
I politici stavano confusi con
muni,
i
spettosi
i
i
delinquenti co-
mostravano deferenti e riprimi, tanto che lo Spaventa
qaali però
verso
di
(3).
si
ebbe ad esclamare: " Debbo ritenere che anche nell'inferno debba esservi della buona gente „ (4). Però i delinquenti comuni, tra loro, si sorpreso
(1 e 2)
Settembrini, Ejnstolario, pag. 167.
Castromediano, voi. 2°, pag. 103. Il De Stefano è compreso negli elenclii dei morti nell' ergastolo pubbli(3)
cati dal giornale
V Italia del 22 e 31 luglio 1860 e dal
D'Ayala. (4)
Croce, opera
citata.
221
mostravano violenti e rozzi e spesso tra essi avvenivano alterchi e risse nelle quali si avvalevano, per
ogni oggetto che loro capitasse nelle
ferirsi, di
mani. Spesso a
pevano
l'
silenzio
il
improvviso grida furiose romdelle
tristi
ore dell'ergastolo,
si vedevano i piĂš Orrende bestemmie ed impreca-
accorreva da ogni parte e
si
odiosi spettacoli.
quindi uno slanciarsi dei contendenti l'uno
zioni,
contro
l'
altro,
come
grida strazianti di
belve,
feriti
e
dopo buon tratto
e gemiti
di morenti. Il
Settembrini in una lettera del maggio 1858
veva
(1)
:
"
Ho
l'animo pieno di orrore. In
scri-
meno
un mese ho veduto assassinate cinque persone; primo fu un prete, ucciso da un monaco con un ferro da stirare; poi due: ierisera aldi
due â&#x20AC;&#x17E;. meschino vitto che
tri
Il
si
dava a
i
condannati
era spesso cosi cattivo che essi preferivano di re-
mangiare soltanto il pane. Ma anche questo molte volte era mal cotto o stantio stare digiuni o di
e
non
si
poteva addirittura mangiarlo. Gli sven-
ne dolevano rispettosamente con i cuil direttore del bagno, pregarono il cappellano di interporre i suoi buoni uffici: tutto fu vano. I condannati politici si rassegnavano;
turati se
stodi e con
non
cosi
i
comuni.
La mattina
del 24 agosto 1855
anche peggio del
(1) Epistolario,
il
pane capitò ne d olsero
solito ; gli ergastolani se
pag. 160.
222 e supplicarono
di
non
loro lagnanze
ma
averne del migliore, si
cusarono quello che a loro
si
tranquillamente riposero
pane nei sacchi
locarono questi vicino a
modo che prenderne.
ciascuno di
Ma
i
scorto
un
si
il
e col-
le corsie dei detenuti, in
essi,
Grii
acquietarono.
volendo, avesse potuto i
po-
ergastolani del secondo
La
sera stessa,
compagno che scendeva
loro
ri-
era dato. I custodi
sacchi rimasero intatti ed
veri detenuti digiuni.
piano non
a le
dette ascolto. Allora essi
avendo
al
piano
sottostante e che essi sapevano segreto confidente del direttore, lui. il
si
Al rumore,
dettero a schiamazzare contro di il
comandante del bagno, raccolto
distaccamento armato, penetrò nelle
poiché
le
grida incalzavano, ordinò a
intimorire
i
tumultuanti,
di
l'improvvisa scarica fuggirono
i
corsie, e
soldati,
per
sparare in aria. i
detenuti
;
A
ma uno
di essi, un tale Saverio lacucci, rimase ferito. Il comandante del bagno fece arrestare i più riottosi, li sottopose a più severa restrizione e promosse la
convocazione della Corte marziale marittima per pronunziare sul fatto, qualificandolo come rivolta armata.
radunò il 20 dicembre dello stesso anno. Era formata dal presidente brigadiere Francesco Capecelatro, da i capitani Raffaele Gronzales, Napoleone Serugli, Giovanni Carbonelli e Giuseppe Flores, assistiti da Vuomo di
La
Corte marziale
si
Del Vecchio, presidente di Gran Corte criminale. La Corte marziale, con voto unanime, dichiarò che il fatto non costituiva una ri» legge Vitaliano
22a
che conseguentemente non vi era luogo ad ulteriore procedimento penale, e sĂŹ dovesse invece procedere in via disciplmare a norma dei volta,
regolamenti
(1).
Da
gli atti
sposizioni disciplinari plicò la consueta
(1)
Desumo
si
non
risulta quali di-
adottarono; forse
pena della
si
ap-
bacchetta.
queste notizie dalle carte della Maggioria alieni), anno 1856, esistenti presso la Di-
generale (B,ami
rezione delle carceri di Pozzuoli.
CAPITOLO
XI.
Nel bagno di Precida.
—
De Angelis, Carlo Pavone, G-. B. Riccondannati salernitani nell'isola di NiII. Trasida - Le prime impressioni della galera" sporto di essi a Procida - Arrivo di altri loro compagni III. La figlia di un condannato - Un poeta nella IV. Un comandante mite - Triste cambiagalera mento - Il preteso eroe di Danzica - Sue crudeltà Le legnate a sessanta galeotti - Una lettera di Ovidio Serino - Un ammutinamento immaginario - Altre legnate V. Cospirazioni in galera - La denunzia di un falso liberale - Arresti e perquisizioni - Nuove condanne.
Sommario. cio ed
I.
Carlo
altri
—
—
—
—
I.
Ho
già
accennato precedentemente a
De
l'
ar-
Pavone, del Riccio e degli altri loro compagni condannati da la Gran Corte speciale di Salerno con sentenza rivo a Nisida
del
del 22 gennaio 1852 essi la
barba ed
i
(1).
Angelis, del
I custodi fecero radere ad
capelli
rossa dei galeotti, quindi loro destinate.
(1)
Gap. VII.
ed indossare li
la giacca
spinsero nelle corsie
225
Riccio racconta
Il
"
della galera:
prime impressioni colà non vidi che visi
cosi
Entrando
torvi, ceffi sinistri e
le
sguardi biechi, intesi soltanto
tronche parole di comando
:
alzate
il
piede, dovete
mi si gettò innanzi una scranna, un una incudine ed una catena. Agitato da
ferrarvi: e
martello,
tetre considerazioni e tutto avviticchiato di catene fui finalmente
menato
un
in
sotterraneo, ove erano
parecchi logori lettucci con gente sdraiatavi sopra
parimente incatenata,
cui
le
figure
non potevo
distinguere perchè le tenebre della stanza venivano
scarsamente rischiarate da una fioca luce di una
lampada che moriva. Stesomi anche ed acconciatomi
lettino
mi doveva
catena, che
alla
essere
gettai lo sguardo
sibile,
meglio
io sul
mio
con quella
compagna
indivi-
intorno e non vidi
che
mura coverte da una squallida volta. Una cupa voce mi rimbombava nell'anima e mi di-
quattro
"
ceva:
Qui dovrai consumare
il
D'oggi innanzi fra queste
vita!
fiore della
mura
tua
sarà rac-
il mondo per te! „ (1). Nei bagni penali più del regolamento valeva l'arbitrio del comandante di essi. Quando ve ne
chiuso tutto
era alcuno d'animo mite
si
permetteva a
i
reclusi
da soli ed anche senza catena; dovevano stare sempre inca.tenati a coppia, supplizio davvero crudele. In una relazione fatta, da l'ispettore di polizia Mariano Durazzo, dopo
di stare incatenati
altrimenti
(1)
mia
Sonopoclie pagine intitolate:
galera.
Debbo copia
Il primo
giorno della
di esse a la cortesia della ve-
dova del compianto patriota, signora Camilla Riccio. 15
226
una
visita al
nati ai ferri
bagno
Msida, si legge stavano da prima isolati, di
"
:
I
ma
condan7 feb-
il
braio 1851 giunse l'ordine di porli a calzetta, cioè a
due a due. Sono
modo che come
ferrati,
la notte
ma
senza ribattitura per
vengono sbarazzati da
fui assicurato. Un'aria insultante
sardonico accompagna II. Il
bagno
come bagno giorni
i
i
loro
andamenti
ferri
i
ed un
riso
„ (1).
di Nisida serviva ordinariamente
dopo pochi
di ricezione: quindi di solito
condannati passavano ad altro bagno. Difatti
dopo solo quattro giorni venne ordine di trasferire il De Angelis, il Pavone, il Riccio e parecchi altri al bagno di Precida (2). Il Castromediano ha scritto che Procida era
"
la più vasta delle galere delle
Provincie meridionali, la regina delle galere, la
greppia più pingue dei comandanti e di quanti vi
hanno mano a
massima dove società ha di più
sorreggerlo, la cloaca
naturalmente pascola quanto
la
feccioso ed infame: briganti, assassini, grassatori, ladri, falsari, ignoro in qual
pati a la forca
„ (3).
parricidi,
modo
scap-
L'ordine di trasferimento com-
prendeva anche Ovidio Scrino che come prete avrebbe dovuto restare a Nisida, Giuseppe Vitagliano, cui la pena era stata, con decreto del 21 febbraio 1852, ridotta da diciannove a tredici anni di ferri, Gennaro Giardini di Ogliastro, Pa-
(1)
Archivio di Napoli, ministero di polizia, voi. 1850.
(2)
Db
(3)
Oliera citata, voi.
Angelis, Memorie, pag.
afiferma che la
(Croce, op. cit,
25.
Anche lo Spaventa gran massa dei galeotti era a Procida. pag. 19). Ve ne erano infatti in quel tempo lo,
pag. 200.
mille e duecento, dei quali quattrocento politici.
!y
f'fì km i
i
l'Ii
227
germani Giuseppe, i Domenico e Celestino Sabbatella, tutti condannati da la Grran Corte Speciale di Salerno nella causa dei quarantuno. Andarono difatti da Nisida a Precida. Ivi sopraggiunsero il 22 ottobre dello stesso anno i fratelli Leanza ed i fratelli Palumbo, condannati squale Lamberti di Napoli,
per i
fatti del
i
15 maggio, e successivamente nel 1854
Lucio e Salvatore Magnoni, Emanuele
fratelli
Giordano di Lustra, e Giuseppe Cairone di Ciceche aveva avuto da la Corte speciale di Salerno il 23 maggio 1853, ventitré anni di ferri, ridotti a tredici con decreto del 1« maggio 1854. I Magnoni dopo cinque anni passarono dal bagno di Precida a quello della darsena in Napoli. Il Giordano ottenne la grazia con decreto del 18 dicembre 1856. III. Andava di frequente a visitare Luigi Leanza
rale,
la sua figliuola Giuseppina, giovinetta allora di sedici anni.
geva suo
Nel volto
di lei
candido e bello
si
scor-
profonda mestizia che dominava l'animo
la
al triste spettacolo del
nato e sofferente.
vecchio padre incate-
Un compagno
di
sventura del de-
tenuto commosso dal dolore della fanciulla, scrisse per
lei il
versi
4 ottobre 1852 nel bagno di Procida questi
:
SONETTO
(1).
Perchè mesta così nella ridente Primavera gentil della tua vita? Perchè chiusa in te stessa e sì romita Chini la fronte quasi fior languente?
(1) Il
mi
sonetto porta in piede
è riuscito di sapere
il
nome
le iniziali
N
dell'autore.
Q,
ma non
228
Ma
l'arcano dell'alma l'eloquente
Tuo sguardo
E
Guati Schiudi
E
svela, e
il
genitor m'addita:
tu, bel fior d' Italia, intenerita le il
sue catene, e vai dolente. core, o divina, alla speranza,
sul volto a fiorir torni la rosa:
Fia redenta la patria, e
il
dì s'avanza.
Sarà tua gloria un tanto genitore, E vago serto a te vergine sposa Le tue virtudi intrecceranno e amore,
IV. Comandava allora il bagno di Precida un Giuseppe JR;ascio, secondo tenente di marina,
tale
nativo del villaggio di Cannicchio in di Salerno, di famiglia, liberale,
generoso. Egli trattava
provincia
d'animo buono e
umanamente
tutti
i
nuti e con molti riguardi e condiscendenze litici
(1).
Il
De
Angelis narra che
di civile condizione
invece
di farli
un posto nei
i
Rasoio
il
usò ogni cortesia e concesse a lui ed
dete-
pogli
altri reclusi
cosi detti camerini,
dormire nelle grandi sale in mezzo
a la ciurma, cioè a la massa dei galeotti. Inoltre fece ad essi cambiare la catena,
con una assai
più leggera, e permise loro di dormire senza ca-
tena
(2).
Per sfortuna dei galeotti, a l'umano e gentile comandante ne successe uno dei più feroci, un tale capitano Angelo Acuti. Questi aveva da giovine preso parte come ufficiale a le guerre napoleoni-
(1) (2)
Castromediano, voi. Memorie, pag. 76.
1°,
pag. 204.
229
che ed, a quanto egli diceva, si era segnalato per valore a Danzica, tanto che da i suoi piĂš fidi e devoti dipendenti l'eroe di
si
faceva pomposamente chiamare
Danzica. Escluso da l'esercito nel 1821
per sospetto
di
carboneria
era riuscito
qualche
anno dopo, atteggiandosi a borbonico sfegatato, a ricuperare il suo grado. Durante la reazione del 1849, si era messo a perseguitare con grande accanimento i liberali ricorrendo a qualunque eccesso. Mandato a dirigere il bagno di Precida,^ scopri che la maggior parte dei condannati stava la notte
senza catene; questa scoperta
maggiormente, non tanto perchè golamento, quanto perchè
avevano un grande che
si
infliggessero
valse a persuadere
i
il
re-
Chiese ed ottenne
leggiate a coloro
(1).
lo inaspri
violava
poveri condannati ne
sollievo. le
sorpresi senza ferri
i
si
che erano
Neanche questa minaccia
detenuti. L'irresistibile bisogno
di riposare alquanto la notte liberi da quel tormento li
induceva a
farsi togliere la sera la
Allora ricorse ad
una
lettera del
" Il
felici
25 aprile 1855 di Ovidio Scrino
(1).
(2).
22 febbraio, mentre che mille e duecento in-
condannati uscivano pacificamente da
covi per respirare del
catena
un mezzo crudele come narra
bagno ordina
un la
po'
d'aria,
il
i
loro
comandante
chiusura dei cancelli ed af-
ferra sessanta disgraziati,
i
primi che gli
(1)
De
Angelis, Memorie, pag.
(2)
La
lettera sequestrata dal
si
pre-
81.
comando trovasi
nei do-
cumenti. Archivio di Salerno. Carte politiclie varie.
230
sentarono, per farli servire di gradito spettacolo alla
sua ferocia.
"Tutti questi sessanta, F uno dopo
mezza giornata continua assordavano
l'altro 1'
,
aria
per di
dolorose grida, alzandosi semispenti dallo scanno del flagello dopo avere ricevuto sulle natiche cin-
quanta legnate per ognuno. E il cristianissimo Angelo Acuti ebbro di gioia assisteva a quella scena
avrebbe fatto inorridire ogni uomo e
clie
destata la pietà nel petto del più disamorato dei
Indarno
mortali.
gli si
opponeva che
l'
età e la
malsania non permettevano tanto maltrattamento, indarno vedeva del sangae
lo
scanno del dolore rosseggiante
delle sventurate vittime!
Lungi dal
fare cessare' tale martirio incrudeliva vieppiù, di-
cendo " si prepari una bara: da qui si passerà al camposanto: è ordine del re! „ Ma qual fallo, quale colpa in quei sessanta martiri, fra i quali vi erano varii politici? Ti assicuro che nessuna colpa in essi.
n
pretesto fu quello di essersi trovata alterata la
ferratura;
ma
tranne dieci o dodici che realmente
avevano i ferri viziati, tutti gli altri ben ribadita, si che i corniti ed i custodi del luogo rimanevano attoniti a tanta crudeltà, non esclusi ancora due gendarmi „. Il burbanzoso capitano, non soddisfatto di que sto atto inumano, volle in modo anche più atroce
trovaronsi con la bietta
avvilire
galeotti.
i
Le
disposizioni regolamentari
davano facoltà a i comandanti, in ammutinamento, di chiamare i soldati e di
della galera
caso di
ordinare
il
fuoco contro la massa.
tera del Scrino racconta:
"
Il
La
stessa let-
27 febbraio verso
231 le i
5 pomeridiane l'Acuti ordina l'apertura di tutti cancelli,
richiama
i
custodi
fuori,
fa
elevare
ponte e poscia incita la soldatesca di marina a dar principio al fuoco sulla ciurma, che diceva il
ammutinata: ficiale,
rato.
ma
grazie
alla
Provvidenza
l'uf-
uomo
ono-
che comandava la forza, era un
Egli
si
oppose a tanto empio comando, con-
vinto della tranquillità del bagno. L'Acuti,
mente
di rabbia,
vedendosi
sfuggito
dalle
fre-
mani
questo delizioso spettacolo, medita nuovi piani. Intanto nel giorno seguente di qui
il
buon mattino giunge un
colonnello Flores con duecento soldati, ha
abboccare ento con l'Acuti e
si
attiene alle costui sug-
Sono chiamati fuori il bagno undici indidue camorristi e nove politici, tutti messi in nota dal cattolico comandante come capi di quel preteso ammutinamento e si consegnano ai due camorristi ed a due politici napoletani della causa del 5 settembre cento legnate per ognuno, gestioni.
vidui,
risparmiandosi
simile
compagni onesti
e
flagello
virtuosi
a
gli
altri nostri
galantuomini, per^i
si ordinò il criìninale senza permettere ad una parola e vi stettero chiusi per dieci giorni „. Nei documenti del tempo trovansi poche notizie su queste gesta del comandante del bagno di Precida risulta soltanto l'ordine dato dal governo a la goletta a vapore Rondine di partire con cento uomini del reggimento di fanteria marina al comando del capitano Flores per andare a sedare un ammutinamento nel bagno di Precida. La goletta parti il 28 febbraio 1855 e ritornò in Napoli il 3 marzo " avendo espletato con pieno
quali essi
:
232
successo tole
V.
(si
logge negli
mandato
atti) il
conferi-
(1).
„
La
triste vita della galera,
non riuscivano a domare
sevizie
crudeltà,
le
la
dei condannati politici, anzi eccitavano nel
animo sentimenti
le
maggior parte loro
"
In quei tempi, .scrive il De Angeli s, il cospirare era divenuta una necessità „ (2). E si cospirava con incredibile auribelli.
!
dacia non ostante tutti
i
rigori e tutte le brutali
minaccie delle legnate e del
'puntale.
!
Fin dal 1852, erano state intercettate alcune lettere sospette di due galeotti, a nome iiniello Ventra e Domenico Dell' Antoglietta, entrambi del bagno di Precida. In seguito a questa sorpresa la polizia trasferi quei due e Carlo De Angelis, indicato in una denunzia segreta come loro comcarceri
plice, nelle
A
i
giudiziare
Castelcapuano.
di
primi di gennaio del 1853, dopo lunghe istru-
non diedero alcun
zioni che
risultato,
del re aboli l'azione penale, ed
tornarono al bagno di Precida Il
tre
i
un decreto condannati
(3).
grave pericolo corso avrebbe dovuto togliere
di testa per di congiure;
compagno
sempre
ma
al
cosi
De
Angelis ogni pensiero
non avvenne. Egli ed
di galera Carlo
Pavone,
vano da Precida con Michele Magnoni tenuto nel carcere di Salerno.
(] )
della (2)
Le
Archivio militare di Pizzo falcone,
marina (1° ripartimento, Memorie, pag. 79.
(3) Ivi,
pag. 78.
il
suo
corrispondeallora de-
lettere
erano
comando generale
V> carico).
233
segretamente da la galera di Precida al Ferdinando Vairo di Torchiara e da questo a Vincenzo De Augustinis, allora studente a Salerno, il quale le faceva pervenire al Magnoni. spedite dott.
I custodi del
bagno
meschinamente
e delle carceri
retribuiti e quindi spronati dal
bisogno
si
presta-
vano, mediante generosi compensi, a favorire tale carteggio. Scoperta
tembre del 1853, del Vairo e del
dannati
ciò
Il
di queste lettere nel set-
De Augustinis
politici a
importanza.
una
la polizia perquisì le abitazioni
Precida,
Vairo ed
il
II fatto è
trovò nulla di
De Augustinis vennero
nonostante imprigionati
x4.ssai
e la celle dei con-
ma non (1).
più grave denunzia ebbe luogo nel 1855. narrato nelle memorie del
De
Angelis e
nei documenti della polizia napoletana. Nel luglio
un
del 1855 rivelò al
finto
liberale,
un
famoso commissario
Campagna di avere
il
clizia Griuseppe
arditi cospiratori del
Capua un proclama
diffonderlo nella guarnigione.
che
'
ricevuto incarico da Nicola Mi-
gnogna, uno dei più di portare a
tale
dj
Il
Mignogna andava ogni
tempo,
rivoluzionario per traditore aggiunse
sera in
un
piccolo
caffè al vico Figurella a Montecalvario a congiu-
rare con altri liberali, tra cui
Raffaele Ruggiero
(1)
il
monaco agostiniano
(2).
Archivio di Napoli, carte dal 1848 al
1850,
fasci-
colo 287, voi. 21. (2)
Archivio di Napoli, ministero giustizia, fase. 5380,
incart. IBI.
234
Le indagini
della polizia posero in chiaro che
per mezzo del Mignogna, Carlo De Angelis riceveva da Genova lettere di un suo fratello e doll'ex
deputato Francesco Mazziotti
scoperta
i
Mignogna
gendarmi arrestarono e tutte
le
(1).
Dopo questa
in quel caffè
il
persone designate dal de-
nunziante. Nella fodera del cappello e del cappotto del del
Mignogna
De
si
rinvennero varie lettere in cifra
Angelis nelle quali erano nominati Aniello
Ventra, Giuseppe Pace, Raffaele
Mauro
e
Fran-
cesco Matina di Teggiano. Gli sbirri arrestarono tutti costoro,
nonchĂŠ
Antonietta Pace,
la signora
che faceva pervenire corrispondenze segrete nel
bagno
di Procida,
ed un
tale
Michele Viot, fran-
cese, cameriere di piroscafi, postali. Il
Mignogna
ebbe a subire nelle carceri cinquanta legnate (2). Dopo lunga procedura la Gran Corte speciale, il
2 ottobre
1856, condannò
Carlo
De
Angelis,
Mauro ed Aniello Ventra ad una seconda pena di dodici anni di ferri, il Mignogna a Y esilio perpetuo dal regno ed il monaco padre Raffaele Ruggero ad un anno di carcere. Il re nel 6 ottobre 1856 ordinò che il monaco espiasse la pena in un convento lontano (3). I condannati a i ferri andarono al bagno di Nisida. il
(1 e 2)
(3)
De
documenti
Db Angelis, Memorie, pag. 84. Angelis, Memorie, pag. 94 Archivio di Napoli, ;
indicati.
CAPITOLO
colera nei bagni penali.
Il
Sommario.
XII.
—
I.
Primi casi di colera in Napoli - Diffu-
sione di esso nelle proviucie e nei bagni penali,
—
Matteo Farro - Precedenti di lui - Sue vicende dopo i moti di luglio - Sua latitanza nei boscbi - L'arresto e la condanna del prete - Preso dal morbo soccombe rapidamente. III. Un'altra vittima nel bagno di Nisida - Luigi Leanza - Appunti della figliuola di lui - La grazia ad Emanuele Leanza. IV. L'epidemia nella galera di Montefusco - Varie II. Il
prete
—
-
vittime - I relegati di dei colpiti dal
morbo
Ventotene.
—
--
V. Gli elenchi
nella galera di Precida - Ucci-
sione di Francesco Antonelli.
I.
Nel maggio del 1854 cominciarono a manirepentinamente in Napoli diarree, vomiti,
festarsi
crampi, e nerle
in cui
subite
occulte si
morti.
Si
per evitare
volle
da prima
panico
il
nella
te-
città
ricordava con terrore la strage fatta
dal colera nel
ma
1837,
fondendo nei mesi
il
morbo si andò dife non si potette
successivi
conservare il mistero. Dal luglio a l'agosto crebbe grandemente in guisa die il 4 agosto si verificarono ben trecento ottantuno morti. Decadde
quindi
di
molto,
ma
si
estese nelle
provincie,
236
meno intensamente però che
nella capitale, ove
ebbero complessivamente, durante tutto
si
periodo
il
dell'epidemia, da tredici a quattordicimila casi con
settemila e sedici morti sto,
il
(1) tra
i
quali,
2 ago-
il
maresciallo Bernardo Palma, di cui ho di-
un precedente capitolo, morbo penetrò, mietendo numerose
scorso in li
in quasi tutti
i
bagni penali.
Il
vittime,
governo
istituì
maggiore parte di essi piccoli ospedali in cui stavano confusamente condannati politici e comuni (2). Contribuivano a diffondere il contagio nei bagni l'agglomerazione di tanta gente in locali ristretti, l'aria contaminata che vi si renella
spirava, l'acqua
non
non buona,
di rado malsano.
il
vitto
deficiente e
Nei bagni delle provincie
continentali del regno occorsero in tutto trecento
novavantasette casi dei quali centoventitrè seguiti
Purtroppo non mi è riuscito finora bagni penali dal 1848 al 1860, che non sono state mai depositate, come si
da morte
(3).
di trovare le carte dei
sarebbe dovuto, presso
i
non posso dare complete
pubblici archivi, quindi notizie.
H
morbo
infieri
nei bagni di Nisida, di Montefusco, di Precida. II.
Nel bagno
di Nisida trovavasi
da parecchi
anni un prete originale ed ardito, Matteo Farro. Egli era nato in Bellosguardo, comune della pro-
(1)
De
Sivo, opera citata, voi.
l»,
pag. 398.
pena della capitale vennero raccolti in apposito ospedale nella caserma dei Granili. (3) Desumo questa notizia da i documenti dell'archi(2) I colerosi dei luoglii di
vio militare di Pizzofalcone in Napoli.
%u
첫-
237
vincia di Salerno,
13 marzo 1779 da
il
Marmo
Giuseppe Farro ed Isabella
coniugi
i
Aveva
(1).
fatti gli studi nel seminario di Diano ove ebbe a compagno un suo conterraneo, Rosario Macchia-
spirito intraprendente
roli,
vivace che fu poi
e
capo della carboneria a Salerno, deputato al Parlamento napoletano il 1820 e mori trucidato l'anno successivo scritto
(2).
da Il
la
polizia,
come narrerò
in altro
Farro prese la messa nel 1805 e
divenne partecipante suo paese. Di mente
della
chiesa ricettizia
s -tegliata
del
e colta, di parola
facile
ed immaginosa era chiamato in tutti
muni
della contrada a predicare, a tessere pane-
girici in
ma
le
co-
onore dei santi, e lo faceva molto bene
;
sue prediche, con grande meraviglia dei
bigotti,
terminavano sempre con inni a
ed a
martiri del 1799.
i
i
Si
la libertĂ
era allora al
tempo
dell'occupazione francese e gli entusiasmi del gio-
vine predicatore trovavano plauso nelle autoritĂ
Venne la restaurazione del 1816 ed il Farro avrebbe dovuto cambiare metro: invece non se ne dette per inteso. Per fortuna sua il governo,
locali.
allora presieduto dal
completamente
marchese Medici, aveva chiuso
gli occhi
tichi murattisti e della
su le agitazioni degli ansetta
dei
profittò dell'indolenza governativa
carbonari, che
per ordinarsi
ed estendersi nelle provincie.
(1)
Mi ha cortesemente
scita ed alcune notizie
il
inviato
copia dell'atto di na-
dott. Serafino
sguardo, cui ne rendo vive grazie. (2) / Carbonari di Salerno nel 1820.
Mauro
di Bello-
238
Griungevano nel regno nei primi del 1819, deuna grave impressione, le notizie della
stando
rivolta di
Valenza in Spagna e delle continue
congiure di militari, di funzionari e di privati
cit-
tadini per ottenere la costituzione. Il prete Farro, esaltato
da quelle
notizie, fece le sue valigie e
Non
parti per la Spagna.
si
conoscono con preci-
sione la data della sua partenza e
le
colà: è certo però
Bellosguardo
che
di
clero
il
come
riunito al suono del campanello,
un verbale
è detto in
del 18 giugno 1819, considerato che
Farro da oltre due mesi aveva piantato
il
chiesa ed
il
tecipante
(1).
il
sue gesta
la
V assegno di par-
paese, gli sospese
Scoppiata la rivoluzione di Nola nel luglio 1820, prete tornò frettolosamente a Napoli. Durante il
periodo costituzionale dovette agitarsi abbastanza,
perchè la polizia
lo
dipinse con
Verso
i
più neri colori
settembre del 1820, dopo un'assenza di circa due anni, arrivò a Bel-
nei
suoi
registri.
losguardo, ed
il
clero
"
l'assegno con
il
Farro non adempì,
il
fraternamente,
gli
restituì
con la condizione però che debba indefessamente servire la chiesa per mesi otto continui „ (2). Anche questa volta principio
della
gli
arretrati,
ma non
reazione
del
per colpa sua! Al
1821
la
polizia
lo
chiuse nelle carceri di Salerno e dovette restarvi
parecchi anni, tanto che
(1)
il
clero di Bellosguardo
Deliberazione del clero del 18 giugno 1819.
(2) Id., id. del
29 settembre 1820.
239
1824 deplorava ancora l'assenza
nell'8 settembre di lui (1).
Ho
narrato in
nel luglio
del
come
altro scritto (2)
1843, unitosi a le bande
Cilento,
il
Farro
insurre-
andato predicando
zionali
del
rivolta.
Finito quel movimento,
fosse
sapendosi ricercato da la polizia,
la
vecchio prete,
il
si
era nascosto.
4 settembre 1848 scriveva al suo intimo amico deputato Giosuè Sangiovanni: " Sono da quaranta giorni rintanato nel cupo di una foresta e dormo su la nuda terra in compagnia dei lupi e Il
dei serpi
„ (3).
cavalier Vairo a capo della sua
Il
feroce squadriglia,
ultimi giorni di
negli
riusci
giugno dell'anno seguente, a sapere da una spia il ricovero del povero prete presso Corleto nella contrada Ponticelli
macchioso
.,
come
"
sera del 2 luglio con
una
di
La luna
quella
II
disastroso
e
Vairo. Questi la schiera dei suoi
folta
sera splendeva
nosa e la forza riusci a covile
il
urbani circondò
sbirri e di
satelliti,
un luogo
in
riferi di poi
il
bosco.
limpida e lumi-
scovare
il
prete in
un
(4).
Farro dopo lunga prigionia fu sottoposto a
giudizio.
La
Grran Corte speciale di Salerno, con
decisione del 1° aprile
1851, lo condannò per le
dell' 8
settembre 1824.
(1)
Deliberazione del clero
(2)
Carducci, voi.
(3)
Archivio di Salerno, fase. 886, voi.
2°,
pag. 47 e 48. 5°.
Vi è
la let-
tera originale del Farro. (4)
Archivio di
Salerno, E.
cav. Vairo del 3 luglio 1849.
P.,
n.
68,
relazione
del
240
famose prediche durante tisei
anni di
ferri.
i
moti di luglio a ven-
Si narra che,
quando
dente gli lesse la severa sentenza,
maggiore serenità i
sei
anni
li
farò
Pochi giorni dopo
gli disse: io,
i
lo
"
il
presi-
il
prete con la
Signor presidente,
restanti
li
farete
mandarono ad
voi
„.
espiare la
pena nel bagno di Nisida. Breve e fulminea fu la malattia del Farro. Trasportato nell'ospedale colerico si aggravò in poche
ore.
Non ebbe
il
conforto dell'assistenza di
parenti o di amici perchè era rigorosamente vietato a qualsiasi estraneo colerici.
G-li stessi
l'entrare negli ospedali
infermieri per timore del con-
tagio trascuravano completamente
restavano tra
le orribili sofferenze
i
malati
i
qaali
nel più dolo-
roso abbandono. L'ardito prete soccombè misera-
mente e fu sepolto nel camposanto di Nisida (1). HI. Nel dicembre 1853 erano stati trasferiti dal bagno di Precida a quello di Nisida, per sospetto di corrispondenze criminose, i due fratelli Luigi e Girolamo Palumbo, il vecchio Luigi Leanza e suo nipote Emanuele condannati, per i fatti del 15 maggio a la pena di morte commutata poi in trenta anni di ferri. Luigi Leanza che, nonostante i suoi sessantasette anni compiuti ed una bronchite cronica, serbava grande vigoria di forze venne improvvisamente preso dal colera e mori il 10 agosto 1854, come risulta da atto del di seguente dello stato civile del comune di Pozzuoli, da cui dipende Nisida. La morte del povero vecchio fu
(1)
D'Ayala., / nostri morti, pag. 12.
7>
"X-^r
241
tanto rapida e strana che nel bagno
sospettò
si
un avvelenamento (1). Venne, anche polto nel piccolo camposanto di Nisida. di
esso,
L'estinto lasciò quattro figli avuti dal suo
se-
ma-
trimonio con Raffaella Marchetelli e che avevano
nome
Francesco, Napoleone, Giuseppina e Nico-
In alcuni appunti della sua Giuseppina
lina.
leggono sul
triste
role soltanto: "
H
si
avvenimento queste brevi pamio carissimo padre è passato
da vero cristiano e martire „. Proprio in quei giorni, mentre la povera vedova ed i figli all'eternità
gemevano per
tale sciagura, la polizia perquisì la
nuovo
loro casa e trasse di
riebbero la libertà
La morte
dello
vedova dopo pochi giorni
in arresto la
e la giovine Nicoletta, che però (2).
sventurato Luigi Leanza con-
ad indurre il re a concedere al nipote di Emanuele, nel dicembre del 1856, la commu-
tribuì lui
pena, nell'esilio perpetuo
tazione
della
gno
Uscito da la galera, alcuni mesi dopo
(3),
dal resi
imbarcò per Marsiglia ove giunse il dì 8 aprile del 1857 (4). IV. Il morbo non risparmiò il bagno penale di Montefusco. Parecchi perirono: tra gli altri
(1;
Castromediano,
voi. 2»,
però questo autore dice che
il
pag. 103. Erroneamente Leanza morì in Procida.
(2)
Appunti
(3)
Matricola dei rei di Stato della galera di Nisida.
(4)
Archivio
indicati.
di Napoli,
scio 3868, voi. 348.
Un
ministero esteri, espulsi,
blicato nel Giornale delle
Due
Sicilie,
supplemento
concesse un modesto assegno a la famiglia. 16
fa-
decreto del 20 ottobre 1860 pubn. 38,
242 sei
condannati
politici,
due
cioè
calabresi,
Sa-
possidente di Catanzaro, giovane di
verio Gatto
Cimmino da
venticinque anni e Griuseppe
Casti-
il farmacista Costantino Panunzio di MolGaetano Mellucci sa.rto di S. Maria Capua Vetere e Ludovico Amitrano di Aquara in provincia di Salerno (1). Morirono senza alcun soccorso; i custodi porgevano loro il cibo da lontano, attaccandolo a la punta di lunghi bastoni, per timore del contagio. I poveri morti erano portati al cimitero tra le bestemmie e le derisioni dei
glione, fetta,
becchini
(2).
Sembra che
dal
colera fosse
restato
immune
l'ergastolo di S. Stefano. Il Settembrini nelle Ri-
cordanze e caso
neW Epistolario non accenna ad
nell'ergastolo.
alcun
D'Ayala nella pubblica-
Il
zione indicata registra
per gli anni in cui durò
l'epidemia colerica, due sole
vittime nell'erga-
Antonio lannuzzi da Castellabate e padre Girolamo da Cardinale. Ignoro stolo di S. Stefano:
però se costoro
fossero
altra malattia. Certo isoletta di il
Ventotene
il
morti
per colera o
tra
i
relegati
comando dovette impiantare un
dale ove
soccombettero
per
colera infierì nella vicina politici,
ed
piccolo ospe-
molti relegati,
tra
cui,
(1 e 2) Castromediano, opera citata, voi. 2°, pag. 86. Id. Nisco, pag. 317. Queda Procida a Montefusco, pag. 17. sto ultimo scrittore aggiunge tra i morti di colera Michele Torquato di Castiglione. Il D'Ayala nell'opuscolo / nostri morti li indica tutti come sepolti nel cimitero di Montefusco, omettendo jierò l' Amitrano. Nel bagno di Montefusco mori pure nel 17 ottobre 1855 un altro condannato politico, Vincenzo Cavallo.
—
243
Greco di Carnerota, Vincenzo Ferro, Vincenzo Matonti e Giovanni Nigro del Cilento (1), Giovanni Maretta di Campagna, Cristoforo Falcone di Policastro (2), Giuseppe
della provincia di Salerno, Luigi
Ferrara di San Biase V.
La
venne
(3).
galera di Precida, la più affollata di tutte,
gravemente dal morbo. Nell'ospe-
colpita
dale appositamente istallato entrarono, fra delin-
quenti
politici e
comuni, trentasette
individui e
ne soccombettero quattordici (4). Nei lunghi elenchi dei condannati ammessi negli ospedali colerici non ho trovato alcun nome noto di politici; forse se ne formò un elenco a parte. Certo molti politici
dale.
dovettero essere ricoverati in quell'ospe-
Vi perirono
Precida,
come
e sono sepolti nel
risulta
da
camposanto di D'Ayala (5)
gli scritti del
e da l'elenco pubblicato nel giornale Vltalia nel
numero
27 luglio del 1860, i seguenti, tutti della provincia di Salerno, Pasquale Cantalupo da Altavilla
del
Silentina,
(villaggio del
Giuseppe
comune
Curcio
da
di Stio), Raffaele
Gorga
De Luca
da Catena, villaggio del comune di Ascea, Carmine Magno da Laureana Cilento, Carmine Tufani da Roccadaspide e Francesco Rizzo da Sacco. Altri tre condannati perivano quasi nel medesimo tempo
(1)
Non conosco
(2)
Morto
il
a quale
comune appartenessero. comune
23 agosto 1854. Atto di morte nel
di Ventotene dello stesso di, n. d'ordine 27. (3)
Atto di morte nel comune di Ventotene,
n. 25,
dello stesso anno. (4) Archivio militare di Pizzo falcone^ ministero guerra e marina, ramo guerra, 4° riparto, ]<> carico, n. 8771. (5) Opera già citata: / nostri morti.
244
a Precida, Francesco
Capaccio
Pellegrino di
16 agosto 1854 colpito da
tisi
batella da Felitto condannato
il
(1),
Giuseppe Sab-
da
la G-ran
Corte
speciale di Salerno nella causa dei quarantuno (2)
e Francesco Antonelli da
Nocera condannato nel Il povero Antonelli fu ucciso in galera da un camorrista (3). L'ospedale di Precida venne chiuso definitivamente il 27 settembre 1855. Non ho potuto purtroppo, accennando a queste processo della setta dell'Unità italiana.
che
morti,
quei
un elenco
fare
nomi. Chi mai miseri,
tutto ciò che
che
morbo, privi
di
di
nomi, soltanto di
narrare le estreme ore
lontani
avevano
disperatamente
Lo spavento
potrà
dal loro
paese
e
di
da
di caro nella vita lottavano
contro la morte, tra
i
terrori del
ogni cura e di ogni assistenza
!
del contagio, la barbarie
dei tempi
tolsero a quelli infelici ogni soccorso,
sicché nel
più doloroso
abbandono, tra
gli strazi
più acuti
dovettero certo invocare sollecita la morte. Oscuri e modesti martiri
(1) (2)
Matricola dei rei di Stato in Procida. La famiglia mi riferisce che il Sabbatella mori
invece e
non
(4).
il il
21 novembre del 1853 nell'ospedale di Procida 21
novembre
1854.
In qualche documento trovo accennato che tonelli fu trucidato invece nel bagno di Pescara (3)
l'
An-
il
di
11 aprile 1854. (4) Un altro condannato della provincia di Salerno, Giuseppe Caprio mori pure di colera nel 1854 nel bagno di Pescara (Castromediano, voi. 2», pag. 103).
CAPITOLO xni
(*).
In via per V America.
Sommario. Napoli
i
—
L'Inghilterra e la Francia richiamano da
I.
loro ministri - Difficoltà del
- Si invitano
Erifinto
i
governo napoletano
detenuti politici a domandare grazia -
del Poerio, del Pironti, dello
Spaventa
e del
—
II. Convenzione con la Repubblica Settembrini Argentina per una colonia penitenziaria - Pratiche del governo napoletano con i condannaci politici, per indurli ad accettare - Risposta del Poerio - Lettera del Pironti - Contegno del Settembrini e dello Spa-
- La stampa liberale insorge contro il trattato governo argentino nega la ratifica di esso III. Incertezze del re Ferdinando - Si redige un decreto di grazia per i non pericolosi - Risoluzione di inviare in America i condannati pericolosi - Minuta del de-
venta
—
Il
creto - Osservazioni del ministro di giustizia - Deci-
—
IV. La ministeriale Pionati - L' esecuzione del provvedimento - Difficoltà ad ogni passo sione del re Il re
approva
le
norme
di esecuzione
— V.
Il
ministro
Castromediano narra nelle sue Memorie (voi. 2°) i fatti che rimandato senza altro il lettore a quel bellissimo libro se alcuni documenti non mi avessero fornito nuovi ed interessanti ragguagli. Anche il Settembrini nelle Nicordame accenna ad alcuni episodi in un racconto a frammenti, ma meraviglioso per la forma. Un esule napoletano allora a Londra Antoxiio Guerritore, di Pagana (in provincia di Salerno) pubblicò su questo argomento nel 1859 un dramma con il titolo / deportati. (*) Il
riferisco in questo capitolo. Avrei
246
chiama
in Napoli
i
regi di Pozzuoli e di
giudici
Mon-
ad essi - Comunicazione del provvedimento a i condannati di Nisida - Fiere rimostranze dei preti - Contegno dei forzati dei bagni di Procida, di Santo Stefano e di Montesarchio - Dicliiarazioni del Poerio e dei suoi compagni - Supplica del Dono - Istanza del Pironti - Lettera di questi a suo VI. Defratello - Ordini perentori del re da Foggia tesarcLiio - Istruzioni segrete
—
napoletano
lusioni del ministro degli
esteri
espediente del governo -
Nomina
-
Nuovo
una Commissione
di
reale per la esecuzione del decreto reale - Istruzioni scritte ed orali ad essa date
—
VII.
La Commissione
a Montesarcliio - Le pretese acclamazioni dei condannati - Rifiuto del Pironti a la partenza - Partenza del Poerio
e dei
suoi compagni
-
Trasporto del Pi-
ronti - L'arrivo a Pozzuoli - L'addio ai parenti- Im-
barcò
su la Stromboli - Incertezze del Pironti - Un - Sbarco di Pironti a Nisida VIII. Ar-
—
ordine del re
rivo dei condannati di Nisida
-
La Stromboli
rileva
condannati da i bagni di Procida e di S. Stefano Pasquale Lamberti resta a l' ospedale di Procida Inno della Commissione a la clemenza sovrana - NoIX. Viaggio bili parole del Poerio a i suoi compagni dei deportati a Cadice - Proteste di essi - Noleggio di una nave americana - Un finto cameriere - Grave X. Passaggio degli esiliati su infermità del Poerio la nave americana - La partenza di essa - Il Fieramosca i
—
—
ritorna
a Cadice
-
Nuove
proteste degli esiliati al
—
capitano XI. Il finto cameriere - Rafiaele Setterabrini - Suoi colloqui - Nuova protesta al capitano -
Pretese di questo - Suoi timori - Il capitano conXII. Sbarco degli esisente a l'approdo in Irlanda liati a Queenstown - Festosa accoglienza della città Colletta a favore di essi - Il Mazzini invia due suoi
—
amici a trattare con gli esiliati - Risposta del Poerio Partenza di essi per Londra - Dichiarazione dello Spaventa e del Settembrini - Risposta di altri esuli - Adunanza in onore dei proscritti - Loro ritorno
247
—
in Italia
XIII.
Il
re Ferdinando riceve
la
notizia
governo chiede al capitano Prentiss la restituzione dei documenti consegnatigli - Condizioni poste dal Prentiiss - Imbarazzi del governo di Napoli. dello sbarco degli esiliati - Il
I.
10 ottobre 1856 la Francia e l'Inghilrichiamavano da Napoli i loro rappresen-
Il
terra
di non poter serbare relazioni con un governo che respingeva ogni amichevole avviso „. Invano le due potenze avevano ripetutamente consigliato al re Ferdinando di ristabi-
tanti dichiarando
lire,
con provvide riforme e con un'amnistia dei
reati politici,
regno.
la tranquillità del
tenza dei due la
''
La
par-
increbbe grandemente
ministri
a
Corte napoletana, incoraggiò la parte liberale
come uno splendido nel fuoco
i
vivamente a Torino, a Ge-
trionfo. Soffiavano
numerosi emigrati
nova, a Parigi ed a Londra, pubblicando opuscoli articoli di giornali, nei quali si dimostrava governo di Napoli nemico di ogni civile progresso e destinato ad immancabile e sollecita
ed
il
fine
(1).
Ferdinando
II,
per quanto non alieno dal con-
politici, e molte dine concesse, ripugnava profondamente da una generale amnistia sembrandogli vile cedere
cedere grazia a
i
condannati
fatti
a pressioni
straniere,
dello Stato.
Fin dal trenta maggio aveva fatto
(1) Il
e Italia l'
Europa
Db (sic)
pericoloso
a
la
sicurezza
Sivo ha scritto « Da Francia, Inghilterra piovevano giornali e opuscoli da inondare
sugli orrori di re
:
bomba
»
.
Voi.
1°,
pag. 425.
248
scrivere dal suo ministro degli esteri a di Francia
mare
e d'Inghilterra:
"
i
governi
Perdonare,
ricliia-
non pentiti, porre attorno al trono nemici condmnati per misfatti di maestà, significa far trionfare la rivoluzione già vinta. Napoli
esuli
e
stan
Sicilia
guendo
gli
chete;
stranieri
turberebbero
si
consigli,
si
se-
insedierebbe
la
fellonia protetta „ (1). Risoluto a non darsi per vinto, cercava però modo di liberare il regno da
tanti detenuti politici.
da prima che, se costoro si fossero indomandare la grazia sovrana ed a fare
Si pensò dotti a
atto di pentimento e di sottomissione,
conseguito lo scopo di sgombrare
si
sarebbe
galere e di
le
apparire clementi e generosi senza umiliarsi a
A
governi stranieri.
mezzo
dei
tale scopo
da per tutto
una domanda per dei condannati
la grazia.
indurre
di
i
Si era ad arte
la voce che sarebbe bastata
ottenerla, tanto che
i
parenti
affrettavano a comunicare
si
i
era cercato, per
comandanti dei bagni,
condannati a chiedere diifusa
si
ad
essi la notizia (2).
Le miserie le
della,
galera, le malattie contagiose,
morti frequenti, le continue risse
avvilivano
i
detenuti, parecchi dei quali, cedendo a le esortazioni dei parenti, invocarono la
Castromediano (1)
"
La
Nota del 30 maggio 1856
fari esteri
glese.
scrisse:
—
Carafa di Traetto a
Nisco, op.
cit.,
i
clemenza del
re. Il
disperazione di vedel ministro degli governi francese ed
pag. 338;
De
Sivo,
ivi, voi. l»,
pag. 420. (2)
Settembrini, Ricordanze,
voi. 2», pag.
af-
in-
188 e 99.
249
dersi su l'orlo del sepolcro per malattie spaventose
indusse taluni a domandare grazia. Questa volta
però senza viltà e senza infamia. Chi vi
minò
lo
dignitosamente e con
fece
si
lealtà,
deter-
dopo
avere domandato consiglio a quanti rimanevano fermi nel proposito di non chiedere mai grazia
Del bagno
„ (1).
Montesarchio, sedici detenuti
di
la
domandarono, nel dicembre del 1856: fra essi il Dono, il Carnevale, il Barone, il Tuzzo e lo Sticco, ma soltanto questi due ultimi la ottennero in considerazione
del
gravissimo
loro
stato di sa-
lute (2). Il
maggior numero non volle piegarsi in alcuna Ninno cedette nel bagno di S. Stefano: ri-
guisa.
cusarono a Montesarchio
Castromediano e rità.
i
Sembrava ad
il
Poerio,
Pironti,
il
il
condannati di maggiore autoessi
che
il
sarebbe stato riconoscere giuste
condanne subite governo desiderasse
le
Molti tali
domandare grazia le
persecuzioni e
sospettavano che
il
suppliche unicamente per
pubblicarle
e
discreditarne gli
l'insuccesso,
il
governo abbandonò del tutto queste
autori
(3).
Visto
pratiche. II.
Parve qualche tempo dopo a
i
ministri na-
un espediente migliore formare dei detenuti politici una colonia penitenziaria ed agricola nella repubblica argentina mepoletani di aver trovato
:
diante apposita convenzione con essa. In seguito
(1)
Opera
(2)
Lettera del
(3)
Settembrini, Ricordanze,
citata, voi. 20, pag.
Dono
188 e 99.
del 10 dicembre 1856, dee. citati. voi. 2°, pag. 257.
250
a lunghe e laboriose trattative la convenzione venne conchiusa e firmata il 13 gennaio 1857, ed il Oiornale delle
l'annunzio
Due
Sicilie del
ufficiale.
A
i
22 successivo ne dette si assegnavano terre
coloni
da dissodare ed una somma a ciascuno per le prime spese. La repubblica argentina aveva posto
come condizione
del contratto che
i
condannati con-
sentissero per iscritto ad emigrare dal regno, ed
governo di Napoli l'aveva accettata, non immaginando menomamente di incontrare difficoltà da parte di essi. A persuaderli mandò a Nisida il
il
23 gennaio 1857
a Ventotene
il
il
capitano di fregata Salazar,
16 febbraio successivo
d'Ambrosio, a Montesarchio
il
il
capitano
3 maggio 1857 l'in-
tendente della provincia cav. Mirabelli, poi nel giorno 10 dello stesso mese due facoltosi industriali inglesi
ner e Gruppy
Da
i
dimoranti in Napoli,
i
signori Thur-
(1).
documenti non risultano le risposte date A Ventotene tutti i relegati politici,
governo.
al
cui
si
estendeva
a Montesarchio
la i
convenzione, ricusarono
galeotti dichiararono di
(2):
non vo-
assoggettare ad una tratta di negri (3). A premurose insistenze dei due stranieri il Poerio rispose: " Perchè tanta spesa e tanto incomodo per farci morire in America o per viaggio? Lalersi
le
(1)
Dono
Castromediano, voi. 2°, pag. 92. del 12 maggio 1857, doc. citati.
