La reazione Borbonica durante i moti del 1848

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OPERE STORICHE DELLO STESSO AUTORE Pubblicate La Baronia Camera

La

:

del Cilento.

Roma,

1904. Tipografia della

dei deputati.

rÌTOlta del Cilento nel 1828, narrata su documenti inediti,

1906 {Biblioteca storica del risorgimento

liano, serie 4»,

Memorie N.

di

N.

ita-

9).

Carlo De Angelis, 1828-1860 {Idem, serie

5»,

4).

Costabile Carducci ed

i moti del Cilento nel 1848. Volumi due. {Idem, serie 5% N. 10 e 11).

La reazione borbonica

nel re^no di Napoli. (Episodi

dal 1849 al 1860). {Idem, serie VI, N. 12).

In preparazione : I

carbonari di Salerno nel 1820.

I patrioti di

Salerno nel 1799.

Le rlTolnzione del 1860 in provincia

di

Salem*.


BIBLIOTECA STORICA DEL RISORGIMENTO ITALIANO CASINI

pubblicata da T.

e V.

FIORINI (Serie VI

- N.

12)

MATTEO MAZZIOTTI

LA REAZIONE BORBONICA NEL REGNO DI NAPOLI -% (Episodi dal

1849

al

1860)

MILANO-ROMA-NAPOLI SOCIETÀ EDITRICE DANTE ALIGHIEBi DI

ALBBIGHI, SEGATI 1912

e C.


PBOPBIETA LETTERAEIA

DELLA SOCIETÀ BDITBICE DANTE AUGHIBSI DI

ALBRIGHI, SEGATI &

Bom»,

1919

— Tipografia

C.

Ooop«TatÌTa Sociale, ria dal Barbieri, XL C


USTDICE

Avvertenza Capitolo

I.

Pag,

—

stituzionale I.

xv

Gli ultimi mesi del governo co-

Pag.

.

1

Le elezioni del giugno 1848 - Deputati eletti da la provincia di Salerno - Proroghe e quindi scioglimento della ("amera il. Inizio della reazione - Mutamento di funzionarli nella capitalo e nelle provinole - Il nuovo intendente di Salerno - I sottintendenti dei distretti della provincia - III. Indirizzi e deputazioni al re per la soppressione dello Statuto IV. Processi nella capitale e nelle provincie - Istruzione giudiziaria in Salerno per le fucilazioni avvenute nel Cilento durante i moti del gennaio 1848 - Ripristino delle Corti Speciali - Commissioni di scrutinio per i magistrati V. Numerosi mandati di arresto - Latitanza di raolti ricercati da la polizia - La nave da guerra francese Ariel Rimostranze del governo borbonico - VI. Latitanze e fughe di liberali - Conflitto dei fratelli Del Mastro con la forza pubblica - Arresto di uno di essi - Sua sollecita liberazione per parte dell'altro - Imbarco por Genova dei fratelli Do Angelis, di Ernesto del Mercato, di Filippo Patella - VII. Liberali salernitani a la difesa di Roma Morte di Agnello Criscuolo - Fuga degli emigrati da Roma dopo l'ingresso dei Francesi - Liberali salernitani a la difesa di Venezia - Dolorose vicende dei reduci nel regno - VII!. Le Commissioni di scrutinio per gli imputati politici - Ripartizioni di questi in tre classi - Soprusi della polizia.

Capitolo IL L

—

comandante

Il maresciallo

Palma

.

Pag.

la Divisione militare di Salerno - Vigilanza sui i liberali della provincia - Arresto di coloro che portavano i baffi o la barba lunga - II. Odii del Palma contro i preti ed i frati liberali - Persecuzioni al padre GiĂšII

32


VI seppe da Campora - III. Il canonico Abignenti di Samo ClausTira di lui e di altri canonici in vari conventi per farvi i santi esercizi - Fuga dell'Abignenti - IV. Persecuzione contro intere famiglio - La famiglia Del Mercato Arresto di Francesco e di Pietro Del Mercato - Traversie della famiglia Capezzoli - Morte di Luigi Capezzoli Kelegazione a la Pantelleria di alcuni loro congiunti V. Vigilanza della polizia su le corrispondenze postali Sorpresa di una lettera della vedova Carducci - Perquisizione in casa di questa ed arresto del padre di lei Morte di una figliuola del Carducci - VI. Un grave incidente nelle carceri di Salerno - Proposte della polizia per l'applicazione delle legnate al detenuto Andrea Curzio maresciallo Palma ordina le legnate - VII. Il governo affida l'incarico di paciiìcare il Cilento al Palma - Arresti ed invii di attendibili nelle isole - 11 maresciallo percorre il Cilento - Suoi severi provvedimenti - Ai^plicazione delle legnate - Vili. Le squadriglie - Loro gesta - Il Palma protegge le squadriglie.

n

Capitolo HI. l.

Le prodezze di

tino sbirro

Pag.

65

Cesare - Sue vicende anteriori - Sua latipolizia non riesce a scovarlo - III. Il ser-

Salvatore De tanza - IL La gente Vignes - Suoi precedenti dell'arresto del De Cesare - IV.

Crii si affida Il Vignes si

1' incarico accinge a

l'impresa - Riesce a scovrire l'asilo del De Cesare - Crudele morte di questo - Artifici del sergente per simulare un conflitto - V. Elogi del governo al Vignes - Fermento in Salerno i)er luocisione del De Cesare - Indagini del comando militare - Risultati di esse - Proteste della gendarmeria di Salerno - VI. Baldanza del Vignes - Commette un altro delitto - Indagini giudiziarie su la morte del De Cesare - Esitanze della magistratura - Decisione della Gran Corte che si dichiara incompetente - VII. Sollecitazione del processo da pai-te degli orfani De Cesare innanzi al Consiglio di guerra - Ordine reale per troncare il procedimento - Decisione della Gran Corte favorevole al Vignes per il secondo delitto - Vili. Tramutamento del Vignes a Catanzaro - Partenza di lui nel 1860 per Napoli - Arresto del medesimo - Giudizio a carico del Vignes - Condanna di lui - Sua morte nell'ergastolo.

Capitolo IV. I,

Le pròne condanne

,

,

Pag.

Il processo della setta dell' Cnttd italiana - Rivelazioni di alcuni imiiutati - Duo testimoni falsi - Arresto di Carlo Poerio, del Settembrini, del prete Barilla, di Filippo Agresti, Francesco Antonetti, Vincenzo Dono e Michele Pironti II. ^'icende anteriori del Pironti - Avvocato in Salerno poi in Napoli - Deputato al Parlamento - Nominato giùdice - Denunzia contro di lui - E" rimosso da l'ufficio III. Arresto del Pironti - Perquisizione nella sua casa Suo interrogatorio - Vessazioni inflitte al detenuto IV^. Cnnipimento dell'istruzione - L'atto di accusa - Costituto del Pironti - V. Trasporto dogli imputati nelle carceri della Vicaria - Orribili condizioni del carcere Rimostranze delle famiglie - Risposta del medico delle prigioni - Ricusazione del in'esidonte della Corte - Ma-

83


VII lattia di Antonio Leipneoher - Sospetti di Suzione dell'infermitĂ - Trasporto di lui in udienza - Nuova sospensione della causa - Morte del Leipnecher - VII. Prosieguo del dibattimento - Requisitoria del procuratore generale Decisione della Gran Corte - I condannati a morte in cappella - Ore di angoscia - Le famiglie dei condannati La grazia della vita - Trasporto dei orndannati a Nisida ed a S. Stefano.

Capitolo V. maggio I.

—

Il giudizio

per

i

fatti

del

15

l^ag.

101

L'istruzione del processo per gli avvonimenti del 15 maggio - Numero rilevante degli imputati - Molteplici sentenze preparatorie - Arresto di Giovanni Avossa - Sua detenzione nel Castel Sant'Elmo - Sua. infermitĂ - Accusa contro Domenico Giannattasio - Suo arresto - Sue ansie per la malattia della macire - Importanti decisioni delia Gran Corte speciale su la voluminosa istruttoria - II. I quarantasei imputati rinviati al giudizio della Gran Corte speciale - I fratelli Palumbo - I due Leanza - Kioorso degli imputati a la Corte Suprema di giustizia - Rigetto del ricorso - Ripresa della causa - Le false testimonianze Conclusioni del procuratore generale - Gravi condanne pronunziate da la Corte - Lettera di Luigi Leanza a la moglie durante la redazione della sentenza - Il decreto di grazia della vita - Invio dei condannati a vita a l'ergastolo di S. Stefano e dei condannati a tempo al bagno di Procida - III. Altri settantaquattro imputati in attesa di giudizio - Proteste della stampa straniera - Rescritto sovrano che abolisce per essi l'azione penale riguardo a 1 fatti del 15 maggio - Rinvio di alcuni imputati a le Corti speciali delle proprie provinole - Decisioni della Gran Corte - Condanna di Raffaele Morose e di Matteo Sica Influenti raccomandazioni pel Morose - Il re gli concede la grazia - IV. Il prosieguo di istruzione per altri imputati - Liberazione di molti di essi - Rinvio dell' Avossa innanzi la Gran Corte speciale - V. Gli imputati contumaci - Rigorosa sorveglianza della polizia a lo scalo marittimo ~ Fuga del Mancini del Pisanelli, del Conforti e di altri - Fuga di Ulisse De Dominicis a Malta - Travestimento e fuga del barone Mazziotti - VI. Giudizio a carico dei contumaci - Feroce requisitoria del pubblico ministero - Ventidue condanne di morte in contumacia.

Capitolo VI I.

Pag. 125

Processi per le uccisioni avvenute noi moti dol gennaio 1848 - Provvedimenti a favore dello famiglie delle vittime - Severi ordini del re per tali processi - II. La squadriglia Vairo arresta gli uccisori del barone Maresca - Inizio della causa - Deposizioni commoventi di alcuni testimoni - Gli imputati invocano le amnistie emanate per i reati politici - La Corte ritiene trattarsi di delitto comune Difesa degli imputati - Sentenza della Corte - Vano ricorso di Luigi De Mattia - Esecuzione capitale di lui -

Provvedimenti per gli altri condannati - III. Processo per la fucilazione di Rosario Rizzo - Arresto degli imputati Loro difese - Sentenza della Corte - Commutazione della


vili

pena di morte in quella dell'ergastolo ad uno dei condannati - IV. Giudizio per l' uccisione del De Feo - Strana unione di questo delitto ad altri fatti - Condanna emessa da la Corte speciale.

(Rapitolo VII.

La Gran

Corte speciale di Sa-

Pag. 139

lerno I.

Processo per le agitazioni del distretto di Sala nel m.aggio 1848 - Arresto di Michele Aletta - Sorprendente interrogatorio di lui - Sua condanna a morte - Commutazione della pena nell'ergastolo - II. Istruzione per i m.oti del Cilento nel luglio - Arresto dei fratelli Francesco 8 Carlo De Angelis, di Giambattista Riccio, di Dom.enico Picone, di Ovidio Serino, di Luigi Magnoni, di Carlo Pavone, di Pasquale Lamberti, di Giuseppe Pessolani e di Giuseppe Vitagliano - Sequestro delle carte del Carducci - Sorpresa di importanti documenti in casa Passero Discussione della causa - Severe conclusioni del pubblico ministero - Difese degli imputati - Gravi condanne Invio dei condannati a i ferri al bagno di Nisida III. Fuga di altri imputati - La moglie di Diego Da Mattia - Enrico Mambrini ripara in Piemonte - Latitanza di Giovanni Carducci, di Nicola Causale, di Giovanni Guerrieri, di Filippo Vitagliano, dei fratelli Coco - Iscrizione dei contumaci nell'albo dei rei assenti - IV. Arresto dei fratelli Lucio e Salvatore Magnoni e di Emanuele Giordano - Gravi condanne contro di essi - Loro invio a la galera - Arresto di Stefano Passero - Procosso - Sentenza di assoluzione - Presentazione s^jontanea di Giovanni Ausilio e di Angelo Potroni - Chiusura di quest'ultimo in un convento - V. Processo per i fatti di Sapri del 1848 - Arresto di molti imputati - Il loro processo ~ Condanne - VI. Persecuzioni contro gli autori dei moti di Castella'mte deJ luglio 1848 - La fuga di Pompeo De Angelis - Suo travestimento da benedettino - Scoperta ed arresto di lui - Condanna di Antonio Ronzio, di Luigi Parente e di Pompeo De Angelis.

Capitolo Vili.

Una congiura

L Denuncia

.

.

.

Pag. 163

di una congiura nell'esercito - Sequestro di una lettera criminosa - Gravi rivelazioni di un confidente Numerosi arresti - Nomina di una « Commissione segreta d'istruzione » - II. Mandato di arresto contro la signora Mazziotti - Persecuzioni contro di essa e la sua famiglia - III. Confessioni del caporale Del Baglivo - Perquisizioni nel bagno di Precida - Arresto della giovinetta Leanza Sequestro di una lettera press Michele Pironti - Altri numerosi arresti di borghesi e di militari - Tentativo di fu^a del Baarliv'o dal castello di Sant'Elmo - Sua caduta nei fossati del castello Risoluzioni sovrane per gli imputati militari e borghesi - VI. Applicazione della pena della bacchetta - Indegno certificato di un chirurgo militare - E' sottoposto alla bacchetta anche il ferito del Baglivo - Invio doirli imputati nelle isole - VII. Latitanza della signora Mazziotti - Risoluzione di fuggire a Genova - Artificio con cui riesce a deludere la vigi>

'\

.


-

IX lanza della polizia - Un passaporto falso - Arrivo della profuga » Genova - Sorpresa ed ire della polizia napoletana.

Capitolo IX. I.

— Da Nisida a Montesarchio

Pag. 188

Il Pironti, il Dono ed i loro compagni noi bagno di Nisida - Visita del Gladstoue - NoIjìIì parole del Poerio e del Pironti - Il re ordina il trasporto (li essi nel bagno di Ischia - II. Arrivo nell'isola di Isolila - Altri condannati del Salernitano nello stesso bagno - Felice Barone Francesco Komano - Gaetano Capezzoli - III. Trasferimento del Poerio, del Pironti e di altri nel castello di Montefusco - La galera eccezionale - Regolamento speciale di essa - Informità contratte da i condannati - Passaggio dei condannati nel piano superiore - Il Poerio, il Dono ed altri al «puntale» - Grave pericolo corso dal Pironti - Le legnate al Garcea - Grave malattia del Pironti - Morte del padre di lui - Lettera del Dono a la moglie - Sublime pietà di donna - IV. Il Poerio, il Pironti, il Dono ed altri nel castello di Montesarchio - Atroci sofferenze del Pironti - Ritratto ra.orale di lui - La vita nella galera - Varii detenuti presi da la tisi - Morte di Alfonso Zeuli e di altri condannati politici - Grave infermiità del Poerio - Pietosi uilìci di Cecilia Dono - Auguri dei condannati a lei - Ringraziam^enti del Poerio ad essa - Morte di un fratello del Pironti - Opera benefica della Dono - Fine di lei.

Capitolo X. I.

— Nell'ergastolo di S. Stefano

Pag. 214

L'ergastolo di S. Stefano - Trattamento dei condannati Abito che indossavano - La raziono del «remo» - Agevolezze loro concesso - II. I condannati politici del Salernitano - Michele Aletta - Francesco De Stefano, Filadelfo Sodano, Francesco Procenzano, Cosimo Postiglione, il farmacista Vincenzo Do Roberti» - III. Michele Alotta - Dia-

logo di lui col Scttenxbrini - IV. La vita dell'ergastolo Le visite dei parenti e degli amici - Costanza Leipnecher Il barbiere Faoella - Il tifo - Vittime di esso - Le risse -

Un ammutinamento.

Capitolo XI. I.

Nel Lagno di Procida

.

Pag. 224

Carlo De Angelis, Carlo Pavone, G. B. Riccio ed altri nell'isola di Nisida - Le primo impressioni della galera - II. Trasporto di essi a Procida Arrivo di altri loro compagni - III. La figlia di un condannato - Un poeta nella galera - IV. Un cor^iandante mite - Triste cambiamento - Il preteso eroe di Danzica Sue crudeltà - Le legnate a sessanta galeotti - Una lettera di Ovidio Serino - Un ammutinamento immaginario - Altre legnate - V. Cospirazioni in galera - La denunzia di un falso liberale - Arresti e perquisizioni - Nuova

condannati salernitani

condanne.


Capitolo XII.

Il colera nei bagni penali

Pag. 235

I, Primi oasi di colera in Napoli - Diffusione di esso nelle Provincie e nei bagni penali - II. Il prete Matteo Farro Precedenti di lui - Sue vicende dopo i moti di luglio Sua latitanza nei bosoiii - L'arresto e la condanna del

prete - Preso dal morbo soccombe rapidamente - III. Un'altra vittitaa nel bagno eli Nisida- Luigi Leanza - Aijpunti della figliuola di lui - La grazia ad Emanuele Leanza IV. L'epidemia nella galera di Montefusco - Varie vittime - I relegati dì A'entotene - V. Gli elenchi dei colpiti dal morbo nella galera di Precida - Uccisione di Francesco Antonelli.

Capitolo XIII. I.

In via per

V America Pag. 245

L'Inghilterra e la Francia richiamano da Napoli i loro ministri - Liffìcoltà del governo napoletano - Si invitano detenuti politici a domandare grazia - Rifiuto del i Poerio, del Pironti, dello Spaventa e del Settembrini II. Convenzione con la Repubblica Argentina xier una colonia penitenziaria -Pratiche del governo napoletano con i condannati politici, per indurli ad accettare - Risposta del Poerio - Lettera del Pironti - Contegno del Settembrini e dello Spaventa - La stampa liberale insoi'ge contro il trattato - Il governo argentino nega la ratifica di esso - III. Incertezze del re Ferdinando - Si redige un decreto di grazia per i non «pericolosi» - Risoluzione di inviare in America i condannati « pericolosi » - Minuta del decreto - Osservazif.ni del ministro di giustizia - Decisione del re - IV. La ministeriale Pionati - L'esecuzione del prov-^-edimento - Difficoltà ad ogni passo - Il re approva le norme di esecuzione - V. Il ministro chiama in Napoli i giudici regi di Pozzuoli e di Montesarchio - Istruzioni «segrete» ad essi - f'omunicaz.ione del provvedimento a 1 condannati di Nisida - Fiere ritnostranze dei preti Contegno dei forzati dei bagni di Precida, di Santo Stefano e di Montesarchio - Dichiarazioni del Poerio o dei suoi C( nipagni - Supplica del Dono - Istanza del Pironti - Lettera di questi a suo fratello - Ordini perentori del re da Foggia - VI. Delusioni del ministro degli esteri napoletano - Nuovo espediente del governo - Nomina di una Commissione reale per la esecuzione del decreto reale - Istruzioni scritte ed orali ad essa date - VII. La Commissione a Montesarchio - Le pretose acclamazioni dei condannati - Rifiuto del Pironti a la partenza - Partenza del Poerio e dei suoi compagni - Trasporto del Pironti - L'arrivo a Pozzuoli - L'addio ai parenti - Imbarco su la « Stromboli » - Incerte/,zG del Pironti - Un ordine del re - Sì arco di Pironti a Nisida - Vili. Arri^-o dei condannati di Nisida - l.a « Stromlioli » rileva coni

dannati da i ljaa;ni di Precida e di S. Stefano - Pasquale Lamberti resta a l'ospedale di Precida - Inno della Commissione a la cleiMonza sovrana - Nobili parole del Poerio a suoi compagni - IX. Viaggio dei deportati a t adice Proteste di essi - Noleggio oi una nave americana - Un finto cameriere - Grave infermità del Poerio - X. Passaggi o degli esiliati su la nave americana - La partenza di essa - Il «Fieramosca» ritorna a Cadice - Nuove protesto desìi esiliati al capitano - XI. Il finto cameriera Raffaele Settembrini - Suoi colloqui - Nuova protesta al i


XI capitano - Pretese di questo - Suoi timori - Il capitano consente a l'approdo in Irlanda - XII. Sbarco degli esiliati a Quoenstfiwn - Festosa accos;lienza della città -Colletta a favore di essi - Il Mazzini invia due suoi amici a trattare con gli esiliati - Risposta del Poerio - Partenza di essi per Londra - Dichiarazione dello Si^aventa e del Settembrini - Risposta di altri esuli - Adunanza in onore dei proscritti - Loro ritorno in Italia - XIII. Il re Ferdinando riceve la notìzia dello sbarco degli esiliati - Il governo chiede al capitano Prentiis la restituzione dei documenti consegnatio^li - Condizioni poste dal Prentiis Imbarazzi del governo dì Napoli.

Capitolo XIV. letana l.

L'emigrazione politica napoP^g- 290

Gli esuli napoletani - Paesi cui si rivolsero di preferenza vita degli emigrati - Il governo napoletano sequestra loro le rendite - Miserie e dolori dei proscritti - II. Esuli in. Francia - Guglielmo Pepe e vari dei profughi di Venezia si stabiliscono a Parigi - Arrivo di altri esuli Frequenti ritrovi in casa del Tupputi e del Pepe - Le esequie di Gioberti - Esuli napoletani a Montpellier, a Tours ed a Marsiglia - III. A Londra - La propaganda del Mazzini e dei suoi seguaci - Arrivo di italiani espulsi da la Francia - I manifesti del Comitato nazionale italiano - IV. Malta - Gli esuli siciliani - Arrivo di Teodosio De Dominicis - Il dott. Nicola Causale - Vigilanza su le corrispondenze delle famiglie degli emigrati - Sequestro delle lettere del Causale - Partenza del Causale per l'Egitto - Giovanni Avossa - Sua corrispondenza col barbiere Facella - Lunghi anni di esilio - Suo ritorno in patria - ^ ". In Toscana - Gli emigranti napoletani a Pisa - La casa della baronessa Begani - Arrivo del D'Ayala a Pisa - Altri emigrati a Firenze - VI. Ospitalità del governo piemontese verso gli esuli - Sussidi a i più bisognosi - ^'igilanza del governo su i seguaci del Mazzini VII. A Nizza - Riguardi delle autorità locali e della cittadinanza x^er gli emigrati politici - Il comitato di soccorso - .Vlorte del Primicerio e del Giura - Si stabilisoono in Nizza l'UUoa, l'Assanti ed il Pepe - Lettera di quest'ultimo al D'Ayala - Le esequie della madre di Craribaldi Vili. A Genova - Arrivo di niolti reduci da la difesa di Roma e di Venezia - Si rifugiano a Genova in gran numero i perseguitati dal governo borbonico - Arrivo degli ex deputati Francesco Mazzìotti, Ulisse De Dominicis e di varii liberali salernitani - Fuga di Raffaele Conforti da Napoli - Sua operosità in Genova - Approdo di Francesco Angherà - Le esequie e la commemorazione della madre del .Mazzini - Fondazione di una società per l'assistenza dei colerosi - «La solidarietà nel bene» - IX. A Torino - Uffici concessi dal governo a gli esuli - La casa di Pasquale Stanislao Mancini - Raffaele Conforti prende dimora a Torino - Accoglienze al D'Ayala - Arrivo di Giuseppe Del Re - Le esequie di Gioberti - Gli amichevoli ritrovi in casa Tofano - La gmerosità del De MoisOnoranze a gli emigrati estinti - I solenni funerali di Guglielmo Pepe - Le prime notizie del Poerio e dei suoi compagni - Arrivo di molti di essi a Torino -Lettera del Cavour a lo Scialoia - Accoglienza dei torinesi - Entusiasmo della popolazione.

La

A


XII

Capitolo XV.

Gli esuli napoletani venimenti politici

I.

avPag. 334

e gli

La notizia del moto di Milano del 6 febbraio 1853 desta grande impressione negli esuli - Distacco di molti liberali dal Mazzini - Arresto ed espulsione di emigrati politici nel Piemonte - IL Relazioni di alc\mi esuli con Luciano Murai - Idea di una restaurazione murattista - L' opuecolo del Saliceti in favore di essa - Dichiarazione di Daniele Manin - Lettera del Murat al * Times » - Protesta di molti esuli delle Due Sicilie - Pubblicazione di Francesco Trincherà - Risposta del La Farina e del De Sanotis - Silenzio di molti altri esuli - Erronea interpretazione di questo - Colloquio dol La Farina con Cavour - Contegno del grande statista piemontese - Dichiarazioni del Poerio, dello Spaventa e dei loro compagni di galera contro il murattismo - III. Prime notizie del moto siciliano promosso dal Bentivegna e dell'attentato di Agesilao Milano - Coniazione di una medaglia in onore di entrambi - Carmi di Del Re, di Laura Beatrice Oliva e dell' Iinbriani in onore del Milano - Processi per apologia del regicidio - Lettera del Manin favorevole a la dinastia di Savoia - La parto liberale e gli esuli si raccolgono intorno al programma del Manin - La Farina pubblica il «Piccolo Corriere d'Italia »- Il giornale « L'Indipendente» - Adesione del La Farina al programma del Vlanin - Fondazione della Società nazionale - Molti esuli si ascrivono ad essa - Lettera del Cosenz - L'adesione di Garibaldi Costituzione del comitato centrale e dei comitati provinciali - Estese relai^ioni della Società e sua propaganda continua - V. Agitazioni in Napoli - Preparativi in G-enova per una spedizione nel regno - Lettere del Cosenz e del Pisacane - Il Mazzini in Genova - Dissensi tra gli esuli su la spedizione - triovanni Nicotera - Partenza della spedizione - Moti in Livorno ed in Genova - Notizia dei disastri di Padula e di Sanza - Arresto ed espulsione di mazziniani - Protesta degli altri esuli - VI. Entusias-no Ijer il discorso reale del 1859 e per la guerra imminente Concorso di giovani nell'esercito e nei cacciatori delle Alpi Dolore degli esuli per il contegno di Napoli - Una lettera di G. B. Riccio - Colloquio di Cavour con Poerio e Scialoia - Conferenza di questi ultimi con il conte di Salraour - Dissensi tra gli esuli - Manifestazione di quelli residenti in Toscana - Invito ad una adunanza in Torino -_ Dichiarazioni del Poerio, dello Scialoia e di altri - Deliberazioni dell' adunanza degli emisrati - La fine di Luigi Parente - VII. Tenace lavorio degli emigrati per destare la rivolta nel mezzogiorno - Dolorose delusioni degli esuli - Rapporti del console napoletano a Genova - Pratiche del ministro napoletano a Parigi presso il governo francese - Gli emigrati meridionali insistono por l'insurrezione delle loro provinole - .Moto del 4 aprile in Palermo - Il comitato di emigrazione a Genova - Si raccoglie danaro per aiutare il moto siciliano - Riunione degli esuli a Torino - Preparativi per una spedizione in Sicilia - Vi prendono parte molti esuli - Emigrati della provincia di Salerno tra i « mille ». -•


XIII

Capitolo XVI.

Liberazione

....

Pa^. 395

I. Provvedimenti del governo per i compromesai politici Amnistie, oommutaziono di pene e grazie - II. Vicende del NÌ6CO, del Pironti e del Lamberti - III. Nuovo indirizzo del governo napoletano dopo la morte di Ferdi-

II - Mutamenti di funzionarli politici - Indulto del 16 giugno 1S59 - Vane premure della famiglia del Pironti - Liberazione del Lamberti e di molti relegati politici rv. Provs'edimenti per i condannati cui si era conoees» la commutazione della pena nell'esilio - V. Il decreto del 16 giu^o 1859 e gli esuli - La grazia a Michele Aletta Esclusione del Nisco da la grazia - VI. La conceasion» dello Statuto in Napoli - Amnistia generale per i delitti politici - VII. L'amnistia e gli esuli - Proteste del Mancini e del Poerio contro le pratiche del governo napoletano per una alleanza con il Piemonte - Riunione degli - Indirizzo del esuli napoletani e siciliani a Firenze Settembrini a la parte liberale del Regno - Vili. Il conte di Cavour esorta gli esuli a tornare nel regno Una lettera del Pisanelli - Il Poerio ed altri ricusano dì tornarvi durante il regno dei Borboni - IX. Ritorno di molti esuli - Dimostrazioni in Nopoli a l'arrivo di essi.

nando

Appendice Indice dei nomi

Pag. 421 citati nel

volume

.

.

.

Pag. 431



AVVERTENZA

Debbo fare una confessione al Io intendeva, nel i^orre

cortese lettore.

mano a

di

questo lavoro^

narrare soltanto gli avvenimenti della provincia di Salerno durante la reazione borbonica che principiò nel 1849, cioè subiti

da

i

le

persecuzioni,

vano preso parte ai moti in

condanne, gli

esilii

del

volume, che dovrò purtroppo citare spesso

altro

nel corso di queste pagine

Ma

le

mia provincia che ave1848, da me raccontati

costituzionali della

(1).

lungo la via, che dovevo percorrere,

ad una grave

mi sono

tro-

Dovevo ad esempio parlare degli importanti processi per la setta della « unità italiana » e per i fatti del 15 maggio: provato di fronte

cessi,

difficoltà.

in cui erano complicati parecchi dei miei con-

terranei. piii bei

Ma

nomi

a questi erano uniti in quei giudizi

i

del patriottismo dell'Italia meridionale,

tra cui Carlo Poerio, Luigi Settembrini, Silvio Spa-

venta. Potevo tacere di

essi?

Inevitabile

quindi di

tessere l'intera storia di quei dolorosi processi.

menti, raccontando

le

miserie

e le

Pari-

angoscie dell'esilio

di molti miei com,provinciali, potevo tacere di Pasquale

Stanislao Mancini, di Angelo Camillo de

(1)

Costabile Carducci ed

i

Meis

e

di

moti del Cilento del 1848.


XVI tanti altri bei

nomi onore

e

vanto

dell'

emigrazione

politica napoletana?

In molti capitoli quindi storia della provincia

è

il

la

m.io scrìtto piii che

storia

dello

una

sventurato

regno di Napoli durante quel funesto periodo.

I Borboni di Napoli sono ormai da lunghi anni scomparsi dal trono ed a me non piace tirare pietre contro

i

caduti. Dirò solo

una

cosa.

Quanto vi era

di meglio nelle provincie meridionali d'Italia per in-

gegno, per coltura, per nobiltà di animo, venne dura-

mente colpito , con le carcerazioni, la galera, tanta ignominia e cecità doveva pur

Da la

giusta

e

doverosa

espiazione

della

l'esilio!

seguire

rivoluzione

del 1860.

Eoma, 10

aprile 1912.

M. Mazziotti.


/'

CAPITOLO Gli ultimi

Sommario. eletti da

I.

mesi del governo costituzionale.

I.

Le

elezioni

del

giugno 1848 - Deputati Proroghe e quindi

la provincia di Salerno -

scioglimento della Camera

— Mutamento di vinole - Il

nuovo

II.

Inizio della reazione

funzionarli nella capitale e nelle prointendente di Salerno - I sottintendenti

dei distretti della provincia

III. Indirizzi e

zioni al re per la soppressione dello Statuto

deputa-

— IV. Pro-

cessi nella capitale e nelle provinole - Istruzione giudi-

avvenute nel Cimoti del gennaio 1848 - Ripristino delle Corti Speciali - Commissioni di scrutinio per i magistrati V. Numerosi mandati di arresto - Latitanza di molti ricercati da la polizia - La nave da guerra francese Ariel - Rimostranze del governo borbonico VI. Latitanze e fugbe di liberali - Conflitto dei fratelli Del Mastro con la forza pubblica - Arresto ziaria

in Salerno per le fucilazioni

lento durante

i

di

uno

di

dell'altro -

di

- Sua sollecita liberazione per parte Imbarco per Genova dei fratelli De Angelis, essi

Ernesto del Mercato,

di Filippo Patella

VII. Li-

a la difesa di Roma - Morte di Agnello Criscuolo - Fuga degli emigrati da Roma dopo berali

salernitani

l'ingresso dei Francesi - Liberali salernitani a la difesa

Venezia - Dolorose vicende dei reduci nel regno Le Commissioni di scrutinio per gli imputati politici - Ripartizioni di questi in tre classi - Soprusi di

Vili.

della polizia.


,

I.

Gli avvenimenti del 15

maggio 1848

in

Na-

poli e l'improvviso richiamo delle truppe

da la guerra una profonda scissura

lombarda avevano creato tra il re Ferdinando 2<* di Borbone e la parte liberale. Sciolta la Camera ed indette le nuove eie zioni per il 15 giugno successivo, i fautori degli ordini costituzionali si adoperarono vivamente a la conferma degli antichi deputati, come solenne protesta contro

tanza nazionale.

lo

scioglimento della rappresen-

Per evitare dispersione

molti cittadini rifiutarono la candidatura.

di voti

Un

emi-

nente avvocato salernitano, Carmine Ruotolo, nativo di Sarno, sollecitato ripetutamente a presentarla

declinò l'invito con una nobilissima lettera a gli elet tori,

pregandoli di raccogliere

tichi eletti. il

i

loro voti su gli an-

A tanta concordia corrispose pienamente

successo, poiché essi riuscirono in grandissima

maggioranza. Il

Principato citeriore elesse

Domenico

:

per

il

distretto di

Giovanni Avossa, Filippo Abignenti, Giovanni Angelo Positano, Giovanni Centola, Raffaele Conforti per il distretto Salerno,

Griannattasio,

:

Campagna, Gennaro Giacomo Giuliani: per di

briele e

Pietrantonio

Bellelli,

distretto di Sala, Gail Abatemarco: per quello di

Vallo, F. A. Mazziotti, Ulisse

suè Sangiovanni

(1).

G. B. Bottiglieri,

De

Dominicis, Gio-

Di nuovi non

vi erano

che

(1) Elenco dei deputati pubblicato nel Diario del Parlamento delle Due Sicilie di Carlo Colletta, parte 2», pagina 150, Napoli, stamperia dell'Iride, 1864. Fu rieletto anche il Carducci, che venne sostituito dopo che si ac-


Abatemarco, antichi liberali del Vallo avevano preso molta parte a i moti del venti e subito dipoi lunghe persecuzioni. G-abriele aveva avuto, dopo la costituzione, la nomina i

due

fratelli

di Diano, che

di direttore

al

ministero dell'interno.

primo luglio 1848 finalmente si inaugurava la legislatura nella gran saia del museo borbonico, ora nazionale, mentre non era ancora spenta la Il

e stava per scoppiare

rivoluzione nelle Calabrie

nel Cilento. Nell'indirizzo di risposta al della

Corona

la

discorso

rappresentanza nazionale deplo-

rava il richiamo delle truppe da la Lombardia ed esprimeva apertamente il voto dell' indipen denza italiana da lo straniero e di una federazione tra

i

varii Stati della penisola.

ricevere l'indirizzo.

La

Il re

ricusava di

piazza tumultuava tra

dimostrazioni contro lo statuto promosse da

i

le

rea-

zionari nel quartiere del Mercato (14 agosto) e le

controdimostrazioni dei popolani del quartiere tecalvario.

Il

cura,

i

finiti

domare

Mon-

governo ed il re volgevano ogni moti della Calabria e del Cilento, a

la rivoluzione in Sicilia,

chiusa la Camera.

A

l'uopo

tembre prorogò questa

al

tenendo intanto

un decreto

30 novembre,

del 1° set

ma

del giorno fissato per la riconvocazione

decreto del 23 novembre

un

prima altro

rimandò al r° febbraio 1849. Dopo poche sedute il re con decreto reale sottoscritto a Graeta il 12 marzo sciolse la la

certo la sua morte. Di altri due degli antichi eletti l'uno, il

Pironti, era entrato in magistratura, l'altro,

Abatemarco, era stato nominato

pari.

Domenico


Camera, " riserbandosi di stabilire con altro decreto V occorrente per la convocazione dei collegi elettorali „. 11 decreto promesso non venne mai ed il

Parlamento non fu più convocato. II. Nel frattempo il re aveva mutato vari dei più alti funzionari nella capitale. Fin dal 7 settembre 1848 destinava al dicastero della istruzione il Bozzelli, surrogandolo a l'interno con il cav. Raffaele Longobardi, già prefetto in Napoli il 1828 avvocato generale presso la (1), quindi

Suprema Corte di giustizia. A direttore nominò Francesco Scorza, togliendone

di polizia

G-abriele

Abatemarco, ed a prefetto nella capitale Gaetano Pecclieneda, antico massone, protetto del ministro Saliceti durante l'occupazione francese. Parimenti, a poco a poco, praticava nelle Provincie.

Furono mutati, dice

intendenti ed

i

il

Nisco

(2),

tutti gli

sottointendenti. In Salerno, a l'in-

tendente Giovanni Consiglio, e temperato, sostituì,

il

uomo

di

18 agosto 1819,

animo mite il

cav. Giu-

seppe Valla, calabrese, antico funzionario che aveva già sessantaquattro anni valoroso, con

il

(3).

Questi aveva fatto

da

campagna

di

grado di capitano,

la

Russia, dipoi era entrato negli uffici amministrativi.

Sottointendente a Vallo nel 1828 aveva preso

parte È le feroci repressioni della rivolta avvenuta in quel distretto (4).

(1) (2) (3) (4)

Intendente a Salerno dovette

Posto che corrisponderebbe ora a quello di questore* Nisco, Ferdinando II ed il suo i-egno, pag. 223.

Nato in Monteleone il 17 gennaio 1785. L'ho narrata nel mio libro La rivolta del Cilento nel 1828 '


piegarsi a

le

imposizioni dei suoi superiori e princi-

palmente del Peccheneda promosso poco tempo dopo direttore di polizia e divenuto in tale ufficio

bieco ed insolente istrumento di tirannide Altri

mutamenti avvenivano nei

provincia.

come

A

Campagna andava,

il

più

(1).

distretti della il

18 ottobre,

sostituzione di Mariano Ferdinando Sanfelice e due mesi dopo, 18 dicembre, Achille Laudi di Caserta, figlio del

sottintendente, in

D'Afflitto, il

generale Laudi.

Il

sottintendente di Vallo, Griuseppe

mandato via precedentemente fin 1848 (2). Venne sostituito da prima

Belli, era stato

dal 7 luglio

da Giuseppe Dentice

di Accadia, quindi

da Gio-

vanni Battista Cely Colaianui, da ultimo da si

comportò umanamente, per quanto

sentivano gli ordini superiori

(1)

lo

nuova residenza

stesso Laudi, che a dir vero nella

glielo con-

(3).

Vittorio Imbriani nel suo lavoro Alessandro Poerio

a Venezia (pag. 493)

mi assicura che

scrive:

« il

Landolfi (genero del Valla)

in Salerno, per

non rispondere

all'inten-

zione del Peccheneda, ebbe persecuzioni che lo uccisero

con uno scirro al fegato e che lasciò la lunga famiglia in poverissimo stato, buon documento dell'integrità della vita ». Il Valla mori in Napoli il di 8 aprile 1855. (2) Il Belli si ritirò nel suo paese nativo e venne iscritto da la polizia tra gli attendibili. Dopo il 1860 fu prefetto del regno in varie provincie, tra cui Salerno e Cosenza. Mori nel maggio del 1877. Parlarono sul feretro di lui Francesco Pepere ed Angelo Santangelo e scrisse dell'estinto nel giornale II Piccolo del 30 maggio Giuseppe Massari. (3) Il Laudi promosso il 1854 intendente a Cosenza perdette il posto dopo l'attentato di Agesilao Milano, essendoglisi fatta

una colpa dell'accettazione

di lui

come

soldato.


La stampa

III.

piemontese e

liberale

la stra-

contro il re Ferdinando per la mancata riconvocazione dei comizii elettorali e lo chiamavano spergiuro. Il nuovo ministero che successe il 7 agosto 1849 a quello del Cariati e del Bozniera inveivano

presieduto dal Fortunato

zelli,

nelle provincie per esortare

i

provinciali, la magistratura,

il

guardie urbane,

le

anche

privati

i

dello statuto

tale

cittadini

a

consigli

i

clero, gli impiegati,

religiose

ed

chiedere l'abolizione

Nell'agosto del 1849 ebbe princi-

(2).

Doria di Cervinara,

una formula

pilò

inviò emissari

congregazioni

le

pio questo lavorio, in cui

un

(1)

municipi,

ufficiale

si

Il

segnalò specialmente

governo stesso com-

per queste petizioni, le

quali terminavano cosi: "

Piaccia

alla

M. V. riprendere

la

concessione

strappata dalla violenza e da la perfidia con la violazione dei più

doveri e preparata

sacri

con

le

più sacrileghe ed inique mire settarie. Ritornino i

popoli sotto l'unico potere del paterno suo scet-

tro e noi

ed

i

nostri

figli

staurata potente forza

benediremo con la remonarchia assoluta

della

Uscirono dal governo anche il Ruggiero ed il Girestarono il Carrascosa a i lavori pubblici, l'Iscliitella a la guerra ed a la marina. Eagioppi, Storia (2) Nisco, opera citata, pag. 288 (1)

gli; vi

dei moti di Basilicata e delle provincie contermini nel 1860,

pag. 29

— De Sivo, Storia delle Due Sicilie dal 1847 al

voi. lo, pag. 366.

Quest'ultimo scrittore dice che

avrebbe dovuto abolire esplicitamente ziché lasciarla cadere tacitamente,

il

1861,

governo

la costituzione

come

fece.

an-


il

nome

sagro

(sic)

Ferdinando II (1) Per promuovere

Un

metoio.

mula

al sindaco,

altri cittadini.

re

„.

petizioni

le

teneva questo

si

agente di polizia presentava

sottoscrivere da

blici notai.

magnanimo buon

del nostro

che

la sottoscriveva

decurioni, da

i

Le firme erano

I sindaci

che

ben pochi, furono prima

si

i

la for-

e la faceva

proprietari ed

autenticate da pub-

rifiutarono,

veramente dichia-

destituiti e poi

costantemente da

rati attendibili e tenuti d'occhio la polizia (2).

In seguito, messa da parte ogni riserva,

la ri-

una praintendenti, per mezzo

chiesta e l'invio delle petizioni divennero tica ufficiale del governo. G-li

dei sottintendenti,

mandavano

a

i

sindaci la for-

mula, questi la facevano firmare e poi la riman-

davano per lettera

lo stesso

ministeriale

mezzo

a l'intendente. In

diretta al cav. Valia,

dente a Salerno, è detto

:

" si

attendono

al

una

inten-

più pre-

(1) De Cesare, Fine di un regno, 3* edizione, parte 1*, Il Bilotti {Spedizione di iSajyri, pag. 393) pagine 11 e 12 riporta quest'altra formula adottata da un comune della provincia di Salerno: Sacra Real Maestà. Il corpo munici-

pale,

il

clero e privati cittadini del

comune

di...

prostrati a

pie del Real Trono implorano dalla Maestà Sua ciie alla fin

forme libere dell'attuale governo e restituire lo stesso nello stato come si trovava prima del 1848. Coti solamente potrà ritornare il godimento fine voglia compiacersi togliere le

di quella bella pace, che

dere.

i

passati rivolgimenti fecero per-

Tanto sperano dalla Maestà Sua

e l'avranno a

grazia

singolare [Archivio jjrovinciale di Salerno, fascio 458). (2)

De

Cesare,

ivi.


sto le deliberazioni

Pagliano,

Mango,

S.

comuni

dei

di

l'abolizione dello statuto

Montecorvino ed Ottati per

Castiglione (1).

Diffusasi la certezza che tali manifestazioni sa-

rebbero riuscite grate in

rebbe stato il

rifiuto

alto,

che

titolo a protezioni

promuoverle

il

sa-

ed a favori, mentre

avrebbe potuto produrre conseguenze spia-

cevoli, sindaci, enti morali, associazioni, preti,

im-

piegati fecero a gara nel sollecitarle. Cominciarono le

Provincie di

Teramo

e di Chieti, seguirono la

Lavoro

Capitanata, la Basilicata,

la

gradatamente le altre vincie ed enti morali

Parecchi comuni, Pro-

(2).

Terra

vollero, per

di

e

maggior zelo e

solennità, inviare questi indirizzi al re con apposite deputazioni, che dopo lunghi viaggi giungevano a la capitale ed erano accolte benevolmente dal governo e da la Corte. Tale andazzo di cose durò da Tagosto del 18-19 al marzo del 1850, nel quale periodo le petizioni ascesero a 2383 (3). A dire onestamente il vero, le premure del go-

verno trovavano facile ascolto nelle amministrazioni

e

nei

cittadini,

perchè

il

paese era ormai

stanco del continuo tumultuare di piazza, del pe-

renne clamore, cui Sivo,

"

quei

si

aggiungevano, scrive

il

De

strascichi di sciabole, quei spallini

Anche (1) Archivio di Salerno, anuo 1855, fascio 540 MiccHiTELLi {Storia delle rivoluzioni nel reame delle due Sicilie, voi. 3», pag. 29j conferma che il governo il

stesso sollecitava queste petizioni. (2)

Nisco,

(3)

De

ojma

citata, pag.

288

Sivo, opera citata, pag. 365.

Db

Sivo, pag. 365.


.

d'oro di

capitani

quel

posticci,

cicaleggio e ru-

more inconsueto, quello star sempre su l'arme (1) „. Le classi povere, immensa maggioranza tanto nella capitale che nelle provincie, non pregiavano, e non intendevano neanche, possidenti,

i

generale,

ordini

commercianti,

i

amavano

"

uno

"

rappresentativi

;

professionisti, in

faccende.

le loro

intelligente,

bliche libertà.

i

di vivere tranquilli e di atten-

dere comodamente a

minoranza

gli

Solo una

ardita teneva a le

Quelle cataste di petizioni

pub„,

dice

vennero distrutte dopo il 1860 perchè formavano troppo stridente contrasto con il

scrittore,

plebiscito (2)

Da

„.

venne di fatto soppressa la costituzione. Già il re aveva allontanato dal go verno, come ho precedentemente riferito, i coallora

Bozzelli ed

stituzionali, tra cui

il

Camera era

ne più

sciolta,

nuovi comizi

i

abolita. la

;

guardia

la

Dal giugno

bandiera con

i

si

nazionale

quell'anno

di

colori nazionali,

nata quella bianca con

i

Ruggero. La

il

parlò di convocare era

1849,

stata

smessa

era ripristi-

si

gigli borbonici;

il

2 ago-

sto ritornavano nel regno, nelle antiche loro case, i

gesuiti, cui

venivano

afìfidati

i

licei

Db

;

il

5 giugno

Sivo, opera citata, pag. 366 Il Eacioppi, opera § 7, conferma ciò scrivendo: « ... un popolo che non si ordinò mai, che non quetò mai, né mostrò principio di quetarsi, continuamente versantesi in agitazioni e tumulti, che gli mettevano nel sangue un vigore effimero (1)

citata,

ed una infermità vera (2) Db Cesare, ivi.

»


10

del 1850 il

giornale ufficiale del regno abbandonò

il

titolo di costituzionale.

IV. Fin da i primi di giugno la magistratura aveva iniziato un grande processo per gli avvenimenti del 15 maggio. Da principio l'istruzione era stata limitata solo a i promotori delle barri-

avevano combattuto contro

cate ed a coloro che regi.

Ma

Camera

sciolta la

proporzioni. Vi

si

i

processo prese vaste

il

complicarono tutti

i

deputati sot-

famosa protesta Mancini, i capi della guardia nazionale e gli uomini più noti per devozione a gli ordini costituzionali sia in Nadella

toscrittori

poli che nelle provincie, arrivandosi cosi a la cifra di trecentoventisei

imputati

(1).