(2 e 3)
—
Lettera del
Settembrini, Ejnstolai^io, pag. 110, lettera a suo
fratello Giuseppe.
251
morire in galera!
sciateci
paralisi,
fratello di avere ritenuta
l'oiferta
una sconcia
ironia
(2).
A
premure
non
compagni,
fare alcuna
allora
suo
a
soltanto
però
sapevano le Spaventa ed
si
di questo. Il Settembrini, lo
altri sedici loro
sito di
:
scrisse
come Stefano non andò
S.
alcuno emissario del governo
Pironti,
Il
(1).
gravemente infermo per
incrollabili nel propo-
domanda
di grazia, erano
però disposti ad accettare l'invio in America tanto
che
più
ritenevano
poter
di
poi,
andare dove meglio loro piacesse savano invece l'Aletta, il Procenzano,
colà,
glione ed
il
De
Stefano
trentina di condannati
A
la notizia
monte, massime
il
(4).
Ricu-
il
Posti-
Precida oltre una consentirono
liberale
straniera
e
zione.
del Pie-
Times, insorse contro di
dichiarandoli un'aperta illegalità, perchè penali napoletane
non ammettevano
La Repubblica Argentina, dopo
morose proteste, non volle andò a monte (7).
(6).
intervenuti con l'Ar-
degli accordi
gentina la stampa
A
(5).
politici
(3),
giunti
ratificare
il
le
essi,
leggi
la deporta-
queste clatrattato, e
tutto
(1) '
(2)
Settembrini, Scritti varii, voi. 2o, pag. 388. Pubblico in appendice la lettera in data del 13 mag-
gio 1857. (3)
Settembrini, i?2CorcZaw2e, pag. 252.
— Spaventa, let-
tera deirs giugno 1857 pubblicata dal Croce, opera citata,
pag. 200.
(6)
Croce, ivi, pag. 236, Settembrini, Epistolario, pag. 262. Idem, ivi, pag. 122.
(7)
De
(4)
(5)
Sivo, voi.
1»,
pag. 457.
—
Nisco, pag. 362.
252
in. Per qualche tempo non si pensò più a l'inproblema ma il continuo incalzare della stampa, le sue calde invettive, le anormali con-
crescioso
;
dizioni in cui
si
trovava
il
regno dopo
la
rot-
tura delle relazioni diplomatiche con la Francia e l'Inghilterra
:
tutto
premeva
sul
governo e su
la
Corte per costringerli a trovare una via di uscita.
Non
si
stia,
ma
Ad
voleva a niun patto consentire un'amnid'altra parte
non
si
poteva durare cosi!
alcuni detenuti politici, che avevano riportato
condanne meno gravi, restava un breve periodo la pena e si poteva abbreviarlo anche di più mediante un atto di clemenza. Molti
per compiere
per età avanzata, per malattie, per
altri
strazione d'animo in cui erano caduti,
la pro-
non pote-
vano ormai più considerarsi pericolosi, quindi niun inconveniente a liberarli. Ma quali erano poi i pericolosi? Per parecchi mesi nell'autunno del 1858 gli uffici della polizia della capitale
del re
tori
dei
non
si
affaticarono
in
i
procura-
pericolosi: e stabilitolo definitivamente si
compilò un decreto con cui
pena
ed
ad elaborare l'elenco
modo che poco
si
riduceva loro
la
dopo, a grado a grado,
dovessero riacquistare la libertà.
Ma
come
liberarsi dei
detenuti pericolosi e
«li
condanna a l'ergastolo od a molti anni di ferri? Si andò a l'idea di commutare ad essi la pena nell'esilio perpetuo dal regno e di trasportarli in America, internandoli in guisa da rendere loro assai malagevole il ritorno in Europa. Si poteva fare un esperimento su un buon numero di detenuti; se esso riusciva bene si coloro che avevano riportata
253
esteso a molti altri. Il provvedimento doveva apparire come un atto di clemenza sovrana, essendo l'esilio pena assai più. lieve del-
sarebbe
Pergastolo e dei
ferri.
Offrivano propizia occasione,
per queste
apparenze di generosità,
nozze
principe
del
ereditario
di
prossime
le
Napoli con la
principessa Maria Sofia di Baviera fissate per il primo gennaio 1859. In base a questi concetti si formulò un secondo decreto. Con i primi due articoli si commutava a novantuno detenuti politici la pena dell'ergastolo e dei
ferri
nell'esilio
perpetuo
L'art. 3° ed ultimo disponeva
il
costoro negli Stati Uniti di America. nati, ministro di giustizia, osservò
tima disposizione toglieva carattere
di
regno.
dal
trasporto di tutti
Ma
il
Pio-
che questa ul-
provvedimento il un atto di clemenza ed era aperal
tamente illegale, non essendovi nelle leggi del regno la pena della deportazione. Si sarebbe quindi data nuova esca a le recriminazioni ed a le invettive contro
il
governo. Consigliava
sopprimere dal decreto
l'articolo
dere a la destinazione dei
un ordine 9
dicembre 1858,
scrisse
con
di
mediante
condannati
segreto. Il prudente con-
dato in una conferenza tenuta a Caserta
siglio, il
ministeriale
perciò
terzo e provve-
la
poi,
il
piacque
giorno 28
al
re,
successivo,
che sottoil
modificazione proposta. Su tutto
decreto si
tenne
massimo mistero volendosi, per colorire meglio la faccenda, pubblicarla soltanto quando la notizia della celebrazione del matrimonio fosse giunta a il
Napoli.
254 Il
provvedimento che
prese
nome
il
di
Atto
Sovrano era motivato cosi " Essendosi la divina Provvidenza degnata versare le Celesti Benedizioni nella nostra Reale Famiglia disponendo che :
il
nostro amatissimo Figlio Francesco Maria,
di Calabria, Principe
ereditario
si
Duca
congiunga in
matrimonio con Sua Altezza Reale la Principessa Maria Sofia Amalia, Duchessa in Baveria. Volendo per cosi fausto avvenimento impartire i tratti della nostra sovrana clemenza a coloro che per commessa violazione a precetti di legge sono colpiti dalla
corrispondente retribuzione della pena.
Secondandone
Abbiamo
gli
impulsi nel nostro Reale Animo.
sanzioniamo
risoluto di sanzionare e
seguente atto sovrano
il
â&#x20AC;&#x17E;.
Dei novantuno individui compresi neĂŹVAtto Sovrano tredici erano morti precedentemente (1); per parecchi altri si riconobbe che si trattava di delinquenti comuni e che erano stati compresi erroneamente nel decreto;
(1)
S.
Erano morti durante
Stefano Giuseppe Bardano
Mazza
altri
l'
finalmente,
espiazione della
il
come
pena
:
a
13 gennaio 1956, Emilio
Innocenzo Veneziano il 5 luLuigi Leanza il 10 agosto 1854, il padre Girolamo da Cardinale il 10 settembre 1855, in Procida Leopoldo Lo Cascio il 25 dicembre 1853, Francesco Saverio Comite il 30 gennaio 1857, Alfonso Sabatino il
14 agosto
1852,
glio 1858: in Nisida
il
12 maggio
1857,
Girolamo Serbi
in S. Francesco Giuseppe
Domenico Cimmino seppe Cimmino.
il
Caprio
il
il
7
novembre 1858:
10 novembre 1854,
30 luglio 1858: in Montefusco Giu-
255
per infermità o per concessione
dirò tra breve,
non partirono.
del governo,
IV. i
Pionati, con lettera ministeriale, ordinò a
Il
di Pozzuoli
giudici regi
comunicare
La
il
sovrano
Montesarchio di
e di
a
volere
gli
-
interessati.
Nel
tempo
stesso parteciperà loro che tra pochissimi
giorni
ministeriale
saranno
rilevati
proseguiva
cosi
"
:
luogo di loro
dal
attuale
re-
strizione ed imbarcati per Cadice onde poi pren-
Soggiungerà che
dere la direzione di America.
sono
essi
ove
liberi
lo vogliano,
poter
di
condurre
seco
loro,
qualche individuo delle rispettive
famiglie o qualche congiunto, facendone,
fra tre
giorni improrogabili, la prevenzione a Lei con le
opportune notizie relative a che Ella immediatamente
condannati
sprovvisti
mi
ciascun individuo; conoscere. Ai
farà
di mezzi
farà sapere che
saranno a ciascun di loro acccordati soccorsi in danaro ed abiti per vestirsi. Metterà la maggiore diligenza nel
mancherà
di
compimento di questo incarico e non stendere immediatamente analogo
verbale, che sottoscritto da Lei e dal cancelliere
mi rimetterà con
maggiore sollecitudine
la
„
(1).
L'esecuzione del provvedimento sembrava facile a
prima
vista,
ma non
era certo tale.
Il
mezzo più
si-
curo per trasportare gente così pericolosa era evi-
dentemente una nave da guerra; degli esteri obbiettò che l'invio di
ma
il
ministro
una nave da
guerra in un porto estero con tanti prigionieri
(1)
Nota ministeriale
dell'
8 gennaio 1859.
256
poteva dar luogo ad incidenti diplomatici. Imbarcarli su una nave mercantile? I condannati avrebbero
potuto liberamente discendere nel primo porto di
approdo! Si immaginò
allora, per evitare tali incon-
una nave da guerra fino a un bastimento
venienti, di avvalersi di
Cadice e rer
il
tratto successivo di
mercantile. Ma, durante
ammutinarsi,
e,
il
viaggio a Cadice, potevano
peggio ancora,
servirsi delle stesse
Per evitare questo pericolo si ideò di imbarcarli su una corvetta da guerra, la Stromboli, togliendo da questa le armi, munizioni e facendola scortare da i cannoni, le una fregata V Ettore Fieramosca in completo assetto da guerra. E se nel viaggio da Cadice in poi qualcuno dei deportati fosse fuggito, se si fossero ammutinati? Per scongiurare anche questo rischio si stabili di far scortare il bastimento mercantile dal Fieramosca anche per un lungo tratto nelda guerra.
armi del legno
l'Oceano.
Concretate
tali
ferenza, tenuta
poste al re che
il
le
norme, vennero in una congennaio in Caserta, sotto-
sette
approvò. Egli era ormai tanto
infastidito di questa faccenda che, per
tirne più parlare,
non sen
prescrisse che l'esecuzione del
provvedimento dovesse incominciare il giorno seguente a la sua partenza, fissata per il di 8 gennaio, per Bari, ove si recava a ricevere la sposa di suo figlio.
V.
Lo
stesso
giorno
della
partenza del re
il
due giudici regi
di
Pozzuoli e di Montesarchio per impartire loro
al-
Pionati chiamò in Napoli
cune
istruzioni
scritte
ed
i
altre,
segretamente a
257
voce
che è
(1),
teneva molto
immaginare.
facile
a
far
governo
Il
provvedimento era difatti la com-
apparire
il
come un
atto di clemenza: tale mutazione delle pene dell'ergastolo e dei
ma
l'esilio:
ferri nel-
deportazione costituiva un grave
la
Per evitare altre rimostranze di Stati stranieri e nuove offese della stampa non vi era clie un modo solo: bisognava ad ogni costo che
arbitrio.
gli stessi esiliati
mostrassero
si
lieti dell'atto
vrano: quindi l'istruzione segreta a di usare blandizie verso la
generosità
i
detenuti, di magnificare
a tali manifestazioni
del re e trarli
da chiudere
di gratitudine
so-
due giudici
i
la
bocca a
la
stampa
liberale.
giudice regio di Pozzuoli Ferdinando Pionati,
Il
nipote del ministro, andò la mattina del
avere ricevuto Nisida.
Ilare
municare
il
sorridente
e
come
più bella notizia,
la
nel riparto nel quale stavano
Felice
Barilla,
Bianchi, Ovidio
9,
dopo
fervorino dello zio, al bagno di
i
chi abbia a co-
recò da prima
si
preti Emilio Maffei,
Giuseppe Del Drago, Ferdinando Serino, Francesco Surace ed il
monaco Angelo Raffaele Piccolo. Ivi, in presenza del comandante del bagno e del personale di cucon enfasi
stodia, lesse
mente ed
in
quindi inneggiando congratulò
con
questa
tutta
il
decreto,
modo sommesso i
a
la
poi
Si
corrente-
ministeriale
generosità
detenuti.
scena,
la
sovrana
aspettava,
un'esplosione
di
dopo
gioia:
restò deluso!
(1)
Eelazione degli stessi giudici, del 10 gennaio,
17
:
si
ma
258
In una relazione del 12 gennaio 1859 giudice descrive cosi
il
"
magro
il
al ministro,
effetto ottenuto:
Primo ad insorgere con parole non moderate,
quasictiè
la
aumento
grazia
partecipata
loro
di pena, fu
il
sentisse
di
sacerdote Maffei, cui fece
eco con virulenza anclie maggiore
il
sac. Surace,
ad accennare con pagesti la loro annuenza ai interrotte o con di quei due. Anzi il Maffei aggiunse una
limitandosi gli role detti
protesta
altri preti
scritta.
prete
Il
rente di emottisi e nella
consegnò
al
Ovidio
Serìno soffe-
più squallida miseria
giudice una supplica con cui chiedeva
lontana. Tutti quei preti
una destinazione meno domandarono poi di avere
da
pastor honus per celebrare
al ministro
la
i
giustizia
di
rispettivi vescovi
messa ed in
tal
il
modo guadagnare qualche
per trarre innanzi la vita
Le
proteste dei preti turbarono
fiere e vivaci
a tal segno
il
cosa
„.
ministro di polizia, che questi do-
mandava premurosamente al suo collega della giustizia come regolarsi " se i preti di Nisida si fossero messi in
una coudizione da richiedere una
coazione personale per tradurli a bordo di porre le
destava
mani addosso a
gli scrupoli
gli arditi
„.
L'idea
reverendi
anche del timorato ministro
di polizia!
Sbrigatosi dei preti,
apparato
le stesse
il
giudice fece con eguale
comunicazioni a
gli altri con-
dannati politici di Nisida compresi nel decreto, cioè Aniello
Ventra, Gaetano Mascolo,
Faivano, Carlo
De
Angelis, Luigi
Grin stino
Parenti,
An-
gelo Salza, Achille Argentino, Nicola Schiavone,
259
Domenico
Dell' Antoglietta,
Marrelli, Achille
Pietro
Angelo
Grrilli,
Pellegrino,
Raffaele
Mauro,
Giuseppe Pace, Domenico Damis, Luigi Praico, Gregorio Filace, Antonio Nicolò. " Il loro contegno „ scrisse di poi il giudice " fu esemplare, poiché o tacquero o espressero sentimenti di gratitudine verso
il
clementissimo sovrano
„
(1).
In quei giorni il mare era assai agitato, ed il giudice regio andò in Napoli per chiedere il rinvio, a breve termine, della sua missione a Precida ed a S. Stefano ma con sua sorpresa ebbe ordine di andarvi a qualunque costo la mattina seguente, dieci gennaio (2), sul piroscafo Mondine, posto a sua ;
disposizione.
Approdò proprio a
stento a Procida.
Raccolti nella sala di udienza del bagno
i
nuti politici indicati nel decreto, vale a dire
detei
due
fratelli Palumbo, Giuseppe Pessolano, il Riccio, Emilio Petruccelli, Pasquale Lamberti, Carlo Pavone, Raffaele Crispino, Raffaele Ruocco, Dome-
nico Pezzella, Giuseppe sito,
Abbagnano, Antonio Espo-
Pasquale Montano, Stanislao Lamenza, Rocco
Gerace, Giuseppe Tripepi e Vincenzo Cuzzocrea,
comunicò
l'atto
sovrano e
la ministeriale.
L'ac-
sebbene non ostile come quella dei non dovette però essere entusiastica. Il
coglienza, preti,
giudice,
nel
riferire
a
i
De
suoi
superiori,
scrisse
Angelis, che narra pure la parola sul loro contegno, però dopo alcune considerazioni esclama: «Ma infine l'uscire dalla galera era pure gran cosa » {Memorie, pag. 103). (1)
Relazione citata.
lettura del decreto,
(2) Ivi.
Il
non
dice
260
Ebbi a lodarmi del contegno dei di essi sono in non buone condizioni di salute, però in grado di partire: il Lamberti potrà essere imbarcato assiso sopra una laconicamente:
Alcuni
condannati.
sedia
"
(1).
„
Restava al giudice Pionati un'ultima tappa: il bagno di S. Stefano. Vi andò la mattina dell'll e fece la comunicazione prescritta a sedici condannati
politici inclusi nel decreto, cioè
Faucitano, Settembrini, Aletta,
:
Spaventa,
Procenzano, So-
dano, Porcaro, Agresti, Ignazio Mazzeo,
Tommaso
Notaro, Rocco Morgante, Filippo Falconii, Camillo
De Girolamo, Michelangiolo Colafiore, Francesco De Simone e Francesco Bellantonio. La relazione del
giudice
contegno di strato
grave
regio
tace
essi (2).
completamente circa il al magi-
L'Aletta consegnò
una supplica nella quale, adducendo la sua mancanza di mezzi e la necessità di
età, la
due figlie nubili, chiedeva grazia completa. Narra il Castromediano che verso l'una pomeridiana del 9 gennaio egli, il Poerio, il Nisco, il Pica, il Braico, il Dono, il Mollica ed il Palermo udirono un gran frastuono, poi un vocio confuso, da ultimo chiaramente il grido: libertà, libertà! (3) assistere
(1)
Relazione indicata.
(2)
Le Bicordanze
del Settembrini, le lettere di lui e
quelle dello Spaventa finora pubblicate
non contengono
alcuna notizia su questa scena. Vi accenna soltanto una lettera dello Spaventa del 13 gennaio 1858 a suo padre. Croce, opera citata. (3)
Opera
citata, voi. 2°, pag. 101.
261
dal
Disillusi
avendo
poassato,
volte
altre
inteso
nella galera quelle grida, sentirono aprire le porte
della
Ad
loro corsia.
invito
nella sala di scrittura, ove
custodi
dei
trovarono
scesero
giudice
il
regio di Montesarchio Vincenzo Berlingieri, Morelli,
cancelliere.
il
suo
comandanti del bagno e
i
della guarnigione, e l'ispettore di polizia. Il giu-
dice lesse a capo scoperto e con grande sicumera di ostentata devozione
D
i
due provvedimenti.
verbale redatto dal giudice e la lettera del
nove gennaio, ccm cui
egli lo trasmise al ministro,
tacciono del contegno dei condannati. Forse pre feri riferirne a voce. Il
minata
la lettura
davano
quanti
giudice e
il
misero
si
Castromediano dice
a
circon-
lo
più non
a
gridare
" ter-
posso:
sovrana clemenza ! Le volte ne rintronarono e l'eco si ripetè lontano fuori del "
Viva
il
carcere.
re! Viva la
Noi intanto tacemmo, chinando
gli
occbi
a terra, tremendo in cuor nostro e ripetendo sotto-
voce
"
Ancora con
il
nome
mentito
grazia
di
si
vilipende la legge! Ancora sotto finzione di liberarci Il
proseguono ad opprimerci Poerio, il Castromediano ed
!
„ il
(1).
Dono
dichiara-
rono concordemente che accettavano la commutazione della pena
ma non
nell'esilio,
la disposizione
provvedimento
ministeriale, poiché essa limitava
il
sovrano ed era contraria
leggi
(1)
al
Opera
Nisco
a le
citata^ V^S- ^03. Il
giudice
la facoltà concessagli di
viera presso
i
regio
andare in
parenti della moglie.
penali del
comunicò
esilio in
Ba-
262
regno
(1).
Il
Dono
diede al giudice, per
il
mini-
una pietosa supplica, in cui diceva: " Le fo noto che io ho due figlie orfane per aver perduto stro,
madre sono pochi
la loro
mesi, l'una di anni tre-
Concetta, e l'altra di anni dieci, Filomena,
dici,
senza altra gaida che di una zia accidentata e di
un
prozio nonagenario e rimbambito, che lungi di
poterle soccorrere
ha bisogno di soccorso
„.
Chie-
deva quindi di essere condotto fuori regno,
ma
non in America, ed un modesto assegno per vivere. Al Pironti, malato, vennero letti nell'infermeria Presentò
gli ordini sovrani.
per
al
giudice un'istanza
ministro nella quale diceva:
il
"
L'esponente
deve credere che tanto la Maestà Sua quanto Ella ignorino quale sia il suo stato, perchè sarebbe
mancare del debito o verso di Lei l'esilio
il
rispetto verso la
Maestà Sua
supporre da esse destinato
un uomo, che da
sei
al-
anni giace eraiplegiaco
da quattro è chiuso nell'ospedale di questo luogo di pena, ove per impotenza gli è stata alleviata la catena per sovrana disposizione e dove e che
dopo tante cure appena può muovere il passo sostenuto dalle grucce „. Chiedeva di essere condotto nell'ospedale della prigione di S. Francesco od in altro
"
per essere
ivi
curato ed ivi aspettare che
a Dio ed alla Maestà Sua piaccia altrimenti disporre della sua caduca e misera esistenza „. Nel
—
Del Giudice, / fraCastromediaj^o, pag. 105. Lettera di Carlo Poerio del 9 gennaio a sua zia Antonia. (1)
teUi Poerio, pag. 83,
263
trasmettere questa supplica
nosceva che
con
Pironti era
il
paralisi e
"
giudice regio rico-
il
cronicamente infermo
talmente affetto 7iegU arti inferiori
d'aver d'uopo delle gruccie per muoversi
Lo
stesso di
l'
„ (1).
infermo, comunicata a suo fratello
Luigi in Montoro l'ingiunzione ricevuta, soggiun-
Noi abbiamo protestato ed, accettando abbiamo opposta la risoluzione ministeriale come quella che è contro ed oltre il decreto, contro ed oltre la legge. Ora non sappiamo geva:
"
la grazia sovrana,
che sarà di noi. Di misura, se
si
me
esegae sul
poi
sallo
mio conto, contiene un
decreto di morte. Sai poi che affatto e quasi
Iddio; questa
nudo anche per
senza indugio raccogli qualche
senza mezzi
sono
uscire di qui,
somma
onde
e vieni per
Napoli e fa capo alla casa di Vincenzo Dono. Alla mia dolce mamma fa animo in mio nome ed anche alle povere sorelle Rosina, Mariannina. Filomena; di' loro che confidino in Dio che finora mi ha aiutato e siano d'animo saldo come si conviene a sorelle ed a madre mia „ (2). Le proteste del Poerio e dei suoi compagni scossero il ministro che, chiamato in Napoli l'in-
la via di
tendente Mirabelli per consaltarlo, credette necessario interpellare
a bella posta
un
il
re, allora
a Foggia, e gli inviò
ispettore di polizia.
noiato di sentire ancora parlare di
(1)
(2)
si
Il
re,
an-
molesto ar-
Relazione del giudice del 9 gennaio 1859. Lettera comunicatami cortesemente da la famiglia
Pironti.
264
gomento, con piglio brusco e reciso rispose partano, imbarcateli a qualunque costo
VI.
"
:
Che
„ (1).
Carafa, ministro degli esteri, aveva dato
Il
notizia al corpo diplomatico del provvedimento so-
vrano, esaltandolo come un atto di sconfinata cle-
menza. I ministri di crederlo; si che
mente soddisfatto l'annunzio,
sovrano
Ma
il
credettero
lo
"
tutti
diplomatici
i
plauso a la generosità del
fatto
(2).
„
pubblico non
stampa estera
illuse, e la
si
più che mai
ad inveire contro
riprese
la Corte
napoletana mettendo in rilievo
del provvedimento. Il governo dell'insuccesso, tanto che
quei giorni
rocratico di
il
si
industria di
si
non
valore di questo tratto
clemenza;
che non
fìnsero
del loro atteggiamento a quel-
liberale
parte
o
Carafa, mostrandosi piena-
il
scriveva al re
hanno
stranieri
esteri
si
si
vuole falsare
stesso
l'illegalità si
avvide
un promemoria bu-
in
legge
:
"
Lo
spirito di
comprendere tutto
far
sublime della sovrana le
menti e far credere
fosse dal re nostro signore conceduto
commutazione una semplice pena di esilio perma piuttosto una deportazione nei più remoti ed inospiti luoghi di America. Era quindi necessario ridurre le cose al vero punto di vista,
in
petuo,
rialzare
verità
(1)
di
un (2)
la
da
pubblica
opinione
e
disorpellare la
oo;ni fallacia „.
—
Castromediano, pag. 106. regno, parte 1^ Lettera del 13 gennaio 1859.
Db
Cesare,
La
fine
265
Ma la
con quale mezzo ? Per quanto si aguzzasse se ne ravvisava che un solo, certo non
mente non
ma
facile,
infallibile nei suoi effetti
da parte degli
procurare,
stessi
:
quello cioè di
condannati, una
manifestazione solenne di soddisfazione della loiO
nuova
sorte. Chi avrebbe mai potuto smentirli? Sarebbe cosi finita la gazzarra dei giornali avversi. In qual modo compiere questo miracolo di far apparire, a gente stremata nelle forze da
tanti anni di galera,
deportazione in
si
come un grande
beneficio la
lontano paese?
Si pensò di formare
una Commissione
la quale,
con l'apparente incarico di regolare l'invio in
Ame-
avesse quell'occulto mandato. Essa venne co-
rica,
stituita
Dupuy,
colonnello
dal
dei
gendarmi Francesco
commissario di polizia Griuseppe Salvati, e l'ufficiale di marina Eugenio Rodriguez (1). A il
costoro furono date, dice " le
analoghe istruzioni
gannare
gli
te la regia
animi
e faro
magnanimità
il
(1),
ed orali per disin-
apprezzare compiutamen„.
sistevano nell'usare a gli
umanitari
promemoria accennato,
scritte
Le
istruzioni orali con-
esiliati tratti gentili
ed
mostrarsi pronti e deferenti ad ogni
loro desiderio, provvederli
di
abiti
e
di
denari,
esaltare la generosità del sovrano, intenerirli con la vista delle loro famiglie, mostrarsi
commossi
e
sopra tutto insinuare nell'animo loro la sicurezza
che a l'arrivo in America sarebbero
tamente
(1)
liberi.
Il
stati complegoverno aveva preparato un or-
Eelazione della Commissione del 20 gennaio 1859.
266
dine per
il
internarli
console
napoletano in
quanto più
si
New- York
potesse e di impedire
di il
Europa; ma quest'ordine restava segretissimo e per maggiore cautela era stato scritto in cifra in una lettera da consegnarsi dal comandante della nave soltanto a 'arrivo in America. Nulla vietava quindi a la Commissione di loro ritorno in
]
spacciare il contrario (1). Con questa certezza come non ravvisare nella commutazione della pena un grande beneficio? VII.
La Commissione
principiò l'opera sua con
recarsi a Montesarchio ove, scortata da gendarmi a cavallo, giunse a mezzogiorno del 14 gen-
il
La sua momento
naio e senza indugio penetrò nel castello. relazione dice
:
"
Credemmo opportuno
il
di renderci interpreti della sovrana clemenza
piendo
la
com-
missione affidataci, che non era certo in
tanta profusione di grazia
ultimo dei
tratti di
esponemmo tutto ciò con parola (sic) che un tanto argomento
inesauribile clemenza
quell'eloquente
1'
;
suggeriva e con quel calore e quello zelo che assai
meglio
si
sente
che
non
si
esprime. Quelle
consolazione, che erano l'eco della sovrana clemenza, ebbero tale effetto nell'animo degli indultati, ninno escluso, che forse, anche loro
parole di
(1) Il magistrato Pica scriveva a suo figlio Giuseppe detenuto a Montesarchio « Sono stato assicurato clie di là (a Cadice) ciascun di voi potrà recarsi ove meglio gli piace » - Lettera di Carlo Poerio pubblicata nel libro di Del Giudice, pag. 89. :
.
.
267
malgrado,
la loro alla nostra
in
conoscere quei
reverenti bassare la
dovettero
ed associare tratti
quel severo
che sono
il
e
e
ri-
veridico linguaggio
dono che Iddio nostro amato sovrano:
più bel
avesse saputo concedere al
senza simulazione e senza
e tutti
fronte
commozione
rono di echeggiare con noi: Viva
esitanza il
fini-
re!! „ (1).
Non è diifìcile che vi fossero acclamazioni, ma molto probabilmente partirono anziché da i reclusi, da
la folta schiera di funzionari e di custodi
cenna ne ad applausi, ne a grida
nuove protesto
invece a volte
li
pre-
Castromediano, testimone oculare, non ac-
senti. Il
giudice regio
al
simili
ma
di giubilo,
a quelle già
ri-
(2).
Lungi dal credere a l'entusiasmo degli esiliati, la Commissione temeva di incontrare da parte di essi una accanita resistenza e di dover ricorrere a la forza per imbarcarli. Davano argomento a i timori alcune parole di una istanza di Antonietta Poerio, una lettera sequestrata a l'Agresti ed " i rilievi dei due giudici regi che avevano preventivamente sondato
il
morale degli indultati
(3).
„
I commissari andarono quindi nell'ospedale
intimare
(1) Il
al
De
Pironti l'ordine
Sivo
(
voi. lo, pag. 458) dice
ad
prossima par-
della
:
«
Allorché venne
dal Salvati data lettura del decreto reale ai condannati il
Poerio per tutti rispose, gli altri in viva al re >
atteggiati a
com-
mozione dettero
(2) Ojy. cit., voi. 2o,
(3)
Essa
pag
107.
Belazione della Commissione in data del 20 gennaio. fece tre relazioni.
68
L'infermo ricusò non essendo in grado neanche di sollevarsi dal letto. Gli fu risposto " Non vi è da opporsi, dovete partire „ (1). La relazione dei commissarii afferma invece cbe lo tenza.
:
stesso Pironti volle partire (2).
Gii altri
liberi
esiliati,
abiti dati loro
da da
catene e rivestiti di
le
Commissione, uscirono
la
da la galera (3). H Poerio nel lasciare i suoi compagni, non compresi nel decreto, rivolse loro affettuose parole e donò per ricordo ad alcuni qualche oggetto; a Felice Barone che aveva carissimo, diede la sua posata d'argento (4). Su la spianata del castello salirono in carrozze chiuse
da
tirate
Si
tre cavalli ciascuna.
attendeva per la partenza che giungesse
Pironti.
Lo
si
il
vide poco dopo infatti su una ba-
rella trasportata
da
facchini. I bruschi
movimenti
della barella gli causarono atroci dolori, cui cercò di resistere: strazio,
ucciso.
ma
si
ma
finalmente, vinto da l'ira e da lo
die a gridare che voleva piuttosto essere
La Commissione
assisteva a la pietosa scena
restò inesorabile. L'infermo
venne adagiato in
una carrozza.
Castromediano, opera cAtata, voi. 2», pag. 111. Relazione del 18 gennaio al re allora in Bari. Nisco tace su di ciò. (1)
(2)
(3) Il
Castromediano
dice
:
«
Il
Ci fecero spogliare della
nostra assisa di galera e se la ritennero
:
e ci fecero
ri-
vestire con paletots, pastrani, calzoni e berretti comprati
da
cM
sa qual fetido rigattiere » op. cit., voi. 2°, pag. 109). Lettera del Poerio alla zia Antonietta, pubblicata dal Del Giudice, opera indicata, pag. 95. (4)
,
269
Verso sera
il
triste corteo parti
a la volta
di
Pozzuoli, ove doveva seguire l'imbarco. Precedeva
una carrozza con due nivano quindi tata
le
ufficiali di
gendarmeria, ve-
carrozze dei reclusi, ognuna scor-
da due gendarmi a
della Commissione.
Le
cavallo,
da ultimo quella
strade percorse erano per-
lustrate accuratamente da soldati, le carrozze correvano quasi a precipizio. A le sei del mattino giunsero a Pozzuoli: ivi li attendevano la cor-
vetta Stromboli e la fregata Fieramosca, ancorate colà fino dal giorno prima, e le famiglie che ave-
vano potuto giungere a tempo. L'addio fu pietoso, commovente. Si sarebbero riveduti ancora una volta o era l'ultimo addio? Il Poerio, in una lettera a sua zia Antonietta scritta la notte del sedici
gennaio a bordo della Stromboli
La buona
D." Caterina (sorella del Dono) e
"
disse : le
sue gentili nipotino
(le
povere orfanelle di Ce-
hanno avuto molta sforzata costanza (1) nel separarsi dal padre loro Vincenzo; ma non appena hanno posto piede sulla barca, la piena dell'afietto cilia)
represso è scoppiata e lacrime.
Né mi
si
sono sciolte in amarissime
è stato possibile di contenere le
mie, pensando a tanta innocenza cosi fieramente travagliata dalla fortuna
ed a due creature, che
alla distanza di soli sette
mesi hanno perduta la
madre
e l'ava, ed ora si separano forse per
sem-
pre dal loro amato padre e per tutto prospetto
hanno una crescente povertà
(1)
e l'obbligo santo di
Intendeva dire forza d'animo.
270
un prozio
assistere
nonagenario
ed una infelice zia
rimbambito
e
Ma
offesa nella persona.
la
fervida fede nella misericordia di Dio non verrĂ loro
mai meno!
Anche
il
(1).
â&#x20AC;&#x17E;
Pironti venne portato a
bordo
dello
Stromboli, che scortato dal Fieramosca e dal saggere, su cui viaggiavano
commissari, giunse
i
mattina del 16 gennaio a Nisida.
la
del
Pironti
Mes-
Neil'
animo
agitavano mille pensieri. Aveva
si
temendo di non reggere a le un lungo viaggio. Ma che sarebbe avvenuto di lui, come vivere in galera senza il conforto e l'affetto dei suoi compagni? Sarebbero essi andati davvero in America? Non avrebbero potuto scendere in un porto europeo, ricuperare la chiesto di restare fatiche di
sospirata libertĂ ?
Ed anche
arrivando fino negli
non potevano essi ritornare in Europa e vivere liberamente in Piemonte, in terra italiana, non lungi da la patria? Stati Uniti,
I commissari, visto lo stato miserando del Pifecero visitare
ronti, lo
navi,
i
da
i
medici delle
quali ritennero concordemente
"
che
i
due
disagi
della traversata potevano compromettere la frale
esistenza di lui il
â&#x20AC;&#x17E;
(2).
In seguito a questo parere
informato telegraficamente, rispose da Bari
re,
di fare rimanere
il
Pironti a Nisida. Forse l'in-
sentiva meglio o confidava maggiormente
fermo
si
nelle
sue
forze e nella
(1)
Del Giudice,
(2)
Relazione citata.
op.
cit.,
speranza di riacquistare
pag. 96.
271
tra breve con
perciò
i
suoi
compagni
continuare
di
missari lo
fecero
il
Chiese
la libertĂ .
viaggio
(1)
ma
:
i
com-
sbarcare e lo consegnarono al
comandante del bagno
di Nisida.
Vili, Intanto salivano a bordo dello Stromboli i
ho fatto cenno,
sette ecclesiastici, di cui
ciotto altri condannati, tra gelis,
il
Parenti, lo Schiavoni.
Anche
e di-
De An-
quali Carlo
i
essi,
a l'u-
bagno, avevano subito una rigorosa per-
scire dal
quisizione e dismesso l'abito da
galeotti (2).
Lo
sempre con la stessa scorta, prosegui nel pomeriggio per Precida, ove furono condotti a bordo diciotto altri politici, tra cui i due germani Luigi e Girolamo Palumbo, Giuseppe Pessolano, Carlo Pavone, e G. B. Riccio. Un altro dei politici compresi nel decreto. Pasquale Lamberti, giaceva nell'ospedale malato di paralisi. Per ordine della Commissione due medici scelti dal sindaco,- dopo una diligente visita, espressero avviso che lo stato del Lamberti sebbene non fosse tale da compromettere la sua esiStromboli,
stenza durante
il
viaggio, pure richiedeva che egli
fosse trasportato in lettiga letto.
(1) ÂŤ
e
restasse
sempre a
Ciò indusse la Commissione, a farlo rima-
La
fermo
relazione
nell'
citata
dice
idea di compiere
il
testualmente viaggio
i>
.
il
Pironti
Lo conferma
una lettera di Carlo Poerio del giorno 16 a sua zia (Del Giudice, opera citata, pag. 96). (2) De Angelis, Memorie, pag. 104; Castrombdiano, pag. 116.
272 "
nere nell'ospedale
videnze
Le
„
in attenzione di ulteriori prov-
(1).
navi approdarono
tre
a
fano la sera del 16 gennaio: e
l'
isola di S. Ste-
mattina seguente
la
commissari comunicarono la volontà sovrana e
i
fecero Imbarcare
i
diciassette reclusi compresi nel
decreto, fra cui l'Agresti, l'Aletta,
Spaventa,
il
dismisero l'abito
essi
il
Faucitano, lo
Sodano (2). Anche da galeotti ed ebbero una
Settembrini ed
il
copiosa distribuzione d'abiti. Cosi
si
trovarono riuniti su lo Stromboli ses-
santasei condannati politici che in America. di
La Commissione per ciascuno
piastre
dieci
commissari concessero loro
di
dovevano andare un sussidio
largì (3).
Quindi i tre presenza
dare, in
del comandante, l'addio a le pochissime famiglie
giunte da Napoli.
A
pochi di essi toccò
conforto. V'erano le due figlie del
questo
Dono abbrunate
della madre, la moglie due figlie, le sorelle e la madre del Pica e poche altre persone. Ad altre famiglie non era giunto in tempo l'avviso. Fu un istante
per
la
morte
recente
del Mollica con
(1) Relazione citata. Essa aggiunge che l'infermo si mostrò riconoscente della grazia ottenuta. (2) Gli altri erano Bellantonio, Colafiore, Crispino, De Girolamo, De Simone, Falconii, Mazzei, Morgante, No-
taro e Purcaro.
Poerio ricusò il denaro, come aveva ricusato gli dichiarando di esserne stato fornito da i parenti. La piastra equivale a L. 5.10. La somma totale erogata fu di ducati 816 pari a L. 3468. Il Castromediano dice erronea(3) Il
abiti,
mente
lire
61 per ciascuno {opera cìt, pag, 118).
273 di angoscia e di disperazione
scuno
!
Nell'animo di cia-
agitava un dubbio crudele, se non fosse
si
quello l'estremo addio? Si appressava ormai l'ora della partenza e la Commissione prese a congedarsi da i condannati: era il momento di ottenere da essi la tanta ambita manifestazione. I tre commissari gareggiarono
domandavano facevano intravedere un pie-
nel mostrarsi cortesi e premurosi; loro delle famiglie,
toso interessamento del re, magnificavano
dopo tanti anni
beneficio ottenuto
grande
il
di stenti e di
dolori.
Ogni cuore umano sente pietĂ verso
infelici,
sopratutto verso
sventure;
gli
le
grandi ed immeritate
le espressioni dei
commissari venivano
quindi sincere sul labbro, per quanto dettate da altrui
La
comando. relazione
loro
nitari
ed
modi
i
disimpegnare
di
soggiunge
gentili, il
con
nostro
:
"
umacercammo
I tratti
quali
i
mandato, aveva giĂ
preparati gli animi e quando raccogliemmo
torno gli indultati per comunicare fetti della
grazia ricevuta,
le
loro
nostre
in-
gli
ef-
parole
fu-
rono accolte con plauso generale ed a noi sembrò
moltissimo fossero
si
zione tati
la
â&#x20AC;&#x17E;
(1).
ottenere
mostrati
La
che
i
piĂš
riconoscenti
intelligenti
a tanta
relazione prosegue:
"
largi-
Gli indul-
furono tradotti a bordo e l'ultima prova, che
Commissione
(1)
Relazione
ritiene
del
terzo ripartimento. 18
positiva,
18 gennaio.
fu
il
vedere
Ministero LL. PP.,
274
ognuno premurarsi nell'esternare la sua riconoscenza e come Poerio, cosi Settembrini, Spaventa, Pica ed tendo
altri
tutti
che seguirono quello esempio, par-
compresi della grazia ricevuta e del
conforto, col
quale
La Commissione,
sovrana
munificenza
la
piacque accompagnarla
„
si
(1).
tutta intesa a dimostrare d'a-
vere conseguito lo scopo assegnatole da la fiducia del governo, conchiude cosi:
"
Poerio,
primo,
il
vista la clemenza del re, vista la notabile decenza
del trasporto,
la
dei commissari,
i
educazione e cortesia
squisita
mezzi accordati dal governo, è ha influito perchè a
stato tocco di gratitudine ed
bordo della fregata si fosse ringraziato l'augusto padrone. Fu ripetuto quindi il grido di viva il re. Anzi, dopo che la Oommissione era discesa a terra, Poerio
il i
indirizzava
al
comandante
della
nave
suoi ringraziamenti per la sovrana grazia con-
cessagli e pel
modo umanitario
erasi attuata,
ed
e gentile col quale
egli facendosi interprete dei sen-
timenti di tutti voleva per loro personalmente
spondere e pregava
modo che
in si
il
comandante
ri-
stesso di fare
questa retribuzione di riconoscenza
fosse fatta palese alla
Commissione
„
(2).
Nelle Ricordanze del Settembrini e nell'epistolario di lui
del
De
mente,
(1)
non
è narrata la partenza.
Le memorie
Angelis, nelle quali è raccontata sommaria-
non fanno cenno
di
plausi
al
re.
In-
Eelazione del 18 gennaio, Ministero dei LL. PP.,
terzo dipartimento. (2)
E/elazione del 18 gennaio della Commissione, fasci-
colo 13.
275
vece
a
il
Castromediano narra che
gli esiliati raccolti
il
Poerio rivolse
intorno a lui in un angolo
nave queste parole: " Ebbene, ci siamo riveduti finalmente! La mia e la vostra fede non vacillò punto nel passato e non verrà meno al della
presente.
La
patria
attende festante e noi la
ci
ri-
Tra breve torneremo a baciare la nostra madre Italia, libera ed una „ (1) A le due pomeridiane, la Commissione, adempito il suo compito, ritornava, sul piroscafo Mesvedremo, e che patria
!
!
saggiere, a la capitale,
nutamente
al
ove
si
aifrettò a riferire mi-
governo l'opera propria, esaltando
successo ottenuto.
A
parole di essa
le
si
il
prestò
piena fede dal governo, tanto che in una relazione ufficiale di
quei giorni
si
legge:
"La Commis-
sione ha cosi
bene disimpegnato il suo incarico ed eseguito le norme ricevute da conseguire l' intento che i condannati non più tiepidi si mostrassero,
ma
caldeggiassero di gratitudine per la grazia
ricevuta e prorompessero
spontanei nel grido di
Viva il re „ IX. La fregata Fieramosca al comando del barone Di Brocchetti salpò il 17 gennaio conducendo
giubilo e di riconoscenza
:
!
comandata da mariua Ferdinando Cafiero, su la
a rimorchio la corvetta Stromboli, l'ufficiale
di
quale erano
gli esiliati (2). Il
(1)
Castromediano, opera
(2j
Nell'archivio di Napoli,
mare era calmo,
il
citata, pag. 118.
ministero
esteri,
espulsi,
completo che riporto in appendice e che è stato pubblicato dal Castromediano, voi. 2°, pag. 120, dal Musei « Storia dei cinque mesi del reame delle Due Sicilie da gennaio a maggio 1859 e dal Mefase. 3873, vi è l'elenco
CACCi,
La
rivoluzione italiana, voi.
2°,
parte
1».
276 sole
volgeva maestosamente
al
tramonto e
le
due
navi filavano rapide verso Graeta, ove dovevano salire a bordo Griacomo Longo e Filippo Delli Franci
condannati a l'ergastolo per la rivolta calabrese del giugno 1848 e compresi nel decreto (1). Gli esiliati
volgevano mesti
lo
sguardo a
zurre del golfo, al cielo limpido
vaghe mente
e
le
onde
az-
sereno, a le
avevano trascorso dolorosatanti anni. Avrebbero essi piĂš riveduto
isolette in cui
la loro patria,
paesi, a
una
loro diletti congiunti?
i
un
incontro ad
esilio
Andavano
perenne in lontani ed ignoti
fine misera
ed oscura o a
la sospi-
rata libertĂ ?!
IX. Le due navi prima d'arrivare a G-aeta volsero per ordine improvviso del governo.
la prua, forse
Passando
fianco della Sardegna, quindi presso
a
a traverso
le Baleari,
lo stretto di Gribilterra ap-
26 gennaio a Cadice. Al vice conprodarono sole napoletano Francesco De Ambrosi, che si recò a bordo, gli esiliati chiesero invano di scendere a terra. Rinnovarono la richiesta al comandante Di Brocchetti, il quale dichiarò loro francamente il
che tire.
ricevute gli vietavano di consen-
le istruzioni
Allora
governatore
una solenne protesta
al
Cadice, al governo spagnolo,
al
inviarono di
deputato Olozaga, ed a i consoli francese, inglese e sardo in Cadice, contro l'arbitrio del governo assoggettava ad una pena non
napoletano che
li
contemplata da
le leggi del
(1)
Seguo
il
regno.
racconto del Castromediano e del Set-
tembrini nelle Ricordanze e noiV Epistolario.
277
Fin dal 10 gennaio
ministro degli esteri na-
il
poletano, Carafa di Traetto, aveva telegrafato al
una nave mer-
console in Cadice di noleggiare cantile per Il
console
trasporto dei proscritti a
il
ebbe ad incontrare non trapelato lo scopo di
lievi
vire ad
una specie
rifiuti
o pretese
dopo lunghe dersi con
il
difficoltĂ .
pratiche
tali
la nave, di cui si chierleva
gnola,
New- York.
pose sollecitamente a la ricerca,
si
il
si
:
Era
ma
ornai
sapeva che
noleggio, doveva ser-
di tratta di negri.
Quindi o aperti
console
credette,
trattative, di essere riuscito
ad inten-
esagerate.
Il
capitano di una nave mercantile spa-
quando
si
accorse che costui chiedeva di in-
serire nel contratto frasi
a sospettare di non
ambigue
le quali
davano
volere assumere l'obbligo pre-
ciso del trasporto degli esiliati in
America. Final-
mente gli venne fatto di conchiudere il contratto con un tale Samuele A. G-. Prentiis di Baltimora, per un bastimento, che aveva portato da l'Avana a Cadice un grosso carico di tabacco. Il
Prentiis
era
uomo senza
scrupoli, solo
in-
Fu convenuto il compenso di ottomila e cinquecento dollari da pagarsi
tento a guadagnare denaro.
parte anticipatamente, a la partenza della nave, il
resto a l'approdo in
New- York.
Il
contratto sta-
biliva l'obbligo del capitano di ricevere a
bordo
come
e
sava cente
passeggieri il
trattamento di
(1).
(1) Il
i
sessantasei
La
essi
in
proscritti
modo
fis-
soddisfa-
nave, destinata al trasporto di mer-
Castromediano
riferisce alcuni articoli del con-
tratto, opera citata^ pag. 167.
278 canzie,
non
offriva cabine
sufficienti
per l'equipaggio e per
i
si
;
formarle a bella posta ed ammannire
le
dovette
provviste
passeggieri.
tramonto del 18 febbraio un giovane mal vestito, con un cappello di paglia a larghe Verso
tese,
il
nome
presentò al capitano Prentiis, col
si
Assumendo
di lokon.
cubano
di essere
avere mezzi per tornar»^ in
non
e di
patria, gli chiese di
come cameriere. L'offerta fu nuovo cameriere restò su la nave ove lo si vedeva tutto dedito al servizio. Durante la permanenza nel porto di Cadice, si inaspri fortemente la brvonchite, di cui da parecchi anni soffriva il Poerio. Il comandante Cafiero, gli aveva ceduto la sua cabina su lo Stromboli: tutti gli esiliati, che veneravano il loro compagno accettarlo a bordo
accolta ed
il
di sventura, facevano
a
gara
nell'assisterlo
nonostante l'infermo peggiorava. In l'affrontare la
Braico,
il
l'
trepidavano per
lui
Tra questi
:
ciò
condizioni
lunga traversata dell'Oceano impor-
tava un grave pericolo per
pagni di
tali
vi erano
Cuzzocrea,
sei il
infermo ed
la
sua
medici,
Nicolò,
il
i
com-
vita. il
Mollica,
Salza ed
il il
Ventra che, adunatisi a consulto, si trovarono concordi con il medico dello Stromboli, Salvatore Pandolfo, che il malato non avrebbe potuto sopportare gli strapazzi
del
viaggio.
Inviarono
comandante Di Brocchetti una relazione in dicevano:
"
L'angustia del luogo abitato da
fermo, nel fondo di una nave,
che
lo
circonda, sempre
al
cui l'in-
la scarsità dell'aria,
calda, rarefatta ed in-
quinata di esalazioni, l'atmosfera grave di umidità
279
ed incresciosa ed
disagi tutti che
i
Fuomo non mai adusato navigazioni,
ci
di deplorare
il
accompagnano
lunghe e pericolose mettono nella malaugurata certezza alle
più tristo degli
minare una bronchite
esiti,
cui suol ter-
quando massimamente
al
povero infermo l'aria arriva scarsa ed impedita ed i rimedi o mal profusi o tardivi „ (1). Pregavano il comandante della spedizione di ordinare lo sbarco del malato in Cadice per una cura regolare
(2).
Per avvalorare sottoscrissero
domanda
la
negli
dei medici gli esuli
stessi sensi
un
indirizzo, re-
datto dal Settembrini, al Di Brocchetti. Questi
mostrò favorevole a
la
ma
richiesta:
il
ricusò pertinacemente di separarsi dai suoi
pagni esclamando: in
"
si
Poerio
com-
Voglio prima esalare l'anima
mezzo a voi che lasciarvi „ (3). X. Il 19 febbraio, dopo ventiquattro giorni da
l'arrivo a Cadice, a le dieci del liati
mattino
gli esi-
passarono da lo Stromboli a bordo della nave
americana. Al
momento
della partenza
il
console
napoletano consegnò a ciascuno di loro un sussidio di dodici ducati
zione di mille
ed
lire (4). Il
una gratificaFieramosca accompagnò,
al Prentiis
secondo l'ordine ricevuto, cinquanta miglia
la
per evitare
Stewart per cento il
pericolo
di
uno
sbarco dei proscritti in qualche porto europeo.
Rivista di Roma, anno 1901, anno V, fase. l». Castromediano, opera citata, pag. 154. Notizie desunte da una relazione del console stesso
(1-2)
(3) (4)
A
del 21 febbraio.
280
due pomeridiane del 20 febbraio, compiuto il le due navi sostarono il Fieramosca riprese la via di Cadice ove doveva rilevare
le
percorso stabilito,
lo Stromboli
il
:
sua rotta per
:
bastimento americano continuò la
New -York.
Gli esuli, nonostante che ormai fossero in mezzo
non avevano ancora perduto ogni speranza di sfuggire a la deportazione. Scomparso il Fieramosca, scrissero, il 22 febbraio, una dichiadell'Oceano,
razione con cui, invocando la protezione della bandiera americana, chiedevano
al
comandante
di
essere sbarcati nel porto inglese più vicino. Sog-
giungevano
"
di avere
di
diritto
il
trasportati violentemente e contro
del
paese
loro
assunto
"
leggi, a
i
si
„
e che
il
Preiitiis
era reso responsabile
tribunali ed alle autorità
non
tutte le leggi col
contratto
dinanzi a le
supreme degli
Stati Uniti, di questo atto violento, che
miglia alla tratta dei negri
vano:
"
prevengono
New- York, adiranno
il i
„.
essere
si
asso-
Quindi, conchiude-
comandante
che, giunti
a
tribunali per l'attentato con-
sumato scientemente per contratto contro la loro chiameranno il comandante ed proprietarii della nave responsabili di tutte le conseguenze legali del fatto medesimo „ (1). XI. Narra il Castromediano che, mentre gli esuli si affollavano intorno ad un tavolo per sottoscrivere la protesta, si vide apparire un giovane ed elegante ui£ciale di marina nel quale riconobbero subito il preteso cubano imbarcatosi come camelibertà e
(1)
Castromediano, opera
i
citata, pag. 171.
281
un capitano
riere e che era invece
della
mercantile inglese, Raffaele Settembrini,
Luigi
diletto di
Quando
marina il
figlio
(1).
quest'ultimo aveva avuta la condanna
commutata
di morte,
poi
nell'ergastolo,
un no-
ed Antonio Panizzi, il proscritto del 1831, che aveva acquistato a Londra molta bile inglese (2)
fama come riordinatore
del British
Museum,
si
interessarono a la sorte del giovinetto figlio del
condannato,
lo fecero
educare in Inghilterra e
lo
avviarono nella marina mercantile, nella quale egli il
1858 aveva conseguito
giovane
ufficiale, allorché
era a Cadice, corse colà.
grado di secondo.
il
ebbe notizia che Padre e figho
Il
il
padre
si
riab-
bracciarono dopo dieci anni su V Ettore Fieramosca
a la presenza degli
stringendosi al padre
queste
parole:
America
"
bordo;
ufficiali di
Voi
gli
sussurrò
il
giovine
nell'orecchio
non andrete certamente in
„.
Raffaele Settembrini temeva che suo padre, acciaccato da la vita dell'ergastolo,
potuto reggere a
i
male avrebbe
disagi della lunga traversata,
su un bastimento a vela. Concepì quindi l'ardito pensiero di imbarcarsi su la Stewart e durante
viaggio imporre
con
le
(1)
sono
un
armi a
Era
terra.
Opera stati
la
al
Prentiis,
mano,
riuscito,
citata, voi.
ad
2<»,
di
sbarcarli
insaputa
pag. 171.
—
del
in
Inghil-
padre,
a
Questi espisodi
narrati dal Settembrini nelle Ricordanze in
capitolo intitolato Bicordi di Raffaele. (2) Il
il
aiutato da gli esuli
Castromediano ne tace
il
nome.
282
prendere posto su ora ben
più
la
nave come cameriere; restava impresa,
diffìcile
di
costringere
il
capitano a cambiare rotta.
La
compagni,
il
prete Felice Barilla, uno dei suoi
lo avverti
La
cameriere. in
montò
sera stessa, in cui Luigi Settembrini
su la Stewart,
un angolo
che
il
bordo come
figlio era a
notte
padre
riposto
della
e
figlio
si
nave ed
rividero
il
giovine
al padre che egli intendeva!, quando Fieramosca avesse ripreso la via di Cadice,
manifestò il
presentarsi al Prentiis e con le
forza
indurlo
buone o con
scritti in Inghilterra.
A
V obbiezione
che l'americano avrebbe ricusato, strava due pistole a quattro colpi. quelle armi violenza,
buon Luigi vietò
il
consegnare
fece
si
la
consentire a lo sbarco dei pro-
a
padre
del
giovine mo-
il
A
la vista di figlio
al
le pistole
ogni
che affidò
a due suoi compagni, assicurandolo con piena ed
ingenua fiducia che avrebbero ottenuto l'intento mediante una fiera protesta al capitano. Raffaele Settembrini che parlava perfettamente unica
l'inglese,
gli presentò,
lingua
egli
conosciuta dal Prentiis,
stesso, la protesta;
ma
costui
chiedeva, per consentire a la domanda, un com-
penso di
lire
duecento
come indennizzo
per ciascuno degli
del nolo pattuito, e
una
esuli,
dichia-
essi con la forza indotto a mancanti di denaro, non potevano soddisfare la prima pretesa, non intendevano sottostare a l'altra, che li avrebbe fatti apparire rei di un atto di violenza. La nave continuò
razione lo
di
sbarco.
averlo
Essi,
la traversata.
283
giovane Settembrini insisteva con
Il
ricorrere a la forza:
opponevano
si
tra essi e specialmente
tarono un'altra volta
padre di
il
gli esuli
per
più autorevoli
i
lui.
Si presen-
al capitano, insistendo nella
domandarono che essa fosse trascritta nel giornale di bordo. La domanda turbò profondamente il capitano che temeva di assumere una richiesta e
grave responsabilità di fronte a paese. Riferisce sentire
il
il
Prentiis
le autorità del
suo
Castromediano che a far congiovò un lieve incidente.
Un
marinaio dell'equipaggio trovò perterra una capsula delle pistole di Raffaele Settembrini e ri feri ciò al
capitano.
Nella mente di questo ultimo sorse
sospetto che
tentare
una
i
sorpresa.
poco dalla galera e
la
distingueva tra rei di
Erano numerosi, usciti di monte dell'americano non Stato e malfattori comuni !
Cedette quindi, e di accordo con la
il
proscritti fossero armati e potessero
gli esuli, diresse
nave a Cork in Irlanda. XII. A l'alba del 6 marzo essa approdò nel
porto di Queenstown nella
viva emozione prese
mente
liberi
gli
baia di
esuli
dopo tanti anni
Una
Cork.
sentendosi final-
di galera! Si interna-
rono nell'abitato in cerca di alloggio:
ma per il
loro
aspetto sofferente, per gli abiti miseri, non trova-
rono accoglienza presso biati
gli alberghi.
Erano scam-
per francesi, allora colà non molto ben
visti.
Finalmente venne in chiaro che trattavasi dei proscritti napoletani, di cui i giornali avevano in quei giorni discorso a lungo e narrato le sventure. Trovarono subito alloggio, gratuitamente, ed ebbero da
gli
abitanti
ogni cortesia.
Un
generoso
284
entusiasmo indusse
buona popolazione
la
piccola città a festeggiare correrli coja
una larga
i
colletta. Griunta a
la notizia di quello sbarco,
dame, tutta
della
nuovi venuti ed a soc-
uomini
l'aristocrazia, iniziarono
Londra
politici, nobili
una
sottoscri-
zione che fruttò in pochi giorni diecimila sterline, le quali
vennero distribuite tr^
i
proscritti.
In quei giorni un vivo movimento
si
era de-
stato in Inghilterra per le brusche parole rivolte
da l'imperatore Napoleone III a l'ambasciatore austriaco barone Hiibner nel ricevimento del capodanno, le quali facevano intravedere a breve scadenza la guerra tra il Piemonte e la Francia governo inglese e
alleati e l'Austria. Il
per quanto benevoli a
i
la
stampa,
liberali italiani, si preoc-
cupavano che la guerra potesse portare un ingrandimento dell'impero francese ed una preponderanza di esso nella penisola (1). Il Mazzini, allora esule in Londra, voleva che l'Italia fosse risorta con le sue forze, senza aiuti stranieri. Egli aveva pubblicato, pochi
giorni
prima
dell'
approdo dei
proscritti napoletani in Irlanda, nel suo giornale
Pensiero ed azione
(2)
una dichiarazione, in data da centocinquantacinque
del 28 febbraio, firmata
Questa corrente si accentuò nei mesi successivi. Spaventa il 12 aprile del 1859 scriveva da Londra a suo fratello Bertrando «L'opinione generale è contraria al Piemonte e a la sua politica, clie la più parte di noi amiamo ed approviamo di tutto cuore, ma è favorevolissima come sai, a noi e alla causa della libertà napoletana ». Croce, opera indicata, pag. 245. (1)
Silvio
:
(2)
Numero
del 1°
marzo
1859.
285
emigrati
italiani, tra cui
Quadrio,
il
Filippo
De
politica del
A tani
Crispi,
il
Saffi,
il
Campanella,
il
Mario, Rosolino Pilo e
il
Boni, contro
l'alleanza
contro la
e
Piemonte.
la notizia dello sbarco dei proscritti napoleil
amici,
mandò
Mazzini
Domenico
incontro ad essi due suoi
fidi
Piraino, liberale siciliano, e Griu-
seppe Fanelli, segretario del comitato napoletano che aveva preparato la spedizione
Dopo
la tragica fine di essa
tato accanitamente
da
la
il
al Poerio, ritenuto
napoletani,
una
Essi consegna-
faceva loro Il
un
come
il
capo degli
si
essi della libertà riacquistata
e
quale
nella
più cortesi esibizioni
le
esuli
Mazzini
lettera
congratulava con
(1).
polizia borbonica, era
riuscito a fuggire in Inghilterra.
rono
Sapri
di
Fanelli, persegui-
il
(2).
grande agitatore genovese, mentre compiva
atto di fratellanza verso proscritti, sperava in
pari
tempo
di trarre
profìtto dal loro arrivo per
procurare grandi manifestazioni popolari a favore
non tacque, nel suo due inviati del Mazzini, che egli suoi compagni approvavano pienamente l'al-
della causa italiana. Il Poerio
colloquio con
ed
i
i
leanza e la politica del conte di Cavour, tanto che giorno stesso a Rosolino Pilo
il
Piraino scrisse
"
Ebbi una lunga discussione con
il
naturalmente è piemontese (1)
Castromediano,
ivi,
„
pag.
il
:
Poerio, che
(3).
196;
De Angelis, Me-
morie^ pag. 115.
Castromediano, ivi. Roma, anno 1899, pag. 1222, articolo Giuseppe Paglucci. (2)
(3)
Rivista di
di
286
Fanelli disse al Poerio che
Il
il
partito repub-
blicano era disposto ad intendersi con lui e con i
compagni e che
suoi
venuto ad iniziare pur mostrandosi grato al fraterne offerte, ricordò che egli ed i egli era
le trattative. Il Poerio,
Mazzini per
le
compagni avevano propugnato sempre
suoi
verno monarchico costituzionale
il
go-
e per queste idee
aveano subito tante persecuzioni. Ogni comunanza con la parte repubblicana avrebbe posto in dubbio la lealtà dei loro intendimenti ed avrebbe dato colore di verità a la menzogna del governo napoletano, che pretendeva di giustificarsi delle persecuzioni contro
hlicam
i
liberali dicendoli faziosi e repuh-
(1).
seppero
napoletani
Gli esuli
questa recisa risposta, essi in
ma
Londra non
che,
solo le più liete accoglienze,
grandi dimostrazioni popolari, con significato
apertamente sero di
ostile
Ad
a l'alleanza.
Londra a
partire per
Spaventa,
il
il
Settembrini,
Pica, lo Schiavoni,
Braico,
il
Dono,
Castromediano. tino,
il
Pace
La
il
il
il
fra
gli
Cuzzocrea;
la
Riccio; la terza
Palermo,
quarta
e molti
evitarle, risol-
piccoli gruppi.
prima spedizione comprendeva, il
nonostante
Mazzini, preparava ad
il
il
altri.
De
il
il
altri,
La lo
seconda Poerio,
Mollica ed
il
Angelis, l'Argen-
Dovunque furono
ri-
cevuti con feste, quasi trionfalmente, massime a
Londra. Lo Spaventa, giunti tra
(1)
i
il
Settembrini ed
i
loro compagni,
primi colà, per impedire
Castromediano, pag.
196.
le
dimostra-
287
zioni promosse dal Mazzini, inviarono a
i
giornali
esprimendo la piĂš alta una riconoscenza al popolo inglese, lo pregavano vivamente di astenersi da esse (1). Questa pubblidicliiarazione, in cui,
cazione non piacque ad
mandarono tera, in cui
ad le
esuli
i
quali
affermavano di non aver dato mandato il loro pensiero e che " se
alcuno di esprimere
dimostrazioni dovevano significare soltanto no-
generose simpatie,
bili e
al
degli
altri
Pensiero ed azione una let
al giornale
bero
essi si
sarebbero riuniti
ma
invece ne sareb-
compagni,
voto dei loro
stati lieti se fossero dirette
a protestare contro
governo napoletano â&#x20AC;&#x17E; (2). n 15 aprile fu tenuta nella grande metropoli inglese una numerosa adunanza in onore dei prola tirannide del
scritti e letto
nero
i
un
indirizzo in loro onore. Interven-
sottoscrittori della lettera (3).
Dopo parecchi
giorni scorsi tra le piĂš calorose dimostrazioni,
i
proscritti napoletani, a piccoli gruppi, attraversando la
Francia tornarono in Italia prendendo dimora
a Torino ed a Glenova. XIII. Il governo di Napoli seppe da un
gramma
in cifra, inviato
stro prussiano a
preveduta
il
di
Londra conte
tele-
8 marzo dal minidi Bernstoff,
fine delia spedizione iQossa
l'
im-
da Cadice.
(1) Pubblicata nel Times e nel Morning Chronicle del 22 marzo 1859.
Numero
(2)
tera
il
del
1°
aprile
1859. Sottoscrissero la let-
Ventra, Emilio Petruccelli, Emilio Maffei, An-
gelo Pellegrino, Domenico Dell' Antoglietta, Filippo Agresti, il
(3)
Faucitano,
il
il Morgante ed il Gerace. numero del 16 aprile 1859.
Marrelli,
Pensiero ed azione,
288 Il
telegramma diceva che
il
capitano Prentiis
si
un telegramma del di ad una ribellione David Stewart. La non
era lasciato corrompere:
accennava invece
successivo
degli esuli a bordo della lieta notizia fu
comunicata
Ferdinando che,
al re
comunque gravemente infermo
reggia di
nella
Caserta, continuava ad occuparsi degli affari dello
Stato
(1).
Dopo
uno sbarco dei
tante cure per impedire
Europa,
proscritti in
dare sul suolo inglese e
il
Ma
ad appro-
contro
il
La
re!
notizia
sovrano che seppe di poi,
con grande indignazione, in onore di essi.
riusciti
preparavano certamente
si
a congiurare di nuovo
turbò profondamente
erano
essi
le feste del
popolo inglese
piĂš forti preoccupazioni af-
fliggevano allora la Corte
!
La
malattia del re
si
aggravava; le corrispondenze diplomatiche assicuravano imminente la guerra della Francia e del Piemonte contro l'Austria. ministro degli esteri napoletano, Carafa di
Il
Traetto, aveva fatto consegnare al capitano Pren-
da Cadice, per
il
istruzioni
Premeva
al
segrete Cai-afa
riservatissimo
di
intornare
premurosamente a chiederle. capitano dichiarò che le avrebbe consegnate a
gli esihati,
patto di
il
David Stewart
queste carte, nelle quali vi era
l'ordine
tra gli altri
della
contenenti
lettere
console a New-York.
la restituzione di
Il
partenza
a l'atto della
tiis,
e
si
avere
fece
il
(1)
Lo
De
Cesare, opera
disse
il
saldo del
nolo convenuto in
giornale ufficiale del regno; lo conferma citata, pag. 426.
289
283B
dollari,
che
gli
spettava perchè
era
stato
mancare al contratto da forza maggiore, cioè da violenze degli esuli, come aveva dichiarato in una protesta da lui fatta al console degli Stati Uniti a Cork (1). costretto
n
a
re nella riunione del Consiglio di Stato del
10 maggio 1859 ordinò
al
Carafa di far pratiche,
per mezzo del ministro degli Stati Uniti a
New-
York, per persuadere il Prentiis a desistere da le sue pretese. Il Carafa in un memorandum successivo faceva
umilmente osservare
al re
che
il
go-
verno napoletano non possedeva alcun documento per negare la violenza asserita dal capitano. Ignoro
come
fosse terminata la questione: molto proba-
bilmente
il
governo di Napoli, per riavere
le carte,
dovette sottostare a le richieste del Prentiis.
(1)
19
Memorandum
del 9 aprile 1859 al re.
CAPO
XIV.
L'emigrazione politica napoletana.
Sommario.
—
cui si riI. Gli esuli napoletani - Paesi volsero di preferenza - La vita degli emigrati - Il governo napoletano sequestra loro le rendite - Miserie e dolori dei proscritti
—
II.
Esuli in Francia - Gu-
glielmo Pepe e vari dei profughi di Venezia liscono a Parigi - Arrivo di ritrovi in
altri
si stabi-
esuli - Frequenti
casa del Tupputi e del Pepe - Le esequie
di Gioberti - Esuli napoletani a Montpellier, a
Tours
—
ed a Marsiglia III. A Londra - La propaganda del Mazzini e dei suoi seguaci - Arrivo di italiani espulsi da la Francia - I manifesti del Comitato
—
IV. A Malta - Gli esuli siciliani Arrivo di Teodosio De Dominicis - Il dott. Nicola Causale - Vigilanza su le corrispondenze delle famiglie degli emigrati - Sequestro delle lettere del Causale - Partenza del Causale per l'Egitto - Giovanni Avossa - Sua corrispondenza col barbiere Facella - Lunghi V. In Toscana anni di esilio - Suo ritorno in patria - Gli emigranti napoletani a Pisa - La casa della baronessa Begani - Arrivo del D'Ayala a Pisa - Altri emigrati a Firenze VI. Ospitalità del governo piemontese verso gli esuli - Sussidi a i più bisognosi - Vigilanza del governo su i seguaci del Mazzini VII. A Nizza - Riguardi delle autorità locali e della cittadinanza per gli emigrati politici - Il comitato di soccorso - Morte del Primicerio e del Giura -
nazionale italiano
—
—
—
291 Si stabiliscono in
Nizza
—
al
A
Roma
e di
-
Venezia
- Si
gran numero i perseguitati dal borbonico - Arrivo degli ex deputati Fran-
rifugiano a
governo
D'Ayala
Vili.
di molti reduci da la difesa di
il Pepe Le esequie Genova - Arrivo
l'Assanti ed
l'Ulloa,
- Lettera di quest'ultimo della madre di Garibaldi
Genova
in
cesco Mazziotti, Ulisse De Dominicis e di vari liberali salernitani - Fuga di Raffaele Conforti da Napoli - Sua operosità in Genova - Approdo di Fran-
Angberà - Le esequie e la commemorazione madre del Mazzini - Fondazione di una società
cesco della
per l'assistenza dei colerosi - La solidarietà nel bene IX, A Torino - Uffici concessi dal governo a gli esuli - La casa di Pasquale Stanislao Mancini - Raf-
—
Conforti prende dimora a Torino - Accoglienze
faele
Arrivo di Giuseppe Del Re - Le esequie Tofano La generosità del De Meis - Onoranze a gli emigrati estinti - I solenni funerali di Guglielmo Pepe Le prime notizie del Poerio e dei suoi compagni - Arrivo di molti di essi a Torino - Lettera del Cavour a lo Scialoia - Accoglienza dei torinesi - Entusiasmo della al
D'Ayala
-
di Gioberti - Gli amicbevoli ritrovi in casa
—
popolazione.
I.
Dopo
di Venezia
la
caduta delle repubbliche di
parve a
i
profughi
Roma
e
italiani (1) di poter
trovare sicuro asilo soltanto in Francia, a l'ombra della bandiera repubblicana, a
Londra ed
in
sotto la protezione inglese, o nel Piemonte,
Malta il
solo
Stato della penisola che serbasse le pubbliche bertà.
Pochi ripararono in Toscana fidenti
li-
nella
tradizionale mitezza del governo del granduca.
(1) Il
D'Ayala nelle Memorie, pag. 230, calcola Due Sicilie approssimativamente a 850.
esuli delle
gli
292
Proprio in quei mesi, mentre
vano un le
i
proscritti cerca-
ricovero, erano vive in ogni parte d'Italia
preoccupazioni per
A
varie città.
già
colera
il
penetrato in
la vigilanza della polizia
sbarco dei fuorusciti ritenuti pericolosi
geva
contro lo si
aggiun-
ancte più severa, delle autorità sanitarie, che imponevano lunghe quarantene, ed il divieto di approdo per coloro che provenivano da luoghi infetti. Gli esuli dovettero quindi andar quella,
raminghi di porto in porto, a traverso miserie ed umiliazioni infinite, finché non riuscirono ad approdare
in
qualcuno di
essi
eludendo
sbirri
ed
ufficiali sanitari.
Narra "
nezia
il
De Sivo
che
(1)
molti reduci di Ve-
imbarcati in trabaccoli,
tentarono
scen-
dere a Patrasso, a Corfù od altrove, ma, respinti, a Brindisi, ove mandati nei castelli nelle isole „. Il generale GuglielmonPepe e gli ufficiali superiori, che avevano preso parte a la difesa di Venezia, non volendo tornare nel regno, andarono a Corfù ma ivi solo alcuni potettero scendere sottoponendosi ad una quarantena; gli altri approdarono a Missolungi, e si reca-
ebbero
necessità
vennero
accostarsi
di
tratti in arresto e
poi
;
rono poi a Malta, a Genova e a Marsiglia. Neanche nel loro primo rifugio ebbero pace. Invisi, sospetti
come gente stretti
(1)
turbolenta, furono spesso espulsi e co-
ad imbarcarsi a
Opera
citata, voi.
la
I,
ventura senza sapere ove
pag. 338.
293 fosse loro dato finalmente
Le
di posare (1).
vi-
cende della sorte e le necessità più imperiose della
ad una esistenza meschina e randagia. Molti di essi non avevano mezzi di fortuna; a parecchi di coloro che ne avevano il governo napoletano impose il sequestro delle rendite, il quale fu mantenuto fino a la costituzione data da Francesco II nel 25 giugno del 1860 (2). Una gran parte di loro aveva vissuto in patria con l'esercizio di libere professioni e vi aveva acquistato ricca e numerosa clientela, difficile a formarsi in terra straniera, senza relazioni e conoscenze. Dovettero quindi piegarsi quasi tutti a modesti uffici, specialmente di maestri nei comuni rurali, di contabili e di commessi di negozi e ad una vita vita
(1)
li
obbligarono
Spro VIERI, Ricordi politici e
tipografìa delle Mantellate, 1894.
militari, ^d.^.Z^.
Lo
Eoma,
sbarcato
Sprovieri,
a Genova, venne poche ore dopo espulso ottenne di andare a Torino donde nell'ottobre del 1851 si recò a :
Parigi. (2)
Carlo Poerio scriveva
il
16 agosto 1859 ad Antonio
Panizzi {Lettere ad Antonio Panizzi, pag. 354) cbe il governo borbonico aveva sequestrate le rendite a gli emigrati Mazziotti, Imbriani, De Dominicis, Conforti, Dragonetti.
Il
Massari (nel libro Gladstone ed
il
governo
napoletano^ ^»,g. 209), aggiunge a tali nomi questi altri: G. A. Romeo, Vincenzo D'Errico, Mancini, Pisanelli, Li-
borio
Romano, Musolino, Domenico Cardente, Tommaso
Ortale,
Stocco,
Mosciaro,
Saverio
Boccardi,
Piscicelli,
Scala, Raffaele Dellago, Michele Lioy, Tiggiani, dott. Oro-
Principe della Rocca Michele Cito, Giovanni Mosca, Amedei, Emilio Petr uccelli, Giovanni Cozzoli, Guglielmo
fino,
Nicotera, Ippoliti.
294
povera e grama (1). A queste angustie si univano la lontananza da la patria, da i congiunti, da gli amici, le continue
condanne, Il
la
governo napoletano
guito a
le
notizie
tristi
arresti e di
di
ninna speranza di giorni migliori. si
mostrò disposto, in
se-
energiche rimostranze della Francia e
deiringhilterra, a concedere
il
rimpatrio,
ma
a con-
dizioni così umilianti clie solo pochissimi, stretti
da gravi ragioni vincibile
di salute o di famiglia o
nostalgia, vi
da
in-
rassegnarono. I più a
si
tanta vergogna preferirono continuare quella vita di stenti e di dolori.
Solo negli ultimi anni del
loro esilio intravidero
la
gioia
non lontana del
ritorno in patria.
Tofano descrive efficacemente cosi la loro hanno a tutto rinunciato per la causa, che propugnano né di ciò menano vanto. Quelli, che possedevano beni di fortuna, ne rimasero senza per gli abusivi ed inqualificabili sequestri: e quelli poi che vivevano con gli utili di onorate fatiche non possono, né Il
vita: " Gli esuli napoletani
:
per tenace volontà di fare, né per onoratezza di condotta, trovar sempre fuori del loro paese e per
quanto
si
fosse la benevolenza e cortesia dei loro
confratelli italiani, in crarsi
mezzo
sempre un pane che
ai quali
soddisfi
i
vivono,
lu-
loro ristretti
colonnello Guglielmo Cenni faceva il legatore di Gaetano Sacchi l'assistente di lavori, Carlo Gorini dirigeva un negozio di oggetti ortopedici con lo stipendio di due lire al giorno (Cadolini, Memorie del risorgi(1) Il
libri,
mento, pag. 203).
295
ad
e naturali bisogni. Bastava
zione per non
essi
regno pure anteposero
uscire dal
rebbe per rientrarvi
;
una transa-
ed altra
ma
della vita, la miseria, spesso
gli stenti
doloroso sospetto,
il
che spontaneo s'ingenera in
baste-
altrui,
di avere
potuto meritare la pena che sopportano
:
il
cioè
vivere
lontano dalla cara patria e dai strettissimi congiunti.
Vi sono molti mariti dai
diletti
dano
il
rente,
mentre
tetto e la
giorni
e virtuosa consorte
e
regno perchè divizuppa di qua,lche benevolo pa-
rimasti
figli
menano
e padri che
disperati divisi dall'amata
nel
sulla terra d'esilio l'amoroso marito,
l'amorosissimo padre non avrebbe potuto dare ad essi loro
né
tetto,
E
né pane.
l'ansia di aver
nuove
dei suoi cari, spesso ritardate e di molto, per squisita ferocia reazionaria il
cuore in tutti
i
dei cadenti genitori,
tenera moglie, dei rabile
:
e
i
palpiti che vi lacerano
minuti del giorno sulla salute dell'amato
figli
germano, della e l'incompa-
soavissimi:
tormento che cotesti ultimi,
condannati
non sorvegliati dal padre, potessero deviare da retto sentiero e non rendersi cittadini utili ed onesti... tutto, tutto ha soppormiseria,
alla
tato e sopporta l'emigrazione napoletana con im-
perturbabile costanza, anziché discendere a transazione
„
(1).
Delle vicende degli esuli in quella vita raminga
non
resta altra traccia che nelle poche
essi lasciate,
(1)
unica fonte cui
si
può
memorie da non
attingere,
Tofano, Lettera ai suoi elettori. Appendice, pag.
18.
296
permesso
essendo
arcMvi di Stato
leggere
di
i
documenti degli
di quell'epoca. Negli archivi di
Torino e di Genova,
due
le
maggior
città cui in
numero affluirono gli esuli, debbono esservi certamente documenti importanti su essi. Potrò dare soltanto un cenno delle vicende di questi nei vari paesi in cui
rifugiarono.
si
27 agosto 184.9, quando Venezia vinta, più cbe da le forze straniere da l'epidemia colerica, dovette cedere le armi, Daniele Manin con II. Il
moglie
la
ed
i
Gruglielmo
figli,
Ulloa, Francesco Carrano,
Pepe,
Grirolamo
Emico Cosenz
e Da-
miano Assanti, che avevano preso tanta parte a gloriosa resistenza della repubblica,
si
la
imbarcarono
piroscafo francese Pluton diretto
a Corfù e Pochi giorni dopo, scontata la quarantena, arrivarono a Malta ove rimase il solo Cosenz (2) gli altri proseguirono sul
vi giunsero
il
30 agosto
(1).
;
per Q-enova.
Manin continuò per Marsiglia
Il
quindi per Parigi ove prese dimora; guito da gli altri
Parigi
tre,
si
recò
il
a Torino
indi a
(3).
(1) Carrano, Vita di Guglielmo Pepe, pag. 222 e guenti; CoMANDiNi, opera citata, 30 agosto 1849. (2)
GuARDiONE,
poi nel 1850 a (3)
Il gen.
Genova
Enrico Cosenz.
Il
—
stato consigliato a
Florestano,
stabilirsi
come narra
se-
Cosenz andò
e nel 1856 a Torino.
Carrano, L'Italia dal 1789 al 1870, Pepe, Casi d'Italia, pag, 457.
gina 188.
rano.
e
Pepe, se-
voi.
IV, pa-
Pepe era a Parigi da suo JFratello Il
nella vita di quest'ultimo
il
Car-
297
Su i
la stessa nave, su la
profughi di Venezia,
vane
della
di
il
sali a
Malta un ardito gio-
provincia di Salerno, Antonio Guerri-
tore da Pagani, che ricate
quale avevano viaggiato
aveva combattuto su
le
bar-
15 maggio in Napoli e poi nella difesa
Roma, come ho precedentemente
raccontato.
proponeva di fermarsi a Marsiglia nella speranza di trovarvi lavoro; ma, ben presto disilluso, raggiunse i suoi compagni a Parigi (1). Ivi i profughi furono accolti con grande cordialità dal Lamennais, da l'Arago, da la Sand Egli
si
da molti
italiani colà residenti. Tra questi il Mamiani, Michele Amari, il marchese di Torrearsa, Mariano Stabile ed il principe di
e
Grioberti,
il
il 24 aprile 1849 da Palermo, erano andati sul piroscafo francese VOdin (2) a Trapani e colà si erano imbarcati sul postale Rhamsés che partiva per Marsiglia. Ma la nave, poco dopo uscita dal porto di Trapani, era andata ad urtare contro uno scoglio ed i passeggieri erano stati condotti da lo stesso Odin
Butera, che costretti a partire,
a Malta. I tre proscritti erano giunti a Parigi nel
maggio dello stesso anno (3) da Vincenzo Gioberti che,
ricevuti con aifetto lasciato
nel giugno
GuERRiTORE, EcTiì del passato, pag. 58. Francesco Bertolini nel suo scritto: Due illustri siciliani dei tempi nostri, Vincenzo Fardella di Torrearsa e Michele Amari, dice invece che partirono su una fregata inglese {Nuova Antologia, 1889, pag. 709), (3) Lettera dell'Amari del 3 settembre 1849 {Lettere ad Antonio Panizzi). (1) (2)
298
del 1849 l'ufficio di ministro sardo a Parigi, s'era ridotto a vita privata Il
Gioberti
esuli italiani,
(1).
mostrava benevolo verso massime verso il Manin ed si
in casa del quale recavasi di frequente illustri italiani
mandati di
il
Pepe,
Ivi
i
più
dimoranti a Parigi solevano racco-
gliersi reverenti intorno al Gioberti. i
(2).
tutti gli
In seguito a
arresto, a le persecuzioni, a
nume-
i
rosi processi politici molti altri cittadini del
di Napoli ripararono a Parigi.
Tupputi veterano
Tra
gli altri
regno
Ottavio
delle guerre napoleoniche e della
rivoluzione del 1820, Roberto Bavarese ed Aurelio
gennaio 1850 (3), Giumarchese Luigi Dragonetti (5),
Saliceti giunti a Parigi nel
seppe Pisanelli (4),
Con
il
gennaio 1850 il Gioberti rinMassari di avergli presentato il Bavarese, il Saliceti ed i due esuli siciliani. L'Amari, il Lafarina, lo Stabile ed altri nel dicembre del 1849 pubblicarono nel giornale La Réforvie una protesta contro il governo napoletano. (Guardionb, Il dominio dei Borboni in Sicilia. (1)
graziava
lettera del 29
il
voi. II, pag. 30).
Massari, Ricordi biografici e carteggio di Vincenzo volume, pag. 446. (3) Id., pag. 476; Gueritore, opera citata, pag. 60. Il Savarese si trattenne qualche tempo a Parigi, il Saliceti ne fu espulso, come dirò tra breve. (4) Il Pisanelli andò a Parigi nel luglio del 1850 e vi restò due anni. Il primo luglio 1852 era a Torino (Mas(2)
Gioberti^ ultimo
sari, oj?era citata, pag. 480).
Era a Parigi ancora nel 26 settembre 1856. Daniele in quel giorno presentava, con una sua lettera, anche a nome del marchese Dragonetti, a Giorgio Palla(5)
Manin
il giovane emigrato napoletano Nicola Indelli, che recava in Piemonte (Maineri, opera citata, pagina 199).
vicino si
299
Giuseppe Ricciardi, Ferdinando Petruccelli, Melchiorre Delfico, Vincenzo D' Errico, Antonio Paolo Emilio Imbriani
Benedetto Musolino
De
Ciccone, Ippolito
(1),
(2),
deputati al
già
Riso, tutti
De Luca,
Parlamento, e Filippo Capone, Sebastiano Pietro
Girella
Sprovieri
e
ed
(3)
suo nipote Alfonso, Francesco i
siciliani
Giuseppe Lafarina
(4)
e Giacinto Carini. Il
marchese Tupputi riuniva spesso nella
sua
casa ospitale gli esuli italiani, specialmente quelli del
regno. Erano
soliti
di
intervenirvi
Pallavicino, Giuseppe Montanelli ed "
Questi - scrive
il
il
Giorgio
Gioberti
(5).
Massari - mentre mostravasi
affettuoso e cortese verso gli italiani, usava distinta
amorevolezza
ai
napoletani quasi
per
consolarli
non aver potuto mai visitare le loro provinole „ (6). La maggior parte di essi ebbero Tenore di
di conoscere
a
lui
il
presentava con lettere assai
li
Il filosofo
e
statista
per gli
esuli
Massari
in
(1)
Gioberti per opera del Massari che torinese ebbe
napoletani che, in una
data
deferenti.
tanta stima lettera
al
del 14 dicembre 1859, scrisse:
Era a Parigi nel 14
luglio
1851 (Massari,
ivi,
pag. 543).
Musolino era stato prima in Piemonte ed in a Parigi fino al 1859. Saverio Musolino, La rivoluzione del 1848, pag. 30. (3) Andò a Parigi nel 1851 da Malta. (4) Era fuggito nel 23 aprile 1849 da Palermo riparò (2) Il
Inghilterra: stette poi
;
a Marsiglia e di là a Parigi nello stesso anno. (5) (Q)
GuERRiTORE, opera citata, pag. 62. Massari, opera citata, ultimo volume, pag. 446.
300 "
ingegno e per animo,
per
Napoli,
dell'emigrazione italiana
Nei
ritrovi
avvenimenti
i
Pepe ed
il
crucci e sgomenti
sa
Il
tristi
i
annunzi,
mezzo a
tanti
ma anche questa speranza governo francese cominciò
;
fuorusciti e spesso
i
Tap-
profughi speravano di avere
i
asilo sicuro
per molti disparve. a vigilare
il
vari Stati italiani, di supplizi,
di carcerazioni e di condanne. In
almeno an
fiore
consaeto s'aggirava sa
di Francia,
che venivano da
il
„ (1).
amichevoli presso
pati la conversazione di gli
è
li
trasse in arresto
come avvenne a l'abruzzese Aurelio Saliceti che dovette nel marzo del 1850 lasciare la Francia e ricoverarsi a Londra (2). Pochi mesi e
li
espulse,
dopo, il
il
15 ottobre 1851, vari
Montanelli
e
altri
espulsi da la Francia
emigrati, fra cui
vennero parimenti
Sterbiai,
lo
(3).
Peggio accadde allorché si preparava il colpo di Stato e dopo di esso. Anche i più tranquilli esuli ebbero a soffrire molestie. Vincenzo D' Errico, che
il
a Parigi
„
" uomo cauto, assenmena una vita ritiratissima
designava
Gioberti
nato, venerando, che
fu espulso nel febbraio del 1852
ed ottenne, ad
intercessione
Massari, di stabilirsi a Torino
vedimento
(1) (2)
mero (3)
colpi,
il
del (5).
Lo
stesso prov-
13 settembre, vari
Massari, ivi, pag. 480. Lafarina, Ejnstolario^ voi.
I,
altri
emi-
pag. B50, lettera nu-
138.
CoMANDiNi, opera citata, 13 settembre 1852. Massari, ivi, pag. 505-607).
(4-5)
(4)
Q-ioberti e del
301 grati, fra cui
il
Delfico,
il
Tripoti e lo Zoccoli
(1).
gendarmi
lo
pedinavano, per tema di essere imprigionato,
si
Antonio Guerritore accortosi che ricoverò a
il
Londra
(2).
Salazaro che la polizia francese dopo
Narra
il
colpo
di Stato
sorvegliava rigorosamente
dimoranti a Parigi. con molti suoi compagai
italiani
egli
i
Una si
sera,
li
arrestarono
giunge rifugio
Una liani,
lo scrittore " „
(3).
triste,
la
"
tutti.
Anche
mentre
tratteneva in una
trattoria a Batignolles, vi irruppero
e
gli
Ognuno
i
gendarmi
di noi „
sog-
pensò allora a trovarsi un egli
andò a Londra.
dolorosa sorpresa colpi gli esuli
ita-
mattina del 25 ottobre 1852, allorché
seppe che
il
Grioberti
era
stato
si
trovato morto
modesta sua casa a la rue de Parme n. 3. La grandezza dell'uomo che spariva, le sue opere
nella
immortali,
il
fresco
ricordo
influenza avuta da lui
della
meravigliosa
nella rivoluzione
politica
italiana del 1848, l'ammirazione che gli professa-
vano
i
maggiori uomini della Francia, la semplidell'uomo tutto ispirava
cità e la squisita cortesia
venerazione nei proscritti
:
italiani, cui
parve spe-
gnersi una delle faci più luminose dell'avvenire.
Qualche mese prima il conte Camillo di Cavour aveva avuto con lui un lungo ed affettuoso col-
(1) (2)
vieri
CoMANDiNl, opera citata^ 13 settembre 1852. GuBRRiTORB, Opera citata, pag. 67. Francesco Sproracconta {Ricordi politici
e militari,
pag. 42), clie
credette prudente di lasciare Parigi. (3)
Cenni su
la rivoluzione italiana del
1860, pag.
9.
302
loquio
(1).
Uomini
nella politica
illustri nelle lettere, nelle scienze,
tutti
(2),
italiani
gli
residenti
in
marchese d'Azeglio ministro di Sardegna a Londra convennero mesti ed addolorati, la mattina del giorno 29 ottobre, nella piccola chiesa Parigi,
il
della Trinità per rendere a l'estinto le ultime ono-
Dopo un eloquente
ranze.
discorso
del
Pons de
l'Herault la salma venne trasportata nel sepolcreto della Maddalena per proseguire poi per Torino, ove, come narrerò tra breve,ebbe splendide esequie (3). Anche in altre città francesi dimoravano esuli italiani. Il
governo di Napoli aveva concesso a l'insigne
giurista salernitano
da
Domenico
le carceri e di recarsi in
Griannattasio di uscire
Francia a condizione
però di tenersi lontano da Parigi e da ogni porto di
mare
(4).
Il
Giannattasio, partì da Napoli insieme
con Liborio Romano, l'esHio, e si stabilirono
vissero uniti oltre
cui
pure
si
era
inflitto
entrambi a Montpellier ove
un anno
(5).
Il
Giannattasio,
logoro in salute, disperato per la lontananza dal i congiunti, non ebbe la forza di lungo e si rivolse con reiterate istanze governo napoletano per ottenere il rimpatrio (6).
suo paese e da resistere a al
(1)
Massabi,
ivi,
pag. 610.
Tra cui il Rendu, il Lesseps, il Pons de l'Herault. (3) Massari, ivi, pag. 613. - Giornale L'Opinione del novembre 1862. (4-5) Liborio Romano, Memorie, pag^ 46. - Archivio (2)
1^
di Stato di Napoli, prefettura di polizia, incart. 2B50,
anno (6)
1850, voi. IH.
Protocollo del Consiglio di Stato, ministero di po-
lizia, n. 683.
Archivio di Stato di Napoli.
303
Una
28 maggio 1853 ap-
risoluzione sovrana del
pagò finalmente
preghiere dello sventurato, a
le
condizione però, consueta per parte del governo dei Borboni,
che
"
dichiarasse
egli si
pentito,
promettesse di essere fedele al sovrano, di dimostrarsi
in
non indegno
emenda
della grazia ottenuta, serbando
condotta irreprensibile
del passato
A l'umiliante imposizione amico di
lui,
egli chinò la fronte.
Antonio Starace, tra
i
„.
Un
più rinomati
avvocati del foro napoletano, presentò la supplica scritta dal G-iannattasio in Montpellier
22
il
lu-
glio 1853 " redatta secondo gli ordini ricevuti „ e cosi il povero vecchio potè rivedere la patria.
Tornò a Salerno ove visse vigilanza della polizia
Un
sotto la più assidua
(1).
altro esule napoletano,
il
Ricciardi, trovando
troppo cara la vita nella capitale francese, sferi nei
recchi anni il
(2).
Lafarina, che per
pubblicava
(1) Il
si
tra-
1850 a Tours e vi restò paLo segui colà nel 6 maggio 1853
primi del
le
il
fallimento dell'editore che
sue opere,
si
ridusse a fare
G-iannattasio divenne
dopo
il
il
maestro
1860 presidente
Gran Corte criminale di Salerno, poi consigliere di Cassazione. Mori in Napoli l'il novembre 1869 nell'età di
della
settantun anni.
Luca
Ne
disse l'elogio F. A. Casella. Pirro De-
dettò per lui questa iscrizione
:
A
-
Domenico Gian-
nattasio - salernitano - nell'avvocatura - ne' magistrati -
nell'amore del sapere - della libertà - dell'Italia - dei suoi - ammirabile - che l'il novembre 1869 - qui - raggiunse la madre poco innanzi sepolta. (2) Vi era ancora nel febbraio 1858. Lafarina, Epistolario, lettere al Ricciardi del
23 marzo e
successive.
304 di scuola in quella piccola sto
1854 quando
Un
piccolo
si
nucleo
di
21 ago-
città fino al
trasferi a
Torino
emigrati
(1).
napoletani
si
fermò a Marsiglia. Tra essi, i iratelli Agostino ed Antonino Fiutino che, espulsi dopo il colpo di Stato, andarono a Torino (2), Salvatore Conforti, Giovanni Carducci, il barone Gennaro Bellelli di Capaccio, già
deputato
al
Parlamento
rone Giacomo Coppola che poi prese
il
(3),
ba-
dimora in
Firenze, Giuseppe Caputo di Barile in Basilicata,
capo di una schiera di insorti nei moti del Cilento del 1848. Il Caputo esercitò a Marsiglia la
professione di medico fino al 1856,
poi
Fultsca
Bellelli
nell'impero
ottomano,
Il
recò a
si
dopo
breve sosta a Marsiglia, si stabili a Parigi, e da ultimo a Firenze nel 20 aprile 1852 (4). In Marsiglia prese dimora Ignazio Turco, napoletano, modesto negoziante di farina, eletto per la sua grande popolarità deputato nel 1848. Più tardi, nell'aprile del 1857, si rifugiava in Marsiglia
scarno ed avvilito
Emanuele Leanza,
cui,
come
ho precedentemente riferito, Ferdinando II aveva commutato nell'esiglio perpetuo dal regno la pena residuale dei ferri. III.
Londra divenne, dopo
i
rovesci
italiani
del 1849, ricovero specialmente dei proscritti de-
(1) (2)
(3)
BiuNDi, Di Giuseppe Lafarina^ voi.
scio 3842. Il Bellelli (4)
I,
pag.
7.
Olivieri, / fratelli Fiutino^ pag. 32. Archivio di Najjoli, ministero esteri, espulsi, fa-
GuERRiTORE,
andò a Marsiglia nel maggio opcì'a citata, pag. 87.
del 1849,
305
voti
Mazzini
al
Questi vi
(1).
1850 dopo l'espulsione da
nel
rimase,
salvo brevi
intervalli,
era rifugiato
si
Svizzera e vi
la
fino al
1859 dopo con reve-
la guerra d'indipendenza. Intorno a lui
renza di discepoli guaci delle
si
raccoglievano
dottrine, Aurelio
sue
i
piĂš fedeli se-
Saffi,
Alberto
Mario, Maurizio Quadrio, Mattia Montecchi, Q-iu-
seppe Libertini, Antonio Mosto
i
quali con opera
instancabile esercitavano in tutte le provincie ita-
una propaganda intensa: causa a
i
governi
della penisola di continue preoccupazioni.
A Lon-
liane
dra risiedeva
il
comitato nazionale, eletto da ses-
santa deputati della repubblica timi giorni di essa, cbe,
pubblicava tro
un
il
negli ul-
presieduto dal Mazzini,
13 ottobre 1850 una protesta contentava
prestito che l'Austria
bardo-Veneto
romana
(2).
E
nel 30 settembre
nel
1851
Lomlan-
ciava un altro manifesto a gli italiani per incitarli
ad una agitazione rivoluzionaria, unitaria e repubblicana. Il manifesto annunciava le dimissioni, dal comitato, del Sirtori per dissenso e del Saliceti
che doveva assentarsi da Londra
(1)
Tra
i
pochi costituzionali, era Londra, nel dicem-
bre 1850 l'abbruzzese Giuseppe lettera
del
(3).
De Vincenzi (Massari,
Gioberti del ĂŹĂŠ dicembre 1850, opera citata,
pag. 480). - D'Ayala, opera citata, pag. 230. (2)
importata dal Guardionb, Il dominio dei Borboni voi. II, pag. 33. Porta le sottoscrizioni del
in Sicilia,
Mazzini, del
Saffi,
del Saliceti,
del
Sirtori,
del Montec-
chi e di Cesare Agostini. (3)
Comandini, opera
citata,
30 settembre 1851.
306
avevano costretto ho detto, molti
I rigori della polizia francese
Londra
a riparare a
profughi
come
già
Aurelio Saliceti,
italiani, tra cui
Deme-
Ferdinando Petruccelli ed Antonio Gruerritore che entrò nella redazione di un grande giornale inglese e poi imprese con successo a trio Salazaro,
E
dare lezioni d'italiano.
molti
altri esuli vi
an-
darono scacciati dal Piemonte come narrerò tra breve
(1).
La maggior
IV.
parte degli
esuli della Sicilia,
allorché questa ricadde nel dominio si
era stabilita a Malta
La
(2).
dei
Borboni
vicinanza a
l'isola
nativa, la completa fiducia nella protezione mglese
venerando Ruggero Settimo, Matteo Raeli, Giorgio Tamaio, il principe di San Griuseppe, Vincenzo Marsico (3).
avevano
Essi
attirato colà, tra gli altri,
consideravano
come
loro
il
capi
Ruggero
Settimo, accolto ed ospitato nell'isola dal governo inglese
"
più da
principe
che
da suddito
„ (4)
e Nicola Fabrizi che, reduce da la guerra di Spa-
aveva preso stanza in Malta
gna,
con
il
fin dal
proposito di preparare in Sicilia
insurrezionale. Ritornato in Malta della rivoluzione
del
1848,
egli
1837
un moto
dopo la caduta manteneva at-
tiva corrispondeva con vari comitati liberali sici-
(1)
GuERRiTORE, opera citata. D'Ayala, Memorie, pag.
(2-3) Il
un
centinaio.
Lo
cento, cifra che (4)
Scritto di
Sprovieri,
230, dice che
nel libro
citato, dice
erano sette-
parmi esagerata. F. Cordova su Euggero Settimo. - Rivi-
sta Il Cimento, 1852, voi. II, pag. 321.
307
ed aveva raccolto segretamente una discreta
liani
quantità di armi e munizioni Il
(1).
15 maggio 1850 approdava a
Malta
stimento a vela napoletano Isabella su cui
come ho precedentemente
imbarcati,
De
Teodosio
grinaggio su
le
Il
ba-
erano
detto
Dominicis, Griuseppe Feola
seppe Verdoliva.
il
si
(2),
Giu-
e
bastimento, dopo lungo pelle-
coste
della
Sicilia in
attesa
vento favorevole, aveva potuto compiere per Malta. I tre profughi sero nell'isola soltanto
sbarcarono,
pochi
mesi:
il
di
la rotta
ma
rima-
2 dicem-
bre 1850 partirono su la nave francese Erotos e discesero
A
il
giorno 5 successivo a Genova.
Valletta erasi rifugiato
sale di Corleto Monforte.
salernitana
polizia
il
dottore Nicola Cau-
1852
15 luglio
Il
rinvenne, nella
casa
di
la lui,
nel suo paese nativo, diciotto lettere da lui scritte
da Valletta a i suoi parenti dal 12 marzo al 22 agosto 1851. L'intendente di Salerno Cav. Valla, indignato di lettere del 2 agosto polizia:
"
una scoperta
così tardiva,
1852 scriveva
Mi meraviglio
al
con
ministro di
della poca diligenza del
giudice regio locale poiché
non sono recenti
le
riservatissime circolari per la vigilanza su le cor-
rispondenze con specialmente
(1)
gli individui
emigrati
(3).
Il
che sono a Causale
ViLLARi Eaffable, CospirazioTie
si
l'estero,
trasferi
e rivolta,^a.g.
392-93
- Trbvelyan, opera citata, pag. 191. (2) Gap. 5° di questo volume. (3)
mento
Archivio di Napoli, prefettura di polizia, incarta4251, fascio 476, voi. IX,
anno
1852.
308
poi da Valletta a Beirut e di là
il
26 luglio del
1857 in Alessandria d'Egitto donde tornò novellamente a Malta nell'ottobre successivo
Una
Gran Corte
decisione della
(1).
„
speciale di Napoli
aveva ordinato per Giovanni D'Avossa, l'insigne giurista salernitano,
il
Gran
rinvio innanzi a la
Corte speciale di Salerno per rispondere dei delitti
politici
vincia.
di Salerno
goscie della
dere
che
addebitavano
gli si
Venne quindi
trasportato
in quella
pro-
carceri
nelle
attesa del nuovo giudizio. Le annuova prigionia lo indussero a chie-
in
emigrare negli
la facoltà di
Stati
Uniti di
America, ciò che ottenne nel giugno del 1855 (2). Difatti qualche giorno dopo s'imbarcò sul piroscafo francese
il
Telemaco unitamente ad un altro
perseguitato politico
della
provincia,
stessa
Li-
al suo fido domestico Carmine Guadagno. Il piroscafo arrivò il 26 giugno a Malta, ed il D'Avossa, sofferente in salute, anziché proseguire il viaggio, approdò nell' isola (3) e con una supplica del giorno 29 successivo al governo di Napoli, domandò di poter restare in Malta
curgo Cavallo, ed
data la sua salute letana rispose
(1)
il
malferma.