In pendenza di questo farraginoso processo

un grave avvenimento destò

l'ira

(2)

del governo e

Nel settembre del 1849 venne da pontefice Pio IX fuggito da il Roma. La presenza di lui nel regno colmò di gioia Ferdinando II. Il giorno 16 di settembr-e il papa doveva dal balcone della reggia di Napoli Corte.

liella

Gaeta

Napoli

in

benedire

il

popolo. Queste feste al pontefice, rite-

nuto ormai come traditore

turbavano

mente

i

la

più accesi,

della

causa italiana,

liberale napoletana,

parte i

special-

temevano che i reazioesse per fare una grande

quali

nari volessero profittare di

dimostrazione contro lo statuto.

Uno

dei

più

fervidi liberali, l'ing. Francesco

Giordano, nativo di Lustra nel Cilento, residente

(1)

Atto di accusa dei procuratore generale Angelillo.

(2)

Formato

di

duecentoventisette volumi.


11

in Napoli, ove esercitava la sua professione, ascritto

a la setta dell'Unità, era da pochi di carcere,

giorni uscito

ove trovavasi per sospetto di reità

poli-

un suo compagno, Lorenzo Vellucci, ad affiggere per le vie un manifesto con cui si invitava il popolo a non accorrere a la be-

tica (1). Egli persuase

nedizione di nide nelle gli

un

mani

jjapa divelluto istriimento di tirandi re

Ferdinando

(2).

Ma

ciò

non

parve sufficiente e suggerì ad un appaltatore

municipale, Salvatore Faucitano, di esplodere durante la funzione una piccola il

bomba per

destare

panico nella folla e farla fuggire. Difatti

il

16 settembre, mentre la piazza della

reggia era gremita di popolo in attesa che

il

pon-

bomba. L'auamici vennero

tefice si affacciasse, scoppiò la piccola

tore ed alcuni suoi

compagni ed

subito arrestati e condotti nel castello dell' Ove.

n

Griordano ricercato da la polizia

salvo passando

il

confine

(3).

si

pose

in

Gli arrestati, sotto-

posti a le più crudeli privazioni, sotto le percosse e le sevizie

dichiararono di essere ascritti a la setta

dell'Unità italiana, parlarono di di essa formato dal Settembrini, altri,

che difatti facevano parte di questa, e dal

P cerio

che vi erano completamente Aggiunsero misteriosamente che la setta

e dal Pironti,

estranei.

(1)

un gran Consiglio da l'Agresti e da

Imprigionato

il

3 agosto, usci sette od otto giorni

dopo. (2)

Nisco, opera citata, pag. 281.

(3) Il

Giordano, l'autore del famoso progetto della

fer-

rovia Eboli-Reggio, fu poi deputato al Parlamento italiano.


12

congiurava anche contro

la vita del

polizia Longobardi, del direttore

di

e del

Gran Corte criminale Navarro.

della

presidente

ministro

Peccheneda

mano ad un

grande processo, che venne detto delV Unità italiana, nel quale vennero complicati ingiustamente anche il Pironti ed Subito

pose

si

medesimo tempo

Poerio. Nel

il

altro

si

Naavevano preso avvenute nella istruiva in

poli contro moltissimi popolani che

parte a

le

capitale

il

Non

dimostrazioni liberali

5 settembre dello stesso anno.

altrimenti accadeva nelle provincia, ove

cominciò ad indagare anche per alcuni

si

fatti pre-

cedenti l'atto sovrano del 29 gennaio. L'amnistia

emanata con

il

Reale decreto del 2 febbraio suc-

cessivo era amplissima l'art. "

H

per tutti

i

reati politici

;

31 della Costituzione dichiarava solennemente: passato rimane coverto di un velo

trabile.

Ogni condanna sinora

ed

tiche imputazioni è cancellata

mento per avvenimenti

Ma

la

i

ogni procedi-

successi sinora è vietato

di

reati

„.

non sangae commessi

magistratura ritenne che

dovesse estendersi a

impene-

profferita per poli-

il

beneficio

nei moti del gennaio. Si cominciò quindi in pro-

vincia di

Salerno ad istruire per

lora avvenute

pari

tempo

si

le uccisioni al-

rimaste dipoi impunite

e

(1).

In

allestirono grandi processi nelle sin-

gole Provincie, raggruppando in essi tutte le manifestazioni

gno

i

movimenti

verificatisi nel giu-

Cosi in Calabria

per

Le ho raccontate nel mio libro Costabile Carducci moti del Cilento nel 1848, voi. 1°.

(1)

e i

ed

e nel luglio del 1848.


18

l'insurrezione ivi accaduta, nel giugno, a

per

il

per

i

moti cilentani del

Salerno

In provincia di Saabbracciò in generale

luglio.

un grande processo il movimento di allora, mentre per alcuni

lerno tutto

crearono dipoi

fatti singoli si

come meglio

A

Potenza

e la federazione lucana, a

cii'colo

processi

pronunciare su tutti questi processi

tuirono

separati,

chiarirò in seguito. si

ricosti-

le Corti Speciali. Il

governo, dubitando di parzialità o di soverchia mitezza dei giudici, formò

una Commissione ziario,

di scrutinio del personale giudipresieduta da lo Scorza, direttore al mini-

stero dell'interno

(1), a l'intento di scegliere per i giudizi politici magistrati devoti a la Corte e che

mai avessero dato sospetto di amore a le istituzioni La maggior cura si adoperò per

rappresentative. la

destinazione dei procuratori generali, che dovele accuse e sostenerle poi innanzi

vano promuovere le Corti.

Un

decreto del 31 ottobre 1849 concesse procuratore generale di Salerno che si era segnalato per grande zelo nell'istituzione dei proal

cessi politici, Raffaele Angelillo,

la

vagheggiata

residenza della capitale e promosse a Salerno stituto

Angelo

G-abriele che

il

so-

aveva dato non dub-

bie prove di devozione al governo.

I procuratori generali

mando

dovevano per segreto cotenere informata l'alta polizia e la Corte

dell'andamento dell'istruzione dei processi

politici

e dei pubblici dibattimenti, sorvegliare destramente

(1)

Nisco, opera citata, pag. 224.


14

i

giudici,

su esso i

indagarne in precedenza

il

voto, influire

Dovevano sovratatto notare a tempo

(1).

precedenti, le aderenze dei magistrati, per esclu-

dere coloro che dopo l'atto sovrano avessero mofervore

strato

il

i

il

governo

costituzionale

o

parentele, amicizie, relazioni d'interesse

avessero

con

per

liberali.

Questo occulto

lavorio

era

pensiero dominante dei funzionari, che

si

allora

adope-

ravano ad acquistare merito o protezioni in

alto

con il dimostrare zelo e che temevano di apparire poco fervidi o finanche sospetti. Anche le autoritĂ militari prendevano parte a tale maneggio.

comandante la divisione territoriale di Salerno, avendo scoverto che un onesto giudice della Q-ran Il

Corte del luogo, gino dei riva di

De

Carlo

De

Porcellinis,

era

cu-

Mattia, noti liberali di Vallo, sugge-

mandare

altrove

il

bravo magistrato

scri-

MiccHiTELLi narra, opera citata, voi. 3°, pag. 37 due consiglieri della Corte suprema di giustizia vennero tolti di ufficio e collocati a riposo per un voto da (1) Il

a 89,

clie

loro dato nel giudizio a carico del giornale e fu

rimosso

il

U Indipendente

giudice Giambattista Albarella, funzionante

da pubblico ministero, perchè procedette contro un ufficiale che senza processo aveva fatto passare per le armi due calabresi. Per semplice sospetto di idee liberali il sostituto procuratore generale Rosario Giura venne da Napoli sbalzato in Calabria e dovette dimettersi, perdettero l'ufficio Giuseppe Aurelio Lauria, procuratore del re, ed il giudice Capomazza, entrambi a Salerno; Domenico

Abatemarco dovette lasciare il posto di consigliere della Suprema Corte di giustizia, e lo riebbe soltanto dopo il

1860.


16

vendo

di lui

vorito

i

"

pusillanime

è vecchio,

demagoghi

fa-

„ (1).

modo

Costituiti in tal

ed ha

gli uffici di istruzione e le

può immaginare facilmente quali concetti dominassero nei giudici. L'intima loro Corti Speciali,

si

persuasione di esser chiamati dal proprio ufficio

a salvare la dinastia e l'ordine, strarsi zelanti

paura

il

desiderio di

mo-

per guadagnare encomi e favori,

di perdere

la

posto o di essere tramutati in

il

residenze disagiate, tutto

indueeva a prestare

li

agevolmente fede a le accuse, a pronunciare le più severe condanne. Si ripeteva con singolare compiacimento da i giudici il detto del famoso Navarro,

Gran Corte

presidente della " è

male erbe il

speciale di

dovere del magistrato pulire

il

Napoli:

paese di tutte

le

procuratori generali chiedevano

„ (2). I

più delle volte condanne capitali, e

le

Corti

si

affrettavano ad accogliere le richieste per atterrire

per dar

la parte liberale e la

modo

al

sovrano, con

grazia della vita, di far atto di clemenza e di

apparire innanzi a

longanime

le

e generoso.

boni narra che

popolazioni ed a l'Europa

Uno

procuratore generale che tezza dei giudici:

imparato a fare!

scrittore ligio a

i

Bor-

capo del governo rispose ad un

il

"

E

si

lamentava della

che! neppure

il

len-

boia hanno

„ (3).

(1) Archivio di Napoli, ministero giustizia, fascio 4894, nota del 28 dicembre 1849. (2) Nisco, opera citata, pag. 225. (3)

De

Sivo, opeì^a citata, pag. 376.


16

È

però dovere di lealtà

il

riconoscere che delle

morte pronunciate pochissime ebbero esecuzione, credo anzi due sole. Nessuna nella capitale; una soltanto, il 26 aprile 1851, a Reggio Calabria per il giovane Francesco Fer-

condanne

molte

rari (1),

di

che minacciato di arresto per causa poli-

aveva ucciso un gendarme, ed un'altra a Salerno per una causa in cui al delitto di Stato si

tica

congiungeva, come narrerò in seguito,

la fucila-

zione di un capo urbano.

V. Per ordine dei magistrati inquirenti e per iniziativa della polizia si eseguivano frequente-

mente

arresti tanto in

Si disse allora che

Napoli che nelle provincie.

procuratori generali lascias-

i

sero a la prefettura di polizia mandati di arresto firmati in bianco per poter imprigionare

i

liberali

a proprio talento. Molti di coloro contro cui era spedito

mandato

di cattura, avvisati segretamente

da scrivani, da gli stessi agenti della per speranza di lauta ricompensa, si nascondevano per qualche giorno finché, assicuratisi di un imbarco su qualche nave* straniera, riparavano in Piemonte od a Testerò. I da

cancellieri,

polizia per amicizia o

ministri ed di

Sardegna

livier

i

Napoli

narra che

gli

(2)

(1)

(2)

poi

il

aiutavano

i

e

ricercati. L'Ol-

agenti francesi in Napoli

adoperavano con molta

mola

d'Inghilterra

consoli di Francia,

in

attività a facilitare la

D'Ayala, Calendario politico. Il Ferrari era Reggio Calabria.

di

si

fuga

Mam-

in provincia di

Console sardo in Napoli era

il

dicembre del 1851 dal Fasciotti.

Perret, sostituito


0-^

It

RAFFAELE CONFORTI



17

dei principali perseguitati. Il ministro francese

Ray-

neval tenne nascosto nella sua casa vari giorni

Mancini e il

Pisanelli ed

ministro

il

segretamente partire insieme con

lo fece

Conforti, che, pochi mesi

il

dell' interno,

prima

dovette per isfuggire a

tempo

resto nascondersi per vario

l'ar-

e poi travestito

da marinaio imbarcarsi su V Ariel

(1).

In questa opera civile e pietosa, di soccorrere

i

uomini del regno perseguitati da un governo iniquo, si segnalò aovratutti Giorgio Fagan, primo aggiunto della legazione inglese allora diretta da sir William Tempie, fratello di Lord Paljnigliori

merston. dese

Il

Fagan,

console

figliuolo di

britannico

in

Palermo nel 1815 da madre

Fagan

del

brini scrisse

:

"

un gentiluomo Sicilia,

italiana.

A

irlan-

era

naro in

Il

Settemerano

quelli che

"

ricercati pel carcere e pel patibolo egli procacciò

"

mezzi

•'

cere porgeva segretamente aiuti e consigli, e

*

mancò mai

"

cause,

di

e

fuga di

a

"

dorè

(1)

assistere

alla

discussione

anche Sperava che quei

diplomatici „

a quelli che capitavano in car-

spesso indusse

" intervernirvi. "

:

il

ad

ministro

innanzi

.giudici,

stranieri, avessero

non

delle

qualche

pu-

(2).

Ollivier, Empire Liberai, voi.

2°,

pag. 423.

Il

(2) Scritti vari, voi.

quell'ufficio per venti

2»,

pag. 245.

Fagan

stette

in

anni {Epistolario del Settembrini, pag. 114, nota). A i;remura del governo borbonico fu inviato, per allontanarlo dal regno, segretario di ambasciata a Berlino. Ottenne però dopo alcuni mesi di tornare in Napoli, ove era ancora il 1854. Mori a Caracas il 1« aprile 1869. 2


18

Nell'estate e nell'autunno del 1849,

mandati

periodo di

di arresto per reità

maggior frequenza di Stato, si vedeva di continuo una nave con di

bandiera francese bordeggiare presso la spiaggia della Marinella,

mentre tutte

le

navi mercantili e da

guerra solevano ancorarsi nel porto. Ogni

mana

stesse acque.

sempre nelle

improvvisamente

ricomparire

per

setti

quel legno spariva, per tre o quattro giorni,

Questo fatto che

si

ripeteva spesso,

a varie riprese, destò sospetti alla polizia quale, posta su l'avviso, notò che quella

guerra

Baudin. Crebbero

la

comandato da l'ammiraglTo dilìidenze quando si riusci a

V Ariel

era

(1),

nave da

le

sapere che essa faceva di continuo

il

viaggio tra

Napoli e Civitavecchia.

commissario di polizia addetto a

Il

lo scalo marit-

una sorveglianza assidua, constatò che la sera del 20 ottobre, mentre V Ariel bordeggiava lungo la Marinella, da uno dei vicoli adiacenti a questa erano sbucati un individuo ed un ufficiale frantimo, dopo

cese, che, attraversata

rapidamente

la strada, sa-

raggiunsero V Ariel.

lirono in fretta

in

barca

e

La

stessa scena

si

ripetè

nelle

Da

altre indagini si seppero partiti cosi

deputati napoletani e

per

cini, il

giero,

Trincherà, il

Conforti,

approdati

(1)

il

Archivio

voi. 1099.

vari

liberali

del 15 maggio, tra gli

fatti

i

sere successive.

parecchi

compromessi altri,

il

il

Pisanelli,

il

Lanza,

il

Dentice,

il

Malvito.

1° ottobre a Civitavecchia,

di Napoli,

il

ManRug-

Erano donde ri-

ministero polizia, fascio 114,


19

partirono

il

seguente

di

per

meno

G-enova,

il

Ruggiero 2he per infermità non potette imbarcarsi. Pochi giorni dopo erano fuggiti a Civitavecchia egualmente su VAriel ed avevano proseguito di là

il

16 ottobre per Genova

francese di commercio

i

su un piroscafo

deputati Cagnazzi

Giura, Roberto Bavarese, Mazziotti, Angelo luillo

De

Meis, Michele Primicerio

guisa, imbarcandosi su VAriel, le

si

(2),

(1),

Ca

Nella stessa

erano sottratti a

ricerche Pier Silvestro Leopardi, Antonio Scia-

loia e

il

Briol;

donde

i

due primi erano sbarcati a Marsi-

Leopardi prosegui per Parigi, il Briol invece approdò a Genova e di là andò a Torino (3). filtri ricercati politici avevano potuto glia,

il

fuggire diversamente, cosi Giuseppe Del

ad imbarcarsi

Re

era

4 aprile 1849 sul piroscafo francese Alexaìidre come domestico di bordo sotto il nome di Giuseppe Giraud. Il governo napoletano mosse qualche rimoriuscito

il

stranza al ministro francese

in Napoli,

ma

questi

evasivamenta e la protesta non ebbe se guito. Forse nelle alte sfere governative e nella rispose

(l"i Per l'età molto avanzata ottenne il rimpatrio nel novembre successivo. Archivio di Napoli, ministero esteri,

espulsi, fascio 3651. (2)

Notizie desunte da V Archivio di Napoli, ministero

polizia, fascio 114,

voi. 1099, e

ministero esteri, espulsi.

Della fuga del Mancini e del Pisanelli fa cenno l'articolo della Pierantoni Mancini Una pagina di storia {Nuova Antologia, fase, di

viaggi (3)

àQW Ariel

il

maggio

1898). Accenna a lo scopo dei Guerritore, opera citata, pag. 19.

Archivio di Najyoli,

ivi.


20

Corte non spiaceva in fondo che parecchi dei ricersi teneva grandemente

cati andassero a l'estero

:

ad imprigionare

per

volentieri

un

i

capi

;

gli altri

chiudeva

si

occhio per liberarsi da altri impicci.

Probabilmente non si comunicavano a i dipendenti queste istruzioni, che potevano riuscire pericolose;

ma

le autoritĂ napoletane non si commovevano quando qualcuno degli individui colpiti da mandato di arresto per causa politica prendeva il volo, come spesso acca-leva.

VI. In provincia di Salerno

darmi e

la

polizia,

le squadriglie si affaticavano

gli autori del

moto

i

gen-

a scovare

di luglio. Parecchi di essi riu-

scirono a sottrarsi a le piĂš diligenti indagini, na-

scondendosi in

parenti

paesi presso fidi

altri

amici, e vi restarono tranquilli,

avvenendo

ed

allora

assai di rado denunzie e tradimenti. Altri prefe-

rirono invece a le ansie ed ai pericoli della lati-

tanza abbandonare a patria emigrando a ]

Narrerò alcuni episodi di quella vita

fuga I

due

fratelli

e la

Salerno.

Ortodonico, perseguitati

di

compagno tenimento del comune

qualche

di

Francesco Paolo e Michele Del

comune

accanitamente da la polizia,

il

raminga

di varii liberali della provincia

Mastro, del

l'estero.

loro

di Serramezzana.

Il

si

erano nascosti con

una casa rurale tra di Perdifumo e quello quattro novembre del 1848, in

mentre essi erano nei dintorni della casa, si videro ad un tratto piombare addosso una turba di gendarmi appostatisi lĂ vicino nel corso della notte per sorprenderli.

1

due

fratelli

non

si

perdettero

d'animo, e facendo fronte risolutamente a

la forza,


21

tirarono contro di essa parecchi colpi, cui risposero

vivamente zioni,

i

gendarmi. L'esaurimento delle muni-

prevalenza di numero

la

degli

avversarii

Del Mastro a volgersi in fuga, durante la quale Francesco Paolo ed uno dei loro compagni vennero raggiunti ed arrestati (1). Michele Del Mastro, che piĂš agile era riuscito a far percostrinse

dere

le

i

sue traccie gettandosi in una selva, credeva

chiamò ripetutamente invano, finchÊ dovette convincersi dell'ardi essere seguito dal fratello e lo

resto di

lui.

L'affetto fraterno lo indusse a l'ardito

il germano. Sapeva che i gendarmi avrebbero ben presto tradotto i due arrestati a le carceri di Salerno e, per mezzo di altri liberali, ebbe notizia che ciò sarebbe avvenuto il giorno 28 novembre successivo. Raccolta una piccola schiera di suoi conterranei, si nascose ad una curva delle rampe di Ogliastro (2), per le quali doveva necessariamente passare la forza. Dopo lunga attesa comparvero a la fine i g-.-ndarmi, che traevano con loro am-

proposito di liberare a viva forza

manettati

i

tiva armata

A

prigionieri.

la

vista

della

comi-

gendarmi insospettiti ripiegarono rapidamente presso una casetta rurale di un tale

Longo i

e

si

i

accinsero

a

la difesa.

Questa

volta

gendarmi erano soltanto quattro o cinque;

(1)

la

Archivio di Napoli^ ministero di polizia, fascio 15,

incart. 636, voi. 13. (2) La strada che da Salerno conduce a Vallo, capoluogo del circondario, si inerpica con una serie di curve su le colline del comune di Ogliastro.


22

comitiva invece comprendeva una diecina di ar-

Dopo

mati.

lo

scambio di

di fucile,

colpi

varii

che fortunatamente andarono a vuoto,

i

gendarmi

vennero a patti e liberarono i detenuti, i quali, raggiunti i loro compagni, si posero con entusiasmo a gridare " viva la libertà, viva Pio nono! „ (1). I Del Mastro, nonostante le dure prove subite, del 1850

si

finche nel

latitanza,

persistettero nella

maggio

ad imbarcarsi per Genova. Griovanni e Pompeo De Angelis di

risolsero

I fratelli

Castellabate ed Ernesto Del Mercato di Laureana Cilento,

anche

luglio, stettero

essi

complicati per la rivolta del

qualche tempo nascosti. Per mezzo

dell'ambasciatore francese in Napoli, conte di Rayneval, ottennero da l'ammiraglio

Baudin l'imbarco

su la nave Friedland ancorata a Baia e di là partirono

il

23 gennaio 1849 per Civitavecchia, donde

raggiunsero

Un

Roma

(2).

altro dei ricercati

Filippo

Patella,

da

la polizia salernitana,^

parroco di Agropoli, che tanta

parte aveva preso nei movimenti della sua

con-

dove vestito da bor-

trada, era fuggito in Napoli,

ghese, e fattasi crescere la barba lunghissima, potette restare per

dei

parecchio tempo.

gendarmi incalzavano

;

a

i

Ma

le ricerche

suoi parenti

si

in-

fliggevano continue vessazioni e minaccio ed egli

ad emigrare. Michele Pironti, suo intimo amico, ancora non arrestato, era in intimità con si risolse

consigliere

dell'ambasciata

(1)

Archivio di Salerno, processi

(2)

Memorie di Carlo De

di

Francia,

certo

politici, fascio 2820.

Angelis^ pag. 53.


-

23

Dupuis, che fece imbarcare

il

Patella

zo 1849 su la nave da guerra Iena.

profugo il

scrisse al Pironti

il

27 mar-

Da bordo

il

pregandolo di mandargli

bagaglio; questa lettera, trovata poi in una per-

quisizione in casa del

come documento

Pironti, servi a la polizia

di accusa

(1).

VII. Durante gli ultimi mesi del 1848 ed i

nello Stato pontificio

come

difficile a raggiungere

i

primi

ricercati politici riparavano

dell'anno successivo

più vicino ed

il

il

meno

specialmente dopo la

Ivi,

proclamazione della repubblica, aiHuivano da ogni parte d'Italia

i

più

accesi

compromessi

liberali,

ormai

nelle vicende politiche, sentendo che

della rivoluzione

le sorti

Roma. Vi

collegavano a

si

e-

rano accorsi da ogni parte del regno, sovratutto, verso la fine del luglio 1848, da le Calabrie e dal

Cilento.

Tra

i

calabresi Stanislao Lupinacci,

Luigi Miceli, Eugenio Casimiro

De

De

Riso, Biagio Miraglia,

Lieto, Achille Parise,

i

fratelli

Ago

Antonino Plutino, Gr. Andrea, Pietro e Stefano Romeo (2), che avevano diretto l'insurfezione calabrese, Giovanni Nicotera e G-iovanni Fai cone, che avevano combattuto in essa. Dal Cilento, come già ho accennato, i fratelli Giovanni e Pompeo De Angelis, Ernesto Del Mercato, Filippo Patella, il dott. Giuseppe Caputo e Leonino Vin-

stino

ed

ciprova, già capo di

(1)

una colonna insurrezionale

Archivio di Napoli, processo per la setta dell'Unità

italiana, voi. T». (2)

L'ex intendente di Salerno.


24

nel Cilento

Quasi tutti

(1).

parteciparono a la difesa di

Un al

fuorusciti napoletani

i

Roma.

battaglione comandato da Griovanni Grozzi,

quale erano ascritti Antonio Gruerritore di Pa-

gani ed

suo conterraneo Aniello Oriscuolo

il

(2),

ebbe ordine di difendere i giardini del Vaticano da i Francesi. La mattina del 30 aprile cominciò un fuoco vivissimo da parte di questi ultimi. taglione

riparato dietro le

espressamente

nuove

il

comando

Il

bat-

ricevuto

non muoversi firo a aveva seguito Lombardia, e poi era

di

disposizioni. Il Criscuolo, che

la principessa Beìgioioso in

corso

mura aveva

Roma, volle con giovanile intrepidezza mura per osservare l'avvicinarsi dei

in

salire su !e

Francesi. Lieto e spensierato egli intuonò con voce

vigorosa la strofa: Suoni

la

tromba: impavido

Io pugnerò da forte,

Pronto a incontrar Gridando: libertà!

Una

palla

la

morte

nemica in quel momento gli spaccò esanime da l'alto delle

la fronte, rovesciandolo

mura

Un

(3),

(1)

profugo napoletano, Griuseppe Caputo

altro

di Barile,

Ho

che era stato tra gli autori del moto

accennato alla fuga del Vinciprova nel mio libro

Costàbile Carducci, voi. (2)

Nato

in

Pagani

il

2°,

pag. 83.

1826 da Massimo Criscuolo e Ma-

ria Sanseverino. (3)

GuBRRiTORE ANTONIO,

seguenti.

EcM

(lèi

passcifo, pag. 40 e


25 nel

del Cilento

luglio

si

comportò nella difesa

con grande bravura

della città

una colonna

che

(1).

segai G-aribaldi

Egli comandò nell'

invasione

del regno di Napoli ed occupò il 26 maggio 1849 Arce, donde, per ordine del suo capo, tornò a Roma. Caduta la repubblica romana, gli emigrati na-

poletani dovettero porsi in salvo. 11 Gruerritore con

un passaporto falso andò a Civitavecchia e di là su un piroscafo francese proveniente da Malta si diresse a Genova. Erano sul piroscafo Guglielmo Pepe, Damiano Assanti, Girolamo Ulloa, Enrico fratelli Mezzacapo, rifugiatisi a Malta dopo la caduta di Venezia. Sbarcarono tutti a Genova, meno il Guerritore, cui non fu consentito l'approdo perchè proveniente da gli Stati pontifici;

Cosenz,

egli

si

i

rifugiò a Marsiglia e di poi a Parigi ed

Londra (2). Il Caputo si tenne qualche tempo nascosto però i gendarmi pontifici dintorni di Roma a

nei lo

;

1849 ed arrestatolo lo Civitavecchia chiusero nel forte di (3). 11 governo napoletano chiese la consegna del detenuto; ma il colonnello francese Rousseau, prefetto di polizia sorpresero

a

il

15

ottobre

Roma, rispondeva

non permetteva

la

"

che la

consegna

bandiera francese

di imputati politici

Ciò nonostante, breve tempo dopo, tifici

i

tradussero al confine napoletano

il

Caputo.

(1)

Archivio di Napoli^ fascio 165, voi. 27, n. 2231.

(2)

Guerritore,

(3)

Archivio di Napoli,

scicolo 3856.

„.

gendarmi pon-

ivi.

ministero

esteri,

espulsi,

fa-


26

Genova insieme con

fuggire a

che di lĂ riusci Filippo Patella.

Molti napoletani trovaronsi invece a la difesa di Venezia, e tra essi

Francesco Gralloppo di Polla,

Lorenzo Mottola, Enrico del Mercato appartenenti a la provincia

tutti

Laureana,

di

Salerno. In

di

questa difesa perirono combattendo al ponte di Marghera il 24 maggio 1849 Francesco Diotaiuti di Camerota (1), Antonio Falcone di S. Cristoforo

De Mattia

Alessandro

(2),

Massa, borgata

di

di Vallo, sott^ifficiale nel battaglione

patori del genio

gotta di

Campagna,

giore Vaccaio

Massa glia,

che

(4),

il

il

Mar-

partito da Napoli con

il

mag-

e Giuseppe Iorio, parimenti di

ma

D'Ayala dice

governo

zap-

degli

sacerdote Griovanni

Periva pure,

(5).

dico di Giffoni Il

(3),

per colera, Ciro Fo-

figlio di

un

celebre

me-

(6).

di

Napoli

si

era prefĂŹsso di

tenere

lontani dal regno tutti coloro che avevano preso

parte a la guerra lombarda o a la difesa di e di Venezia. glio

1849

il

In una nota

ufficiale

direttore di polizia

a gli intendenti:

"

Impegno

ed accuratezza nel fine

di

del

Roma 14

lu-

Scorza scriveva

tutto

vegliare

il

zelo

loro

che

non

si

introduca nel regno alcun regio suddito che abbia

D'Ayala, Vite degli Pantheon dei martiri,

(1-3)

italiani morti combattendo.

(4)

voi. 2", pag. 149.

(5) Il

giornale L'Italia del 27 luglio 1860 dice

sepolto nel camposanto di Venezia.

menti {<o)

ufificiali.

D'Ayala,

ivi.

l'

Iorio

Lo confermano i docu-


27

militato a l'estero o sia

per militare

manicati

a

(1).

avvenne,

allorché

siz oni,

Simili

regi consoli.

i

capitolazione di Venezia, città ricusò

il

volontariamente

partito

il

erano

ordini

A il

norma 23

stati

co-

di tali dispo-

agosto 1849, la

console napoletano della

passaporto per

il

regno

a

quattro-

cento trentadue sudditi di esso ascritti a

i

corpi

Concesse invece a molti, in

militari disciolti (2).

seguito ad autorizzazione del suo governo, passaporti per la

Romagna,

sandria d'Egitto

la

Successivamente

il

governo, mutando d'avviso

per pressioni ricevute da ricevere

regno

nel

Toscana, Corfù ed Ales-

(3).

i

altri Stati,

reduci, per

i

acconsenti a

quali però

il

Peccheneda dispose la più rigorosa sorveglianza. Il Castromediano narra le miserie e le traversie di costoro, che privi di ogni mezzo di direttore

sostentamento scarni

dovettero

rifare

chiedendo l'elemosina

la

(4).

via

laceri

e

Al loro arrivo

regno la polizia si impadroniva di essi e, dopo avere a qualcuno applicato arbitrariamente la pena delle legnate, li mandava tutti nelle isole

nel

(1)

Archivio di Salerno, anno 1849, fascio 41.

Vi è l'elenco di essi formato dal console nel settembre 1849. Archivio di Napoli, fascio 219. Tra i documenti vi è pure l'elenco, per provincia, di coloro che avevano militato all'estero (voi. 2°, n. 4321). L'elenco di Salerno comprende ottantadue persone, dodici delle quali non tornarono nel regno. (3) Archivio di Salerno, anno 1849, fascio 40. (2)

(4)

Carceri

e

galere politiche, voi.

1°,

pag. 249.


28

o nei

castelli.

La maggior

parte venne

mandata a

Ventotene, a Ponza e nel castello di Brindisi

(1).

Molti salernitani ricorderanno ancora Griuseppe

d'Andrea, un bel vecchio, dritto e forte della per-

ma

sona, le i

indebolito nella mente, che lottava con

maggiori

Quel vecchio da

diflScoltà della vita.

lunghi capelli bianchi, che serbava ancora nella

miseria la nerezza dei suoi anni

virili,

era stato

da giovine un bravo farmacista. Fu a la difesa di Venezia e si comportò da valoroso. Tornato nel regno dopo la capitolazione, venne relegato con parecchi suoi compagni a Ventotene. Ottenne la libertà il 7 marzo 1852 e tornò a Salerno. Egli narrava di essere stato a la difesa di Venezia,

ma pochi

fatuo, ed egli

lo

credevano,

non seppe

più lo reputavano

i

allestire

i

documenti occor-

renti per ottenere qualche aiuto dal governo. Solo

negli ultimi

ebbe pietà

anni

di quel

sua

della

vita

qualcuno che

misero potè fornirne la dimo-

strazione e procurargli qualche soccorso, purtroppo assai modesto.

Vili.

Le

carceri

Nella sola provincia

erano

gremite

Salerno

di

si

di

detenuti.

trovavano in

prigione per causa politica e soggetti a giudizio (2). Parve neun argine a tante carcerazioni ed

quattrocento quattordici individui cessario mettere istruttorie

limitandole

sgombrando con sovrani

(Ij

(2)

A

le

Corti da

rescritti del

a i

i

delitti

importanti

e

processi più lievi. Il re,

10 aprile 1850 e del 7 giu-

Brindisi ve ne erano 540.

Archivio di Napoli, doc. dal 1848 al 1856, fase. 146.


29

gno 1851, pubblicò una amnistia per

meno gravi avvenuti

litici

Calabrie. Il 9

maggio

dello stesso "

decreto con cui

altro

reati po-

i

in Basilicata

nelle

e

anno emanò un

aboliva Fazione penale a

riguardo di imputati, siano presenti siano assenti, per tutti il

reati

i

di

discorsi

malcontento contro

Tanno 1848

tendenti a spargere

governo

il

commessi

nel'

„.

Nonostante tutto ciò, ordini di arresto e processi seguivano senza tregua. Si pensò allora di fare una indagine sommaria di tutti i procedimenti

si

politici

per

sbarazzare

terreno da

il

i

meno im-

portanti e far proseguire soltanto quelli di qual-

che gravità. A tale oggetto il re, con risoluzione sovrana del 14 febbraio 1852, istitui per ciascuna provincia una speciale commissione detta di scruche ebbe

tinio,

rosi

l'incarico di classificare

imputati in tre categorie secondo

i

la

numegravità

del delitto. Per la prima, che doveva comprendere quelli più gravi,

si

imponeva

di procedere

tamente a giudizio; però in caso pitale

era

per

necessario,

di

solleci-

condanna

ca-

eseguirla, chiedere

il

consenso del ministro. Per la seconda classe, si addiveniva egualmente a giudizio e se fosse intervenuta una condanna a morte

mandare fine,

che comprendeva

i

delitti

addirittura, per diminuire ceri, l'azione

Per

la

si doveva doPer l'ultima classe in-

l'assenso del re.

i

più

lievi, si

aboliva

giudizi e sfollare le car-

penale.

provincia

di

Salerno

fa costituita da l'intendente Valia dal procuratore generale

Angelo

la Commissione come presidente,

Grabriele

e

dal


30

generale brigadiere Cipriano Nasi.

La Commis-

sione provvide per quattrocentotrentuno imputati

per

le

agitazioni del

luglio

1848.

Iscrisse nella

prima classe sedici individui, cioè Filadelfo Sodano, Carlo Pavone, Antonio Curcio, Giuseppe Caputo, Giuseppe Maria Pessolani, Ovidio Serino, G. B. Riccio, Giovanni De Angelis, Filippo Vitagliano, Ernesto Del Mercato, Filippo Patella, Pasquale, Lamberti, Domenico Picone, Salvatore Garofalo, Gennaro Giardino, Benedetto Strommillo. Nella se

conda eentosessantasei imputati, tra cui Carlo e Pompeo De Angelis, Salvatore e Lucio Magnoni, Angelo Pavone, Michele DeAugustinis, Leonino Vinciprova, F. P. Del Mastro, Giovanni Carducci, Stefano Passero,

Gaetano Del Mercato, Zaccaria Ragone, Gio-

vanni Guerrieri, Raffaele Ginnari, Giovanni e Salvatore Gallotti, Domenico Mercadante, Cristoforo e

Socrate Falcone, padre e fine,

subito

le

norme

terza classe, in-

ministro

a-

adottate, essere

prosciolte dal giudizio e dal

non avvenne

carcere;

ma

(1).

L'intendente Valla scriveva al

La

annoverava duecentotrentetre persone, che

vrebbero dovuto, giusta cosi

figlio.

dell'interno

cosi:

il

"

17 febbraio 1852

Tra

i

compresi

sono molti appartenenti al distretto di Vallo e tra questi parecchi per minella d^ categoria

vi

sura di preveggenza non dovrebbero per ora tor-

nare in patria. Se Ella approva il mio proponimento, La prego di comunicarmi al piĂš presto le

(1)

Archivio di Napoli, carte dal 1848 al 1850, fascio 306,

espediente 7013.


31

necessarie facoltà. Chi ha tanta Il il

canaglia

benigno

in

quel

il

coraggio di

diabolico

suggerimento

mandare

Cilento!

(1).

ebbe tutto

del Valia

suo effetto; ben sessantasei persone della prò

vincia di Salerno (la maggior parte del distretto di Vallo) che

nare

al

dovuto liberamente

avrebbero

domicilio forzoso. Tra esse Raffaele Coccoli

dato

tor-

proprio paese dovettero andare invece a

ad

Pasquale

Francesco

Eboli,

De Feo

Petillo

a S. Cipriano

(2).

toccava a l'ingegnere Pizzuti di

La stessa sorte Montecorvino.

Arrestato nel maggio del 1851 perchè

nero presso di tricolore,

lui carte

man-

ad Avellino,

criminose ed

si

una

rinvenfascia

nonostante che fosse stato assolto da

Gran Corte Speciale

di

la

Napoli fu relegato a Ven-

totene e poi ad Avellino.

(1)

Protocollo ministero

giustizia, verbale del 12. feb-

braio 1852. (2)

Archivio di Napoli, fascio 305, espediente n. 7015.


CAPITOLO il

Sommario Salerno

-

I.

Palma.

maresciallo

Il

comandante

Vigilanza su

i

II

la divisione militare di

liberali della provincia -

resto di coloro che portavano

i

baifi

Ar-

o la barba lunga

II. Odi del Palma contro i preti ed i frati liberali — Persecuzioni al padre Giuseppe da Campora III. Il canonico Abignenti di Sarno - Clausura di lui e di

altri

canonici in vari conventi per farvi

cizi -

Fuga

intere

dell' Abignenti

famiglie -

La

i

santi eser-

IV. Persecuzione contro famiglia Del Mercato - Arresto

Francesco e di Pietro Del Mercato - Traversie della famiglia Capezzoli - Morte di Luigi Capezzoli - Relegazione a la Pantelleria di alcuni loro congiunti V. Vigilanza della polizia su le corrispondenze postali - Sorpresa di una lettera della vedova Carducci - Perquisizione in casa di questa ed arresto del padre di lei Morte di una figliuola del Carducci VI. Un grave incidente nelle carceri di Salerno - Proposte della polizia per l'applicazione delle legnate al detenuto Andrea Curzio - Il maresciallo Palma ordina le legnate VII. Il governo affida l'incarico di pacificare il Cidi

lento al

Palma - Arresti ed

invii' di attendibili nelle

il Cilento - Suoi severi provvedimenti - Applicazione delle legnate Vili. Le squadriglie - Loro gesta - Il Palma protegge le squa-

isole - Il maresciallo percorre

driglie.


33

Un

I.

Ministero

ordine del

della guerra

28 marzo 1849 destinava al comando della territoriale dei due Principati, cioè

sione

Provincie di Salerno e di Avellino,

Bernardo Palma

(1).

Nato

braio 1772, egli era entrato

in il

divi-

delle

maresciallo

il

Roma 1796

del

17 feb-

il

nell' esercito

come tenente ed aveva preso parte a campagne con Napoleone e con Murat com-

cisalpino

varie

portandosi da valoroso e raggiungendo colonnello.

del 1815,

Avvenuta perdette

al principio del

posto,

il

il

grado di

restaurazione borbonica

la

che

riebbe soltanto

periodo costituzionale del 1820

(2).

governo assoluto, un regio decreto del 31 marzo 1821 radiò da i quadri tutti gli ufficiali non nati nel regno ammessi nell'esercito

Ripristinato

dopo

Fu il

il

il

5 luglio 1820, cioè dopo la rivoluzione

radiato tra gli altri

il

Palma,

il

(3).

quale ricuperò

suo grado soltanto nel 1831, e venne dipoi pro-

mosso a maresciallo. 11

vecchio soldato, inasprito forse da

i

lunghi anni

trascorsi senza impiego, desideroso di far ticare

i

servizi prestati

dimen-

durante l'occupazione fran-

cese, si diede a la più accanita persecuzione contro la parte liberale,

(1)

Archivio

commettendo ogni

sorta di ar-

militare di Pizzo falcone, 1° ripartimento,

lo carico, n. 2401. (2)

Desumo

le notizie

su la carriera militare del Palma

dal suo stato di servizio. (3) Il

mento,

decreto non accenna a

ma

ammessi nel periodo sommossa di Nola. ciali

le

ragioni del provvedi-

esse sono chiare. Si vollero escludere gli costituzionale,

cioè

uffi-

dopo

la


34

arrogandosi

ed

bitrii

mancavano

qualsiasi

certo

facoltà.

mostrare

per

occasioni

gli

zelo,

giacche la provincia di Salerno non era davvero tranquilla ed ogni giorno si verificavano novità, le quali mettevano a dura prova la sua pazienza, indubbiamente non grande. Il 5 novembre del 1849 nel comune di Angi'i occorse un incidente che fece andare su tutte 1*^

furie

marescialllo. Si legge nella sua relazione

il

uf&ciale

" si

:

una acacia

rinvenne

la

mattina penzoloni ad

nell'interno del paese

una statua

gesso del nostro adorato sovrano con

in

capo reciso

il

dal busto, intrìsa di sangue e sostenuta da due corde

annodate a due biforcati tronchi la parte migliore

del

paese,

(1).

scelleraggine, gridava con lagrime

viva

il

A

quella vista

da tanta

inorridita

di

devozione

morte alla canaglia! e portò in proces-

re,

sione le venerate immagini dei nostri adorati so-

vrani (D. e

G-.),

da tutto

festa.

il

Quindi

posero

le

accompagnata dalla guardia urbana che indossava i paramenti da cantò solennemente il Te Deiim e si

clero, si

statue del re e della regina su Taltare

maggiore (!)

„ (2). Il

Palma pieno

di santa indigna

zione chiedeva poteri eccezionali per dare qual-

che esempio salutare. Intanto avvertiva di avere fatto arrestare otto persone del

spette

come mali

Avvenimenti

di

(1-2) Relazione del

il

governo

luogo so

intenzionati.

maggiore gravità turbavano

Palma

dello stesso giorno al ministro

di guerx-a e marina, n. 6343,

Archivio militare indicato.

gli

comando generale,

fol.

2515,


35 distretti della

altri

urbani,

provincia.

I più feroci capi-

più noti denunzianti venivano

i

audace-

mente massacrati o feriti ed un grande terrore dominava la parte reazionaria. Il maresciallo attribuiva queste rappresaglie dei liberali a l'indulgenza della magistratura, " la quale „, gridava sdegnosa-

mente

il

Palma,

"

ha

liberato

nientemeno che

quarantaquattro individui detenuti per causa po-

"A

litica „.

dimostrare

giudiziaria basta

il

fatto

la ,

debolezza dell'autorità

esclamava,

"

che passeg-

giano a loro agio per Salerno notissimi tra cui

i

fratelli

vulcaniche', tutti gli i

ciò

che

desta

teste

immenso scandalo

in

una Commissione militare

(1).

maresciallo, infervorato sempre più nella sua

opera,

si

propose di ridurre sollecitamente a

dine la pi^ovincia ribelle.

veglianza assidua su blici ritrovi,

di

liberali,

Angelis di Castellabate,

onesti. Bisogna ad ogni costo istituire per

reati politici Il

De

uno

le

Subito iniziò una

persone sospette e su

i

l'or-

sor-

pub-

informandosi attentamente per mezzo

stuolo di spie di coloro che

e dei discorsi che vi

si

tenevano. Al

li

frequentavano

menomo

indizio

procedeva, di sua autorità, senza alcun ordine del magistrato, a perquisizioni ed arresti

(2),

tenendo

(1) Relazione del Palma, da Salerno, in data del 3 settembre 1849, Archivio militare indicato, comando generale,

n. 2439, fol. 2508, n. 274. (2) Fece arrestare tra gli altri, il 31 maggio 1850, l'ingegnere Francesco De Pascale di Salerno, sospetto semplicemente perchè figlio di Gaetano De Pascale gravemente complicato per i fatti del 1820, come narrerò in un prossimo lavoro L'arresto risulta da una nota dello stesso


36

in carcere gli arrestati a sua discrezione, senza

neanche denunciarli al potere giudiziario come era prescritto da le leggi. Il caiFè

più frequentato dai liberali in Salerno

era al largo del

Campo

specialmente l'avvocato

e

vi

si

intrattenevano

Rocco Positano, Carlo Al-

Francesco Avossa, Matteo Luciani, Griustino Vicaris, i fratelli Francesco ed Achille Mezza-

fieri,

De

capo, Camillo Borrelli

(1).

Abili confidenti di polizia

solevano pedinare questa gente sospetta e seguirla finanche nel caffè per sorprendere qualche parola potesse dar motivo o pretesto per arrestarli.

che

In Salerno, forse più che in altre proviacie, per appunto del Palma, la polizia arrestava coloro che ardivano portare i ba£6. o la barba lunga,

opera

che era ritenuto

ciò

mezzo

d'idee sovversive

segno

di riconoscimento tra

liberali.

i

Invano

e

l'in-

tendente obbiettava che convenisse lasciare a i cittadini la libertà di portare la barba a loro gusto,

perchè così

sarebbero eluse

si

le arti dei settari,

che

non avrebbero potuto più comodamente riconoscersi tra loro il maresciallo imperversava sempre maggiormente contro quelli che non obbedivano :

al divieto,

li

faceva arrestare

e,

fatta loro radere

barba senza insaponare il viso, non li mandava via che dopo qualche giornata di prigione ed una

la

giorno del commissario di polizia di Salerno che (Ivi, (1)

anno

lo esegui,

1850, fascio 40).

Eelazione del commissario di polizia Nicola Scafati. divenne^dopo il 1860 un valoroso ed eloquente

Il Borrelli

magistrato.


37

Un

gran numero di cittadini di Salerno e di provinciali ebbe a subire questo odioso trattamento (1) indice della goifaggine del governo il quale, con tali metodi puerili e indegni di un popolo civile, dava continuo argomento a beffe ed a proteste della stampa estera. II. Esasperavano l'irritabile maresciallo più di fiera paternale.

tutto

i

preti liberali.

Un

prete liberale

!

Sembrava

una cosa inverosimile, enorme, un sacrilegio per cui non vi fossero pene sufficienti. In una sua relazione, alludendo a i moti del luglio al maresciallo

del 184:8 nel distretto di Vallo, scriveva

dine di

tutti

e quindi

i

ogni sorta di

Ne avrebbe

i

mali sono stati in prima

sacerdoti, vizi,

i

quali,

" Il

:

car-

parroci

i

abbandonandosi ad

sono la pietra di scandalo

voluto imprigionare

parecchi,

Corte dopo la fuga del papa a Graeta e

„ (2).

ma la

a

so-

lenne venuta di lui in Napoli dominava più che

mai

l'antico bigottismo e si

teneva a non

dispia-

cere a la Caria; occorreva quindi usare riguardi e temperanza e procedere in perfetta intesa con

Non

vescovi.

era

i

Ebbene

possibile la prigione?

mandavano i preti liberali in qualche convento tempo indeterminato gli esercizi spirituali! Quando poi si trattava di un frate, lo si si

a fare a

sbalzava località

(1)

Tra

convento in convento, per

lo

più in

per tali motivi furono Giovanni Giovanni Rossi di Castellabate. Archivio di Najjoli, ministero di polizia, documenti

Materazzi (2)

di

poco gradite e lontane da la capitale.

gli arrestati

e

dal 1848 al 1850, fascio 140.


38

Richiamava spesso

attenzione

l'

in provincia di Salerno

noto

Feola

con

nome

il

Giuseppe Giuseppe da

di padre

Camperà, suo paese nativo nel

A

della polizia

cappuccino

il

distretto di Vallo (1).

fervidi sentimenti religiosi egli univa

i

fondo amore per

la patria e

le

un pro-

libere istituzioni

che vibrava nelle sue prediche eloquenti,

le quali

attraevano sempre un affollato uditorio.

Prima della costituzione l'ardito monaco era stato, per ordine o per desiderio dell'alta polizia, sbalzato senza tregua di convento in convento.