Archivio di Napoli,
Un
La
polizia
napo-
13 luglio che egli doveva pro-
ministero esteri,
espulsi,
fa-
Giordano Orsini, andò da Malta in Turchia, prese parte a la guerra di Crimea e poi fu addetto a lo stato maggiore di Lord Reacleand quale delegato del governo ottomano. (Todaro, Nuova Antologia del 16 giugno 1810), scio 3842.
altro esule, Vincenzo
(2-3) Archivio di Napoli, ministero
scio 3869.
esteri, espilisi, fa-
309
seguire per l'America, così essendogli sciato
passaporto
il
ma
;
egli,
ove
rifiuto, restò a Valletta,
si
stato rila-
nonostante questo ristabili alquanto.
Carmine Guadagno ebbe dal governo napoletano, il 28 aprile 1854, facoltà di
Il
suo domestico
tornare a Salerno
(1).
Della dimora del
D'Avossa
nell'isola
ho solo
poche notizie che desumo da alcune sue lettere dirette in Napoli ad un tale Nicola Facella, modesto barbiere ma gran galantuomo, amico degli oppressi, servizievole e cortese
A
berali.
Malta,
il
lui
scrivevano
massime con i liil D'Avossa da lo Spaventa ed il
spesso
Dragonetti da Parigi,
Settembrini da l'ergastolo di S. Stefano Il
D'Avossa
si
medicine che
poli le
gli
occorrevano.
del 1855 gli scriveva, chiedendogli "
di rob.
presto
mia
ci
(2).
faceva mandare dal Facella da Na11
17 maggio
una
bottiglia
Questa è certamente l'ultima bottiglia e rivedremo „. Il 27 giugno successivo: " La
non va male, le disgrazie si sono accumio capo e sono quasi sei anni che l'una succede a l'altra „. Nel 14 marzo del 1856 " Spero di tornar presto in patria. Sono stanco di vivere fuori della mia patria e le circostanze dolorose di mia famiglia mi costringono di venire necessariamente in Napoli, sia che il governo mi chiami, salute
mulate
sul
:
(1)
Archwio di Napoli, miniatero
esteri,
espulsi, fa-
scicolo 3866. (2)
Settembrini, Ricordanze, voi. 2", pag. 226. Le letD'Avossa trovansi presso la biblioteca nel museo Martino in Napoli, voi. n. 392 dell'inventario.
tere del di S.
310 sia
che debba fare
io la
È
dimanda
di entrare,,. Il di
pasqua che passo nell'esilio e l'ottava che passo nella sventura. Spero che quella, che verrà l'anno futuro, sia meno sconsolata delle precedenti. Dovrebbe essere cosi: ma
8
"
aprile 1857:
la
quarta
mia speranza tradita dal mi viene mancando la fede in essa.
tante volte fu questa destino che
Comunque né
la forza dell'animo,
sapere soffrire
mi mancano. Prima
verrò in Napoli
„.
esistente presso la
ne
la virtù del
due mesi La corrispondenza del D'Avossa biblioteca di S. Martino, sempre di altri
diretta al Pacella, salta al 1862. Il dotto
consulto, costituito
il
regno
l'Italia,
giure-
fu nominato,
con decreto dittatoriale del 17 settembre 1860, avvocato generale della Corte Suprema di giustizia di
Napoli,
nenza con
il
quindi consigliere
portafoglio
della
di
luogote-
giustizia,
da
ul-
timo vice-presidente della Corte stessa e senatore del regno (1). V. Vivevano tranquillamente in Toscana, parecchi proscritti del mezzogiorno d'Italia.
A
Pisa
si
erano rifugiati fin da
reazione in Napoli
(1) Il
D'Avossa mori
di tifo
l'inizio della
Raifaele
prof.
il
il
Pirla
e
la
21 aprile 1868 nella sua
casa al palazzo Rossi (ora Bruno) a piazza Dante. Il feretro fu portato fino a la chiesa di S. Maria Vertecoeli e, per cura del Pironti sopraintendente di quello stabilimento, trasportato
24 successivo nel camposanto.
il
eeequie intervennero gran torità,
specialmente
di Napoli, 23 aprile il
la
numero
di
magistratura ed
1868).
il
le
foro. {Giornale
Fu commemorato
3 giugno seguente, dal presidente.
A
cittadini e le au-
al
Senato
311
baronessa Begani, vedova del generale Begani, valoroso
difensore
Gaeta nel
di
1815.
il
Accorse
1849 Mariano D'Ayala, da quella nobile donna, e vi si trattenne fino a l'agosto del 1852 in cui si trasferi a Torino (1). Giungeva a Pisa nel febbraio del 1853 Giacomo Tofano prefetto colà neir 11 agosto del
con fraterna
accolto
di
polizia
durante
ospitalità
periodo
il
costituzionale
in
aveva ripreso l'esercizio della professione forense; ma, mentre attendeva con nobile zelo a la difesa di Carlo Poerio e di altri imputati nella famosa Napoli. Ripristinato
causa
per
gli
il
governo assoluto,
egli
avvenimenti del 15 maggio 1848,
era stato arrestato
il
1°
febbraio del 1850 e te-
Maria Apparente e poi La polizia gli impose Fesilio e lo fece imbarcare il 10 febbraio del 1853 per Marsiglia: egli invece, approdato a Livorno, si recò a Pisa ove dimorò cinque anni e mezzo (2). Ivi arrivò da Parigi Roberto Savarese. Questa nuto nelle
carceri
di S.
nel Castello dell'Uovo.
eletta
di esuli soleva
della baronessa
radunarsi la sera in casa
Begani
(3).
Fissarono invece dimora in Firenze, tra gli esuli,
il
altri
gen. Ottavio Tupputi e Gennaro Bellelli,
venuti da la Francia, Enrico Berardi, Saverio Alta-
D'Ayala, Memorie, pag. 160 e 208. Tofano, Lettera citata, pag. 105. A premura dello Scialoia e di altri amici andò nel 1856 a stabilirsi a Torino. Il Mancini gli ofìri generosamente colà la sua casa e la sua mensa. {Ivi). (3) Tofano, ivi. (1) (2)
312
mura V
insigne pittore che avea combattuto su
barricate in Napoli
15 maggio 1848,
il
Gioacchino Lequile,
barone
il
il
Tommaso
ricco proprietario del Salernitano,
il
le
principe
Vallante
barone Gia-
como Coppola, venuto di poco da Marsiglia, Ferdinando Ranalli, Ferdinando Fonseca di Potenza Francesco
ferito nella battaglia di Curtatone,
Blasiis
Ripararono a Firenze nel
(1).
De Simone,
del 1859 Gabriele Costa, Giuseppe
Giovanni
De
De
febbraio
Falco e Giuseppe Vacca
(2).
maggior numero degli esuli risiedeva nel Piemonte e nella Liguria (3). Il governo sardo VI.
Il
meno per
fu sempre, Mazzini,
da
d' ospitalità
i
e
fervidi
proseliti del
disordini,
emigrati e non
verso gli
cattedre
conferire
più
i
temeva
quali
pubblici uffici a
"
prodigo
mancò gli
più distinti, e di dare sussidi ai più bisognosi
di
esuli „ (4).
L' indirizzo apertamente nazionale dato dal conte
Cavour al governo (5) faceva convergere monte le speranze di tutta la parte liberale specialmente degli il
colpo di
Francia per
(1)
molti
esuli,
del 2
dei
al
Pie-
italiana
quali,
dopo
dicembre,
lasciarono
la
stabilirsi in Nizza, in
Genova ed
in
Stato
Archivio di Napoli,
ministero esteri, consolato di
Genova, affari diversi, fase. 2648. (2) D'Ayala, op. cit, pag. 273. (3) Il D'Ayala (op. cit., pag. 230) Genova ed a Torino in trecento. (4)
Cadolini, Memorie, cap.
Ebbe
calcola gli esuli a
40.
portafoglio dell'agricoltura nell'ottobre 1850, la presidenza del consiglio il 4 novembre 1862. (5)
il
313
Torino,
D
Cavour teneva a chiamare a cattedre
o a pubblici uffici cittadini di altre provincie
come
affermazione del sentimento nazionale.
Fin dal 1851 venne stanziata nel bilancio delregno sardo una somma di L. 160
l'interno del
mila per
soccorso a gli emigranti poveri, prov-
vedimento degno tanto di maggior lode in quanto il Piemonte, dopo i rovesci militari del 1849, lottava con le maggiori difficoltà di finanza. A la distribuzione dei sussidi provvedeva un comitato, presieduto da l'abate Carlo Cameroni (1). Però il governo esercitava su gli esuli una accurata sorveglianza, massime su quelli da cui poteva sospettarsi incitamento ad agitazioni, e molti ne arrestò e ne espulse. VII. Attirati da la dolcezza del clima e da la bellezza del paese avevano stabilita la loro dimora in Nizza il marchese di Torrearsa (2), Michele Primicerio calabrese, vecchio liberale, compromesso politico fin dal 1842, Filippo Abignenti, Rosario G-iura,
e
anno
dopo qualche
Parigi P. E. Imbriani
(3)
di
permanenza a
e Carlo Gemelli, questi
dopo avere dimorato in Inghilterra, in Francia, nel Belgio ed in Toscana
(1)
D'Ayala
(4).
(op. cit., pag. 231).
Passò tutto
il periodo dal 1849 al 1860 prima a Paa Torino, da ultimo a Nizza (F. Beetolini, opera citata, pag. 716 Nuova Antologia del 1889).
(2)
rigi, poi
(3)
ed
il
(4)
Erano
in quell' epoca a
Nizza anche
il
Cuccchiari
Cialdinl (Carbano, opera citata, pag. 229).
GuARDiONE, Carlo Gemelli,
314
La
cittadinanza nizzarda e le autorità locali
si
mostravano assai benevole a gli esuli, ed il consiglio comunale della città, per aiutare i più bisognosi tra essi, istituì a loro favore, con deliberazione del 22 giugno 1850, un comitato di soccorso (1) diretto da l'Abignenti, il quale non solo distribuiva sussidi a i più miseri, ma procurava l'imbarco gratuito
Genova su
per
coloro che volessero
voro
i
piroscafi
postali
recarsi colà in cerca
di
a la-
(2).
Quei pochi esuli vivevano affratellati tra loro. Purtroppo il piccolo numero si andò diradando Periva l'il luglio 1850 il Primicerio, che godeva grande e meritata autorità per l'antico ed illibato patriottismo. I suoi compagni, tra i quali l'Imbriani, Michele Amari, che aveva lasciato da poco Parigi,
Antonio Mordini, Felice Orsini accorsero a rendergli l'estremo tributo di affetto (3). Nel settembre successivo lo seguiva nel sepolcro l'altro esule napoletano Rosario Giura (4), anche egli vivamente rimpianto da i suoi compagni.
(1)
CoMANDiNi, opera citata, 22 giugno 1850
di Stato di Napoli, atti del consolato
di
— Archivio
Genova,
affari
diversi fascio 2645. (2)
Nei manoscritti della biblioteca nazionale di Roma dell' Abignenti relative a l'incarico
trovansi molte lettere
da lui tenuto. (3)
CoMANDiNi, opera citata, 11 luglio 1850.
(4)
Archivio
morto nel
1858,
id., ivi, fase.
ma
sole napoletano.
2646. Il
D'Ayala dice
il
Giura
ritengo più sicura la notizia del con-
315
Nel maggio del 1852 si stabilirono a Nizza Girolamo UUoa, Damiano Assanti e Gugliemo Pepe (1). Quest'ultimo avea lasciato Parigi per non tropresente
varsi
Napoleone della
sore in
III,
a
feste
le
coglieva fraternamente
Da
incoronazione di
Francia.
in
libertà
una bellissima
fìtto
dell'
che egli considerava come oppres-
i
Pepe prese
Il
ed
villa
ivi
spesso ac-
compagni
suoi
di esilio.
D'Ayala nel 1852 " Io scorro giorni, la cui tristezza non è punto mitigata dalla dilettevole villa che abito la quale non mi fa punto essa scriveva al
dimenticare
le
:
sventure patrie,
e la perdita del solo fratello a
numerosa famiglia: scevate
Un
l'esilio
me
lunghissimo
rimasto di tanta
e quale fratello voi
il
cono-
„ (2),
altro lutto raccolse gli emigrati politici. Il
19 marzo 1852 moriva in Nizza Rosa Raimondi madre di Giuseppe Garibaldi. Gli esuli residenti nella città, intervennero
esequie nelle quali
"
perseguitati di ogni
tennero
uno
i
(1)
modeste
feretro
francese,
quattro
i
l'eroe,
emigrati,
uno russo ed uno po-
(3).
,,
Vili. scritti
uno
a le
paese d'Europa verso
cordoni del
italiano,
lacco
tutti
a significare l'affetto di tutti
Genova aveva
delle
due
Sicilie
potenti attrattive su
per
D'Ayala, Memorie, pag. 213
le
facili e
i
pro-
continue
— Carrano, opera citata,
pag. 229. (2) il
D' Ayala, Memorie, pag. 265. Allude a suo
gen. Florestano Pepe. (3)
CoMANDiNi, opera citata, 19
marzo
1852.
frt%tello
316 relazioni con Napoli e per
il
fascino che
mediante esercitava
i
piroscafi, postali
su gli
spiriti
più
vivaci ed arditi con le sue antiche tradizioni re-
pubblicane e come patria di Griuseppe Mazzini Presero dimora in Genova
i
(1).
reduci della difesa di
Roma
fra cui Carlo Pisacane, Q-io vanni Nicotera, Vincenzo Carbonelli, Rosalino Pilo, i tre Romeo, Francesco Stocco, Luigi Miceli, Federico Torre,
Patella, Leonino Vinciprova, Domenico Mauro, Antonio Greco. A questa prima schiera segui un gruppo dei tra gli altri, come ho già profughi da Venezia accennato, il Cosenz, Camillo Boldoni, Francesco Carrano, Giuseppe Virgilii, Carlo Mezzacapo che visse in Genova tre anni e mezzo con suo fratello Luigi con il quale pubblicava la Biblioteca mili'
Filippo
:
tare (2).
Nei
tristi
Genova piti
da
in i
anni, che volsero di poi, affluirono a gran numero i liberali napoletani col-
processi
iniziati
dal governo borbonico
avvenimenti del 15 maggio, massime gli ex deputati al Parlamento sottoscrittori della famosa per
gli
protesta Mancini. Tra costoro Francesco Mazziotti
Accennano a questa preferenza per Genova il Cail Loero nella bella conferenza « Gli emigrati politici in Genova » (2) Carlo Mezzacapo da Venezia era andato a Genova per via di terra e colà chiamò suo fratello Luigi rifugiatosi a Malta dopo la capitolazione di Roma. I due (1)
dolini nelle Memorie, ed
—
nei primi del 18B3 a Torino. Ferrarklli G., Il gen. Luigi Mezzacapo ed i suoi tempi. Pesci Ugo, II gen. Carlo Mezzacapo ed il suo tempo.
fratelli si stabilirono
—
317
V Ariel,
da Napoli insieme con Michele Primi1849 su la nave da guerra era andato prima a Malta ove gli fu in-
giunto
lo
che, fuggito cerio
il
10 ottobre
Un
sfratto.
De
Dominicis, aveva
rato
(1),
ex deputato Ulisse
altro
come ho
potuto,
mettersi in salvo
il
già nar-
18 maggio del 1850
Malta insieme con Griuseppe Verdoliva di Rutino ed il suo domestico Pasquale Feola. Chiein
sero al console generale di Napoli
per Marsiglia; che
loro
petute
ma
mentre
stico,
il
ottennero
De
di
ri-
(2).
Nel
approdare a
G-e-
del governo inglese
Dominicis
col suo
dome-
Verdoliva andò a
stabilirsi
a To-
nova, ove restò rino
successivo in seguito a
nell'agosto
rimostranze
corso del viaggio
un passaporto
console non lo concedette
il
il
(3).
In Genova presero pure stanza scritti della
provincia di
Salerno,
altri
tre
Enrico
brini, già segretario di quell'Intendenza,
il
pro-
Mamquale,
come ho raccontato in altro scritto (4), si era gravemente compromesso in quell'ufficio, Giovanni Carducci, fratello di Costabile
ucciso ad Acqua-
5o.
(1)
Capitolo
(2)
Archivio di Napoli,
scio 313, n. 7352, lettera
carte
dal
1848 al
del ministero degli
1850;
fa-
esteri del
15 giugno 1852. (3)
Verdoliva ottenne
(4)
Carducci, voi,
I,
il
cap.
rimpatrio 3.
Il
il
25 gennaio L860.
Mambrini era a Genov*
giugno 1852. Nel febbraio del 1865 ottenne di tornare in Napoli, ove esercitò l'avvocatura sempre però fin dal
vigilato da la polizia.
318
fredda,
Filippo Vitagliano di Cicerale,
capi della rivolta del Cilento nel luglio
uno dei 1848 (1),
Francesco Curzio e, qualche anno dopo, i germani Francesco Paolo e Michele Del Mastro di Ortodonico. Raffaele Conforti, l'eloquente avvocato salerniministro
tano,
dell'interno
nel
1848, era
pochi mesi dopo uscito dal governo,
stato
costretto a
un mandato di arresto spePer mezzo del ministro francese in Napoli aveva ottenuto, insieme con il Mancini, il Pisanelli, il duca di San Donato ed rifugio su V Ariel altri co inpromessi politici, un ove si imbarcò vestito da marinaio. In Genova attese qualche anno a studi di filosofia e di diritto e vi fondò una Accademia di filosofia italica che si riunì la prima volta il 5 gennaio 1851. Una sua conferenza sul migliore ordinamento del nascondersi stante
dito a suo danno.
lavoro nei ricoveri di beneficenza destò
generale della cittadinanza
Una
il
plauso
(2).
emozione penetrò l'animo degli emigrati d'ogni parte d'Italia, specialmente del regno delle Due Sicilie, la mattina del 17 luglio 1850 lieta
quando si seppe l'arrivo nel porto di Genova della nave da guerra francese ò'olon che aveva a bordo Francesco Angherà, fuggito miracolosamente da
(1)
Mori in Genova
il
1856.
Luigi Conforti, Ricordi ed arriìighe celebri di RafDe Gobkenatis Anoelo, Ricordi faele Conforti^ pag. 99 (2)
;
biografici, pag. 315.
319
Andarono
le carceri
della Vicaria
salutare
valoroso, che aveva combattuto nei moti
il
di Calabria del
(1).
in folla a
1848 ed era stato arrestato con
i
capi della spedizione sicula da la fregata napole-
Lo
tana
Stromboli
acque
nelle
autorevoli esuli a Q-enova, tra
Casimiro
De
permesso
di sbarco
per
e
trovava a Genova,
si
il
profugo.
ringraziamenti degli intercessori
nobilmente
più
Conforti
il
Lieto, ottennero dal Galvagno, mi-
nistro dell'interno, che allora il
di Corfù. I
cui
" il
il
A
i
caldi
ministro rispose
governo sardo non ha mai ne-
gato ospitalità a coloro che, avendo propugnato la
causa della libertà italiana, vengono in questa
terra a chiedere asilo e che tale ospitalità era dal
governo considerata un dovere „ (2). L'Angherà andò poi a Torino e Malta, ove visse con suo zio arciprete Domenico Angherà, antico liberale.
A
i
numerosi emigrati residenti a Genova
aggiunsero
dipoi
varii
altri,
che
gli
si
avveni-
avevano costretto a cambiare Tra essi i due fratelli Emerico e Michele Amari, il marchese di Torrearsa, Stanislao Cannizzaro, Salvatore Calvino, Bonaventura Mazzarella
menti di Francia cielo.
e molti altri.
(1) L'Angherà ha narrato egli stesso il sorprendente avvenimento in un opuscolo intitolato Fuga dalle prigioni di Napoli di Francesco Angherà, Genova, tip. Mo:
retti,
MDCCCLXII.
(2) Ivi,
pag. 44. L'Angherà fu poi condannato a morte
in contumacia
da
la
nel 5 febbraio 1852.
Gran Corte
speciale di Catanzaro
320
emigrati a G-enova vivevano quasi tutti con La comune lavoro, per lo più in modesti uffici. G-li
il
affratelli sventura, l'affetto a la patria lontana di lutto, circostanza ogni In lavano profondamente.
di
patriottiche, di importanti no-
commemorazioni
avvenimenti domestici si parte riunivano come una sola famiglia. Presero agosto del 1852 in grandissimo numero, nel 10 Mazzini (1) e nel di del a le esequie della madre con la andarono morti de l'anno successivo
tizie del
regno, di
lieti
dei
operaia e con moltissimi cittadini genoper commemovesi al camposanto di Stagliene natali al primo rare la donna che aveva dato i nazionale. apostolo dell'unità in Genova. Nell'estate del 1854 il colera penetrò società
un'associazione Gli esuli pensarono di costituire dettero l'incarico loro per assistere i malati e
tra
Giacomo Medici, Oreste Regnoli e circolare ai Filippo Caucci Melara i quali in una " Ohi fra noi ha cuore, loro compagni scrissero può non concorrere in questi gravi momenti non di formarla a
:
persona o con i mezzi pecuai nuovi patimenti niari a recar sollievo e conforto a molti dei compagni, nostri che minacciano i assidua vostra la e medici quali, oltre i soccorsi di genere altro è pur uopo recare
operosamente o con
la
assistenza,
soccorso mercè cui
cura ed
(1)
al
vitto
possa
provvedersi
durante la malattia
alla
loro
e la con-
consolato di Archivio di Napoli, ministero esteri,
Genova,
aflPari
diversi, fascio 2646.
321
mancherà
Niuno fra noi, avvez25Ì già al soffrire, in uno o in altro modo e secondo le
sue
al
valescenza.
forze
aderi
suo debito
giorno stesso,
il
Q-iuseppe
Medici,
A
„.
questa iniziativa
con una breve lettera
Garibaldi,
in
allora
Parecchi medici emigrati, tra cui
Bertani,
il
al
Genova. il
Modena, il Pasquali di Ancona, il Giglioli Carbonelli di Bari, Giuseppe La Loggia di Palermo, il Rossi di Parma e il Sacchi di Mantova di
dettero gratuitamente l'opera loro Il
buon successo
raggiò
di
(1).
questa associazione inco-
gli esuli a costituirne un'altra
che
tra essi
venne chiamata
la
permanente
solidarietà
nel
Aveva per scopo principale l'assistenza ed mutuo soccorso tra i soci ed anche a prò di
bene. il
estranei. L'associazione
nenti,
tra
cui
i
ebbe centoventi compo-
napoletani
Miceli,
Carbonelli,
Guglielmo Cenni, Camillo Boldoni, il Cosenz, il Mazziotti, il Pisacane, Licurgo Cavallo, il barone Giacomo Coppola, Francesco De Blasiis, Francesco Carrano, Casimiro De Lieto, Gaetano Giardini, Antonio Greco, Carlo Mileti, Bonaventura Mazzarella, Lorenzo Montemavor, Pietro Romeo, Federico Salomone, Giuseppe Virgilio, Francesco Curzio, i siciliani Vincenzo Cianciolo, Giuseppe Natoli,
i
fratelli
Luigi, Paolo,
Salvatore e Giu-
seppe Orlando, Salvatore Calvino, Achille Campo,
Gaetano La Loggia, Vincenzo Natoli, Rosalino
(1)
LoERO Attili, Gli emigrati
politici in
logna, Zanichelli, 1911, pag. 11 e seguenti. 21
Genova. Bo-
322
Pilo
L'associazione possedeva un gabinetto di
(1).
con molti
lettura
giornali
IX.
libri
ed
oltre
un centinaio
di
(2).
A
Torino dimoravano moltissimi emigrati,
d'ogni parte
di "
meridionali.
D'Ayala,
"
Il
Italia,
tra
numero
i
quali più di cento
degli esuli,
„
scrive
il
cresceva ogni giorno perchè ne veni-
vano di Francia, di Toscana, di Malta, quando ciascuno, a mente più serena e con mezzi migliori, ebbe agio di scegliere un domicilio, lasciando quei paesi dove il caso e il bisogno di salvezza l'avevano sbalzato „ (3). Presceglievano Torino d'ordinario gli emigrati di idee monarcbiche costituzionali. Vi era il fiore dell'ingegno e della coltura meridionale e la cittadinanza li teneva in grande conto. Il Cordova aveva una cattedra di dritto a l'università e quella di
nazionale e
poi
statistica
nel
collegio
divenne Pasquale Stanislao Mancini direttore
Il Risorgimento (4)
del
giornale
:
insegnava nell'università dritto internazionale (6), i fratelli Luigi e Carlo Mezzacapo, stabilitisi a Torino nel 1857, pubblicavano la Rivista militare e
godevano molta stima
(1) Il
di tutti (2)
nell'esercito
:
Stanislao Can-
LoKRO, nella conferenza citata pubblica i
i
nomi
soci.
Cadolini, opera citata, cap.
4».
D'Ayala, opera citata, pag. 210. (4) Il Cordova partito da Palermo, il 21 aprile 1848 approdò a Marsiglia e nel luglio si stabili a Torino (Cor(3)
dova, opera citata). (5)
corso
Con nomina il
del dicembre
1850.
Inaugurò
21 gennaio 1851 (Comandini, opera citata).
il
suo
323
nizzaro destava viva ammirazione con l'insegna-
mento
della chimica (1)
1853,
il
:
Antonio Scialoia ebbe
con
Cavour,
dal conte di
decreto del 30 luglio
posto di consultore legale nel catasto
(2).
chiamato da Pisa ad inse-
Raffaele Piria venne
gnare nell'università di Torino ed ivi si trasferi con la moglie e con il fratello di lei Enrico Cosenz (3). Carlo Gremelli, dopo aver fatto per qualche tempo il maestro elementare in Torino, fu mandato a premura del Cordova, ad insegnare storia nel collegio nazionale di Ivrea e vi
parecchi
anni
(4).
Angelo
Camillo
rimase
Meis,
che
aveva dovuto ridursi nei primi tempi a fare
il
ripetitore nel collegio delle provinole, fu poi no-
minato professore nello stesso collegio e vi restò fino al 1860 (5). Francesco Campo era maestro nelle scuole di Alessandria (6), Francesco Giordano di Lustra in provincia di Salerno, esercitava la professione di ingegnere e compilò il progetto
(1)
Cordova, libro
(2)
Lo
per 15
il
citato,
collegio
di
Trino
;
pag. 89.
23 agosto 18B3 deputato l'elezione fu annullata il stante l'ufficio che occupava.
Scialoia fu eletto
il
ma
novembre successivo novembre
{Atti parlamentari, 15 (3)
GuARDioNE,
n
1853).
gen. Enrico Cosenz, pag. 27.
Il
Coaenz
era stato prima a Genova. (4)
GuAEDioNE, Carlo Gemelli, Verona, Kaiser 1881.
Amante, Un magistrato, un ministro, un professore, Il De Meis era fuggito a Genova su la nave inglese Oberon. Fece a Torino il ripetitore, a Parigi il reporter di un giornale. Tornò a Torino nel 1853. (6) Marietta Campo, Vita politica della famiglia Campo dal 1848 al 1860. (5)
pag. 68.
324
da G-enova a Pisa.
della ferrovia litoranea
Q-iu
seppe Pisanelli faceva con gran successo l'avvocato
Mandoi Albanese insegnava ma
ring. Francesco
tematiche neiruniversità.
Dimoravano
a Torino gli esuli
altresì
siciliani
Francesco Ferrara insigne economista che fu poi ministro dello finanze nel regno d'Italia, Q-iacinto Carini, che prese parte a la spedizione dei mille,
Giuseppe Natoli, G-iuseppe La Farina, i napoletani Bertrando Spaventa, Ernesto Del Mercato, Filippo Argentino, Giuseppe Massari, Luigi e
Piersilvestro Leopardi, Aurelio Saliceti, Federico
Torre, Ruggiero Bonghi,
cesco
De
fratelli Plutino,
Fran-
Sanctis, Pasquale Scura, Salvatore
Tom-
i
masi, Antonio Ciccone, Cesare Oliva e molto più tardi, nell'aprile del 1860,
Diomede Marvasi. Teneva il primo posto letana
Mancini che,
il
Gennaro De Filippo e
nell'
emigrazione
oltre
a
attendeva a l'esercizio forense ed a zione, insieme con
magistrale
Per
commento
nariamente
il
eloquenza e
pubblica-
]a
Pisanelli e lo Scialoia, del
il
procedura sardo.
al codice di
era chiamato ordi-
cause più importanti
le
Mancini che brillava per la
napo-
l'insegnamento,
mirabile
dottrina.
A
la le
grande sue ar-
ringhe accorreva numeroso uditorio di colleghi, di
amici, di cittadini
potente
pienza
oratore e
generoso
e
l'
sovratutto gli
desiderosi
di
ascoltare
La
il
eminente
giurista.
l'infinita
bontà
dell'animo
più vive
simpatie e
conciliavano
le
sa-
tenaci amicizie nella parte più eletta della citta-
dinanza.
325
La
sua casa al primo piano del palazzo Molines
in via Doragrossa era aperta a tutti, specialmente
a gli esuli che solevano spesso la sera raccogliersi intorno a e
Si cantavano canzonette napoletane
lui.
conversava di
si
arte, di letteratura, e
tutto di politica. Egli prestava a esilio,
suoi
i
(1), lo Scura,
il
la
sua casa
quale,
ho narrato
patite sventure, che
Mandoi Albanese,
fessore a Zurigo,
il
il
De Sanctis,
Saliceti,
il
i
fratelli
nonostante
in altro scritto
mostravasi sempre ilare e vivace
(3), il
le (2),
Leopardi,
che poi andò pro-
Torre,
il
Massari,
Bonghi, giunto a Torino nel dicembre del 1850 i
di
larghi guadagni della professione,
più bisognosi. Frequentavano
Mezzacapo
il
compagni
con completo disinteresse, l'opera propria, e
sovveniva con i
i
sopra
il
(4),
fratelli Fiutino. Il
17 luglio 1852 Raffaele
Genova,
si
stabilì
settembre, chiese ed
a Fesercizio
(1)
dell'
Abitavano
Mancini.
«
La
ottenne di
avvocatura
al terzo
sera
»
Conforti, lasciando
a Torino, e colà, nel successivo
(5).
essere
abilitato
Istituitasi
una
piano dello stesso palazzo del il Pesci « scendevano abitual-
scrive
mente
in casa Mancini e talvolta, mentre nella vasta sala cantavano le canzonette napoletane, in un angolo della sala da pranzo Giuseppe Pisauelli, il Cosenz ed il Mezzacapo discutevano con altri di politica e sostenevano la necessità di una lega nazionale per combattere il Mazzini ed i repubblicani » (Pesci, opera citata, pag. 55). si
(2)
Carducci^ voi.
2»,
cap, 3°.
Grazia Pierantoni Mancini, Impressioni e ricordi. (4) Lettera del Gioberti a Massari del 14 dicembre 18B0 (Massari, opera citata, pag. 480). (3)
(5)
CoNFOETi, libro citato, pag. 103.
326 di mutuo soccorso fra gli emigrati, ne divenne il presidente (1). Il 4 novembre del 1852 parlò eloquentemente in una solenne commemo-
società
razione dei
della libertà italiana tenuta
martiri
nel camposanto di Torino.
Nello stesso anno prendeva dimora a Torino Mariano d'Ayala che era stato dapprima a G-e-
nova.
Il
Canofari ministro napoletano
a
Torino
comunicava al suo governo, con nota del 14 settembre 1852, l'arrivo del d'Ayala soggiungendo: " è stato festevolmente accolto da i suoi compagni e si è stabilito qui per iniziare in novembre un corso di matematiche, storia e geografia militare d'Italia,,
(2).
Riparò parimenti a Torino Griuseppe Del Re anche egli deputato al parlamento napoletano e lo
raggiunse colà nel settembre 1856,
Vittoria,
vedova
rella,
anno
il
le
infliggeva la polizia.
seguito da la so-
Del Re,
andò a Pinerolo a dirigere
Specola delle Alpi
(1)
sorella
di Costabile Carducci, stanca delle
continue vessazioni che Nello stesso
la
il
giornale
"
La
„ (3).
Archivio di Napoli,
ministero esteri, espulsi,
fa-
scio 3842. (2)
Archivio di Napoli, ministero esteri, affari diversi,
consolato di Genova, fascio 2646.
ministero esteri, espulsi, faDel Re venne eletto deputato dal collegio di Gioia del Colle. La Camera annullò l'elezione nella seduta del 10 aprile 1861 perchè l'eletto era allora direttore della stamperia reale in Napoli. Il Massari, che riferi su l'elezione, disse « l'eletto è uno dei (3)
Archivio di Napoli,
scio 3867.
Nel 1860
il
:
.
327
La
novembre 1852 giungeva da
sera del 18
Parigi a Torino la salma
Vincenzo
di
Q-ioberti
che venne esposta per tre giorni nella chiesa di
A
S. Pietro in Vincoli.
i
solenni
funerali di lui
23 novembre nella chiesa del Corpus Domini, soltanto civili non avendo voluto prendervi parte il
il
clero,
intervennero
in Torino,
il
emigrati residenti
tutti gli
conte di Cavour presidente del conmolti
siglio
dei ministri,
delle
due Camere, senatori
denti dell'università. Parlò
ministri,
il
presidenti
i
e deputati e gli stu-
sindaco di Torino
Altra casa di fraterni ritrovi per
gli
esuli
(1).
era
quella di Griacomo Tofano stabilitosi a Torino nel
Uno
febbraio del 1853. fettuosi ospitale
ha
scritto
del
:
"
dei suoi
compagni più
af-
Quasi ogni sera nella casa
Tofano convenivano
il
d'Ayala, e gli
amici Pisanelli, Conforti, Ciccone, Trincherà, Del
Re, Tommasi,
De
Meis,
Imbriani, San Donato,
Leopardi, Mandoi, Federico Torre, Marvasi, Giu-
seppe Moccia, Bertrando Spaventa. Era una miglia
sola.
Appena giungeva una
Napoli, uno correva a farla leggere
aspettava sempre e di
si
1'
lettera
fa-
da
alFaltro. Si
annunzio di una rivoluzione
fremeva, lamentando l'ignavia: mentre quei
Napoli palesavano
le difficoltà
di
una
solle-
più chiari letterati e dei più distinti patrioti di Napoli Il
Del Ee mori in Firenze
il
commemorarono degnamente a la Ricciardi. Vittoria Del Re mori
il
»
novembre 1866. Lo Camera il Massari ed
di 11
in Napoli
il
29 ago-
sto 1863. (1)
Comandini, 23 novembre 1852.
biografico di V. Gioberti.
Massari, Carteggio
328
vazione, l'indifferenza del popolo, la potenza della forza, e
i
pericoli della
meno
più o
ma
poveri,
rispetto maggiori che lire all'anno e si
non
riuscita. Tutti
fra essi
nei
erano
regnava amore e
giorni delle ventimila
aiutavano a vicenda senza invidia.
Se c'era un malato, De Meis, Tommasi e Ciccone correvano ad assisterlo amorosamente: se un bambino aveva bisogno di maestri,
D' Ayala,
Re,
Trincherà,
De
Sanctis,
E
Rosei, Torre erano pronti a fargli lezione. giorni di festa,
quando ed
come
quelli di
Pasqua
al chiasso
ed a
l'aiTuffio di
il
il
nei
Ceppo,
e del
facevano più vivi e pungenti
desiderio della patria lontana e
il
correva alla
si
Del
Spaventa,
Bertrando
ricordo
pensiero
Toledo, accanto
pace inalterata delle vie di Torino,
i
medesimi
amici erano invitati alla mensa di quella santa e nobile
donna che fu Angiola Tofano,
a via di stenti e di fatiche voleva i
cibi preferiti nel
fraterno convegno celebrare le nuove
paese nativo. si
la
quale
imbandire loro
Ed
ogni volta
il
scioglieva con l'augurio di
feste nella patria risorta „
(1).
Mirabile per generosità ed abnegazione era so-
De Meis. Giustamente l'Amante che " a Torino dove il De Meis visse dal 1853 al 1860, non vi fu un emigrato infermo al quale egli non prestasse il soccorso della scienza medica, come non vi fu pure un bisognoso di aiuto al quale egli non aprisse la sua vratutto l'opera di Camillo
ha
scritto
borsa
(1) (2)
„ (2).
D'Ayala, op. cit, pag. 229. Amante, libro citato, pag. 68.
329
Un
triste
pensiero accorava gli esuli:
di morire lontani dal proprio paese.
che
si
verificava tra essi
sentiva da tutti
come un
o
quello
Ogni perdita,
nei loro congiunti,
si
lutto di famiglia. Col do-
premurosi a le estreme ne ricordavano con pa-
lore nell'animo accorrevano
onoranze a
gli estinti e
rola reverente e tra
gli
loroso
altri
commossa
le virtù.
Cosi avvenne
per Raffaele Poerio V antico e va-
patriota
morto nel 19 novembre 1853 di
apoplessia (1) e per Vincenzo D'Errico, insigne av-
vocato di Potenza che aveva avuto
tanta
parte
negli avvenimenti della sua provincia nel 1848, e
che soccombè a Torino nel 1855.
E non
omette-
vano di intervenire a commemorazioni patriottiche ed anche di promuoverle come fecero nel 27 giugno del 1850 per il colonnello Cesare Rossaroll morto nella difesa di Venezia (2). Parve agli esuli italiani in Torino di aver perduto un padre quando la sera del 8 agosto 1855 morì nella villa Radicati presso Moncalieri il generale Q-uglielrao Pepe che aveva combattuto al ponte de la Maddalena nel 1799 contro le masse del cardinale Ruffo, capitanato la rivoluzione del
1820 e
Venezia nel 1849.
la difesa di
Il
venerando, che personificava nobilmente episodi del
Nizza per
S.
i
vecchio più belli
aveva lasciato giugno 1854. Colpito da
patriottismo italiano,
Torino
il
7
(1)
CoMANDiNi, opera citata, detto giorno.
(2)
La commemorazioue ebbe luogo
Francesco in Torino.
neìla
chiesa
di
830
senza un istante di riposo
Lo
renze.
gravemente infermo
mesi
idropisia fu per varii
tra
persistenti
amorosamente
assistevano
soffe-
moglie
la
Anna Cowentry
gentildonna scozzese da lui coLondra nel 1822, Enrico Cosenz, il nipote Damiano Assanti suoi compagni nella diin
nosciuta,
fesa di Venezia
(1).
veterano ispirava una profonda am-
Il glorioso
mirazione nella Corte piemontese, nella cittadi-
nanza
Torino e nei suoi compagni di
di
AllorchĂŠ ne
i
esilio.
primi di novembre del 1849 egli era
passato per Torino con
i
reduci di Venezia
il
re
Carlo Alberto aveva voluto vederlo e lo aveva accolto
zione Il
affettuosamente
e
grande
con
(2).
giorno 11 ebbero luogo
diresse per la via della Posta
La salma
corteo
le esequie. Il
funebre, partendo dalla chiesa della si
commo-
Madre
al
di Dio,
camposanto.
fu deposta accanto a quella del Grioberti.
Parlarono Emanuele Arago,
il
Carlo Boggio, Tlmbriani,
De
il
D'Ayala, Favv. Pier Sanctis. Interven-
nero ministri, senatori, deputati, tutti napoletani e
siciliani,
gli
esuli
moltissimi di altre provincie,
Cabrano, Vita di G. Pepe, pag. 236. Il Carrano coloro che assistevano l' infermo, un Oliva che pure era stato in quella difesa ed il gen. Teodoro Lechi. (2) Il colloquio avvenne il 2 novembre 1849. Ă&#x2C6; raccon(1) Il
cita, tra
tato da Filippo Cordova
in
una
lettera al nipote Vin-
cenzo (Vincenzo Cordova, Bicordi della vita di Filippo Cordova, pag. 65, e dal Massari nella Vita di V. E., voi. l", pag. 125.
331
più di cinquecento guardie nazionali e gran nu-
mero
di cittadini
Verso
la
(1).
metà del gennaio 1859
i
giornali na-
poletani riportarono la notizia del decreto, con cui
Ferdinando II aveva commutata la pena dei ferri in quella dell'esilio al Poerio ed a molti condannati Si seppe successivamente,
politici.
stati
che
erano
essi
imbarcati per Cadice per andare quindi negli
Stati Uniti
d'America. Trepidavano
gli
esuli al
pensiero che tanti uomini generosi, logori da la prigionia di
un decennio, avanzati di una
di età
non po-
cosi
lunga e
tessero resistere al disagio
traversata
faticosa
impazienza
a
notizie
quando d'improvviso in Irlanda, le
si
attendevano con
Si
vela.
dello
sbarco
conobbe
a
New York -
loro
il
accoglienze colà ricevute, le
liete
grandi feste preparate a Londra per tarono
i
proscritti
approdo
per
le
nobili
Esul-
essi.
onoranze
rese
a quelli sventurati, per la generosa ospitalità del
popolo inglese conferma della profonda simpatia di esso verso la causa italiana.
Si desiderava
il
loro
pronto ritorno in
Italia,
specialmente di Carlo Poerio noto più di tutti per per
le illustri tradizioni familiari,
torità che
godeva
tra
contegno tenuto tra
i
la
grande au-
suoi compagni, per l'eroico
i
ferri.
Ma
il
conte di Cavour
scriveva nel marzo del 1859 ad Antonio Scialoia
(1)
Opinione dell'll agosto 1855,
La Farina, Carrano, OnoD'Ayala, Memorie,
n. 219. -
Epistolario, lettera del 16 agosto 1855.
ranze funebri a Guglielmo Pepe. pag. 279.
-
:
-
332 "
Quantunque vivo
dere
il
lustre Poerio e dei suoi
che
me
sia in
desiderio di ve-
il
nostro paese onorato dalla presenza
compagni
possano ora molto più giovare
essi
dell'il-
di sventura credo
causa
alla
nostra rimanendo in Inghilterra che recandosi in
Piemonte. Possono colà molto
influire sulla
blica opinione, sia che la guerra
diatamente,
sia
un congresso
che
„ (1).
si
Lo
si
pub-
rompa imme-
abbia a subire la fase di Scialoia
si
affrettò a
comu-
nicare questa lettera al Poerio ed a rivolgergli la
preghiera a
nome
moria su
condizioni del regno di Napoli per
le
Cavour
del
presentarla al Congresso
a
(2).
di redigere
Poerio, aderendo
Il
l'invito dell'eminente statista, si trattenne
tempo a Londra ove ebbe col
Russel e con
i
una me-
qualche
colloqui col Grladstone,
principali
uomini di Stato
in-
glesi (1).
Intanto
partivano
i
compagni del Poerio a volta
alla
gevano a Torino
ove
Torino
di
più festose accoglienze.
piccoli
gruppi
ebbero
le
giorno 16 aprile ne giun-
Il
diciotto.
A
l'annunzio
del loro
andavano a riceverli con animo commosso da ammirazione e da affetto fraterno i giornali piemontesi volgevano ad essi un reverente arrivo
gli
esuli
:
Torino
saluto, la cittadinanza di
ogni rincontro.
Il
li
festeggiava in
giornale L'Opinione del 23 aprile
indicava come giunti a Torino trentadue di quei deportati e ne indicava
i
nomi: Aletta, Bagnato
(1)
Chiala, Lettere di Cavour, voi.
(2)
De Cksare C, La
Scialoia, pag. 100.
vita, i
tempi
3»,
e le
pag. 60 e 51.
opere di Antonio
333
Giuseppe, Bellantonio, Bianchi, Bozzelli, Castromediano, Crispino, Cuzzocrea, De Gerolamo, De Simone, Dono, Esposito, Dardano, Filace, Mascolo, Mauro, Mazzeo, Mollica, Montano, Notaro, Luigi
Palumbo, Piccolo, Porcaro, Procenzano, Rocco, Salsa, Serino, Surace, Travia, altri
Si
Riccio,
Tripepi. Gli
giunsero successivamente. era
l'Austria.
negli
allora a la vigilia della guerra con Vibravano nella popolazione torinese e
esuli
un
altissimo
simpatia verso
i
massime verso dolori. Il
una fede una fraterna
entusiasmo,
incrollabile nei destini della guerra,
proscritti delie altre regioni italiane i
nuovi venuti simbolo dei comuni suoi compagni di sventura i
Poerio ed
sentivano finalmente, dopo tanti anni di carcere e
di
galera
tra
volgari malfattori, la gioia
essere alfine in terra italiana e
libera
ove
di
tutti
palpitavano per la nobile causa cui essi avevano consacrata la vita. Luigi Settembrini uno dei più illustri
compagni del Poerio con
la
sua forma sem-
plice e schietta scriveva in quei giorni:
mi piace, è mi batte più cuore
è bella e il
(1)
"
Torino
terra d'Italia, io sento che forte e più libero
Settembrini, Scritti inediti.
(1).
CAPITOLO XV. Gli esuli napoletani e gli
Sommario.
—
La
avvenimenti
politici.
del moto di Milano del grande impressione negli esuli molti liberali dal Mazzini - Arresto ed
I.
notizia
6 febbraio 1853 desta
- Distacco di
—
nel Piemonte. con Luciano Murat Idea di una restaurazione murattista - L'opuscolo del Saliceti in favore di essa - Dichiarazione di Daniele Manin - Lettera del Murat al Times - Protesta di molti esuli delle Due Sicilie - Pubblicazione di Francesco Trincherà - Risposta del La Farina, e del De Sanctis - Silenzio di molti altri esuli - Erronea interpretazione di questo - Colloquio del La Farina con Cavour - Contegno del grande statista piemontese Dichiarazioni del Poerio, dello Spaventa e dei loro III. Prime compagni di galera contro il murattismo. notizie del moto siciliano promosso dal Bentivegna e dell'attentato di Agesilao Milano - Coniazione di una medaglia in onore di entrambi - Carmi di Del Re, di Laura Beatrice Oliva e dell'Imbriani in onore del Milano - Processi per apologia del regicidio. IV. Lettera del Manin favorevole a la dinastia di Savoia - La parte liberale e gli esuli si raccolgono intorno al programma del Manin - La Farina pub-
espulsione
II.
di
emigrati
Relazioni di alcuni
politici
esuli
—
—
il Piccolo Corriere cVItalia - Il giornale L^Indipendente - Adesione del La Farina al programma
blica
335
Manin
del
-
Fondazione della Società nazionale -
Molti esuli si ascrivono ad essa - Lettera del Cosenz - L'adesione di Garibaldi - Costituzione del comitato centrale e dei comitati provinciali - Estese relazioni
propaganda continua.
della Società e sua
—
V. Agi-
Napoli - Preparativi in Genova per una spedizione nel regno - Lettere del Cosenz e del Pisacane - Il Mazzini in Genova - Dissensi tra gli esuli
tazioni in
la spedizione - Giovanni Nicotera - Partenza della spedizione - Moti in Livorno ed in Genova - Notizia
su
dei disastri di Padula e di Sanza - Arresto ed espul-
sione di mazziniani - Protesta VI. Entusiasmo per la
degli
altri
esuli.
reale del 1859
discorso
il
e
—
per
guerra imminente - Concorso
cito e nei cacciatori
per
il
contegno
di
di giovani nell'eserAlpi - Dolore degli esuli
delle
Napoli -
Una
lettera di G. B. Ric-
Cavour con Poerio e Scialoia - Conquesti ultimi con il conte di Salmour -
cio - Colloquio di
ferenza di
Dissensi tra gli esuli - Manifestazione di quelli residenti in Toscana - Invito ad una adunanza in Torino -
Dichiarazioni del Poerio, dello Scialoia e di altri emigrati - La fine
Deliberazioni dell'adunanza degli
—
VII. Tenace lavorio degli emiLuigi Parente, grati per destare la rivolta nel mezzogiorno - Doloroso di
degli esuli
delusioni
-
Rapporti del console napole-
tano a Genova - Pratiche del ministro napoletano a Parigi presso il governo francese - Gli emigrati meridionali insistono per l' insurrezione delle loro Provincie di
Moto
aiutare
il
Palermo
comitato danaro per moto siciliano - Riunione degli esuli a Todel 4 aprile in
emigrazione a Genova
- Si
-
Il
raccoglie
Preparativi per una spedizione in Sicilia Vi prendono parte molti esuli - Emigrati della prorino
-
vincia di Salerno tra
i
ynUle.
336
—
I.
Il
7 febbraio 1853 giunse improvvisa a
Torino ed a Genova la notizia che schiere di popolani avevano, la sera precedente in Milano, trucidato
parecchie sentinelle austriache, assalita la
gran guardia ed eretto barricate in varie strade. I profughi lombardi
si
apprestavano a correre in milanese quando
soccorso della rivolta
si
seppe
Radetsky l'aveva prontamente domata, messo stato di assedio la città e mandato al patibolo
che in
il
i più compromessi. L'avvenimento sollevò un'onda di biasimo e di invettive contro il governo austriaco per gli atti
dodici tra
crudeli compiuti e contro
i
promotori dell'audace
sommossa, destinata evidentemente, per mancanza di ogni seria preparazione e di mezzi adeguati,
nuove vittime ed altri dolori. Le ire addensavano principalmente contro il Mazzini che, per eccitare la rivolta, era andato in segreto nel dicembre precedente a Lugano e non tornò solo a creare si
a Londra che nel maggio successivo parte
gior
dei
liberali perdette
creatore della Griovine
ranze
al
Piemonte.
(1).
La mag-
ogni fede
Italia e volse le sue
Anche
fidi
rei spe.
ed
mazziniani
uomini di azione come il Bertani, il Medici, Cosenz deplorarono il temerario tentativo. "
Jbssie
(1)
Whitb Makio,
tempi, pag. 195.
Il
Mazzini,
il
Agostino Saffi, il
Bertani
e
i
il
Il
suoi
Quadrio e l'Ago-
avevano poco tempo prima diretto, a gli italiani, in del Comitato nazionale, un manifesto violentissimo, esortava a la rivolta e a la guerra a coltello. E
stini
nome che
trascritto nella Gazzetta Piemontese del 10 febbraio 1853.
337
—
Mazzini quei
fatti,
—
abbandonato, dopo scrive la Mario da molti amici apertamente e da altri
tacitamente,
continuò
per
mesto, col cuore straziato,
mai
„
più
strada,
più
risoluto
che
(1).