Dopo

l'atto

sovrano ottenne di andare nel convento di Piaggine, a breve distanza dal suo paese nativo, ove

congiunti ed

molto affetto e reverenza. glio,

la

suoi

i

conterranei avevano per lui

suoi

i

Ma

dopo

i

moti di

lu-

l'autorità politica credette di allontanare

provincia

il

pericoloso

cappuccino,

da

ed

egli

al

con-

ebbe improvvisamente l'ordine di recarsi

vento di Marsico in Basilicata: obbedì, comunque a malincuore. Calmatasi in seguito alquanto la tempesta, ottenne

propria

da

i

provincia,

suoi superiori di tornare nella

Camerota, e

a

quillamente, quando, per

Palma, ceno

volere

vi stava tran-

del

maresciallo

fu trasferito al monastero di Castelsara-

(2),

d'onde passò poi come padre guardiano

a quello di Saponara. Nella quiete del suo cino meditava arditi

e

(1) Nato in Camperà da Giuseppe Feola. (2)

mento

convento

disegni

il

e,

il

22 maggio 1813 da Elena Ciardo

Archivio di Salerno, carte sparse, fascio 474.

cappuc-

fiero

quando cominciò

8,

incarta-


39

Basilicata

nella

l'insurrezione

segreto lavorìo che precedette

il

1860

del

quella

in

contrada,

si

diede con tutto l'animo a propagare nelle masse 1a idee liberali. Il Lacava lo cita tra i più fervidi

mazziniani della sua provincia

ed

Racioppi

il

per

lo

civili

(1), il

accennano

(3)

libertà.

al

De Cesare

Egli divenne,

come

rivoluzione di

Basilicata ed

padre

il

Serafino da Centola, uno dei principali tori della

cooperaistituì

sezione del comitato liberale, quella di

prima

(2)

suo entusiasmo

la

Mon-

temurro, formata dai comuni di Moliterno, Sapo-

nara e Viggiano

(4).

Ritornato in patria dopo opuscolo contro

il

mia confessione intorno papi

il

un

1860, pubblicò

potere temporale intitolato al potere

''

La

temporale dei

dedicandolo a Vittorio Emanuele

;

e visse se-

renamente nel suo paese, circondato da la stima e da la benevolenza di tutti fino alla sua tragica morte. La sera del 3 giugno 1863 irruppe a F improvviso in Camperà la banda di briganti capitanata da Griuseppe Tardio. Alcuni dei malfattori corsero per

ordine del capo a la povera casa del cappuccino, e,

quantunque

da

egli fosse costretto a letto

la po-

dagra, lo trassero a forza nella pubblica piazza in-

nanzi

(1)

al

Tardio, che gli impose la taglia di duemila

Cronistoria

documentata

della rivoluzione in Basi-

licata del 1860, pag. 3. (2) (3)

Fine di un regno, parte 2», pag. 334. Echi di Sapri, appendice al volume su

Basilicata, pag. 394. (4)

Lacava, opera

citata, pag. 44.

i

Moti

delia


40

con

ducati. Il fratello del Feola, gli ocelli,

si

per la modesta famiglia di pagare

Ma

fiero

il

gridò

il

denaro

che

ti

"

Tu

sei

a

Timpossibilità si

somma.

forte

brigante sdegnato da

cappuccino:

al

fuori

lagrime

le

affannava a mostrare

le

preghiere

non vuoi mettere

procurato con

le

pre

diche del tuo Vittorio, tu ne hai perchè sei un

suo pensionato

(1),

tu

perchè spieghi male

il

sei

monaco indegno

un

vangelo,

tu

perchè quest'ordine mi è venuto da

morire

devi

Roma

„.

Padre

Griuseppe ascoltò con animo sereno la condanna. Il

Tardio

gli ingiunse,

facendogli sperare la salvezza

della vita, di gridare " viva Francesco

II!

„.

Ma

il

racconta la requisitoria del procuratore ge-

frate,

nerale Paolo Magaldi nel

l'avvicinarsi

dava a

le

del

processo che

con

il

martirio

e

avvenimento,

triste

"

segui al

volto divinizzato da

con

un gesto che

sue parole la maestà del profeta, o me-

glio la solennità evangelica dell'eternità, rispose

:

come vissi: Viva l'Italia! Allora vari colpi di arma da fuoco gli forano il petto, ma non l'uccidono, vari altri colpi di arma bianca il finiscono, e da la confessione di uno degli astanti si ha come lo stesso Tardio, quasi indispettito che non morisse, gli tirò una sciabo-

No!

Io

lata „

(1)

saprò

(2).

morire

Ricordano

Alludeva

ai

l'estinto

due

iscrizioni, l'una

tenui assegni stabiliti con la soppres-

sione degli ordini religiosi.

Dal processo esistente presso l'archivio provinciale Il Tardio fu condannato a morte con sentenza 13 dicembre 1872; ma questo procedimento fu annullato con altra sentenza della Corte di Assise di Salerno del (2)

di

Salerno.


41

nella piazza di

Campora ove fa

trucidato, Taltra

nella chiesa del paese nella quale ebbe sepoltura.

Più

III.

monaci

di tutti gli altri preti e

della provincia di Salerno faceva saltare la al

naso

maresciallo

al

Filippo x4.bignenti

(1),

Palma

distretto.

mosca

giovane canonico

di antica ed illustre famiglia

del luogo, di alto ingegno, il

il

liberali

assai stimato in tutto

Deputato neir

aprile

vedendo

1848,

grande agitazione della capitale nei giorni pre-

la

cedenti la convocazione della Camera,

scrisse

a

mandare gente armata in Napoli per difesa del Parlamento. Di questa lettera si valse il prete Ovidio Serino uno dei

un suo

fratello a

Sarno

di

più ardenti rivoluzionari della provincia, per raccogliere persone armate la sera del 15 inviarle in Napoli

(2).

maggio ed

memo-

L'Abignenti nella

randa seduta preparatoria tenuta in quel giorno

da

la

Camera

dei deputati sottoscrisse la protesta

Mancini. Ritoinato dopo quella riunione a Sarno, persuase

le

guardie

nazionali

del

suo paese e

comuni vicini a desistere dal proposito di muovere su Napoli, essendo già stata colà domata la rivolta (3). Ciò nonostante la polizia in

dei

15 ottobre 1874, annullata a sua volta

il

13

maggio 1875

dalla Corte di Cassazione di Napoli che rinviò la causa

a

le

Assise di Avellino. Ignoro

i

fatti successivi.

(1)

Nato

(2)

Processo a carico di Bernardo D'Ambrosio ed altri

in

Sarno

il

16 aprile 1814.

del circondario di Sarno esistente presso

l'archivio pro-

vinciale di Salerno. (bi

ed

i

Come ho già narrato

nel

mio

libro: Costahile

moti del Cilento nel 1848, voi.

1«>,

pag. 159.

Carducci


42

stesso

anno

canonico col

titolo

di corifeo

della

Forse questo

titolo

dovette

19 maggio dello

una relazione del battezzò

il

rivoluzione.

che ad un fanatico reazionario, che dato sul viso in q:iei giorni Viva egli assestò

risposta

una

bella

gli il

al fatto

aveva

gri-

re! -pev tntta,

bastonata

su

le

spalle.

L'Abignenti soleva frequentare in Sarno, un da un tale Pasquale Geronimo (1).

caffè tenuto

La

polizia che sorvegliava

1'

effervescente canonico,

come soleva chiamarlo, notò che nel medesimo ritrovo convenivano spesso altri canonici del luogo

egualmente

maso

Domenico Ruotolo, PieMarano ed i sacerdoti Tom-

sospetti, cioè

tro Nocera,

Filippo

Squittieri,

Alfonso Liguori, Francesco

Mi-

Perchè costoro si trattenevano cosi spesso ed a lungo nel caffè, con una certa aria di mistero, ed in compagnia lano e Griovanni Ruotolo

di

un

Certo

tipo si

(1).

pericoloso

così

tramava qualche

come l'Abignenti? doveva essere una

cosa,

riunione settaria! L'intendente, cui in fondo pia-

ceva

la legalità, a

sognava fare un del vero;

ma

queste notizie, dichiarò che

bi-

buon processo e venire in chiaro

al maresciallo

gaggini delle istruttorie ed

non garbavano i

curiali

:

le lun-

egli preferiva

risolvere ogni cosa soldatescamente e di testa sua.

Lasciando che l'intendente strepitasse a sua voprovvide da se: il caffè venne chiuso dehni-

glia,

(1)

Archivio

voi. 11.

di

Napoli, fase. 65,

voi. 46. e

fase.

82,

Idem, nota del vescovo del 3 agosto 1849, Ar-

chivio di Napoli, fase. 65, incart. 636, voi. 52.


43

tivamente,

il

De Geronimo,

fratello del

prietario, fu sbalestrato in

Ma

usciere del

di Sarno, solo perchè parente del pro-

giudi(3ato

una residenza

lontana.

bisognava anche dare una lezione a quei preti

audaci!

maresciallo comunicò imperiosamente al

Il

vescovo

di sospenderli subito

darli in conventi

terminato

A

santi esercizi

i

capo della diocesi

Mons. Salvatore

allora

timenti

liberali.

a divinis e di man-

lontani a farvi a

Uomo

tempo inde-

(1).

di

Cava

Fertilla,

e di

Sarno era

siciliano,

di sen-

aveva avuto la

ingenuo,

non felice di pubblicare nei primi mesi 1849 un breviario, in cui raccomandava a i

ispirazione del

diocesi di celebrare la ricorrenza del

della

preti

29 gennaio

(cioè della concessione

dello Statuto)

prò recuperata libertaie e perfino di cantare

Deum

!

il

Te

Questa trovata di monsignore giunta all'orecun vero scandalo (2).

chio del re aveva suscitato Il

vescovo, che

vedeva

si

sapeva malveduto in alto e che

Curia deferente ad ogni desiderio del

la

governo, cedette a

le

brusche intimazioni del ma-

ed impose a

resciallo

in alcuni

dotto da

conventi

(3).

gli sbirri, il

i

preti

designati

ritiro

il

L'Abignenti venne con-

7 luglio del 1849, nel

mona-

stero dei minori osservanti di Vico Equnnse.

(1)

Archivio di Napoli, ministero

di

polizia,

fase. 65,

voi. 46, e fase. 82, voi. 11. (2)

Archivio di Napoli, ministero di polizia, earte dal

1848 al 1850, (^3)

fase. 267,

espediente 3443.

Nota successiva del vescovo del 3 agosto 1849,

Archivio di Napoli, ministero di polizia, fase. 65, incar-

tamento

636. voi. 52.


44 le mura del non resistendo

canonico fremeva nell'ozio tra

Il

convento

dopo

e

più a quella vita,

La rendeva però

mesi,

alcuni

cominciò a meditare assai

difficile

la

la fuga.

continua

vi-

gilanza degli altri monaci e specialmente del padre

da Sarno, che dimorava nel monastero e che aveva ricevute personalmente dal maresciallo severe raccomandazioni. Per fortuna provinciale, Sebastiano

il

padre provinciale dovette per ragioni

di ufficio

allontanarsi durante alcuni giorni dal convento, e la

vigilanza sul recluso divenne, nell'assenza del superiore,

meno

assidua. Riusci quindi al canonico,

mediante segreti accordi, di architettare una evasione.

Nel pomeriggio del 5 ottobre due individui con molta eleganza bussavano rumorosamente a la porta del convento, dandosi a credere con tono arrogante ed imperioso, grandi personaggi del governo e forse anche della Corte. vestiti

Il portinaio,

cui chiesero del

canonico, umile ed

ossequioso, sprofondandosi in inchini

li

accompa-

gnò

si

intratten-

fino a la cella di lui,

con

il

quale

nero a lungo fino a sera. Preso quindi congedo si

diressero per uscire verso la porta del convento

accompagnati da alcuni per non il

frati e dal canonico, che,

dare sospetto, aveva lasciato nella cella

lume acceso

e

andava a capo scoperto. Giunti i due ignoti, il cano-

vicino a la porta ed usciti

nico a l'improvviso balzò fuori e sparve nell'oscurità lasciando attoniti e

sgomenti

i

poveri monaci.

Può facilmente immaginarsi la sorpresa, lo sdegno del maresciallo a simile notizia! Volle


FILIPPO ABIGXENTI



45

nientemeno che

monaci

iniziasse

si

un processo contro

e specialmente contro

il

ma in quei tempi di fervore religioso non

si

cano, ed

il

Palma dovette

ranza di scovare

il

e di bigottismo

con

leggermente

poteva trattare

i

padre provinciale; Vati

il

rassegnarsi nella spe-

canonico e di averlo ben presto

nei suoi artigli. L'Abignenti, nascostosi per qual-

che giorno in

con l'aiuto

Napoli, riusci

dell'ambasciata

Erano su

10 ottobre 1849

ad imbar-

il 16 sucGenova, donde prosegui per Nizza (1).

carsi sul piroscafo Ariel e

cessivo, a

il

francese

con esso giunse

lo stesso piroscafo altri profughi:

putati Cagnazzi, Angelo

Camillo

De

i

de-

Meis, Ro-

berto Savarese, F.A. Mazziotti, Michele Primicerio.

rV.

La

polizia ricercava attivamente nel

regno

Francesco Del Mercato di Laureana Cilento, antico carbonaro del 1820, ed lerio,

a

i

suoi figli

Emesto, Va-

Gaetano, Pietro ed Enrico. Ernesto

Roma, Valerio

si

trovava

era destramente riuscito a porsi

Il Palma, indignato ad agguantarli fece dare la caccia a tutta la famiglia Del Mercato. Caddero cosi nelle mani degli sbirri nel dicembre 1849 Francesco e Pietro (2). Iniziato un processo a loro carico, mancò ogni prova, sicchÊ andarono assolti,

in salvo, credo in Toscana. di

non essere

(1)

riuscito

L'imbarco di

serito nel libro

lui si

Discorsi

desume da un suo appunto e scritti

di

Filippo

pag. 713. Nonostante le piĂš diligenti ricerche riuscito trovare cenno di

alcun processo

in-

Abignenti,

non mi

è

a carico del-

Eppure egli rimase in esilio fino al 1860. Lettera del sottintendente di Vallo del 12 marzo 1849, Archivio di Salerno^ fascio 244.

l'Abignenti. (2)


46

dopo ventidue mesi resciallo relegò

di carcere.

ad Avellino

Nondimeno

l'ietro,

il

ma-

che solo nel

1852 ottenne di stabilirsi a Salerno (1). Ignorò qual sorte snbi allora Francesco. Dagli atti si desume che qualche anno dopo si trovava a Salerno, ove il 31 luglio 1852 la polizia lo arrestò insieme con il figlio Enrico, avendo in una perquisizione in casa di lui trovato varie armi,

una sciarpa

tri-

ed una penna nera costituzionale (?) (2). G-aetano passò qualche tempo nascosto in una fat-

colore

toria dei

Marchese Palmieri

al

Vomere

e

poi

si

diede ad esercitare la professione forense in Nail falso nome di Francesco Malnieri. Più accanite persecuzioni subiva per opera del maresciallo la famiglia Capozzoli, dei famosi ban-

poli sotto

diti Il

Palinuro

fucilati a

il

1829(3).

vecchio padre loro, Antonio, relegato con la

moglie e con

i

Gaetano e Luigi da quell'epoca, dopo

figliuoli superstiti

nell'isola della Pantelleria fin

che fa pubblicata la costituzione era partito con la

sua famiglinola

il

23 maggio 1848 per Napoli

su una barca a vela. Durante in vicinanza della Sicilia

una

si

il

non breve viaggio,

destò improvvisamente

forte tempesta, tanto che l'equipaggio dovette

per alleggerire

la

barca gettare a mare

le

masseri-

(1)

Archivio di Salerno, anno 1849, fascio 598.

(2)

Nota

dell'

intendente di Salerno del 31 luglio 1852.

Archivio di Napoli, prefettura di polizia, incart. 4251, scio 476, voi. (3)

Ho

9,

anno

narrato la loro tragica fine nel libro

del Cilento nel 1848 (Biblioteca del serie IV, n.

9).

fa-

1852.

La

rivolta

risorgimento italiano,


47 zie

che

i

Capezzoli portavano seco. Giunti

molte traversie

al

dopo

paese nativo, Monteforte Cilento,

trovarono la loro povera casa depredata di tutto,

i

beni di famiglia usurpati da altri durante la loro

due vecchi si dibattevano in una supplica del 2 novembre 1849, narrate le loro miserie, chiedevano una elemosina al Consiglio degli ospizi della

lunga

assenza.

I

cosi crudeli angustie che in

provincia

(1).

preso parte

due figliuoli Graetano e Luigi avevano al moto del Cilento nel luglio 1848.

Cominciata

la reazione, la polizia sguinzagliò

Intanto

i

darmi ed urbani a rinvenuti nella

la ricerca di essi.

loro casa a Monteforte,

gliaccamente contro

tendeva sapere

non avendo

i

i

Le

gen-

avendoli inveĂŹ vi-

decrepiti genitori da cui pre

ove fossero nascosti vecchi

voluta

dette a rov^inare la casa,

porte e

Non

i

rivelarne

scassinando

figli,

l'asilo,

perfino

e, si

le

le finestre (2j.

sera del 13 settembre 1849 Ja guardia ur-

bana di Monteforte, che si era accinta a la caccia dei due Capezzoli, li sorprese in una casetta rurale presso Omignano. A la vista degli urbani i due fratelli si diedero a fuggire inseguiti da i colpi degli assalitori; G-aetano riusci a salvarsi, Luigi ferito

(1)

gravemente da una palla

di fucile

ebbe non-

Archivio di Salerno, anno 1860, fascio 537. In quel le opere pie erano in ogni provincia amministrate

tempo

un Consiglio degli ospizi. Reclamo di Amalia Capezzoli del 30 agosto ArrMvio di Salerno, anno 1849, fascio 4. sotto la sorveglianza di (2)

1849,


48

dimeno

la forza

fuga, e gli

ed

coraggio di continuare nella

il

nascose in una capanna di pastori ove

si

urbani lo rinvennero

Il ferito,

non ostante

il

le

giorno dopo (1). sue gravi condizioni, fu

trasportato a le carceri di Polla, nelle

mase gettato

su

nuda

la

terra,

quali ri-

senza

alcuna

Invano V infelice chiese di essere trasportato in un ospedale. Restò in -carcere e vi mori miseramente il 26 settembre 1849 (3). Gaetano pochi giorni dopo, il 14 ottobre, cadeva anche egli nelle mani dei gendarmi in contrada Selva in tenimento di Omignano (4). Quasi non bastassero tante sciagure, il maresciallo Palma, sollecitato da istanze di abitanti del comune di Monteforte, proponeva di mandare novellamente a la Pantelleria il vecchio Antonio Capezzoli, la moglie e due assistenza

fratelli

(2).

esso, a

di

nome Luigi

r intendente Valia, piĂš umano,

giustamente che Antonio genari

e

Antonio

limitò

la

e la

si

e Q-iuseppe

;

ma

oppose allegando

moglie erano ottua-

proposta a

i

due

fratelli

di

(5).

(1) Archivio militare di Pizzo falcone, comando generale, incartamenti 2561 e 5073. (2)

Sapplica accennata del 2 novembre 1849 del padre.

(3)

Atto

di

morte del giorno successivo, registro degli

atti dello stato civile del (4)

comune

Nota del sottintendente

di Polla.

di Vallo cav. Dentice e ver-

bale di arresto dello stesso giorno, Archivio di Salerno,

R.

P., n. 50. (5)

Archivio di Napoli, doc. dal 1848 al 1850, fascio 230,

n. 4591.


49

V.

La

polizia esercitava

una continua vigilanza

su le lettere dei liberali intercettandole ed aprendole senza

il

menomo

scrupolo. Sottoposte ad in-

cessante e severa sorveglianza erano

denze tra

vedova Carducci ed

la

le

corrispon-

congiunti e

gli

La sventurata donna con una nome Rosa s' era stabilita, dopo

amici del marito.

sua fìgliuoletta di l'assassinio del

i

marito, in Napoli

suo

in casa di

padre Francesco Paolo Del Re, che abitava allora in sezione

Avvocata

al vico

Campanile,

n. 20.

Nell'agosto del 1850 la polizia della provincia di Salerno apri

una

da

lettera diretta

la

vedova

Carducci a Salvatore Ricci di Capaccio, parente

La

dell'ucciso e persona sospetta.

neva,

un

tra

le altre,

sapposizioni:

si

bisogna avere

queste parole:

altro poco di pazienza.

Subito

immaginò che

conte-

lettera

si

fecero mille

l'infelice

donna

ludesse a prossimi rivolgimenti rivoluzionari

una rigorosa perquisizione si

in

rinvenne a carico di

in casa

lei.

camera del padre alcuni

perchè

gli sbirri

!

al-

Li

Del Re, nulla

Si trovarono soltanto libri

che era già tenuto d'occhio da

bastò

proibiti:

conducessero in carcere

il

Del

la polizia, a

Re

causa

di suo figlio Giuseppe emigrato in Piemonte. Si volle naturalmente venire in chiaro sul ,

gnificato di gravi.

quelle parole

La vedova

ritenute

si-

misteriose e

Carducci, interrogata

il

14 no-

vembre successivo, spiegò molto facilmente l'enigma: un .figliuolo del Ricci, Ernesto, complicato nei moti del luglio era da due mesi detenuto a Sapadre di lui le aveva scritto pregandola con calde parole di cooperarsi, mediante qualche

lerno, il


50

conoscenza, per

la

liberazione del figliuolo.

Carducci, assunte informazioni, scriveva del detenuto tanto per dargli

un

al

E

la

padre

po' di sollievo

che bisognava avere un altro poco di pazienta La povera vedova qualche anno dopo,

(1). il

24 aprile 1855, perdette in Napoli la sua bambina, che nell'immane dolore era stata Tunico suo

L'inatteso colpo prostrò profonda-

conforto.

mente r animo VI.

Le

della sventurata

carceri di S.

gitavano di detenuti tra gli altri,

battuto su

le

in

politici (3),

Salerno rigur-

Vi

si

trovava,

Angelo a Fasaventicinque anni, che aveva com

Andrea Curzio

nella, giovine di

(2).

Antonio

barricate

a

di S.

Napoli

nella

giornata

maggio (4) ed era stato arrestato il 20 dicembre del 1S49. Egli mal soffriva la lunga detenzione.

del 15

Avvenne

che, recatosi nel parlatorio delle carceri

16 febbraio del

venuto a

il

1850 per parlare con un amico

visitarlo,

si

imbattè

nella

stessa

sala

Archivio di Salerno, carte sparse, incart. 492. favoritemi cortesemente dal colonnello GiuNotizie (2) seppe Del Re, nipote della Carducci, al quale rendo i più (1)

vivi ringraziamenti. (3)

le

L'agglomerazione rendeva malsana l'aria e frequenti specialmente il tifo. Vi morirono nel 1852

malattie,

Luigi Causale di Altavilla, Angelo Pironti di Salerno, ed ignoro con precisione in quale degli anni successivi. Salvatore Garofalo di Torchiara e Michele De Robertis di Gifioni. Nel 1856 vi soccombè Gennaro Corasio di Agropoli. I loro nomi sono riportati dal D'Ayala nel suo opuscolo I ìiostri morti e dal giornale L'Italia del 6 agosto 1860. (4) Ho narrato ciò nel mio lavoro // Carducci ecc., voi, I, pag. 153.


51

con un altezzoso capo urbano che in atto molto provocante faceva mostra del suo distintivo, una coccarda rossa con il giglio. Il giovine

non

seppe

rattenere

gli

dell'

animo

modo sdegnoso

fieramente e in

voltosi

impeti

al

e,

capo

urbano, lo apostrofò con queste parole: Ca?iaglia che ini rappresenti con cotesto po-

d'un calderaio

(1),

modoro?

Immediatamente

dosso

i

(2).

custodi,

lo

chiusero in

saltarono ad-

gli

un

cella di rigore

e informarono del fatto l'intendente.

La cella di rigore ed un buon processo non sembrarono bpustevoli al commissario di polizia, che scriveva al suo direttore il giorno 22 successivo "Il giorno 17 comunicai

cosi:

dal Curzio

per

al sig.

le disposizioni

dovere

il

reato

commesso

procuratore generale pregandolo

da sua parte. Ora, nel farmi un

di rassegnarlo a Lei,

interesso l'alta sua

considerazione sul proposito, pregandola di voler riflettere

che in simiglianti incontri sarebbe

di adottare straordinarie

ed

'"'uopo

istantanee misure di

rigore^ giacche l'essersi ristretto

il

detenuto in una

stanza di correzione, indipendentemente dal processo che

sa,rĂ istruito,

un lieve esempio La punizione

Come

non imprime

di repressione „

delle

in altri che

(3).

legnate, cui

il

commissario

è noto la setta dei calderari sosteneva dopo governo assoluto in opposizione ai carbonari (2) Nota dell'intendente di Salerno del 21 febbraio 1850, Archivio di Salerno, anno 1850, fase. 20B, (3) Nota in data 22 febbraio, Archivio di Salerno anno 1850, fase. 205. La minuta della lettera non porta firma. (1)

1820

il


52

alludeva, era stata solennemente abolita dal go-

verno costituzionale, sicché l'infliggerla implicava un manifesto e grave sopruso. Il nuovo direttore di polizia, Francesco Scorza, fìnse di non comprendere, non volendo esporsi personalmente

aduna non lieve

responsabilità.

Avrebbe desiderato,

suggerimento di applicarele legnate venisse dall'alto. Rispose quindi 23 febbraio al commissario di polizia " Le il fo noto di aver direttamente informato di que-

per poter essere tranquillo, che

il

:

sto

avvenimento

fatto del

(il

Curzio)

il

mini-

con preghiera di comunicare la sue istruzioni a la Gran Corte per l'esemplare punizione dell' imputato ,,. Ma la polizia stero di grazia e giustizia

di Salerno

non

evasiva, e

come

fosse

si

contentava di questa risposta

se la sua lettera precedente

non

abbastanza chiara, volle mettere da parte

ogni riserva, e spiegare nettamente

Replicò quindi

:

"

Con

la

mia

il

suo pensiero.

lettera precedente ac-

cennai alla Commissione per

le

legnate che, tro-

vandosi salutarmente stabilita con sovrano rescritto fu poi con ministeriale del 10 febbraio 1848 a firma di Poerio ordinato che più

non

si

riunisse

„ (1).

Di tutta questa faccenda era stato informato intanto il maresciallo Palma, il quale, visto che non si giungeva ad una risoluzione, stanco degli indugi, riori

dotto

fece a

ed ordinò nel

meno

del permesso

le legnate. Il

piccolo

cortile

delle

carceri,

legato con le natiche scoperte sovra

(1)

Archivio di Salerno,

ivi.

dei

supe-

povero Carzio, con-

venne

un cavalletto


53

legno ed,

di

in presenza

subì trenta colpi

''

laconico

questo

vasi

degli

bacchetta.

di

altri

Negli

documento che

detenuti, atti

tro-

trascrivo:

Amministrazione delle prigioni centrali di Samarzo 1850. Dietro ordine del mare-

lerno, 13

campo comandante

sciallo di

Principati, alle ore

del

si

territoriale dei

due

sono fatte eseguire questa mattina

14 d'Italia trenta battiture in persona

detenuto

Andrea

Curzio.

L' amministratore

D. A. Vairo „ (1). VII. Il governo, per tenere a freno in cui continuava sempre

una sorda

il

Cilento

e minacciosa

1848 una colonna mobile comandata dal tenente colonnello Giosuè Ritucci. Questi percorse per lungo e per largo la contrada, e finché vi rimase non occorsero novità. Egli però non si faceva illusione di avere domato gli spiriti ribelli del paese, tanto che scriveva da Vallo al comando dello stato agitazione, vi aveva spedito nel dicembre del

maggiore: "Il Cilento è fonte perpetua di disor dini e modello su cui si regolano le altre Provincie

„ (2).

Si voleva nella capitale porre finalmente

mine

al

un

ter-

continuo pericolo di moti insurrezionali

nella provincia mediante

cale ed energica, e

si

una azione pronta, radiF incarico appunto al

affidò

maresciallo Palma, in cui

si

nutriva molta fiducia,

Archivio di Salerno, ivi. Lettera del 4 gennaio 1849 al colonnello Garofalo, Archivio militare di Pizzofalcone, comando generale delle (1)

(2)

armi

al di

qua

del Faro, incartamento n. 29.


64

uomo da

sapendolo

mico

risoluzioni istantanee, ne-

le

mezze misure

di

e

di ogni blandizia. Tali

medesimi poteri straordinari concessi a i generali in capo di un esercito di operazione, i quali avevano " piena autoritĂ incarichi conferivano

su tutti

i

funzionari politici e militari della pro-

i

vincia, anclie superiori di

La

grado

(1).

„

provincia di Salerno era veramente in un

periodo

costernazione e

di

putati eletti da essa tutti,

di

terrore.

meno

il

Dei

mandato

in carcere o latitanti in seguito a

de-

erano

Griuliani,

di cat-

tura e sottoposti a giudizio. In carcere da qualche

tempo l'Avossa ed regno od

all'estero

giĂ ministro

forti,

Positano,

il

dato

l'

Giannattasio

il

il

Bellelli,

dell'interno,

Abignenti,

il

nel

latitanti il

Con-

De Dominicis,

il

Truci-

Bottiglieri.

Carducci, in prigione o

il

:

Mazziotti,

il

fuggiaschi

tutti

movimenti di gennaio e di luglio, e tutti coloro che vi avevano avuto parte notevole. In carcere il Pironti deputato nella prima elezione i

capi

dei

poi giudice della

Centinaia di

da

i

Gran Corte

famiglie

si

sentiva in

mal represso fremito

Palma

di

quindi

Lavoro. lontane

mezzo a

le

no

popolazioni un

di rivolta.

diresse specialmente l'opera sua al di-

stretto di Vallo di cui

(1)

Terra

loro cari, nelle angoscio e nei timori. Ciò

nostante

Il

di

vivevano

Ordinanza

di S.

nelle sue

M. per

il

relazioni diceva

governo,

il

:

servizio e la

disciplina delle reali truppe nelle piazze, dell'anno 1831,

Archivio militare di Pizzo falcone.


55 " è

stato

Non elle si

sempre l'avanguardia della rivoluzione

„ (1).

bastandogli le tante carcerazioni, egli ritenne '^

per migliorare

pubblico nel distretto

lo spirito

dovesse assolutamente relegare nelle isole tutti contrada

gli attendibili della

„ (2).

Procuratosi da

l'intendente Valia l'elenco di essi e in generale degli

complicati

individui

luglio,

li

fece subito

buona scorta

muni

nelF insurrezione

arrestare

e

spedi

li

de!

sotto

o

li

confinò in altri co-

di diversa provincia.

I

due

nelle

isolo

o Felice Q-iordano dal

comune

di

fratelli

Pietro

Ceraso vennero

relegati nell'isola d'Ischia, tentarono di evadere ed allora il Palma li mandò a Ventotene, come luogo più sicuro e meglio custodito. Ottavio Vallante,

liberale

designato

vallese,

per

la

rele-

gazione riusci a fuggire dal regno e riparò a Fi-

donde potette tornare nel regno soltanto il 25 giugno 1855, in s'3gtnto

renze,

parecchi anni dopo,

a grazia sovrana concessa per preghiera di suo padre Michele Vallante. Proposti per l' invio nelle isole

erano anche G-ennaro Pagano di Pisciotta,

Biagio

De Gregorio

e

Francesco Oricchio; ignoro

Palma confinò a Potenza barone G-. B. Bottiglieri, antico liberale che aveva accolto nel suo comune, a Petina, le bande però se vi andarono.

Il

il

del Cilento

(1)

(3),

ed a Laviano Raffaele Pessolano

Archivio di Napoli, mmÌBtero di polizia, fascio 212,

incart. 4164. (2)

Così erano chiamate

le

persone

politicamente so-

spette al governo. (3) Il Bottiglieri

era ancora a Potenza nel 1854.


56 di Atena che si era mostrato benevolo ad esse (1). Nei documenti del tempo trovansi langhi elenchi

di persone arrestate, tra cui

il

dott.

Mcola Bruno

Giuseppe Gruzzi di Policastro, Michelangiolo Bove di Sala Consilina, Francesco di Piaggine,

il

sac.

San Mauro

Petillo di

Cilento

(2),

Raffaele Coccoli

dopo parecchi mesi

di Sessa Cilento. Questi,

prigionia nel Castello dell'Uovo, fu liberato

febbraio 1849 perchè non carico contro

venne

di

si

ma

nuovo arrestato

Dopo

Vili. necessari

di lui,

il

di

23

potette accertare alcun

trascorso qualche anno (3),

questi primi provvedimenti ritenuti

accompagnato dal comun giro nel Vallo per operare un secondo disarmo maresciallo,

il

missario di polizia Lubrano, intraprese distretto di

ed adottare in ciascun comune le misure opportune. Cominciò, il 3 gennaio 1850, dal capoluogo. Rimosse da l'ufificio il sindaco Alessandro Pinto, impose al vescovo di mandare per gli esercizi spirituali nel

convento dei cappuccini in Eboli

nonico Vincenzo De Laurentis dini, tra cui

(1) Il

l'

(4),

il

ca-

arrestò vari citta-

ingegnere Angelo Raffaele Passero.

Pessolano, figlio

di Saverio

Arcangelo, uno dei

più ardenti carbonari del 20, era stato lerno

il

arrestato in Sa-

29 settembre 1849 (processo Aletta). Era ancora

a Laviano nel 1856. (2)

Archivio di Napoli, ministero di polizia, atti dal 1848

al 1850, fascio 304, incart. 7013. (3)

Arrestato di nuovo nel 1851, liberato

il

10 febbraio

dello stesso anno, poi arrestato per la terza volta. (4)

Archivio di Salerno, carte sparse, fascio

mento

474.

4,

incarta-


57

Per

atterrire

maggiormente

ciò a dare nelle

legnate

che

(1).

la

popolazione comin-

pubbliche piazze lo spettacolo delle

Con ordinanza del 6 marzo 1850 dispose

gli abitanti del distretto di

Vallo non potessero

allontanarsene (anche nell'ambito della provincia)

senza carte di passaggio e minacciò di arresto im-

mediato

tutti coloro

che non

le avessero (2).

Nel distretto erano frequenti i reati. Le rivolte del gennaio e del luglio avevano lasciato lungo strascico di disordini, di odii, di vendette ed ave-

come purtroppo avviene

moti pò polari, sollevato ed insuperbito parecchi malvagi. Malfattori comuni, e della peggiore specie, ave-

vano,

in tutti

i

vano assunto, ed ostentavano sfacciatamente idee e veste di liberali nello stesso modo che dopo la rivoluzione del 1860 non pochi delinquenti tennero a passare per

fautori della dinastia caduta. Molti

di quei tristi arnesi

venivano ricercati da

pubblica non solo per zione,

la

la forza

complicità nell'insurre-

ma principalmente per violenze e ruberie. Ad

onore del vero è duopo riconoscere che nella larga applicazione

delle legnate che

il

maresciallo fece

nel distretto nessuno di quelli,

che onestamente avevano preso parte a i moti, fu sottoposto ad esse: vennero invece inflitte a individui colpevoli forse di reità politiche,

comuni od

(1)

ma

sopra tutto di misfatti

ascritti a sette locali,

Racioppi, Storia dei moti della

che erano asso-

Basilicata e

delle

Provincie contermini, pag. 29. (2)

Archivio di Napoli, miniatero di polizia, carte dal

1848 al 1850, fase. 241.


58 ciazioni di malfattori e

comunistica

litica e

facevano propaganda po-

(1).

Palma, sbrigatosi del capoluogo, si mise in del distretto con una compai comuni gnia di sbirri comandata dal capitano Umbeli a la quale erano addetti Talùere Farina tenente di gendarmeria, e Benedetto Giambone di Montella, promosso da breve tempo ad ugual grado per il 11

giro per

(2). Facevano codazzo a tale compagnia parecchi degli antichi gendarmi espulsi o fuggiti durante il

suo fervore nella persecuzione dei liberali

moto

di

luglio e qualche lido

capourbano sma-

nioso di rappresaglie e di vendette.

Questa turba andava di paese in paese pretesto di cercare armi, devastava masserizie,

insolentiva

contro

imprigionava non soltanto 1

aglio,

ma

anche

i

i

e,

sotto

le

case e le

pacifici

cittadini,

capi della rivolta del

gregari, gente spesso inconsa-

pevole che, appartenendo a la guardia nazionale,

aveva seguito per obbligo di disciplina

i

propri

ufficiali.

Spesso, allorché non si rinvenivano armi e si credevano nascoste, il capitano degli sbirri imponeva a i proprietarii delle case i così detti piantoni,

cioè soldati che

prendevano alloggio

in esse

e vi restavano a carico del loro ospite, e con una

retribuzione giornaliera finché questi

(1)

Tra

tali sette

non

quelle denominate la crosca e la fra-

tellanza. (2j

avesse,

Archivio di Salerno, fascio 34-5, voi.

8*>.


59

pur procurandosele altrove, come soventi avveconsegnate le armi che si pretendevano. Non descriverò il passaggio di questa banda

&ia

jìiva,

paesi

nei vari

continuo

le

medesime

e

sopruso

al

ed uniforme

il

metodo

procedeva con ogni vioritiro delle armi da i citta-

che teneva quell'orda lenza

di

documenti del tempo

cose. I

incompleti. Unico

sono

per non ripetere

Cilento

del

:

arrestava tutti gli individui sospetti, rimuo-

dini,

veva da l'ufficio i sindaci ritenuti poco devoti al governo assoluto, infliggeva le legnate (1). Il commissario di polizia Lubrano, che accompagnava il maresciallo, scriveva il giorno 28 al governo, magnificando la virtù delle legnate: " Tale misura è di

un

effetto

del Cilento

La

mirahile e potrà

influire nel

resto

(2).

frequente somministrazione delle legnate non

destò nella capitale alcun clamore,

tamente

illegale.

comunque

in alto la rimozione

dei sindaci

per la quale

maresciallo non aveva veruna facoltà. dell'interno

aper-

Invece diede luogo a rimostranze

ammoniva che

la

Il

il

ministro

rimozione dei

sin-

non dovesse avvenire che con le forme stabilite da la legge e con provvedimento dell' au

daci

chiamare in Napoli commissario di polizia Lubrano per dare chia-

torità competente. Il re fece il

rimenti e

(1)

A

riferire

su

le

condizioni del

distretto

Rutino vennero applicate a quattro persone

il

25 gennaio 1850. (2) Archivio di Napoli, ministero di polizia, carte dal 1848 al 1850. fase. 212 e 241.


60 di Vallo.

Ma

il

Palma, soldatescamente, non

cu-

si

rava di qualsiasi monito del governo e scriveva

Lubrano: è proprio da ridere che nel mentre da noi si perde la salute e la pace in luoghi si tristi, da gli altri si vada trovando la legalità. Vi prego di dire al re (D. Or.) che con questa canaglia anziché piegarmi mi spezzerò „ (1). E continuava imperterrito con gli stessi metodi. Meravigliato dei costumi poco morali dei preti, che chiamava pietra dello scandalo, supplicava il governo " a volersi benignare di mandare

in quei giorni al

nel distretto

''

un vescovo rigoroso per

vedere e rialzare

ed oppressa

.,.

Proponeva per ragioni

per migliorare

rav-

farli

la forza della religione avvilita

la

militari e

contrada la costruzione di un

ponte sul Sele e di un altro sul fiume Alento. Vili. Risorsero ad aiutare Topera degli sbirri le cosi dette

squadriglie, che, formate verso

il

184:6,

erano poi scomparse a V avvicinarsi del periodo costituzionale.

Ne facevano

parte uomini turbolenti

Nel una coman-

e tracotanti, spesso già noti per gravi misfatti.

distretto di Vallo

ne sorsero due

data dal cav. Q-iuseppe Pascale

l'

:

(2),

Narra

il

D'Ayala che

il

dal

l'altra

cav. G-iuseppe Melchiorre Vairo di Piaggine

(3).

Pascale ebbe l'onore

Gaeta dal re Avete voi il co-

di essere ricevuto nella fortezza di

che

gli rivolse

queste parole:

"

raggio e Parte di schiacciare la testa a tutti

(1) Ivi, fascio 212. (2)

Ne ebbe

(3)

Costituita

il

comando il

il

15 luglio 1849.

18 dicembre 1849.

i

li-


61

Ebbene andate!

berali delle vostre parti?

verete colà

voi tro-

tenente di gendarmerìa Grambone,

il

da semplice caporale, che era, tra poco sarà colonnello e molto ricco,, (1). Così l'accorto sovrano con l'attrattiva della poil

quale, per

i

suoi meriti,

tenza e della ricchezza inspirava a

un

fanatico zelo

suoi satelliti!

i

I componenti delle squadriglie ascendevano ad una cinquantina per ciascuna, ed erano pagati venticinque o venti grana al giorno (2). Portavano

giacca con

filetti

rossi

e

pantaloni bigi, berretto

militare, fucile e scudiscio. Perlustravano

i

paesi,

banchettando senza mai pagare, spadroneggiavano dapertutto,

perquisivano

battendo, imprigionando

venne negli ultimi

La

le

maltrattando,

a loro talento. Così av-

di gennaio del

squadriglia Pascale con

stano invase quel

case,

comune

il

e

1850 a Rofrano.

suo sottocapo Orisi

diede

senza

al-

cuna ragione a bastonare per le vie ed anche nell'interno delle case chiunque incontrasse, senza risparmiare vecchi cadenti, deboli donne ed innocenti fanciulli

(3).

Anche più molesta e crudele era la squadriglia Vairo formata in massima parte da naturali di Piaggine. di Sala

Da

ogni parte dei distretti dì Vallo e

pervenivano

al

governo reclami

di citta-

D'Ayala, Vita del re di Napoli, pag. 42. grano corrispondeva a quattro centesimi. (3) Eapporto dell' intendente Valia del 1" febbraio 18B0Id. del sottintendente di Vallo del 21 gennaio (Archivio (1)

(2) Il

di Napoli, fascio n. 141 incart. IV, h.nno 1848).


62

come contro

dini contro di essa

bone

(1).

denti degli scherani driglia Vairo,

si

che,

furti e di violenze.

storo a le loro

componevano

prece-

i

la squa-

accertò per quattordici di essi pa-

imputazioni di

recchie

tenente G-am-

il

Dispostasi una indagine circa

Si

case

delitti e

ma

;

principalmente di

pensava a rimandare cogenerale

il

Palma

di-

chiarava con una lettera del 21 ottobre del 1850 "

Non

tordici,

di

espellere

che hanno imputazione di

reati,

tri

conveniente

reputo

da quel

corpo

di

o di

furti

armigeri,

:

quat-

i

per

al-

non

esporli a vendette e a persecuzioni, che certo sof-

frirebbero dai nemici dell'ordine, contro

hanno prestato

efficace opera, e però

viso di conservarli nel

vanza della rigorosa li

loro

posto

tiene soggetti e di licenziarli al

camento

„.

A

questo parere

si

risoluzione del 6 febbraio 1851

Naturalmente nelle sue gesta.

sotto

disciplina, cui

il

i

quali

son di avl'osser-

loro

capo

menomo man-

attenne

il

re

con

(2).

famosa squadriglia continuava Nel giugno del 1851, sotto pre-

la

una guardia urbana di Piaggine, tale Angelo Capriccio, si fosse mostrato insubordinato, il Vairo lo fece afferrare da i suoi satelliti, legare su uno scanno in mezzo a la pubblica via testo che

e gli fece dare le legnate. Il giudice regio di Laurino ncn ometteva di denunziare il fatto a i suoi superiori (3), che gli ingiunsero di proce-

anno 1848, fascio 3141,incar. 16. Rapporto del 16 giugno 1851, Archivio di Napoli, anno

(1-2) Archivio di Najyoli, (3)

1848, fascio 3141, incart. 16.


63

dere contro

il

colpevole. Il magistrato

obbediva,

comandante della squadriera molto prepotente e gli aveva rivolte mi-

osservando però che glia

il

naccie: chiedeva quindi di essere garentito

conoscenza

re

venuto

luglio 1851,

a

che

il

del

maresciallo

Palma commise

De

derico di

Lozza,

il

Palma avesse

represso l'abuso e punito severamente 11

(1). Il

ordinò,

fatto

Vairo

(2;.

tale incarico al capitano

Fe-

che

comunicò

il

maresciallo

al

avere messo a gli arresti fino a nuova dispo-

sizione

il

Vairo,

" il

cui agire del tutto dispotico,

ed abusivo metteva nell'animo di tutte

illesale

autorità indignazione e dispetto

regio aveva già iniziato sciallo

messo

di

il

Vairo a

il

gli

Il

(3).

un processo

11 luglio 1851

non conviene

;

ma

mare-

il

scriveva: "L'aver

perchè

gli arresti è sufficiente,

avvilirlo a fronte deìVidea

demago-

quale è tutta intenta a malignarlo

gica, la

covrirlo di nere calunnie re l'ordine di sospendere

„.

le

giudice

ed a

Implorava quindi dal

qualsiasi procedimento,

e cosi fu risoluto (4).

Non con

i

si

mostrava da meno

suoi gendarmi, tra

i

per ferocia un tale sergente gio 1851

si

il

tenente

quali

si

Gambone

distingueva

Grallo. Il di

8 mag-

presentava in uno stato miserando al

sottintendente di Vallo un certo Carmine Cortazzo,

che dopo poche parole cadeva svenuto.

(1)

Lettera sua del 30 giugno 1848,

Si seppe

ivi.

(2) Ivi. (3)

Lettera del De Lozza del 3 luglio 1851,

(4) Ivi.

ivi.


64

aveva crudelmente bastoma anche il padre di settuagenario, nell'abitato di Cannalui vecchio longa. Il sergente venne soltanto sospeso da l'ufficio (1) perchè a suo favore si diede ad agire prontamente il maresciallo, il quale inperversò in provincia di Salerno fino al 3 gennaio 1852 quando un ordine del governo lo destinò al coche

il

sergente Gallo

nato non solo

mando

Cortazzo,

il

assai più importante, della provincia e della

piazza di Napoli

(2).

(1) Ivi.

(2)

lerno

reale

Archivio militare di Pizzo falcone.,

di guerra, 1° ripart. 2° carico, il

marescialle

Emanuele

poi di colera in Napoli

il

n. 58.

Lo

di Gaeta, li

2 agosto 1854.

segreteria

[sostituì a

Sa-

Palma mori


CAPITOLO Le prodezze

Sommario. teriori -

denti - Gli

sare

IV.

III.

Il

si affida

Il

uno

De Cesare II. La

sbirro. -

Sue vicende annon riesce sergente Vignes - Suoi prece-

Salvatore

I.

Sua latitanza

a scovarlo

di

III.

polizia

l'incarico dell'arresto del

Vignes

si

accinge a l'impresa

-

De

Ce-

Riesce

a scovrire l'asilo del De Cesare - Crudele morte di questo - Artifìci del sergente per simulare un conflitto

— V.

Elogi del governo al Vignes

in Salerno per l'uccisione del

comando

De Cesare

-

-

Fermento

Indagini del

militare - Risultati di esse - Proteste della

gendarmeria

Commette un

di Salerno

VI. Baldanza del Vignes -

giudiziarie su morte del De Cesare - Esitanze della magistratura - Decisione della Gran Corte che si dichiara incompetente — VII. Sollecitazione del processo da parte degli orfani De Cesare innanzi al Consiglio di guerra - Ordine reale per troncare il procedimento - Decisione della Gran Corte favorevole al Vignes per il secondo delitto VIII. Tramutamento del Vignes a Catanzaro - Partenza di lui nel 1860 per Napoli - Arresto del medesimo - Giudizio a carico del Vignes - Condanna di lui - Sua morte nell'ergastolo. altro

delitto - Indagini

la

Viveva da parecchi anni a Salerno un tale De Cesare nato a Palermo nel 1809. Egli aveva sposato una giovane salernitana di civile famiglia, Fiorentina Ferrigno, da cui aveva avato quattro figli. Poco si conosceva dei suoi I.

Salvatore

5


66

anni giovanili

diceva che verso

si

;

il

1841 avesse

disertato da l'esercito, riportando per questo fatto

una grave condanna condonatagli dopo breve

car-

cerazione.

De

Il

Cesare, conduttore

che da la stazione

stale,

della

diligenza

po-

Nocera (ove allora

di

terminava la ferrovia) andava a Salerno, aveva per il primo portata in quest'ultima cittĂ la no-

Sovrano del 29 gennaio. Arrestato

tizia dell'Atto

per alcune ore e poi messo in libertĂ , aveva preso parte a la grande dimostrazione di giubilo avve-

nuta in Salerno per

la

promessa delio

statuto.

lo scoppio dell'insurrezione di luglio nel

era

ad

corso

unirsi

con

rivoltosi e

i

seguiti nel Vallo di Diano, Si

A

Cilento li

aveva

sapeva anzi che

il

giorno 9 con alcuni compagni aveva assalito, presso Sala, la corriera postale e si era impadronito della

corrispondenza del sottointendente

Sopravvenuta pose a tutti continente

il

il

e che gli

reale im-

rimpatrio nel termine di tre giorni di

De

sua famiglia?

l'isola

(1).

un ordine

Siciliani complicati nelle rivolte del

minaccia

sotto

rovina per la

i

la reazione,

E

gravissime Cesare! il

modesto

dava da vivere?

pene.

Una

vera

Lasciare Salerno!

E

ufficio

E

che teneva

come tornare

nativa senza impiego e senza mezzi?

Lo

nel-

sven-

turato sperò nella revoca dell'iniquo ordine o che

scemasse

il

rigore, e

di aver trovato

(1)

lume

Ho lo,

un

si

tenne nascosto. Credette

sicuro ed impenetrabile asilo

raccontato questi precedenti nel Carducci, vopag. 116.


67

una piccola grotta

in

(1)

posta tra

montagne

le

presso Montecorvino Rovella, e propriamente a le falde del

monte detto Calatala, nel territorio del Gauro (2), La grotta era chiamata

villaggio di

allora del Mossuto, dal

nome

del proprietario del

terreno circostante. In quell' antro

passava

Gauro per

suoi amici liberali,

cesco Mazzarelli.

Cesare

recava spesso nel

la giornata; la sera si

vicino villaggio di

De

il

Domenicantonio Foglia

La

due Fran-

trattenersi con e

giovine moglie, per quanto

poteva, gli inviava biancherie e vitto. Il vivere,

e

i

pericoli,

lontano

per

le

dai

suoi

cari, tra

ricerche

insistenti

darmi, era un vero martirio per stanco, avvilito,

per

mezzo

il

De

le

ansie

dei

gen-

Cesare, che

moglie

della

conoscenti impetrava dalle autoritĂ locali

Ad

vacondotto per presentarsi. tormenti sopraggiunse contro di lui

il

il

accrescere

e

dei

un

sal-

i

suoi

mandato di cattura emesso

17 novembre 1848.

II. Trascorsei'o cosi

lunghi mesi.

Le

indagini dei

gendarmi erano continue, giornaliere: la polizia nulla aveva omesso per scovare il De Cesare, parecchi suoi confidenti erano in l'asilo.

Tutto

quella

caverna

invano:

moto per conoscerne

nessuno aveva pensato a perduta tra i monti.

ignorata,

Dei continui insuccessi di queste lunghe ricerche

(1)

Larga venti palmi, lunga

dieci, alta

poco

meno

della

statura media dell'uomo. (2) Il

un

tale

proprietario del terreno e della grotta era allora

Domenico Amato detto

tiene ad Antonio

Amato

il

fu Nicola.

Mossuto. Ora appar-


68

Salerno

le autorità di

cavano da di

mal

si

sentivano umiliate; non man-

parole di sorpresa e di sdegno o

celato sarcasmo. Possibile che

scisse in di

l'alto

nessun modo a penetrare

un disgraziato privo Il

il

non

riu-

si

nascondiglio

mezzi e di relazioni!

di

ministro della guerra specialmente insisteva

per l'arresto tanto che

De

del

Cesare,

l'

antico

De

capitano Grirolamo

il

disertore;

Liguoro, coman-

dante la gendarmeria nella provincia, scriveva in Na})oli:

"

al

È

De

guerra l'arresto di tale tante, per

inaudite

Cesare, siciliano, lati-

ribalderie

in

Montecorvino „ (1). II L Tra i più feroci e zelanti era allora

il

comandante generale dell'arma stato impegnato dal ministero della

3 agosto 1849

un

Saverio

tale

giovine esercitato

sbirri di

Salerno

Vignes, sergente

Nato in Salerno

gendarmeria.

circondario di

il

di

1813, aveva da

mestiere di calzolaio, che ab-

il

bandonò nel 1838 quando usci in leva. Assegnato a la gendarmeria, aveva ben poco progredito nella carriera, raggiungendo il 1° gennaio 1849 il grado di caporale e qualche mese dopo quello di secondo sergente

Aveva

(2).

aspetto

volgare e sinistro:

volto rozzo e grossolano, naso grosso e prominente, sopracciglie nere e folte, orecchie bucate

st'uomo non

(1)

mancava però

di

acume

(3).

Que-

e di scal-

Archivio di Salerno, Consiglio di guerra P. C, 1849,

voi. 2".

Le

ribalderie consistevano unicamente nei prece-

denti politici del

De

Cesare.

(2 e 3) Filiazione di

Saverio Vignes di Francesco nel

processo per l'assassinio

guerra di Principato

del

Citra,

De

1849,

Cesare. (Consiglio voi. 2°).

di


69 trezza. Dolente della

non rapida

carriera,

smanioso

di miglior sorte, credette giunta la sua ora allor-

quando cominciò la reazione nella provincia. Più che a la repressione dei delitti comuni

si

pensava allora a colpire inesorabilmente le reità di Stato: in alto si tempestava per l'arresto dei più noti agitatori

Allorché la polizia riu-

politici.

sciva ad agguantarne qualcuno era

a la bravura degli

agenti, e

un coro

gratificazioni e le promozioni; se invece falliva,

non

si

di lodi

non mancavano

le

colpo

il

risparmiavano aperte censure e rim

proveri. Ciò stimolava specialmente lo zelo dei bassi

agenti che, pur di riuscire, non lasciavano intentati le

i

mezzi più disonesti,

minacce,

amici più tici. il

le

le violenze, gli arbitri,

più sfacciate corruzioni, tentando gli

fidi e

perfino

i

parenti dei ricercati poli-

In queste persecuzioni spiccava principalmente

Vignes, ardito, temerario, scevro di ogni scrupolo;

egli era

divenuto

nitana,

il

il

terrore della parte liberale saler-

beniamino delle autorità della provincia,

l'uomo di fiducia nelle imprese più scabrose.

A per

le esortazioni

ed a

le inutili ricerche

i

del

rimbrotti del governo

De

non ebbe più pace. Si pensò

Cesare

la

polizia

Vignes come al solo capace di scovarlo. Il capitano De Liguoro terminava una lettera al comando dell'arma con queste parole:

"

al

Solo la scaltrezza e l'attività del

sergente Viq-nes

potrebbe attuare

La prevengo

aver dato

di

loghe istruzioni

(1)

(1).

Processo suindicato, voi.

il

disimpegno.

al sottufficiale le

4°.

ana-


70

IV. Già da alcuni giorni Faccorto sergente aveva

ed è facile immaginare

con quanto entusiasmo. Vedersi designato proprio lui, tra tanti suoi compagni, a scoprire ed arrestare un ricevuto

l'

incarico,

reo di Stato che per oltre

un anno

era riuscita a sorprendere!

Un

non

la polizia

pronto successo lo

avrebbe certamente elevato nella carriera, mentre il non riuscire gli avrebbe tolto la protezione e Tutto

le grazie dei superiori!

il

suo avvenire or-

mai dipendeva dal successo! Con quali arti subdole riuscisse al Vignes di scoprire l'asilo del De Cesare non è noto. Rapidamente, in due o tre giorni, giunse a penetrare un mistero rimasto por un anno impenetrabile a Certo corruppe qualamico dello sventurato! Balzando di gioia

tutti gli sforzi della polizia

che

!

a la confidenza ricevuta,

senza far trapelare ad

alcuno

egli

il

prezioso segreto,

pagni neir impresa, che più

suoi

fidi,

il

si

caporale

com-

per

scelse

proponeva, alcuni dei Pellegrino

Pelosi

di

Avellino e quattro gendarmi, cioè Sebastiano Tolomieri della stessa

Leopoldo Langella di e Ferdinando fece travestire da cac-

città,

Barra, Carlo Gruaragna di Sangro

Giordano ciatori.

di

Cava, e

Presentatosi

il

li

12 agosto del 1849

al

giu-

dice regio di Montecorvino, Bernardo Fischietti

(1),

Divenuto poi famoso perchè si trovò giudice regio di Vibonati quando vi sbarcò Carlo Pisacane con la sua spedizione nel luglio del 1857. Il Fi(1)

nel

mandamento

scbietti scrisse, per farsi

merito presso

i

superiori,

un

opuscolo apologetico dell'opera sua in quella circostanza.


71

ottenne da

guida

mediante un ordine superiore, una vicine, un tale Crescenzo

lui,

nelle

montagne

Di Vece, nativo

La mattina

ogni distintivo militare,

anch'egli i

dipendenti e con

suoi

A

monti. sare

del luogo.

seguente, di buon'ora, nascondendo

la gu^.da

avviò con

si

a la volta dei

De

breve distanza dal ricovero del

lasciò in

vedetta

Ce-

gendarmi Langella e

i

Il povero profugo, senza sospetto, stava inerme a l'entrata della grotta sboccon-

Giordano. solo ed

un pezzo

cellando

mente

si

pane, quando improvvisa-

di

vide dinanzi minacciose e terribili

le

figure ben note del Vignes e dei suoi compagni.

E

volto del temuto sergente rivelava la gioia fe-

roce di aver raggiunto la preda. Il

prima nente

allibì,

gittò in ginocchio

si

De

Cesare da

quindi compreso del pericolo immi-

invocando

la

Madonna

del Carmine; e piangendo supplicava per la vita. Il

crudele sbirro,

non commosso menomamente a

quella vista, fermo nel suo efìerato proposito gli "

gridò:

non muoverti, carogna

fucile contro

il

De

Cesare

gli

e

puntando

ciapelo. Altrettanto fecero a varie riprese

rale ed

i

due gendarmi.

suolo agitando in alto

Non il

L'infelice

le

il

sparò quasi a bruil

capo-

cadde bocconi

al

braccia.

isfuggiva a la mente perspicace del Vignes

pericolo, cui

andava incontro,

cesso per assassinio;

ma

lo

di

un grave pro-

incoraggiavano l'im-

punità dei molti soprusi commessi,

le alte prote-

zioni acquistate. Volle, per ogni eventualità, pre-

munirsi simulando un il

fucile

conflitto.

ancora carico e

Tolse a la guida

lo esplose

forando

il

prò-


72 prio cappello; quindi con cinica calma, lasciato fucile a fianco del cadavere, prese

cui restinto

gli

altri

colpi di fucile

i

trassero in

si

il

pane,

pose l'arma tra

due gendarmi, che,

spettacolo, telli

A

del cadavere.

il

coltello di

era servito per affettare

si

tagliò la giacca del Pelosi e

mani

il

le

accorsero

inorriditi a l'atroce

un vicino

caprile dei fra

Amato.

Raccolti

i

compagni,

suoi

riprese la via, e tornò a

sergente

feroce

il

Montecorvino, ove con

maggiore disinvoltura narrò al giudice regio avendo rinvenuto su la montagna il De Cesare, questi a l'ordine di arrendersi aveva fatto

la

che,

ripetutamente fuoco e il

coltello in

prova del

una

mano

si

era quindi avventato con

contro la forza. Mostrava quale

conflitto

giardo racconto assistevano

due dei quali però non a l'eccidio; gli

da Al bu-

proprio cappello forato

il

palla e la giacca del caporale lacerata.

altri tre

si

i

seguaci del Vignes,

erano trovati presenti

complici del triste avveni-

mento confermavano per proprio

interesse le pa-

role del loro capo. Il

giudice

si

recò

prontamente

luogo

sul

procede ad un verbale particolareggiato,

vendo

la posizione del

luoghi.

Non si rinvenne addosso

somma

;

cadavere

eppure era noto a

al

e

lo

stato

De Cesare

e

descri-

dei

alcuna

la famiglia dell'estinto

una cintura con alcune doppie d'oro procurategli a grande stento che questi portava

ai fianchi

e destinate a subornare gli sbirri in caso di sorpresa. Si disse in seguito che fosse impadronito

il

Vignes.

di

quel denaro

si


73

Per ordine del giudice l'ucciso venne trasporsu di una scala a la chiesa di S. Maria della Pace in Montecorvino. Al passaggio del

tato

cadavere nelle vie del villaggio di Gauro

assi-

mezzo a la folla il Vignes, che ripeteva astanti come si fosse salvato miracolosa-

steva in a gli

mente da i colpi fatto come d' una

del

De Cesare

e

brillante vittoria.

si

gloriava del

La

perizia

me-

dica, eseguita presso la chiesa, accertò su l'estinto

ben nove

ferite

tumulata nella

d'arma da iuoco. La salma venne chiesa

parrocchiale di S. Pietro

apostolo in Montecorvino Rovella

V.

Le

finsero

autorità

del

di prestarla,

(1).

tempo prestarono fede, o a la impudente invenzione

del conflitto. Il segretario generale dell'intendenza di Salerno, Nicola Dommarco, che reggeva allora r intendenza, non avendo ancora il nuovo titolare,

cav. Valla,

nominato appunto

in quei giorni, preso

possesso dell'ufficio, riferiva in data del 21 ago-

1849 al governo il preteso conflitto e soggiungeva: " Debbo raccomandare caldamente all'È. V. il sergente Vignes, che merita ogni consto

siderazione anche perchè olire sempre novella prova di coraggio e zelo per il reale servizio. Del pari giustizia esige che io raccomandi

nato caporale Pelosi che

(1)

si

e le altre

distinsero nel rincontro „

succen-

guardie

(2).

Libro dei defunti della chiesa, libro 5o, fol. 20, si legge « violenter interfectus

13 agosto 1849. Nell'atto a militibus (2)

il

indicate

».

Processo indicato, voi.

4».


74

ministro di polizia,

Il

gnalava

comandante

al

Winspeare

giorno successivo, se-

gendarmi brigadiere

l'accortezza, l'energia,

raggio del Vignes

Non pare

presa.

il

dei

e dei

suoi

in vero che

il

il

singolare co-

compagni nell'imWinspeare fosse

molto entusiasta del sergente, perchè il 16 settembre rispondeva freddamente al ministro " Avendo :

riguardo a

i

servizi renduti dal

secondo sergente

Saverio Vignes ed in grazia di questo titolo l'ho promosso non ha guari al suo impiego attuale „ (1). Queste parole mostravano che il Vignes non avrebbe

per alcun altro

La

meritato la promozione.

titolo

terribile a la sventurata

dre di

i

quelli

che

accrebbe

i

Il

non

aveva il

dello

grande

preoccupato da

un

il

De

Cesare e la sua famiglia

di larghe simpatie.

comando

dava colĂ

non avevano preso parte al un vivo fermento

sospetti ed

sorse in Salerno, ove

godevano

l'asserita resistenza.

sfuggita ai gendarmi, probabil-

Qualche parola

mente a

dell'estinto. Il pa-

parenti, sapendo l'animo mite del

non credettero a

Cesare,

delitto,

moglie

Michele Ferrigno, un bravo albergatore

lei,

salernitano, ed

De

giunse improvvisa e

notizia dell'assassinio

stato

maggiore, che

tenerezza

le voci diffuse

per in

i

allora

gendarmi,

Salerno,

man-

3 settembre 1849 per una indagine

ufficiale dello stato

maggiore,

legrino, giovine ed onesto

il

tenente Pel-

militare,

stimato per

ingegno e coltura. Questi, agendo con molto ac-

(1)

Nota del ministro

n. 2055,

di

polizia

processo indicato, voi.

4o.

del

22 agosto 1849,


75

corgimento, riusci ad ottenere dal caporale Pelosi l'aperta confessione della verità,

senza

a

reticenza

che oramai

meria

che

il

mano

Vignes ed

i

all'inganno.

sponsabilità,

i

forse anche

e

notizia

Un

pro-

suoi complici avrebbe

ed esposto a

colpito di discredito l'intero corpo

gravi umiliazioni,

La

vide esposta al biasimo ge-

si

nerale per aver tenuto cesso contro

manifestò

la

turbò la gendar-

tutto era scoperto

di Salerno,

e

superiori.

suoi

i

a

qualche re-

superiori diretti del sergente.

E tutto

opera di un ufiQcialetto loquace, privo di

ciò per

ogni esperienza, dimentico di ogni solidarietà

!

Il

capitano della gendarmeria di Salerno invocava,

con lettera del 7 settembre, l'opera energica del

comandante generale dell'arma, per evitare un processo, facendogli notare lo scandalo ed

more che ne sarebbero

venuti, e

tro l'imprudente ufficiale che verità.

Soggiungeva che

" si

si

cla-

il

scagliava con-

aveva palesato avute

sarebbero

la le

tristi conseguenze a discapito dell'opinione governo per opera di quei medesimi che lo rappresentano, suscitando prove ed armi nelle

più del

mani

dei malcontenti e dei suoi nemici per

darsi all'assassinio

cludeva in

cosi:

"

!

Se

un importante

„ si

Il

vuole denigrare se stessi

servizio

reso,

ziativa a tutto altro potere e al

gri-

capitano indignato conspettava

l'ini-

rimaneva l'obbligo

tenente Pellegrino di respingere fino

il

sospetto,

a tutela degli interessi del comando territoriale e del Real

(1)

Governo da

lui

invece manomessi

(1).

Processo suindicato. La lettera porta la firma del

De Liguoro.


76

VI. Nonostante

venimento, tezioni,

non

il

rumore destato dal

tristo av-

Vignes, fidente sempre in alte pro-

il

continuò imperter-

anzi

scosse,

si

rito nelle sue gesta.

Era

allora evaso dal carcere

un tal Griuseppe De Maio condannato per reato comune, ed era riuscito con

di Castellammare

molta destrezza a sottrarsi a

le

santi degli sbirri, che scoraggiati

abbandonata

la

tembre 1849 un al governo (Ij. Il fatto

dettero

avevano quasi

speranza di riprenderlo.

durante la sua latitanza, uccise tale

M

inces-

ricerclie

Il

De Maio, 4

la sera del

set-

persona assai devota

,

destò grande sdegno nelle autorità, che

ordine al Vignes di

porsi

a la ricerca

del pericoloso latitante. L'intraprendente sbirro in-

sieme con alcuni suoi subordinati, tra losi,

sorprese

il

profugo

la notte del

i

quali

il

Pe-

17 ottobre 1849

presso Salerno in una tenuta dei signori Conforti detta la Sala ed

a tradimento lo uccise.

questa volta cercò di simulare un conflitto. sfatto parve

in

al

premio concesse a l'autore L'indignazione sollevata

la

De Cesare

essa ancora l'uccisione del

medaglia d'oro

nella cittadinanza

da

indusse l'autorità giu-

De

ignorando

Maio. L'istruttoria

Relazione del maresciallo Palma del 3 settembre 1849.

Comando (2)

mi-

(2).

diziaria a procedere per questo delitto,

(1)

Il

governo un'azione eroica, tanto che

del Real ordine di S. Giorgio

l'assassinio del

Anche

generale, n. 274,

fol.

2508.

Relazione indicata. In essa

sione avvenne per

il

si

legge che la conces-

conflitto del 17 ottobre 1849.


77

accertò che

il

apparteneva a

fucile posto accanto la

al

De Cesare

guida Di Vece, e che

non aveva opposto a

l'estinto

la forza

pubblica alcuna resistenza: appariva quindi manifesta la reità del Vignes e dei suoi complici ed inevitabile una con-

danna.

Condannare dei gendarmi per un grave probabilmente commesso con

delitto

il

pieno accor-

do del comando dell'arma, forse anche da questo ordinato! Promuovere un pubblico dibattimento da cui sarebbe venuto certamente un grave scandalo! La Gran Corte pensò prudentemente, con decisione dtl 22 ottobre 1849, di liberarsi subito del molesto processo rinviando gli imputati innanzi al tribunale militare come solo competente a giudicarli.

VII. Gli

De

atti del processo per l'assassinio del Cesare sarebbero rimasti certamente dimenti-

cati negli archivi, se la

vedova ed i non avessero continuamente

cidato

mezzo

figli

e

del tru-

con ogni

per il giudizio: a furia di suppliche raccomandazioni ottennero che la procedura per l'uccisione del loro congiunto fosse ripresa innanzi al Consiglio di guerra di Salerno. Il capitano Ferdinando Siciliani, commissario del re, insistito

e di

rinnovata l'istruzione, ne desumeva le prove più luminose della colpabilità del Vignes e dei suoi compagni. La guida Crescenzo Di Vece presente al fatto,

parecchi testimoni, che avevano udito da i il racconto dell'avvenimento, attestarono

gendarmi che

il

De

Cesare non aveva con sé alcuna arma il fucile posto vicino al cadavere

da fuoco, che apparteneva a

la

guida, e che

il

sergente aveva


78

• .

ad arte forato

proprio cappello e tagliato la tu-

il

nica del Pelosi

(1).

doveva vequando giunse da Talto ordine di sospenderla. Ma ciò non bastava affatto al Vignes, il quale sapeva bene che la vedova ed i figli dell'estinto non si sarebL'istruzione era ormai completa e

si

nire a la pubblica discussione della causa,

bero dati pace finché l'assassinio del loro diletto

congiunto non fosse stato vendicato. Egli insistette perchè

si

cesso. Il

troncasse assolutamente

29 agosto del 1850

ordinario di Stato la sua il

De

presso

da

riferito cosi: "

La prova

il

di essa

le

armi rinvenute

cadavere vi furono messe appositamente

la forza,

che

il

cappello del Vignes fu forato da i

suoi

compagni

un

e cosi pure

taglio della giacca e che lo schioppo rinvenuto

presso la

Su

(2).

specifica accertò che

Cesare era inerme e che

colpo tirato ad arte da il

domanda

procuratore generale della Gran Corte di Salerno

aveva il

pericoloso pro-

il

discusse in Consiglio

si

il

cadavere

era quello stesso che portava

guida della forza pubblica

„.

Il

verbale della

seduta del Consiglio di Stato prosegue in questo

modo:

" Il

generale comandante

la

divisione di'

Salerno ha manifestato che per non darsi dalo di vedere processata rivolgersi ai superiori

la

lo

scan-

forza militare crede

onde arrestare

il

corso del

giudizio, e difatti venne superiormente disposto di

(1) Dicliiarazioni di Crescenzo Di Vece, Domenico D'Amato, Pasquale Lepore e molte altre tutte concordi del 9 novembre 1849. (2) Ministero giustizia, anno 1850, 29 agosto, n. 4.


79

conservarsi la processura in quel dersi

il

comando e sospencorso del giudizio. Il ministro di guerra e

marina ha dichiarato che

gli ordini

per la sospen-

sione del giudizio vennero emessi da S.

M.

A mar-

gine del verbale è la consueta formula di decretazione del sovrano " S. M. ne resta intesa „. Il

Vignes intanto

inorgogliva

per

cessi nella persecuzione dei liberali e

suoi suc-

i

progrediva

rapidamente nella carriera, protetto e favorito costantemente da i superiori. Il 24 marzo era promosso primo sergente onorario e il primo luglio

1853 primo sergente

secondo

miva

il

o proprietario

processo dornei polverosi scaffali dell'archivio del Con-

siglio di

guerra in Salerno.

vamente intervenne al

titolare,

linguaggio di allora.

A

Il

troncarlo

definiti-

nel 1853 quest'ordine

mandato

capitano Benedetto

dei

Conti di Chiti, com-

missario del re presso quel Consiglio:

"

Comando

armi nella provincia di Principato citeriore, 2782, Salerno, 7 dicembre 1853 Sig. Capitano,

delle n.

S. E.

ministro di grazia e giustizia con venerato foglio del 3 stante, 3° carico, n. 10183, mi fa il

conoscere che S. M.

il re ha ordinato sospendersi procedimento della causa pendente contro Saverio Vignes e che non debba figurare più in avvenire.

il

Io la prego a dare adempimento a le cennate Sovrane risoluzioni. Il brigadiere comandante Ferdinando De Roberto „ (1).

(1)

Archivio di Salerno,

fase. 3361,

Gran Corte Criminale di P. C, Processo a carico del Vignes, voi. 6». Vi è l'ori-

ginale dell'ordine del Comando.


80

Dopo questo esempio

di alto favore e di scan-

dalosa impunità naturalmente l'istruzione per l'omicidio del De Maio procedeva tra infiniti ostacoli. I

più importanti testimoni, timorosi della potenza

piegavano a suo prime dichiarazioni, sicché da i nuovi atti appariva la morte del De Maio avvenuta in seguito ad un conflitto con i gendarmi. Uniformandosi a queste risultanze del processo, la Gran Corte criminale di Salerno con decisione del 22 marzo 1855 ordinava di consere delle rappresaglie del Vignes,

favore, disdicendo le

varsi gli atti in archivio per l'uccisione del "

avvenuta in Vili.

il

Di Maio

con la forza pubblica

conflitto

Sempre più insuperbito

„ (1).

del favore regio,

Vignes continuò nelle sue imprese, nonostante

l'aperto disprezzo della

Un

cittadinanza

salernitana.

sentimento di pudore indusse finalmente

mando

il

co-

dell'arma ad allontanarlo da Salerno, desti-

nandolo a Catanzaro, ove

il

l'omaggio dell860 con-

segui finalmente le sospirate spalline di ufficiale.

Scoppiata la rivoluzione

in

Calabria dopo

sbarco di Garibaldi sul continente,

primi di settembre, insieme con

sua compagnia e con

altri

il

il

Vignes a

lo i

capitano della

gendarmi, per timore

bea imbarcò nella marina di un brigantino denominato Raffaele

di vendette da parte dei liberali calabresi che

conoscevano Catanzaro su

le

sue gesta,

di

si

che faceva vela per Milazzo e di poi

(1)

Napoli.

Gran Corte Criminale di P. C, Processo a carico del Vignes, voi. &^. Vi è l'ori-

Archivio di Salerno,

fase. 3361.

pt^r

ginale dell'ordine del Comando.


81

Questa fuga venne a conoscenza del direttore Giuseppe Arditi che sollecitamente in-

di polizia

formava,

con lettera del 14 settembre 1860, il polizia di Napoli del prossimo approdo del famigerato tenente. Il brigantino giunprefetto

di

geva il

infatti nel porto di Napoli il giorno 19, ed commissario di polizia delegato a lo scalo ma-

rittimo arrestava

il Vignes e gli sequestrava varie armi che questi portava seco; quindi, per ordine

superiore, lo spediva sotto buona scorta a le prigioni di Salerno a disposizione dell'autoritĂ giudiziaria. Il Vignes nel suo interrogatorio addusse di essersi imbarcato a Catanzaro, in seguito ad autorizzazione ottenuta dal pro-dittatore Greco, per prendere servizio in Napoli aggiunse che come ;

ufficiale di

gendarmeria aveva

piena

facoltĂ

di

asportare armi.

In Salerno era ancora vivo il ricordo delle prepotenze e dei delitti di lui. La famiglia del De Cesare, specialmente

il

maggiore dei

figli.

giovine di dieiotto anni, che esercitava

il

Michele,

mestiere

di gioielliere, supphcava calorosamente per la ripresa del processo a carico non solo del Vignes

ma

anche dei complici

Due

(1).

di costoro erano giĂ morti,

il

gendarme Lan-

27 marzo 1853 in Barra (2), il Guaragna il 14 aprile 1859 in Cava (3). Del caporale Pelosi e del Tolomieri riusci vana ogni ricerca: si diceva gella

(1) (2) (3)

il

Sue istanze, tra cui una del 9 gennaio 1861. Atto di morte di pari data, n. B2. Idem, n. 55.


82

entrambi da quatad una banda di bri-

in Avellino, loro patria, che tro mesi

si

fossero

uniti

ganti. Il Vignes sfacciatamente

parte a l'uccisione del

De

negava ogni sua

Cesare, studiandosi di

gettarne la responsabilità sul Pelosi. Inoltre in-

vocò l'amnistia concessa provincia di Salerno

dal

il

3 settembre 1860 in

prò- dittatore Matina,

il

rescritto sovrano del 1853, la prescrizione, e subor-

dinatamente dell'art.

la giurisdizione militare a

62 dello statuto penale

i

termini

dell'esercito.

La

Grran Corte criminale respinse queste eccezioni con decisione del 18 giugno 1861. Egli ricorse a la Su-

prema Corte

di giustizia di Napoli, che

successivo rigettò

il

12 agosto

ricorso.

il Vignes ebbe Ferdinando Torrusio. l'esame dei testimoni, ormai liberi di ogni

Apertosi

il

pubblico dibattimento,

suo difensore di

Da

il

ufficio l'avv.

risultò manifesto che il De Cesare non aveva opposto alcuna resistenza a i gendarmi e che le prove del conflitto, il fucile presso l'estinto e il coltello nelle mani di lui, il cappello forato del Vignes e la tunica lacerata del Pelosi erano un mero artifìcio. Del pari giudicò inesistente il preteso conflitto con il De Maio. La G-ran Corte criminale ritenne quindi il Vignes colpevole dei due omicidi e lo condannò a i lavori forzati a vita. Il condannato terminò la vita nell'ergastolo, pagando cosi il fio dei suoi scellerati delitti. Una lettera della direzione del bagno di Ponza del 19 maggio 1881 annunziava che il di precedente in quel-

timore,

l'infermeria era spirato

il

tenente Vignes.


CAPITOLO Le

Sommario.

Il

IV.

prime condanne processo della setta delV Unità italiana

- Rivelazioni di alcuni imputati - Due testimoni falsi - Arresto di Carlo Poerio, del Settembrini, del prete BaFilippo Agresti, Francesco Antonetti, Vincenzo

rilla, di

Dono

Pironti II. Vicende anteriori del Pironti - Avvocato in Salerno poi in Napoli - Deputato e Michele

- Nominato giudice - Denunzia contro III. Arresto del Pironti rimosso da l'ufficio - Perquisizione nella sua casa - Suo interrogatorio IV. Compimento delVessazioni inflitte al detenuto l'istruzione - L'atto di accusa - Costituto del Pironti V. Trasporto degli imputati nelle carceri della Vicaria

al

Parlamento

di lui -

E

- Orribili condizioni del carcere - Rimostranze delle famiglie - Risposta del medico delle prigioni - RicusaVI. Malattia di Anzione del presidente della Corte

tonio Leipnecher - Sospetti di finzione dell'infermità - Trasporto di lui in udienza - Nuova sospensione della causa -

Morte

del

Leipnecher

del dibattimento - Requisitoria

del

— VII. Prosieguo procuratore

ge-

nerale - Decisione della Gran Corte - I condannati a morte in cappella - Ore di angoscia - Le famiglie dei

condannati

-

La grazia della vita

-

Trasporto

dei condannati a Nisida ed a S. Stefano.

I.

Negli

uffici

di

istruzione della G-ran Corte

criminale di Napoli in

Castelcapuano

si

lavorava

febbrilmente, su lo scorcio del 1849, per condurre


84

a termine

Faucitano

Le

processo dell'attentato

il il

commesso dal

sedici settembre.

confessioni estorte al Faucitano e ad alcuni

altri arrestati

mediante

rivelarono l'esistenza

proponeva

clie si

di

piĂš crudeli sevizie

le

(1)

una vasta associazione unire in un solo Stato la di

penisola e di affrancarla

dominio straniero.

dal

In una minuziosa perquisizione presso il tipografo Gaetano Romeo si rinvennero i diplomi, il programma, un manifesto del Gran Consiglio ed altri documenti della setta. Due individui, che avevano

ad arte fatto pratiche per esservi ammessi, narrarono alcuni colloqui da essi

In seguito a

uditi.

queste notizie furono complicate nel

processo e

tratte in arresto molte altre persone, tra le quali

Carlo Poerio, Luigi Settembrini, Filippo Agresti, il

prete Francesco Barilla, Antonio Leipnecher, e

Dono, Fran-

della provincia di Salerno, Vincenzo

cesco Antonetti e Michele Pironti.

Ingiusta ed iniqua era l'accusa contro del tutto

dopo

il

Poerio,

estraneo a la setta e tenutosi sempre,

l'atto

sovrano del 29 gennaio, nella maggiore

correttezza costituzionale. Si volle ad ogni costo

comprenderlo nel processo per colpire alta

della

parte

dente di polizia

liberale

noto come

chiarò che, avendo chiesto

la figura

napoletana. falso al

Un

piĂš

confi-

testimone di-

Poerio

di

essere

Faucitano fu legato sopra una sedia e gli si doveva essere fucilato. Rimase parecchi giorni a pane ed acqua e senza letto in un orrido (1) Il

fece credere clie

criminale.


.

85 ascritto a la setta, egli lo

L'Agresti,

parte di

mandò

Settembrini ed

il

anzi

essa

ne

il

erano

dal Nisco

(1).

Barilla facevano

successiva-

stati

mente a capo. L'Antonetti, giovane di 25 anni, nativo di Nocera dei Pagani, era venuto da poco tempo in Napoli per trovare un impiego e si era intanto occupato come commesso presso uno spedizioniere. Il Leipnecher, divenuto famoso per gli avvenimenti del Cilento nel gennaio, venne arrestato da l'ispettore Giovenale nella

propria casa

Capuano, n. 10. Il Dono, nato in Tegiano (provincia di Salerno) il 5 febbraio 1805, era una antica conoal vico Sedile

scenza della polizia. Studiava, verso

minario del suo paese quando

il

1820, nel se-

governo lo espulse perchè si era ascritto ad una vendita carbonica (2). Uscito di seminario coadiuvò abilmente il

il fratello. Benedetto, in una farmacia di Tegiano molto accreditata (3). Compromesso nei moti

del Cilento

del

tempo finche retto (4)

(1)

si

1828,

tenne nascosto qualche

si

un manifesto di Del Carvenne mandato a giudizio

fidente in

presentò, e

Conclusioni del procuratore generale Filippo

gelino innanzi

Gran Corte

la

cembre del 1850, pag. 48. (2) Castromediano, opera informazioni di polizia

condotta politica

si

speciale di Napoli

citata, voi. 1°, pag. 348.

legge

«

(4)

espulso

Nelle per cattiva

»

Debbo alcune di queste notizie dottor Gaetano D'Elia, conterraneo (3)

al

mio egregio amico

del Dono.

Del maresciallo Del Carretto mandato dal

sedare la rivolta.

An-

nel di-

re a


86

Commissione suprema

innanzi la

10 assolse. Si

resse

la

nuovo

la

spiratori.

allora

stabili

Stato, che

di

Napoli

in

farmacia reale a Foria

e vi

di-

Ponte-

presso

quale divenne ritrovo dei più arditi co-

Durante

dimora

lunga

sua

la

capitale dette molte preoccupazioni e noie a

nella i

com-

missarii di polizia del quartiere essendosi più oc-

cupato di conferire con

Nei

di disbrigare ricette.

figurava

come

"

malintemionatA anziché

commissariato

antico e tenace cospiratore, sedi-

zioso, invecchiato in 11

i

registri del

ogni maniera di fellonia

bollente ed irrequieto farmacista, a

delle fucilazioni

avvenute in Calabria per

del 1847, fu preso con alcuni

impeto di ira e desiderio

tale

appostò

31

con

ottobre

essi

per

strada

quella

su

la

uccidere

recarsi

un compagno vennero

a

via il

suoi di

re

arrestati;

i

moti

compagni da

vendetta che

della

Portici.

„ (1).

la notizia

Marinella

si il

che doveva per

Denunciati

ma

da

pochi mesi

dopo, la costituzione del 29 gennaio e l'amnistia

liberavano

li

(2).

Accusato nel

1849

preso parte a l'espulsione dei gesuiti,

un

si

di

aver

trovò ad

tratto su le spalle l'accusa più grave, d'avere

tentato nel dicembre precedente, per incarico della setta

(1)

lizia

deW Unità

italiana, di subornare alcuni sol-

Processo per la setta àelV Unità italiana. La poi liberali malintenzionati, cioè gente di

chiamava

cattive intenzioni. (2)

Castromediano,

pag. 82.

ivi,

pag. 349. - Nisco, oliera citata,


87

dati

La lunga

(1).

carcerazione

lo

rovinò: egli

aveva allora assunto per otto anni la fornitura, abbastanza lucrosa, dei medicinali nelle prigioni di S. Francesco in Napoli ed unicamente da questa industria traeva i mezzi di sostentamento per sé e la sua famiglia. II.

setta

Michele Pironti, parimenti arrestato per delVUnità^ apparteneva

ad

antica

e

la

civile

famiglia di Montoro, perseguitata per causa politica fin

dal

1799. Egli

era

della costituzione del 1848, scritto (2),

stato,

un fervido propugnatore

rappresentativi.

A

anche prima

come ho detto

in altro

degli ordini

l'improvvisa notizia

dell'atto

sovrano del 29 gennaio aveva capitanato in Sa-

ove esercitava

lerno,

la

professione

forense,

una

grande dimostrazione, nella quale venne leggermente ferito al volto. Stabilitosi in Napoli vi trasferi il suo studio di avvocato e vi scrisse il giornale V Indipendente. Eletto deputato della provincia di Salerno aveva con i suoi colleghi il 15 maggio cercato invano di indurre il popolo a disfare le barri-

cate.

Nominato giudice

Santa Maria, lorché

si

nersi con

di Grran Corte criminale a

egli era tutto intento al suo ufficio al-

accorse nel venire in Napoli, per intratte-

un giovinetto suo

dinato da la polizia.

Un

fratello, di essére pe-

giovane salernitano, che in

quella dimostrazione avea portato la bandiera tricolore,

corrotto

dal

governo denunciò ingiusta-

(1)

Conclusioni accennate dell'Angelino.

(2)

Carducci, voi.

lo.


mente

il

Pironti, clie

pochi giorni

dopo un de-

creto del 24 ottobre 1848 tolse di ufficio. III. Il Pironti ritornato in

l'esercizio forense e

Napoli aveva ripreso

proponeva anche di dar

si

zioni di diritto costituzionale. sto

1849

A

famoso commissario Campagna pe-

il

homo

netrò nella casa di lui al vico Ecce

donna

dell'Arco N.

casa. Si il

arrestò

lo

9,

27 marzo

e perquisì

da Filippo Patella,

1849

capi dei moti cilentani, e diversi si

accennava a

bile parola fece

ritenere

uno dei cui una

Campagna

La

terri-

di

avere

scoperto un gravissimo documento mentre

tava di

un brano

accennando a

di lezione

la

Roma

scritti, tra

la repubblica. al

Ma-

a la

rinvenne una lettera direttagli da

pagina ove

le-

l'alba del 3 ago-

in cui

il

si trat-

Pironti,

forme di governo, parlava

le varie

necessariamente anche della repubblica. L'arrestato venne subito

tura di polizia.

Lo

posero

condotto a la prefetin

una stanza senza

imposte battuta continuamente dal sole e vi stette quattordici giorni, dopo

17 agosto passò a

le

rente e vi rimase fino della notte

l'ispettore

a Castel dell'Uovo.

"

i

quali fu interrogato. Il

Maria Appa24 settembre. A le 2

carceri di S.

Ivi

al

Moscati lo fece tradurre „,

narra

il

Pironti nel suo

una prigione orrenda, senza letto, senza sedie, e solo un secchio d'acqua, un cesso ed una lucerna, dove la muffa ed il puzzo di una prossima latrina contendevano l'angusto costituto (1)

(1)

" fui

cacciato in

Processo àoiV Unità italiana.


89

spazio

muda

quella

di

scarso

allo

aere che

ci

penetrava attraverso un vano angustissimo, pradici

sulla

mastio

nel

ticato

nuda

da

triplice grata. Ivi giacqui

selce la notte;

scrivere

di

richiesi

rocca spessa quasi do-

della

passi e sbarrato

di appresso

il

mio desolato

al

invano

fratello; era

venuto ed era stato scacciato dagli svizzeri con la

baionetta alle reni! Passò quel giorno e la se-

guente notte fra angoscie crudeli.

venne a radermi

galeotto

Ebbi

il

terzo di

letto,

il

ma mi

si

un

IV. In citano,

meno

capelli.

un mese prima

fratello! „

mesi da l'attentato del Fau-

di tre

con sollecitudine molto rara nei giudizi

criminali di allora, cesso, che prese l''

i

cinque di prima di aver

libro,

nuove del mio povero

domani un

interdisse quanto

era più necessario alla vita. Passò di poter avere

Il

barba ed

la

il

si

espletò Fistruzione del pro-

nome

di processo della setta del-

Unità italiana. Aiferma

volle che

il

Nisco che proprio

il

re

prima questa causa politica (1). Il tentativo di turbare la grande solennità della benedizione papale da la reggia napoletana aveva destato vivo clamore in tutto il regno ed a l'estero e Ferdinando II intese di mosi

trattasse per

strare che al sacrilego

misfatto

seguiva pronta-

Il De Sivo attribuisce precedenza di questo processo, rispetto a gli altri, specialmente a quello per gli avvenimenti

mente una severa condanna. la

del 15 maggio, al fatto che

ci)

Opera

citata,

pag. 285.

questo

ultimo

pro-


90 cesso, colossale per

che

putati

il

numero ingente

naturalmente piĂš lunga istruzione

(1).

15 dicembre dello stesso anno

Il

degli im-

ascesero a trecento ventisei, richiese

il

procuratore

generale della Gran Corte speciale di Napoli, Filippo Angelillo, accusava di cospirazione settaria

quarantadue persone tutte detenute. Deboli, anzi frivoli indizi gravavano sul Pironti secondo lo stesso atto di accusa. Consistevano principalmente nella deposizione di alcuni testi i quali avevano riferito

un

tale

che

il

d'uno dei capi della setta, D'Ambrosio, era in rapporti

fratello

Pasquale

con Antonio l'imputato.

Un

Pasquale Pironti congiunti delconfidente di polizia aveva inoltre

e

affermato che quest'ultimo sultava invece

parte a

che

in

l'udienza della

il

mene

era recato a Salerno per

sette settembre, si settarie

mentre

ri-

quel giorno aveva preso

Gran Corte criminale

in

Santa Maria. Il

Pironti,

nel

suo

costituto

(2),

respingeva

l'accusa manifestando le proprie idee con queste fiere parole

"

Mi

professo amico caldissimo delle

ed oneste libertĂ . Ho desiderata la civile eguaglianza dei dritti innanzi la legge, ho parteggiato apertamente per le opinioni politiche che il sincere

29 gennaio 1848 furono suprema costituzione dello Stato e che la MaestĂ del Re giurava nell'invocato nome di Dio e dalle quali hanno titolo gli ordini del governo e guarentigie tutti

(1)

Opera

(2)

Processo indicato, voi.

citata, pag. 376.

43.

i

cittadini.


ilo

MICHELE PIRONTI



.

91

Queste mie opinioni, che mi rendevano inviso e sospetto alla vecchia polizia, divenute per lo Sta-

ho sostenuto e sostengo con il tranquillo convincimento del vero, con l'invariabilità di un santo proposito. Però ad attuarle, non cospirai, non congiurai fra le tenebre di una sotta qualsiasi, non antivenni la maturità dei tempi che doveva addurle, e contuto

dritto pubblico

il

nell'indeviabilità

fidai

del regno

dell'umana ragione, nello

sviluppo dei bisogni sociali, che ne mostrerebbe la necessità, nella

provvidenza del principe che

le

avrebbe riconosciute e proclamate. Fui nominato giudice

il

3 maggio 1848, fui deputato

cessivo. Cercai

di

15 maggio. Ricusai poi

accettai.

far

rimuovere

dopo

l'ufficio

Disapprovai

il

le

15 suc-

16 maggio,

rivolture

le

il

barricate

il

ma

calabresi.

Con decreto del 24 ottobre 1848 fui ritirato da la mi stabilii a Napoli Lo scritto del Pironti, che meriterebbe di es-

carica e

,

sere riprodotto integralmente, narra quindi

i

primi

sospetti della polizia, la perquisizione subita, l'arresto, le accuse rivoltegli,

una con forma ed

che confuta ad una ad

scultoria e con dialettica stringente

irresistibile.

V.

mento

Prima gli

dell'apertura del

pubblico

dibatti-

imputati vennero trasferiti nelle carceri

giudiziarie della Vicaria. In un'oscura stanza furono rinchiusi undici di essi, tra cui ronti,

vicini

Dono

il

Poerio,

il

Pi-

avevano giacigli cosi che ciascuno doveva per andare sul proprio

il

;

i

prigionieri

passare, brancolando, su quelli degli

altri.

ferriata erano appese quattro

di

teste

A

l'in-

briganti;


92

ad uno dei

lati della

stanza un cesso

tanto puzzo da asfissiare tenuti

si

dolsero con

gelino temendo per tifo carcerario,

ma

rispose ad esse:

il i

(1).

Le

emanava

famiglie dei de-

procuratore generale An-

loro cari

una infezione

di

l'altezzoso procuratore generale "

Non

temete, signore, la com-

missione dei medici delle carceri, ed ecco

il

porto del dott. Serapione Sacco, assicura che

dore ammoniacale

potrà

essere ingrato,

pregiudizievole alla salute

rapl'o-

ma non

(2).

Gli imputati dichiararono di ricusare

il

Navarra,

presidente e commissario della causa, poiché tra

accuse v'era anche quella di cospirazione contro

le

ma

la vita di lui,

manda

e la Corte

Durante di

la Grran

Corte respinse la di-

Suprema confermò

processo la polizia spiccava mandato

cattura

contro due degli avvocati difensori,

Giacomo Tofano, che fu

arrestato, e

Filippo che riusci a fuggire.

un

la decisione.

il

A

le

Gennaro De

rimostranze di

loro collega, l'insigne avvocato Marini Serra,

contro simili eccessi,

il direttore di polizia Peccheneda rispondeva che " l'ordine di arresto gli era venuto direttamente dalla segreteria partico-

lare del re

(3).

VI. Durante

il

dibattimento, verso la

Ine del

maggio 1850, cadde infermo uno degli imputati, Antonio Leipnecher. Ben presto la febbre si elevò ed il malato dovette essere condotto a l'ospedale di

(1-2) Trascrivo quasi a parola la descrizione del Nisco,

opera

citata, pag. 291.

(3)

Nisco, pag. 292.


93

A

S. Francesco.

egli

non potette

l'udienza del 4 giugno successivo intervenire. Osservato, per ordine

non solo da i medici dell'ospedale, anche da due primarii della capitale, 1 dotVulpes e Manfredi, fu dichiarato infermo di

del presidente,

ma tori

febbre gastro- reumatica in guisa da non poter lasciare

H

letto.

il

qualche giorno l'ospedale,

il

presidente sospese le udienze per (1).

dell' 8

rapporto

Mentre

commissario

gemeva

nel-

polizia Casillo,

con

l'infelice

di

giugno, insinuava nell'animo del

Peccheneda che gli imputati per prolungare il giudizio avevano stabilito di fìngersi infermi e che i medici per pietà avevano riferita vera la malattia del Leipnecher (2). Narra il Nisco che il Peccheneda ordinò, con il

consenso del presidente Navarra,

malato nella sala d'udienza.

il

trasporto del

Ad onore del

vero biso-

gna aggiungere però che il Navarra lo sottopose ad un'altra visita da parte del medico delle carceri Serapione Sacco. Questi dichiarò che

senza febhre

davanti a

(3)

e che poteva

la Corte,

purché

qualche ristorativo e non gli

domanda

il

detenuto èra

essere trasportato

gli si fosse apprestato si

fosse rivolta alcuna

(4).