La stampa lanese
sua
la
ma
per
moto miPiemonte che
retriva trasse pretesto dal insolentire
contro
il
dava sicuro ricetto a tanti esuli e cospiratori. Il governo sardo usciva allora da una contesa diplomatica con la Francia e con FAustria per l'ospitalità ad essi concessa. D D'Azeglio, presidente del consiglio dei ministri, aveva fieramente scritto
marzo del 1852 a Parigi che il governo piemontese non sarebbe mai addivenuto ad una
nell'8
politica di persecuzione contro
invano
il
i
fuorusciti
(2).
Ed
conte Buoi ministro degli esteri in Austria
aveva rimproverato, con nota del 13 luglio dello stesso anno, il governo sardo per le macchinazioni degli esuli. Parve però in questa circostanza a coloro,
i
quali dirigevano la politica piemontese,
che occorresse mostrare apertamente a opinione e specialmente a
biasimo del governo per
le
i
la
pubblica
governi stranieri
il
mene mazziniane, che
alienavano a la causa nazionale
le
simpatie della
stampa liberale estera ed accreditavano, per l'uso del pugnale avvenuto nella sommossa milanese, vecchie ed odiose leggende contro il buon nome italiano. Volle il governo sardo respingere ogni
(1-2)
Bianchi
N.,
Storia della diplomazia europea in
Italia, voi. VII, pag. 97.
22
338 solidarietà con
Uno
sì
dannose agitazioni espellendo
più sospetti di favorirle
gli esuli
(1).
dei primi a subire lo sfratto fu Giovanni
Lacecilia, esule napoletano in Torino, che
pubblicato
febbraio, a
un manifesto
Milano, i
9
il
cittadini
ed anche
i
soldati piemontesi a correre (2).
febbraio vennero espulsi
e
fine paref3chi altri esuli,
tra
a Torino,
Benato
il
il
Grioli,
Pellatis,
aveva prime notizie di
incendiario con cui esortava
in soccorso degli insorti
Pietro Maestri,
le
il
il
Nello stesso mese di scortati
cui
Trenti,
Gattai,
fino
al
con-
Mauro Macchi, il il
Crispi, allora
Fortunato,
il
Altri sessantasei emigrati espulsi fu-
(3).
rono imbarcati a Genova per Nizza su la corvetta sarda S. Giovanni per andare in America (4); altri
venti con quattro donne e due bambini par-
tirono
il
maggio successivo per Malta su VEl-
1°
ed
lespont (6)
altri
ventisei
vennero condotti a
Villafranca.
(1) Il
Giornale
n. 35, dice
:
ufficiale del
regno del 10 febbraio 1853,
governo decretò quest'oggi l'immediata quei pochi emigrati che abusarono dell'o-
« il
espulsione di
spitalità ricevuta ». (2)
Lacecilia, Memorie dal
1820
al 1876. Egli si ri-
fugiò in Svizzera. (3) Arrivarono a Nizza per Villafranca.
il
21 febbraio e proseguirono
(4) Crispi, / Mille, pag. 17. Il Crispi andò a Malta, donde venne espulso nel 18 dicembre 1854; quindi a Londra, poi nel 1856 a Parigi ove fu parimenti espulso dopo l'attentato Orsini. (5)
COM andini,
opera citata,
1»
maggio
1853.
339
Continuarono in tutto l'anno
La
sfratti.
tra
primo ed
il
politici e
lafranca
(1):
(3).
operaio,
simo
arresti
Genova,
due settembre
il
mandava
li
novantasei
no 7
polizia arrestava, in
gli
e gli
notte
la
sedici emigrati
sul piroscafo Virgilio a Vil-
2 ottobre ne imprigionava
il
parecchi
(2),
Sedici di costoro,
in
Torino
gior-
appartenenti al
ceto
vennero imbarcati a Genova
piroscafo
sul
per Villafranca
Virgilio
altri
il
altri
mede(4):
il
12 ne furono espulsi molti altri in Valenza (5). Il 10 novembre il piroscafo Euridice, salpando da Genova con gli emigrati tratti in arresto nel
mese precedente ceri, raccolse
rimasti sino allora nelle car-
e
a Villafranca
altri
emigrati chiusi
nel lazzaretto, e continuò la rotta per per l'America
Nel dicembre 1854
(6).
sfrattava altri sessanta
emigrati,
Londra il
e
governo
che condotti
il
giorno 18 sul piroscafo Des Oeneys della marina regia sarda partirono per
Questi provvedimenti la parte le
liberale.
vicende
piemontese
di
La
New- York
"White Mario raccontando
quei giorni
arrestò,
(7).
esasperarono vivamente scrive
" Il
:
governo
imprigionò, sfrattò e cacciò
America con accompagnamento di infami calunnie gli uomini più insigni dell' emigrazione,
in
molti dei dei quali tivo
(1
erano astenuti
a 5) CoMANDiNi, Opera
COMANDINI, ivi. Opera citata, pag. 194.
(6-7)
(8)
si
dal
tenta-
(8).
citata,
date
corrispondenti.
340 II.
Nel corso del 1850 andava a Torino, come
ministro di Francia, Luciano Marat figlio del fucilato
Pizzo.
di
La
sua
presenza
nella capitale
piemontese suscitò negli esuli napoletani del breve
ma non
il
ricordo
inglorioso regno di Gioacchino
da esso lasciate nel mez-
e delle grandi simpatie
zogiorno d'Italia e rese più vive per la tragica fine del valoroso rie
ed
i
monarca e per
dolori che la seguirono.
varii esuli napoletani
lunghe mise-
le
Sorse allora in
idea di scuotere
l'
borbonico riponendo, per rimediare a
Murat
senti, la famiglia
i
il
giogo
mali pre-
sul trono di Napoli.
Gli avvenimenti successivi dettero colore e vita
a tale pensiero. In tutta TEuropa, massime in Inghilterra ed in Francia, le famose lettere del Glad-
stone avevano sollevato contro
governo di Na-
il
poli
una profonda indignazione, che crebbe
per
processi politici
i
continui
e
per
1'
di poi
ostinata
avversione di re Ferdinando ad ogni riforma.
La
proclamazione del secondo impero in Francia, la grande potenza che esso conquistò, la vigorosa reazione avvenuta
contro
il
francese verso
i
Borboni,
i
di Vienna nuovo imperatore
trattato
del 1815, la naturale ostilità del
rapporti affettuosi di
con i suoi congiunti Murat: tutto sembrava dover favorire il compimento di ciò che da prima era apparso come un sogno. Il 1° settembre del 1855 usci per le stampe a
lui
Parigi un opuscolo intitolato
Murat et
les
Bourbons,
il
La question
quale sosteneva
rosa convinzione dell'impossibilità,
Piemonte, di ridurre
l'Italia sotto
un
italienney "
la dolo-
da parte del solo scettro ^
341
e
quindi
per
le
la
come unica salvezza
convenienza,
provincie napoletane, di restaurare
non indicava
dei Murat. L'opuscolo l'autore
:
si
il
il
regno
nome
del-
seppe ben presto però che lo aveva re-
datto l'abruzzese Aurelio Saliceti già ministro di
1848 poi triumviro della repubblica in Roma. Narra il Nisco (1) che Napogiustizia in Napoli nel
leone
3°,
incaricò
volendo appoggiare il
suo parente Murat,
il
conte Arese di trovare un illustre napo-
letano per insegnare a
i
figli
del pretendente le
leggi, l'amministrazione e la storia delle cilie.
L' Arese ne avrebbe
scritto in
Due
Si-
Firenze al Sal-
vagnoli e questi a la baronessa Begani
la quale,
per
consiglio di Roberto Savarese ed altri esuli napoletani in Pisa, indicò
Saliceti che allora eserci-
il
tava l'umile ufficio di correttore di bozze in una tipografìa in Germania. Il barone
Giacomo Cop-
tempo in Firenze, chiamò il Toscana e lo indusse ad accettare la missione. L' ex triumviro prese dimora infatti a Parigi come istitutore dei due giovani ricusando pola, esule in quel Saliceti in
qualunque compenso per l'opera sua. L'opuscolo destò la più viva impressione nella diplomazia, nella stampa e tra gli emigrati, repu-
tandosi da tutti che esprimesse l'
veva da Parigi "
il
pensiero
imperatore francese. Giuseppe Montanelli il
(1)
(2)
al La Farina (2) Bonaparte ha spacciato
14 settembre
Tieni per sicuro che
il
delscri-
Opera citata, pag. 327. La Farina, Epistolario,
voi. l», pag. 544.
:
342 il
re di Napoli e data parola al Murat. Tutte le
segrete influenze napoleoniche saranno volte a far
prevalere
il
murattismo.
Lettere di autorevoli
„
persone da Torino a TUlloa in
vano che
Parigi
assicura-
pienamente favoal revole Murat, avesse affidato a i due proscritti napoletani Francesco Stocco, Griovanni Andrea Romeo e Luigi Mezzacapo di trattare con il
conte di Cavour,
gli agenti di lui e
che costoro avessero avuti se-
greti e ripetuti colloqui con
nevra
pretendente a Gi-
il
(1).
Sembrava a
gli esuli
cesso dell' impresa. Il
tenacemente
ostile,
La
ormai assicurato Farina,
scriveva
il
suc-
il
comunque ad
essa
16 settembre 1855
marchese di Torrearsa in Genova " So di positivo (e non credete ciò che possono dirvi in conal
:
trario)
che siamo alla vigilia di una restaurazione
murattiana a Napoli sia
„
E
(2).
il
giorno seguente
" Pare che Matteo Raeli in Malta convenuto fra i governi di Francia e di In-
scriveva
a
ghilterra di finirla
:
col
re
di
Da
Napoli.
parte
Murat si lavora attivamente a far nascere in Napoli un qualche movimento, che dia pretesto alle potenze occidentali di intervenire e di modi
strare all'Europa che
Murat prima
e che esse
il
non
popolo
di
Napoli vuole
l'impongono.
Quello che
impossibile, la
restau-
razione cioè di Murat col consentimento
dell'In-
(1) (2)
si
De La
sarebbe creduto
Sivo, opera citata, voi
Farina, Epistolario,
1»,
pag. 418.
voi. l», pag. 544.
343
un
ghilterra, è all'altro
„
può avverarsi da un giorno
fatto che
(1).
Daniele Manin, allora a Parigi, scorgendo in una restaurazione murattista un grave pericolo per
il
concetto unitario, inviò al Siede
15 set-
il
tembre 1855 questa dichiarazione che il giornale parigino pubblicò nel 20 successivo " Fedele alla :
mia bandiera Indipendenza ed
unificazione io re-
spingo tutto ciò che se ne allontana. rigenerata deve avere un e questi
Le
non può essere che
vibrate
il
parole dell'ex
dittatore
autorevoli per l'aureola che illustre di lui,
rivelavano
la corrente murattista
A
ed
Se
l'Italia
deve essere un solo re del Piemonte „ (2).
re,
il
di
Venezia,
circondava
il
nome
prof(3ndo contrasto tra
il
sentimento unitario.
dissipare tale impressione, attraendo nelle sue
Murat pubTimes del 24 settembre 1855 una lettera in cui diceva: " Dichiari il Piemente di inalberare
file
anche
i
fautori di questo, Luciano
blicò nel
bandiera dell'indipendenza e libertà d'Italia ed
la
mi obbligo non
non preparargli ostacoli, mio aiuto e l'aiuto di tutti quelli che la memoria del passato lega alla mia famiglia, giacche ciò sarebbe recare ad atto le idee di mio padre alle quali rimarrò sempre fedele,,. Nello stesso dì, in cui il Times inseriva la letio
ma
anche a
tera del Murat,
(1)
solo a
da,rgli tutto
La Farina,
il
il
giornale II Diritlo (3) pubbli-
ivi,
pag. 547.
Giornale II Siede del 20 settembre 1865. neri, opera citata, pag. 440. (2)
(3) Il Diritto,
anno
1855, n. 327.
—
Mai-
344
cava questa protesta di molti siciliani "
esuli
napoletani e
:
I sottoscritti emigrati politici delle
Due
Si-
conservando ciascuno l'indipendenza della propria opinione, si credono in debito di dichiacilie,
rare che siccome avversano l'attuale governo delle
Due
perchè incompatibile con la naziona-
Sicilie
litĂ italiana,
siasi
glio
per
la stessa
ragione avversano qual-
forma di governo che potesse costituirsi col fidi Grioacchino Murat e tanto maggiormente che
in tal caso quel regno diventerebbe indirettamente
una provincia
francese. Enrico Cosenz, Carlo Pi-
sacane, Tito Trisolini,
Q-iuseppe
Trisolini,
Griu-
seppe Virgili, Giuseppe Badia, Ignazio Rivarola, Graetano
Baiardi, zarella.,
Griordano,
Tommaso Lorusso,
Bonaventura Maz-
Carlo Romualdi, Fran-
Diego De BeVincenzo Carbonelli, Luigi Miceli, Ippolito
cesco Curzio, Federico Salomone, nedetti,
De
Riso,
Antonio
De
Blasiis,
Stefano Seidita,
Carlo Mileti, Giovanni Nicotera, Francesco Sprovieri,
La
Biagio Miraglia, Antonino Fiutino, Giovanni
Cecilia, Nicola Lepiane, Filippo Patella,
Ca-
millo Boldoni, Francesco Spedalieri, Crispino Vitale,
Salvatore Calvino, Francesco Campo,
Giu-
seppe Mustica, Rosalino Pilo, Gaetano Laloggia,
De
Guglielmo Diaz, Lorenzo Montemaior, Matteo Mauro â&#x20AC;&#x17E;. Francesco
A
Sanctis, Francesco Giordano,
questa dichiarazione
si
associarono
stesso giornale Francesco Carrano, con
mandata da
la Certosa di Pesio (1)
(1) li Diritto, n. 231.
e
poi
una
nello
lettera
Giuseppe
345
del Re con lettera del 6 ottobre 1855 in cui ricordava che già fin dal 1850 aveva espresso tali sentimenti insieme con il Massari, con Raffaele
Poerio,
il
colonnello Oliva,
il
cav.
Caracciolo ed
Maddaloni (1), L' esule napoletano Francesco Trincherà diede a le stampe nello stesso anno 1855 un opuscolo, che ribadiva le idee del Saliceti, con il titolo La questione napoletana, Ferdinando Borbone e Luciano Murai (2). Nacquero aspre polemiche. Il La Farina scriveva il 31 ottobre da Torino " Qui tutta l'emigrazione al Ricciardi: napoletana è saltata addosso con gran furore al Trincherà e ne hanno fatto strazio. Dei siciliani non il
duca Proto
vi è
alcuno
di
che
parteggi
meno che
io sappia.
Murat ed
io vi dico, ciò
lo
avrà anche
ritenete
la
pel
pretendente,
al-
Ciò nonostante Napoli avrà
Sicilia.
che vi parrà incredibile, Si,
signore, cosi
è:
e
come notizie di ma come un fatto
queste mie parole, non
come supposizione, positivo, stava quasi per dire un fatto compiuto „ (3). Al Trincherà rispondevano molto vivacemente giornali e
Francesco De Sanctis sul Diritto (4) ed il La Farina nell'agosto 1856 con un altro opuscolo
(1) Il Diritto, n. 234. (2)
Pubblicato senza indicazione della tipografia. ToPresso la biblioteca V. E. di Eoma vi è una
rino, 18B5.
edizione del 12 ottobre 1856; forse fu
una seconda
zione. (3)
La Farina,
(4)
N. 237 del 1885.
Epistolario, voi.
l»,
pag. 567.
edi-
346 intitolato:
Murai
e
l'unione italiana (1) cui
stenitori del pretendente replicarono
so-
i
con un'altra
pubblicazione a Torino nello stesso anno
Luciano Murai. Molti esuli napoletani, in mezzo a tante
L' Unità
:
italiana e
polemicbe, preferirono del
D'Ayala
di
allora esule
figlio di lui, è riportata
tacere. in
e cosi vive
Nelle Memorie
Torino,
dal
scritte
integralmente la dichia-
razione degli emigrati napoletani e dopo di essa si
legge
:
"
Nella dichiarazione (che abbiamo in-
tegralmente trascritta) dominava pubblicano.
E Mariano D' Ayala,
il
pensiero
re-
pure avversando
Murat, reputò prudenza politica di astenersi da ogni manifestazione, di accordo con tutti gli amici che avevano preso parte al governo costituzionale del 1848 „. Il silenzio venne interpetrato il
come adesione a emigrati:
Antonio forti,
tra
la
cui
Scialoia,
candidatura Murat per molti il
barone Giacomo
Coppola,
Enrico Berardi, Raffaele Con-
Griuseppe Massari, Salvatore Tommasi,
Gen-
Giuseppe Pisanelli, Francesco Mazziotti, Girolamo UUoa, Luigi Mezzacapo, Francesco De Blasiis, Diomede Marvasi, Antonio Ciccone,
naro
Bellelli,
Raffaele Pirla, Luigi Dragonetti,
Damiano
Assanti,
Piersilvestro Leopardi, Ferdinando Petruccelli,
gelo
(1)
(2)
Camillo
De
Meis,
Giacomo Tofano
(2)
BuiNDi, 02J. cit, pag. 327. Cosi li indica il Pupino Carbonblli nel
bro Nicola Mignoyna, pag. 162, insieme con Francesco Stocco e Giuseppe Moccia. Anche il indica alcuni di essi.
i
Anche
suo
li-
Romeo,
La Farina
347 tutti o quasi
tutti
avevano fatto parte
del go-
verno o del Parlamento di Napoli nel 1848. Tacque
anche
Mancini
il
tista „
parimenti passò per murat-
(1).
Le Memorie mente
e
indicate accennano
che probabil-
venne a quelli esuli dal conte di Cavour; aggiungono anzi che l'eminente uomo di Stato piemontese da principio si mostrò segretamente favorevole a l'impresa consiglio dell'astensione
il
murattista e poi
sempre
a
mutò pensiero
avvenimenti
gli
ispirandosi
come
Si riteneva gene-
(2).
Cavour l'appoggiasse.
ralmente in
fatti
La Farina
rivolse direttamente a lui, con lettera
si
che
il
Il
10 settembre 1856 scongiurandolo a non se(3). Il di seguente l'esule messinese ebbe
del
condarla
conte
la risposta del
domani ad un
che
lo
invitava
colloquio (4) nel quale
il
per
l'in-
Cavour
gli
disse cosi: "
Ho
fede che l'Italia diventerà uno Stato solo
e che avrà
Roma
sia disposta a
per capitale:
ma
ignoro se essa
questa grande trasformazione, non
provincie d' Italia. Sono Sardegna e non posso, né debbo dire o far cosa che comprometta avanti
conoscendo punto
ministro
tempo
del
le altre
di
Faccia la società nazionale se mostreranno maturi per l'unità, io
la dinastia.
gli italiani si
(1)
re
La Farina,
Epistolario, voi.
:
lo,
pag. 566, lettera a
Ricciardi del 31 ottobre 1855. (2)
D'Ayala, opera accennata, pag.
(3-4)
La
223.
Farina, opera citata, pag. 22.
citata, pag. 347.
—
Buindi, opera
348
ho speranza che Fopportunità non si farà lungamente attendere ma badi che dei miei amici po;
nessuno crede
litici,
e che e
dell'impresa
possibilità
alla
suo avvicinamento mi comprometterebbe
il
comprometterebbe
che propugniamo.
causa
la
Venga da me quando
ma
prima di giorno e che nessuno la veda e nessuno lo sappia. Se sarò interrogato in Parlamento o dalla diplomazia, soggiunse sorridendo,
non
e dirò
vuole,
la
conosco
lo
La Farina cominciò tina prima dell'alba
rinnegherò come Pietro (1).
„
Da
allora
in
poi
il
Cavour ogni matsalendo nella camera da letto a vedere
il
una scaletta segreta. Documenti irrefragabili dimostrano che il conte di Cavour nell'animo suo non fu mai favorevole a le pretese del Murat. Il 22 marzo 1854 egli scriveva al conte Oldofredi, ministro del Piemonte di lui per
a Parigi: nici.
"
Tenete dietro a gli intrighi napoleodiretti specialmente in questi ultimi
Furono
mezzogiorno d'Italia. Il conte Pepoli, si fermò due mesi a Genova ove lavorò con Pepe (!) ed altri napoletani „ (2). Il Cavour inviava continui avvertimenti al governo inglese contro le mene dei fautori del pretendente. In una lettera al conte Corti, incaricato di aifari a Londra, esposti i progressi del partito mutempi
al
nipote del Murat
rattista
diceva:
"
In
presenza di
(1)
Chiala, Lettere di Cavour, voi.
(2)
Chiala,
litica
del
ivi,
pag. 296
—
1°,
pag. 365.
2o, n.
fatti noi
144.
Bianchi Nicomede,
conte di Cavour, pag. 107.
gio politico, voi.
tali
— Castelli,
La
po-
Carteg-
349 ci
troviamo in una posizione molto penosa. Egli non possiamo disporci a com-
è evidente che noi
battere
Marat ed
agiscano con
i
Francia, sopratutto se vera,
il
partigiani,
suoi
che sembra
l'appoggio e l'approvazione noi
della
ignoriamo l'opinione
pensiero franco e netto del gabinetto bri-
tannico su questa quistione tanto importante che delicata
(1).
Tofano narra che il Cavour fece sentire a i componenti del comitato nazionale che " la combiIl
nazione
murattista era la più funesta
fatale per l'indipendenza italiana
„ (2).
e la
E lo
più
stesso
Cavour scriveva al conte Oldofredi a Parigi 19 marzo 1857: " Non mi cagiona meraviglia sentire che la maggior parte degli emigrati lasci
il il
si
sedurre dalle lusinghe napoleoniche (a prò'
del Murat). Spero che gli italiani rimasti in patria
nutriranno
uomo
pensieri
altri
di Stato
tutti l'animo suo.
non poteva
(3).
„
non era concesso
Ma
a l'eminente
di manifestare
a
L'opera della redenzione italiana
iniziarsi finché l'Austria
occupava tanta
parte della penisola e predominava nel resto di essa. Unico, supremo obbiettivo, innanzi al quale doveva cedere ogni altro, era di scacciare gli austriaci dal Lombardo-Veneto e fiaccarne la prepotenza negli altri Stati italiani, A si grave compito non bastavano le forze del piccolo Pie-
(1)
Chiala, voi.
lettera n.
2°,
bre 1856, pag. 457. (2) Lettera a i suoi (3)
Chiala, opera
elettori,
citata^
CCCCLXII,
del 5 settem-
pag. 101.
voi. 2°, pag.
480.
350
monte, occorreva l'aiuto di una grande potenza non poteva essere che la Francia per
e questa
la tradizione napoleonica rappresentata dal
amico
imperatore, antico
sincero
nuovo
causa italiana,
della
Napoleone III vatrono, rinnovando i
1831.
cospiratore del
gheggiava di riporre primo impero,
fasti del
sul il
suo parente Murat
sarebbe stato stoltezza contrastare
l'uomo allora onnipotente di cui
i
si
:
e
propositi del-
bramava
l'al-
leanza. li Nisco riferisce che gli esuli favorevoli al Murat, prima di condurre a fine le trattative,
vollero
interrogare
Settembrini
e
gli
Poerio,
il
altri
lo
condannati
Spaventa, politici
il
che
trascinavano la vita nelle galere, e mandarono ad essi
un memorandum per mezzo
scilli,
il
di
Ferdinando Ma-
quale lo fece consegnare segretamente da
un medico
del
bagno
al Poerio.
anche dei compagni, rispose l'Italia cacciarsi in
mezzo un
"
Questi,
a
nome
essere esiziale per altro straniero, do-
versi riporre soltanto speranza e salvezza nella unità della nazione, possibile unicamente con Vittorio Emanuele. Ferdinando con la sua tirannia molto la facilitava, un re nuovo a Napoli la guasterebbe „. Uguale risposta davano Silvio Spaventa ed i suoi compagni nell'ergastolo di Santo Stefano (1).
(1)
Nisco,
pag. 342. — Castrombdiano, vonon indica il tempo in cui ciò avvenne.
o/>e?'a citata,
lume 2«>,pag. 37
e 38,
Il Settembrini nelle Ricordanze accenna l'avversione a la candidatura del Murat, ma non ad alcuna interrogazione
degli esuli in proposito.
351
Dopo
queste
ni.
Grli
declinò
dichiarazioni
r impresa murattista
rapidamente
(1).
esuli napoletani esultarono a la notizia,
giunta in Piemonte
il
9 dicembre 1856,
dell'at-
tentato di Agesilao Milano contro Ferdinando II.
L'avvenimento parve connesso
moto suscitato 22 novembre di una vasta co-
al
dal barone Francesco Bentivegna
precedente in
Sicilia,
ed inizio
del regno e nelle
nelle provincie
spirazione
il
file
dell'esercito (2), Varii proscritti siciliani, nell'inten-
dimento di apportare soccorso a i ribelli, corsero da a Genova ed altri partirono per Malta (3).
Londra
Le
mata
la
sommossa
Milano ed "
"
quando
speranze caddero
liete
il
e giustiziati
23 seguente
il
Immensa commozione
„
il
si
seppe do-
13 dicembre
il
Bentivegna. scrive
il
D' Ayala,
sacrificio eroico di
Pannunzio inaspettato del Agesilao Milano per vendicare
la patria oppressa.
Oggi, nella serenità del vivere
provarono
(l'i
La
gli esuli a
pratiche per la restaurazione murattista furono
D'Ayala narra nelle sue Memorie a pagina 223 che il Saliceti mandò a Napoli Giuseppe Moccia per preparare una insurrezioze a l'arrivo delle squadre francese ed inglese. Molti proclami furono diffusi nel regno di Napoli incitando l'esercito a scacciare il Borbone e a attivissime. Il
proclamare
il
Murat.
Il
liana pubblicò in Torino
giornale il
La
Corrispondenza
14 marzo 1857 uno di
tali
Ita-
ma-
nifesti. (2) Rapporto del regio incaricato di affari a Torino, del 20 dicembre 1856, al governo napoletano pubblicato dal GcARDiONB, opera citata, voi. 2", pag. 100.
(3) Ivi.
352 libero e sicuro, si esce fuori in dissertazioni morali
e filosofiche intorno all'assassinio politico e qual-
che fibra gentile ne sente ribrezzo i
dolori e
i
:
ma
allora, fra
una tirannide sanguinaria,
pericoli di
un sentimento
in ogni cuore italiano prevalse
di
ammirazione per quell'uomo il quale, obbedendo ad una voce forse ingannatrice della propria coscienza, offriva in olocausto la sua vita per
rare
i
tichità
anima
ribelle al servaggio „ (1).
emigrati politici meridionali promos-
Parecchi
sero la coniazione di cisa
libe-
Parve una figura maestosa dell'anche doveva entusiasmare di certo ogni
fratelli.
da un
al collo
e
una medaglia, su
lato la testa del
da
l'altro
il
laccio
l'immagine del Bentivegna
nell'atto di scoprire arditamente fucile (2).
cui fu in-
Milano con il
petto a
i
colpi di
Laura Beatrice Oliva moglie del Mancini
ed insigne poetessa, Griuseppe Del Re e P. E. Imbriani scrissero carmi in onore del Milano (3). Il giornale Vltalia e popolo ispirato dal Mazzini (4)
proclamò
il
19 gennaio 1857
figlio d'Italia: il
il
Milano
il
miglior
Dritto nel 29 marzo, accennando a
medaglia coniata in onore del regicida, scrisse che " fu fatta con nobile pensiero per raccomandare
la
(1-2)
—
(3)
D'Ayala, opera
citata, pag. 232.
Laura Beatrice Oliva, Patria ed Amore: Canti
lirici.
Del E,e furono stampati a Torino senza indicazione di tipografia. Versi di Paolo Emilio Imbriani. in Genova Bartolomeo Savi. Dirigeva il giornale (4) Lo scrivevano in massima parte Maurizio Quadrio ed AlI versi del
—
berto Mario.
353
quel valoroso alla memoria dei posteri zetta del
„ e la GazPopolo nel giorno successivo stampò che
fiero soldato calabrese "
il
del martirio
regicidio
Re
palma
promosse un proDel Re per apologia
regia di Torino
ed
cesso contro la Oliva del
la
„ (1).
La procura
mente
aveva ricevuta
;
i
il
due imputati vennero valorosaTofano (2). Il Del
difesi dal Pisanelli e dal
rinviato a giudizio innanzi la Corte di Assise
di Torino fu assolato da i giurati il 16 luglio 1857. Nel giorno 24 dello stesso mese la Corte di appello di Torino assolse da eguale imputazione
un
tal
d'Avanzo difeso dal
Pisanelli
dal Con-
e
forti (3).
IV.
La
politica ardita,
apertamente nazionale del
conte di Cavour aveva conquistato la maggior parte dei liberali italiani e degli esuli convinti ormai che solo
con
l'unione della monarchia
piemontese e
delle forze democratiche poteva compiersi la reden-
zione italiana. Daniele Manin, di Venezia, sacrificando
il
il
valoroso dittatore
suo antico ideale repubbli-
cano poneva nettamente con una lettera
tembre del 1855
le condizioni
dell' 11 set-
per l'appoggio della
parte democratica italiana a la dinastia sabauda,
scrivendo al Times
:
"
Accetto
la
monarchia purché Savoia purché
essa sia unitaria, accetto la casa di
essa concorra lealmente ed efficacemente a fare
(1)
De
(2)
D'Atala, opera
(3)
CoMANDiNi, opera citata, 24 luglio 1857.
Sivo, opera citata, voi. 1», pag. 459. citata, pag. 233.
354
a dire a renderla indipendente ed
l'Italia:
vale
una
no, no
:
se
„ (1).
Intorno a questa bandiera sollevata da Daniele Manin, cui prestò il più valido concorso Griorgio
cominciarono a raccogliersi
Pallavicino,
liberali
i
uno dei primi Giuseppe 1856 molti emigrati scris-
e gli esuli italiani, tra cui
La
26 aprile Cavour " Nel congresso di Parigi voi
Farina.
sero al
Il
:
vaste la voce in prò'
le-
nella coscienza
dell'Italia
del dritto e dovere che era in voi di rappresentarla.
bene
Fruttino o non fruttino quelle parole alcun alla patria
comune, noi
nostra
sottoscritti
emigrati delle varie provincie italiane ne rendiamo
ed
grazie a voi
governo del quale voi fate
al
parte. L'avvenire dimostrerà che voi faceste ogni
sforzo per evitare
che se
i
i
mah
di
una rivoluzione e
vostri detti erano liberi e generosi, erano
anche savi e prudenti „. Il La Farina fondò, nell'agosto del 1856, con parecchi amici
destinato
il
giornale
il
a propugnare
diffondere le notizie del
Piccolo Corriere le
idee del
movimento
d''
liberale.
periodico fece grande impressione anche poli e nella Sicilia
(2).
Il
29 maggio
Italia
Manin ed in
usci
a
Questo
Na-
un nu-
mero di saggio, il l'' giugQO il primo numero. Si stampava in carta velina per penetrare più facilmente da per tutto eludendo polizia.
'(1)
Nel dicembre
dello
la
vigilanza della
stesso
Pallavicini, Memorie, voi. 3°, pag.
mandò la dichiarazione al Valerio per (2) La Farina, Epistolario, voi. 2°,
anno (1856)
130.
Il
Manin
inserirla nel Dritto.
pag. 20.
355
usci
un
l'ex
deputato Gruglielmi, da lo Zappetta, dal La-
altro giornale, V Indipendente, fondato dal-
Del Re con questo programma " Fuori Italia una ed indipendente con Casa 10 straniero Savoia „. Si pensò di creare una grande società cecilia e dal
!
nazionale con numerosi comitati in tutte le parti della penisola e
si
die
mano
a raccogliere adesioni.
Manin scriveva da Parigi al Pallavicino: "Finora eravamo noi due, adesso abbiamo arrolato La Farina; tanto meglio; ma non basta, con11
viene trovarne
nuovo
Accettarono il concetto del uomini illustri ed esuli d'ogni
altri „.
sodalizio
parte d'Italia, tra vini, Grherardi,
i
quali
il
Tecchio, Bianclii Grio-
Mamiani, Ulloa, Petruccelli, Inter-
donato, Genelli, Montanelli, Sirtori, Foresta,
maseo, Malenchini,
Macchi, G-iuseppe Biancheri,
E
successivamente
tore
Tommaso
Villa
esuli napoletani:
gli
Tom-
Campello, Sterbini,
G-uerrieri,
(1).
Salv^a-
Tommasi, Francesco Carrano, Pier Silvestro
Leopardi, Duca di San Donato, P. E. Imbriani,
Mezzacapo, Enrico Cosenz, Giacomo Tofano, Giuseppe Pisanelli, P. S. Mancini, Cesare
Carlo Oliva
(2).
Quasi
tutti
gli
esuli
napoletani,
tenaci fautori
del Mazzini,
gramma
Società
una
della
lettera del 6
meno
sottoscrissero
Nazionale.
giugno 1856
Il
pochi il
pro-
Cosenz, in
al Pallavicino, di-
(1)
Salazaro, opera citata, pag.
(2)
Maineri, opera citata, pag. 292, lettera del Pallavi-
cino al
lume
Manin
3°,
7 aprile 1857.
pag. 384.
11.
— Pallavicino, Memorie,
vo-
356
completamente il concetto di stringersi attorno al Piemonte confidava però anche nelle forze della rivoluzione e sperava che
chiarava di accettare
;
questa sorgesse nell'Italia meridionale
Ad
aumentare
(1).
le file degli ascritti a la Società
Nazionale valse l'adesione di Giuseppe G-aribaldi, che ebbe una influenza decisiva su gli uomini di azione del partito. Il valoroso nizzardo, reduce
da breve tempo in Italia, era rimasto dolente e disgustato del moto milanese del 6 febbraio ed aveva pubblicato, il 4 agosto 1854, neWItalia e " Siccome dal Popolo una lettera in. cui diceva mio arrivo in Italia or son due volte che io odo a dei movimenti inil mio nome frammischiato surrezionali che io non approvo, credo dover mio manifestarlo e prevenire la gioventù nostra, sem:
pre pronta ad affrontare zione della patria, di
non
i
pericoli per la redenlasciarsi cosi facilmente
trascinare dalle fallaci insinuazioni di uomini in-
gannati o ingannatori che, spingendola a tentativi intempestivi, rovinano, od almeno screditano, la nostra causa „ (2).
In seguito ad un colloquio con Felice Foresta circa gli intendimenti della ÌSocietà Nazionale che si
intendeva formare, G-aribaldi dette la sua comcon lettera del 5 luglio 1856 al
pleta adesione
(1) Il
GuABDiONE, nel suo libro:
senz, riferisce, a pag. 2B e seguenti,
Il generale Enrico Codue lettere del Cosenz
al Pallavicino. (2)
CiAMPOLi,
pag. 76.
/Scritti politici e militari
di G. Garibaldi,
357
Pallavicino
(1),
ed
il
giorno 13 agosto ricevuto dal
conte di Cavour usci dal convegno gongolante di
chiamando
gioia e Il 1°
il
gran ministro amico suo
agosto del 1857, raccolte
le
(2).
più larghe e nu
-
merose adesioni, venne pubblicato e diffuso il programma della Società Nazionale (3). Il 27 seguente una importante adunanza di soci elesse a presidente
il
Pallavicino, vice-presidente Garibaldi, se-
La
gretario
Farina,
e
costituì
un comitato di metà
trenta componenti, metà piemontesi e l'altra
di altre provinole italiane, appartenenti a tutte le
condizioni sociali, compreso anche qualche artigia-
no
Il
(4).
Comitato centrale aveva sede in Torino
a la via Goito, n. 15, ove abitava
il
La
Farina, anima
(5), ed era in corrispondenza con trentasei comitati provinciali, posti in Genova,
Società
della
Sarzana,
Vercelli, altre
Sardegna,
(1)
Acqui,
Savona,
del Piemonte,
città
con comitati
della segreti
Pallavicino, Memorie, voi.
S»,
Arena ed
in
Liguria e della nel
Lombardo-
pag. 269.
—
Ciam-
POLi, G. Garibaldi, scritti lìolitici e militari, pag. 77. (2)
Mainkri, opera citata, pag. 172.
morie, voi. (3) (4ì
dopo
La La il
3o,
— Pallaticino, Me-
pag. 295.
Farina, proemio a V Epistolario, pag. Lxxin.
Farina, Ejnstolario, voi. 2», pag. 66. Un mese 22 settembre moriva in Parigi il Masnin in età
Tommaseo, il Tecchio e Carlo Mezzacapo promossero in Torino una sottoscrizione per onorarne la memoria. (5) De Sivo, ojyera citata, pag. 464. Questo scrittore dice che la Società comprese da prima novantaquattro di 53 anni. Il
persone.
358
Veneto, nel Friuli, nel Trentino, nei Ducati, in To-
Marche ed
scana, nelle Legazioni, nelle
e con la parte liberale napoletana
in
Roma (1),
per mezzo di
Ferdinando Mascilli (2). Il Piccolo Corriere d'Italia divenne il giornale della nuova Società, che acquistò vive simpatie presso il governo ed il popolo piemontese (3). IV. Negli ultimi mesi del 1856 e nei primi dell'anno successivo frequenti lettere dal regno di Napoli a gli esuli in Piemonte assicuravano imminenti sommosse (4). Vi si narrava di continui manifesti rivoluzionari,
su
affissi
le
mura
nella
dal
ponte
capitale, di coccarde tricolori lanciate
di Ghiaia
della
e
Sanità nelle
vie
delle insistenti acclamazioni nei
e
di
una
clamorosa
strada di Toledo Si
sapeva
che
il
in
dimostrazione
Verdi
al
fatta
nella
del 1857 (5). due comitati segreti
giovedì santo
Napoli
fomentavano l'agitazione in
sottostanti,
teatri
:
l'uno, detto delVordine,
corrispondenza della Società Nazionale, distri-
buiva da ispirato
per
tutto
dal Mazzini,
il
Corriere;
Piccolo
l'altro,
apertamente repubblicano,
(1)
La
(2)
NiSGO, opera citata, pag. 324.
Farina, EpisMario, voi.
1°,
pag. 56.
La
Farina, Epistolario, voi. l», pag. 40. scriveva da Torino, il 6 agosto 1856, « Le notizie che mi giungono da Napoli e al Ricciardi (B)
(4) Il
La Farina :
mi fanno presagire prossima una rivoluzione gagliarda » {Epistolario, voi. 2°, pag. 18). Anche il Mordini scriveva, nel 1857, al Fabrizi che si avevano buone notizie da Napoli {Rivista di Roma, anno 2o, fase. 30). Sicilia
(5)
Nisco, opera citata, pag. 360.
359
acquistare larghe aderenze nelle
ad
era riuscito
specialmente
Provincie,
di Basilicata.
sopravvenne avvenimenti
Ad lo
Salerno e
di
maggiormente gli animi di due gravi e misteriosi
la notizia :
in quelle
eccitare
scoppio della polveriera presso
avvenuto il 17 dicembre 1856 e la esplosione nel 4 gennaio successivo della fregata Carlo III che si apprestava a portare armi e mula
reggia
nizioni in Sicilia
Tra
l'attesa, e si
spedizione
era viva
regno in soccorso della sperata Nel luglio del 1856 il Cosenz scri-
Pallavicino
al
Genova
raccoglievano armi e denari per una
nel
insurrezione.
veva
(1).
emigrati napoletani a
gli
:
disposta a muoversi ficiente di armi;
"
La
meridionale
parte
è
qualora non sia affatto de-
non fuvvi mai opportunità mi-
gliore di questa; le necessarie pratiche sono già
Garibaldi è
iniziate,
ha già
i
vapori
tutti accettano
il
li
ha
trovati
ed
adatti
programma: unificazione ed
indipendenza della patria il
e
promotori
caldi
i
scopo: però armi e denaro sono indispensa-
allo bili,
v'sitati
fra
„ (2). Il
15 agosto 1856
giornale Italia e Popolo iniziava la
sottoscri-
zione per l'acquisto di dieci mila fucili destinati a la
prima
contro
il
provincia italiana
comune nemico
(1)
De
(2)
White Mario, opera
che fosse insorta
(3).
Sivo, opera citata, pag. 429. citata, voi.
Maineri, opera citata, pag. (3)
Cadolini, opera citata, pag. 267.
lo,
pag.
224.
360
Tra
ed
più ardenti
i
operosi nei
preparativi
erano Carlo Pisacane o Rosalino Pilo, i quali in una lettera al Bertani, scrivevano il 24 settembre
1856 che
:
accordi
gli
erano
stati
presi,
capo
doveva essere Garibaldi e che le ventimila lire promesse da Adriano Lemmi dovevano servire per il noleggio di un piroscafo, della spedizione
armi e per i marinai (1). lì Pisacane infervorava a Fazione con un giornale clandestino apertamente repubblicaDO intitolato: La lìbera pa-
per
le
rola
(2).
L' arrivo
Mazzini
del
Genova
a
del 1857 dette potente impulso a
nelP aprile
tali pratiche. Il
grande agitatore, nascosto in Genova da
l'aprile
1857, sosteneva le condizioni del-
a l'agosto del l'Italia propizie
a l'iniziativa e che bisognava cre-
dere e tentare. Si sussurrava allora che in Marsiglia
si
stava allestendo una grande spedizione per
riporre sul trono
Murat
i
a sventarla
(3);
il
Maz-
ed i suoi amici ritenevano di estrema urgenza un tentativo risolutamente unitario e repubblicano. L'apostolo della Giovane Italia con zini
lettere
infuocate
comitato dei
al
Napoli e particolarmente
rompere
(1)
gli indugi,
White Mario,
al Fanelli,
mentre
ivi,
suoi amici di
i
incuorava a
suoi corrispondenti
pag. 225.
Il Pilo, in
una
lettera
20 gennaio 1857 a Fabrizi, accenna a raccolta di danaro, di munizioni e di fucili. Rivista scritta
di
da Genova
Roma, anno
il
2°, fase.
14.
(2)
L'ultimo numero uscì nel febbraio 1857.
(3)
Nisco, opera citata, pag. 351.
361
confessavano ancora non bene preparato
ter-
il
reno.
emigrati invece, anche
Molti
appartenenti
al
partito d'azione, sconsigliavano risolutamente l'im-
Giacomo Medici diceva a
presa. "
White Mario
la
che egli ormai nulla sperava dalle cospirazioni
o da tentativi
che per combattere
isolati, e
i
grossi
armate potenti ci volevano flotta ed (1). Agostino Bertani si manifestò cosi
eserciti e le
esercito â&#x20AC;&#x17E;
recisamente contrario che da allora lo tennero da parte ed a l'oscuro di tutto
massime
letani, i
quali
Gli esuli napo-
(2).
quelli della provincia di Salerno,
come
conoscevano
la
parte
di
liberale
essa fosse avvilita per le condanne, per le carcerazioni e per l'esilio di molti,
non tacquero
il
curo insuccesso. Vincenzo Sprovieri, esule scriveva da
provincia di Cosenza, brizi
pochi
giorni
dopo
la catastrofe,
ziali,
Lo
non averlo apparecchiato
tentoni
e
contava su
anche persuaso
di
l'
quanto mi
si
White Mario, White Mario,
in
il
Faten-
verun modo.
persuaso che
si
andava a
impreveduto. Cosenz era
questa mancanza e una sua
lettera sequestrata presso la
(1)
al
cioè nella cattiva scelta del luogo di sbarco
stesso Pisacane era
per
"
due cose essen-
tativo bellissimo in sĂŠ, pecca,va in
e nel
Genova
si-
della
dice,
opera
compagna
conferma
citata,
di Pisacane,
le
sue parole.
pag. 234.
Il Medici scriveva il 20 settembre 1856 da Genova a Garibaldi contro i preparativi mazziniani per un altro tentativo rivoluzionario (CoMANDiNi, opera citata, detto giorno).
(2)
ivi,
pag. 242.
362
De Dominicis,
Mazziotti, Carducci
(J.)
ed
altri, fin
momento che seppimo essersi scelto per luogo di sbarco, dubitammo dell' esito
dal primo
Sapri
ognuno può facemmo questi
dell'impresa e
attestarvi che
dell'esito noi
discorsi
„ (2).
prima .
non valsero a rimuocompagni e più di tutti il Mazzini dal fiero proposito. Era accorso da Torino per prendere parte a la spedizione, un giovane calabrese dal colorito olivastro, da i capelli neri e ricciuti, da gli occhi sfavillanti, Giovanni I consigli e le esortazioni
vere
Pisacane e
il
i
suoi
Mcotera. Questi avea combattuto in Calabria nei moti del giugno 1848, per i quali era stato con-
dannato in contumacia a venticinque anni di ferri. Fuggito a Malta, di là a Cor fu e poi a Roma aveva preso parte a la difesa della repubblica. Entrati
i
Roma
francesi a
egli si
sfratto
Due
a restare nella città
Sicilie,
dato
a
ostinato, no-
era
nostante lo
emigrati
gli ;
ma
delle
la polizia^
4 dicembre 1849 insieme con Benedetto Musolino, Luigi Miceli, Achille Mauri ed altii pochi, li aveva condotti a Civitavecchia e li aveva fatti imbarcare su un piroscafo diretto trattolo in arresto
a Marsiglia.
con
i
suoi
Il
il
Nicotera sceso invece a
compagni
si
Genova
era recato a Torino
(3),
(1) Giovanni Carducci, fratello di Costabile, trucidato per opera del prete Peluso, nel 5 luglio 1848 in Acqua-
fredda. (2)
Lettera del 4 agosto 1857, Rivista di Roma, anno
2",
fase. 85. (3)
White Mario, In memoria
BiLOTTi,
La
spedizione di
di Giovanni Nicotera.
Sapì% pag.
426.
—
363 ivi
sostentando
con
la vita
il
copiare carte giudi-
ziarie nello studio forense del
Sono note
le ansie,
terribili incertezze
e
non
tenza
è si
le
Mancini
(1).
dolorose alternative, le
che precedettero
la
spedizione
mio compito narrarle
(2).
dovette ritardarla:
Pisacane sfidando
un grave
il
Fissata la par-
in Napoli ad avvertire 25 giugno egli ed i suoi compagni, tra cui principalmente il Nicotera ed il Falcone, salirono sul Cagliari, si impadroD irono del gli amici:
pericolo corse
finalmente
il
piroscafo e lo diressero a Ponza,
Arrivata a Genova la notizia del successo tenuto a Ponza, giusta gli accordi presi da
i
ot-
con-
il giorno 30 giugno una sommossa in Livorno, prontamente repressa, e bande armate assalirono in Genova la notte del 29 l'ar-
giurati, fu tentata
senale ed alcuni forti della città con l'intento di
provvedersi di armi e di munizioni e partire sul piroscafo Carlo Alberto per Napoli. Questo disegno
venne a conoscenza del comando militare il Mazzini informato di ciò diede un contrordine, ma questo non arrivò a tempo ed un conflitto avvenne al forte Diamante. Pochi giorni dopo si seppe la tragedia di Padula e di Sanza e la fine atroce del Pisacane, del ;
(1) Ulrico
—
White Mario, Pikrantoni-Mancini, libro citato. pag. 3. Il Nicotera aveva lasciato in Torino
citato,
la giovine,
che amava, Gaetana Poerio,
Raffaele Poerio, la quale poi sposò dopo assistito nell'ultima malattia (2) Il
il
figlia del il
generale
1860. Egli
aveva
Poerio a Torino.
lavoro più completo su questo splendido tema è
quello del Bilotti, già citato.
364
Falcone
e
molti
di
loro
seguaci,
l'arresto
Nicotera trascinato sanguinante in Salerno. zini e gli
essi Il
la notte del
ed
i
iniziò
29 giugno ed arrestò molti di
loro complici tra cui la "White Mario
Mazzini sfuggi a tutte per
Londra.
Il
(1).
le ricerche della polizia
tenendosi nascosto finché potette, tire
del
go-
un processo contro Ma autori dell'attentato commesso in Ge-
verno piemontese
nova
Il
giorno
8
la
il
27 luglio, parpolizia arrestò
Alberto Mario che ottenne di partire anche egli
per r Inghilterra. Rosalino Pilo fuggi da G-enova
30 giugno per non cadere nelle mani dei gendarmi e riparò a Malta e dopo nel giugno 1858 a Londra insieme con il Fanelli (2). Gli arresti il
e le espulsioni continuarono per parecchi mesi. Il 25 agosto in Genova la polizia arrestò molti esuli,
nel 5
manBonghi marchese Monte
espulse gli emigrati Acerbi
ottobre
tovano, Francesco Curzio napoletano
romagnolo, nel 24 novembre
mayor
il
e
(3).
Queste
persecuzioni indignarono fortemente
liberali contro
il
i
governo piemontese. Gustavo Mo-
dena, l'insigne artista, fervido mazziniano, diceva
(1) Arrestata il 3 luglio e condotta nel carcere di S. Andrea (opera di essa citata, pag. 244) la Mario fa poi, in seguito ad ordinanza del magistrato del 13 novembre,
messa
in libertà.
Paolucoi G., Rosalino Pilo, Meviorie e documenti dal 1851 al 1860 {Archivio storico siciliano, anno 24, pagina 223). (2)
(3)
CoMANDiNi, opera citata, date corrispondenti.
365 "
sdegnosamente:
Meglio
il
giogo del tiranno
di-
chiarato che la finta libertà delFumile servo del
2 dicembre
„ (1).
Genova, accorati di si i loro compagni, pensarono di presentare al Parlamento ed al conte di Cavour un indirizzo per manifestare " come la sventura non avesse infiacchiti gli Gli
a
residenti
esuli
provvedimenti contro
severi e gravi
animi e quanto l'emigrazione fosse gelosa della dolente
propria dignità e stata trattata
„
Il
(2).
modo onde
del
era
Bertani raccolse alcuni di
sua per intendersi su una provenne redatta da Emerigo Amari; ma nacquero dissensi su la forma che alcuni volevano essi
casa
in
testa che
assai più vivace.
Fu
dato incarico
al
D'Ayala, che
trovavasi temporaneamente in Genova, di sentire
compagni di Torino. In seguito a questi il D'Ayala scrìsse a Michele Amari proponendo, anche a nome di altri, qualche mutamento a lo schema d'indirizzo per attenuarlo ma ciò non piacque a gli emigrati di Genova. Il
i
loro
colloqui
;
Bertani, indignato di questi indugi, pubblicò nelVltalia del popolo del 10 ottobre
una
lettera
aspra e la protesta letta in quell'adunanza
(1)
Whiie Mario,
per erronee stificati.
ojìera
citata,
molto (3).
pag. 244. Vi furono,
informazioni dei governatori, sfratti ingiu-
La stampa amica
del
governo ed
il
governo
stesso riconobbero l'errore. (2)
D'Ayala, opei'a
(3)
White Mario,
pag. 237.
citata, pag. 236.
ivi,
pag. 25.