Archivio di Napoli, fascio 133, processo della setta Unità italiana.

(1)

dell'

(2) Il

Nisco trascrive

la

relazione del Casillo,

opera

citata, pag. 294. (3)

Lo

dice successivamente lo stesso Nisco, pag. 295.

Massari nel suo

libro II sig. Gladstone ed il governo napoletatio, a pag. 167, dice: «il presidente Navarra informò i medici addetti a le prigioni che le loro (4)

Il


.

94

In seguito a questo nuovo parere,

venne Corte.

la

A

il Leipnecher mattina del 17 giugno trasportato a la

la

sorella

consanguinea Costanza De amorevolmente lo accom-

Cusatis, che piangendo,

pagnava, egli disse:

Non

"

piangere sorella mia:

presto finiranno le mie pene che sono state lunghe e strazianti

compagni

:

di

per te provvederanno di aiuto fede

(1).

Comparve

il

miei

misero a

il

l'udienza tremante e sfinito, destando

compagni

i

tra

i

suoi

e nell'uditorio profonda pietà. Lettogli

suo interrogatorio, dichiarò che, avendo

la feb-

aveva compreso e che nell'ospedale non era avuta di lui la più piccola cura (2). Il pro-

bre, nulla si

curatore si

generale, a smentire l'imputato, chiese

leggesse la relazione dell'ultima visita medica,

da cui risultava che l'infermo poteva intervenire a

le

udienze con

novellamente del

il

Leipnecher

le

opportune cautele. Sorsero

Poerio,

avv.

il

Pironti ed

Castriota

coscienze dovevano trovare

e

i

difensori

Marini

Serra

i mezzi di certificare che Leipnecher aveva possibilità di assistere al dibattimento. La mattina seguente io stavo al tribunale con un amico ed ivi incontrammo uno dei medici, col quale quel mio amico era legato d'amicizia. Incominciò a parlare di Leipnecher e disse che, quantunque costui fosse pericolosamente infermo, la propria posizione però era tale da non poter certificare con sicurezza l'impossibilità, in cui era il Leipnecher d'intervenire a l'udienza » (1) Narrazione di lei in una istanza che molti anni dopo, il 26 ottobre 1890, rivolgeva al ministro Crispi (Incartamento di lei presso la Commissione per i danneggiati politici napoletani, Ministero dell'interno). (2) Processo detto, fascio 133.


95

chiedendo una novella

visita

dei

sanitari, e la

Corte aderì. Procedutosi immediatamente ad essa i

medici constatarono die l'infermo era travagliato

da febbre molto elevata e non poteva assistere a " Ma la discussione. Allora l'Angelillo esclamò rimputato è già qui, potrebbe ben rimanervi! „ Replicarono i medici che il Leipnecher restando in udienza avrebbe corso rischio di morire. La :

Corte allora sospese l'udienza.

La

aggravava rapidamente, del 22 giugno l'infelice cadde in profondo letargo e dopo breve agonia spirò a le ore 8 V2 tra le braccia dell'amorosa sorella (1). A l'annunzio della morte dato in pubblica udienza il Pironti esclamò " della morte malattia intanto

per

rivelandosi

di

Leipnecher farà

degli oppressi

„.

Il

e sdegnato cipiglio

dichiarò:

"

Il

si

La mattina

tifo.

giustizia

presidente

impose

nome

di

Iddio

vendicatore

Na varrà con

silenzio

al

fiero

Pironti e

Antonio Leipnecher è

cancellato dall'elenco degli imputati

(2).

Processo indicato, fascio 133. Narra lo Spaventa IIB) die la povera donna visitava di frequente lui e gli altri detenuti nell'ergastolo. Essa sposò poi un tale Ferdinando Perrone. Un decreto di Garibaldi del 26 ottobre 1860 le concesse una lieve pensione e poi un modesto impiego come direttrice a S, Francesco di Sales. Morì in Napoli a 85 anni il l» maggio 1901 nella sua casa di abitazione posta alla via del Duomo, n. 147, lasciando tre figlie, Ida, Gilda ed Emanuelita. (Notizie desunte da gli atti della Commissione dei danneggiati politici napoletani}. (2) Processo indicato. (1)

{Lettere e documenti^ pag.


96

Vn. Comparvero davanti

a la G-ran Corte in

questo processo, come negli

altri successivi, quali

testimoni, molti confidenti di polizia. L'accusa di

luminosamente provata più che da le dichiarazioni dei testimoni, da i documenti sequestrati. Lo stesso Nisco confessa la formazione della setta e la parte che egli vi prese con il Settembrini e con l'Agresti. Provata del pari la colpabilità del Faucitano sorpreso quasi in flagrante pochi minuti dopo l'esplosione della piccola bomba. Nelle udienze del 4, 6 e 7 dicembre 1850 il procuratore generale pronunciò la sua requisitoria conchiudendo per la condanna a la pena di morte del Nisco, dell'Agresti, del Settembrini, setta risultò

del Barilla, del Pironti e del Faucitano; a trenta

anni di

ferri

Dono

del Poerio, a diciannove del

e dell' Antonetti. "

"

Dopo questa requisitoria

noi richiesti di morte

e più ristretti; rilla

il

scrive

fummo

il

Settembrini,

separati da gli altri

Nisco perchè ammalato ed

il

Ba-

perchè prete stettero nell'ospedale di S. Fran-

cesco noi quattro che eravamo nella Vicaria, ;

tratti dalla carcere dei nobili e

passammo

Provvisorio, dove sono

del popolo in luogo detto

il

molte stanze

fummo

segrete, e

stanze dette Lo Sperone e

fummo

in quella

allogati

in

due

Marco Perrone, dataci uno stretto corridoio

la facoltà di passeggiare in

e bere

un

po' d'aria

fondo di esso

(1)

da un'alta finestra che

„ (1).

Settembrini, Bicordanze^ voi.

2».

è in


97

Splendide furono

ed occuparono parec-

le difese

chie udienze. Finalmente, chiuso

il

pomeriggio del 31 gennaio 1851,

dibattimento nel i

giudici

si

radu-

narono in camera di consiglio. Durante le lunghe ore di attesa i detenuti conversavano tranquillamente, anzi scherzavano.

mente

si

quale

egli

Il

Settembrini special-

dilettava a contraddire "

dice:

uomo

il

Pironti,

del

carissimo, di bello inge-

gno, di molte e varie cognizioni, di cuore ottimo, di

costumi candidi, di fede rara nelle

Io non seguitai a scherzare secondo

il

amicizie.

solito, conti-

nua il Settembrini, perchè pensai che questo diletto amico ignorava un'altra sua sventura, la morte di un suo fratello sostegno e speranza della famiglia.

Andammo

dormimmo placidamente

a letto e

La mattina

del

l**

di precedente.

La Corte condannava

tenza resa

il

a morte

Faucitano, l'Agresti ed

il

a l'ergastolo di ferri

il

il

Barilla ed

Nisco ed

il

„ (1).

febbraio venne letta la sen-

il

il

Settembrini,

Mazza, a trenta anni

Margherita, a venticinque anni

Lorenzo Velucci e Cesare ed il il Poerio, il Pironti, Romeo, a venti Achille Vallo, a diciannove Francesco Nardi, Francesco Cocozza, Giuseppe Caprio, Vincenzo Dono, Salvatore Colombo, Gaetano Errichiello, Giovanni De Simone e Francesco Antonetti, a sei anni di relegazione Antonio Miele e Raf-

Francesco

Catalano,

Braico, a ventiquattro

faele

Crispino.

Concesse

la libertĂ

provvisoria a

parecchi imputati, tra cui Michele Persico, che nel

(1)

Settembrini, 7

ivi.


98

dicembre del 1848 era andato in

per inca-

Sicilia

rico del Poerio, ad assicurarsi degli intendimenti

del Comitato di Il

Palermo per l'insurrezione

Nisco ha raccontate

subirono

i

(1).

di angoscia

le ore

condannati a l'estremo supplizio

che

(2),

e

ha meravigliosamente descritte il Settembrini nelle Ricordanze (3). Mentre essi stavano in cap-

le

pella, e vi restarono tre giorni, si

raccolsero

le

famiglie loro

casa di Vincenzo

nella

la più vicina a la Vicaria per avere

Dono come

con maggior

sollecitudine notizie e per cooperare in la grazia della vita per

del Dono, di

nome

loro diletti.

i

Cecilia, fu

comune a La moglie

oltremodo affettuosa

verso quelle sventurate famiglie,

come

attesta

il

Settembrini in una commovente narrazione pubRicordanze, sotto

blicata nelle di

mia moglie

ribili

La

(4).

ansie per

vita

la

il

titolo

Racconto

Settembrini, che era in terdel

marito, fu avvisata

della grazia da una lettera del Pironti, che è ferita nelle

Come naio,

Ricordanze

è noto,

il

re con

aveva disposto,

sione, che,

essendovi

eseguisse la metà.

Il

ri-

(5).

un

rescritto del

21 gen-

dieci giorni innanzi la deci-

condanne di morte,

se

ne

procuratore generale comunicò

questo rescritto a la Corte soltanto dopo la decisione.

La

(1) Il (2)

Corte,

Carducci,

non potendo eseguire esattamente

ecc., voi. lo,

(4)

Settembrini, ivi, voi. Opera citata, pag. 57.

(6)

Voi. 2°, pag. 67.

(3)

pag. 56,

Nisco, opera citata, pag. 298. 2o,

pag. 21 e seguenti.


99 il

comando sovrano, perchè

condannati a morte

i

erano cinque, cioè in numero dispari, ordinò che per un

la sentenza.

Ma

il

istrumento

cieco

per

solo, cioè

Faucitano,

il

che riteneva

re,

mani

nelle

di

eseguisse

si

Faucitano un

il

non

altri,

che questi solo andasse a morte e

gli

volle

concesse

la grazia (1).

giorno stesso, 4 febbraio, i condannati usciti

Il

dal carcere vennero legati a coppie ed Il

tati. il

Settembrini era legato con Filippo Agresti,

Poerio con Michele Pironti

una

ammanet-

(2).

Passando, tra

folta scorta di sbirri per la popolosa via del

Mercato andarono a di questa, rasi loro

i

Darsena. Su

la

capelli,

la

banchina

furono vestiti con cal-

zoni di pelo d'asino e giacca rossa ed incatenati. Spinti poi in una barcaccia da carboni, vennero da questa condotti sul piroscafo il Nettuno in una stanza a prua ove erano, scrive il Settembrini (3), " stivati come negri „. Colà passarono la notte get-

pavimento.

tati a la rinfusa sul

La a

mattina del 5

l'isola di Nisida,

separò care,

ove

condannati a

i

da

i

piroscafo

il

condannati

i

a

vita

stolo di S. Stefano. Scesero

Poerio, il

il

Pironti,

il

(1) Il 2»,

da

destinati a l'ergala

nave quindi il il Dono,

Caprio, l'Antonetti,

Braico, l'Errichiello,

lume

giunse dinanzi

comandante del legno ferri, che dovevano sbar-

il

il

Romeo,

il

Vallo,

il

Nardi,

Settembrini aggiunge per stizza {Ricordanze, vopag. 48).

(2 e 3) Ivi, pag. 51.


100 il

ed

il De Simone, il Colombo, il Velacci Margherita condannati a i ferri (1). La separazione dopo tanti mesi di ansie e di vita

Cocozza, il

comune fu

assai dolorosa. Il Settembrini abbracciò

aifettuosamente leva staccarsi da scritta

il

Poerio ed

lui.

Il

12 febbraio da

il

il

Pironti, che

non vo-

Settembrini in una lettera S.

Stefano

al Pironti, dice:

Quando ci dividemmo sul vapore io diedi un bacio a te, un altro a Carlo e poi mi allontanai. Tu mi chia"

masti ed chele, io

io ti

ti

di questo cuore

meno

viene

con

i

fuggii. Si, o

la

ardente, che

guai a

ragione

Il

me

Pironti

se

mi

sbarcò

nome

suo e di essi

al

Settem-

I condannati a vita restarono sul Nettuno

(3).

la sera,

„ (2).

compagni a Nisida, ove fu suo primo

suoi

pensiero scrivere a brini

mio dolcissimo Mi-

fuggii per essere padrone del mio cuore,

non potendo a causa del mare fortemente

agitato proseguire per S. Stefano.

mato alquanto

il

mare,

il

La

piroscafo

notte,

cal-

continuò la

sua rotta ed a l'alba successiva approdò a S. Stefano,

ove

l'Agresti,

(1) Ivi,

(2-3)

discesero il

il

Barilla ed

Faucitano, il

il

Mazza.

pag. 52.

Settembrini,

Epif<tólario, pag. 4.

Settembrini,


CAPITOLO Il

giudizio per

i

fatti

V.

del

15

maggio.

gli avveSommario. I. L'istruzione del processo per nimenti del 15 maggio - Numero rilevante degli imputati - Molteplici sentenze preparatorie - Arresto di Giovanni Avossa - Sua detenzione nel Castel Sant'Elmo - Sua infermità - Accusa contro Domenico Giannattasio - Suo arresto - Sue ansie per la malattia della madre - Importanti decisioni della Gran Corte speII. I quaranciale su la voluminosa istruttoria

tasei imputati

speciale

-

I

rinviati al giudizio della fratelli

Palumbo

-

corso degli imputati a la Corte

I

Gran Corte

due Leanza - Ri-

Suprema

di giustizia

Rigetto del ricorso - Ripresa della causa - Le false testimonianze - Conclusioni del procuratore generale -

- Gravi condanne pronunziate da la Corte - Lettera di Luigi Leanza a la moglie durante la redazione della sentenza - Il decreto di grazia della vita - Invio dei condannati a vita a l'ergastolo di S. Stefano e dei condannati a tempo al bagno di Precida III. Altri settantaquattro imputati in attesa di giudizio - Proteste della stampa straniera - Rescritto sovrano che abolisce per essi l'azione penale riguardo a i fatti del 15 maggio - Rinvio di alcuni imputati a le Corti spe-

ciali

-

delle

proprie

Condanna

provincie - Decisioni

della

Gran

Morese e di Matteo Sica Influenti raccomandazioni pel Morese - Il re gli

Corte

-

di Raffaele

concede la grazia IV. Il prosieguo di istruzione per altri imputati - Liberazione di molti di essi -


102 dell' Avossa

Rinvio

V. Gli imputati della polizia a lo

innanzi la

Gran Corte

del Pisanelli, del Conforti e di altri -

De Dominicis

speciale

contumaci - Rigorosa sorveglianza scalo marittimo - Fuga del Mancini,

Fuga

di Ulisse

a Malta - Travestimento e fuga del ba-

VI. Giudizio a carico dei contumaci rone Mazziotti - Feroce requisitoria del pubblico ministero - Ventidue condanne di morte in contumacia.

I.

L'istruzione del grandioso

avvenimenti del 15 maggio

mente

processo per

numero

solo

il

di

conflitto

nata nella capitale,

ottantaquattro.

avvenuto

ma

Comprendeva

nella triste gior-

altresì le agitazioni sorte

allora nelle provincie. Gli imputati,

da

gli

trascinava lenta-

tra continue sentenze preparatorie, che giun-

sero al

non

si

come

si

scorge

l'atto di accusa del procuratore generale presso

Angemaggior parte

la G-ran Corte criminale di Napoli, Filippo liUo, ascesero a trecentoventisei, la

latitanti

tra

cui

od a l'estero, solo ottantaquattro detenuti, ex deputati salernitani Giovanni i due

Avossa e Domenico Giannattasio. L' Avossa non poteva mai immaginare di esser coinvolto nel processo, egli che aveva scongiurato la partenza delle guardie nazionali da Salerno per la capitale a difesa del Parlamento (1). Mentre attendeva serenamente nella sua città nativa a l'esercizio professionale gli sbirri lo arrestarono

il

24 settembre del 1849 e

lo

condus-

sero subito in Napoli nelle carceri giudiziarie di

(1)

L'ho narrato nel mio lavoro sul Carducci,

voi. l».


(V

/d^-

^.

GIOVANNI D'AVASSA (da

un ritratto fattogli nel carcere in Napoli)



103 S.

Francesco, nelle quali trovò

i

suoi ex colleghi

Silvio Spaventa, Pier Silvestro Leopardi,

mar-

il

chese Luigi Dragonetti, Giuseppe Pica e Saverio Barbarisi

(1).

Un

ordine improvviso del governo

una sera, trasferire tutti nel carcere del Sant'Elmo (2). Le stanze in cui vennero chiusi i detenuti, erano poste sopra alcune cisterne da le quali saliva l'umido macchiando orribilmente le pareti. Le porte mal connesse, le finestre senza vetri esponevano i prigionieri a impetuose e continue cor-

li

fece,

Castello

renti d'aria, sicché parecchi di essi, tra cui

ammalarono

e l'Avossa,

si

l'infermeria

(3).

Il

il

Pica

e dovettero andare a

d'Avossa trasportato colà vi

si

trovò molto male, e chiese di ritornare a S. Francesco ovvero di andare nelle carceri di S. Maria

Apparente

il barone G. B. ex deputato della provincia di Salerno, Antonio Scialoia, Giacomo Tofano, ex direttore di polizia durante il periodo costituzio-

(4),

nelle quali erano

Bottiglieri, del pari

Giacomo Racioppi, il valoroso scrittore (5). Domenico Giannattasio, uomo di idee liberali,

nale, e

ma

assai

stretta

(1)

temperate e sopra tutto devoto a

legalità,

Spavekta, Lettere

la più

indegnamente accusato

era

e

di

documenti. Lettera a Giuseppe

Massari, pag. 63. (2) (3)

(4) (5)

Settembrini, Ricordanze^ voi. 2o, pag. 34. Leopardi, Narrazioni storiche, pag. 423. Archivio di Napoli, fascio 83, voi. 33. Cari-o De Cesare, Antonio Scialoia.

era stato arrestato

il

26 settembre 1849,

Lo

Scialoia


104

avere indotto cate.

il

popolo

Per questa

stolta,

il

15 maggio a

le barri-

bugiarda imputazione la

polizia lo trasse in arresto

il

2 ottobre del 1849,

d'Avossa nel carcere Francesco, strappandolo al letto della ma-

e lo rinciiiuse insieme con di S.

il

dre che giaceva gravemente inferma in Salerno. Il

pensiero del Griannattasio, nelle lunghe ore di

silenzio del carcere, correva a la

cui

mancava

Più volte

letto.

povera inferma,

Taffettuosa assistenza del figlio diegli

chiese

un breve permesso

per recarsi nella sua città nativa: riusci vana.

Non

valsero

che personalmente

il

neanche

vescovo della

ogni istanza le

preghiere

Monsi-

città.

gnor Marino, amico ed estimatore del dotto avvocato (1), rivolse al re, quando questi, insieme con

pontefice, visitò Salerno. Solo con decisione

il

del 1°

giugno 1851

il

Giannattasio ottenne di uscire

dal carcere assoggettandosi parò al mandaio di

residenza e ad una cauzione di

Due

lire mille.

importanti decisioni della

Gran Corte

cri-

minale di Napoli, del 7 giugno e 16 laglio 1851, provvedendo su la lunga e farraginosa istruttoria dell'enorme processo, assolsero un buon di imputati

(2),

rinviarono

G-ran Corte speciale di Napoli nuti, riservarono di

(1) (2)

forti,

numero

a giudizio innanzi la

quarantasei dete-

provvedere dopo tale giudizio

Ministero giustizia, fascio 6366. Incart. 155.

Tra essi, della provincia di Salerno, Salvatore ConCamillo Alemagna, Michele Sorgente ed i fratelli

Alfonso, Raffaele e G-iuseppe Sica.

La Corte

dispose per

costoro la conservazione degli atti in archivio.


105

per

altri

un prosieguo

quarantasei, disposero

di

istruzione per altri e l'inizio del procedimento in

contumacia per

Tra

II.

compresi

gli i

i

gli

imputati assenti.

erano

a giudizio

caputati inviati

detenuti Silvio Spaventa, l'arcidiacono

Cagnazzi, Saverio Barbarisi, Michele Viscusi, fa-

moso per il suo spirito burlesco, Antonio e Pasquale Cimmino fu Pietro di Amalfi, Andrea Curche aveva subito nel carcere

zio,

la

pena delle

come ho precedentemente narrato, giovani Girolamo e Luigi Palumbo di S.

gnate,

le-

due

i

Grio-

vanni a Piro, che avevano preso parte al condel 15 maggio ed erano stati arrestati nel-

flitto

l'aprile del

1849 in una cantina sottoposta a la Francesco De Stefano di Sanza,

bottega,

loro

Pasquale Conforti di Calvanico, Luigi ed Emanuele Leanza di S. Giovanni a Piro, zio e nipote.

La

casa di questi ultimi, da la quale

si

era fatto

maggio un incessante fuoco di regi, era stata saccheggiata da i

nel conflitto del 15 fucileria contro soldati,

i

che uccisero in

persone e ferirono la

quella

figlia di

palazzina cinque

Luigi Leanza, gio-

vinetta di quindici anni. Tutta la famiglia

Leanza

era fuggita nascondendosi in casa di parenti e di

ma

amici, scito

il

stare

i

il

famoso ispettore Caiapagna era

riu-

18 marzo 1849 a sorprendere e ad arredue Leanza.

I rinviati a giudizio predassero contro la sen-

tenza di rinvio giustizia,

17

ricorso

a la

Corte

Suprema

sostenendo che un rescritto

reale

maggio 1848 aveva completamente

l'azione penale per

gli

avvenimenti del

di

del

abolita

giorno


106

quindici precedente.

Grli

Camera

fatto parte della

avevano

imputati, clie

elettiva, assunsero

di

non poter zione,

dei

essere sottoposti, secondo la costituad altro giudizio che a quello della Camera

pari

La Corte Suprema

(1).

tenne inesistente il

il

di

giustizia ri-

rescritto invocato,

venuto meno

carattere di deputato con lo scioglimento della

Camera

elettiva, e quindi,

sto 1851, respinse

Ripresa

il

con decisione del 27 ago-

ricorso.

la trattazione della

Gran Corte

speciale,

causa innanzi a la

comparvero a carico dei giu-

dicabili gli stessi testimoni dell'altro processo

per

deW Unità italiana. Sfilarono vergognosamente innanzi al magistrato confidenti di poli-

la setta

zia noti al pubblico, delatori di professione, gente

corrotta e venduta che spudoratamente mentiva,

perchè ninno degli imputati aveva promosso le barricate e pochi soltanto di essi avevano preso parte al

conflitto.

Uno

scrittore

borbonico, che

pur qualche volta dice onestamente il vero, scrisse: " Difficile giudizio, perchè sendo in quel dì funesto (15 maggio) i soli rei padroni delle strade, anche i testimoni erano forse correi e rispondevano ad ingarbugliare la verità: gli innocenti non volevano impicci, erano fuggiti i caporioni ed il

tempo aveva

fatto succedere all'ira la pietà

Per alcuni dei giudicabili le prove lasciavano dubbio di sorta. Cosi per

(1)

Art. 48 della costituzione

reità

non

i

fratelli

Pa-

approvata con atto

vrano del 10 febbraio 1848. (2)

De

Sivo, opera citata, voi.

„ (2).

di

1°,

pag. 337.

so-


107

lumbo ed

i

due Leanza era dimostrato che da Posta avevano tirato molti

la palazzina presso ìa

colpi contro

i

regii

nella giornata

15 mag-

del

Per Francesco De Stefano risultava clie, d'ordine del Carducci, era andato agitando il suo distretto e che poi aveva combattuto contro i sol-

gio.

dati

largo della Carità,

al

era l'accusa a

Ma

falsa

ed iniqua

deputati di aver spinto

i

il

popolo

a le barricate. Nelle udienze del 18, 20 e 21 settembre 1852

il

procuratore generale Angeìillo prendeva la parola e,

la

dopo largo svolgimento dell'accusa, chiedeva pena di morte con il terzo erado di pubblico

il Barbarisi, il Dardano, due Leanza ed i due Palumbo, trent'anni di ferri per Francesco De Stefano, venticinque anni di ferri per Pasquale Cimmino, due anni di prigionia per Giovanni De Stefano. Ei-

esempio, per lo Spaventa,

Giuseppe Pica,

i

spetto al Curzio "

noscere

che

i

vano menomato

il

pubblico ministero dovette rico-

risultati del pubblico il

esame ave-

valore degli elementi raccolti

nel processo scritto, essendo rimasto ignorato e dove egli fu ferito

come

si

il

come

15 maggio, se per caso,

fece ad asserire, o per aver preso parte

al conflitto,

ninno avendolo veduto armato, ninno i faziosi „. Chiese quindi per il Cur-

osservato tra

zio la libertà provvisoria (1).

(1)

É

singolare die nelle conclusioni dell'Angelino ed

anche nella sentenza della Corte non si fa più parola dell'imputato Pasquale Conforti. Dal quadro degli imputati unito

a la sentenza risulterebbe assoluto.


108

Griuseppina Leanza, figlia di Luigi, narrò in al-

cuni suoi appunti, comunicatimi cortesemente da la famiglia

di

lei,

dopo

clie,

la requisitoria

pubblico ministero, suo padre e

del

gli altri giudica-

pena capitale vennero condotti nella stanza denominata exh'a cappella perchè contigua a l'altra in cui si soleva apprestare i conforti religiosi a i condannati a bili

per cui era stata

chiesta

la

morte.

Durante

Gran

la terribile attesa della sentenza della

Corte, che

si

riunì

camera di consiglio

in

il

7 ottobre del 1852,

Luigi

e

coraggioso

che

pagna

di

soldato

Leanza,

avea

il

fatta

vecchio la

cam-

Russia, scrisse a la sventurata moglie

per confortarla, in previsione di una condanna capitale, queste fiere e nobili

certa che

non

si

di viltà, saprò morire

miei

figli la

parole:

"

Sta pur

vedrà sul mio volto alcun segno

da

forte e

non

lascerò ai

vergogna di essere nati da chi non

ha saputo sopportare il martirio per la patria. Possa il mio sangue e quello dei miei compagni fruttare un giorno a questo infelice pa/se quelle concessioni che il principe diede e giurò e :;he una iniqua frazione ha manomesse: possano i ìoro odii spegnersi nel nostro innocente sangue e cessare una volta di desolare queste belle contrade „ (1).

La

mattina seguente, otto ottobre, con grande Corte. si lesse la sentenza della Gran

solennità

(1)

Eiporto integralmente

questo volume.

la lettera

nell'appendice di


109

Essa condannava il Dardano, il Barbarisi, lo Spaventa, i Leanza ed i Palambo a la pena di morte con

il

terzo grado di pubblico esempio; Raffaele

Crispino e Francesco di ferri;

il

Pica,

il

De

Stefano a trenta

anni

Brio!, l'Arcucci a ventisei anni;

Giovanni Di Grazia e Giuseppe La Vecchia a ven-

Amodio a Nicola De Luca e Fran-

ticinque; Antonio Scialoia e Pasquale

nove anni di reclusione; cesco Trincherà ad otto; Giuseppe Avitabile, Giuseppe Barletta, Michele Viscusi, Giovanni Gerino, Mariano Vairo, e Giacomo Sabatino a sei, il Leopardi a l'esilio perpetuo dpJ regno, Giuseppe Piscitelli a tre anni di prigionia, Giovanni De Stefano a due anni. Ordinò la libertà provvisoria per Antonio Cimmino ed Andrea Curzio. Dopo sei giorni da la condanna il re, con decreto del 14 ottobre 1852 sottoscritto a Tiriolo ove allora si trovava in viaggio per le Calabrie, " nella sua innata ed inesauribile clemenza „ (1) fece grazia della vita a tutti i condannati a morte, commutando la pena nell'ergastolo al Dardano, al Barbarisi ed a lo Spaventa, ed in trenta anni di ferri a i Leanza ed a i Palumbo. Commutò le pene inflitte al Briol, a lo Scialoia ed al Gerino nell'esilio, ridusse le pene per l'Arcucci, il De Grazia, ed il La Vecchia, ordinò la libertà assoluta per Cimmino, Francesco Fornaro ed il Curzio, abolendo per essi l'azione penale.

(1)

Parole del decreto pubblicato nel Giornale 20 ottobre 1852.

Sicilie del

delle

Due


110

La mattina

del 21 ottobre

il

Bardano

venta incatenati partirono per l'ergastolo

e lo di

Stefano. Il Barbarisi, gravemente infermo, tette esservi trasportato insieme

pagni di sventura,

con

i

Spa-

Santo

non pocom-

suoi

Franda i suoi cari, senza conforto alcuno di amici, mori il 2 dicembre del 1852 con una serenità d'animo che destò l'ammirazione della parte liberale e turbò profondamente gli avversarli. I Leanza ed i Palumbo e gli altri condannati a tempo vennero lo stesso giorno, 21 ottobre, condotti a la Darsena e di là, stretti con la catena a sedici maglie, andarono ad espiare la pena nel bagno di Precida (1). III. In attesa di giudizio, languivano nel carcere o andavano fuggiaschi settantaquattro altri e restò nel carcere di S.

cesco, ove, lontano

imputati, tra cui

Andrea Fienga, Raffaele Mo-

rose, già capitano della

guardia nazionale a Sa-

periodo costituzionale, i due fraGiovanni Positano nativi di Novi Velia presso Vallo, Achille Mezzacapo, Matteo Giannone figlio di Antonio giustiziato a Salerno il 1823 per reità di Stato, Pasquale Taddeo, Vincenzo Coppola, Giuseppe Pacifico, Matteo Natòlia, Gennaro Ferrara, Federico Della Monica, Carlo Pascarella, Giovanni Negri, Santo Del Mercato, Alessandro Bruccoy, l' avv. Carmine Ruotolo, Gaetano Del Mercato, Matteo De Vicariis, Raflerno durante telli

(1)

Rocco

Nisco, op.

Leanza.

il

e

cit.,

pag. 310 - Appunti di Giuseppina


Ili

faele Rinaldi,

De

il

dott. Griovanni Centola,

Antonio

Maio, Cesare Bassi, Gaetano Ponti, Gerardo

Budetti, Leopoldo Grillo,

maso

F. S. Coppetta,

Tom-

Antonio D'Aiutolo (1). Mentre essi si preparavano a la difesa un improvviso provvedimento cambiò ad un tratto la loro sorte. La stampa estera liberale e quella del Piemonte Calabritto,

specialmente inveiva contro

i

giudizi- politici,

che

si

seguivano

le

numerose e gravi condanne emanate da Si sentiva ormai generalmente

senza tregua

nel

regno, e contro

corti speciali.

stanchezza di

si

dolorosi spettacoli, nei quali ap-

parivano su lo sgabello dei del

paese per altezza di

per carattere. giudicabili

11

le

la

rei gli

linguaggio

commoveva

il

uomini migliori

ingegno,

per coltura,

ardito

e

fiero

dei

pubblico che assisteva

numeroso a

i dibattimenti. Spesso a le udienze intervenivano diplomatici stranieri, massime delle

legazioni di Francia e di Inghilterra, e costoro

non mancavano

di

informare

i

loro

governi di

quella brutta gazzarra di processi e di condanne.

Occulti corrispondenti

di

giornali

stranieri

dif-

fondevano a l'estero le notizie e le commentavano nel modo piĂš ingiurioso per il governo napoletano.

D'Aiutolo, bravo ed onesto patriotta arrestato nel venne poi da la Gran Corte speciale di Salerno con decisione del 30 ottobre 1852 condannato a diciannove (1) Il

1851,

anni di

ferri,

"Un

durante

il

1857.

reale commutò Lo sventurato mori

rescritto

dieci anni di reclusione.

la

pena in

in carcere


112

A

campagna

porre un fine a questa

continua e persistente,

re,

il

della s<:ampa

con un rescritto del

2 dicembre 1852, abolì Tazione penale, in quanto a gli avvenimenti in Napoli, per tutti

settan-

i

taquattro imputati, rinviandoli al giudizio

Gran

Corti

speciali

delle

provincie per

delle delitti

i

commessi. Così vennero rinviati innanzi a

ivi

la

MoDella Mo-

Corte speciale di Principato Citra

G-ran

il

due Positano, il Mezzacapo, il nica, il Ruotolo, il Del Mercato, il De Vicariis, Pacifico, il Rinaldi, il Taddeo, il Coppola, il il

rese,

i

Fienga,

il

Grillo ed

D'Aiutolo, il

Calabritto,

il

il

Budetti,

il

Ponti.

La Gran

Corte di Salerno, con sentenza del

25 agosto 1853, riunì a

la

causa l'altra per

le agi-

avvenuto dopo il 15 maggio del 1848 comuni di S. Cipriano e di S. Severino. Finalmente con una seconda sentenza dispose la an-

tazioni

nei

notazione neir albo

dei rei

per

assenti

Monica, Santo Del Mercato, Carlo

il

Alfieri

Della

ed

al-

contumaci e con decisione del 19 gennaio 1855 condannò il Morese e Matteo Sica a dieci anni di prigionia, condanne ridotte dipoi con decreto del giorno 25 successivo a quattro anni (1). Durante la lunga carcerazione i due condan-

tri

nati invocarono più volte la grazia sovrana alle-

gando

la loro

la sera del

(1)

completa innocenza. Essi, radunando

15 maggio

le

guardie nazionali in Sa-

Archivio di Napoli, Ministero di giustizia,

collo del Consiglio di Stato, seduta del 25

proto-

gennaio 18B5.


113

ad ordini perentori del

avevano obbedito

lerno,

Carducci loro colonnello.

Morese, influente per

Il

larghezza di censo e potenti relazioni, aveva in-

vocato a suo favore la testimonianza dell'arcivescovo di Salerno, del comandacte

le

armi nella

provincia colonnello Quandel e del sottintendente di VaJlo

i

costume e

stato per siasi

innovazione

„.

come

Morese " fosse per indole alieno da qual-

quali attestarono

Lo

Gran Corte

il

stesso procuratore gene-

Angelo Grabriele, una relazione su una istanza di grazia del Morese, dopo aver riferite quelle autorevoli testimonianze, dichiarava: " In nessun'altra causa e per nessun altro imputato, il mio cuore si è trovato rale della

di Salerno

in

in contradizione dei miei doveri dizio

riflettente

Morese

il

(1).

quanto nel giuPortata questa

relazione nel Consiglio di Stato del 3 agosto 1855,

nonostante

si

importanti testimonianze,

cite dichiarazioni dello stesso

le

espli-

accusatore pubblico,

e le vive preghiere dell'arcivescovo di Salerno,

il

re fu inesorabile, sembrandogli avere già fatto ab-

bastanza con

la

concessa riduzione della pena.

Ma

nuove suppliche del condannato intervennero; altre persone potenti presso la Corte si mossero a prò' di lui; il re il dì 8 marzo 1856 fece grazia completa al Morese (2). IV.

Il

prosieguo

mutati, disposto

(1)

da

d' istruzione

la decisione

per molti

altri

Protocollo del Consiglio ordinario di Stato,

stero giustizia, verbale del 3 agosto 1855. (2) Ivi,

im-

accennata del 7 giu-

verbale del 28 luglio 1856.

Mini-


114

gno 1851,

protrasse per tutto

si

lo

l'anno, per l'altro successivo e per

ma non

1853, putati.

scorcio

del-

una parte del

arrecò altre prove contro

gli imQuesta considerazione, e forse anche la stan-

chezza derivante da

i

molteplici giudizi politici, in-

dusse la Gran Corte a porre una pietra sepolcrale

anche su

con varie sen-

tale processo, e quindi,

tenze del 16 e 19 aprile e 5 settembre 1853, or-

dinò la conservazione degli

atti

liberazione dei giudicabili, tra

vincia di Salerno, vallo,

in archivio e la quali, della pro-

laetano, Bracale, Licurgo Ca-

F. P. D'Urso di Eboli, Francesco, Pietro

e Nicola zuti,

i

De

Falco, dell'ingegnere Giuseppe Piz-

Giannattasio

del

e

(1)

del D'

Avossa

(2).

Rinviò però quest'ultimo innanzi a la Gran Corte di Salerno per imputazione di delitti politici in quella provincia.

V. Durante i

i

lunghi indugi dell'istruzione per

15 maggio molti imputati, avvertiti

fatti del

gretamente del mandato

di arresto

se-

emesso a loro

danno, erano riusciti a porsi in salvo fuori del regno. L'imbarcarsi per l'estero era allora di grande difficoltà

per

il

severo rigore e

1'

assidua sorve-

glianza adottata dal governo dopo la romanzesca

fuga da Napoli del tenente del genio Carlo Pisacane avvenuta nell'anno 1847, che destò tanto

(1) C!oii (2)

Per

decisione del 19 aprile 1853. il

D' Avossa la requisitoria

31 maggio 1851 aveva chiesto

Gran Corte con decisione nato invece un prosieguo

il

dell'

Angelillo del

rinvio a giudizio;

del 16 luglio 1851 d'istruzione.

aveva

ma

la

ordi-


.

115

partenza da

clamore.

Per

Napoli

prefetto di polizia Scipione Salvi aveva

il

piroscafi

i

postali

in

ordinato non solo un'accurata visita

ma

passeg-

maggiore vigilanza nell'interno delle

gieri e la

navi,

dei

inoltre che, fino al

momento

della par-

bordo di esse un ispettore, un gendarme ed una guardia di marina per esaminare ad uno ad uno tutti coloro che si tenza, dovessero restare sotto

il

imbarcavano ed accertarsi che avessero

le carte in

regola. Riusciva quindi quasi impossibile salire oc-

cultamente su presentavano

i

le

piroscafi postali. Minori difficoltà

navi straniere da guerra o di com-

mercio non soggette ad alcuna visita interna. Però la polizia le sorvegliava

esternamente

(1).

Alcuni degli imputati erano già oltre

il

con-

prima che cominciasse la reazione; tra gli Antonio Galletti, il superstite della rivolta del Cilento nel 1828 (2). Egli erasi recato a Roma e di là dopo la cadata della repubblica era fuggito con il Saliceti, con Carlo Pisacane e con altri a Civitavecchia, quindi a Marsiglia, ove approdò il 30 luglio del 1849. Come ho accennato precefine

altri

dentemente, il

Mancini,

altri il

imputati nello stesso processo,

Pisanelli,

il

Lanza,

il

Ruggiero

e

Raffaele Conforti erano su la nave francese L'Ariel partiti

(1)

da Napoli per Civitavecchia

il

1° ottobre

Archivio di Napoli, Prefettura di polizia, fascio 426,

incartam. 3334, anno 1847. Relazione del Salvi in data del

28 maggio 1847. (2) Di lui ho scritto nel mio libro già accennato rivolta, ecc.

»

e

La


116

e ripartiti

il

Genova,

di successivo per

Ruggiero che malato restò a barone G-ennaro maggio del 1849 nero tra

i

Bellelli (1).

era

in

meno

Civitavecchia.

Francia

il

Il

fin dal

Molte di queste fughe avven-

più gravi pericoli e nel

modo

più strano.

Narrerò di alcune di cui mi è riuscito aver notizia.

La

polizia ricercava insistentemente fin

state del

dei moti

da

l'e-

1849 Ulisse De Dominicis, uno dei capi del Cilento nel gennaio e nel luglio

del 1848, quindi deputato,

firmatario

pro-

della

Mancini del 15 maggio. Le estese e fide relazioni di cui godeva nel suo paese nativo, Ascea, ed in tutto il distretto di Vallo, avevano procurato sicuro asilo in varie case amiche non solo a lui, ma anche ad un suo intimo Giuseppe Verdoliva di Rutino ed al suo domestico Pasquale Feola. Però le ricerche incalzavano; la più lieve imprudenza

testa

poteva ad un tratto perderli, si che risolsero di tentare ogni mezzo per fuggire all'estero. Un tale Antonio De Rosa di Torre del Greco,

padrone di una tartana detta S. Gaetano assunse, mediante la promessa di un premio di seicento ducati (2), di imbarcare i tre latitanti sul suo legno e di condurli a Malta. Difatti, su la fine di aprile

del 1850

il

De Rosa con

a la marina del

(1) (2)

(3)

la

sua tartana

circondario di Pisciotta

si (3).

recò Ivi

Arch. di Napoli, Ministero esteri, espulsi, fase. 3842. Pari a L. 2250. Desumo questa narrazione da i documenti dell' .4r-

chivio di Najyoli, fase. 66, incart. 636, voi. 46, e da altri

che indicherò.


ì

117

ad

arte,

per assicurarsi in precedenza una com-

pleta impunità, confidò lo scopo della sua venuta

doganale del luogo Michele

al controllore

dano, che corse ad avvertirne

Grior-

sottointendente

il

del distretto cav. Celj Colaianni. Questi telegrafò

a l'intendente Valla di spedire in quelle marine

un piroscafo per raggiungere la tartana. L'intendente non aveva alcun piroscafo a sua disposizione: in mancanza di meglio mandò una scorridoia doganale ed una grossa barca con sbirri travestiti sotto il comando del famoso sergente Vignes.

Mentre questi procedeva a il

la volta di Pisciotta,

sera del 29 gendarmi sul lido diruta a Vallo di Marco nel te-

sottointendente fece appostare la

aprile

i

doganieri

presso una torre

ed alcuni

nimento del villaggio di Caprioli ove, secondo informazioni del sottointendente,

dovevano imbarcarsi su

i

la tartana,

le

tre

latitanti

che

bordeg-

giava alquanto in alto in direzione appunto della torre.

Mentre stavano cosi in agguato, ad un una barca muovere da la tartana

tratto scorsero

verso

il

lido.

Sembrava a

l'istante fortunato di

pubblica giunto

la forza

agguantare

i

latitanti

prima

che montassero in barca, quando ad un tratto questa volse la prua e

si

Poco dopo spariva anche

allontanò rapidamente. la tartana (1).

Nonostante l'amara delusione

(1)

il

sottointendente

Eapporto del sottointendente Colaianni del

mag-

gio 1850 da PoUica. Archivio di Salerno, anno 1850, voi. 51.


118 si diede per vinto. Se i tre latitanti non erano comparsi sul lido dovevano ancora essere a terra

non

e quindi con

un

po' di

buon volere

raggiungerli. Ignorava che

il

compagni di lui erano giĂ a bordo fin da la sera del 29 aprile (1). Intanto

il

sergente Vignes con

da Salerno

partito

forse per

il

la

notte

si

poteva

De Dominicis ed

i

del

vento contrario, presso

i

della tartana

suoi

seguaci,

29, giungeva, la

Pisciotta soltanto a l'alba del primo

marina di

maggio

(2).

ColĂ ebbe notizia della scomparsa della tartana;

ma

in pari tempo assicurazione che i tre latitanti non si erano punto visti e che non potevano certamente essere riusciti ad imbarcarsi. Indubbiamente il De Dominicis ed i suoi avrebbero cercato un altro imbarco. L' energico sergente, imbaldanzito

dal costante successo delle sue imprese, corse con la scorridoia

zagliò

i

verso

la-

marina

di Palinuro e sguin-

suoi sbirri nei dintorni per venire in chiaro

della veritĂ . Le prime informazioni lo incoraggiarono molto. Tre persone armate vestite da pastori si erano accostate guardinghe al lido presso Pali-

nuro in attesa di una grossa barca che trasportava pesce a Napoli, avevano premurosamente chiesto ad una donna se avesse visto soldati, ed a la risposta affermativa di

(1)

lei

avevano presa

la

Eapporto del sottointendente del 31 maggio 1850.

Archivio di Salerno^

ivi.

Rapporto dello stesso Vignes in data del 10 maggio 1850 al capitano Filippo Nappa e rapporto del medesimo di eguale data, ivi. (2)


119

monti!

via dei

Vignes stava per mettersi

Il

(1)

a la caccia dei fuggiaschi

quando

che

De Dominicis

il

due

e gli altri

I

tre

agio

a

30

isola del

Grozzo la

mat-

del 17 mag" una barca appro-

sera

di seguente con

il

(2).

Speravano

poter vivere

di

tranquillamente colĂ qualche tempo

invece la po-

;

trasse in carcere per contravvenzione a le

leggi sanitarie e

deferi al magistrato, che

li

dannò ad una multa ciascuno si

la

aprile!!

darono a Malta

li

ricercati erano

profughi ben contenti sbarcarono a loro l'

gio 1850 ed

lizia

informatori

De Rosa

fuggiti proprio su la tartana del tina del

altri

dolorosa certezza

piĂš abili gli dettero l'assoluta e

Il

(3).

vendicò

cinque

li

con-

colonnati

per

governo, inasprito da l'insuccesso,

con

De Dominicis

di

il

sequestro

delle

rendite

del

con l'arresto di parecchi amici di lui, fra i quali il prete Aniello Marsicano e suo fratello Griuseppe, sospetti di aver favorito la fuga e del De Rosa come complice di essa (5).

Un

(4) e

da la polizia, il barone Mazanche lui della protesta Mandel 15 maggio, ebbe notizia il 14 luglio 1849 altro ricercato

ziotti, sottoscrittore

cini

(1) (2)

Rapporti suindicati. Nota del Ministero degli

affari

esteri, fascio 65,

incart. 636, voi. 46. (3)

Ministero esteri, espulsi, fascio 3842.

Lettera dell'intendente Valla dell'll giugno 1850. Arch. Napoli^ fase. 65, incart. 636, voi. 46. (4)

(5) I fratelli il

Marsicano nel 19 luglio 1850,

28 giugno dello stesso anno.

il

De Eosa


120

un mandato

di

di arresto a suo carico. Si rifugiò

nella villa Minardi

proprietà vi

trattenne fino a

si

seppe che anche

si

il

Vesuviana

De

stesso

di

e

primi di ottobre, qaando

i

De

Siervo e due

dei suoi

processo.

Una

perquisizione

quindi

poteva sopravvenire da un momento a

Mazziotti riparò nella povera casa di

11

Siervo,

Francesco e Fedele, erano complicati nello

figli,

villa

Somma

presso

amico Nicola

sao

del

prete del luogo e vi

da

stito

a

l'estero.

Il

un mezzo

giorno 8 ottobre ve-

marina

della

ufficiale

un bravo

trattenne alcuni giorni in

si

attesa che la sua famiglia gli procurasse

per fuggire

nella l'altro.

francese

in Napoli. Nel caffè Del G-reco al largo

si

recò

del Ca-

ora piazza del municipio, rinvenne un uffimedico francese della nave da guerra V Ariel (1) e l'ex deputato Michele Primicerio e tutti e tre andarono a bordo. La nave, su la quale si trovavano anche gli altri ex deputati Abignenti, Giura, Bellelli (2), mosse il giorno 10 per Civitavecchia, stello,

ciale

Ivi

non potettero approdare:

concesso,

o

pontifìcio

li

essi

stessi

forse

non fu

temettero che

il

loro

governo

consegnasse a la polizia napoletana.

Certo a Civitavecchia

si

imbarcarono su un piro-

scafo pure fraacese, lo Scamandro, che partiva per

(1)

A

Desumo queste

notizie da

procurare l'imbarco

si

un

diario del Mazziotti.

adoperò un tale Browon ad-

detto a la legazione inglese in Napoli. (2) Il Bellelli

era ritornato da la Francia a Napoli.


121

Malta.

Prima

dell'alba

16 la nave,

giorno

del

avvolta in una densa nebbia, urtò in uno scoglio tra

Noto

La

sera molte barche faticosamente la rimorchia-

e

Siracusa e

rimase assai malconcia.

rono nel porto di Siracusa. Dopo parecchi giorni su un'altra nave, Malta.

La mattina

il

Sesostri,

i

fuggitivi giunsero a

seguente la polizia locale

li

fece

tornare sul Sesostri e di là partire per Livorno,

ove neanche venne loro permesso di approdare. Ripartirono per Genova, e soltanto colà potettero scendere a terra. VI. Compiuti gli atti prescritti da

cedura criminale del tempo

venne

le leggi di

459

prò

e seguenti)

iniziata la discussione della causa a carico di

quaranta contumaci, tra cui petta,

(art.

Griov.

deputati Luigi Zup-

i

Andrea Romeo,

l'ex

intendente

di

Salerno, Aurelio Saliceti, Raffaele Piscicelli, RafConforti, F. P. Ruggiero, P. E. Imbriani,

faele

Ottavio Tupputi, Vincenzo Lanza, lelli,

Gennaro Bel-

Stefano Romeo, Gaetano Giardini, Ulisse

Dominicis, F. A. Mazziotti,

Giuseppe De Vincentiis, P.

Casimiro S.

De

De

Lieto,

Mancini, Giuseppe

Massari, Goffredo Sigismondi, Giuseppe Del Re, il

duca Proto

di

Maddaloni, Giuseppe Sodano, An-

tonio Torricelli, G. B. Lacaita, Antonio

Galletti,

Michele Farina, Luigi e Salvator^ Sangiorgio, Nicola Magaldi, Raffaele Cupolini, Federico Castaldi,

Pasquale, Pietro, Clemente e Luigi Catalano Consaga, Giovanni

La

Cecilia,

Ferdinando Pescarini,

Pierangelo Fiorentino, Francesco Perez e Francesco

Ferrara per cospirazione

contro

la

sicu-


122

rezza interna dello Stato ed attentato a la guerra civile. Il

procuratore generale Angelillo nelle sue con

clusioni

chiese

orali

la

condanna di morte per

ventidue degli imputati, cioè Torricelli, Piscicelli,

La

Sodano, Zuppetta,

Cecilia,

Romeo, Saliceti, Ruggiero, sari,

il

Gr.

Conforti,

A. e Stefano

De

Lieto,

Mas-

Mazziotti, Imbriani, Tupputi, Lanza, Bellelli,

De

Griardini,

Dominicis, Galletti, Pietro Catalano

Oonsaga e Gaetano Giordano la pena di diciannove anni di ferri per Fiutino, De Vincenzi, Pisanelli, Sigismondi, Mancini, Del Re, Proto, Mazza, :

Luigi e Salvatore Sangiorgio, Meola Magaldi, FĂŠ

•

derico Castaldi e Ferdinando Pescarini; di dician-

nove anni

di ferri

per Clemente e Luigi Catalano

Consaga; l'esilio perpetuo dal regno per Fiorentino, Perez e Ferrara; un prosieguo d'istruzione per Pasquale Catalano Consaga, Miciiele Farina e Raffaele Cogolico.

Comparvero innanzi a

la

Corte come testimoni

avevano

stesse spie e confidenti di prefettura che

figurato tristamente nel processo contro

Difesero

i

rini Serra,

detenuti.

giudicabili varii avvocati, tra cui il

Castriota ed

parola eloquente tando,

i

come

a

nulla

il

Lauria

valse.

La

;

le

ma

il

Ma-

la loro

Corte, accet-

nella precedente sentenza, l'assunto

dell'accusa che

i

fatti del

15 maggio fossero

stati

preordinati da una lunga cospirazione, ritenne fal-

samente che Monteoliveto

deputati da

i

avessero

delle barricate.

i

balconi del palazzo di

incitato

Ritenue pure

a la

formazione

la partecipazione di


.

123

alcuni imputati al conflitto del 15 maggio, quindi

con decisione del 20 agosto 1853 accolse

le

con-

clusioni del pubblico ministero.

A

dimostrare con quanta leggerezza la Gran

Corte speciale accogliesse

vere ad esempio

fatti

i

le

accuse basta trascri-

ritenuti

da

la Corte,

su

semplici informazioni della polizia, a carico del Con-

del Bellelli, del Mazziotti. Per

forti, essi,

in

dopo aver detto che più volte

Salerno

per affari

soggiunse

Corte

relazioni

e

"

della

si

primo di era recato

sua professione,

vuoisi che colà avesse

contatto

con

persone

reputate settarie e sopratutto con

Romeo

il

la

avuto

notoriamente

Giovanni An-

Per il Bellelli la sentenza afferma che egli venne in Salerno, in compagnia di Saliceti, si pose ivi in contatto con persone conosciute pubblicamente per sentimenti sovversivi e tale egli pure si appalesò nei tempi di massimo torbido politico „ Per Mazziotti " Fu uno dei principali prodrea

„.

"

.

motori dell'insurrezione del Cilento in gennaio 1848.

Pubblicata la costituzione trada, ove tenne

altre

si

recò in quella con-

sovversive pratiche e tra

esse quella di farsi eleggere a deputato.

Da

principalmente fu operata e diretta la seconda

lai ri-

volta del Cilento avvenuta in giugno dello stesso

anno

Le

leggi di procedura allora vigenti nel regno

condanna a morte dopo quindici giorni da la sentenza la Corte, che aveva pronunciato, dovesse riesaminare di ufficio la causa. Confermandosi la stabilivano (art. 473), nei casi di

in contumacia, che


124

condannato contumace veniva dicliiarato pubblico nemico, ciò che importava " che qualunque individuo della forza pubblica nel procurarne l'arresto, per. qualunque leggiera resistenza anche presunta, potesse impunemente ucsentenza

il

ciderlo „ (1). se a questa

Da

gli atti del giudizio

disposizione ottemperasse la

Corte criminale.

(1)

non

Art. 473 suindicato.

risulta

Gran


CAPITOLO

VI.

Sommario. I. Processi per le uccisioni avvenute nei moti del gennaio 1848 - Provvedimenti a favore delle famiglie delle vittime - Severi ordini

processi

II.

La

del re per tali

squadriglia Vairo arresta gli

uc-

barone Maresca - Inizio della causa - Deposizioni commoventi di alcuni testimoni - Gli imputati invocano le amnistie emanate per i reati politici -La Corte ritiene trattarsi di delitto comune - Difesa degli imputati - Sentenza della Corte - Vano ricorso di Luigi De Mattia - Esecuzione capitale di lui - ProvIII. Processo per vedimenti per gli altri condannati la fucilazione di Rosario Rizzo - Arresto degli imputati - Loro difese - Sentenza della Corte - Commutazione della pena di morte in quella dell'ei'gastolo ad IV. Giudizio per l'uccisione del uno dei condannati. De Fe'o - Strana unione di questo delitto ad altri fatti Condanna emessa da la Corte speciale. cisori del

I. si

Presso la Gran Corte criminale di

istruiva con molta alacrità

Salerno

un processo per

i

moti avvenuti nella provincia nel luglio del 1848. L'ufficio di istruzione, nell'indagare su quegli av-

venimenti, ebbe per la prima volta conoscenza di

numerosi

fatti verificatisi nell'insurrezione del

naio dello stesso anno, tra gli del barone

Andrea Maresca

in

altri, delle

gen-

uccisioni

Pisciotta, di

Ro-


126

sario Rizzo in Salento e di

Casalvelino

Gennaro De Feo

in

(1).

Nel periodo turbinoso ed agitato

clie

segai a la

concessione dello statuto, tra ansie e clamori continui,

crudeli avvenimenti

i

nosciuti ducci,

fuori

del

distretto

dubbio

senza

aveva trionfato; potenti e temuti

erano

Vallo.

di

Il

sco-

Car-

maggiore responsabile,

il

suoi amici

i

rimasti

erano

al

governo,

chi avrebbe ardito di accusarlo ?

;

D'altra parte, un articolo dello statuto aveva so-

lennemente promesso su tutto

bile

il

passato

di porre

un

velo

impenetra-

un provvedimento sovrano

;

del 10 febbraio aveva concesso piena amnistia per tutte le reità di Stato.

La

scoperta di quei fatti destò viva impressione

nella capitale. Si trattava, per

De

il

Maresca e per

il

Feo, di due capi urbani trucidati per la loro

Maresca poi apparteneva

fedeltà al re. Il barone

a cospicua famiglia della contrada, segnalata per antica devozione a

i

Borboni, massime nella rivolta

avvenuta nel Cilento

nel

1828.

furono presi, a l'annunzio di

Il

quei

re e la Corte truci delitti,

da un profondo sdegno contro gli autori e da una grande pietà verso le vittime e

di essi le loro

sventurate

famiglie. Il re volle, egli proprio, con

ordine del

23 luglio

sione

di

dodici

vedova Maresca di

lei,

(1)

Q-iuseppe,

Le ho narrate

cap. 2°.

1850, assegnare una

ducati

al

pen-

mese (lire 51) a la primo dei figliuoli

e conferi al il

posto di capo urbano d'Ascea,

nel

mio

libro: Il Carducci, voi. 1°,


127

già

tenuto dal padre

(1).

un assegno mensile

elargì

di

A

la vedova del Feo nove ducati (lire 38.25)

ed a i due figli di ducati tre (lire 12.75) per ciascuno (2). In pari tempo ordinò clie si procedesse

con straordinaria rapidità per quei delitti e nelle adunanze del Consiglio di Stato del 29 agosto e

del

ogni

1850

settembre

7

Maresca

causa

fosse

(3),

trattata

altra, e che, nell'ipotesi di

morte,

si

fosse

lasciato

che

la

preferenza

di

dispose a

una condanna

libero corso a

la

di

giusti-

Provvedimento davvero eccezionale, per che, per eseguire una condanna di morte, si richiedeva sempre l'assenso del sovrano, lascianzia (4).

dosi in tal

da parte

modo

adito a le

domande

dei congiunti dei condannati

di !

grazia

Il re

era

morte del Maresca che volle in precedenza, mediante una pronta esecuzione della condanna, rendere vana ogni opera tanto indignato per

la

pietosa di parenti o di amici. II.

Fin dai primi giorni del novembre 1848 la di Salerno aveva disposto

Gran Corte criminale

l'arresto degli esecutori del reato. L'incarico di ar-

(1)

Archivio di Napoli,

incart. 636, fase. 66, voi. 76.

Giuseppe Maresca ebbe dipoi il posto di tenente nelle guardie di finanza, cbe dovette lasciare in seguito per

una infermità. 2) Nota del ministero Archivio di Salerno, (3)

dell'interno dell'll dicembre 1850,

carte sfuse, incart. 492.

Archivio di Napoli, ministero

giustizia, afiari pe-

nali, fase. 4894. (4)

Archivio di Napoli, ministero giustizia, protocollo

del Consiglio di Stato del 7 settembre 1850, n.

5.


128

dato a la squadriglia del cav. Vairo,

restarli fu

che non ebbe, nell'adempiere

suo mandato, ad

il

incontrare molte difficoltà, poiché essi vivevano tran-

quillamente nei propri paesi ritenendo che la R. in-

dulgenza del 10 febbraio 1848

li

ponesse al sicuro da

ogni persecuzione. In una sola giornata,

novembre

del 1849,

che

Mattia,

si

il

il

22 no-

Vairo imprigionò Luigi

credeva avesse comandato

il

De

fuoco,

Pasquale Marino, Domenico Inverso, Angelantonio Agrillo, Antonio Palladino, F. S. Principe,

De

Luigi

Un altro si

Pasquale

Sevo,

Botti, indiziati

come

De

Vita

esecutori

degli imputati,

un

tale

ed

Aniello

della fucilazione.

Taddeo

di Matonti,

trovava gravemente infermo nell'ospedale mili-

tare della

Si iniziò

a la

Napoli e vi mori

Trinità di

18 lu-

il

1850.

glio

la

discussione

Gran Corte criminale

dal barone Graetano Mirto

della

causa

davanti

di Salerno, presieduta (1).

Destò

viva

emo-

zione nei giudici e neiruditorio assai affollato

testimone Federico Sacco, un buon prete del

il

vil-

laggio di Rodio, economo della chiesa parrocchiale

da un tale Troccoli, che apparteneva a la bande

di Pisciotta. Egli narrò che,

Angelo Maria

cilentane, a prestare

Maresca, e del

si

conforti religiosi al barone

recò nella piccola cappella di S. Sofia

Carmine a

(1) I

i

invitato

componenti

l'ingresso del paese. Nell'entrare,

della

Gran Corte erano

Mancinelli, Lagreca, Quinto, Cotini,

i

giudici

Mariottini e Ricca.

Pubblico Ministero il procuratore generale Angelo GaDifendeva il De Mattia l'avv. Nicola Mottola.

briele.


129

mezzo a una folta e vivace schiera armata (1), un uomo seduto su una rozza panca di legno, sfigurato nel viso, conscorse, in

gente

di

Un

vulso e tremante.

Aniello Marsi-

altro prete.

cano di Pisciotta, che pure aveva assistito resca, ne descrisse

miserando

con parola commossa

Parve a

(2).

inumano

tutti

del Carducci a concedere la grazia i

due

da

preti e

i

il

Ma-

lo stato

diniego

il

chiestagli

da

piĂš autorevoli del paese, tra cui

Ignazio Mandina suo ospite, Luciano Sanile e Gabriele Sacchi.

Un

fremito di raccapriccio e di pietĂ

nella vasta sala

a

la

(3):

colpo, che

gli

saltar fuori

il

mezzo a

al

seguiti

il

primo

cranio e fatto

rumorosa

dell'in-

palpitante;

gli il

(4).

imputati invocarono la sovrana indulgenza

Grli

l'eccezione

ritenendo

soli delitti politici.

soltanto

(1-2)

voi. I.

lugubre

immediatamente; da ultimo

del 10 febbraio 1848;

i

il

ancora

suolo,

colpo di pistola nell'orecchio

a

la

la piazza;

aveva fracassato

cervello; la caduta

riverso

altri colpi

diffuse

condannato, barcollante, esterrefatto,

il

trascinato a forza in

felice,

rievocarono

esecuzione,

triste

scena

si

quando alcuni testimoni, presenti

un

reato

ma il

la

Gran Corte respinse

provvedimento

La

ristretto

Corte ravvisò nel fatto

comune, giudicando un mero

Archivio di Salerno,

processo

Deposizioni scritte ripetute

Maresca, 40-1-50,

poi nel dibattimento

orale.

Processo Maresca, voi. I. narrato il fatto nel libro

(3)

Ho

(4)

pag. 107. 9

II

Carducci, voi.

I,


130

mancata esibizione delle armi prebando del Carducci e causale vera del reato la vendetta che Ulisse De Dominicis aveva voluto esercitare contro il Maresca, il quale nel 1828 aveva denunziato il padre di lui fucilato dipoi a Salerno il 22 settembre dello stesso anno (1). Avpretesto la scritta dal

valorava questo convincimento, al dire della sentenza, la circostanza che restato

il

Carducci, avendo ar-

come contravventori

al

bando

il

e Pasquale Gruercio, aveva poi liberato

timo

(2).

madre

la

Inoltre di

da

Ulisse

Maresca quest'ul-

testimoni uditi risultò che

i

De

Dominicis, nel

morire,

aveva detto al figliuolo, alludendo a la fucilazione del Maresca: " Ora muoio contenta perchè mio marito è stato vendicato ».

A propria difesa gli imputati addussero di aver dovuto obbedire ad un ordine militare del loro capo, il quale si era proposto con la fucilazione del capourbano Maresca di atterrire i realisti della contrada:

da tia

si

studiarono inoltre di attenuare la parte

avuta nel doloroso avvenimento. Il De Matsmenti risolutamente di avere tirato il primo

essi

colpo;

Le

ma

le

sue proteste non persuasero la Corte.

relazioni ufficiali del cav. Valla intendente

della provincia (3) e

del

del distretto Giuseppe

La

capitano dei gendarmi

De Liguoro

(4)

riferivano

(1)

Mazziotti,

(2)

Carducci,

(3)

Relazione del 19 novembre 1849. Archivio di Na-

rivolta del Cilento nel 1828, pag. 141,

ecc., voi. I,

pag. 106.

poli, fase. 66, incart. 636, voi. 76. (4)

Archivio di Salerno, carte sfuse, fase. 28.


131

che la condanna del Maresca era stata pronun-

da una Commissione militare. Anzi il De Liguoro aveva di questa persino indicati i componenti (1). Anche la voce pubblica aveva ritenuto cosi ed in buona fede lo affermò qualche scrittore del tempo (2). E quella opinione era prevalsa interamente nonostante che una lettera ufficiale dell'ispettore di polizia di Vallo, scritta poco dopo l'avvenimento, l'avesse smentita nella forma più recisa (3). Nel pubblico dibattimento apparve in ziata

modo luminoso, per concorde dichiarazione di tutti i

testimoni, che niun giudizio intervenne

e

che

l'ordine di fucilazione fu dato, di sua autorità, dal

Carducci.

Esaurite

le difese

degli imputati,

la

Corte

si

camera di consiglio il 12 ottobre del 1850 e dopo breve discussione pronunziò la sentenza, condannando con voto unanime a morte (4) Luigi De Mattia che aveva diretto l'esecuzione e tirato il primo colpo contro il Maresca. Severa condanna certo, ma non ingiusta, ne iniqua a riunì

in

Gervasio Passero, Luigi De Mattia, (1) Stefano e Francesco Jannotti di Vallo e Raffaele Mariani di Vallo (ivi).

pag. 24. Anche io (2) De Angelis Carlo, Memorie, sono caduto in questo errore nel mio libro La Rivolta del Cilento, appendice pag. 231, non avendo allora potuto trovare il processo. (3)

Archivio di Napoli, fascio 66

(4) Il

De Angelis

che la condanna del contro uno.

come

sopra.

nel libro citato dice erroneamente

De Mattia ebbe luogo con

voti tre


132

fronte della crudeltà del delitto

Condannò

!

poi,

a maggioranza di voti, a trenta anni di ferri F. S. Principe, Pasquale Marino,

Domenico Inverso ed

Angelantonio Agrillo, a venticinque anni Antonio Palladino, assolse

il

De Vita ed

Botti perchè

il

non avevano preso parte a l'esecuzione ed il De Sevo perchè risultò dimostrato che il medesimo aveva soltanto messa una benda su gli occhi del Maresca. per

Il

dispositivo della sentenza

cantonate della

le

notte gli

città,

ma

nel

fu

affìsso

corso

della

vennero strappati.

affissi

che

Si disse allora

i

difensori del

De Mattia

avessero presentato, la sera stessa della condanna,

Suprema di giustizia, ma che la Gran Corte criminale di Salerno

ricorso a la Corte

cancelleria della

non avesse voluto riceverlo, né la sera, stante né l'indomani-perchè giorno festivo (1).

l'ora tarda,

Ripresentato

il

lunedi successivo,

il

generale Gabriele notava in margine

procuratore ricorso

al

che questo era inammissibile ed ordinava l'esecuzione della sentenza. L' ordine reale dato in pre-

cedenza non lasciava adito a dubbi né ad esitanze.

Due

fratelli

del

De

Mattia, Celestino

e Ciro,

corsero trepidanti a Caserta, ove allora villeggiava Il

re,

per impetrare la grazia della vita del loro

congiunto;

voce che

il

ma

invano. Si

diffuse

da prima

ghiere ed a le suppliche più commoventi sicurò invece dipoi che

neanche

(1)

Lo

la

re fosse rimasto inesorabile a le pre-

egli

non

avesse

:

si

as-

voluto

riceverli.

dice anche

il

De

Angelis, ojjera citata, pag. 68.


133

Mentre i due supplicanti si affannavano per ottenere una udienza in Caserta, una breve nota del

procuratore

generale

1850 disponeva

tobre

messo in cappella

Gabriele

che

12

del

ot-

condannato fosse

il

Una

e poi giustiziato.

vecchia

4 ottobre 1828 disponeva potesse procedere ad esecuzioni capi-

circolare ministeriale del

che non tali

si

prima

tenza per

giorno 13

di ventiquattro ore

conforti religiosi

i

il

almeno da

sen-

la

condannato.

al

Grabriele scriveva a Tintendente

Il

" ler-

:

due fu messo in cappella Luigi domani 14 corrente a le ore 14 italiane

sera sabato a le ore

De Mattia

e

(8 antim.)

dovrà essere giustiziato con

tazione

nel

La prego

solito

di voler

locale

dare

in le

convenienti

zioni a ciò la pubblica tranquillità

bata nel corso

La

dell'

la

decapi-

capoluogo.

questo

disposi-

non venga

esecuzione della giustizia

tur-

„ (1).

pia congrega di S. Antonio dei nobili, che

per suo antico istituto adempiva in Salerno pietoso

ufficio

dell' assistenza

a

i

morte, inviò a la cappella due religiosi.

Mattia

li

accolse con

cramenti dal

come

attesta

parroco il

(1)

Raffaele

De

Il

grato, e ricevè

i

sa-

Massa Sparano,

registro parrocchiale

della chiesa di S.

menico

animo

il

condannati a

dei

Maria della Pietà e

defunti

di S.

Do-

(2).

Archivio di Salerno, carte sfuse, fascio 65.

registro dice cosi in data del 14 ottobre del 1850 In comunione Sanctae Matris Ecclesiae animam Deo reddidit, sanctissimo viatico defectus et sacri olei unctione roburatus ». (2) Il

«

:


134

A

l'ora stabilita, cioè a le otto del mattino,

una

schiera di gendarmi

con il capitano a la testa, l'esecutore di giustizia ed il suo aiutante si recarono al carcere di S. Antonio per la consegna del condannato, che

venne eseguita dal custode Antonio Savalugubre corteo, preceduto da

maggiore

delle prigioni di Salerno,

stano

Quindi

(1).

il

preti che salmodiavano, della città verso

il

mosse per

le

vie interne

largo piazzale che allora esi-

steva fuori Portauova, ora occupato da molti editra cui il gran palazzo dei signori Conforti. In quel piazzale adibito per vecchia usanza a le esecuzioni capitali (2), sorgeva un gran palco

fìci

di legno tutto coperto

di rosso e su questo splen-

deva di luce sinistra la mannaia. Del contegno del condannato nelle ore estreme tacciono i documenti del tempo una relazione del ;

commissario di polizia Scafati, che assistette supplizio

non contiene che queste parole:

"

al

Si è

eseguita oggi la decapitazione di Luigi di Mattia.

L'ordine pubblico non ha sofferto alterazione laconico

Il

„ (3).

commissario non credette valesse la

pena di aggiungere

altro, riferì

sommariamente su

Nota del 15 ottobre 1850, Archivio di Salerno, ivi. Erroneamente il registro dei defunti della parrocchia suddetta designa in data del 14 ottobre 1850 avvenuta (1)

(2)

l'esecuzione nel locale stesso delle carceri.

Lo smentiscono

nota citata del 13 ottobre del Gabriele cbe accenna al solito luogo delle esecuzioni, ed il registro dello stato civile che afferma la morte avvenuta fuori porta orienla

tale.

(3) ivi.

Nota

dello stesso del L4 ottobre, Archivio di Salerno,


135

lugubre esecuzione come su una qualsiasi delle

la

pratiche consuete di ufficio.

un avvenimento

tava di

De Mattia

del

Eppure non

si

trat-

ordinario: l'esecuzione

fu la sola avvenuta per causa po-

provincia di Salerno.

litica in

Narra

che mentre

la tradizione

il

corteo pas-

sava imianzi la chiesa di Portanova, denominata ora del Crocefisso,

una

di

il

carnefice che teneva

corda, con cui

legato,

la

tirasse

acuto dolore.

Il

il

bruscamente,

De Mattia

il

capo

paziente era strettamente

si

causandogli un

volse indignato, quindi

levando

gli occhi al cielo in atto di

prosegui

il

cammino. Vuoisi che

rassegnazione

dell' atto

inumano

qualcuno dei pubblici funzionari, che accompa-

gnava

il

corteo, avesse

carnefice. Riferisce

giunto

al

il

nobilmente rimproverato

D'Ayala che

luogo del supplizio

si

il

il

condannato

strappò

ardita-

mente

la benda postagli innanzi a gli occhi e sali con coraggio sul palco (1). Il corpo del De Mattia,

è detto nel registro parrocchiale,

venne inumato m uno

in pubblico septUcreto, vulgo Camposanto,

destinato appunto a la sepoltura dove anche oggi il popolo suole accendere delle lampade in suffragio delle sante anime dei decollati (2).

spazio a parte dei

Il

giustiziati

governo, nonostante che

sposto la liberazione del

(1)

De

la

Corte avesse di-

Sevo, del

De

Vita e

Vite degli italiani benemeriti uccisi dcd carnefice, pa-

gina 240. (2)

Cosi

mi

riferisce

il

prof. P. E. Bilotti,

amico, benemerito direttore Salerno.

dell'

mio cortese

Archivio provinciale di


136

empara con reale rescritto del 23 settembre 1850 e li tenne in carcere (1). Il De Sevo, con una supplica del 24 otdel Botti,

sottoposte

li

all'

tobre successivo, invocava la sua liberazione e

si

doleva di morir di fame e di dormire su la nuda terra

sue speranze restarono deluse e

(2); le

cembre 1851 nelle

il

di

isole

Peccheneda

Tremiti

(2).

lo

mandava

il

26 di-

confinato

due ascirono

Gli altri

il 24 marzo 1852. due anni circa di distanza dal giudizio narrato segui V altro per la fucilazione di Rosario Rizzi avvenuta in Salente il 29 gennaio 1848. Per mandato della Gran Corte criminale di Sa-

dal carcere III.

A

lerno la squadriglia Vairo tori del delitto, Raffaele

gnano, Francesco

La Greca

Andrea Celano fabbro Castagno bracciante signato di

arrestò

bracciante di S. Mango,

ferraio di Perito e di Casigliano.

come complice,

il

del

Un

Pasquale altro de-

fucilato,

insorti

1851

(3).

Tra

gli

fratello

di

20

lu-

Omignano

Vairo arrestò invece di

Alberto, che

il

imputati vi era pure un

certo Leopoldo Pizzuti bracciante la squadriglia del

aveva

era già in prigione,

forse per altro delitto, in Aversa, e vi mori glio

Tomeo

pastore Nicola

Camperà, che per ordine degli

reciso la testa

presunti au-

i

Lerro falegname di Omi-

lui

;

suo

generosamente per affetto Ma durante l'istruzione arrestato Leopoldo Pizzuti,

fraterno tacque l'errore. si

chiari

l'

equivoco ed,

venne messo

La

(1 e 2) (S)

in libertà

il

fratello.

difesa degli imputati invocò

i

reali decreti del

Dog. succennati fascio 145.

Archivio di Salerno, fascio 49-29 del 1849, voi. II.


137

23 gennaio, 1° febbraio e 14 febbraio 1848, che avevano concesso una generale amnistia per tutti i delitti

politici anteriori, tra

comprendere avuto

quali, sostenne, doversi

non avendo

imputati alcun movente particolare per

gli

La

eseguirla.

mune

i

la fucilazione del Rizzo,

Corte ritenne trattarsi di reato co-

poiché gli articoli 129, 130 e 131 delle leggi

come

di procedura criminale consideravano politici gli

delitti

omicidi solo nei due casi di guerra civile

tra la popolazione del classe di persone (1).

regno e

di strage contro

una

Constatata quindi la parte

avuta da ciascuno degli imputati nel

triste avveni-

Gran Corte con sentenza

del 10 mar-

mento,

la

zo 1852 condannò a morte Raffaele Lerro, a

l'er-

Francesco La Greca, a ventotto anni di Andrea Celano e Pasquale Castagno, a ven-

gastolo ferri

tidue anni di ferri Leopoldo Pizzuti.

com-

re

Il

mutò per

il Lerro, con decreto del 31 marzo 1852, pena di morte nell'ergastolo. IV. Pochi mesi dopo cominciò 1' altro giudizio per V uccisione, avvenuta in Casalicchio (2), del

la

De Feo a carico di Sodano di Celso arrestato come man-

capo urbano Gennaro

sotto

Filadelfo

dante

il

23 ottobre 1850, e di alcuni

terranei ritenuti

esecutori

materiali

Vennero, circostanza davvero in questo giudizio

Giuseppe Ferrara

suoi

di Torchiara e

di S. Biase imputati

per

tutto indipendenti da quella morte, cioè

(1)

(2) Il

compresi

s.ingolare,

Angelo Pavone

con-

del delitto.

fatti del

il

Pavone

Decisione del 10 marzo 1852, Archivio diSalerno, idem.

Narrata nel mio libro R Carducci, si chiama ora Casalvelino.

comune

voi. 1",

cap.

2°.


138

per avere sequestrato denaro a

imposte del suo circondario a

gli esattori

tare le masse insurrezionali ed

delle

scopo di sosten-

lo

Ferrara per la

il

parte presa nel moto di Castellabate.

La Gran

Corte, con decisione del 23 ottobre del

1852, condannò a morte dell'

il

Sodano come mandante

omicidio e reo di cospirazione e di banda ar-

mata: condannò

altri

cinque come complici de-

gli stessi fatti a ventiquattro

gelo

seppe Ferrara a loro

sei

ferri,

An-

ferri e

Griu-

anni di

Pavone a venticinque anni

di

anni di prigionia per

Un

rispettivamente attribuiti.

4 novembre 1852 commutò in quella dell'ergastolo per

il

i

reati

decreto

del

morte Sodano, che venne

la

pena

di

mandato ad espiarla nell' isola di S. Stefano. Angelo Pavone consegui, dopo qualche anno di ferri, la grazia sovrana con indulto del 18 giu-

gno 1854 tello

(1) in

considerazione che

l'altro

suo fra-

Carlo più giovane trova vasi del pari in galera breve. NoAngelo Pavone venne mandato

per reità di Stato, come narrerò tra nostante la grazia,

a domicilio forzoso in Baroni ssi

(2). Il

re

commutò

pena del carcera in quella della relegazione a Giuseppe Ferrara, che andò ad espiarla a Ventotene.

la

(1)

Non mi

è però riuscito rinvenire la risoluzione reale

nel protocollo del Consiglio di Stato, non essendovi verbale di quel giorno. (2)

Archivio di Salerno, carte sfuse, fascio

5.


CAPITOLO

VII.

La Gran Corte speciale

Sommario.

di Sala nel

I.

Processo per

maggio 1848

-

le

di Saierno.

agitazioni del distretto

Arresto di Micliele Aletta

-

Sorprendente interrogatorio di lui - Sua condanna a morte - Commutazione della pena nell' ergastolo. II. Istruzione per i moti del Cilento nel luglio - Arresto dei fratelli Francesco e Carlo De Angelis, di Giambattista Riccio, di Domenico Picone, di Ovidio Senno, di Luigi Magnoni, di Carlo Pavone, di Pasquale Lamberti, di Giuseppe Pessolani e di Giuseppe Vitagliano - Sequestro delle carte del Carducci - Sorpresa di importanti documenti in casa Passero. - Discussione della causa - Severe conclusioni del pubblico ministero - Difese degli imputati - Gravi condanne -

Invio dei condannati a

Fuga

i

ferri al

bagno

La moglie

di Nisida.

Diego De Mattia - Enrico Mambrini ripara in Piemonte - Latitanza di Giovanni Carducci, di Nicola Causale, di Giovanni Guerrieri, di Filippo Vitagliano, dei fratelli Coco - Iscrizione dei contumaci nell' albo dei rei assenti. IV. Arresto dei fratelli Lucio e Salvatore Magnoni e di Emanuele Giordano - Gravi condanne contro di essi - Loro invio a la galera - Arresto di Stefano Passero - Processo - Sentenza di assoluzione - Presentazione spontanea di Giovanni Ausilio e di Angelo Petroni - Chiusura di quest' ultimo in

III.

di altri imputati -

di


140

un convento. V. Processo per i fatti di Sapri del 1848 - Arresto di molti imputati - Il loro processo - Condanne dei

moti

VI. Persecuzioni contro gli autori

Castellabate

di

Pompeo De Angelis

luglio

del

1848 -

La fuga

Suo travestimento da benedettino - Scoperta ed arresto di lui - Condanna di Antonio Ronzio, di Luigi Parente e di Pompeo De di

-

Angelis.

I.

Negli

uffici giudiziari di

Salerno

si

istruivano,

con grande alacrità e fervore, numerosi processi per gli avvenimenti del 1848. Grli arresti

politici

e le perquisizioni

polizia,

seguivano senza tregua; giu-

si

procuratori del re, commissari

dici istruttori,

giudici

regi,

davano da fare per

sbirri

i

disordini

promossi principalmente praticante usciere

guardie urbane

di si

la ricerca dei colpevoli.

Venne compiuta, prima processo per

e

presso

di tutte, l'istruzione del

del

distretto

di

Sala,

da Michele Aletta già il

tribunale di Salerno,

condannato per gli avvenimenti del 1820 a cinque anni di prigionia. Costui, mandato dal Carducci nel maggio 1848 ad agitare il distretto di Sala, era salito con pochi dei suoi coi terranei, portando una grande bandiera tricolore, s d monte Raccio, e di là aveva inutilmente eh .imato a raccolta le guardie

muovere su

nazionali della contrada per

aveva destato molto clamore tanto più che l'Aletta aveva dif-

(1)

Per

i

la capitale (1). Il fatto

precedenti dell'Aletta e per l'episodio cui ac-

cenno, veggasi

II

Carducci, voi.

1°,

pag. 143 e seguenti.


141

fuso la voce che egli capitanava di gente sbandata,

ma

non un manipolo

diecimila uomini armati di

tutto punto.

Nonostante questa temeraria intrapresa, zarro uomo, allorché venne la reazione,

neanche lontanamente

il

meno

di nascon-

Se ne stava tranquillamente a Salerno, con-

servando tutte tra

biz-

pensiero di mettersi al

sicuro al di là del confine, o al dersi!

il

non ebbe

le

della giornata

sue

le

i

antiche abitudini, quella,

le

parecchie

caffè della città, e

enfaticamente

di narrare

minciare da

per

frequentare

di

altre,

le

si

sue

ore

compiaceva

vicende, a co-

riunioni carboniche

del venti fino

famoso accampamento del Raccio. La polizia non durò molta fatica per mettere le mani addosso a quell'ingenuo. Il famoso sergente Vignes, ebbe il 18 luglio 1849 dal suo maggiore, al

cavaliere Pignataro, l'ordine di arrestare l'Aletta.

Sapendo

le

abitudini

di

lui,

appostò

si

vicino

ove egli soleva recarsi la mattina, gli lo condusse difilato nelle car-

al caffè,

intimò l'arresto e ceri di S.

Antonio. Ivi, a brevi intervalli, soprag-

giunsero Francesco e Vincenzo Marone, conterranei e

compagni suoi

nella spedizione sul

monte

Raccio.

Passarono due mesi senza che l'Aletta Il

!

Finalmente,

il

giudice istruttore, credette

gnare quando

il

interrogasse

addirittura

di

so-

detenuto, con ammirabile disinvol-

tura, narrò per filo e per

segno

incarichi avuti dal Carducci, stretto di Sala,

si

5 settembre, fu interrogato.

la

spedizione

la

le

sue gesta, gli

sua gita nel di-

sul Raccio, senza


142

nascondere alcuna circostanza, anzi magnificando altamente l'opera sua la

discussione

penosi

(1).

due anni

dopo

Soltanto

della

causa.

prigione, in

di

potette

si

Due

iniziare

anni lunghi e

corsie basse,

affumicate,

mezzo ad una massa di altri detenuti Ma l'Aletta s'era da giovane abituato al carcere e sopportava tutto con la maggiore filosofia, semsudice, in

pre con a

!

il

pensiero rivolto a le sue idee favorite,

setta

la

dei

carbonari ed

a

la

costituzione

del 1820.

Verso

la

metà

di

giudizio innanzi a la

marzo 1851 cominciò il Gran Corte speciale di Sa-

lerno a carico dell'Aletta

sueta indifferenza, cliezza,

e

solennemente,

ripetè la

dei

e

L'Aletta comparve innanzi a

i

suoi compagni.

giudici con la con-

con

la stessa

confessione

delle

fran-

sue

imprese. Il dibattimento non durò che pochi giorni;

Gran Corte, con decisione del 26 mese di marzo, condannò l'Aletta a

la

dello stesso

la pena di morte con il terzo grado di pubblico esempio, Francesco Marone a sei anni di prigionia, Vincenzo Marone a cinque. Della terribile condanna egli era l'Aletta non si risenti menomamente persuaso che essa non avrebbe avuto esecuzione, e cosi accadde difatti. Il 7 giugno un regio decreto gli commutò la pena nell'ergastolo e pochi giorni dopo il governo lo mandò ben incatenato ;

nell'isola di S. Stefano.

(1)

Archivio di Salerno,

voi. 20.

processo Aletta, fascio 2660




143

n. Per

moti avvenuti nella provincia di Sa-

i

lerno nel luglio processo, tati.

La

il

1848

istruiva

si

polizia

solo grandioso

dette con ardore febbrile a l'ar-

si

resto dei colpevoli. Il 25 tratto in carcere, tra gelis

un

quale comprendeva sessantasei impu-

luglio

del 1848

venne

De An-

primi, Francesco

i

movimento Qualche mese dopo,

che aveva preso molta parte

al

avvenuto in Castellabate (1). 14 settembre, il celebre commissario di polizia Biagio Savastano ajrrestò in Napoli presso

la sera del

il

Museo Carlo De Angelis Più faticosa

fratello di

Francesco (2).

riusci la ricerca di parecchi altri

non po-

imputati, dei quali per vari mesi la polizia tette sapere

il

rifugio. Il tenente di

gendarmeria

Benedetto G-ambone sorprese ed arrestò

cembre 1848

un nascondiglio

in Torchiara, in

casa di Saverio Farro,

Gr.

di-

della

B. Riccio, capo di una

colonne insurrezionali

delle

1*»

il

ed

il

conterraneo di lui Domenico Picone

compagno (3).

Il

e

prete

ebbe la stessa sorte il 9 luglio del 1849. Contro di lui si procedeva anche nella

Ovidio

capitale,

Seriuo

addebitandoglisi di aver combattuto su

le barricate

Napoli

il

maggio,

15

credette

di

quella di Salerno.

(1)

(3)

Un

la

a

Gran Corte giudizio

altro imputato.

Memorie di Carlo De

(2) Ivi,

ma

rinviarlo

di

presso

Luigi Ma-

Angelis, pag. 45.

pag. 57.

Verbale di arresto del l» dicembre 1848, Archivio fascio 40-5. Venne imprigionato

di Salerno, anno 1849,

anche il loro ospite. Il Gambone faceva parte della Commissione mobile di pubblica sicurezza comandata da l'alfiere Gaetano Ferrara.


144

gnoni di Rutino, chesale

del

comune

di Gioi),

si

era nascosto nel palazzo mar-

villaggio

ma

di

Cardile

(frazione

del

21 luglio dello stesso anno la squadriglia del cav. Vairo invase la casa e lo

trovò sotto

giato in S.

il

tetto.

il

Mauro

Carlo Pavone

ottobre

di

sospetti

i

ospite.

facilmente e lo condusse insieme con carceri

di

Salerno. Ivi

il

che

si

Difatti nel

Gambone

tenente

il

era rifu-

casa di Francesco

Cilento in

poco sicuro per addensavano anche sul suo

Petillo, asilo

mese

si

scovò

lo

Petillo nelle

erano già, per la stessa

imputazione, Pasquale Lamberti

fido amico e Giuseppe Pessolani di Atena e Giuseppe Vitagliano di Lustra gravemente implicati per i medesimi fatti del

l'audace emissario del Carducci

il

(1),

luglio.

magistrato inquirente conosceva esattamente,

Il

per il

le relazioni delle

movimento

capi ed

i

autorità politiche del tempo,

delle varie colonne insurrezionali,

gregari di esse,

ma

Ad un

consigliato e preparato la rivolta.

venne messo

tutto

i

ignorava chi avesse tratto

in chiaro. Nell'aggressione di

Acquafredda, narrata in altro mio scritto (2) prete Vincenzo Peluso s'era impadronito di tutte

il

le

carte del Carducci, tra le quali la corrispondenza

con

i

che

le

Cosi

capi del

si

mezzo

(1)

movimento

e le

aveva portate

al re,

trasmise a l'uf&cio d'istruzione di Salerno.

seppe e

si

documentò che

del Lamberti aveva fin dal

Carducci, voi.

2»,

(2) Carducci., voi. 2°,

capitolo 1" e

pag. 14.

il

Carducci per

mese

2°.

di

giugno


145

formato in Vallo ed in Sala due comitati segreti per promuovere l'insurrezione e per formare un

campo

a Campestrino

Una

cesso. Il

27 settembre 1849 casa

perquisizione in

rinvennero

i

Gambone,

bullo e Benedetto

di

(1).

propizia stella favoriva l'istruttore del pro-

tenenti Filippo Rein

del dott. Stefano Passero,

corrispondenza di

la

una improvvisa già capitano

lui,

guardia nazionale ed uno dei capi del moto

di luglio,

con

Carducci, con

il

il

barone Crescenzo

Valiante di Laurino, con Raffaele Falcone di Sala,

con

fratelli

i

Magnoni

di Rutino,

De

con Carlo

Angelis di Castellabate e con Raffaele Grorga di

Monteforte

tutti

promotori

impossessarono, tra

della

un elenco

sessantadue persone di Rutino designate da telli

Magnoni come

della libertà di

„.

documenti

"

Dopo

pronte

cosi ricca

l'istruzione

Si

ribellione.

le altre carte, di

i

di

fra-

a servire la causa ed insperata messe

andò a gonfie vele e

potette con lieve fatica giungere a termine.Vennero rinviati a giudizio

quarantuno imputati detenuti il procedimento in con-

e si iniziarono gli atti per

tumacia contro

La

altri

venticinque assenti.

discussione della causa, che

di " causa

dei

quarantuno

si

prese

iniziò

il

il

vembre 1851. Ogni mattina una compagnia

(1)

nome

29 nodi gen-

Questi documenti vennero stampati uflS.cialmente

dal governo

nella raccolta intitolata « Documenti delinsurrezione calabra » poiché il moto del Cilento venne considerato come connesso, e di fatto lo era, con quello

l'

della Calabria. 10


146

darmi scortava

imputati da le carceri di S.

gli

An-

tonio a la Grran Corte. I parenti e gli amici dei

volgevano ad essi, durante il breve cammino, saluti ed affettuose parole ed assistevano trepidanti al dibattimento. L'udizione dei testimoni, la lettura dei documenti richiesero molte udienze. Il 15 gennaio 1852 il procuratore generale Angelo Gabriele pronunciò la sua requisitoria, chiedendo la pena di morte per Carlo De Angelis, Carlo Pavone, Gr. B, Riccio, Gennaro Giardini, Giuseppe Pessolani, Ovidio Serino, Pasquale Lamberti, Andrea De Focatis e Salvatore Garofalo. Domandò la pena dei ferri per parecchi altri imgiudicabili

putati.

I difensori terminarono le loro arringhe il 27 gennaio. L'illustre avvocato napoletano Giuseppe Marini Serra capo del collegio della difesa

riassunse la causa e gli argomenti suoi

colleghi.

notò che a l'insuccesso "

della

da

addotti

Nel suo mirabile discorso rivolta

(1)

del

i

egli

luglio

contribuì la decisa ostinazione degli abitanti del

non far quel movimento

Vallo, già logori per antiche sciagure, di

causa comune con insurrezionale

La

stessa sera

di consiglio:

notte

nella

ansie per

cilentani in

i

giudici

si

riunirono in camera

un numeroso pubblico udienza,

di

sala

attendere

severe condanne

(1)

i

„.

;

e

la i

decisione. Si

De

restò tutta la le

più

vive

prevedevano

congiunti e gli amici dei

Marini Serra, Allegazioni

Napoli, tipografia

tra

scelte,

Angelis, 1869.

voi. 2°, pag. 235,


147

male illuminata e fredda, La Gran Corte con prima dell'alba, conpubblicata poco decisione, dannò a morte con il terzo grado di pubblico giudicabili, in quella sala,

tremavano per

esempio berti

Carlo

loro

Riccio,

il

ed

i

il

cari.

Serino,

il

Pessolani,

il

Lam-

Picone; a venticinque anni di ferri

il

Pavone, Antonio Barlotti, Pasquale San-

tomauro, Zaccaria Ragone, Francesco Pellegrino a diciannove

Robertis,

;

Angelis, Sal-

Gennaro Giardini, Vincenzo Andrea De Focatis, i germani Giu-

Celestino

seppe e

gliano; ad

Ordinò

De

Garofalo,

vatore

De

anni di ferri Carlo

un anno

Sabatella di carcere

la libertà provvisoria

menico De Focatis,

e

Giuseppe Vita-

Francesco Coppola.

per Luigi Tucci, Do-

Domenico Caputo, Rosario

Ferrara, Vernieri Cantalupo, D. A. Marsico, Luigi

Magnoni, Giorgio De Focatis, Gabriele Foti, Nicolantonio Pisani,

Baratta, Francesco

De

e Lorenzo Andrea Maretta, Nicola

Angelis, G. B., Forziati,

Nicola e Gcietano Sabbatella, Angelo Zoccoli, Giu-

seppe

De

Petrinis e Rosario Capopizzo.

scritto reale

del

21

febbraio

Un

1852 commutò

rele

condanne di morte in trenta anni di ferri, e cambiò per Andrea De Focatis e Gennaro Giardino la pena dei ferri nella relegazione. I condannati a i ferri, dopo alcuni mesi, andarono in Napoli, a piccole tappe, scortati da i gendarmi, il 20 maggio 1852. Attraversarono le vie

della

popolosa

città

legati

a

coppie

ed

ammanettati e quindi proseguirono per la spiaggia di Coroglio. Di là con piccole barche furono condotti a la galera di Nisida. Tre dei


148

condannati,

Carlo

Barlotti, ottenuta

.

De a

Angelis,

furia di

il

ed

Riccio

mancie una

il

corri-

spondenza straordinaria, partirono in carrozza, accompagnati da uno stuolo di sbirri, da le carceri di Salerno il 16 giugno 1852. Pernottarono a Torre Annunziata, ed il di successivo, passando per Napoli nello stesso modo dei loro compagni, arrivarono a Nisida verso il tramonto del 17 giugno 1852. I custodi del bagno perquisirono ciascuno

dei

nuovi arrivati e fecero loro denudare un piede, che cinsero con una maniglia di ferro a la quale attaccarono, mediante un perno, una catena del peso complessivo di dodici rotoli (oltre 10 chilo-

grammi) che dovevano portare giorno a coppia. zatore

Un

villano addetto a barbiere

nel gergo

la testa.

carcerario) rasò loro

notte

e

il

{arraz-

volto e

Quindi dovettero indossare l'infame abito

dei galeotti.

Nel bagno trovarono

i

capi

della

spedizione calabro-sicula arrestati da le navi na-

poletane nelle acque di CorfĂš nel luglio 1848

Nonostante i

quali

la Corte

aveva disposto

visoria, restarono in polizia.

Anzi

il

in isole lontane,

De

la libertĂ

prov-

carcere a disposizione della

sottintendente di Vallo,

braio 1852 proponeva di

Francesco

(1).

l'ordine del magistrato coloro, per

come

Angelis,

mandare

pericolosi, Gr.

il

16 feb-

in relegazione

Luigi Magnoni,

B. Forziati e Nicola

Baratta e vi vennero infatti mandati

(2).

(1)

De

(2)

Archivio di Salerno, carte sfuse, fascio 20,

AngeliÂť, Memorie, pag.

75. n. 1221.