—
D'Ayala, opera
citata,
366
VI.
Una
correva
il
d'ogni parte d'Italia ac-
folla di esuli
10 gennaio del 1859
al
palazzo Cari-
gnano per assistere a l'inaugarazione della nuova sessione legislativa. L'attesa era vivissima: risuo-
navano ancora come uno squillo di guerra le famose parole rivolte nel ricevimento ufficiale del capodanno da Napoleone III al barone Hùbner, ambasciatore austriaco a Parigi.
Emanuele con voce
rio
la storica frase:
di dolore che
me
alta e vibrata
Non sono
"
Allorché
da tanta parte
Vitto-
pronunziò
insensibile al grido
d'Italia si eleva verso
commozione degli animi. Quelle „ una lunga e tormentosa compendiavano parole di
proruppe
la
serie di sventure e di affanni e la fede gagliarda
in giorni migliori!
Uno
dei proscritti presenti al
memorabile avvenimerito, ha scritto " fu un delirio stupendo, una ebbrezza di gioia (1). Noi poveri non tentaesuli ha narrato il Massari vamo neppure di asciugare le lagrime che copiose ed irrefrenabili ci sgorgavano dagli occhi e battevamo freneticamente le mani a quel re che pensava a i nostri lutti e ci prometteva una patria „ (2), Le liete speranze crebbero quando si seppe vagamente del trattato di alleanza, sottoscritto il giorno 19 in Torino tra il Piemonte e la Francia,
—
—
e
si
il giorno 29 successivo le nozze Maria Clotilde con il principe
celebrarono poi,
della principessa
(1)
D'Ayala, opera
citata,
pag.
246.
—
La Farina,
Epistolario, voi. 2», pag. 112, lettera dell'll gennaio 1859
—
Carrano, L'Italia dal 1789 (2)
Vita di V. E., voi.
l»,
al
1870, voi.
pag. 366.
4o,
pag. 288,
367
Napoleone.
A
Torino ed a Genova
che accompagnavano
gli sposi
"
Cavour
re e
il
ebbero una ova-
zione inaspettata, insuperabile, farono festeggiati, applauditi, idoleggiati perchè stavano per sguaila spada contro lo straniero a prò dell'indipendenza italiana â&#x20AC;&#x17E; (1). A i giorni di fervido entusiasmo altri seguirono di profondo scoramento per le pressioni di
nare
governi stranieri a favore della pace, per poste di disarmo e di
le
pro-
un congresso europeo, per
le
incertezze e le esitanze dell'imperatore dei fran-
Però, anche durante quell'angoscioso periodo, Piemonte si apprestava a la guerra nazionale, ed il re invitava il 23 febbraio G-aribaldi a Tocesi.
il
rino per l'istituzione dei
Un
richiamava da ogni parte accorrevano giovani animosi ad ins(;ri-
Appennini.
degli
sotto le
armi
d'Italia
delle Alpi e
cacciatori
decreto
reale
contingenti: quasi
i
versi nell'esercito regolare e vecchi soldati
difesa di
Roma
e di Venezia tra le
file
della
di G-ari-
baldi.
Gli esuli del mezzogiorno scorgevano con pro-
fonda amarezza che esso non cosi
generosa
gara, a
prendeva parte a
tanto fremito di patriot-
Uno di essi, Gacomo Tofano, ha scritto Per noi dell'emigrazione napoletana fu un mo-
tismo. ^
rire di crepacuore,
:
stando in Torino o in quelle
Provincie piemontesi, lice
(1)
il
vedere che
il
nostro infe-
paese non dava segno di vita durante la guerra
White Mario,
opera
citata, pag, 318.
368
dell'indipendenza!
„ (1).
arrivavano da Torino,
In
lieti
delle accoglienze rice-
vute e del ritorno nella patria rio
ed
i
infinito
appunto
quei giorni
diletta,
Carlo Poe-
compagni e anclie essi vedevano con sgomento il niun concorso di giovani del suoi
mezzogiorno a
la
guerra di liberazione.
Uno
di
quei proscritti, Giambattista Riccio, anima di soldato, capo di
una colonna insurrezionale nei moti
del Cilento del 1848,
20
aprile
nelF Opinione
rivolse,
1859 un indirizzo a
i
rate le accoglienze trionfali ricevute a
durante
il
viaggio, egli diceva
:
"
del
napoletani. Nar-
Londra e
Ci duole che nella
nobile e commovente gara di quasi tutta la gioventù italiana affluente in
Piemonte per aiutare
rosi sforzi di questo italiano governo, noi
i
gene-
non
vi
abbiamo veduto ancora i giovani nostri concittadini. Sappiamo o fratelli che non è vostra colpa, sappiamo che costà non vi ha penuria di anime generose, sappiamo quaPè la causa che arresta i vostri passi
(2),
ma
è probabile che questa causa
danque pronti al prin::> onde non accada che i nemici d'Italia abbiano a rimanere digiuni dei colpi dei napo-
ben
tosto cesserà. Tenetevi
appello,
letani „.
Parecchi file
emigrati
dei volontari con
guerre
nelle
nei
i
gradi, che
moti
avevano avuti
insurrezionali
prece-
Fecero parte del corpo dei cacciatori delle Carrano come capo dello stato maggiore,
denti.
Alpi
o
napoletani entrarono nelle
il
(1)
Lettera citata, pag. 159.
(2)
Non
8i
comprende a quale causa
alluda.
369
Oosenz come colonnello del 1° reggimento, il quale si formava a Cuneo (1) e nel quale militavano da tenenti Francesco Sprovieri, Vincenzo
il
Dono, Stefano Mollica erano
stati tra
Angherà con
i
il
(2)
e
Giuseppe Pace, che
deportati di Cadice, e Francesco
grado di capitano
(3).
Fecero parte invece dei cacciatori degli Appennini Girolamo Ulloa
come maggiore generale (4), colonnello, Edoardo Gae-
Camillo Boldoni come tani,
Romeo
e G.
Sarnelli, Cipollino ed
Riccio passò
Il
il
B. Riccio
(5)
quali capitani,
Enrico Poerio come tenenti (6). 1° ottobre
1859 a la seconda (7). Luigi Mezza-
brigata dei cacciatori delle Alpi
capo venne nominato, con decreto del 6 maggio
maggiore generale, suo fratello Carlo coentrambi nel 2° corpo di esercito dell'Italia centrale (8). Felice Barone di Eboli ebbe 1859,
lonnello,
(1) Il
secondo era comandato dal Medici.
(2) Il
Mollica andò poi come chirurgo maggiore nel-
l'esercito dell'Emilia. (3) Si
dimise
il
30 giugno 1860 per raggiungere Gaprecedentemente
ribaldi in Sicilia (opuscolo dell' Angherà
seconda edizione, Napoli, tip. Prete, 1867). Decreto reale 25 aprile 1860. L'UUoa ebbe poi l'incarico di organizzare l'esercito toscano. (5-6) De La Varennes, Les cJiasseurs des Alpes et cìes Apennins. citato, (4;
(7)
Suo stato
(8) G-li
di servizio.
esuli napoletani e siciliani
in
Toscana fecero
una sottoscrizione a beneficio del secondo corpo di armata dell'Italia centrale e mandarono la somma a Firenze. Erano sottoscritti Tupputi, Bellelli, Vincenzo Dono,
De
Blasiis ed altri {Opinione del 5 24
giugno
1859).
370 il
grado di maggiore
nell'esercito
piemontese e fu
addetto a l'intendenza militare.
Finalmente venne il giorno cosi lungamente at23 aprile arrivarono a Torino due uffi-
teso. Il
ciali superiori austriaci latori
delV ultimatum, cui
Cavour rispose il giorno 26 con un reciso diniego: il 29 l'esercito austriaco passò il il
conte
di
Ticino e nello stesso di giunsero a Torino
ciando
i
loro
una prima
Le
principi.
forze
alleate
vittoria a Montebello
però ingrossavano
le
i
Modena
dati francesi ed insorsero Firenze e
il
sol-
scac-
ebbero
26 maggio:
truppe austriache, in
modo
da far temere una sconfìtta degli eserciti alleati che avrebbe forse per sempre perduto la causa italiana e il generoso Piemonte. La mente del conte di Cavour era dominata dal pensiero di apportare un nuovo e potente contributo di armi attraendo nella guerra contro l'Austria il regno di Napoli, che aveva dichiarata la sua neutralità (1). In quei giorni, il 22 maggio, era morto Ferdinando II: il governo sardo, confidando che il nuovo principe dovesse, massime dopo il primo successo degli alleati, mostrarsi
meno
alieno del
padre da la desiderata alleanza, pensava di inviare al giovane sovrano, per richiederla, un ambasciatore straordinario
(1) Il
(2).
Canofari ministro napoletano a Torino
comu-
nicò la neutralità al governo sardo con nota del 4 maggio 1859. (2)
Questa alleanza
emigrati napoletani.
si
Uno
desiderava vivamente da molti di essi,
il
duca
di
San Donato
371 Il
conte di Cavour volle su questa missione udire
l'avviso di Carlo Poerio allora tornato
da Londra
e di Antonio Scialoia. Essi, scrive Carlo
De
non avere alcuna
risposero di
ma che,
utili
buon
governo piemontese riteneva quelle trattative, avrebbero fatto volentieri
risultato,
il
Cesare,
fiducia nel
se
il
sacrifìcio delle loro opinioni
per vedere liberata
la patria dal dominio straniero (1). Il presidente
del consiglio, persistendo nel suo
disegno, affidò
Salmour che tenne in Torino un lungo colloquio con i due esuli napoletani e l'incarico al conte di
parti per Napoli il
il
Massari presente
nizzi a
Londra:
"
scellerata dinastia,
opportuni ed
Le
26 maggio. al
Il
giorno seguente
colloquio scriveva al Pa-
Noi, cosi bistrattati da
abbiamo dato
i
quella
più
consigli
efficaci a salvarla „ (2).
pratiche del governo
piemontese con
il
re
di Napoli suscitarono fiere doglianze tra gli esuli
meridionali, cui
la
lunga
esperienza
insegnava
che ni una fede poteva ormai prestarsi a la dinastia dei Borboni
Piemonte l'unità
aveva
che l'alleanza
e
avrebbe
italiana.
scritto
Si
di
questa con
il
un grande ostacolo a reputò opportuna una adu-
creato
16 aprile 1859 a Francesco, allora prin-
il
cipe ereditario di Napoli, esortandolo ad adoperarsi per l'alleanza con
dipendenza.
Il
nel suo lavoro
il
regno di Sardegna
GuARDtONE pubblica II
Dominio
nella la
guerra
lettera del
dei Borboni, ecc., voi.
di in-
duca
2°,
pa-
gina 122. (1)
La
tempi e le opere di Antonio Scialoia, Massari, Vita di V. E., voi. 2», pag, 27. Lettere ad Antonio Panizzi, pag. 312.
pag. 106 (2)
vita, i
—
372
nanza degli esuli residenti in Torino per concretare una manifestazione concorde interpellando anche i loro compagni dimoranti in altre città. Il Mancini, postosi a capo del movimento, si diresse a gli esuli lontani da Torino. Per quelli stabiliti in Firenze si rivolse al barone Mazziotti che aveva frequenti rapporti con loro per mezzo di suo genero Francesco De Blasiis. Il 28 maggio il Tupputi, il Mazza, il Bellelli, il Giardini, il De Blasiis mandarono al Mazziotti, per comuni-
un
carlo a gli esuli di Torino,
esortavano
le
"
popolazioni napoletane di concor-
mezzo
rere con ogni
presa di liberare
la
niera dipendenza
„
Avute Cordova,
Piria,
tino diressero invito
:
"
il
1°
patria da ogni stra-
(1).
il
Mancini,
il
il
Leopardi,
Tommasi ed Antonino
1 sottoscritti,
il
Plu-
compagni questo nelF intento di preparare una
giugno a
i
loro
riunione generale dell'emigrazione delle
Due
Si-
per consultare di comune accordo intorno a
cilie
che meglio
ciò
im-
e generosa
santa
alla
comune
tali risposte, il
indirizzo con cui
convenga
farsi
dalla medesima,
nelle presenti condizioni politiche di quella parte d'Italia, si riuniranno
gno corrente
alle
signor Mancini
il
ore
p.
m.
nella
casa del
„.
Il Poerio, lo Scialoia
di
giorno di lunedi 6 giu-
due ed
altri sei esuli risolsero
non intervenire a l'adunanza. Essi ritenevano vana ogni speranza di unire altre province
allora
(1)
rare
Questo iudirizzo è presso
le
di
me. Duolmi di igno-
risposte degli esuli stabiliti in altre città.
373 italiane al
Piemonte seDza una completa
contro l'Austria.
Il
concetti in questa formula: costo la
"
concorso pronto ed
il
littoria
Poerio riassumeva tutti
guerra dell'indipendenza
i
suoi
ottenere a qualunque efficace di „ (1).
E lo
Napoli a
Scialoia, in
una sua lettera del 3 giugno 1859 al Panizzi, dopo aver accennato che il regno delle Due Sicilie aveva circa dieci milioni di abitanti, un esercito di centomila uomini ed una armata di parecchie diecine di navi, soggiungeva " Tutte queste forze restano inoperose e logoransi in un ozio ignobile, mentre il resto d'Italia accorre sotto le :
armi per scacciare lo straniero dominatore „ (2). Poerio da i colloqui avuti con uomini di Stato inglesi e francesi " aveva tratto il convincimento che né l' Inghilterra, né la Francia avrebIl
bero mai dato un aiuto per scacciare i Borboni da Napoli e, non potendosi sperare che il popolo si levasse contro l'oppressione, non rimanesse via che indurre Francesco
altra
a concedere
II
ed entrare in una confederazione Fermi in questi concetti essi pubblicarono il 4 giugno la seguente dichiarazione: " Nelle presenti condizioni d'Italia e mentre
istituzioni civili
italiana
„
(3).
tanta parte di essa col potente e generoso alleato
(1)
Panizzi, Lettere, pag. 814,
(2) Ivi,
pag. 318.
—
D'Ayala, opera citata, pag. 262. citata, pag. 1B2. Il D'Ayala aggiunge clie (3)
mendo <
il
pensiero di Cavour aveva
Tofano,
opera
lo Scialoia espri-
scrìtto
Raccoglietevi intorno al giovine prìncipe
».
a Napoli
:
374
francese combatte per dal giogo straniero,
i
liberare
T intera penisola
sottoscritti esuli delle
Due
concordemente sperano che, quante volte governo (napoletano) nella proporzione richiesta dall'ampiezza delle sue forze, tosto e francamente concorra nella causa delF indipendenza nazionale, Sicilie
il
sia debito del partito liberale di quelle
contrade di
dargli pieno e leale appoggio, affinchè
non manchi
nessuna parte
pendenza
della penisola
ed
d'Italia
nazionalità
all'opera
dell'indi-
all'ordinamento
della
sua
„.
L'adunanza indetta dal Mancini e da i suoi compagni ebbe luogo il giorno convenuto. Intervennero trentasette
esuli, tra cui
il
Piria,
il
Mancini,
Liborio Romano, Luigi Traino, Benedetto Castiglia, Ca<?tromedianio, Di Sandonato, Coppola, Trincherà, Antonino Fiutino, Giovanni Andrea Romeo (1). Si lessero le risposte avute da gli emigrati residenti in altre città.
Alcuni degli intervenuti, stanchi della
dura vita nanza da
propri cari,
dell'esilio, delle i
lontanamente
la
sue miserie e della lonta-
non intravedendo neanche possibilità di una liberazione, so-
stennero la convenienza
di
spingere
il
governo
di Napoli su la via della libertà ed avvicinarlo al-
l'idea italiana
blicata
il
7 giugno
sioni di parecchi
(1) (.2)
Con 33
(2).
voti contro 4 si deli-
seguente dichiarazione, che
berò la
venne pub-
con 55 firme stante
non
le
ade-
intervenuti.
D'Ayala, opera citata, pag. 263. Lettera di B. Castiglia a Mainerò Maineri, opera
citata, pag. 487.
375 "
I sottoscritti esuli di Napoli
e di Sicilia re-
sidenti in Torino, in vista della dichiarazione uf-
dal governo
ficiale fatta
delle
Due
Sicilie della
sua neutralità nella guerra dell'indipendenza liana
(1), ''
l''
ita-
esprimono unanimi:
La
loro esecrazione per
un
tale atto
che
suggella una storia di dolori e di oppressioni per
per quel misero paese. "
2°
La
adesione Vittorio
3°
politica
Emanuele
Napoleone "
loro riconoscenza e la più
alla
generosa
II e del
e
esplicita
nazionale
magnanimo
di
alleato
LEI.
una deputazione com-
Deliberano che
posta dei sigg. Mancini, D'Ayala, Castiglia, Poerio e
Romeo, con facoltà di aggiungersi altri membri, in una memoria con franchezza e con-
esponga venienza
i
precipui fatti e
le
ragioni per cui sia
non
venga accettata la dichiarata neutralità del governo napoletano dalla Francia e dal Piemonte e che non sia più lungamente
desiderabile che
tollerato
il
presente
sistema
politico
dell'Italia
meridionale. " 4<*
Commettono
mezzi più opportuni
cumento
la
ai
medesimi di scegliere
i
per richiamare su quel do-
considerazione di coloro,
sono efiScacemente giovare
i
quali pos-
al trionfo della
causa
italiana e di proporre la presente all'accettazione
(1) I giornali torinesi riportarono il 6 giugno la dichiarazione di neutralità pubblicata dal Giornale ufficiale
delle
Due
Sicilie.
376
non intervenuti nell'odierna adu-
degli emigrati
nanza
â&#x20AC;&#x17E;
(1).
Nello stesso
di,
in cui
si
pubblicava
la dichia-
razione, giunse in Torino la notizia della vittoria di
Magenta che
di Milano, ove
apri a gli eserciti alleati le porte
entrarono
menso entusiasmo
popolo
di
giorni dopo, avvennero,
il
tra im-
trionfalmente il
giorno
24 giugno,
8.
la
Pochi
sangui-
nosa battaglia di Solferino e di S. Martino, quindi la
pace di Villafranca
dell' 11 luglio
che interruppe
dolorosamente per ogni anima italiana
la
guerra
indipendenza.
dell'
Durante i tormentosi giorni della guerra una grave e strana sventura colpi uno dei deportati di Cadice,Luigi Parente nativo di Castellabate, in provincia di Salerno. I lunghi anni di galera, gli inenarrabili dolori di quella vita
squeJlida e senza con-
umano, avevano indebolito le sue facoltĂ intellettuali. Durante il viaggio da Londra a Toforto
rino apparvero
i
primi segni di alienazione mentale.
I suoi compagni, accortisi del suo stato, lo vigi-
lavano e lo assistevano con affetto egli
un giorno, nel
luglio del 1859,
sorveglianza e fuggito per
le
si
fraterno.
Ma
sottrasse a la
campagne, capitava
sfortunatamente innanzi ad un campo militare di soldati piemontesi presso Vercelli. Il suo contegno incerto, l'occhio smarrito,
sero in sospetto alcuni
soldati di cavalleria, che
supponendolo uno spione,
(1)
D'Atala, opera
l'aspetto sconvolto mi-
lo arrestarono,
citata, pag. 263.
chiuden-
377
dolo in un locale addetto ad uso di scuderia.
Il
da quel sospetto, una pistola tale esaltazione che, trovata in cadde da arcione in una delle selle colà riposte, si esplose un colpo neirorecchio, restando gravemente fedisgraziato, colpito terribilmente
senza sensi.
rito e
A
la notizia del
andava dal conte
avvenimento il Poerio Cavour ed, ottenuto ordine
triste
di
dell'immediata liberazione del Parenti, spediva a Vercelli
il
di lui per
ricondurlo
a£Pettaosamente
amico
Serino fido
prete
gli
passo rispondeva:
a
domandava "
e
compagno
Torino. Al Serino,
che
la ragione del triste
Io spia! Avrei potuto vivere
dopo simile onta, con
il
marchio
di spia!
„
(1).
Lo
sventurato guariva miracolosamente da l'orrenda ferita
;
ma
Cristina. Delirava
riportò
la
salute della Villa
di
continuamente e cercava spesso
di attentare a la sua vita tati
ed egli dovette
la follia rincrudeliva
essere custodito nella casa
:
uno di tali attenfemore sinistro (2).
in
frattura del
Tra atroci sofferenze spirava in quello stabilimento sanitario il 4 dicembre del 1859. VII. Le maggiori speranze per una insurrezione nel regno di Napoli si volgevano a la Sicilia. Q-li avvenimenti del 1848 avevano dimostrato quale impeto e vigoria di l'antica terra del vespri.
(1)
Castromkdiano, opera
spiriti
La
ribelli
serbasse
forza dell'armi aveva
citata,
voi.
2°,
pag. 138.
—
Archivio di Napoli, espulsi, fascio 3873. (2)
Rapporto del medico curante
suddetto.
dott. Salvati,
fasci»
378
potuto schiacciare
la
cosi diversi di
non estinguere
rivolta,
Lo alimentavano
fuoco.
l'odio contro
temperamento
oppressione, che pesava su razioni di autonomia,
i
e di indole, la
l'isola, le
veccMe
dura aspi-
in varie
comitati segreti
i
il
napoletani,
città siciliane, l'opera costante degli esuli special-
mente
Genova
di
e Malta.
Da
molti anni Nicola
Fabrizi stava in Malta intento a preparare una
sommossa in Sicilia. La polizìa esercitava su le relazioni tra
la
più accurata sorveglianza
con gli emi da quelli tra
liberali dell'isola
i
grati e cercava di ottenare rivelazioni essi che,
per grazia sovrana, ritornavano in patria.
Uno
questi,
liano,
di
rivelò
un
Salvatore
tale
alcune
riunioni
nell'agosto del 1855 per
,
napoletani
Casimiro
De
e
sici-
Genova
promuovere una
in Sicilia. Vari fuorusciti tra cui Rosalino Pilo,
M
tenute in
rivolta
siciliani,
Lieto,
Vin-
cenzo Fornarelli (1), Emerico Amari, il barone D'Ondes, Luigi Orlando, Francesco Ferrara, Vincenzo Fusca, Enrico Cosenz, Giovanni Interdonato,
Bertolami ed uniti,
in
il
priacipe di Scordia
si
sarebbero
Giacomo Coppola, con uno sbarco di emigrati nel-
casa del barone
Garibaldi per stabilire
In un'altra riunione si sarebbe dato inal Fusca e ad un tale Visiano, e tre di Palermo, di andare colà per prepa-
l'isola (2).
carico al tutti
M
,
Napoletano. Nota del luogotenente del re in Sicilia al ministro degli esteri in data di Palermo 28 dicembre 1886 pub(1)
(2)
blicata dal
GuARDiONB,
Oliera citata, voi. 2», pag. 102.
379
rare
il
terreno. Essi sbarcarono a Malta
dati al Fabrizi,
che
raccoman-
doveva procurare
loro
una
speroìiara inglese per condurli a Castellamare del
ma non
il Fusca tornò due andarono a Tunisi. Il 22 novembre 1856 il barone Francesco Bentivegna, come ho precedentemente accennato, promosse la rivolta in alcuni comuni della provincia di Palermo. Una compagnia di cacciatori di linea, guidata da guardie urbane, sorprese i
Golfo
;
a Genova; gli
potettero ottenerla
;
altri
un casolare e li condusse nelle carceri Palermo (1). Nonostante l'arresto del Bentivegna si sperai da gli esuli che il moto si estendesse e si pensò a soccorrerlo. Il 9 dicembre 1856 alcuni di essi
rivoltosi in di
residenti in Torino,
Vare, rinterdonato,
Tommaseo,
il il
Gemelli,
il
il
Cosenz,
Mordini,
il
il
La
Masa, anche per incarico di molti loro compagni' andarono dal Pallavicino per invocare aiuto in prò degli insorti. Il Pallavicino promise tutto il suo appoggio e diede settemila lire per l'acquisto di fucili da mandarsi in Sicilia (2).
La
notizia
della
fucilazione
avvenuta in Mezzoiuso
il
23
del
Bentivegna,
dicembre per sen-
tenza di un consiglio di guerra, troncò
De
le attese,
libro 14°, pag. 341. In Nagennaio 1857 molti arresti di liberali, tra cui Avitabile, Mascilli, Matina. (2) Maineri, opei-a citata, pag. 249, lettera di Pallavicino a Manin del 10 dicembre 1856 Pallavicino, Memorie, pag. 354. (1)
Sivo, opera citata,
poli seguirono nel 9
—
380
non
le
speranze degli emigrati
Il cav.
(1).
ministro napoletano in Torino riferiva guito a i
le notizie
venute da
la Sicilia,
ma
preparativi di una spedizione,
Canofari
clie, in
se-
erano cessati proseguiva la
danaro e di sottoscrizioni per opera specialmente del La Cecilia, del La Masa, del raccolta di
La
Farina, del Di
del aemelli
La
San Donato,
dell' Anguillara
e
(2).
vigilanza su gli
grandissima a
era
esuli
G-enova da parte del consolato
napoletano.
Dal
aveva diretto Domenico Morelli. mente volpina che, coadiuvato dal vice console Anfora, si avvaleva di tutti i mezzi per tenersi informato delle pratiche e dei discorsi dei numerosi proscritti dimoranti nella cittĂ . Accarezzava coloro, che gli sembravano meno restii, con promessa di appoggiare
1848
1851
al
lo
Gli successe Ippolito Garrone,
domande
le loro
di grazia per
rimpatrio e te-
il
con pieno successo. Alcuni nella piĂš squallida miseversavano proscritti dei ria ed egli ne profittava per ottenere, mediante
neva spesso
la parola
E purtroppo uno
denaro, rivelazioni e confidenze.
o due
(1)
si
prestarono al triste ufficio
Gli esuli
12 gennaio
1857
siciliani
in
Torino
un funerale per
(3).
fecero il
celebrare
il
Bentivegna nella
S. Maria degli Angeli. Nota del Carafa del 20 dicembre 1856, Guardione, Dominio dei Borboni in Sicilia, pag. 162.
chiesa di (2)
Il
(3) Il
BiLOTTi, nel lavoro
piĂš
volte citato, pag. 57 e
seguenti, dĂ interessanti notizie su l'opera
Garrone a Genova.
del
console
381
Divenne più intensa l'opera del console nel corso del 1859 quando si cominciò in G-enova a sussurrare di preparativi per uno sbarco di emigrati su le coste del regno sotto
il
comando
Garibaldi. Il Gar-
di
rone, con lettera del 10 agosto 1859 (1) informava
suo governo di
il
tali
vidi e premurosi gli
Lieto, Il
Romeo
figlio
mene notando tra esuli
ed
il
più fer-
i
Stocco, Mazziotti,
De
calabrese Soraci.
prete
cav. Carafa, ministro degli esteri in Napoli,
ordinava
marchese Antonini
al
ambasciatore a
Parigi di rivolgere per mezzo del governo francese severe rimostranze al governo i
sardo contro
si ordivano a Genova. L'Antocon lettera del 4 agosto 1859, riferiva che
preparativi che
nini, il
conte "Walescki ministro degli affari esteri fran-
aveva assicurato che avrebbe scritto a quoique tout 9a ait l'air d'un canard „. " Monsieur le queste parole l'Antonini rispose
cese
lo
"
Torino
A
:
comte, beaucoup de nouvelles qui avaient
canards se sont dernièrement trouvóes des contestables
rapporto
"
:
Russia ed in caso di
di
nuovo a
y^.
parlato pure con l'ambasciatore di
ministro di Prussia dicendo loro che
una repressione energica non la barbarie del
Le informazioni esatte.
(1)
governo
i
si
gridi
„ (2).
napoletano
del console
Durante l'anno 1859 ed
erano
primi mesi del 1860
Archivio di Napoli, ministero
degli
esteri,
lato di Genova, fascio 2650. (2) Ivi,
de
L'Antonini soggiungeva nello stesso
Ho al
l'air
faits in-
consolato di Genova, fascio 2650,
conso-
382
durò tenace e esuli
diretti
destare una
continuo
Poerio
dal
sommossa
lavorio da parte degli
il
e
in
da
lo
Spaventa per
Napoli simultaneamente
ad una invasione di Graribaldi negli Abbruzzi (1). Corrispondevano a tale oggetto con il Comitato deìVOrdine di
Napoli.
D'altra
parte
Crispi,
il
adoperavano ad una insurrezione nell'isola. Il Crispi con passaporto falso andò il 16 luglio 1859 a Messina e poi a Catania, a Siracusa ed a Palermo e tornò il
Pilo e
a Messina
esuli
gli
il
siciliani
si
15 ottobre per spronare a l'azione
suoi amici ed
i
comitati
(2).
Rosalino
Pilo
i
con
ed infuocate lavorava anche egli stesso intento ed il 22 marzo 1860, stanco
lettere vibranti
a lo
degli indugi, parti a la volta dell'isola nativa con
Giovanna Corrao su una vecchia paranza ed approdò il 9 aprile a Grotte presso Messsina (3). Si attendeva di giorno in giorno l'annuncio della
rivolta in Sicilia e
da ogni parte
denari ed armi per soccorrerla.
Il
sì
raccoglievano
Mazzini,
il
Mario,
ed il Quadrio desideravano che assumesse carattere apertamente repubblicano e volevano a capo della spedizione il Garibaldi comprendendo il grande
Del Giudice, /
—
Poerio, pag. 57 EafSpaventa ed i suoi tempi, « Nuova Antologia », luglio 1893. Lo Spaventa andò a Firenze per intendersi a tale oggetto con gli emigrati napoletani in Toscana, ma giunto a Bologna seppe l'arresto di Garibaldi alla Cattolica e tornò indietro. (1)
FAELE De Cesare,
fratelli
Silvio
(2)
Crispi, opera citata, pag. 81.
(3)
Paolucci, Bosaliìio
Pilo, pag.
210.
383
prestigio di
masse ed
lui
che solo poteva entusiasmare le
affidare del successo.
Gli esuli napoletani e siciliani di parte costituzio-
nale
si
adoperavano anche essi a suscitare un moto ma con intendimento assai diverso. Molti
nell'isola,
di essi, nelle elezioni indette per
Sardegna
nell'antico regno di
marzo
il
e
nelle
del
1860
provinole
annesse, erano stati eletti deputati, splendida af-
fermazione del concetto nazionale.
Il
Poerio
ri-
ad Arezzo ed a Livorno, il Bonghi a Belgioioso, il Busacca a Borgo S. Lorenzo, il Carrano a Codogno, il Conforti a Broni, il Cosenz a Como, il De Blasiis a Bibbiena, l'Imbriani a Pisa, il La Farina a Busto Arsizio, il Longo a Bagnolo, il Mancini a Sassari, il Massari a Castiglione Fiorentino, lo Scialoia a Moncalvo. Essi avevano frequenti rapporti con il conte di Cavour e, in comsultò eletto
pleto accordo con in Sicilia
lui,
non desse
desideravano che ragit?.zione
il
sopravvento a
i
mazziniani
temevano sovratutto che costoro volgessero
le
:
armi
dei volontari
contro lo Stato pontificio: ciò che avrebbe prodotto un grave e pericoloso conflitto con la Francia.
Li mezzo a tante opposte correnti giunse la Palermo del 4 aprile e della formazione di numerose bande nell'isola. L'ora stringeva: parecchi moderati e mazziniani
notizia dell' insurrezione di
si
unirono a preparare la spedizione di soccorso,
specialmente Farina. si
il
La voce
Medici,
il
Bixio,
il
Bertani,
il
della prossima partenza di essa
propagò in Piemonte e nella Lombardia e da
ogni parte affluirono in Grenova
gli
antichi sol-
384 dati
a
G-aribaldi
di
rosi di
e
giovani
Genova
deside-
gagliardi
prender parte a la ardita impresa.
Un
esule
tuttora vivente ha narrato (1) che nei
primi di aprile del 1860, vice governatore
in
il
cav. Pietro
Genova,
grati politici Giuseppe Natoli, fessore Luigi Mercantini,
il
il
Ricciardi,
Nazari ed
un comitato
a costituire subito
Magenta
consigliò gli emi-
di
per aiutare, non tanto, egli diceva,
il
il
pro-
Mazziotti
emigrazione gli
emigrati
trovavano a Genova generalmente non bisognosi, quanto quelli che certamente vi sarebbero attirati da prossimi avvenimenti. Non che allora
disse egli
di
si
ma
più,
taceva
nomi indicati, a vide
lasciava indovinare quello che Il
(2). i
Chiossone,
comitato
si
prof.
il
con
costituì
quali vennero aggiunti
Emanuele
il
dott.
i
Da-
Celesia,
il
Bruzso e l'avvocato Pantaleo Bosso ed ebbe sede in Via Canneto Lungo. Esso diramò il 18 aprile a i numerosi esuli re-
dott.
sidenti in
Genova
({uesta
costituiti in
toscritti
breve circolare:
I sot-
giunta provvisoria, col fino
di rappresentare l'emigrazione in Genova, fa
"
italiana
istanza a coloro fra
gli
residente
emigrati
(1) Prof. Luigi Nazari. Il racconto è riprodotto nel pregevole lavoro di sua figlia Ida Nazari-Micheli intitolato: Cavour e Garibaldi nel 1860, cronistoria documentata, pag. 70, Roma, Tip. Cooperativa Sociale, 1911. (2) Il Magenta coadiuvò poi di intesa con il Cavour
a far trasportare le armi necessarie a la spedizione da la stazione di Genova a Villa Spinola (Tebvblyan, Garibaldi e
i
Mille, pag. 238).
.
385
che vogliano contribuire a prò' della santa causa presto il
A
le
al peculio afifincliè
da
costituirsi
rechino al più
loro offerte al barone Mazziotti e versino
al porgitore segnando la somma versata „ margine della circolare sono indicati alcuni
denaro
Damiano Assanti, Casimiro De Mauro, Ulisse De Dominicis (1). Con le
versamenti Lieto,
I.
somme
di
massima parte con somme Magenta, vennero somministrati mezzi di sussistenza a molti giovani arrivati in Grenova in tale circostanza e forniti passaporti a un gran nuraccolte, e nella
fornite dal
mero
di essi che partirono per la Sicilia
come ope-
rai e con la simulata destinazione di Malta
(2).
G-Ii
dimoranti in Firenze formarono, per soccor-
esuli
il moto siciliano, un comitato permanente composto dal Tupputi, dal Bellelli, dal Malenchini, dal Menotti e dal Vannucci (3). L'annunzio dell'insurrezione siciliana, giunto a Torino soltanto la sera del 6 aprile (4) en-
rere
tusiasmò
gli esuli.
La
Società
mosse una sottoscrizione per
dell'importante avvenimento, i
più
caldi
(1) Il
comitato
loro
si
voti,
sciolse
che
gli esuli
il
nazionale
aiutarla.
pro-
In presenza
rispondeva a meridionali re-
6 giugno del
1860.
Con
lettera dello stesso di, pubblicata nel giornale genovese II
Movimento, due dei componenti del comitato, il Ricciardi ed il Mazziotti resero conto del denaro raccolto e delle spese erogate. (2-3)
Chiala, opera citata, voi. IV, pag. ex.
Nota del
cav. Carafa al governo napoletano, del 30 aprile 1860, pubblicata dal Guaedione, opera citata, (4)
pag. 237. 25
386 sideriti
a
Torino
tesa circa l'opera
stimarono loro
Si raccolsero la sera
del
7
una
necessaria
quei
in
in-
gravi momenti.
aprile
in
casa Fiu-
Tommasi, Giovanni Interdonato, Griuseppe Lamasa, il Duca di San Donato, Gr. Del Castillo, Cesare Braico, il Duca di Caballino, Pietro Interdonato, RafĂŹaele Busacca, Leopoldo Sarnelli, Odoardo Gaetani, Diomede Marvasi, Pietro Leopardi, Giuseppe La tino
i
due
Fiutino,
Salvatore
Gaetano De Pasquale, Enrico Amato, Filippo Cordova, Angelo Raffaele Piccoli, Giuseppe Bracco, Filippo Patella, Emanuele Bisignano, Gennaro De Filippo, Achille Argentino, G. B. Pentasuglia, Ruggero Bonghi, Domenico Valente, Francesco Stocco, Giovanni Ricciardi, Mario Palizzolo, Luigi Fraine, Tommaso Notare, Rocco Morgante, Raffaele Travia, Rocco Piccolo, Giuseppe Pisanelli, Mariano FioFarina, Giacinto Carini,
rentino, P.
S.
Mancini,
Cesare
Raffaele
Oliva,
Gaetano Cammarota, BiaMiraglia, Chindemi, Antonio CicSalvatore gio cone, Angelo Oddo, Luigi Oddo e Giovanni RafConforti, Raffaele Pirla,
faele.
L'adunanza volle affermare nettamente il conun completo accordo delle forze rivoluzionarie con la dinastia di Savoia e con il governo piemontese per la redenzione del mezzogiorno di Italia (1). Nominarono un comitato composto del cetto di
Poerio, del
La
Farina,
del
Pirla,
del
Conforti,
(1) Il Salazaro, opera citata, dice che degli quattro presenti solo quattro dissentirono.
ottanta-
387 dell' Interdonato, del
Mancini e del Pisanelli
(1). Il
giorno dodici con un indirizzo a stampa diretto al
"
conte di Cavour, esprimevano
la loro
grande
esultanza per l'unione delle provincie centrali alla
monarchia ed le
il
loro voto e la loro fede che anche
d'Italia avrebbero con-
Provincie meridionali
corso
alla
conquista
della
grande patria italiana „. Sono note, per il racconto incertezze e le
crudeli
reintegrazione
di varii scrittori,
sceva
esattamente se
il
le
alternative che precedet-
Non
tero la partenza della spedizione.
rasse, se
della
moto
si
cono-
Palermo perdu-
in
fosse esteso in altre provincie e quale
si
le bande insurrezionali che campagna. Le notizie da l' isola venivano con ritardo da Malta per mezzo del Fabrizi in telegrammi cifrati. Stabilita la partenza venne sospesa e licenziati molti volontari per un telegramma del Fabrizi che dava sfavo-
sorte avessero avuto
scorazzavano
la
revoli informazioni. "
Vi erano a Genova
correnti le
:
i
„
scrive
il
Calvino
"
due
favorevoli a la spedizione e quelli che
erano piuttosto avversi, non per mancanza di
patriottismo,
ma
per varie considerazioni sulla dif-
ficoltà dell'esecuzione e dell'esito:
che non erano da dispregiare
(1)
Verbale
pubblicato
(2).
considerazioni
Uomini
di pro-
da Giovanni Olivieri, / Fiu-
tino nel risorgimento nazionale, pag. 103. Il Salazaro ag-
giunge Fiutino, Imbriani, Stocco. (2) Note di Salvatore Calvino su la spedizione dei Mille pubblicate dal Guardione opera citata, pag. 884.
—
—
vata audacia, come
il
Medici ed
il
Sirtori
non nu-
trivano fede nel successo dell'impresa. Il Sirtori disse al
La Farina che
a la partenza,
incitava
Voi sarete responsabile del sangae di Garibaldi „ (1). Graribaldi stesso non nascondeva me"
nomamente
Un
grandi difficoltà del
le
nuovo
telegramma del
che l'insurrezione
successo
Fabrizi
nell'isola persisteva.
Vuoisi che
questo secondo telegramma di rettifica fosse
foggiato dal Crispi:
(3)
ogni
in
(2).
assicurò
al
primo
modo
la
partenza fu risoluta ed avvenne nella notte del
5 maggio. Partirono tra
i
mille gli esuli siciliani
La Masa, Giacinto CaVincenzo Giordano Orsini, Mario Palizzolo, Alessandro Ciaccio, Giuseppe Oddo Salvatore Ca-
Francesco Crispi, Giuseppe rini,
Giuseppe Campo, e gli emigrati napoletani Vincenzo Carbonelli, Nicola Mignogna, Tito Trisolini, Francesco e Vincenzo Sprovieri, Domenico Mauro, Francesco Stocco, Antonino Fiutino, Achille Argentino, Giuseppe Fanelli, Francesco Bellantonio, Angelo Raffaele Piccoli, Rocco Morgante. tiglia
La
ed
i
fratelli Achille e
provincia di Salerno dette a l'ardita spedi-
zione nove dei suoi
figli,
cioè
Giuseppe Pessolani,
Ovidio Serino, tutti e due dei deportati di Cadice, Antonio Santelmo, Leonino Vinciprova, Vincenzo Padula, Michele Magnoni, cesco
Paolo
e
Michele
(1)
La
(2)
Trevetlan, opera
(3)
Palamknghi
i
fratelb Fran-
Del Mastro, e Filippo
Farina, epistolario, voi.
1°,
pag. 432.
citata, pag. 256.
Crispi, / Mille.
389
compromessi
Patella, tutti
lento del 1848
nelle
sommosse del
Ci-
(1).
Griuseppe Pessolani di Atena
neva a famiglia
Lucana apparteSuo padre Sa-
di antichi patrioti.
verio Arcangelo, per la parte presa a
i
moti del 1820
e del 1828, aveva avuto condanna a morte com-
mutata nelPergastolo che
egli scontò nell'isola della
Pantelleria fino al 1833. Griuseppe, nato
era in
stato
provincia
anche ferri,
A un
uno
egli,
a
il
1807,
1848
dei capi delle agitazioni del di
Salerno,
ed
aveva,
in
seguito
condanna di morto commutata nei
passato circa dieci anni nei bagni penali
(2).
Torino, per sostentare la vita aveva intrapreso piccolo negozio
di
stoffe e
di chincaglierie.
Lombardo come semplice soldato della terza compagnia, comandata da Francesco SproPartito sul
combattè valorosamente a Calatafimi e a presa di Palermo, ove fa promosso capitano,
vieri,
la
e poi
Milazzo. In
a
un
rapporto, che
lo
Spro-
da Milazzo il 22 luglio a Garibaldi su quel combattimento si legge " Il bravo capitano Pessolani cadeva a la testa della propria compagnia gravemente ferito in una coscia ed al capo: e pure non si ristava di rincorare i suoi. Io raccomando questo prode a la considerazione di V. S. perchè trovi il meritato compenso in un avanzamento ove venisse a sopravvivere „ (3). vieri
faceva
:
(1)
Elenco dei Mille, pubblicato nel supplemento a
la
Gazzetta ufficiale del Regno del 12 novembre 1878. (2) (3)
In questo stesso volume, cap. 8°. Relazione pubblicata nell' opuscolo di Benedetto
Giordano
«
Un
cosjnratore alenate
»
,
pag. 37.
390
Lo
stesso Pessolani narrava che,
campo
ferito sul
nico gli
di battaglia,
impose
di
consegnargli
Il
meglio con
la sciabola,
ferito
i
ma
che
ciò
l'altro
gli
arrecò
una
fronte. Fortunatamente un colpo
stramazzare quel soldato
di fucile fece
nuti dipoi
tutto
procurò di difendersi a la
possedeva.
piccola ferita a la
mentre giaceva
un soldato borbo-
compagni
e,
sopravve-
del Pessolani, questi
venne
portato nell'ospedale militare di Barcellona, ove
ri-
rimase per circa due mesi passando dipoi nell'ospedale di S. Sebastiano
(?)
in Napoli.
Uno scrittore
(1)
da cui desumo queste notizie, riferisce che il Pessolani, a le promesse di un posto ben retribuito o di un eccezionale compenso che gli si faceva, avesse risposto " di non aver bisogno di nulla e bastargli l'onore di avere sparso il sangue per la patria „. Neil'
agosto del 1861, collocato a
ri-
poso per infermità con una meschina ed irrisoria pensione, tornava al suo paese nativo ove tenne con
onore
l'ufficio di
sindaco.
Sorpreso da grave ma-
23 novembre 1875 (2). Ovidio Serino di Francesco, nato il 5 aprile 1813 in Carife, villaggio del comune di Mercato Sanse verino, era un prete ardito e vigoroso. Nei moti lattia cardiaca
soccombeva
il
del Cilento del 1848 era stato Vapostolo della
(1)
ri-
Opuscolo indicato.
Accenna a lui anche il libro di Michele Lacava Storia di Atena Lucana. Il D'Ayala scrisse su la morte del Pessolani nel giornale « il Pungolo ». Aveva sessantanove anni essendo nato in Sala Consilina da Vincenzo Pessolani ed Angela Vecchio, il 27 marzo 1806. (2)
391 volta,
come
speciale
disse la sentenza
di Salerno del
condannò a morte.
Ho
Gran Corte
della
22 gennaio 1851 già
narrato nei
che lo capitoli
precedenti come, commutatagli la pena, stette
a
lungo in galera e come fu anche egli imbarcato per la deportazione in America. Raggiunse nell'impresa dei Mille il grado di maggiore e segui Garibaldi fino al termine di essa. Ritrattosi quindi nel suo paese vi morì
il
5 febbraio 1886 nell'età
di 73 anni.
Antonio Santelmo fu Michele, nato in Padula 25 dicembre 1815, aveva contribuito con i suoi germani Francesco e Vincenzo ad estendere nel il
nel sao distretto nativo la neria ed a i
fratelli,
la
i
setta
gno 1851, li birono un novello
arresto ed
in seguito a la spedizione
dovette andare in a
i
Mille.
Nuova Carlo-
moti del 1848, Arrestati tutti e tre Gran Corte di Salerno, nel 10 giuassolse per non provata reità. Su-
un
altro processo
di Sapri
ed Antonio
a Genova, ove si ascrisse ebbe una ferita al ginocchio.
esilio
A Calatafimi
Leonino Vinciprova, nato in Omignano il 14 marda Pietro Paolo Vinciprova ed Elisabetta Elia, era stato, come ho narrato in altro scritto (1), uno dei capi delle rivolte cilentane del gennaio e del luglio 1848. Fuggito a Roma, dopo r insuccesso di esse, aveva preso parte a la difesa della repubblica, poi caduta questa erasi ricoverato a Genova, donde partì con i Mille. zo 1809
(1)
Carducci^ in tutti e due
i
volumi.
392
Vincenzo Padula fu Maurizio, sacerdote, nato in Padula il 16 ottobre 1831, era uno dei più operosi liberali, della
sua contrada, ed aveva subito
l'esilio. Imbarcatosi con combattè anch' egli a Calatafimi. Ferito a battaglia di Milazzo dovette assoggettarsi nel-
persecuzioni, arresti e poi G-ariba'di la
1860 a l'amputazione di una gamba, mori in Barcellona di Sicilia. Un decreto di Garibaldi del 24 settembre 1860 dispose: " È promosso a maggiore il capitano Vincenzo Padula, caduto gloriosamente a Milazzo „ (1). Michele Magnoni di Ratino, nato il 2 diceml'agosto del
in seguito a la quale
bre 1829,
era
stato
giovanissimo tra gli insorti
del Cilento del 1848. Arrestato, stette vari in carcere durante
i
quali lavorava
smo a preparare un movimento
anni
con entusia-
nel Cilento a l'ar-
compagni di lui. Man-, dato in esilio si recò a Genova il 20 aprile del 1860 e combattè tra i Mille. Mori improvvisamente a Salerno il 6 novembre 1889 destando il più afrivo del Pisacane e dei
fettuoso rimpianto in tutta la provincia, fiera dell'opera lunga e tenace
del
benemerito cittadino.
Michele Del Mastro fu Carmine, nato in Ortodonico
il
6 marzo 1827, aveva fatto
le
sue prime armi,
giovanissimo, nelle insurrezioni del Cilento. (2)
come
mani
dei
narrato in questo stesso volume
audacemente
(1)
Giornale
(2)
Gap.
lo,
a levare da
ufficiale di
pag. 20.
le
Ho
riuscisse
gendarmi
Napoli del 28 settembre 1860.
393
SUO fratello Francesco Paolo. Dopo una lunga
la-
germani fuggirono a Genova nel
due
titanza
i
maggio
del 1850, partirono
insieme tra
Mille e
i
combatterono a Calatafìmi. Il 1° giugno del 1860 a la presa di Palermo Michele riportò una grave ferita al braccio sinistro
Sopraggiunta
la
con frattura dell'osso
(1).
cancrena, quel valoroso mori la
mattina del giorno 9 rassegnato e tranquillo. Le sue ultime parole furono per la patria e per tello
che
si
il
fra-
trovava in altro comune anche egli
Nei giornali del tempo si legge: " Safacevano i funerali a Michela Del Mastro
ferito (2).
bato
si
di anni treritatrè, soldato della
Da
dei cacciatori delle Alpi.
sesta
compagnia
l'ospedale
feretro
il
fu accompagnato dai legionari, dal clero, dai pò polo e da molte signore del paese vestite a bruno, e trasportato nella chiesa di S. Antonio dei Francescani. Il padre
Giovanni di Castelvetrano disse
alcune commoventi parole sulla spoglia del generoso ribelle
„
(3).
Francesco Paolo Del Mastro,
ebbe
i
gio 1825. Nella
battaglia
eroicamente
portò
e
di
il
Calatafìmi
9 magsi
una grave campo al grado
riporto
Garibaldi lo promosse sul pitano.
fratello di Michele,
natali parimenti in Ortodonico,
Mori nel 1904
comferita.
di ca-
in Ortodonico.
Filippo Patella fu Giuseppe, nato in Agropoli il
26 marzo
(1-2)
Da una
1817,
lettera
era
di
Mille, la quale è presso di (3)
Menghini,
La
parroco
nel
suo
paese
Leonino Vinciprova, uno dei me.
spedizione garibaldina, pag. 99.
394
quando scoppiò nel Cilento naio 1848. Egli, che rarlo,
il
moto
del
gen-
aveva contribuito a prepa-
guidò una delle colonne insurrezionali. So-
pravvenuta
la reazione
andò a
Roma
e prese parte
a la difesa de la repubblica, quindi fuggi a Ge-
nova, ove
bravamente cora
il
il
1860 s'imbarcò tra
i
Mille
e
fece
suo dovere. Molti lo ricordano an-
professore
e
preside nel liceo
Umberto
di
un aspetto alquanto burbero nascondeva un'anima buona di fanciullo. Mori in Napoli, molto compianto da gli amici, da la cittadinanza e sopratutto da i numerosi suoi discepoli, il dì 11 gennaio 1898.
Napoli. Sotto
CAPITOLO XVI. Liberazione.