149 III. Degli imputati contumaci parecchi, come ho precedentemente narrato, erano fug-;f;iti a V estero: tra essi i due fratelh Francesco e Pompeo l!>e

Angelis e Filippo

invano

aftaticava

imputato, Diego

Patella

per

De

(1).

La

polizia

impadronirsi di un

Mattia.

si

altro

Questi, condannato

a morte per la rivolta cilentana del 1828, aveva

come ho

scritto in altro libro (2) subito molti

di galera. Liberato per grazia sovrana,

parte attivissima

al

moto

anni

aveva preso

del luglio 1848.

La

sorte

aveva concesso un asilo che ninno poteva immaginare. Qualche anno prima egli aveva sposato una buona ed onesta giovane a nome Carolina figlia di Giuseppe Campaiola comandante del gli

bagno penale posto

nella darsena di Napoli.

La

aveva persuaso suo padre a ricogenero nella propria casa, nella darsena

giovine sposa verare

il

vecchio e severo

stessa. Il

fetto

filiale

comandante per

aveva consentito,

pur

af-

sapendo di

esporsi a gravissime pene.

Mentre quillo lizia la

cosi

il

tenace cospiratore godeva di un tran-

giovane si accorse che la poteneva d'occhio nella speranza di poter

rifugio, la

rintracciare

il

marito.

La povera donna,

a

porre un termine a moleste e pericolose indagini, si

indusse a diffondere la voce che

il

marito era

morto e, per colorire meglio la finzione, prese gli abiti da lutto. Tutti i detenuti, sapevano del pie-

ci)

In questo stesso volume, cap.

(2)

La

I.

Rivolta del Cilento vel 1828.


150

toso inganno, il

De

ministro la

ma

nessuno fiatava

(1).

Finalmente

Mattia potette, con l'aiuto di Lord Tempie d'Inghilterra

Malta

il

in

Napoli, imbarcarsi su

Dragon „ ed approdare a 4 novembre del 1851 (2). Di là passò

fregata inglese

"

successivamente a Genova.

La polizia cercava con il più vivo interesse un altro degli imputati, Enrico Mambrini che, in assenza dell'intendente Griovan

Andrea Romeo,

aveva diretta l'intendenza di Salerno nei primi di maggio ed aveva consentito a la pubblicazione dei proclami del Carducci ed a somministrare danaro e munizioni a le guardie nazionali della città per muovere su la capitale. Il governo considerava il Mambrini come un traditore e teneva molto a l'arresto ed a la condanna di lui. Ma ogni indagine riusci vana: egli si tenne prudentemente nascosto finche il 29 settembre del 1849 fuggi in Piemonte

(3).

Griovanni Carducci, fratello di Constabile, anche egli si

gravemente complicato per i fatti del luglio, parecchio tempo nel villaggio di

rifugiò per

Cannichio nel comune di Pollica presso suo cognato Q-iuseppe Pisani facoltoso proprietario del paese, e poi riusci a partire per Marsiglia insieme

con Angelo Camillo De Meis illustre medico già deputato al parlamento napoletano. Un altro im-

CastromedianO; Carceri e galere politiche, pag. 190. Nota del direttore Pecclieneda del 26 novembre 1851, Archivio di Salerno, anno 1849, fase. 40. (1)

(2)

(3)

Archivio di Napoli, ministero

polizia, 14,

voi. 36.


151

putato,

Causale di Corleto, fido

notaio Nicola

il

Lamberti nella formazione del campo a Campestrino, potè dopo lunga latitanza, soltanto il 12 marzo 1851, fuggire a Malta insieme con la moglie Giuseppina Palumbo e trovò modestamente da vivere nell'isola lavorando in una fabbrica di carta tenuta da un tale Vincenzo Buggea (1). Di Giuseppe Verd oliva, altro degli imputati, ho già narrata la fuga a Genova (2). cooperatore

Un

del

dei

altro

capi

del

movimento

del

luglio,

Antonio Ourcio, era perito in un conflitto con 1 gendarmi in Calabria il 5 agosto del 1851 (3). Leonino Vinciprova comandante di una colonna insurrezionale nel Cilento

Roma

(4).

durante

il

si

era posto in salvo a

Giovanni Guerrieri

moto

di

luglio

di

era,

Campagna, che nella

sua

città,

capo del comitato della lega italiana^ e che aveva indotti

i

suoi concittadini a riunirsi a le colonne

del Cilento (5) era faella

(1)

fuggito con sua moglie Raf-

Bonavoglia a Genova

(6).

Filippo Vitagliano,

Archivio di Napoli, ministtro esteri, espulsi,

fa-

Hcio 3842. (2)

In questo stesso

(3)

Archivio di Salerno, R.

(4) Il (5)

Carducci, voi.

libro, cap. 5.

2»,

P.,

voi. 6.

cap. 2».

Eequisitoria del procuratore generale presso la

Gran

Corte Criminale di Salerno Angelo Gabriele nella causa a carico dei contumaci. (6) La moglie ottenne poi il rimpatrio nel 13 settembre 1853. Archivio di Napoli, ministero esteri, consolato di Genova, affari diversi, fascio 2646. Ivi, espulsi,

fascio 3853.


152

che aveva raccolto nel laglio

molte guardie nazionali e seguito le colonne ribelli, era parimente fuggito in Genova, ove poi mori il 18 aprile 1855 (1). I germani Francesco e Raffaele Coco, tenaci ed operosi liberali di Perdifumo, con mirabile calma e persistenza riuscirono, pur

rimanendo

nella loro

contrada, a sfuggire ad ogni ricerca. Un loro germano, di nome Marcello, cadde invece nelle

mani Il

degli sbirri.

procuratore generale Gabriele, con requisitoria

26 febbraio 1855, chiese l'iscrizione dei contumaci nell'albo dei rei assenti; ciò che, secondo le leggi del tempo, portava che essi potevano del

essere

arrestati

pubblica ed ritti

civili

da

ogni

individuo

della

forza

erano sospesi da l'esercizio dei di(art.

466).

La Gran Corte

accolse la

dimanda del Gabriele. L'art. 468 delle leggi di procedura criminale prescriveva: " Quando il misfatto non sia punibile di morte o di ergastolo, o del quarto e terzo grado di ferri, anche nel presidio, V annotazione nell'albo dei rei assenti

si

riguarderà come l'ultimo

atto del giudizio in contumacia si

„.

Quando invece

trattava di delitti che potevano importare quelle

pene, doveva procedersi " a Za decisione condanna in contumacia „. Il delitto di cospirazione e di banda armata ascritto a i rei as-

gravi di

senti implicava le più gravi pene; quindi avrebbe

dovuto addivenirsi a

la

condanna

in contumacia.

(1) Nota del ministero degli esteri del 14 maggio 1856 a r intendenza di Salerno, Archivio di Salerno.


153

Invece

il

procedimento

si

a

arrestò

l'

iscrizione

degli imputati nell' albo dei rei assenti. Forse

si

condanne che avrebbero dato nuovo argomento a i governi stranieri ed a la stampa estera di censurare il governo di

volle evitare altre gravi

Napoli.

IV. Alcuni di questi rei assenti vennero arrestati in seguito.

Due

da lungo tempo

di essi

e

Salvatore

in

arresto

Magnoni 15

il

di

luglio

1852.

Lucio

latitanti,

Rutino,

furono

Circa

tratti

un anno

la Corte speciale giugno 1853 di Salerno pronunciando contro essi ed il loro compagno di causa Emanuele Giordano di Lu-

dopo

il

,

13

,

condannò questo ultimo e Salvatore Ma-

stra,

anni di

gnoni a venticinque ciannove.

Un

R.

decreto

ridusse la pena per il

i

ferri,

del

Lucio a

di-

maggio 1854

primi due a tredici anni, per

terzo a dodici. Tutti e tre andarono al

bagno

di Procida.

dottore

Il

Stefano Passero di Vallo riusci ad

eludere le insistenti ricerche della polizia per ben

Fin dal 13 maggio del 1850 pendeva contro di lui mandato di cattura! La mattina del 23 marzo 1855 il gendarme Francesco Prucinque

anni.

urbani lo

dente ed alcuni in

un

sorpresero

in Vallo,

orto di Basilio Cricchio presso la chiesa di

S. Pantaleo.

Da

le

carceri del luogo passò a la

Vicaria di Napoli. L' istruzione del processo rivelò la parte presa dal

restò

nel

Passero nel moto di gennaio:

nell'ombra quella da lui avuta nel quale

egli

aveva

con una

schiera

luglio, di

suoi


154

raggiunto

conterranei

La

difesa

il

campo

di Ogliastro

destramente

avvalse

si

(1).

dichia-

della

razione da lui fatta, nel convegno a la Pantana nei primi di luglio, che

La Gran

era ostile ad insorgere. cisione

fatti nella

la

18 giugno

del

rivolta

cittadinanza

la

Corte, con de-

ritenne

1855,

vallese

nel gennaio a

soltanto

i

quali applicò

i

R. indulgenza del 10 febbraio 1848, e quindi

dispose la libertà

per

provvisoria

quale però dovette restare

parecchi anni a

micilio forzoso in Salerno per lizia

Passero,

il

ordine

della

il

do-

po-

(2).

Un

Giovanni Aulisio,

dei contumaci,

altro

si

teone lungamente nascosto con grandissima prudenza.

Stanco

certezze sentarsi

chiese

una

di

vita

d'angustie e di in-

1856 di preammesso. Dopo carcere, con rescritto del 25 no-

nel

settembre

spontaneamente

un paio di mesi di vembre 1856, ottenne

del

e vi fu

la grazia, restando

però sot-

toposto a sorveglianza.

Più strane

vicende

occorsero ad Angelo Pa-

troni di S. Cipriano Picentino, altro dei rei assenti.

Prostrato da si

i

disagi e

da

le ansie della latitanza

presentò di sua volontà in carcere nell'agosto

del 1853

:

ma

ben presto

ferenze, che

subiva,

tentativo

fuga: vi

di

lo

le

privazioni e le sof-

indussero ad riusci.

un

ardito

Arrestato novella-

mente, rivolse al re una domanda di grazia, raccomandata per pietà da l'arcivescovo di Salerno. Il

(1) (2)

Nel mio lavoro R Carducci, voi. Era ancora trattenuto a Salerno

2«>,

il

cap. 2o.

9 aprile 1856.


155

re deliberò cosi

" il

Petroni resti rinchiuso, ove

un

voglia, per sei anni in

caso rimanga sospeso di

lui

Questi

(1).

convento

nel

dei

Prepezzano

di

clausura

chiese

accettò

venne rinchiuso

e

riformati

Dopo

la

varii

grazia,

un occhio

:

passione ed

dimanda V.

Il

suo

il il

del

villaggio

anni di rigorosa

raccomandato anche

questa volta dal pio arcivescovo.

gravemente malato

Il

Petroni era

podagra, aveva

di

il

in questo

giudizio pendente centro

il

padri

(2).

chiostro ed

perduto

miserando ispirò com26 luglio 1856 accolse la

stato

re nel

(3).

prete Vincenzo Peluso, l'autore del truce

assassinio di Costabile Carducci, anelava di vendicarsi contro

Ad

i

suoi

nemici,

liberali di Sapri,

ispirazione del vecchio prete che, ospite nel pa-

lazzo reale di Napoli, godeva si

i

istruì

il

favore della Corte,

un voluminoso processo contro centoven-

tuno individui, accasati di aver promosso disordini in Sapri allorché erano andati in cerca

del

Carducci. Cominciarono gli arresti.

Fin da la metà del luglio 1848 il maggiore Vincenzo Manzi, spedito con un battaglione a reprimere la rivolta nel Cilento, aveva fatta sorprendere da un drappello dei suoi la casa di Cristoforo Falcone di Policastro,

uno

amici e cooperatori del Carducci.

babilmente informato

che

lo

della

dei più devoti Il

visita

Falcone, pro-

poco gradita

attendeva, aveva prudentemente trascorso

(1-3) Archivio di Napoli,

ministero giustizia,

collo del Consiglio di Stato del 28 luglio 1856.

proto-


156 la notte altrove. Il

Manzi rinvenne però un

crate e lo tenne in prigione qualche castello ducale di Diano,

figlio

nome So-

di lui giovinetto, vivente tutt'ora, di

tempo nel

come detentore

di corri-

spondenze criminose trovate nella casa. Le corrispondenze però riguardavano il padre del giovine, sicché dopo breve intervallo questi riebbe la libertà (1). Se non che, la sera del 7 maggio 1850, tenente

il

dante

gendarmi Luigi Ronghi coman-

dei

tenenza di Sala Consilina irruppe con

la

una schiera dei Falcone

ed

Proprio

nello

suoi

arrestò

dipendenti tanto lui

nella

che

il

casa del figlio (2).

stesso giorno la squadriglia Vairo

arrestava nella pubblica piazza di Maratea

i

accesi liberali

Gin-

fido

nari,

del paese, tra

seguace

del

cui

Raffaele

Carducci,

e

più

Domenico

Mercadante persona assai devota a la famiglia Grallotti, accorso anche egli a Sapri nel luglio. Di un altro seguace del Cardacci, Pasquale Bifano di Torraca, si seppe la morte avvenuta il 10 marzo del 1849 in Basilicata.

Le più

attive indagini

della

polizia

si

dirige-

vano contro Giovanni Galletti ed i suoi figli, capi della parte liberale in Sapri. Molte sorprese eseguite nella loro casa in Sapri riuscirono vane essendosi essi allontanati dal paese.

(1)

del

Nota

Gli

del sottintendente di Vallo,

lo febbraio,

1850,

Archivio

sbirri

pene-

Giuseppe Mollo, anno 1850,

di Salerno,

fase. 8. (2)

Verbale di arresto del 7 maggio 1850, incartamento

suindicato.


157

trarono la sera del 6 agosto 1850 nella villa GralFortino, sicuri, per informazioni ricevute,

lotti al

di afferrare ormai la preda

;

ma, con

grande

loro

meraviglia, trovarono vuota l'abitazione

(1).

Qualche mese dopo, il 16 gennaio 1851, la polizia ebbe assicurazione che nella casa Galletti a Sapri erano nascosti i due figli di lui Salvatore e Raffaele, anch'essi implicati nello stesso processo.

gendarmi entrarono nella villa di notte Salvatore cadde nelle loro mani, Raffaele, gettandosi da una fìjiestra molto bassa, potette prendere il largo. In quelli stessi giorni la polizia ebbe da un confidente segreto avviso che Giovanni Gali otti, si trovava in Lagonegro in casa di un suo intimo amico, un tale Felice Arpaia. Un sorgente dei gendarmi sorprese difatti colà non solo il Galletti, ma anche il fido domestico di lui Mansueto Brandi

I

:

ritenuto

come

"

della corrispondenza

latore

Galletti con l'efferato Carducci „ Compiuta r istruzione, apparve

del processo,

non essendo

delitto la ricerca che

i

(2).

tutta la vanità

possibile gabellare

come

liberali di Sapri e dei paesi

avevano fatta del Carducci.

vicini

del

Il

procuratore

generale della Gran Corte di Salerno, vistosi a

mal

partito,

andò indagando qualche

fatto che

avesse potuto qualificarsi come delitto e lo rin-

venne.

(1) Nota dell' intendente di Potenza al suo collega di Salerno dello stesso giorno. Arch. di Salerno, anno 1850, fase. 18. (2)

Nota dell'intendente

di

Potenza dello stesso

di, ivi.


158

Risultava da gli

atti

che nei primi di luglio Da-

niele Calderaro, cancelliere

comunale

di Sapri, (1)

era partito dal paese portando seco la chiave delGriovanni ballotti, funzionante da sindovendo disbrigare alcune urgenti faccende comunali, aveva fatto scassinare la porta delP ufficio ed affidate provvisoriamente, mediante verbale del

l'ufficio (2).

daco,

5 luglio,

funzioni

le

Domenico Bello

cancelliere

al

decurione

(3).

venne limitato

processo

Il

di

a

gli

autori

di

avevano preso parte o favorito lo sbarco in Acqaafredda quali vromotori di guerra civile. La Gran Corte, con decisioni del 2 agosto 1851 e 22 marzo 1852, mandò assolti tutti coloro che erano accorsi a Sapri per liberare il Carducci, tra cui il Brandi: questo

ed

fatto

a

che

coloro

legittimò l'arresto e rinviò a

giudizio soltanto

i

due Grallotti, il Q-innari, ed il Mercadante. Avverso la decisione costoro ricorsero a la Corte suprema di giustizia, che il 28 giugno 1852 respinse il ricorso.

due Falcone,

Apertosi speciale

cato

La

di

i

dibattimento innanzi la Gran Corte

il

Salerno, difesero

Gennaro Galdi,

Francesca,

(1) Ufficio

il

i

Gallotti

l'avvo-

Falcone l'avv. Francesco Ginnari ed il Mercadante l'avi

corrispondente a quello attualmente di

se-

gretario. (2) Il

Calderaro era accorso ad Acquafredda a premura

come ho narrato nel Carducci, Aveva preso parte a l'assassinio del Carducci.

del prete Vincenzo Peluso, voi. 2", pag. 8. (3) I

consiglieri comunali si

chiamavano decurioni.


.

159

vocato Baione. Nel collegio della difesa intervenne ultimi

negli

giorni

discussione

della

insigae

l'

avvocato napoletano Federico Castriota.

La Gran

Corte speciale, con sentenza del 6 novembre 1852,

condannò Giovanni

Ginnari a ventiquattro anni di

il

a venti,

Gallotti

ciannove, Salvatore

cone

a

tempo

Gallotti

(1).

Cristofaro

di-

Fal-

estraneo al

Nondimeno

fatto-

questi restò pa-

due anni di

in carcere e poi subi

domicilio forzoso in Sala

ferri,

Mercadante a e

Assolse come

tredici.

Socrate Falcone recchio

il

Consilina.

Il

Ginnari

andò a scontare la pena nel bagno

di Precida

e poi nel 1859, condonatagli la pena,

venne man-

dato a domicilio forzoso in Scalea

Un

decreto

mutò

reale

com-

pena a Giovanni Gallotti ed a suo

la

fi-

Salvatore in dieci anni di relegazione, che

glio

espiarono

a Ventotene

18 dicembre 1856 ebbero

due

(2).

marzo 1853

9

del

Giovanni

figli di

nuele,

dovettero

finche

con

decreto

del

la grazia sovrana. Altri

Gallotti, Raffaele

due anni

risiedere

a

ed

Ema-

Salerno.

Avvenuta

nel 1857 la spedizione di Sapri e la morte di Carlo Pisacane, nel taccuino dell'estinto

(1)

La sentenza narrando l'avvenimento di Acqnafredda,

disse con solenne «

viva (2)

la

mendacio che

repubblica

Venuti

i

nuovi tempi

tenente di dogana negro,

come

il

Carducci aveva gridato

»

il

13

il

la nomina di Mori a Lago-

Grmnari ebbe

novembre

1860.

ricevitore delle privative,

il

3 febbraio 1865,

un maschio a nome Casimiro, che

di-

venne ispettore nelle ferrovie, e due figlie. La moglie Raffaele Ginnari mori di colera il 1855.

di

lasciando tre

figli,


160 si

trovarono

furono

scritti

del

(1)

insieme con

escarcerato

il

tutti essi

:

18 agosto 1859

il

il

31

loro domestico

il

sueto Brandi e non riebbero libertà che

G-allot.ti

novellamente in carcere

tratti

tobre 1857

nomi

i

definitivamente la

(2). Il

15 aprile 1858

:

ot-

Man-

Mercadante fu

Cristofaro Falcone

scontò anche egli la relegazione a Vento tene, ove

morì

il

di colera come narrerò in movimento di Castellabate separato. I istituì un processo

1854

VI. Per glio

si

il

Carlo e Francesco

De

seguito.

nel

lu-

fratelli

Angelis, capi della ribel-

lione nel loro paese, erano

nella causa dei quarantuno,

già stati

come ho

condannati riferito in

Antonio Perdifumo e Nicola Pepe di Castellabate, promotori anche essi della rivolta, erano già in carcere. Vi si trovavano pure alcuni indiquesto

stesso

capitolo.

Luigi

Parenti,

Ronzio di

vidui del

comune

di Ortodonico accusati di delitti

comuni commessi durante quei disordini. La polizia aveva invano cercato lungamente uno dei principali autori del moto di Castellabate, il prete Pompeo De Angelis. Costui come ho raccontato precedentemente, era partito da Baia, su la nave da guerra francese " Friedland „ fin dal 22 gennaio 1849 per Civitavecchia e di là aveva raggiunto Roma. Caduta la repubblica romana, il

De

Angelis, e gli

altri

fuorusciti napoletani, videro

cambiare subito cielo. Un invincisentimento di nostalgia indusse l'ardito prete

la necessità di

bile

(1-2)

Archivio di Salerno, gabinetto anno 1859,

carte sfuse, fascio 14, n. 929.

s. s,

n. 6,


161

a tornare nel regno. Egli pellegrinò di convento

da monaco benedettino e il nome di Mauro Casa proveniente dal monastero di Subiaco. Per i buoni uffici dell'abate Marincola (1) che aveva conosciuto in convento, travestito

con un passaporto falso sotto

nella badia

di

Cava

e

di

autorevole, Bernardo Niso,

commendatizie di

un il

prelati a

alti

benedettino

altro

falso i

monaco, con

priori

di

varii

conventi, potè vivere senza molestie.

12 marzo 1850 nel monastero di Monproponeva di passarvi vari mesi quando ebbe avviso che la polizia aveva scoperto l'inganno e che l'intendente di Caserta aveva ordinato il suo arresto. Fuggi immediatamente in Napoli e si tenne nascosto breve tempo uscendo soltanto la sera. La polizia ne perdette le traccie; ma, affidato l'incarico di scovarlo al commissario Biagio Savastano, questi dopo lunghe e faticose indagini lo sorprese la sera dell'S maggio 1850 nella farmacia Cembalo a l'Infrascata (ora salita Salvator Rosa) e lo condusse nelle carceri di Salerno a disposizione G-iunto

tecassino

il

si

Gran Corte

della

speciale.

Questa, dopo lunghi indugi, con

12 marzo 1853, condannò anni di

ferri,

ventiquattro,

Il

(1)

il

il

Parenti e

il

Pepe a

sentenza del

Ronzio a venticinque

Pompeo De Angelis

a

sette anni (2). Il Parenti

benedettino Luigi Marincola fu abate di Cava novembre 1844. Poi visse a Napoli ove mori

dal 1840 al il

21 gennaio 1851. (2)

Archivio

speciale, 11

di Salerno, decisione

Memorie

del

De

Angelis.

della

Gran Corte


162

ed

il

De

Angelis, a

i

quali la pena fu ridotta a

dodici anni, vennero condotti a Nisida

il

dicem-

bre 1853;

ma

la libertĂ

con l'amnistia del 16 giugno 1859 e il 25 successivo.

poco tempo dopo, per intercessione dell'abate di Cava, il De Angelis ebbe, con decreto del 18 dicembre 1856, commutata la pena in dieci anni di relegazione a Ventotene. Ottenne fu effettivamente liberato


CAPITOLO

Vili.

(1)

Una congiura.

-

I. Denuncia di una congiura nell'esercito Sequestro di una lettera criminosa - Gravi rivela-

Sommario.

un confidente - Numerosi arresti una Commissione segreta d'istruzione

zioni di di

-

Nomina Man-

II.

dato di arresto contro la signora Mazziotti - PerseIII. Concuzioni contro di essa e la sua famiglia

Del Baglivo - Perquisizioni nel bagno di Procida - Arresto della giovinetta Leanza - Sequestro di una lettera presso Michele Pironti Altri numerosi arresti di borghesi e di militari IV. Tentativo di fuga del Baglivo dal castello di Sant'Elmo - Sua caduta nei fossati del castello V. Hisoluzioni sovrane per gli imputati militari e borghesi VI. Applicazione della pena della bacchetta - Indegno certificato di un chirurgo militare - È sottoposto alla bacchetta anche il ferito del Baglivo - Invio degli imputati nelle isole. - VII. Latitanza della signora Mazfessioni del caporale

-

ziotti -

(1)

Risoluzione di fuggire

Desumo

a

Genova -

Artificio

notizie riportate in questo capitolo in

le

massima parte da un incartamento dell'archivio militare di Pizzofalcone, comando generale guerra, fase. 2530, pratica 461, n. 7, e

da

polizia di Napoli.

gli

incartamenti della prefettura di


164

con cui riesce a deludere la vigilanza della polizia "Un passaporto falso - Arrivo della profuga a Genova - Sorpresa ed ire della polizia napoletana.

I.

Il

due agosto 1853,

in Avellino,

dell'ottavo battaglione dei cacciatori,

Gisonna, confidò a

i

il

caporale

Alessandro

suoi superiori che

un

inser-

viente di piroscafi mercantili diifondeva nell'esercito

proclami rivoluzionari e che

fino

un attentato contro

guente

il

si

preparava per-

la vita del re.

colonnello ne informò

il

Il di

se-

governo, che

subito dispose l'arresto di alcuni soldati indicati

dal Gisonna e le più severe indagini. Queste però

non approdarono a nulla: si raccolsero soltanto voci vaghe e confuse e si finì col credere il denunciante un visionario. Il colonnello prudentemente, per evitare ciarle in caserma e per tema Gisonna,

di

qualche vendetta dei

lo

mandò con un lungo permesso ad Angri suo

paese nativo

liberali contro

il

(1).

Qualche mese dopo, quando a quel tramestio non si pensava più, venne sequestrata una lettera del 13 novembre diretta dal caporale Fortunato Adamo dello stesso battaglione ad un tale Giuseppe Ricciardelli, con queste gravi parole: " Potete inviare qualunque lettera a i nostri fra' tetti, onde renderli del tutto consapevoli, e che si attivassero a dar principio a Vopera

da

tutti bra-

mata. Dovete conoscere che adesso tutto dipende dai paesani a causa che in tutti

(1)

Archivio di Salerno, fascio

13.

i

corpi del nostro


165 esercito

è prestato

si

e

sottufficiali

che a la

un giuramento

dalla maggior parte

prima mossa, le

tutti

truppe come per

il

quale

passato

lo

i

ufficiali

che vi sarà, volteranno

spalle a quelV assassino tiranno

verà più

d.a

degli

non

„ (1).

le

tro-

Una

larga cospirazione in tutto l'esercito, la defezione

generale a la prima scintilla! Al ministero della

guerra ed a

la

Corte nacque a tale notizia un vero

subbuglio.

dal destinatario,

un oscuro caporale, e un modestissimo possidente che

non aveva mai

fatto parlare di sé, si cavò

Da

l'autore della lettera,

poco. Negli atti non esistono

ma

i

ben

loro interrogatori

;

andavano a tennulla. Ad un tratto di capo si veniva a toni e non un confidente, di cui non apparisce il nome, ris'intravede che le indagini

velò tutta la trama. nei documenti,

ma

Anche questa denuncia manca essa

di

ragguagli uno scrittore

ci

ha

dato

larghi

(2).

Si sarebbe trattato di fasci di proclami rivoluzionari del Mazzini

nova a Napoli da addetto a

i

certi

Michele

La

Ge-

Via, impiegato

piroscafi postali, e Luigi Sacco, inser-

viente del piroscafo

vano quei

portati segretamente da

fasci in

il

Vesuvio. Costoro consegna-

Napoli a la baronessa Marianna

Pizzuti moglie dell'ex deputato Mazziotti condan-

nato a morte per

(i)

i

fatti del

15 maggio e fuggito a

Archivio di Napoli, 'prefettura-di

i^olizia,

anno 1853,

fase. 3119, voi, lo. (2)

Paolo Mencacci, Memorie documentate,

pag. 225.

voi. 1°, p.

l^^,


166 Ella, a

Grenova.

quanto

riferiva, diffondeva

si

i

proclami nell'osercito per mezzo dei caporali Antonio Baglivo di Castellabate, Francesco Mazziotti

conterraneo

Luigi

La

ma

non parente

suo

di

marito,

di

Sala, allievo volontario nell'ottavo bat-

taglione cacciatori, e di (1).

nifestato

proposito

il

un borghese, un

tale

Leo-

Baglivo avrebbe perfino ma-

poldo Vitro

Il

(li

uccidere

il

in

re

una

rassegna militare!

immediatamente e con grande segrePer comando di lui, il colonnello di stato maggiore Alessandro Nunziante fece arreSi avvisò

tezza

il

re.

stare e chiudere in Castel S.

Baglivo e Mazziotti, il

Ricciardelli.

La

il

Elmo

Sala,

il

i

caporali

Sacco,

Ogni ricerca del La Via

il

Adamo, Vitro ed

vana:

riuscì

forse potette riparare a l'estero. Il ministro di po^ lizia scrisse

riservatamente

il

16 novembre 1853 a

l'intendente del Principato Citeriore

"

di

proce-

dere senza indugio ed a colpo sicuro a l'arresto della signora Mazziotti, essendo risultato che essa si

trovi con

i

suoi figli nelle proprietà del marito in

quella provincia Il re

(2),

teneva grandemente a conservare nei suoi

sudditi ed a l'estero

il

concetto dell'assoluta fedeltà

e devozione dell'esercito a la sua persona.

mancavano su

(1)

di ciò in paese dubbii

L'accusa contro

mente

la

Non

ed insinua-

signora Mazziotti era completa-

falsa.

(2) Archivio di Napoli, anno 1854, n. 6760, voi. T». Nota dell'intendente di Salerno del 22 febbraio 1854, che rias-

sume

i

precedenti della pratica.


167

specialmente da

zioni, diffuse

governo e

la corte le

ostentando illimitata fiducia ostante

più

il

pubblico

e

qualche

ne

se

i

con

;

ma

il

sussiego,

truppe.

Non-

serbato circa

la

cosa era trapelata nel

parlava

molta compiacenza, da

nelle

mistero

geloso

grave denunzia,

liberali

i

smentivano

sommessamente, con

liberali.

deferire

11

gli

accusati a le corti militari avrebbe dato luogo a

anche a gravi conad un discredito dell'esercito. La stampa liberale del Piemonte, della Francia e dell' Inghilterra avrebbe divulgato la notizia, esagerando i fatti e commentandoli a discussioni, a pubblicità, forse

danne

modo

e inevitabilmente

suo! Si credette di evitare questi pericoli

nominando una Commissio7ie

segreta per investi-

gare e proporre in linea economica (vale a dire senza alcun giudizio di magistrato)

ciò

che oc-

corresse di fare.

La Commissione segreta, composta dell'alfiere Vincenzo Bruzzese, del capitano Griacomo Umbeli e del commissario di polizia Salvatore lis,

si

accinse fervidamente a l'opera

De Spagno(1).

Per

di-

sposizione sua la polizia praticò perquisizioni rigorose in tutti

i

luoghi di pena presso

politici e presso

gionò in Castel S. litari

(1)

i

condannati

molte persone sospette, ed impri-

Elmo un buon numero

di mi-

e di borghesi.

Archivio militare di Pizzofalcone, ministero guerra,

l» ripartimento,

carico,

narrato nel cap.

2°,

aveva seguito

nel disarmo del Cilento.

n. 1481. il

L'Umbeli, come ho maresciallo

Palma


168

IL L'intendente ricevè la

del Principato Citeriore, Valia,

mattina del 17 novembre Pordine di

arrestare la signora Mazziotti.

Non sapendo con

dimora contemporaneamente

comunicò l'ordine

precisione la

di al

essa,

commissario di polizia in

Salerno, ove la signora aveva stretti congiunti, al

giudice regio di Montecorvino Rovella, paese nativo di

lei,

e

mandò un

suo fido al cav. Achille

Landi, sottintendente del circondario di Vallo, ove la famiglia Mazziotti

ed era

possedeva alcune proprietà

solita villeggiare (1).

L'ordine giunse da prima al commisS'ario di poSalerno, che perquisì nello

lizia di

stesso giorno

la casa dei fratelli Griuseppe e Vincenzo

De Au-

gustinis di Frignano Cilento, studenti in Salerno e

nipoti

della

signora.

due giovani, avendo

I

compreso, da qualche parola poco prudente del commissario, chi

si

cercava, corsero, appena an-

dati via gli sbirri, da

Fraiese, liberale allora

l'

impresa

un

tale

salernitano,

del

Giovanni Antonio quale esercitava

il

trasporto

denze postali nel Cilento, e

lo

delle

corrispon-

pregarono di reca-

pitare subito a la signora nel villaggio di Celso,

ove essa allora dimorava, una lettera per avvisarla dell'imminente pericolo. Il Fraiese prese tanto

a cuore l'incarico che partì egli stesso la sera

viaggiando tutta

la notte in carrozza fino a

tino e poi a piedi (non

(1)

anno

vi

era

e,

Ru

ancora in quei

Archivio di Stato di Napoli, ministero

di

polizia,

1853, espediente 6760, rapporto dell'intendente del

22 febbraio 1854.


169

luoghi

strada

arrivò

rotabile)

verso

19 novembre a Celso, e consegnò signora ritenne trattarsi di vane

menti giovanili; incaricò

naro

un

La

apprensioni di

modo, per prudenza, amico di famiglia, l'avv. Genandare a Pollica per scrutare

in

fidato di

Piccirilli,

del

l'alba

la lettera.

ogni

accortamente se vi fosse qualche pericolo.

messo inviato da l'intendente a Vallo non aveva trovato il cav. Laudi in residenza, essendo questi per ragioni di ufficio andato nel coIntanto

mune

il

di Ascea.

Aveva quindi proseguito

volta. Il sottintendente riore

la

sera

a quella

ebbe l'ordine del suo supe-

del 18 e scrisse senza indugio a

i

giudici regi di Pollica, di Castellabate e di Tor-

chiara di procedere

immediatamente a

l'arresto.

Questa ingiunzione arrivò nel comune di Pollica,

da cui dipende

villaggio di Celso, verso

il

zodi del giorno 19 dopo

il

il

mez-

segreto avviso portato

dal Fraiese. Il Piccirilli

procedeva

alla volta di Pollica

quando

vide a non molta distanza venir verso Celso

il

giudice regio ed una turba di gendarmi e di urbani. Ritornato prontamente su visò la signora, che per dalla sua casa e

i

suoi passi, av-

una porticina segreta usci

nascose in un fabbricato detto

si

palazzo di Sessa posto nello stesso villaggio ed

appartenente Il

al

marito.

giudice regio,

il

quale sapeva che la Mazziotti

era in Celso, fece rovistare tutta la casa, minacciò

finanche di mettere fuoco ad essa,

minaccio riuscirono

inutili.

ma

ricerche e

Allora cominciò una

caccia feroce, specialmente nelle case dei parenti


170

della signora. Si prese sopra tutto di mira

lazzo in S.

genero

Mango

della

Ella

Mazziotti.

si

fremendo

per

d' ira

pa-

perquisizione, insuccesso,

l'

della sua residenza, lasciò alcuni

stodia del palazzo

trat-

si

sottinten-

Il

recò personalmente a

a dirigere una severa

vi

difatti

tenne a lungo in un nascondiglio.

dente Landi

il

Cilento del barone Del Griudice,

San Mango e

quando,

riprese

via

la

gendarmi a cU'

(1).

L'intendente Valia, spronato da energiche rimostranze del governo, inveiva contro il sottintendente, al quale "

scrisse

il

Cominci dai l'arre stare

16 dicembre del 1854:

tutti gl'individui,

uomini

e donne,

padroni, servi e dipendenti della

di Celso

nella

era

la

casa

Mazziotti e donde

Furono subito imprigionati molti pa-

usc-iva „ (2).

renti di

quale

tra

lei,

i

quali

genero

il

barone Luigi

Del Giudice, i cognati barone Francesco Gagliardi e Rosario Salurso, la cognata Modestina Mazziotti, i

Domenico

suoi fattori

Petillo, V^incenzo Guariglia,

Giovanni Antonio Lippi e lovino. e tre

La

cugini

Gabriele

De

fratelli di lei (3)

a

domicilio forzoso in

gendarmi perquisirono

I

(4).

cembre del 1853,

De

domestica Giovanna

marito, Ferdinando, Michele e

del

Augustinis,

Sala Consilina

la

mandò due

polizia

il

palazzo dei suoi

il

22

di-

affini signori

Siervo, presso Ottaiano, credendo di trovarla

colà;

(1)

ma non

Suo rapporto

(2-8) Ivi, (4)

la

rinvennero e per dispetto ar-

del 13 dicembre 1853. Ivi.

espediente

n.

5131 del 1850.

Incart. indicato, espediente n. 6760.


171

restarono uno dei proprietari,

ii

signor Fedele

Si tentò di carpire

il

segreto a

Siervo

(1).

di

fanciullo

lei,

dieci

di

anni, e lo

dimorare in Salerno, nondimeno

si

egli

un

De

figlio

obbligò a

non

si

lasciò

sfuggire parola.

Per eludere

le

continue ricerche l'infelice donna

passava, accompagnata da

i3di

casa, per lo più nelle

della notte, travestita

ore

parenti, di casa in

da contadina. Quasi tutti nel Cilento sapevano il suo rifugio, ma ninno lo rivelò, per quanto blandizie, promesse e misi fossero adoperate nacele.

Una

sera,

più ospitali richetta

De

ella era

in

una

contrada, presso

il

delle case

signor Ni-

moglie di lui EnAugustinis, giunsero improvvisamente

Galano

cola

mentre della

di Copersito e la

da Vallo e presero alloggio nella stessa casa il sottintendente cav. Laudi ed il capitano dei gendarmi De Liguoro. Essi poco dopo si posero a cenare con la famiglia dell'ospite, mentre la baronessa Mazziotti

si

tratteneva arditamente nella

stanza contigua e stava in ascolto. scorso, tra

i

commensali, su

le

Cadde

il

di-

accanite e infrut-

lei, argomento increscioso due funzionarli, cui non erano mancate dall'alto amare parole per i ripetuti insuccessi. Il capitano dei gendarmi ad un tratto con aria di profondo mistero esclamò: " Io so ove si nasconde

tuose ricerche contro di

per

i

la signora! „ il

A

queste parole

gli ospiti allibirono,

sottintendente balzò in piedi

(1)

Divenuto poi sindaco

domandando ove

di Napoli, senatore del regno.


172

mai

la

ma

fosse:

ella

con

mano

segno

facendo

capitano, di

calmarsi e di

tòno di mesta rassegnazione

in

sedersi, riprese

il

sottintendente

al

ed in pari tempo con misterioso sussiego:

vana ogni

ricerca: ella è presso

cese in Napoli

le

sto

polizia

la

(1).

cav. Laudi, scoraggiato

momento

E

molte perquisizioni fatte inu-

tilmente nella capitale Vallo a l'intendente

"

ministro fran-

Forse cosi sospettava

„.

napoletana dopo

Il

il

il

ormai, scriveva da

21 dicembre 1853:

rientro in residenza

"

In que-

dopo un giro

di

dieci giorni eseguito nel Cilento, sotto dirottissima

pioggia, tra frane e valloni, rischiando la vita nello

scopo di rintracciare la signora Mazziotti oggetto strepitosi impulsi di lei e del signor direttore

di

generale di polizia.

E

assai

malagevole seguirne

i

ognuno ha ritratto, nei paesi del Cida l'emigrato suo marito non pochi bene-

passi; poiché lento,

come uomo assai caritatevole „ (2). Le terribili ansie di una vita randagia,

fìzi

nanza dal marito

e dai

figli,

logoravano

la lontala salate

della sventurata, esposta ogni istante a le più cru-

Una lie^e imprudenza, una denunzia improvvisa potevano perderla! Era forse meglio deli sorprese.

presentarsi spontaneamente che continuare quella

(1)

prile

Una

nota della prefettura di polizia

1854 indica

le

lunghe

ricerclie

fatte

del in

19 atutti

i

quartieri della città. (2;

Sua relazione del 21 dicembre, ivi. Il Landi nel 1854 come sottointendente a Vallo dal cav. Angelo

fu sostituito Santini.


173

La

vita di affanni!

famiglia di

un

grete intelligenze con

lei

che aveva se-

funzionario di polizia

un

a Salerno inviò da questo con una lettera

Mariano De Augustinis di Frignano Cilento (1), chiedendo consiglio. Si era nel cuore dell' inverno ed il funzionario se ne stava solo e tranquillo innanzi ad un buon camminetto acceso, quando gli venne annunziato il parente,

fido

De

sig.

il

Augustinis, che gli presentò la lettera.

Il

fun-

zionario l'apri, la scorse pallido ed ansante, quindi la

quando ogni brandello fu voi, con una tale lettera venir qui rischiando di mandare in

gettò nel fuoco

distrutto, esclamò:

avete osato di

e,

"

E

rovina me, e voi stesso! la signora dite

morte che

una cosa

Fuggite, fuggite, ed a sola,

meglio per

lei la

l'arresto „.

III. Il caporale

Del Baglivo costretto da sevizie

confessò a la commissione istruttoria di avere

ri-

cevuto per mezzo di un tale Donato Nicoletta,

bagno

premure da i compagni (2). Una minuta perquisizione eseguita subito, il 20 dicembre 1853, in quel bagno non diede luogo ad alcuna scoperta importante. Però la polizia seppe che due donne, Raffaella e Nicoletta Leanza, la prima moglie, e la seconda figliuola del condannato politico Luigi Leanza visitavano molto spesso il loro congiunto, e due altri reclusi ritenuti assai inserviente nel

di Precida,

detenuti politici di subornare

i

suoi

(1)

Morto

(2)

Archivio di Napoli, prefettura di polizia, anno 1853,

nello scorso

fascio 3119, voi. 2o.

anno in Napoli.


174 pericolosi, Carlo

De

Angelis e Luigi Parenti, en-

trambi di Castellabate, conterranei cioè del caporale

Del Baglivo. Certo si

spondenze tra

reclusi ed

i

due donne

le

nelle loro

prestavano a criminose corri-

frequenti visite

militari

i

solo sospetto per arrestare,

Bastò questo

20 dicembre,

il

vine Nicoletta Leanza, che

!

la gio-

contava allora venti

d'Agnone ben quattro mesi, cioè

anni, e cbiuderla nel carcere di S. Maria in Napoli, ove restò per

marzo successivo (1). La polizia temeva specialmente, per

fino al

con

occulte

militari.

espiava la pena

dei

relazioni

Michele Pironti, che allora ferri

nel

Mon-

di

castello

una perquisizione presso di rinvenne un frammento di una lettera In

tefusco.

stesso

Adamo,

caporale Fortunato

dal

tagli

autore

ciardelli!

della

Sembrò

(2).

trama

svelare la

lettera ch^i

non

prigione tutti

i

detti

a la vigilanza del bagno, su

teva

cadere

Pironti la si

il

sospetto

lettera

del

di

vette

(1)

chiari nulla. militari

ad-

quali

po-

i

aver consegnata

D'Adamo. Alcuni

trovavano di guarnigione in farli

Ric-

dovesse

in ogni suo particolare e sbro-

in

tratti

al

scoperta

gliare l'arruifata matassa: invece

Vennero

si

diret-

proprio lo

incendiaria la

lui

al

di essi

Sicilia, e si

do-

venire di là e chiuderli nel forte di

Archivio di Napoli, ministero di polizia, anno 1853, La giovine, nata il 10 settembre 1833,

espediente 6760.

sposò poi (2)

il

sig.

Camillo Monaco.

Archivio di Napoli, prefettura di polizia, anno 1863,

fascio 3119, voi. 20.


175 S.

Elmo, ove erano

tutti gli altri

imputati della

tenebrosa cospirazione.

dopo le confessioni fatte si sentiva perduto! L'accusa gravissima, di attentato al re, portava la pena di ma egli aveva conmorte. Mancava la prova IV.

Del

caporale

Il

Baglivo

;

fessato le sue corrispondenze con detenuti politici

per subornare

i

suoi compagni, e questo addebito

bastava a mandarlo

al

ornai restava al misero!

segnata col

mancava modo perle ed, anche

Niuna speranza

!

La fuga? La sua

grosse

di procurarsi

una lima per romsarebbe occorso

molta fatica e non poco tempo, ed ne sarebbero certamente accorti. E esse

una

una corda por da le

fosse spezzata?

i

custodi se

poi, anche ad assicurare ad discesa, v'era da buscarsi

sbarre, e

le

la

fucilata

fi-

sbarre di ferro. Gli

ottenendola, vi

riuscendo a limare

prigione,

posta in alto; la piccola

n. 98, era

nestra di essa aveva

patibolo

sentinelle.

Una

E

se la

corda

si

caduta da quell'altezza sa-

rebbe stata mortale!... L'ardito caporale si agitava tra miUe timori e vane speranze quando scopri che sotto la sua cella v' era una stanza addetta una volta a

prigione

e

poi

abbandonata. Scendendovi, egli

poteva calarsi giĂš da

Con mirabile piano per non fare

corda.

mente, durante suo

lavoro,

le

riusci

la finestra

mediante una

tenacia, lavorando di notte, strepito, e

nascondendo

abil-

frequenti visite dei custodi,

il

ad aprire nel pavimento un

sufficiente per passarvi. Formò quindi con la coperta di lana del suo lettuccio e con la fodera

buco


176

lunghe

del paglione

striscio

per scendere da la

finestra.

La

notte dell' 8 febbraio 1854 fa assai oscura;

una densa nebbia circondava le mura del castello. Poco prima dell'alba, quando di solito era meno intensa la vigilanza delle scolte,

La

il

Del Bagli vo

stanza sottoposta era molto

cominciò

la discesa.

bassa,

che egli potette con un salto giungervi

senza pericolo. Assicurate

le striscio

ad un ferro

conficcato presso la finestra, frenando cuore,

attaccò ad

si

quando ad un

salvo,

si

battiti del

i

slanciò nel

lentamente e già

scorrere

lasciava

Si

esse e

tratto la striscia

si

si

vuoto.

credeva

ruppe ed

egli precipitò nel fossato detto del Petraio.

Al rumore l'allarme,

vennero

caduta una sentinella

della

accorsero

il

i_

soldati

Del Baglivo senza

guinato. Il chirurgo militare nel

caporale

la

frattura

molte contusioni, e

di

diede

guardia e rin-

sensi, tutto insan-

del forte riscontrò

della

spalla

destra

e

lo fece trasportare a l'ospedale

militare. Ma due giorni dopo il maresciallo Bernardo Palma, da poco promosso al comando della provincia di Napoli, per tema che lo sventurato,

comunque

cosi malconcio, tentasse un'altra fuga,

lo fece trasportare di

con ordine di

"

nuovo nel forte un locale

tenerlo in

di S.

Elmo, ben

isolato,

custodito e sorvegliato, sotto le cure del chirurgo di altri che saranno appositamente da l'ospedale militare della Trinità (1) „.

del forte e inviati

(1)

Nota del 10 febbraio

1854, n. 474, archivio militare

di Napoli, segretariato n. 276, personale n. 15952.


.

177

V. Nel grosso fascicolo degli missione istruttoria segreta

su questa spinosa faccenda.

al re

e

la

relazione

Forse non

un documento

volle lasciare negli atti

Com-

della

atti

manca

si

cosi geloso

riservato, temendosi facili indiscrezioni. Vi sono

però

le risoluzioni

sovrane comunicate, con nota

marzo 1854, dal generale Nunziante al comando della piazza per i militari ed a la predel 15

fettura di polizia per

Per

militari

i

l'esercito

in

il

i

borghesi

e l'invio dell'alfiere

Ali sua

patria

sotto

massima punizione

2° la

chetta

(2) nell'interno del

dita del cingolo penali, in celle

(1).

re ordinò: 1° la radiazione

militare isolate,

da Giovanni Fiumara

rigorosa

sorveglianza;

affiiUiva,

cioè

forte S.