—
Sommario promessi
Provvedimenti del governo per
I.
politici -
i
com-
Amnistie, commutazione di pene e
berti
— II. Vicende del Nisco, del Pironti e del Lam— III. Nuovo indirizzo del governo napoletano
dopo
la
grazie
morte
Ferdinando
di
li. -
Mutamenti
di fun-
giugno 1859 - Vane
zionarli politici - Indulto del 16
premure della famiglia del Pironti - Liberazione del IV. ProvvediLamberti e di molti relegati politici menti per i condannati cui si era concesso la commuV. Il decreto del 16 giutazione della pena neir'esilio
—
—
gno 1859
e gli esuli -
La
grazia a Michele Aletta
-
—
Esclusione del Nisco da la grazia VI. La concessione dello Statuto in Napoli - Amnistia generale per VII. L'amnistia e gli esuli - Proi delitti politici
—
teste del
Mancini e
del Poerio contro le pratiche del
governo napoletano per una alleanza con il Piemonte - Riunione degli esuli napoletani e siciliani a Firenze - indirizzo
regno
—
tornare
del Settembrini
VIII. nel
Il
a la parte liberale del conte di Cavour esorta gli esuli a
regno
-
Una
lettera
del
Pisanelli - Il
Poerio ed altri ricusano di tornarvi durante il dominio IX. Ritorno di molti esuli - Dimostradei Borboni
—
zioni in Napoli a l'arrivo di essi.
governo di Napoli, per attenuare la tensione con l'Inghilterra e la Francia, aveva cerI.
Il
cato di sfollare le
carceri
e
le
galere largheg-
396
giando in grazie ed in concessioni. Già,
un decreto
1852,
fin
dal
reale, pubblicato nel giornale del
22 febbraio, aveva abolita l'azione penale per cento cinquantuno detenuti e duecento quarantasei contumaci imputati di lievi delitti pò litici. Negli anni successivi, salvo per i condannati e per gli esuli ritenuti pericolosi, bastava una regno
il
supplica con le consuete dicliiarazioni
mento
di penti-
promesse dì fedeltà per conseguire condono della pena od il rimpatrio. Per alcuni condannati il governo commutò e
pena residuale dei
ferri
nella relegazione.
il
la
Cosi,
per effetto di un decreto reale del 18 marzo 1856, moltissimi condannati, tra di Salerno,
i
quali, della provincia
Lucio e Salvatore Magnoni da Ratino,
Domenico Celestino Sabbatella da Cavallo da Trentinara,
Felitto,
Angelo
Pompeo De Angelis
e Ni-
Durazzo da Castellabate,' Giuseppe Farro e Pasquale Santomauro da Capaccio, Cosmo Postiglione da Eboli, Nicola Pecori e Vincenzo Pirrone da Sacco ed Angelo Pavone da Torchiara, tolti da la galera, andarono relegati nelle isole (1). cola
Quando
si
trattava di condannati molto vecchi
od infermi ovvero intervenivano raccomandazioni di persone della corte o di alti personaggi,
il
go-
verno concedeva ancbe grazia completa. Un decreto reale del 10 gennaio 1859 la largì a un gran
numero
(1)
di condannati a la galera tra
i
quali, della
Prefettura di polizia, anno 1809, fascio 806, incart. 37,
voi, 148, parte 1».
897
provincia di Salerno,
Michele
Domenico
'Q-atto,
Puglia, Francesco Giordano, Onofrio Stornelli, Co-
Mautone, Pasquale SoAntonio Ronzio da Vatolia, e Giuseppe Vitagliano da Rocca Cilento (1). stabile Guariglia, Alessio
nora,
Ma
l'espediente migliore, per liberarsi di gente
sembrava a
molesta,
cosi
i
ministri
napoletani,
quello adottato nel gennaio del 1859 per
ed
i
compagni
di
lui
il
Poerio
imbarcandoli per V
Ame -
rica.
Non
sero
sfuggire a la loro sorte approdando in Ir-
si
prevedeva allora che costoro potes-
landa. Il governo borbonico, nell' illusione di aver
finalmente
risoluto
nel
modo
piĂš felice l'incre-
mecommutando ad
scioso problema, pensò di applicare lo stesso
todo
molti altri condannati,
a
essi la
pena residuale dei
ferri nell'esilio
perpetuo
dal regno.
Anzi, per far mostra della maggiore longani-
mitĂ
volle interrogare
si
i
condannati se fossero
disposti ad andare in esilio. Quasi tutti quelli, che
vennero interrogati, accettarono: fra teo Placco,
compagno
gli altri
Mat-
del Settembrini a S. Ste-
la dettatura di il bravo giovane che sotto aveva scritto la traduzione dei dialoghi di
fano, lui
Luciano. Consentirono parimenti, della provincia
1860 tenente nella guardia 10 aprile 1863 venne trucidato da ignoti malfattori lungo la via che da le Mattine conduce ad Ogliastro. (Incartamento dei danneggiati po(1) Il
Vitagliano fu
nazionale
litici
del
nel
suo paese.
Il
napoletani n. 57065 presso
il
Ministero dell'interno).
398
Lorenzo Carnevale di Scorzo (1), Rafuno dei più fidi segaàci del Carducci nei moti del Cilento del 1848^ Filippo Senese di Oliveto allora nel bagno di Ischia, Felice Delli Paoli e Francesco La Greca di San Mango Cilento, Raffaele Lerro di Omignano, Domenico Picene di Torchiara, Francesco Pastore di Sarno, di Salerno,
faele G-innari,
Raffaele Ferolla di Catona, villaggio del
comune
di Ascea, Gaetano Capezzoli di Monteforte, Felice Barone di Eboli (2). Un decreto reale del 18 marzo, 1859 commutò per costoro e per parecchi altri la pena dei ferri nell'esilio perpetuo (3).
Ma
importanti avvenimenti fecero sospendere
Fesecuzione del decreto. In quei giorni ciava imminente
nove del mese reggia di
dinando,
la
guerra
contro
si
annun-
l'Austria;
il
marzo era giunto da Bari nella Caserta, gravemente infermo, il re Fer-
E
di
nello stesso giorno
si
seppero con
la
più viva sorpresa, dal governo di Napoli l'approdo del Poerio e dei
compagni di lui in Irlanda e le da essi ricevute! Come pen-
festose accoglienze sare,
dopo questa notizia e fra
tali
preoccupazioni,
a r imbarco di altri condannati per l'America?
(1)
Il
Era compreso nel decreto relativo al Poerio ed a ma non potette allora partire dal bagno di Mon-
gli altri,
tesarchio perchè infermo. (2)
Ministeriale dei LL. PP. del 22 febbraio, archivio
di Napoli, Ministero di giustizia. (3)
rolla, il
Archivio di Napoli, il
Ginnari,
Barone, ed
il
ivi, fascio 50. Il Picone, il FePastore erano al bagno di Procida, Capozzoli nel castello di Montesarchio. il
399
provvedimento sovrano non ebbe allora alcun effetto e non si pensò neanche, per il momento, al Nisco, al Pironti ed al Lamberti, rimasti in galera dopo la partenza dei loro compagni per Cadice. II. Il
Nisco aveva ottenuto, ad istanza della
moglie, di andare in Baviera presso si
attendeva per farlo partire
verno bavarese. Durante il
il
tali pratiche,
Nisco restò, con la catena
suocero e
il
consenso del go-
non
di Montesarchio che a l'uscita di lui
doveva per
ordine reale essere chiuso, trasferendosi gli detenuti
in
altri
brevi,
al piede, nel castello
luoghi di pena
(1).
Il
altri
governo
bavarese diede finalmente
Nisco venne
il
il suo assenso, ed il 22 marzo 1859 trasferito nel car-
cere di Avellino e poi polizia in Napoli. Il 1°
il
17 aprile in quello della
maggio del 1859 fu im-
barcato su un piroscafo del Lloyd per Trieste; le autorità austriache
ma
ricusarono di concedergli
passaggio, ed allora lo sventurato fu
spedito
il
a
Malta ove giunse il giorno 4 accolto fraternamente da gli esuli napoletani (2). Anche il Pironti aspettava invano nella galera di Nisida l'adempimento della promessa fattagli da i commissari del re, allorché gli fu concesso di non imbarcarsi per Cadice. Costoro gli avevano
(1) Tale ordine fu dato dal re con lettera del maggiore Agostino Severino del 22 febbraio. (2) Adriano Nisco, Ricordi biografici di Nicola. Nisco,
pag. 130 e seguente.
400 detto: ci
"
Spinti dal dovere e consigliati da la pietà,
affrettiamo ad annunciarvi che, dietro nostro te-
legramma
in Puglia, S.
rispiarmiarvi
M.
disagi ed
i
per mare. Quindi vi
re
il
i
si
è compiaciuto di
pericoli di
speciale a Nisida, fuori
il
recinto della galera, dove
rimarrete sino a nuova disposizione abitazióne
comoda
un viaggio
assegna abitazione comoda e
si
e speciale
!
Egli
„ (1). si
Altro che
trovava assai
peggio di prima. Abituato per molti anni a
l'as-
compagni di sventura sentiva nel profondo dell'animo Famarezza e lo sconforto della separazione da essi. Nei primi giorni dopo di questa ebbe a fianco un bravo giovane che gli prestò tutte le cure, ma dopo breve tempo gli venne tolto. Il povero infermo scriveva il 15 febbraio del 1859 da Nisida a sua sorella Mariannina (2) " Io anderei alquanto mediocremente se non fosse l'abbandono in cui sono; dopo otto giorni perdetti quel buon giovine che mi era stato assegnato, e son capitato in maDi di un birbaccione che mi ha fatto soffrire gii estremi bisogni e se non era quest'ottimo ufficiale che ha ordinato ai soldati di avermi cura, sarei languito di stento. Mi raccomando a mio fratello Alfonso pel solito denaro perchè qui debbo pagare a chiunque mi stenda un braccio e tutto debbo far venire da Napoli e Dio sa che governo sistenza affettuosa dei suoi
:
Castromkdiano, opera citata^ voi. 2», pag. 144. Lettera esistente presso la famìglia Pironti e da essa gentilmente comunicatami. (1)
(2)
401 si
me
da questa gente. „ Finalmente una marzo 1859 ordinò il passaggio nel carcere del suo circondario; ma anche
fa di
ministeriale del 30 di lui
quest'ordine restò senza
ed egK
effetto
dovette
ancora continuare la misera vita nella galera di Nisida al pari di Pasquale Lamberti, che rimase parecchi mesi ancora nella galera di Precida. III. Intanto
il
22 maggio 1859 moriva in Ca-
serta dopo tormentosa malattia
Suo
figlio
Francesco II saliva
vive preoccupazioni per
essi le
trarono in trionfo.
Il
rare
maggiormente
re l'erdinando.
trono tra
le
più
successi degli eserciti
i
6 giugno
alleati contro l'Austria. Il
Magenta apriva ad
il
al
la vittoria di
porte di Milano, ove en-
conte di Cavour, per assicu-
le sorti della
guerra,
voleva
Piemonte il giovine ripugnava profondamente lo schierarsi sovrano, cui contro l'Austria. In mezzo a tante difficoltà, Fran-
indurre ad un'alleanza con
il
cesco II vide giunto l'istante di chiamare al gogiusta
verno,
il
consiglio
datogli negli estremi
momenti dal padre, il generale Carlo Filangieri. Questi propugnava un mutamento radicale nelindirizzo del governo e specialmente un accordo completo con il Piemonte e la concessione delle franchigie costituzionali. Il nuovo ministro prevedeva ardito
i
grandi ostacoli che
programma
;
ma
si
opponevano a
si
confidava di superarli gra-
datamente ed intanto, per
conciliarsi le simpatie
e l'appoggio della parte liberale, cambiava molti
Napoli e nelle provincie.
funzionari politici
in
Vennero tramutati
in gran parte gli intendenti
i
Botto- intendenti;
fra
l'altro
ed
nella provincia di
402
Salerno dove, con decreto del 30 giugno, in luogo dell'intendente cav. Salvatore Mandarini trasferito
a Caserta, andò
cav. Francesco Morelli antico
il
magistrato allora intendente nell'Abbruzzo ulte-
In pari tempo
governo disponeva l'animo del re ad atti di clemenza verso i compromessi politici. Un decreto reale del 16 giugno 1859 (2) condonò la pena residuale a i condannati riore
a
i
(1).
il
a la reclusione, a la relegazione ed a la
ferri,
non contemplati nei marzo 1859 (3). di quel provvedimento conseguirono 25 giugno successivo numerosi con-
prigionia per reati politici
decreti del 27 dicembre 1858 e 18
Per
effetto
la libertà
il
dannati, tra
i
della
quali,
provincia di Salerno,
G. B. Del Buono del comune di Futani, Giuseppe Cairone di Cicerale, Pasquale De Luca di Catona, Carmine
Magno
tonio Agrillo di Matonti, Eboli,
i
quali però
di Camelia,
Francesco
subirono
il
Angelo An-
Romano
di
domicilio forzoso
nei loro paesi.
Del provvedimento sovrano, cbe condonava a i condannati la pena residuale dei ferri, avrebbe do-
(1)
Giornale delle
Due
Sicililie
del
9 luglio
1859. Il
Mandarini era stato destinato a Salerno pochi giorni prima, cioè
il
9 giugno.
Giornale delle due Sicilie dello stesso giorno. (3) Il decreto 28 dicembre 1858 aveva, come ho detto nel cap. l4o, commutato la pena dei ferri in quella dell'esilio al Poerio e ad altri novanta condannati. L'altro (2)
decreto del 18 marzo 1859 conteneva, come ho narrato in questo stesso capitolo, eguale provvedimento per altri
cinquantotto rei di Stato.
403
vato godere anche
Pironti.
il
La
famiglia di
ansiosa di rivederlo libero dopo tanti anni,
si
lui,
diede
pratiche necessarie con la coope-
a,d affrettare le
razione specialmente del suo congiunto Giuseppe Belli, il
quale scriveva al Pironti, ancora in Nisida,
il
7 luglio 1859
vrana risoluzione cata
all'
"
:
Stamattina è pervenuta la so-
(1)
e in breve ora
ispezione, la quale
beratorie per te
e
ha
si
è comuni-
fatto subito le
per Lamberti.
li-
Potrò venire
prima ora per rilevarti, al più tardi „ Ignoro quali ostacoli sopravvennero rimanere il Pironti a Nisida fino al febfare per braio del 1860 quando fu inviato a domicilio forzoso a Monterò suo paese nativo. Tornò finalmente libero in Napoli soltanto nella primavera successiva accolto con vivo entusiasmo da la cittadisabato
a
domenica.
nanza.
Invece per
il
suo compagno Pasquale Lamberti,
compreso nella stessa ministeriale, non si incontradifficoltà. Il 13 luglio 1859 giunse a l'ospedale di Procida, ove egli si trovava ancora inrono
fermo, l'ordine di liberarlo. Corsero colà
moglie di
ed ebbero
lui Nicoletta
la gioia
la
Bianchini con tre
di ricondurlo
il
povera
figliuoli
giorno 23 in
Salerno, antica loro dimora.
In virtù dello stesso decreto del 16 giugno 1859 vennero prosciolti da la relegazione i due fratelli Lucio e Salvatore Magnoni da Rutino, Pompeo
(1)
Ministeriale del 7 luglio 1859, N. 2969, che ordinava
la liberazione del Pironti.
404
De
Angelis e Nicola Durazzo da Castellabate, Do-
menicantonio Bronzo
da Acquavella,
Giuseppe
Ametrano da Aquara, Giuseppe Farro da Capaccio,
Nicola Pecori e Vincenzo Pirrone da Sacco,
Cosmo
Angelo Cavallo da
Postiglione da Eboli,
Trentinara, Michele D'Alto di Diano ed Alfonso
Dragone da telleria.
S. Cipriano
che erano quasi
tutti
a
Gaetano Capezzoli che era alla PanFurono il 25 giugno trasportati a la
Ventotene
e
darsena di Napoli e di lĂ nelle carceri della polizia ove stettero parecchi mesio L' intendente di Salerno, con nota del 31 gennaio 1860, dichiarava
che sarebbe stata grave nella provincia li
i
relegati
imprudenza far restare ad essa appartenenti e
faceva inviare a domicilio forzoso in vari co-
muni specialmente a Mercato Sanseverino, ronissi
a Ba-
ed a Montefusco sotto rigorosa
sorve-
glianza.
IV. L'indulto del 16 giugno escludeva però espli
citamente
i
condannati compresi nel decreto del
18 marzo precedente, che aveva commutato per cinquantotto individui la pena residuale dei ferri perpetuo dal regno provvedimento rimasto ineseguito come ho precedentemente narrato. Bisognava pure prendere una risoluzione per costoro che languivano tuttora nelle galere dopo il provvedimento sovrano Lasciarveli ancora sarebbe stata una vergogna da sollevare giustamente nuove nell'esilio
:
!
ire e proteste
contro la corte borbonica
!
Libe-
completamente non si voleva perchè sembrava pericoloso. Dopo alcuni mesi di incertezze e di perplessità si ricorse ad un mezzo termine: rarli
405
quello di facoltarli a scegliere tra Pesilio ed
il
do-
micilio forzoso. Quasi tutti naturalmente prescelsero
un Con29 agosto 1859, sottoscrisse un decreto con cui disponeva il loro invio a domicilio forzoso, ove difatti furono inviati il Carnevale, il Senese, il Lerro, il quest'ultima proposta, e Francesco II, in
tenuto in Quisisana
siglio di Stato
il
il Pastore, il FeroUa, il Ginnari ed il Barone. Quest'ultimo nell'ottobre successivo venne
Picone,
trasferito a Chieti.
V. Nello stesso giorno 16 giugno 1859, in cui si
era provveduto a favore dei condannati a
e a la relegazione,
con
il
quale
"
si
concesse
tasette individui che
condotta da
il
i
essi serbata nei politici
due
ferri
rimpatrio a centotren-
trovavano a
si
degli anni 1848 e 1849 „ (1). ciliani, tra i quali Stanislao
Cordova,
i
pubblicava un altro decreto
si
fratelli
Campo
l'estero
Erano quasi e
per la
sconvolgimenti tutti si-
Canizzaro,
Filippo
Domenico
Piraino,
pochissimi delle provinole continentali del regno. Il
De
Sivo scrive
"
in virtù di tale
provvedimento
rimpatriarono cento trentasette fuorusciti e poco
—
stante altri cinquantatre tori
gratitudine
si
di congiura-
pararvi la rivoluzione
Romeo ed
i
quali per
sparsero tosto nelle provincie a pre-
Ricciardi ad Avellino, il
schiuma
o lance del Cavour e del Mazzini,
il
:
il
il
Mazziotti a Salerno,
Musolino in Calabria ed
altri nelle
Puglie, in Terra di Lavoro e in Abbruzzo
(1)
„
(2).
Pubblicato nel Giornale dette due Sicilie del 25 giu-
gno,^1859. (2)
il
Petruccelli in Basilicata,
Opera
citata, voi. 1°, libro
XVI, paragrafo
24.
406 Il
decreto per
centotrentasette esuli
i
modo né
in alcun il
Petruccelli,
decreto
ne
il
quantatre
il
Ricciardi, né
ne
i
Romeo. Del
che riguarderebbe
non
esuli,
Mazziotti, ne
Musolino,
il
successivo,
siciliani
ma non menziona
è inserito nel giornale ufficiale,
vi
è
traccia
altri
cin-
nel giornale
né io sono riuscito ad averne sicura noDubito quindi che il De Sivo, scrittore
ufficiale, tizia.
iniquo e partigiano nei giudizii, diligente ed accurato nei
fatti,
sia
ma
d'ordinario
caduto in grave
errore. Il
decreto, che concedeva
totrentasette esuli
" si
il
rimpatrio a
i
cen-
riservava di provvedere per
coloro che faranno pervenire suppliche e che pro-
metteranno di vivere a l'ombra delle nostre leggi, come ad ogni onesto suddito si conviene „. Difatti ebbero luogo, con provvedimenti separati, simili concessioni: fra gli altri a Michele Aletta. La moglie e i due figli di lui, che si trovavano a Salerno nel più squallido abbandono, si presentarono supplichevoli
al
commossero
il
di pietà per
e quasi cieco.
Un
re in Quisisana e lo loro genitore decrepito
decreto del
19 dicembre 1859
fece grazia a lo sventurato vecchio che s'imbarcò
Genova per Napoli, donde fece ritorno San Griacomo suo paese nativo (1). a
(1)
Archivio
scio 3873.
Dopo
di il
Napoli Ministero 1860,
per dargli
esteri,
modo
in
Monte
espulsi, fa-
di sostentare
la vita fu impiegato, nonostante la sua età, nelle poste.
Mori nel 3 luglio 1868
in Napoli nella sezione di S. Ferdi-
407
Varii condannati inoltrarono
tenne
il
per
suppliv^he
Non
rimpatrio ed alcuni di essi l'ottennero.
il
l'ot-
Nisco allora in Malta. Egli, mediante un
passaporto nell'isola,
rilasciatogli
parti
il
console
dal
12 luglio 1859
piemontese sul piroscafo
francese Pausilippe ed approdò a Livorno donde
prosegui per Firenze. Ivi trovò il
il
Poerio,
il
Braico,
Castromediano, suoi compagni di galera,
Set-
il
marchese Dragonetti, Ferdinando Fonseca, Carlo Gemelli, Federico Quercia, Francesco De Blasiis ed tembrini, lo Spaventa,
G-irolamo Ulloa,
Enrico Pessina. In Firenze
il
il
Nisco collaborò al
La
Nazione (1). VI. Il giovane re Francesco atterrito da gli avvenimenti, massime da le vittorie degli eserciti alleati e da le rivoluzioni avvenute nell'Italia centrale, con atto del 25 giugno 1860, dopo premure degli ambasciatori di Francia e di Inghilterra da breve tornati a Napoli, promise gli ordini rappresentativi (2), una completa amnistia per i delitti politici ed un accordo con il Piemonte. Il giornale
Ministero Spinelli, sorto in seguito a
tali
promesse,
collocava a riposo, con decreto del 29 giugno,
nando, lasciando
la
vedova Carolina Cuttica, una
i
più
tigiia
a
nome Francesca, maritata ad Antonio Ferrante di Salerno, modesto operaio, ed un'altra figlia a nome Maria, vedova
di Giovanni Di Bella di Salsano. Bicordi del Nisco, precedentemente citati, pag. 140. (2) Come è noto, con decre^jo reale del 1° luglio 1860 richiamò in vigore lo Statuto del 1848 e si formarono (1)
si i
collegi elettorali per la
nomina
dei deputati.
408
famosi commissari di il
Campagna ed
il
polizìa, tra
i
quali
Morbilli e cambiava
politici nelle provincie. Il
Merenda,
il i
funzionari
giorno 27 dello stesso
Romano, da assumendo da prima
mese entrava nel governo Liborio pochi anni tornato da il
l'esilio,
dicastero della polizia, poi, con decreto del 14 lu-
glio
anche quello dell'interno.
d'esilio,
sao compagno
Il
l'aw. Domenico Q-iannattasio andava
il
10 luglio intendente a Salerno, sua citta nativa, in luogo del Morelli richiamato nella magistratura.
Qn "
decreto reale del 30 giugno 1860
Fazione penale per tutti
(1)
abolì
giudizi per imputa-
i
zione di reato politico e condonò ogni pena principale ed accessoria pronunciata per tali delitti
„.
In seguito a questo provvedimento ebbero completa libertà tutti coloro che per tate trovavansi
negli
ergastoli,
condanne nelle
ripor-
galere, in
carcere, relegati nelle isole o a domicilio forzoso.
Tra questi ultimi Felice Barone di Eboli ed Angelo Pavone di Torchiara. Entrambi tornarono liberamente a VII.
Il
i
loro paesi.
decreto di amnistia condonava,
tra
le
anche quella dell'esilio e " facultava a rientrare nel regno coloro che per disposizione di prevenzione motivata da politici addebiti ne
altre pene,
erano
usciti „.
L'amnistia
quindi
comprendeva
che fossero fuggiti a l'estero per non espiare condanne o per non sottostare a
tutti gli esuli, sia
(1)
Giornale costituzionale delle
glio 1860, n. 143.
Due
Sicilie
del 2
lu-
409 processi, sia che vi fossero stati indotti
da timore
di arresto o di persecuzioni.
Parecchi emigrati erano già tornati in
per concessione sovrana: tra
gli
altri
patria
famoso
il
medico Vincenzo Lanza che aveva presieduto
la
riunione preparatoria dei deputati in Monteoliveto
Amodio (1), il Giannattasio e Liborio Romano come precedentemente ho narrato. La Gran Corte di Salerno il 3 lu-
il
15 maggio, l'ex deputato
1865 applicò l'amnistia a molti compromessi i quali i due fratelli Coco di Perdifumo, Nicola Causale di Corleto, Ernesto Del Mercato, Filippo Patella, Leonino Vinciprova, Giovanni De Angelis, F. P. Del Mercato, Giuseppe Caputo e Giovanni Guerrieri. Gli avvenimenti di Napoli e sovratutto la pròglio
iscritti nell'albo dei rei assenti, tra
messa
di re Francesco, di
monte, turbava
gli
esuli.
un accordo con
il
Pie-
Essi ricordavano che
pochi mesi prima la Corte borbonica non aveva voluto accettare, dopo la morte di Ferdinando le
proposte
Ora
il
di
nuovo sovrano
si
apprestava ad olfrire ciò
che egli stesso aveva respinto le
proposte
il
conte di Cavour?
(2).
Avrebbe accolto
Temevano
cui ormai balenava quasi sicura la
(1) Il
De
gli esuli,
speranza
Sivo indica, tra coloro che nel 1856
facoltà di tornare in patria, Carlo Pisacane che fittò del
permesso
II,
alleanza rivoltele dal Piemonte.
e
di
ebbero
non
mori poi a Sanza, opera citata,
pro-
voi. I,
pag. 420. (2) Il
12 luglio 1860 partirono
per
Torino, per trat-
tare l'accordo, gli inviati napoletani Winspeare e
Manna.
410
una
che l'eminente statista piemontese,
Italia unita,
preoccupato dell'eventualità di una nuova guerra contro l'Austria, potesse fare buon ferte (1) e vollero, per
contro
fra loro, protestare del
Piemonte con
L'occasione
si
ogni possibile intesa
Corte di Napoli.
la
presentò presto propizia.
Camera
tendosi nella
viso a le of-
mezzo dei più autorevoli
dei
deputati
Discu-
a Torino
il
29 giugno 1880 un disegno di legge del governo per un prestito, il Mancini ed il Poerio, allora protestarono
deputati,
Corte borbonica.
Il
contro
le
richieste della
Poerio, tra l'altro disse:
" Il
governo di Napoli iniquamente e codardamente operando cangia ora politica, chiede rifugio presso questo governo e ne vuole l'assistenza. Ma ogni alleanza deve mettere avanti le sue condizioni Quali sono quelle del governo di Napoli? Il tradimento e lo spergiuro „ (2). Parve necessaria una riunione di emigrati napoletani e siciliani per intendersi circa la loro azione il 4 luglio 1860 Ferdinando Fonseca. Grli
nel regno e venne tenuta in Firenze in casa di
uno
intervenuti
non aderire
si
di essi,
trovarono concordi nel concetto di
al
governo costituzionale
sco II e di propugnare
(1) Il
Cavour scriveva
Lafarina
infatti al
di
France-
delle provincie
l'unione
il
14 agosto
del 1860 di ritenere certa la guerra con l'Austria ed in
una
lettera successiva
striaci
soggiungeva
stanno per passare
le
Alpi
».
:
«
sessanta mila au-
Lafarina, Epistolario,
voi. II, pag. 416. (2) Atti
parlamentari, seduta del 29 giugno 1860.
411
napoletane
un
al
Piemonte. Si deliberò di rivolgere
indirizzo a
popoli delle
i
di impedire che
Due
Sicilie a lo
parte liberale
la
tata a le tardive concessioni del
scopo
fosse acquie-
si
nuovo
re. Il Set-
tembrini, per incarico di tutti
i
convenuti, scrisse
l'indirizzo nel quale diceva a
i
Borboni:
regnato abbastanza via carnefici che
non avete fede
;
via bombardatori
"
Avete
di popoli,
non avete dignità di principi, di galantuomini, non avete senso
ed umanità di uomini
„ (1).
Stimavano alcuni degli esuli che essi, respingendo le concessioni della Corte borbonica, non dovessero per sentimento di coerenza e di lealtà rientrare nel regno. Alcuni di loro
non avevano
fede nel governo di Napoli e temevano, tornando colà,
di
essere
arrestati (2).
Altri
circostanze familiari, per bisogno,
non sapevano patria ed partir Il
i
resistere al desiderio di rivedere la
ma
congiunti;
avrebbero voluto non
soli.
Settembrini nello scritto citato espresse così
le loro incertezze:
cordarsi in
nare
invece per
per nostalgia
un
"
Tutti gli esuli vorrebbero ac-
consiglio
rimanere. Io per
comune
e decidere se tor-
me credo che questo accordo
generale sia impossibile. Chi può dare un consiglio
(1)
Nisco, Francesco II, pag. 65.
tembrini è
riferito
Lo
integralmente dal
scritto
del
Set-
Salazaro, opera
citata, pag. 41. (2) Questi timori manifestava, tra gli altri, Bertrando Spaventa, allora a Bologna, per suo fratello Silvio in una
lettera dell'S luglio 1860. Croce,
opera
citata,
pag. 291.
412
a tanti esuli?
Dopo
dodici anni di
di fame, di dolori di ogni specie,
una porta per tornare
esilio, di miseria,
apre finalmente
si
e rivedere la cara patria e
e le madri ed ogni persona diletta: può dire a chi ha tanto sofferto e soffre anchi cora non tornare e soffri un altro poco
i
figliuoli,
chi
:
:
torna accetta in parte quello che tanto senno ha
opera se la polizia,
i
Borboni ed
popolo con
il
può
Chi
rifiutato.
dire: va
loro
i
ed
cagnotti
possono costituzionalmente incarcerare chiunque loro capita nelle unghie? Non è solamente questione di fare,
ma
ancora di doveri e di
afìetti
che sono anche sacri. Però consiglio non bisogna chiederne, ne darne: ognuno faccia quello privati,
che coscienza gli detta. Una cosa dobbiamo far tutti: operare^ operare per toglierci dal collo i Borboni e fare l'Italia. Chi crede di poter meglio operare
li,
vada ed operi
:
chi no,
no
chi poi vuol
:
sapere la via più breve e più bella, vada in Sicilia dal Garibaldi
„.
Spaventa dopo aver chiesto circa il ritorno in patria il parere del governo piemontese, scriveva in una lettera del 9 luglio da To" Tutta la querino a suo fratello Bertrando stione ora sta che Napoli conservi il contegno Silvio
:
che
si
delle
trova di aver preso, concessioni
e
che
si rifiuti
aspetti
all'attuazione
che
Q-aribaldi
venga. Se essa si mostra riconciliabile con i Borboni, difficilmente Garibaldi passerà, impedendolo la diplomazia e difficilmente l'impresa può riuscire, caso
esuli
deve
che possa tentarsi.
avere
principalmente
Il
ritorno degli
questo
scopo,
413
mantenere
paese nel contegno preso ; se
il
alle elezioni, astenersi; se si farli
dimettere
ed
eleggono
i
si
giunge
deputati,
eleggere deputati impossibili
in Napoli e che per
il
significato
del loro
nome
dicano ciò che Napoli vuole, per esempio Cavour, Farini etc.
A
Vili.
(1).
„
questi
intendimenti corrispondeva
pensiero del Cavour che
il
12 luglio 1860
il
scri-
marchese D' Azeglio ambasciatore a J'ai engagé tous les ómigrós napolitains à rentrer chez eux pour y proposer le pro-
veva al Londra:
grammo
"
national. Poerio toutefois refuse de ren-
trer à Naples, tant
trone. Cela a
un bon
que
Bourbons seront sur
les
que
et surtout à l'Angleterre,
nétes n'ont aucune
du
roi
„
le
Cela prouve à l'Europe
còte.
les
libéraux hon-
confìance dans la bonne foi
(2).
I più autorevoli tra gli esuli consentivano pie-
namente nel programma
del Cavour. Giuseppe Pi-
da Torino al D'Agoverno di qua crede che sia utile che gli esuli rientrino almeno per alquanti mesi e questa è pure la mia opinione. Conviene a noi lasanelli scriveva in quei giorni " Il
yala:
sciare in questi
momenti
il
nostro paese senza
il
nostro aiuto ? Io dunque partirò nella settimana
(1)
Croce, opera citata^ pag. 292. Un decreto reale del convocava il Parlamento pel 10 settem-
lo luglio 1860
bre 1860. (2) N. Bianchi, Lapolitique ducomte de Cavour, pag. 370Chiala, Lettere di Cavour, 371
—
414
entrante e spero che la più gran parte degli esuli faccia altrettanto
„
(1).
Per alcuni esuli la ripugnanza a tornare nel regno sotto il governo dei Borboni restò invincibile. Cosi per il Poerio e per Giacomo Tofano nonostante le vive premure ad essi rivolte da i loro compagni di sventura e da i loro congiunti di Napoli
(2).
IX. Partirono da Genova per Napoli, tra i primi, gli esuli calabresi Luigi Promio di il 9 luglio, Cassano, Giovanni Mosciaro, Giuseppe Tripepi e Raffaele Travia da Reggio, Gregorio Filace di Laureana e Carlo Pavone di Torchiara. Questo
uno dei deportati di Cadice, si era trattenuto varii mesi a Londra (3). La sera del 13 dello stesso mese si imbarcarono ultimo,
a Genova per Napoli sul piroscafo Capitole delle Messageries imperiali Silvio Spaventa, Carlo Mez-
Ruggiero Bonghi, i fratelli Gennaro e Francesco De Filippo, Antonio Tripoti, Cesare Oliva, Gaetano Giardini, Carlo Romualdi, Giuseppe Ricciardi; Leonino Vinciprova, Pier Silvezacapo,
D'Ayala, Memorie, pag. 282-284. Cosi pure pensava Spaventa (Croce, op. cit, lettera dell'S luglio). (2) Tofano, Lettera a gli elettori di Cesena ed Airola del 18 gennaio 1861. Il Tofano, portato in quei due col(1)
Silvio
legi, risultò eletto nel
zionale delle
sivo
secondo di
essi.
Arrivi del 9 luglio da Genova {Giornale costitu-
(3)
i
Due
Sicilie dell'll successivo).
nomi degli
Salerno.
esuli
Segno
in cor-
appartenenti a la provincia di
415 stro Leopardi,
il
barone Francesco MazzioUi, Giu-
seppe Pisanelli, Giovanni Car^^wcci, Gaetano, Odoardo G Giuseppe Sarnelli, Antonio Ciccone, il duca di S. Donato, Carlo
De
Angelis, Giuseppe del Re,
Francesco Serao, Valerio relli,
Domenico
Foti,
Achille
dell'Antoglietta,
Zampa-
Federico
della
Monica, Nicola Mignogna, Nicola Paolesi, Francesco Sargentini, Diego Baderò, Filippo Falconi, Luigi Ruffini, Barone Vittorio Ciambella, Giuseppe
Antonio De Biasio, Salvatore Faucitano, Gaston e Cristoforo Muratori che veniva da Marsiglia. Su lo stesso legno si imbarcarono a Livorno Libertini,
Pietro Marrelli, Francesco
Bernardo Bonolis, Giuseppe Fiorelli, Ippolito ed Eugenio De Riso, Giosuè Vespoli, Giovanni De Falco, Carlo Mezza.capo dei marchesi di Monterosso, Enrico Berardi, Giuseppe Vacca, Nicola Nisco, Domenico Lopresti, Gennaro Bomba, Leopoldo Perez De Vera, Gaetano Vanacore (1). Snl medesimo piroscafo viaggiava Emilio Visconti Venosta inviato dal Cavour in Napoli. Il 23 si imbarcarono a Genova per Napoli sul piroscafo Pausilippe Francesco Carrano, Camillo
Boldoni, Michele Mastrilli, Angelo Pellegrino,
il
Vincenzo Carbonelli. Ed a Livorno il marchese Gioacchino Salluzzo, Mariano d'Ayala, Girolamo Ulloa, Giuseppe De Simone, Luigi Acquaviva duca d'Atri, barone Saveria Fava,
(1)
Luigi Indelli
Giornale costituzionale del regno
del 19 luglio 1860, n. 156.
e
delle
Due
Sicilie
416
Demetrio Salazaro, Gennaro Béllelli^ Saverio Altamura con il figlio, ed il marchese Di Bella (1). Il 24 luglio giungeva a Napoli da Malta Claudio Del Bene, napoletano Il
(2).
30 luglio sbarcarono in Napoli da Genova
Luigi Zuppetta, Vito Porcaro, Francesco Frocen-
Simone Capodieci, Raffaele Salerno di Castroviìlari, Pietro, Giovanni Andrea e Domenico Romeo da Livorno Pasquale Villari, il barone Giacomo Coppola. Il 5 agosto da Genova Emilio Petruccelli, il 6 da la stessa provenienza Carlo Mileti, Licurgo Cavallo, Angelo Camillo De Meis, Diomede Marvasi, Francesco De Sanctis, Gaetano Cammazano
(3),
;
rota,
Girolamo e Luigi Falumbo, Giuseppe
cenzi; da Livorno Aniello
Ven tra,
Raffaele Pirla, Bernardo Ranalli.
De
Vin-
Filippo Abignenti,
Su
lo stesso piro-
Giuseppe Zannardelli. Il giorno 9 giunsero da Genova Raffaele Conforti, Biagio Miraglia, Francesco Mandoi Albanese, Angelo Raffaele Lacerenza, ed il 13 parimenti da Genova Luigi Mezzacapo, Francesco Materazzo, Ernesto Bianco, Vincenzo Oliva, Valerio Del Mercato, Angelo Sessa, Giovanni La Cecilia col figlio Cesare, Salvatore Tommasi, l'insigne fisiologo abbruzzese, Diego Taiani ancora vivente. Il 16 agosto da Marsiglia Emilio Maffei della Basilicata scafo andò in Napoli
(1)
Giornale indicato.
(2)
Idem
del 26.
Tornò a S. Cipriano suo paese nativo 4 giugno 1871. (3)
e vi
morì
il
417
ed
il
27 da Genova Nicola Antonio
Causale di
30 successivo parimenti da Genova Emanuele Leanza, che per tanti anni era stato in galera per delitto politico, e Bonaventura Mazzarella, pugliese, bravo patriota divenuto famoso dopo il 1860 per le sue argute e frequenti interCorleto. Il
ruzioni nella
Camera
dei deputati. Il 2 settembre
da Genova Ulisse De Dominicis, Ferdinando Fonseca, Filippo Delfico abbruzzese, Giovanni Cozzoli pugliese, ring. Ettore Alvino
cenzo
Dono da Teggiano.
di
Napoli e Vin-
Quest'ultimo, dopo l'en-
trata di Garibaldi in Napoli, divenne ispettore di
pubblica sicurezza: ufficio che tenne fino alla sua
morte avvenuta figlie.
il
19 dicembre 1875. Lasciò due
Concetta e Filomena entrambe maritate
Soltanto
il
scafo Conte di Cavour,
Mancini ed
(1).
19 ottobre 1860 tornarono, sul piroil
altri di cui
Poerio,
ignoro
i
il Tofano ed il nomi (2). Erano
a riceverli numerosi parenti ed amici.
Ognuno
di questi
cittadinanza suscitava
espansive
napoletana
in il
esuli
nelle
(1)
A
con
I'
anime meridionali ritorno, dopo tanti
che avevano logorato tria,
la
da la entusiasmo che
era festeggiato
vita,
ed uomini
aperte di
per amore di pa-
La commozione
galere e nell'esilio.
Tegiano sua patria vivono
cosi
anni,
i
figli di
suo fratello
Vincenzo.
PiERANTONi Mancini Grazia, Impressioni e ricordi, Non designa che quei tre nomi. Nel Giornale due Sicilie non sono indicati gli arrivi di quel giorno.
(2)
pag. 170. delle 27
â&#x20AC;&#x201D;
418
diveniva più alta par la presenza delle famiglie degli esuli le quali potevano finalmente dopo lunghi dolori e privazioni riabbracciare
Una
i
loro diletti.
delle più splendide dimostrazioni accolse
numerosi
proscritti giunti
16 luglio
il
(1).
i
I gior-
ad essi un reverente saL'Omnibus del 18 luglio
nali della città rivolsero luto. L'antico
scriveva "
giornale
:
Salutiamo con gioia
il
rimpatriare che fanno
questi martiri di un' idea, la quale trionfa ora fra
noi e facciamo voti perchè questo ritorno sia pegno
tempi migliori.
di novella concordia ed inizio di
Che il
nessuna crudele reminiscenza venga a turbare
bel sereno di questi giorni e l'intera
dimenti-
canza dei passati dolori sia il primo sacrifìcio degno di liberi tempi e di uomini liberi. A questo
modo
l'avvenire sarà per noi
Il Racioppi, in
tempo da quei
un lavoro
„,
scritto
giorni, dice: "
tranti in trionfo pareva
non
A
dopo breve
gli esuli rien-
difficile
il
compito
assunto: perchè rientravano salutati dal plauso di tutto
un popolo:
tirio
nobilmente per
col credito
che impronta
il
mar-
la patria sofferto: col presti-
aggiunge l'ingegno temperato all'esperienza degli uomini e gio che ai durati dolori per la
delle
cose
:
patria
col riflesso della luce di quella libera
e nobile terra del Piemonte, ove tutte le aspiru-
De Cesare, La fine di un Regno, voi. 2°, pag. 264. D'Ayala nelle Memorie narra la dimostrazione fatta 23 luglio a l'arrivo suo e dei suoi compagni. (1)
Il il
419 zioni degli italiani petti
Non
dodici anni.
paese apri
le
un
ma
di,
si
erano appuntate per
imposero
braccia a riceverli
non fu
rivoluzione di
essi si
per
:
al
paese
:
ma
il
e la festa della
dello Statuto risorto alla vita il
ritorno degli esuli, mente,
braccia e cuore dell' italica famiglia
â&#x20AC;&#x17E;
(1).
D'Ayala che nel pomeriggio del sei raccolti su la nave regia sarda Maria Adelaide il Pisanelli, lo Scialoia, il Mezzacapo ed alcuni altri esuli napoletani da breve tempo tornati nel regno (2). Sotto i loro occhi si compieva un singolare avvenimento! Il re Francesco II, il discendente di una dinastia che aveva regnato nel Mezzogiorno d' Italia per ben centoventisei anni, abbandonava per sempre la sua capitale su una piccola nave, senza combattere, senza un tentativo di resistenza! Sventurato principe che espiava in un istante colpe non sue! Era finita per quelli esuli una vita di amarezze e di Narra
il
settembre erano
dolori, che
incominciava
invece
sovrano, riservato dal destino
per
il
derelitto
a morire in terra
lontana, nello sconforto e nell'oblio.
(1)
Moti
della
Basilicata
e delle
2* edizione, pag. 111. (2)
Memorie, pag. 316.
Fine.
provincie contermini,
APPENDICE
Lettera di Luigi Leanza a la moglie quando la GRAN Corte di Napoli stava per pronunziare la condanna a morte di lui (documento indicato a pag. 108 di questo volume).
Mia cara Mentre
la
ed aifezionata moglie^
G. C. decide della mia sorte, e forse a que-
avrà sentenziata la mia morte, io con animo tranquillo prendo la penna per intrattenermi teco un' altra st'ora
volta e forse l'ultima.
Io non pavento la morte, più volte l' ho sfidata sui campi di battaglia, al passaggio della Beresina, nelle pianure di Lipsia e sul Faro, allorcliè militavo fra le scLiiere del primo capitano del mondo, ma ora sento impicciolito pensando al tuo cordoglio ed a quello il mio coraggio, dei cari ed amati figli ma sta pur certa che non si vedrà mai sul mio volto alcun segno di viltà saprò morire da forte e non lascerò a' miei figli la marca di essere nati da chi non ha saputo sopportare il martirio per la patria. Possa il mio sangue e quello dei miei compagni fruttare un giorno a quest'infelice paese quelle concessioni che il Principe concesse e giurò, e che una iniqua frazione ha manomesse ed attende la distruzione ;
;
dei veri amici dell' ordine
;
possano
i
loro odi spegnersi
nel nostro innocente sangue, e cessare solare queste belle contrade.
una volta
di de-
422
In questo giorno per ben due volte ho provato angomorte la prima nel dividermi da te, da Nicoletta e Giuseppina, la seconda nel partire ch'han fatto da me i cari Ciccillo e Napoleone lio inteso spezzarmi il cuore, e la mia fermezza è vacillata mi credevo più forte, ma lio conosciuto che l'affezione di marito e la tenerezza di padre sono di gran lunga superiori al mio coraggio. Mia cara Raffaella, qualunque sia la sentenza che verrà domani ad esser pronunziata sulla mia sorte, sopportala con coraggio, rammenta che i figli non hanno altro appoggio che te, tu sola sei la loro stella polare Hai in questa sventura conosciuto che i veri amici sono pochi ed i cari figli non possono contare che sopra di te sola. Unico tuo scopo deve essere il decoro della famiglia, sce di
:
;
;
!
;
l'educazione dei cari
Rammenta
loro
di essere onesti e
figli.
sempre
di essere attaccati all'onore e
buoni cittadini.
Se la mia vita va a terminare su di un patibolo ciò non reca disonore alla famiglia, la mia morte è chiesta per causa politica e non per delitto infamante. I miei figli potranno vantare il mio nome. Nella carriera delle armi mi distinsi, e mi feci rimarcare i bre;
che sono in famiglia e le decorazioni acquistate col prezzo del mio sangue lo attestano. Da privato ho vissuto onestamente le perquisizioni lette in pubblica discussione han dimostrato che per 63 anni di vita il
vetti
:
mio nome non
È
è
segnato sui registri penali.
superfluo raccomandarti Mariannina perchè tu l'ami
par di me, baciala più volte per conto mio. Benedico i cari figli un per uno, inculco loro di amarsi teneramente, ad esser con te rispettosi ed affezionati possa il sommo Iddio guidarli e farli figurare nella società. Se io non posso goderne ne godrai tu per me rammenta loro spesso il mio nome, di' loro quanto li amavo. Li benedico col cuore cento volte possa il sommo facial
;
;
;
tore benedirli dal cielo.
Napoleone è più ragazzo, te lo raccomando particolarmente il suo carattere vivace lo fa alle volte trasmo ;
423 dare,
abbi pazienza,
dolci
maniere
;
soffrilo
per
me
e riconducilo
a Ciccillo raccomando lo
con
studio, di gui-
dare il fratello e di fuggire i compagni facendosela sempre solo. Alle affezionate e giudiziose Nicoletta e Griuseppina raccomando caldamente te e stante i belli loro sentimenti son certo che avranno di te tutta la cura e
sventura piombata mia oh quanto vorrei dirti, ma taccio per non straziarti il cuore Possa il sommo Iddio darti forza e coraggio. Fino all' ultimo ti
saranno
di
sostegno nell'orribile
sulla nostra infelice famiglia.
Raffaella
!
!
momento
mia vita il mio pensiero sarà sempre a te, non proferirò altri nomi, che il tuo e in questi mole quattro papille care degli occhi miei menti supremi te lo giuro.
ed
di
ai cari figli e
;
Dai criminali mezzanotte
di
Castelcapuano giovedì 7 ottobre a l'
infelice
tuo marito
Luigi. Alla sifjnora D. Raffaella Leanza.
n. Lettera di Michele Pironti a suo fratello Luigi DA LA GALERA DI MONTESARCHIO (Pag. 251 cU questo
volume)
(1).
Ti scrissi sabato 9 delle mie
tristi
preoccupazioni in
ordine alla proposta che domenica 3 del corrente era stata fatta a venti
(1)
tani,
persone di questo bagno,
d'
andare coloni
Questa lettera come molte altre dei galeotti politici napolefurono copiate da una gentile giovinetto, di animo nobil-
mente
virile, figlia di Ferdinando Masoilli, di un patriota benemeingiustamente dimenticato. La famiglia Masoilli mandava lo lettere al Wrofoid corrispondente del Times, che per mezzo della ambasciata inglese le inviava al Gladstone per leggerle al Parlamento britannico. L'ardita giovane sposò dopo il 1860 Michele Pi-
rito
ronti.
424 nella
repubblica
argentina, e del nostro
diniego
di la-
abbiamo di caro sulla terra per entrare in una condizione nuova nella storia delle umane miserie, della quale da Wibefore a Madame Struwe non fu deplorata la più luttuosa. Dissi nostro diniego poiché, cosa incredibile e vera il mio nome, il nome di un emiplegiaco languente da due anni in fondo ad un ospedale e da quattro fra i dolori di fiero morbo famiglia e quanto
patria,
sciare
!
che mi consuma lentamente la
vita, si
trova nella
lista di
cotesti sventurati addetti a dissodare la gleba americana,
stanchi delle loro persone e privi dei loro averi capitali
(1)
per
avaramente anticipati da gente straniera, sotto
i
la
minaccia perpetua di rientrare colà in galera. So certo che in mancanza del nostro assentimento, che pur si chiedeva, non ne sarà più nulla di siffatto divisamente, anche perchè cosi da tutti si tiene ma è assolutamente necessario che il mio stato deplorabile si faccia noto alle autorità superiori, poiché la sventura di trovarmi in questa lista suppone l' ignoranza della mia triste posizione. Dico ignoranza poiché non può presumersi che vi siano uomini tanto alieni da ogni sorta di umanità e di religione da privare un condannato ed un inferme di quei ;
soccorsi e protezione, cui le leggi
mi danno
dritto.
Ma
perché un errore simile potrebbe portare per me conseguenze funestissime e ne potrebbe andare questo avanzo di vita, ho scritto alla signora Dono che volesse per me farne richiamo all'on, gen. Palumbo perchè il mio stato sia conosciuto dal ministero e non mi vegga da un momento a l'altro segno di qualche misura che nello stato mio sarebbe fatale. A suo avviso non mancare di recarti presto in Napoli
e fare presso
pervenire
i
il
generale suddetto e presso il ministero richiami ed esatta informazione dello presso la maggiorità esiste rapporto di
miei
stato mio che questa autorità, da cui è accertato. Comprendi bene quanta sia l'urgenza e l'importanza.
(1) Il
senso
non
è
chiaro,
fone manca qualche parola.
425
Ora
scrivo di
ti
un
altro
avvenimento che
ti
sembrerà
tenere dello strano e che per noi è stato cagione di non mediocre sorpresa. Dopo otto anni furono aperte le inaccesse porte del nostro carcere e
che non fossero
apparvero due esseri
ci
consueti visi degli aguzzini e dei gendarmi dei quali eravamo usi di leggere la minaccia e l'ol-traggio, se non ce ne avesse campati la inalterabile nostra i
prudenza e quella serena tranquillità con cui ci siamo serbati ad ogni strazio di fortuna. Erano dessi dvie negozianti inglesi Mr Turner e Mr G-uppy. Peichè e donde venissero è per noi un arcano, ma certo venivano da alto luogo ed ebbero 1' aria di voler visitare le nostre prigioni ed esaminare lo stato ed informarsi da ciascuno del come eravamo trattati. Presero conto delle nostre sofferenze ed ascoltarono la triste illiade lori,
dei nostri do-
poiché sebbene fossero accompagnati dalle autorità
tutte del luogo, né potessimo mettere in dubbio la inop-
portunità della compagnia, pure era tale la lealtà che ne proffersero e la cortesia, con cui cercarono di lenire la triste narranza de' nostri guai, che noi non credemmo di dissimulare
nulla della luttuosa
nostra istoria,
dis-
simulando per carità di patria e per onore della razza umana quello che ci parve convenevole fosse ignorato da stranieri, per quanto filantropi. Dalle loro parole condite de' più sentiti conforti, due cose raccogliemmo: l'una che dovevamo dimenticare il passato, così triste, nella speranza di un avvenire migliore l'altra che questa galera sarebbe continuata, ma si sarebbe cercato qualche alleviamento alle tante privazioni onde il sistema eccezionale ha aggi'avato le misere condizioni della stessa :
galera,
privandoci di abbracciare
le
famìglie
nostre, di
un occhio santuario domestico ed un ghi-
scrivere fìdentemente le nostre pene senza che
straniero penetrasse nel
gno malefico libro
Forse
onde ergere
la
supplizio, confortare
memoria
alle lagi'ime
irridesse
ciglio del tribolato.
ci
mente il
cuore
sarebbe
segrete
dalla perennità dall'
cadute dal
permesso qualche del nostro
assiduo morso
degli affetti da cui siamo stati distolti.
della
426
Ecco fratello mio, quanto dopo nove anni di lenta ago dopo perduto tutto tranne la nostra virtù e la dignità nella sventura, ci è permesso sperare. Ma la confidenza in Dio che finora ci ha salvi, non si smentirà giammai, essa prevale al proposito d'ogni mortale e visita il letto degli afi^annosi. Ti ho voluto scrivere questo episodio della nostra sventura per la strana sua verità. Sarà bene ? Sarà male ? Questo è ciò che non ci è dato presumere, ma in questo caso ultimo non sarà una presunzione, cui vogliamo ricorrere con la mente. A me giova ritenere di avere parlato a due uomini d'onore e le cose dette in loro presenza possono essere ripetute senza che ne abbia apprensione, poiché non temerei dirle, sul testimonio della mia coscienza, in presenza di tutte le autorità. Attendo con ansia nuove della sventurata nostra famiglia, di cui ti sommetto assiduo pensiero, sopratutto della povera madre mia, di questa veneranda vecchia e delle care sorelle. Ti stringo al cuore con tutti. Provvedi al più presto a ciò che sai essere di mestieri e rimettendomi al buon Dio che vorrà ragguardare ai nostri dolori sono nia,
tuo afi.mo fratello
Michele. Monte-sarchio, 13 maggio 1851.
III.
Elenco alfabetico dei sessantacinque condannati napoletani inviati a cadice per la deportaZIONE IN America (capitolo XIII di questo volume). 1.
Abagnato Giuseppe
2.
Agresti Filippo, di Napoli, id. di S. Stefano. Aletta Michele, di Monte S. Giacomo, id. id. Argentini Achille, di S. Agata dei Lombai-di,
3. 4.
Nisida.
di
Graguano, dal bagno
di Procida.
id.
di
427
bagno
5.
Barilla Felice, di Moiano, dal
6.
Bellantonio Francesco, di Reggio Calabria,
di Nisida. id. di S.
Ste-
fano. 7.
Bianchi Ferdinando, di Cosenza,
id. di
Nisida.
8.
Bozzelli Domenico, di Gragnano,
id. di
Procida.
9.
Braico Cesare, di Brindisi, id. di Montesarchio. Castromediano Sigismondo, di Caballino, id. id.
10.
11. Colafiore S.
Michelangiolo, di Reggio
Calabria,
id.
di
Stefano.
12.
Crispino Raffaele, di Napoli,
13.
Cuzzocrea Vincenzo,
di
id. id.
Reggio Calabria,
id. di
Pro-
cida. 14.
15. 16. 17.
18. 19.
20. 21. 22. 23.
Damis Domenico, di Cosenza, id. di Nisida. De Angelis Carlo, di Castellabate, id. id.
De Girolamo Camillo, De Simone Francesco,
di Aquila, id. di S. Stefano. di
Cosenza,
id. id.
Del Drago Giuseppe, di Bari, id. di Nisida. Dell' Antoglietta Domenico, di Lecce, id. id. Dono Vincenzo, di Tegiano, id. di Montesarchio. Esposito Antonio, di Gragnano, id. di Procida. Faivano Giustino, Prov. di Caserta, id. di Nisida. Falconi Filippo, di Leonessa, id. di S. Stefano.
24. Filaci Gregorio, di
Reggio Calabria,
id.
di Procida.
28.
Faucitano Salvatore, di Napoli, id. di S. Stefano. Garcea Antonio, di Catanzaro, id. di Montesarchio. Gerace Rocco, di Reggio Calabria, id. di Procida. Grillo Achille, di Teramo, id. di Nisida.
29.
Lamenza
25. 26. 27.
Stanislao, di Cosenza, id.
80. MafĂŹei Emilio,
di Basilicata, id.
31. Marrelli Pietro, di Aquila, id. 82.
Mascolo Gaetano,
33.
Mauro
34.
Mazzei Ignazio,
35.
di
Gragnano,
di Pi-ocida.
di Nisida.
id.
id.
di Procida.
Raffaele, di Cosenza, id. di Nisida.
di Tropea, id. di S. Stefano. Mollica Stefano, di Messina, id. di Montesarchio.
87.
Montani Pasquale, di Basilicata, id. di Procida, Morgante Rocco, di Reggio Calabria, id. di S. Ste-
38,
Nicolò Antonio, di Reggio Calabria,
86.
fano. id.
di Nisida.
428 39.
Notare Tommaso, di Sellingiano (Catanzaro) dal bagno
40.
Pace Giuseppe, di Castrovillari, id. di Nisida, Palermo Nicola, di Gretteria (Reggio Calabria) id. di Montesarcbio. Palumbo Girolamo, di S. Giovanni a Piro (Salerno)
di S.
41.
42.
id.
43. 44.
Stefano.
di Procida.
Palumbo Luigi, id, id. Pavone Carlo, di Torchiara,
id.
Angelo, di Aquila,
45. Pellegrino
id.
id.
di Nisida.
46. Pellegrino Luigi, di Castellabate (Salerno) id.
id.
Atena (Salerno;
id.
47. Pessolani
Giuseppe Maria,
di
di
Procida, 48. Petruccelli Emilio, di Basilicata, id.
49. Pica Giuseppe, di Aquila, id.
Angelo
di
id.
Montesarchio.
Castagna (Cosenza),
id,
Poerio Carlo, di Napoli, id, di Montesarchio. Praino Luigi, di Cosenza, id. di Nisida. Procenzano Francesco, di S. Cipriano (Salerno),
id.
60. Piccolo
Raffaele, di
di Nisida. 51.
52. 53.
di S. 54.
Stefano.
Porcaro Vito, Riccio G. B.
di Ariano, id.
id.
Torchiara (Salerno), id. di Procida. 56. Ruocco Raffaele, di Gragnano, id. id. 57. Salsa Angelo, di Savignano (Capitanata), id. di Nisida. 58. Schiavoni Nicola, di Manduria (Lecce), id. di Nisida. 56.
,
di
59. Serino Ovidio, di Carife (Salerno), id. 60.
Settembrini Luigi, di Napoli,
61.
Sodano Filadelfo,
62.
Sorace Francesco, di Reggio Calabria,
id.
di S.
di Pollica (Salerno)
id.
Stefano. id. id.
id.
di Nisida.
Spaventa Silvio, di Bomba (Chieti), id. di S. Stefano. 64. Travia Raffaele, di Reggio Calabria, id. di Procida. â&#x201A;Ź5. Ventra Aniello, di Terra di Lavoro, id. di Nisida. 63.
429
IV.
Stato numerico degli imputati politici nel giugno 1851.
Indice alfabetico dei
nomi
citati ael presente volarne
Abatemarco Domeuico 14. Abatemarco Gabriele 2. 3. 4. Abatemarco Pietrantonio2,3. Abbaguano Giuseppe 259.
Amodio Aniello 178. Amodio Pasquale 109, 409. Amodio Pietro 178. Amoroso Giuseppe 178.
Abignenti Filippo 2, 41, 42, 44,45,54, 120,313,314,416. Acerbi 364. Acquaviva Luigi 416. Acuti Angelo 228 a 231.
Anfora 380. Angelino Filippo
Adamo (d') Aniello 178, 179. Adamo (d') Fortunato 164, 166, 177.
Agostini Cesare 305. Agresti Filippo 11, 84,
85, 96, a 100, 214, 267, 272, 287. Agrillo Angelo Antonio 128, 132, 402. Albani Francesco Paolo 178.
Albarella Giov. Battista 14. Aletta Michele 140 a 142, 216 217, 251. 260, 272, 332. 406, 407. Altieri Carlo 36, 112. Altamura Saverio 311, 416. Alvino Gaetano 178. Amari Emerico 319, 365. 378. Amari Michele 297, 29S| 314, 319, 365. Amato Enrico 386. Amedei 293.
Ametrano Giuseppe 190, 404 Ametrano Ludovico 190, 242, Amodio Adamo 178.
18,
90 a 96,
102, 107, 122, 123.
Angherà Domenico Angherà Francesco
319. 318, 819,
369.
Anguillara 380. Antonetti Francesco 84, 85, 96 a 100, 188, 244. Antonini, marchese 381.
Arago Emanuele
330.
Arcucci 109. Arditi Giuseppe 81. Arese 341. Argentino Achille 386, 388. Argentino Filippo 324. Arpaia Felice 157. Assanti Damiano 25, 296, 315, 330, 346, 385.
Aurigemma Antonio
178, 179.
Avitabile Giuseppe 109, 379.
Avossa (d') Francesco 86. Avossa (d' Giovanni 2, 54, 102, 1
103, 114, 308 a 310.
Baderò Die^o 415. Badia Giuseppe 844. Baglivo (del) Antonio 167, 173, 182.
166,
432
Bagnato Giuseppe 333. Bajardi Gaetano 344.
Bonolis Bernardo 415. Bonora Pasquale 397.
Bajone 159. Baratta Filippo 179. Baratta Nicola 147, 148. Barbarisi Saverio 105, 107,
Borrelli Camillo 36. Bosso Pantaleo 384. Botti Aniello 128, 132,
13'
Giambattista
2, l
109, 110.
Bottie:lieri 55, "103.
Barilla Francesco 84. 85, 96,
Bove Michelangelo
100, 214, 257, 282. Barletta Giusej^pe 109. Barlotti Antonio 147, 148. Barini 203.
Bozzelli
Barone Felice 190, 191, 193,197, 203, 249, 369, 398, 406, 408. Basile Mattia 178. Bassi Cesare 111.
Battaglia Gabrisle 177, 179. Baudin, ammiraglio francese 18.
Begani. baronessa 311, 341. Belgioioso, principessa 24. Bellantonio Francesco 333. Bellelli
Gennaro
116, 121 a 123, 304 311, 346, 372, 385, 416. Belli Giuseppe 5, 403. Belio Domenico 158. Benato 338. Bentivegna Francesco 351, 352 379 380. Be'rardi Enrico 311, 346, 415. Bertani Agostino 321. 336, 360, 361, 365, 383. Bertolami 378. Biancheri Giuseppe 355. 2.
54,
Bianchi Ferdinando 257, 333. Bianchi Giovini 355. Bianchini Nicoletta 403. Bisignano Emanuele 386. Bixio Nino 383. Bianco Ernesto 416. Boccardo Saverio 293. Boggio Pier Carlo 330. Boldoni Camillo 321, 344, 415.
Bomba Gennaro
415.
Bonavoglia Raffaella
Bonghi Ruggiero 383, 386, Il4.
151. 324, 325,
4,
9,
56.
Francesco
Savei
333.
Bracale Gaetano 114.
Bracco Giuseppe 386. Braico Cesare 97, 99, 190,
li
203, 278, 286, 386, 407. Brandi Mansueto 157, 160 Brescia Filippo 178. Briol 19. 109. Bronzo D. A. 404. Bruccoy Alessandro 110.
Bruno Nicola
55.
Bruzzesi Vincenzo 167.
Bruzzo
384.
Budetti 112.
Buoi 337. Busacca Raffaele
383, 386.
Butera, principe 297.
Caccavale Paolo Emilio Caggiano Vincenzo 177,
1' 1'
182.
Cagnazzi Luca 19, 45, 105 Cairone Giuseppe 402. Calabritto
Tommaso
111, 1
Calderaro Daniele 158. Calvino Salvatore 319, 3 344, 387.
Cameroni Carlo 313. Cammarota Gaetano 386, 4 Campagna Giuseppe 88, 2 408.
Campaiola Carolina 149. Campaiola Giuseppe 149. Campanella Federico 285. Campello, conte 355. Campiglia Michele 178. Campo Achille 321, 388, 4 Campo Francesco 323, 3 388, 405.
433
Caunizzaro Stanislao 319, 322, 405.
Canoiari 326. 380. C^^ntalupo Pasquale 243. Capecelatro Francesco 222. Capodieci Salvatore 50. Capomazza, giudice 14. Capone Filippo 299.
Catalano Clemente 121, 122. Catalano Luigi 50. Catalane Pasquale 121, 122. Catalane Pietro 121. 122. Caucci Melara Filippo 320. Causale Luigi 50. Causale Nicola Antonio 151, 307, 308, 409, 417.
Capopizzo Rosario 147. Capezzoli Antonio 46 a 48. Capezzoli Gaetano 46 a 48,
Cavallo Angele 396, 404. Cavallo Licurgo 114, 308, 321,
190 a 193, 203, 398, 404. Capezzoli Luigi 46 a 48. Capriccio Angelo 62. Caprio Giuseppe 97, 99, 244.
Cavallo Luigi 190, 197, 203. Cavallo Vincenzo 207, 242. Cavour Camillo 326, 327, 331, 332, 342, 347 a 349, 3B4,
Caputo Domenico 147. Caputo Giuseppe 23, 24,
Celano Andrea 136, 137.
365. 370, 371, 377. 30,
Celesia Emanuele 384. Cely Colaianni Giambattista
304, 409.
Caracciolo, cav. 345. Carafa di Traetto 277,
288,
289, 381.
Carbonelli Giovami 222. Carbonelli Vincenzo 316, 322, 388, 344, 415.
Cardente Domenico 293. Carducci Costabile 54, 113. 126, 130, 131, 150, 155 a 158, 317, 326, 344, 345. Carducci Giovanni 30, 150, 304, 317, 362, 415. Carducci Ă&#x2030;-osa 49. Carducci Vittoria 49, 326, 327.
Carini
Giacomo
416.
299, 324, 386,
388.
Carnevale Lorenzo 190, 193 203, 398, 405.
Carrano Francesco 296, 316, 321, 344, 355, 368, 383, 415. Casillo, cemm. polizia 93. Castagno Pasquale 136, 137. Castaldi Federico 121, 122. Castiglia Benedetto 374. 375, 388. Castriota, avvocato 94, 122, 159.
Castromediano
Sigismondo, 193, 196, 197, 202 a 205, 226,
249, 260, 261, 280, 286, 333, 374, 386, 407.
5,
117.
Cenni Guglielmo 294, 321. Centola Giovanni 2, 111. Centrino 199 Chiappetta 197, 199. Chindemi Salvatore 386. Chiossone Davide 384. Ciaccio Alessandro 388. Ciambella Vittorio 415. Cianciolo Vincenzo 321. Cianciulli Rosalia 209, 213. Ciccone Antonio 299, 324, 327, 328, 346, 386.
Cilento Angelo Maria 179.
Cimmino Antonio 105, 109. Cimmine Domenico 54. Cimmino Giuseppe 198, 199, 242. 254.
Cimmino Pasquale
105, 107. l78.
Cinquegrana Angelo Cipollino 369. Girella Alfonso 299. Girella Pietro 299. Cito Michele 293.
Coccoli Raffaele 31, 56.
Ceco Francesco 409. Coco Raffaele 409. Cecozza Francesco 97, 100. Cegolico RaffĂŹiele 122.
434 Coia Domenico 178. Colombo Salvatore 97, 100. Colonna, uno dei mille 388. Comite Francesco Saverio 254. Conforti Pasquale 105. Conforti Raffaele 2, 18,
54,
115, 121, 122, 123, 219, 318, 319, 325, 327, 346, 353, 383, 386, 416. Conforti Salvatore 304.
D'Ambrosi, capitano 250. D'Ambrosio Francesco 276. D'Ambrosio Pasquale 90. Damiani Giuseppe 178. D'Andrea Giuseppe 28. Dardano Giuseppe 107, 109, 110, 219, 254, 333.
D'Avanzo 353. D'Ayala Mariano
Coppola Vincenzo 110, 112. Corasio Giuseppe 50.
311, 322, 326, 327, 328, 330, 346, 351, 365, 375, 413, 419. D'Azeglio 337. De Angelis Carlo ,30, 143, 145 a 148. 160, 232. 234, 271, 286, 415. De Angelis Francesco 143, 147 a 149, 160.
Cordova Filippo 322, 330,
De Angelis Giovanni
Consiglio Giovanni
4.
Coppetta F. S. 111. Coppola Francesco 147. Coppola Giacomo 304, 341, 821, 378, 416.
372,
Corea Cesare 218, Cortazzo Carmine
De Angelis Pompeo
22, 23, 30, 35. 149, 160, 161, 162, 224, 225, 396, 404.
63.
Corti conte 348.
Cosenz Enrico 296. 316, 321, 330, 344, 355, 361, 369, 378, 379, 383. Costa Gabriele 312. Cowentry Anna 330. Cozzoli Giovanni 147, 293. Criscuolo Aniello 24. Crispi Francesco 94, 285, 338, 382, 388. Crispino 333. Cupolini Raffaele 121.
Curcio Antonio 30. Curcio Giuseppe 243. Curzio Andrea 50 a 53, 105, 107, 109.
Curzio
Francesco
318,
321,
344, 364.
Cuzzocrea 278, 286, 338.
Da
Cardinale padre Gerolamo
242.
Da
Castelvetrano padre Giovanni 393.
D'Afflitto
22, 23.
30, 135, 409.
386, 405.
Mariano
5.
D'Aiutolo Antonio 111, 112. D'Alto Michele 404.
De Augustinis Enrichettal7l. De Augustinis Ferdinando 170.
De Augustinis Gabriele De Augustinis Giuseppe De Augustinis Mariano
170. 168. 172,
173, 186. 187.
De Augustinis Michele 30, 170. De Augustinis Vincenzo 168, 223, 233.
De Benedetti Diego 150, 344. De Blasiis Antonio 344. De Blasiis Francesco 312, 321, 346, 372, 383, 407.
De Blasiis Giovanni 109. De Biasio Antonio 415. De Bonis Filippo 285. De Cesare Carlo 371. De Cesare Salvatore 65 a
75.
81, 82.
De Chiti Benedetto 79. De Curtis 197. De Cusatis Costanza 94, 218. De Dominicis Ulisse 2,54,116, 118, 119, 121, 122, 130, 293, 306, 307, 317, 362, 385, 417.
435
De De De De De De De De De
Falco Cliovanni 415. 312. Falco Nicola 114. Falco Pietro 114. Feo Antonio 184.
Feo Domenico 177, 179. Feo Gennaro 126 216. Feo Pasquale 31. Filippo Francesco 414. Filippo Gennaro 92, 386,
414.
De De De De De De De De
Focatis Andrea 146. Focatis Domenico 147. Focatis Giorgio 147.
Gennaro 203. Gerolamo 333.
Del Mercato Pietro 45. Del Mercato Santo 110, 112. Del Mercato Valerio 45, 416, De Lozza Federico 63. Del Re Francesco Paolo 49. Del Re Giuseppe 19, 49, 121, 122, 326, 327, 328, 352, 353, 355 415. Del Re Vittoria 326. De Luca Nicola 109. De Luca Pasquale 402, De Luca Raffaele 243. De Luca Sebastiano 299, Del Vecchio Vitaliano 222. De Maio Antonio 111.
Gregorio Biagio 55. Gregorio Raffaele 178. Laurentis Vincenzo 56. Del Bene Claudio 416. Del Buono G. B. 402. Del Castillo G. 386. Del Drago Giuseppe 257.
De De De De De De De
Delfico Filippo 417. Delfico Melchiorre 299,
301, Del Giudice Luigi 170, 187. De Lieto Casimiro 23, 121, 319, 321, 378, 381, 385.
De Meis Angelo Camillo
De Liguoro Girolamo
Dentice Giuseppe di Accadia 5. De Pascale Francesco 35, De Pascale Gaetano 35. 386.
75.
131.
Della Banca Gaetano 178. Dellago Raffaele 293. Della Monica Federico 110, 112, 415. Delli Franci Filippo 276. Dalli Paoli Felice 190, 398.
Del Mastro Francesco Paolo 20, 21, 22, 30, 318, 388, 393.
Del Mastro
Michele
20, 21,
Del Mercato Enrico 26. 45, Del Mercato Ernesto 22,
46. 23,
30, 45, 324, 409.
Del Mercato Francesco 45. Del Mercato Francesco Paolo 409. 110, 112.
Mattia Mattia Mattia Mattia Mattia
Alessandro
26.
Celestino 132. Ciro 132.
Diego
149, 150.
Luigi 128, 130 a 19,
45, 150, 323, 327, 328, 346.
Dentice, emigrato napolitano 18,
De Petrinis Giuseppe 147. De Porcellinis Carlo 14. De Riso Eugenio 23, 415. De Riso Ippolito 299, 344, 415,
De Robertis Michele 50. De Robertis Vincenzo 147, 216.
De Rosa Antonio
116.
D'Errico Vincenzo 293. 299,
388, 392, 393.
Del Mercato Gaetano
76.
135.
68, 69,
De Liguoro Giuseppe 130,
Maio Giuseppe
Masellis Alfonso 178
30. 45,
300, 329,
De
Sanctis Francesco 324, 325. 330, 344, 345, 416. De Sevo Luigi 128, 135 136. De Siervo Fedele 120. De Siervo Francesco 120. De Siervo Nicola 120. De Simone Giovanni 97, 100.
436
De Simone Giuseppe B12, 415, De Spagnolis Salvatore 167. De Stefano Francesco 105, 107, 109, 216, 220 251. De Stefano Giovanni 107, De Vera Perez Leopoldo 415.
De Vicariis Giustino 36. De Vicariis Matteo 110, 112. De Vincenzi Giuseppe 121, 122, 305. 416,
De
Esposito 333. Fabrizi Nicola 306, 361, 378, 388.
Facella Nicola 218, 219, 309. Fagan Giorgio 17. Falabella Bonaventura 178.
Falcone Antonio 26. Falcone Cristofaro 30, 155, 156, 158, 159, 243.
Vita Pasquale 128,
132,
135.
Falcone Giambattista
Di Angelo Giuseppe 178, 179. Diotaiuti Francesco 26. Diaz Guglielmo 344. Di Bella, marchese 416. Di Brocchetti 275, 279. Di Fiore Antonio 178. Di Gennaro 196. Di Grazia Giovanni 109. Di San Donato Gennaro 118, BIS, 327, 355, 374, 380, 386. 306, 330. Di Scordia, principe 378. Donato Vito 378. D'Ondes. barone 378. Donghi 364. Dono Caterina 213, 269. Dono Cecilia 98. 199, 202, 206, 208 a 213. Dono Concetta 218, 272.417.
Di San Giuseppe, principe
Dono Filomena 213,272,417. Dono Vincenzo 84, 85, 86, 87, 96, 98, 99, 188, 190, 193, 197, 199, 201, 207, 211, 249, 260,
262, 272, 286, 300, 333, 369, 417. Doria di Cervinara 6. Dragone Alfonso 404. Dragonetti Luigi 293, 298, 346, 407. Durazzo Mariano 226. Durazzo Nicola 396, 404. D'Urso Francesco Paolo 114.
Falcone Eaffaele 145, 168. Falcone Socrate 30, 59, 159. l'alconi Filippo 415. Fanelli Giuseppe 285, 360, 364, 388.
190.
Gaetano
97,
99,
286,
Farina, uificiale borbonico 58.
Farina Michele 121, 122. Far ini Luigi Carlo 413. Farro Giuseppe 396, 404. Farro Matteo 236 a 240. Farro Saverio 143. Faucitano Salvatore 84, 89, 97, 100, 214, 272, 287, 416.
Fava Saverio
415.
Feola Giuseppe 38 a 41. Feola Pasquale 116, 307, 317. Ferolla Raffaele 398, 405.
Ferrara Francesco 121, 122, 324, 378.
Ferrara Gennaro 110. Ferrara Giuseppe 187, 138, 243,
Ferrara Rosario 147. Ferrari Antonio 207. Ferrari Francesco 16. Ferrigno Fiorentina 65. Ferrigno Michele 74. Ferro Vincenzo 243. Fertilla Salvatore 48. Fienga Andrea 110, 112. Filace Gregorio 333, 414. Filangieri Carlo 401, Fiorelli Giuseppe 415.
Fiorentino Errichiello
23, 263,
364.
Pierangelo
122.
Fiorentino Mariano 386.
121,
437 Fischietti
Bernardo
70. 177. Flores, colonnello 231, Flores Giuseppe 222. Foglia Ciro 26. Fonseca Ferdinando 312, 407, 410, 417. Foresta Felice 355, 356. Fornarelli Vincenzo 378. Fortunato 338. Forziati G. B. 147, 148. Foti Gabriele 147. Foti Lorenzo 147.
Fiumara Giovanni
Foti Valerio 415. Fraiese G. A. 168.
Fusca Vincenzo
Gianfrida Mariano 178. Giannattasio iJomenico
2,
102, 104, 114, 302. 303, 408, 409. Giardini Antonio 121, 122. Giardini Gaetano 372, 414.
Giardino Gennaro 30, 146, 147, 226.
Giglio Vincenzo 177, 182. Ginnari Raffaele 30. 156, 158, 159, 398, 405.
Giussari Raffaele. Gioberti Vincenzo 297, 298, 299, 300, 301, 327.
378, 379.
Giordano Felice .55. Giordano Francesco
10.
11,
344.
Gabriele Angelo 132,
13:5,
13, 29, 113,
146.
Gaetani Edoardo 369. Gagliardi Francesco 170. Galdi Gennaro 158 Gallo, sergente 64. Galloppo Francesco 26. Gallotti Antonio 115, 121. 122. Gallotti Giovanni 30, 156,157, 158, 159. 160. Gallotti Raffaele
157,
159,
160.
Gallotti Salvatore 30. 157, 159,
198, 199.
Garibaldi Giuseppe 315. 356, 357, 367, 381, 3S2,
Garofalo Salvatore
392',
30,
388. 146,
Vincenzo,
388.
Giraud Giuseppe 19. Gisonna Alessandro 164. Gladstone Guglielmo 189, 200. 340.
Grandinu Costabile 178. Greco Antonio 316. Greco Luigi 243. Grillo Leopoldo 111, 112. Giura Rosario 19, 20, 313.314. Grioli 338.
380. 381.
355.
Antonio
Hubner
lacovelli 179.
Gherardi 355. Giacquinto Francesco Giampaolo Francesco Giannone Matteo 110.
178. 178.
25,
Guglielmi 354.
379, 380, 407. Gerace 287. 42. 43.
24,
301, 306.
Gattai 338. Gatto Saverio 242. Gemelli Carlo 313, 323, 855,
Geronimo Pasquale
308, 309.
Guariglia Costabile 397. Guariglia Vincenzo 170. Guercio Pasquale ]I30. Guerrieri Giovanni 30, 151,
Guerritore
147.
Garrone Ippolito
55.
Guadagno Carmine
160.
Galvagno 319. Garcea Antonio
Giordano Pietro Giordano Orsini
984, 366.
lacucci Saverio 222. Ianni 179.
lannuzzi Antonio 242. Imbriani P. E. 121. 122. 299. 313, 327, 330, 352, 355, 383.
4B8
Leanza Francesco 241. Leanza Giuseppina 108,
Indelli Luigi 415. Indelli Nicola 298.
Giovanni
Interdonato
355,
227,
241.
Leanza Luigi
378, 379, 886.
Interdonato Pietro 356, 386, 387.
Inverso Domenico 128, 182. Inverso Giovanni 170. Iorio Giuseppe 26. lovino Giovanna 170. Ippoliti 293.
105. 107, 108, 109, 110, 173, 227, 240. 241, 254. Leanza Napoleone 241. Leanza Nicoletta 173. 179. 241.
Leanza Raffaella 173, 179,241. Leipnecher Antonio 84, 85. 92 a 95, 218.
LpvCaita Giambattista 121. Lacecilia Cesare 416. Lacecilia Giovanni 121, 122, 814. 3.55, 380, 416.
Lacerenza
Angelo
Raffaele
Leopardi P.
360.
S. 19, 103. 355,
388, 415.
Lepiane Nicola 344. Lerro Raffaele 136, 187. 398, 405.
416.
La Farina Giuseppe
298, 299, 824, 841, 842, 845, 347, 348, 354, 354, 356, 358, 357, 380, 383, 386, 388. La Francesca Francesco 158. La Francesca Raffaele 192. LaganĂ Domenico 178, 179. La Greca Francesco 136, 137, 398. La Loggia Gaetano 321, 344. Laloggia Giuseppe 821. La Masa Giuseppe 379, 380, .386, 888. Lamberti Pasquale 38, 144, 146, 227, 259, 260, 271, 899, 4D1, 408. Lamenza Stanislao 259. Landi Achille 5, 169, 171, 172.
Landolfi
Lemmi Adriano
5.
Langella Leopoldo
Lanza Leonardo Lanza Vincenzo
70.
178. 18, 115, 121,
122, 409.
La
Sala Luigi 166, 167, 182. Lauria G. A. 14, 122.
La Vecchia Giuseppe 109. La Via Michele 165, 166. Leanza Emanuele
105, 107, 109, 110. 227. 240, 241, 304, 407.
Lequile principe Gioacchino 312.
Libertini Giuseppe 305, 416. Liguoi'i Alfonso 42.
Lioy Michele
293.
Lippi G. A. 170. Lo Cascio Leopoldo 254,
Longo Giacomo
276, 388.
Longobardi Raffaele
4,
12.
Lopresti Domenico 203, 409, 415.
Lorusso Tommaso 344. Lubrano, commissai'io di
po-
lizia 26, 59.
Luciani Matteo 36. Lupinacci Stanislao
Macchi Mauro
23.
338, 355.
Macchiaroli Rosario 237. Maestri Pietro 338. Maffei Emilio 257, 2.58, 287, 416.
Magaldi Nicola
121, 122. 384. 385. Magno Carmine 190, 242, 402. Magnoni Lucio 30, 145, 1.58, 227, 396, 403. Magnoni Luigi 144, 147, 148. Magnoni Michele 145, 2.32, 233, 385, 388, 892.
Magenta
439
MaguorĂ Salvatore
30,
153,
227, 396, 403.
Malenchini Giuseppe 385,355. Malvito 18. Mambrini Enrico 150, 817. Mamiani Terenzio 297, 355. Mancini Pasquale Stanislao 18, 115, 121, 122, 293, 318, 322, 324, 325, 347, 355, 363, 372, 374. 375, 383, 386, 387, 410, 417. Mandarini Salvatore 402. Mandina Ignazio 129.
Mando! Albanese Francesco 824 a 327, 416. Manfredi dottore,
93. 178. 296, 298, 343, 358, 854, 355, 3-7. Mautone Alessio 397. Manzi Vincenzo 155, 156.
Mangia Nicola Manin Daniele
Marano Filippo 42. Maresca Andrea 125
a 132.
Marasca Giuseppe 126, 127. Margherita 97, 100. Margotta Giovanni 26. Marincola Abate 161. Marini Serra Giuseppe 92, 94, 122, 146.
Marino Monsignore 104. Marino Pasquale 128,
131,
182.
Mario Alberto
352, 364, 382,
305.
Mario White 337, 339, 361. Marsico D. A. 147. Marone Francesco 141, 142. Marone Vincenzo 141, 142. Marotta Andrea 147. Marotta Giovanni 243. Mai-gotta Giovanni 26. Marrelli Pietro 287, 415. Marsicano Aniello 119, 129.
Marsicano Giuseppe 119. Marsico Domenicantonio 147. Marsico Vincenzo 306. Marvasi Diomede 324, 327, 346, 886, 416.
Massari Giuseppe 121, 122, 293, 298, 299, 325, 345, 346, 366, 371, 388. Masciili Ferdinando, 209, 350, 858. Mascolo Gaetai:o, 258, 333. Mastrilli Mir.liele 415. Materazzo Francesco 416. Materazzo Giovanni 37. Matina Francesco 234. Matonti Vincenzo 243. Mauri Achille 362. Mauro Domenico 316. Mauro Ippolito 385. Mauro Matteo 344. Mauro Raffaele 234, 259, 833. Mazza Emilio 97, lOO, 214, 219. Mazza 122, 872. Mazzarella Bonaventura 284, 319, 321, 417.
Mazzarelli Francesco 67. Mazzeo Ignazio 261, 272. Mazzini Giuseppe 284 a 287, 305, 812, 316. 386, 337, 852, 358, 860. 362 a 364, 382, 405. Mazziotti Francesco 178.
Mazziotti Francesco Antonio 2, 19, 45, 54, 119, 120 a 123, 293, 294, 3:6. 321,346,362, 372, 381, 384; 385, 895, 405, 406, 416. Mazziotti baronessa Anna 165, 166, 169 a 173, 182 a 187. Mazziotti Modestina 170. Medici Giacomo 321, 361, 320, 336, 369, 883, 388. Melara Caucci Filippo 320. Mellucci Gaetano 242. Menotti 385. Mercadante Domenico 30, 156, 156, 159. Mercantini Luigi 384. Merenda 408. Mezzacapo Achille 36, 110, 112. Mezzacapo Carlo 25, 36, 316, 322, 325, 442, 346, 369, 416.
440
Mezzacapo Luigi
324,
342,
316,
321,
Miele Antonio 97. Mignogna Nicola 233,
234,
346, 419.
Miceli Luigi,
23,
344, 362.
Natella Matteo 110. Natoli Giuseppe 321, 324, 381. Natoli Luigi 324. Natoli Vincenzo 321. Na varrĂ , magistrato 92, 95.
Milano Agesilao 351, 352. Milano Francesco, 42.
Negri Gennaro 110. Nicoletti Donato 173, 178. Nicolò Antonio 259, 27S. Nicotera Giovanni 23, 316,
Mileti Carlo 321, 344, 416. Mirabelli. intendente 198.203,
Nicotera Guglielmo 293.
388, 415,
344, 362, 363, 364.
Nigro Giovanni
250.
Miraglia Biagio 23, 344, 386,
Nisco Nicola 185 a 190,
416.
Mirto Gaetano 128. Mistorni 203. Moccia Giuseppe 327. Modena Gustavo 364. Mollica Stefano 203,
2'i2,
243.
85, 86 a 100, 193 a ]92. 203,
208, 350, 399, 407. 161. Nocera Pietro 42. Notaro Tommaso 333. 386. Nunziante Alessandro 166.
Niso Bernardo
278,
286, 333, 369.
Montanelli Giuseppe 299, 300, 341, 355.
Montano Pasquale
259, 333. Montecchi Mattia 305. Montemayor Lorenzo 321, 364. Monzillo Domenico 178. Morbilli 40d. Mordini Antonio 314. 358, 379. Morgante Eocco 287 ,385, 386, 388. Morelli Domenico 380. Morelli Francesco 402, 408. Morelli 408, 203. Morese Eafiaele 110 a 113. Mosca Giovanni 293. Mosciaro Giovanni 293, 414. Mosto Antonio 305.
Mottola Lorenzo 26. Mottola Nicola 128 Murat Luciano 340 a 351, 360.
Muratori Cristoforo 415. Musolino Benedetto 293, 299,
388.
Oliva Cesare 324, 345, 355. 386 414,. Oliva Laura Beatrice 352, 353.
Oldofredi 348, 349. Oricchio Francesco 55.
Orlando Orlando Orlando Orlando Orlando
Giuseppe 321. Luigi^321, 378.
Paolo 321. Salvatore 321.
Vincenzo 416.
Orofino 293. Ortale Tommaso 293. Orsini Felice 314.
Pace Antonietta 234. Pace Giuseppe 234, 259, 286, 369.
Pacifico Giuseppe 110, 112. Padula Vincenzo 388, 392.
Pagano Gennaro 55. Pagano Luigi 178. Paino Luigi 386.
362, 405, 406.
Mustica Giuseppe 344.
Nardi Francesco
Oddo Angelo 386. Oddo Luigi 368, 386,
97. 99.
Palermo Nicola Palizzolo Mario
286. 386. 388. Palladino Antonio 128, 132.
441 Pallavicino Giorgio 298, 299, 354, 357, 359. 379. Palma Bernardo 176, 236. Palumbo, ammiraglio 201.
Palumbo Girolamo
105, 107, 110, 240, 259, 333, 416. Palumbo Giuseppina 151.
Palumbo Luigi
105, 107, 110, 257, 259, 271, 333, 416. Paudolfo Salvatore 278. Panizzi Antonio 218. 281, 293, 371, 373. Panunzio Costantino 242. Panunzio Giuseppe 178. Paolesi Nicola 415.
Parenti Luigi 160, 161, 258, 270, 376, 377.
Parise Aclaille 23. Pascale Giuseppe 60. Pascarella Carlo 110. Pasquali 321. Passero Angelo Raffaele 56. Passero Stefano 30, 145, 153, 154.
Pastore Francesco 405. Patella Filippo 22, 2S. 30, 88, 149, 316, 344. 386, 389, 393, 394. 409.
Pavone Angelo
30, 137, 138,
396. 408.
Pavone Carlo 30,
144, 146, 147, 224, 226, 232, 259, 271, 414.
Peccheneda Gaetano
4, 5, 27,
Pecori Nicola 396, 404. PelĂŹatis 338.
Francesco
147,
244.
Pellegrino Angelo 287, 415. Pelosi Pellegrino 70, 81.
Peluso Vincenzo 144, 155. Pentasuglia G. B. 386. Pepe Guglielmo 292, 296. 298, 300. 315, 329. 330, 348. 161, 162. Pepoli, conte 348. Perez Francesco 121, 122. Perri 203.
Pepe Nicola
121,
122.
Pessina Enrico 407. Pessolani Giuseppe Maria 30, 144, 146, 147, 259, 271, 388, 390.
Pessolani Raffaele 55. Pessolani Saverio Arcangelo 389. Petillo Domenico 170. Petillo Francesco 31, 56, 144. Petroni Angelo 154, l55. Petruccelli Antonio 178. Petruccelli Emilio 287, 293, 416. Petruccelli Ferdinando 299, 346, 355, 405, 406. Pezzella Domenico 259. Pica Giu.seppe 103, 107, 109. 203, 260, 272, 286. Piccirilli Gennaro 169. Piccolo Angelo Raffaele 255, 257, 333, 388, 398. Picone Domenico 30, 143, 147, 398, 405. Pilo Eosalino 285, 321, 344, 360, 364, 378.
Pinto Alessandro 56. Pionati 255. Pionati Ferdinando 257. Piraino Domenico 285, 405. Pirla Raffaele 310, 323, 346, 372, 374, 386, 416.
92, 93, 136.
Pellegrino
Persico Michele 77. Pescarini Ferdinando
Pironti Antonio 90. Pironti Filomena 263. Pironti Luigi 263. Pironti Marianna 263. Pironti Michele 3, 11, 22, 54, 84 a 100, 188, 193 a 211, 249, 262 a 271, 399, 403. Pironti Pasquale 90. Pironti Rosina 263.
Pirrone Vincenzo 396, 404. Pisanelli Giuseppe 18, 19. 115, 122, 293, 298, 318, 324, 327, .346, 353. 365, 386, 387, 413, 415, 419.
442
Pisacane Carlo 115, 159, 316, 321, 360, 361, 362, 363. Pisani Giuseppe 150. Pisani N. A. 147. Piscicelli Raffaele 121, 122. Piscitelli Luigi 109. Pizzuti Alberto 136. Pizzuti Giuseppe 81, 114. Pizzuti Leopoldo 136, 137. Placco Matteo 397. Plutino Agostino 23, 304, 324, 344, 372, 374, 386 a 388. Plutinio Antonino 23, 304, 324, 3i4. 374, 386 a 388. Poerio Antonietta 199, 267, 269. Poerio Carlo 11, 8i, 91, 94, 188 a 190, 193 a 213. 249, 260 a 263. 269, 274, 275. 285, 286, 293, '329 a 332, 35Ó, 368 a 377, 382, 383, 386, 398, 407, 410, 414, 417. Poerio Enrico, 369. Poerio Gaetana 363. Poerio PafiPaele 329, 345, 363. Ponti Gaetano 111, 112. Porcaro Vito 260, 272, 333, 416. Positano G. A. 2, 54, 110, 112. Positano Rocco 36, 110, 112. Postiglione Cosimo 216, 251, 396, 404. Primicerio Michele 19, 45, 120, 313, 317. Praico Luigi 259.
Prentiis A"". 6. Samuele 277 a 283, 288, 289. Principe Francesco Saverio 128, 132. Prioli Antonio 219.
Procenzano
Francesco 216, 251, 260, 333. 416. Proraio Luigi 414. Prota Pasqualina 189. Proto di Maddaloni 121, 122, 345.
Quadrio Maurizio 285, 352, 382.
Quandel
113.
Quercia Federico 407. Raccioppi Giacomo 103, Eadetzky 336. Eaeli Matteo 306, 342.
418.
Raffaele Giovanni 386, 388.
Ragone Zaccaria 30, Raimondi Rosa 315.
147.
Ranalli Bernardo 416. Ranalli Ferdinando 312. Rascio Antonio 160, 161. Rascio Giuseppe 228. Regnoli Oreste 320. Ricci 49. Ricci Salvatore 49. Riccia delli Gennaro 164. Ricciardelli Giuseppe 178. Ricciardi Giovanni 386. Ricciardi Giuseppe 299, 303, 345, 358, 384, 414. Riccio G. B. 30, 143, 146, 147, 148. 224, 225, 226, 271, 286, 333; 368, 369. Rinaldi Raffaele 111, 112.
Ritucci Giosuè 53. Rivarola Ignazio 344.
Rizzo Francesco 243. Rizzi Rosario 136.
Rocco
333.
Rodx-iguez Eugenio 265.
Romano Francesco
190, 193,
402.
Romano Liborio
293, 302,374,
408, 409.
Romeo Domenico 416. Romeo Gaetano 84. Romeo G. Andrea 121,
122, 123, 150, 316, 342, 372, 374, 375, 406, 416. Romeo Pietro 321, 406, 416. Romeo Stefano 23, 121, 122, 323, 369, 406. Romualdi Carlo 344, 414. Rongbi Luigi 156. Ronzio Antonio 160, 161, 397.
443
Santelmo Antonio 388, Santomauro Pasquale
Rosei 328. Rossaroll Cesare 329. Rossi Domenico 181, 182. Rossi Giovanni 37. Rossi, dottore 321. Rossini Nicola 178.
396.
Sargentini Francesco 415.
Raffini Luigi 416.
Ruggiero Francesco Paolo
9,
18, 19, 115, 121, 122.
Ruggiero Raffaele 233, 234. Ruocco Raffaele 2.59. Ruotolo Carmine 2, 110, 112. Ruotolo Domenico 42. Ruotolo Giovanni 42, Russai 832.
Russo
203.
Sabatelli Celestino 147, 227, 396. Sabatelli Domenico 227, 396. Sabatelli Gaetano 147. Sabatelli Gennaro 147. 227. Sabatelli Giuseppe 147, 227. Sabatelli Nicola 147. Sabatino Alfonso 254.
Sabatino Giuseppe 109. Sacchi Gabriele 129. Sacchi Gaetano 294. Sacco Ferdinando 125. Sacco Luigi 165, 166, 178. Sacco Serapione 93. Saffi Aurelio 285, 305. Salazar, capit. di fregata 250. Salazaro Demetrio 306. Salerno Ralìaele 170, 416. Saliceti Aurelio 4, 115, 121, 122, 298, 305, 306, 324, 341, 345. Salomone Federico 321, 344. Saluzzo Gioacchino 415. Salvagnoli 341. Salvati Giuseppe 265. Salvi Scipione 115. Salza Angelo 258, 278, 333.
Sanfelice Ferdinando
391. 147,
5.
Sangiorgio Luigi 121, 122. Sangiorgio Salvatore 121,122. Sangiovanni Giosuè 2, 239.
Sarnelli Gaetano 415. Sarnelli Giuseppe 415. Sarnelli Leopoldo 369, 386. Sarnelli Odoardo 415.
Sanile Luciano 129.
Savarese Roberto
19, 45, 298,
311, 341.
Savastano Antonio 134. Sevastano Biagio 143, 161. Savi Bartomeo 352. Scafati, commissario 134. Scala 293. Scarpa Carmine 178, 179. Schioppa Enrico 178. Scialoia Antonio 19, 103, 109, 323, 324. 331. 332, 346, 371 a 373, 383, 419. Schiavone Nicola 193, 258. Scordia, principe 378. Scrugli Napoleone 222. Scura Pasquale 324, 325. Seidita Stefano 344. Senese Filippo 398, 405. Serafini 203. Serafino Padre da Centola 39, Serao Francesco 415. Serbi Girolamo 254. Serino Ovidio 30, 41, 143, 146, 147, 226, 229, 230, 257, 258, 333, 377, 388. 390, 891. Sessa Angelo 416. Settembrini Luigi 11, 84, 85, 96 a 100, 217, 218 a 221, 251, 272, 274, 279, 281 a 287, 350, 407. 411. Settembrini Raffilale 281, 282, 283. Settimo Ruggiero 306. Sica Matteo 112. Siciliani Ferdinando 77. Sigismondi Goffì-edo 121, 122, Sirtori Giuseppe 305, 355, 388, Sodano Filadelfo 30. 137, 138, 216, 260, 272.
444
Sodano Giuseppe
121, 122.
Soraci prete 3S1. Sparano Massa Raffaele 133. Spaventa B^a-trando 284, "324, 827, 828, 411, 412. Spaventa Silvio 108, 105, 107, 109, 110, 215, 216 a 220, 251, 260, 272, 284, 286, 350, 382, 407, 412, 414. Spedalieri Francesco 344. Sprovieri Francesco 293, 299, 344, 369, 388 389. Sprovieri Vincenzo 361, 388. Squitteri Tommaso 42. Stabile Mariano 298. Stagliano 196, 203. Starace Antonio 303. Sterbini 300, 355. Sticco 208, 249. Stocco Francesco 293, 342, 381, 386. 888. Stornelli Onofrio 397. Strommillo Benedetto 30. Surace Francesco 257, 333.
Taddeo Pasquale
110,
112,
123,
Taiani Diego 416.
Tamaio
G-iorgio 306.
Tecchio Sebastiano 355, 357. Tiggiani 293.
Tempie William Tofano Giacomo
150.
17,
92, 103, 183, 294, 811, 327, 346, 349, 353 856, 367, 414, 417.
Tomeo Nicola 136. Tommaseo Nicolò
355, 357,
379.
Tommasi
Salvatore 324, 327, 328, 346, 372. 855, 886, 416. Torre Federico 816, 824, 325, 327, 328. Torquato Michele 242. Torrearsa Marchese (di) 297, 319 342. Torricelli Antonio 121, 122. Traino Luigi 374. Travia Raffaele 333, 386.
Trenti 388.
Trincherà Francesco 327, 328. 345, 374.
Tripepi
Giuseppe
259,
333.
414.
Tripoti Antonio 309, 414, Trisolini Giuseppe 344. Trisoliui Tito 344, 388. Troccoli Angelo Maria 128.
Tufani Carmine 243. Tupputi Ottavio 121, 122, 298, 299, 300, 311, 869, 372, 285.
Turco Ignazio 304. Tuzzo Leone 203, 207. Ulloa Girolamo 25, 296, 315, 342, 346, 855, 369, 407, 415. 58, 167.
Umbelì Giacomo
Vacca Domenico Antonio 192. Vacca Giuseppe 312, 415. Valente Domenico 386. Valla Giuseppe 4, 7. 48, 130, 136, 187.
Vallante Crescenzo 145. Vallante Michele 55. Vallante Tommaso 812. Vallo Achille 97, 99. Vairo Domenicantonio 53. Vairo Ferdinando 233.
Vairo Mariano 109. Vairo Melchiorre Giuseppe 60, 61, 63, 128, 144, 156.
Vanacore Gaetano 415. Vannucci Atto 385. Vare 379. Velucci Lorenzo 97 a 100. Veneziano Innocenzo 219,220, 254.
Ventra Aniello
232, 284, 278,
287, 416.
Verdoliva Giuseppe 116 a 119, 151, 807, 317.
Verrone Filippo 179. Vernieri Cantalupo li7. Vespoli Giosuè 415. Vignes Saverio 68 a 82, Vignolo Raffaele 178.
118.
445 Villa Tommaso 355. Villari Pasquale 416.
Vinciprova Leonino
23,
30,
316, 388, 391, 393, 409, 414. Viot Michele 234. Virgilio Giuseppe 316, 321, 344. Visconti Venosta Emilio 415. Viscusi Micliele 105, 109. Visetti, ten. col. 203. Visiano 378. Vitagliano Filippo 30, 151, 328.
Vitagliano Giuseppe 144, 147, 226, 818, 397.
Vitale Crispino 344. Vitro Leopoldo 166. Vitro Vincenzo 178.
Voso Michele
193, 203.
Vulpes, dottore 93. V^aleski 381.
Winspeare 74. Wreford 200. Zamparelli Achille 415. Zanardelli Giuseppe 416. Zeuli Alfonso 203, 207. Zoccoli 301.
Zuppetta Luigi
355, 416.
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