Elmo,

(3),

bac-

la

la per-

e l'invio nei

bagni

dei caporali Antonio

Del

Baglivo, Fortunato d'Adamo, Enrico Janni, Q-abriele Battaglia, e dei sergenti

Vincenzo Caggiano; 3°

Vincenzo Giglio e

bacchetta e la relega-

il loro impegno Domenico De Feo, Mariano

a la Pantelleria, durante

zione

militare, dei caporali

(1)

la

Ministero della guerra, l» ripartimento, 1° carico, Prefettura di polizia di Napoli, anno 1854,

n. 1481.

fascio 650, voi. 2». (2) L'art. 362 dello statuto penale militare, approvato con legge del 30 gennaio 1819, stabiliva per i delitti commessi da sotto ufficiali e soldati « l'esacerbazione di un

numero di giri di bacchetta da stabilirsi dal Consiglio di guerra a misura della maggiore o minore gravità del reato.» Nell'art. 379 si soggiungeva: « Questa pena non arreca infamia (3)

»

Cioè la radiazione da l'esercito.

12


178 di Angelo, Antonio AuriDomenico La^^anà, Cannine Scarpa, gemma 4** il congedo e la relegazione in Ponza del sergente Giuseppe Amoroso e dei caporali

Q-ianfreda,

e

dei

soldati

Griuseppe

;

Francesco Mazziotti, Nicola Rossini e dei soldati

Angelo Cinquegrana, Enrico Schioppa, Nicola Mangia, Michele Campiglia, Vito Donato Pretti, Domenico Coia, Raifaele De Gfregorio, e Francesco Paolo Albani; 5° il congedo definitivo per il sergente Raffaele Vignolo; 6° il congedo e la relegazione in Tremiti per il sergente Gennaro Cerella, per il caporale Luigi Granna e per i soldati Alfonso De Masellis, Antonio di Fiore, Filippo Brescia, Francesco Giaqiiinto, Leonardo Francesco Leone, Francesco Giampolo, Giuseppe Panunzio Francesco di Sessa, Giuseppe Damiani Domenico Occhiati e Domenico Monzillo; Lanza,

7° la liberazione di altri sei militari riconosciuti

innocenti.

Per

gli

imputati

relegazione a

Ponza

Giuseppe Ricciardelli,

borghesi

il

re

dispose: la

prete Mattia Basile, di

del

Oaccavale, Gaetano

P. E.

Tommaso e Luigi Sacco, ed Antonio Petruccelli: nelle isole di Ustica o della Favignana, di Vincenzo Vitro della Pantelleria, di Donato Nicoletti: a Tremiti di Luigi Pagano, Aniello Alvino, Vincenzo,

:

Adamo

e Pietro

Amodio

:

la

sorveglianza nei

spettivi domicili per Camillo Jacovelli di

ri-

Picini-

Grandino fu Antonio di Castellabate, di Gaetano Della Banca di Avellino, del sac. Bonaventura Falabella di Gioi la libesco,

di

Costabile

:


179

M.

razione di Nicoletta Leanza, Filippo Baratta, A. Cilento e Filippo Verrone

La Commissione in seguito ad

ordine sovrano,

i

rapporti

il

Janni,

De

cinque VI.

Battaglia e D'Angelo

quella

giri di

l'

modo

"

prescritto

condannato

neir atrio

reggimento

si

;

Aurìgemma

della

(2).

diversa da

379 dello statuto pe-

Le bacchette verranno nel

esecuzione delle pene militari

dotto

la

era

bacchetta

della

delle legnaie. L'art.

scrive: " Il

Cagpena di per La-

bacchetta psr cento uomini

nale militare disponeva:

date nel

stabiliva

uomini

Feo, Scarpa, (lianfrida ed

La pena

conesige

Griglio, Jacovelli,

dieci giri di bacchetta per cento

ganà,

"

caso

del

massimo rigore

per Del Baglivo, d'Adamo, giano,

novellamente

17 marzo

il

somma gravezza

siderato che la sotto tutti

(1).

segreta, riunita

regolamento „ (3). Il

De

per

Cesare

alle legnate veniva concaserma dove già il suo

trovava disposto in quadrato.

era svestito, e con

le sole

mutande veniva

bocconi sopra una scranna di legno.

Due

steso

caporali

con un sottil bastone applicavano al disgraziato cinquanta o cento battiture, secondo la condanna, marcando i colpi ad alta voce. La pena della

(1)

Lettera

fetto di

del 15

marzo 1854

polizia, archivio

anno 1854,

Napoli,

del

ministro al pre-

prefettura

di

polizia,

voi. 1°.

Verbale del 17 marzo, ivi. Finora non mi è riuscito mento. (2) (3)

di

trovare tale regola-


180

anche piĂš

era

bacchetta

nudo fino ai fra due file

dolorosa. Il

colpevole

doveva passare e ripassare soldati, i quali a suon di tam-

fianchi,

di

buro lo percuotevano sulle verghe di salice (1). La mattina del 20 marzo

con

spalle,

sottili

j,

della bacchetta per

Baglivo

ancora

si

La

infermo.

esegui la pena

meno

militari,

i

per

relazione

il

Del

ufficiale

comandante del castello, dello stesso di, nota che venne scelto per l'esecuzione un locale op-

del "

portuno nelle fossate del forte dei cacciatori, i

terminò a

Assistevano

funzione cominciata a Falba

11 antimeridiane, trattandosi di sot-

le

toporre a la bacchetta ben dodici persone. lazione tace

del

loro compagni,

a

soldatesca

contegno di costretti

l'ingrato

da

la

ferrea di

ufficio

La

re-

Sul viso dei

esse.

disciplina

aguzzini o di

leggeva un profondo sentimento di

spettatori, si

sdegno e

al

le

La barbara

colpevoli.

„.

compagnie del battaglione cui principalmente appartenevano

vergognoso spettacolo

di repressa ribellione

;

ma

al

comandante

del forte piacque, da accorto cortigiano, di riferire invece

e di

"

che l'unanime spirito di avversione

aborrimento per quei

volto di tutti

„

tristi si

ravvisava sul

(2),

Per il caporale Del Baglivo era stata sospesa la pena della bacchetta in attesa del responso di

un medico.

Il

chirurgo militare, Domenico Rossi,

(1)

Fine di un regno,

(2)

Eelazione del 20 marzo 1854 del comandante del

forte.

voi. lo.


181

incaricato di visitare ilDelBaglivo e di esprimere

suo parere circa

la possibilità di infliggergli la

senza esporlo a pericolo di vita, scriveva con

buttante cinismo vato

il

soldato

19 marzo 1854

il

Antonio Del Baglivo

comunque non guarito pure

la

Ho

ri-

osser-

quale,

al

omero

frattura dell'

della

essendovi scomposizione

destro,

"

:

il

pena

frammenti,

dei

punizione della bacchetta non è assolu-

tamente mortale

comandante

Il

(1),

del

forte,

che molto probabilmente aveva fatto comprendere

medico

al

ciò

che

si

soddisfatto a scrivere,

guerra:

"

desiderava,

si

affrettò tutto

marzo,

al

ministero della

il

'24

Poiché dal certificato del chirurgo Rossi

non si vieta di potersi assoggettare il Del Baglivo ad una punizione affiittiva, domani gli farò seguire la sorte degli

ginarsi

quali

altri

(2).

Può

dolori

atroci

facilmente

dovette

imma-

subire

l'in-

felice.

La sare

sera del 25

ogni

colpiti

da

marzo

pubblicità

a ora inoltrata i

la risoluzione

nettati e tra

una

la prefettura di le battiture

sovrana vennero

amma-

folta schiera di sbirri condotti a

Del Baglivo dopo reggeva in piedi e lo

polizia (3). Il

subite

le

per scan-

trentaquattro individui

non

si

dovettero trasportare in vettura.

passarono a

"

isole

loro

Da

la prefettura

assegnate.

Narra

il

Brienza che nel gennaio del 1855 vide nell'erga-

(1)

Dichiarazione scritta del Rossi in data del 19 mar-

zo 1854, archivio militare di Pizzofalcone. (2-3) ivi.

Lettera del comandante del forte del 25 marzo,


182 stolo di S. Stefano

caporali

i

i

d'Adamo

sergenti G-igli e Caggiano ed

Del Bagli vo in una

e

un

rigore. Attraverso

di

che avevano

La

le spalle tutte livide,

un braccio

glivo aveva

foro del

rotto ed

risoluzione sovrana per

il

i

cella

muro osserva ed

il

Del Ba-

piede slogato

(1).

non com-

militari

prendeva il La Sala allievo volontario, perchè ancora non faceva parte dei ruoli delFesercito.

Un di

ordine

marzo,

successivo

relegava a

lo

da

cellandolo

del

l'elenco

re,

l'isola

dei

conveniente al reale servizio.

a Ponza scafo

il

Cagliari con

da

di

Ponza, can-

volontari Il

La

mese

Sala

come non si trovava

27 giugno 1857 a l'approdo della spe-

il

dizione di Carlo Pisacane, e

ritogli

dello stesso

i

capi

il

imbarcò

grado di

della

Padula

si

sul piro-

ufficiale

confe-

spedizione. Sfuggito a

i

Sanza venne arrestato e condotto a Salerno, ove subĂŹ con i suoi compagni saperstiti un lungo e clamoroso giudizio innanzi a la Grran Corte speciale. Condannato a morte massacri di

e di

con sentenza del 19 luglio 1858, ebbe commutata pena nell'ergastolo, poi con decreto del governo costituzionale del 17 agosto 1860 in venticinque

la

da ultimo con decreto del l'' settembre successivo, sei giorni prima dell'entrata di Garibaldi in Napoli, ottenne la grazia comanni di

pleta

(2).

VII. tati,

ferri e

Il re nel risolvere

aveva disposto che

su la sorte degli impusi

(1)

Rocco Bribnza. La mia

(2)

Giorjiale delle

Due

adoperasse maggiore

croce, pag.

Sicilie del

97.

4 settembre 1860.


183

energia per l'arresto della baronessa Mazziotti

(1).

Questa frase racchiudeva manifestamente un rimprovero per la polizia: quindi crebbero sbirri, le ricerche e le

La dell'

le ire degli

minaccie.

sventurata donna, nonostante la grande forza

non

animo,

goscio pericoli.

ormai

resisteva

La

crucciava profondamente

esser causa di tante persecuzioni a

Comunque

le

famiglie amiche

i

il

an-

a le

piĂš

queir esistenza raminga, fra

di

continui

pensiero di

suoi congiunti.

a gara

facessero

per darle ricovero, essa sapeva di esporle a responsabilitĂ la

ed a molestie. Sopra tutto sentiva nel cuore

tenerezza

dei figli lontani ed

sistibile di rivederli.

sfidando

costo,

per Genova, ove tutti Il

i

ad ogni

qualunque rischio, d'imbarcarsi si trovavano il marito e quasi

figli.

maggior pericolo era

Sele, su cui allora,

sitava mediante

due

desiderio irre-

il

Risolse di tentare

al

passaggio del fiume

mancando ogni

ponte,

si

tran-

una grossa zattera assicurata a

rive, detta scafa.

danti passavano cosi

Le

carrozze,

i

le

carri, i vian-

da una sponda a

l'altra e

ripigliavano la rotabile. Per andare dal Cilento a

Salerno ed a Napoli non passaggio,

e

li

appunto

rigorosa sorveglianza

si si

della

geva per ogni viaggiatore

poteva evitare quel concentrava la

piĂš

quale

esi-

polizia le carte

la

dette di pas-

saggio.

A

l'

(1)

di una maggio un

alba

giorni di

Nota

del IB

bella

mattina degli

carretto ad

ultimi

un cavallo scen-

marzo precedentemente

indicata.


184

deva per

le

rampe

ripide

di

Ogliastro, che da conducono a l'ubertosa pianura di Capaccio ed al Sele. Un vecchio guidava il carro, sul quale era seduta una giovane bionda in abito da contadina, da la carnagione bianca e delicata, da i fini lineamenti del volto. Sul carro le colline del Cilento

grosse ceste contenenti frutti. Il vecchio era un antico e fido domestico di casa Galano, Antonio

De Feo, sopranominato Parisi: la giovine, la po^ vera profuga tanto ingiustamente perseguitata.

A

l'approssimarsi del fiume, serta, la la

cui

donna

si

quando nascose in una

la via era

de-

di quelle ceste,

parte superiore, chiusa

conteneva

frutti: la

da un tramezzo, parte inferiore aveva piccole

aperture per l'entrata dell'aria.

A rono

l'arrivo al

fiume due gendarmi si avvicinachiedendo al (>onduttore a chi

carretto

al

portasse

quella roba.

tranquillità del

II Parisi con la maggiore mondo, anzi con una certa aria

di superiorità, rispose:

" Complimenti (cioè doni), per l'intendente „. la magica parola 1' " intendente „ quei bassi subordinati, con un umile inchino si trassero di fianco, esclamando

A

enfatica-

Avanti! „ H carretto passò su la zattera e raggiunse la riva opposta. Ad una svoltata della strada, quando il fiume non era più in vista, la profuga usci dal nascondiglio. La attendeva in quel punto una carrozza dei

mente:

"

signori

Moscati, suoi parenti, questi la accolsero a Faiano in una loro villa: e la fecero il di seguente proseguire per un'altra loro villa a Resina, presso Napoli.


185

Restava un'altra grave difficoltà: l'imbarco per A lo scalo marittimo di Napoli detto la Immacolatdla, presso il quale ancoravano i piro-

l'estero.

una vigilanza incessante. Il commissario scrutava ad uno ad uno i passeggieri e chiedeva loro il passaporto che, dopo attento esame dei connotati, vistava. Per mezzo esercitava

polizia

scafi,

la

della

legazione

francese a Napoli

i

signora

suoi con-

Maria Francesca Alène

intestato a

notati

(1) la

nn passaporto con

Mazziotti ottenne

"

se

rendant à Grénes et à Grenoble. „ Il passaporto era vidimato dal ministero di polizia (2). Nel pomeriggio del 4 giugno 1854 il console francese in persona accompagnava

a lo scalo la

giovine signora, che mostravasi disinvolta e tranquilla in quel terribile di polizia

appose

sali sul piroscafo

il

momento.

Il

commissario

visto sul foglio e la profuga

francese HeUcspont in partenza

per Genova. Giunta a bordo la sventurata donna,

con le lagrime a scampato e volse lo sguardo, purtroppo l'ultimo, a la terra che la-

ormai sicura, ringraziò gli occhi,

sciava

per

il

cielo,

il

pericolo

!

L'arrivo della profuga a Genova, in paese libero

ed ospitale, fu una festa per affratellati

politici

(1) Il

La

Cour.

da

la

numerosi emigrati

ministro francese a Napoli era allora A la legazione francese erano addetti

Banneville come segretario,

alunno {Almanacco (2) Il

i

comune sventura

il

reale, 1850,

visconte

il

il

e

da

cav.

De De

conte

De Digeon come

pag. 61).

passaporto è ora presso l'autore di questo scritto.


186 l'aifetto

per la patria lontana. In gran numero ac-

corsero, con

sbarco, ed in tutti

marito, a lo

il

cuori, a l'apparire della

giovane signora

una profonda commozione. Quale ora

grama

nella

"

che

pubblicò

poletano a Genova

arrestarla

lo

ed

ne dolse aspramente con

la

passaporto

:

ma

il

„

console na-

ministro francese

il

non aver

di

Il fatto

(1).

il

suo governo che

al

riferi

a Napoli. Questi dichiarò il

felice arrivo

il

legazione francese a la

dalla

per

stava

divenne notorio nel pubblico se

giubilo

di

aggiunse imprudentemente

ed

proscritta

sottratta, dicesi,

polizia,

rilasciato

governo risentito oppose che

legazione francese aveva richiesto a la polizia

napoletana

visto

il

al

sisteva in

mediante una

passaporto

lettera che con-

lettera di ufficio. Si rinvenne la

un modulo a stampa, con

zioni necessarie,

ma

indica-

le

essa era senza firma!

(2).

Le

autoritĂ napoletane dovettero tacere e rassegnarsi

L' intendente Valla la

i

destò

e dolorosa vita dell'esilio!

La stampa genovese della

si

profuga era in salvo, incitava

per l'arresto di

lei.

!

intanto ignaro ancora che i

suoi dipendenti

Saputo che un nipote

di essa,

Mariano De Augustinis, trovavasi in Salerno, lo fece arrestare. Il padre di lui corse da l'intendente

per

la

liberazione

del

dente la prometteva a patto che

(1) G-iornale

cantile di (2)

La Stampa

Genova

il

L'inten-

giovane rivelasse

giugno

e Corriere

Mer-

del 15 successivo.

Archivio di Napoli,

voi. II.

del 13

figliuolo.

anno

1854,

espediente n. 70,


187

profuga.

l'asilo della

Il

padre del

De

Augustinis,

che sapeva questa già in Genova, assicurò il

figlio nel

momento

lo ignorava,

ma

clie

che se ne

sarebbe sollecitamente informato per rivelarlo a la polizia, purché,

uscendo dal carcere, avesse po-

tuto fare le necessarie ricerche. L' intendente aderì e lo liberò

:

però qualche giorno dopo la polizia

di Salerno intercettò

una

lettera

con cui

la

signora

Mazziotti annunziava a suo genero Luigi Del Giudice

il

suo arrivo in Genova.

mise novellamente in carcere

Il il

Valia indispettito

De

Augustinis.


CAPITOLO Da

IX.

Nisida a Montesarchio.

Sommario. I. gni nel bagno

Dono ed

i loro compaGladstone - Nobili parole del Poerio e del Pironti - Il re ordina il trasporto di essi nel bagno di Ischia II. Arrivo nell'isola di Ischia - Altri condannati del Salernitano nello stesso bagno - Felice Barone - Francesco Romano - Gaetano Capozzoli III, Trasferimento del Poerio, del Pironti e di altri nel castello di Moute-

Il

Pironti,

il

di Nisida - Visita del

fusco

-

La

di essa -

galera eccezionale - Regolamento speciale i condannati - Pas-

Infermità contratte da

saggio dei condannati nel piano superiore - Il Poerio, il Dono ed altri al puntale - Grave pericolo corso dal Pironti - Le legnate al Garcea - Grave malattia del Pironti - Morte del padre di lui - Lettera del Dono

a la moglie - Sublime pietà di donna

Dono ed

— IV.

Il

Poerio,

Montesarchio - Atroci sofferenze del Pironti - Ritratto morale di lui - La vita nella galera - Varii detenuti presi da la tisi - Morte di Alfonso Zeuli e di altri condannati il

Pironti,

il

altri nel castello di

Grave infermità del Poerio - Pietosi uffici Dono - Auguri dei condannati a lei - Ringraziamenti del Poerio ad essa - Morte di un fratello del Pironti - Opera benefica della Dono - Fine di lei. politici -

di Cecilia

I.

la

Il Pironti,

pena dei

il

Dono

e l'Antonelli, condannati a

ferri nel giudizio della

nità, entrarono,

insieme con

il

setta dell'U-

Poerio,

il

Nisco ed


189

loro compagni di causa, il 5 febbraio 1851 bagno di Nisida. Questo serviva allora come bagno di ricezione, dal quale i condannati, dopo altri

nel

breve dimora, passavano ad

Narra

il

Nisco che egli ed

tura, incatenati a coppia,

i

si

altri

suoi

luoghi di pena.

compagni

di sven-

trovarono in mezzo a

delinquenti comuni e ad una miriade di insetti

(1).

Stavano da una settimana a Nisida, quando vi penetrò segretamente Guglielmo Gladstone accompagnato da una giovinetta napoletana Pasqualina Prota, di umile origine ma nobilissima di animo. Essa andava colà a visitare due suoi fratelli condannati per

dimostrazioni liberali del 5

le

set-

tembre 1849 in Napoli (2). L'eminente statista, commosso da lo stato miserando del Poerio e del Pironti, esclamò: "Io non potrò far sapere come vi ho visti; facendolo, peggiori sarebbero le vostre sorti „. Essi risposero: " Fate che l'Europa lo sappia: che

le

occupatevi

non

nostre condizioni siano conosciute, delle nostre povere persone,

della libertà del paese

ma

(3),

Le lettere pubblicate, dopo quella visita, dal Gladstone contro l'iniquità dei giudizi politici e le infamie dei luoghi di pena nel regno di Napoli destarono

(1)

Opera

(2) Ivi

una grande

impressione

in

tutto

il

citata, pag. 30.

pag. 302.

La

giovinetta

subì

dipoi, per

avere

accompagnato il Gladstone, gravi persecuzioni. Sposò in seguito un sarto, certo Giobbe, da cui ebbe un figlio, Mario, valoroso pubblicista suicidatosi in anni. (3)

La Prota Nisco,

è

ivi,

morta recentemente. pag. 302.

questi ultimi


190

mondo civile. Il re Ferdinando ne ebbe tanto sdegno che licenziò il presidente del Consiglio perchè non aveva prevenuta la pubblicazione ed ordinò il trasferimento del Poerio, del Pironti, del Dono, del Nisco, di Gaetano Errichiello e di Cesare Braico, ritenuti come

j)^'^^

pericolosi, in

un

pena ove non potessero avere assolutamente comunicazione con estranei ed in mezzo a

luogo

di

gente che avrebbe saputo fare di essi la giustizia

non aveva saputo fare (1). Venne il bagno di Ischia posto nelle

che la Corte

ritenuto opportuno

sepolture di una antica chiesa cattedrale dell'isola e destinato

pericolosi II.

per

galeotti e per

i

camorristi più

i

(2).

La mattina

del 28 febbraio 1851

i

sei

con-

dannati prescelti passarono da Nisida a quelle orribili

caverne. Sopraggiunsero colà parecchi altri

condannati

politici, tra

i

e Griuseppe

Ametrano

di

Barone,

il

quali,

i

fratelli

Aquara,

possidente Francesco

il

Federico

dott. Felice

Romano, Gaetano

Capezzoli, Lorenzo Carnevale calzolaio di Scorzo, il

notaio Luigi Cavallo e

i

due braccianti Carmine

Magno e Felice Delli Paoli di S. Mango Cilento. " Restammo - soggiunge il Nisco - in quel bagno dormendo su

(1)

Nisco,

(2j

Un

zione di

ivi,

giacigli distesi sul

nudo

basalto,

pag. 302.

decreto del 31 gennaio 1828 ordinò la forma-

un luogo

di

pena nella

località

l'antica città di Ischia. L'attuazione

ove era situata

del provvedimento

ebbe luogo con R. decreti del 12 agosto 1823 e 11 settembre 1826.


0^

/^o



191

incendiarii, ma non noa un disordine. Quelli sciagu-

a lato di ladri, assassini ed

una

vi fu

rissa,

che rispetto, venera-

rati sentivano per noi, più zione) „

(1). il 30 novembre 1818, era, un giovane medico, cui fu

Barone, nato in Eboli

Il

scrive

il

"

Castromediano

troncata ben presto ed inesorabilmente la carriera, d'indole dolce come mato da ognuno di la

i

suoi biondi

per

noi, sia

fermezza con cui soffriva e notizia

contro di

lui

il

sia

capelli:

fu a-

costanza e per

per

la

sua sol-

compagni infermi „ (2). del mandato di cattura spedito 22 giugno 1850, si presentò spon-

lecitudine nell'assistere

Avuta

la

taneamente in

i

carcere

il

5

febbraio

La

1851.

Q-ran Corte speciale di Salerno, ritenendolo

col-

pevole di avere indotto molte guardie nazionali del suo paese a

dannò

il

muovere su

la capitale,

lo

con-

29 luglio successivo a diciannove anni

di ferri (3).

Francesco in Eboli, nili

il

Romano

di Michele, nato, parimenti

19 febbraio 1794, nei suoi anni giova-

aveva sabito una breve prigionia come ascritto

a la setta dei carbonari.

Il

Castromediano dice

Era uno di quei gentiluomini di campagna che alla buona e senza lettere, hanno dipinta di lui: "

sul volto l'ingenuità dell'animo e la irremovibilità

(1) 1^2)

(3)

Opera citata, pag. 303. Castromediano, voi. 1«>, pag. 351. Nel volume delle deciaioui mauca questa del 29

glio; però nel foglio di

spositivo.

udienza di quel giorno vi è

il

ludi-


192

nei propositi. Credeva fermamente all'onnipotenza delle sette, le quali, affermava egli, in

mento sono tria,

massacrando

se

fossero avverati, son certo

si

reazionari: massacri ai quali,

i

parte, tanto era mite

Era truce

non avrebbe preso umano.

cuore, religioso ed

il

solo nelle parole, parole che egli ripe-

teva con calore, talvolta con energia,

un colpo

era incapace di tirare setto „ (1). Arrestato la stessa sentenza del

tazione,

nel fatto

ad un

in-

22 giugno 1850 ebbe, con

fratello

dei

la stessa

impu-

famosi banditi fu-

a Palinuro per la rivolta del 1828, ho già

narrate in parte lo

il

ma

di spillo

Barone e per eguale condanna (2).

Del Capezzoli, cilati

un dato mo-

che possono sgombrare la pa-

le sole

descrive

sfornito e di

vicende

le "

cosi:

forme

Era

(3).

di

Il

Castromediano

educazione

fisiche assai

cuore eccellente e capace di azioni

affatto

ma

di

generose.

Il

volgari,

suo stato finanziario era miserrimo, non avendo parenti che

si

ricordassero

tutto e limitato nei desideri, tieri del

di lui: si

ma

parco in

accontentava volen-

poco offertogli da noi e perciò spesso

r udii ringraziare la provvidenza „ (4). III. L'indignazione sollevata da le lettere del Gladstone si diffuse rapidamente per opera della

(1)

Castromediano,

ivi,

pag. 349.

La medesima sentenza assolse per eguali imputazioni Eaffaele La Francesca e D. A. Vacca pure di Eboli, (2)

arrestati (3)

il

6

maggio

Nel Carducci,

1850.

voi. 1°, pag. 148, e nel

voro cap. 2«, pag. 46 e seg. (4) Castromediano, voi. 1°, pag. 350.

presente

la-


193

stampa

liberale estera, eccitata sopra tutto

esuli napoletani. Si

chiedeva

legni stranieri

si

le

gli

la liberazione dei con-

dannati politici o un trattamento

Mentre più fervevano

da

meno inumano.

censure, corse voce che

erano avvicinati ad Ischia ed a

una sorpresa per Per stornare il pericolo, il contrammiraglio Palumbo, in seguito a ordine sovrano, spedi la nave da guerra Rondine a rilevare da le due isole molti condannati politici. Il piroscafo andò prima ad Ischia, ove ne imbarcò trenta, tra i quali il Poerio, il Nisco, il Pironti, il Dono, i due fratelli Amitrano, il dottor Barone, il Capezzoli, il Carnevale ed il Romano (2); filò quindi rapidamente verso Precida. Narra il Castromediano, allora nella galera di Precida, che la mattina del 28 febbraio 1852 egli ed i suoi compagni videro spalancarsi le porte delle loro celle ed entrare i custodi con il comite Precida e nacque

liberare

i

sospetto di

il

detenuti

(1).

a la testa: questi agitando

viva

il

tra cui

i

berretti,

gridavano,

re! libertà, libertà! Diciassette prigionieri, il

Castromediano,

vincia di Salerno,

il

lo Schiavoni, e, della pro-

sarto Michele

Vose

di

Lau-

reana Cilento, furono da la galera condotti a bordo della Rondine, che prosegui per Nisida, ove raccolse tre detenuti e quindi per la

(1)

Castromediano,

darsena di Napoli

op. citata, voi.

!<>,

pag. 268.

Il

(3).

Nisco,

op. citata, pag. 316. (2)

Nisco, pag. 316

(3)

Castromediano,

stodi. 13

;

Castromediano, ivi. Il

comite era

voi. 1", pag. 284. il

capo dei cu-


194

Scesi colà, vennero sospinti tutti e cinquanta in

da una torma

fretta e furia

gendarmi

di

minato da una lampada

La

illu-

Stavano

fioca e fetida.

pigiati senza poter sedere.

un

in

vecchio magazzino angusto, umido e sudicio, disperazione

in-

li

dusse a protestare rumorosamente battendo con violenza contro presine quindici,

i

Pironti,

Poerio,

il

sero in

una

Accorsero

le porte.

i

più vicini a la porta, tra cui

Dono ed

il

il

Romano,

stalla contigua, nella

A

(1).

mezzanotte,

quisiti diligentemente,

li

e, il

chiu-

quale passarono

parecchie ore sul suolo, digiuni e tra

più nauseanti

gendarmi

le esalazioni

tratti fuori, per-

sempre incatenati, salirono

in carrozze chiuse. Nella carrozza insieme col Poe-

stavano

rio

il

Pironti,

larga scorta di sbirri

bagno

al

del

1**

Il

di

li

Nisco e l'ErrichieJlo.

il

Una

condusse precipitosamente

Montefusco ove giunsero

al

tramonto

marzo.

bagno, scavato in un monte, era stato chiuso

nel 1845

per voto del Consiglio provinciale

(2)

di Avellino

omaggio a V umanità^ quindi riaPeccheneda nel 1850 per

in

perto su proposta del

mettervi "

camorristi ed

i

Dovemmo

una

passare

fetida cava

poste ferrate,

in

e,

i

più feroci delinquenti.

scrive

il

Nisco,

"

attraverso

per un piccolo uscio con im-

un antro che yoggiava

le

sue

oscure volte su grossi pilastri ed aveva le umide e

grigie

mura

chiazzate

di salnitro, le finestre

munite di due massiccie inferriate e senza imposte

(1)

Seguo

(2)

Nisco, pag. 317.

la

narrazione del Castromediano e del Nisco.


195

€ ad un lato

condotto lurido del sovrapposto

il

quartiere militare sul

nudo

pagni

suolo.

gli

„ (1).

La

sera dovettero coricarsi

Per riguardo

un

migliore, presso

A

pilastro.

stretto a la stessa catena,

Poerio

i

suoi

com-

il

fianco di lui stava,

Pironti.

Durante

la

si udì ad un due sventurati precipitò un ammasso di materie

tratto uno scricchiolio e vicino a

notte i

al

assegnarono un posto, che credettero

luride proveniente dal condotto del quartiere militare.

La

galera di

Monte fusco era una galera

eccezio-

nale, governata da un apposito regolamento

che

proibiva a

detenuti

i

ogni

(2)

comunicazione,

anche con parenti, salvo uno speciale permesso generale e l'approvazione del mi-

dell'ispettore

nistro di polizia

(art.

12)

:

permesso limitato a

i

Castromediano, voi. 1°, pag. 298. Castromediano, ivi, pag. 306, pubblica questo regolamento speciale. Il regolamento generale formava il titolo 18" della ordinanza della R. Marina approvata con R. Decreto del 2» ottobre 1818, n. 1338, dipendendo i (1)

Nisco, pag. 317

;

(2) Il

bagni dal ministero della marina. Distingueva i bagni in due classi secondo lo stipendio dei funzionari ad essi addetti. Erano della prima i bagni della darsena, del Car-

mine

e dei Granili in Napoli, di Castellamare, di Precida,

di Brindisi e di S. Stefano

;

della seconda quelli del Gra-

natello, di Pozzuoli, di Gaeta, di Ponza, di

Cotrone e di

Pescara, di Iscbia, di Capua e di Montefusco.

Un

decreto

marzo 1835 pose i bagni sotto la dipendenza di un ispettore della marina detto ispettore dei rami alieni

reale del 19

che aveva a la sua dipendenza anche i telegrafi. Nel 1857 i bagni passarono a la dipendenza del minie

stero dei lavori pubblici.


196

giorni festivi ed a

La

visita

parenti di primo grado.

soli

i

doveva aver luogo nella

presenti l'ispettore di polizia,

il

sala d'udienza,

capitano di piazza,

comandante del bagno, il comite, un caporale di gendarmeria ed un caporale della guarnigione. I il

detenuti erario divisi da

una doppia

i

inferriata. Si

alta e della conversazione

colo

4).

mediante doveva parlare a voce

loro visitatori

si

redigeva verbale

(arti-

Vietato tenere carta, penne ed inchiostro

qualunque libro, meno qualche opera di religione e di morale da approvarsi dal sovrano e da verificarsi pagina a pagina (art, 7). L'art. 9 concedeva due volte la settimana di scrivere a i e

parenti in una apposita sala, a la presenza degli funzionari

stessi

Delle lettere

una

al

su

e

un

solo

foglio timbrato.

facevano tre copie da rimettersi

si

ministero di polizia, un'altra

al

ministero

dei lavori pubblici e la terza a l'intendente della

provincia

10).

(art.

In quell'antro

mese

e

poveri condannati stettero

i

mezzo tollerando virilmente

un

crudele

il

supplizio. Il Nisco scrisse che " per l'aria scarsa e

malsana, che vi

si

respirava, essi contrassero gravi

malattie che abbreviarono loro la vita. soffri di affanno, il

Pironti

di

Castromediano

il

spinite, lo

di

Il

Poerio

bronchite,

Stagliano di artrite, lo

Schiavoni perdette un occhio, diciassette ebbero l'ernia,

(1)

il

Di Gennaro smarrĂŹ

Nisco, pag. 317

Montefusco, pag.

17.

;

la

ragione

Castromediano,

Da

„

(1).

Procida a


197

Su

la

fine

seguito a estera,

da

il

le

di

marzo 1852, probabilmente in

vivaci proteste della stampa liberale

governo

tolse

prigionieri di Montefusco

i

l'orrido sotterraneo e

li

fece mettere nel piano

superiore ìq due corsie, ciascuna delle quali aveva

due camere. Nella prima tra

i

quali

il

Poerio,

corsia

ne stettero venti

Pironti, lo

il

Schiavoni,

il

Dono, il Barone, il Nisco, il Castromediano nella seconda gli altri trenta (1). ;

Un 3

sollievo a le loro sofferenze conseguirono

aprile

1853 per

che ordinò nati,

effetto

la divisione delle

spezzando in due

catene che

lo

il

un decreto reale coppie dei condan

di

li

univano e

riducendole per ciascun individuo a sole quattro

maglie

(2).

Si disse

che l'ambasciatore di Russia,

vi-

Ferdinando in occasione della Pasqua, avesse, a nome del proprio sovrano, chiesto ed ottenuto tale concessione (3). Nel marzo del 1853 un cacciatore di guardia asserì di avere udito una notte il Dono discorrere sitando

il

re

sommessamente con

compagni e assicurarli mese successivo (4). Irruppero precipitosamente nelle corsie il comandante i

di un'insurrezione per

del bagno,

un

suoi

il

fece condurre

ed

tale Chiappetta,

cacciatori di guarnigione, certo il

Poerio,

il

De

Nisco,

il

il

capitano dei

Curtis,

Dono,

il

il

quale

Braico

e Luisi Cavallo nella caverna sottostante e met-

(1)

Castromediano,

voi. 1°, pag. 333.

pag. 339; Nisco, pag. 318. (4) Ivi, voi. 2°, pag. 12 - Archivio di Napoli, polizia, anno 1854, nota del 15 marzo 1854 - Nisco, pag. 218. (2-3) Ivi,


-

198 terli al

puntale

Ciò consisteva nel fissare la

(1).

pavimento od

catena al

al

muro

della prigione in

non potesse muoversi (2). il detenuto L'intendente di Avellino cav. Mirabelli, venuto a guisa che

conoscenza del

fatto, fece togliere

puntale nonostante Pironti

Il

dorsale,

soffriva

non

clie

come

giare,

i

le proteste del

di forti

gli

prigionieri dal

capitano

dolori

a

permettevano

la

di

nel vaglio.

spirare

un

Un

giorno

il

soldato di guardia ac-

che ritraendosi vivamente indietro gridò „

mediano che Alcuni fra

si

gli i

il

muro.

a due dita da la fronte del Pironti

palla passò

e

re-

testa fra le

cortosene sparò un colpo di fucile rasente

!

passeg-

l'infermo, per

po' meglio, introdusse la

traverse della finestra:

scappata

spina

suoi compagni, qualche ora a l'aria

i

aperta

La

(3).

:

"

l'ho

gettò nelle braccia del Castro

teneva compagnia

(4).

detenuti politici, deficienti di de-

il vitto nella taverna del bagno, vivevano con il pane e la zuppa del fisco. Tra essi Antonio Garcea, che aveva combattuto su le barricate il 16 maggio in Napoli e poi nel giugno in Calabria, e Giuseppe Cimmino, entrambi cala-

naro per acquistare

Un giorno, che la zuppa era nauseante, come sovente accadeva, ardirono di lamentarsene con

bresi.

(1)

poli,

Castromediano, voi 2", pag. 12 - Arcliivio di Naanno 1851, nota del 14 marzo 1854 - NiSCO,

polizia,

pag. 218. (2_)

citata. (3) (4)

Croce, Lettera di Silvio Spaveìita al Bonghi già Le punizioni erano il bastone ed il puntale.

Documenti indicati. Castromediano, ivi.


199

un

quartigliere (1)

denunciò per

i

le

sopranominato Centrillo. Questi al Chiappetta, che ordinò

doglianze

due temerari

il

puntale e cinquanta legnate

per ciascuno. Il medico del bagno, allegando l'età e

lo

stato infermiccio del

Cimmino,

lo

salvò,

ma

non potette risparmiare il supplizio al Garcea. Al rumore dei colpi nella caverna sottostante i suoi compagni compresero, e si rannicchiarono su i miseri letti turandosi le orecchie per non udire il rumore. Il Grarcea sopportò senza neanche un grido le battiture,

A ralisi

ma

al

trentesimo colpo svenne

le sofferenze del Pironti si (3).

Lo sventurato

aggiunse

(2).

la

pa-

prigioniero era in ansie

per la salute di suo padre gravemente malato.

An-

giugno del 1853 a

tonietta Poerio, scrivendo nel

suo nipote Carlo, non ebbe l'animo di comunicargli

morte del padre del Pironti; ma le parole della lettera la facevano intravedere. Vincenzo Dono, la

che s'interessava

aifettuosamente di tutti

i

suoi

compagni, in una lettera del 24 giugno 1853 a la moglie Cecilia, domandava più precise notizie af-

morte fosse avvenuta, " noi, potessimo disporre a poco a poco il povero Michele a finchè, ove la

(1) I quartiglievi erano condannati, per reati comuni, messi nel bagno per provvedere a la pulizia dei locali e per spiare i loro compagni. Nisco, 318 Il Set(2) Castromediano, ivi, pag. 23 tembrini {Ricordanze, voi. 2°, pag. 128), descrive il sup;

plizio delle legnate. (3) Il

Dono comunicava

tello di lui

da

la malattia del Pironti al fraLuigi con lettera dell'ottobre 1853, pubblicata

la Gazzetta d'Italia nel 27-28

novembre

1885, n. 397.


200

sventura capace di produrgli grave

quest'ultima e

seria

malattia

„

avvenimento,

roso

specialmente strare

tutti

Dono

il

G-iunta conferma del dolo-

(1).

condannati

i

fecero

politici

gara per

a

e

dimo-

loro affetto e confortare l'addolorato loro

il

compagno.

Due

fratelli di lui,

ottenuta

a Montefusco. Al vedere

smunto, che male viva commozione

ma

faticosamente da

generale facoltĂ di visitarlo, andarono

la polizia

si si

loro

il

reggeva in

germano

pallido,

piedi, presi

da

slanciarono per abbracciarlo

;

gendarmi messi a sorvegliare il colloquio, sdegnosamente impedirono loro di avvicinarsi a l'infermo e perfino di stringergli la mano. I due i

sgomenti per lo stato miserando del loro diletto (2). Dal comando dei bagni giunse ordine di rispettare rigorosamente

visitatori partirono atterriti e

la disposizione

loqui con

i

un doppio

che voleva

detenuti, nei loro col-

i

congiunti, separati da questi mediante cancello e privi cosi anche del conforto

di vedersi (3).

Queste dal lenire

fanQO

(1)

ed implorate, lungi tramutavano in un aftanto che i detenuti pregavano i

visite tanto attese le

sofferenze,

indicibile,

si

Lettera esistente presso

la

biblioteca

del

museo

Martino in Napoli. Questa ed altre lettere dei detenuti vennero consegnate da le famiglie al corrispondente del Times in Napoli Henry Wreford cbe, per mezzo dell'ambasciata inglese, le trasmetteva al Gladstone ed al Russel i quali ne lessero alcune a la Camera dei Comuni. di S.

(2)

Lettera del

(3)

Idem

del 4

Dono a la moglie, ivi. novembre 1853, ivi.


201

non venire a visitarli. Il povero 12 giugno 1854 a la moglie " Avrei pure io piacere di vedere sempre e non solo una volta te e le nostre dilotte figlie, ma non in quel modo troppo inumano e barbaro e perciò quasi incredibile, quando invece di procurarci uno scambievole ed innocente piacere, ci procureremmo gravi dolori „ (1). Invano egli ed alcuni suoi comloro congiunti di

Dono

scriveva

il

:

pagni inviarono a l'ispettore generale dei bagni

una supplica: al mite e compassionevole contramPalumbo, ispettore generale dei rami alieni, da cui dipendevano i bagni penali, non

miraglio

si consentì da l'alto alcuna concessione (2). Il modesto farmacista, non vinto da tante sevizie, scriveva con grande altezza di animo a la sua addolorata Cecilia: " Ti raccomando di mostrare sempre viso forte a cosi avversa fortuna, e vivi contenta di essere in questi tempi collocata nel

numero

degli oppressi

(3).

Intanto progrediva la paralisi del Pironti; eppure

teneva tuttora con

lo si

catena

al

piede! (4):

compagni che lo circondavano Il comandante delle armi gli ufficiali del suo seguito non

spettacolo pietoso a delle più

la

i

tenere cure.

nella provincia e

potettero in

una

visita al bagno, a la

vista del-

l'infermo incatenato e cosi sofferente, frenare la

commozione dell'animo

Lettera del Dono a la moglie del 4 novembre 1853. lettera del 16 giugno 1854. Nisco, opera citata, pag. 318. Lettera del Dono del 4 novembre 1853.

(1-3)

(2) Ivi,

(4) (5)

(5).


202

In mezzo a tante brutture, a tanti dolori, splendeva sublime la pietĂ di una povera donna, Cecilia Dono. Appartenente a civile famiglia di Sulmona (1), aveva conosciuto in Napoli Vincenzo Dono che, innamorato della grande bontĂ di lei, la volle sua sposa. Essa aveva assistito e confortato le famiglie del Settembrini, del Faucitano, dell'Agresti nelle terribili ore in cui questi stettero in cappella

per andare

al

supplizio.

A

lei si

rivolgevano affet-

tuosamente da la galera il Pironti ed il Poerio. Non si possono leggere, senza sentirsi commossi, le lettere con cui il Poerio le mandava i suoi abiti per rattopparli! (2). Il Castromediano scrive di lei: " Con quanta venerazione e gratitudine quel

nome mi

ritorna

una donna ridotta

alla

mente

!

Ben

la

intelligente, piena d'affetto,

miseria,

alla

tutto

sacrificava,

ricordo

:

la quale,

anche

i

panni che dovevano decentemente coprirla, anche il cibo che stremava alla sue tenere figlie, per non far mancare nulla al marito che era in catena.

Essa

si

faceva intendere,

dal

suo Vin-

cenzo senza muovere labbro ed emettere voce, solo col

muovere

tibili

gesti

sguardo

lieve degli occhi, con certi impercet-

del corpo, che

di lince:

sfuggivano

ad

ogni

s3greto speciale dei meridionali

che altri se ne accorga, possono scambiarsi pensieri e speranze „ (3).

e pel quale, senza

S.

(1)

La

(2)

Lettera esistente

famiglia Treppitelli. nella

Martino in Napoli. (3) Voi.

1°,

pag. 309 e 310.

biblioteca

del

Museo

di


203

IV. Tante sevizie destarono

un'eco pietosa in

qualche nobile anima. Per intercessione del mini-

Russia in Napoli,

stro di

mento cui il

Poerio,

il

il

re dispose

di trenta dei detenuti

Cavallo,

il

il

Pironti,

Voso,

il

il

Nisco,

il

trasferi-

Montefasco, fra

di

Dono,

il

Capezzoli,

il

il

Barone,

Dell; Paoli,

il

bagno di Montesarchio (1). Nelle prime ore del 28 maggio 1855, tratti da quell'orrida galera, sempre con la catena Carnevale ed

il

Castromediano,

al

e con l'aggiunta delle manette, partirono in car-

rozze chiuse

(2).

Il Pironti, tolto

da una poltrona, su

la quale era

rimasto inchiodato da la paralisi per ventidue mesi,

venne su una nanzi

barella trasportato nella spianata in-

al castello di

Montefusco

una carrozza, prosegui

e quindi, steso in

movimento

la via (3). 11

della

barella prima, quindi le scosse della carrozza pro-

curarono a l'infermo acuti spasimi. Scortavano triste corteo l'intendente della provincia cav. belli,

un

(1)

voni,

ispettore di polizia

con

Visetti

molti

il

il

tenente colonnello

soldati

e gendarmi.

Nisco, opera citata, pag. 318. Gli altri erano lo Schiail

Braico,

il

Mollica, lo Stagliano,

Serafini, lo Sticco, lo Zeuli, il

ed

ufficiali,

il

Mira-

Ferraro, Barini,

il

il

Russo,

il

Pica,

il

Morelli,

il

il

Tuzzo,

il

Lopresti,

De Gennaro, il Mistorni, il Garcea, il Perri, Palermo, l'Errichiello. (Castromediano, voi. 2°, il

pag. 73). (2) Il Castromediano, opera citata, pag. 72, dice erroneamente 28 maggio 1856, mentre avvenne il 28 maggio 1855, come risulta da una lettera del Dono dell'8 giugno successivo. (8) Castromediano, pag. 73. -— Lettera del Dono delrS giugno 1855.


.

204

Giunti a Montésarcliio verso

tramonto, vennero

il

messi cinque per stanza, cioè quattro condannati politici

ed un inserviente

(1).

I custodi, stante Torà tarda, lasciarono subito

detenuti, che dovettero passare la notte sul suolo, coperti

Però

soltanto

da

proprii

i

tefusco, erano state da poco le finestre

tempo imbiancate e al pavimento ed

ferri sottili cosi

luce ed aria più copiose

(3).

tolse gli inservienti

che diffondevano

Poco tempo dopo ed

i

nella

nuova dimora

si

il

co-

reclusi si trova-

rono costretti a pulire personalmente

Anche

(2).

Mon-

scendevano giù fino

orano munite di

mando

mantelli

camere, assai migliori di quelle di

le

i

nudo

le

stanze

(4).

usavano per

visite dei congiunti le stesse restrizioni

le

Mon-

che a

doveva parlare da stanze diverse, sotto una assidua vigilanza, e non era concessa neanche una stretta di mano (5). Il Dono, che pure adorava " Ti la buona e virtuosa sua moglie, le scriveva raccomando di non venire, perchè l'udienza non è come nei primi anni in Montefusco si parla da una stanza a l'altra ed è proibito finanche di tefusco. Si

:

;

stringersi la

mano

(6).

Dono, lettera dell' 8 giugno 1855. Castromediano, pag. 75. (3) Castromediano, pag. 75. Il Dono nella lettera citata dell' 8 giugno 1855 al fratello scrisse < le stanze che occupiamo sono proprie, anzi decenti però un poco umide » (1)

(2)

:

(4)

(5)

(6)

Lettera del 20 luglio 1855 del Dono a la moglie.

Castromediano, pag. 76. Dono, lettera del 22 giugno 1856. Castromediano,

pag. 77.




206

L'infermità del Pironti

medico del bagno trasportare in una

si

lo fece,

delle

piano adibite ad ospedale tena, lasciandogli

anche

inaspriva, tanto che

il

20 giugno del 1855, due celle del secondo il

(1).

Gli fu tolta la ca-

però la maniglia

che pesava

di più (2).

Nonostante

che lo crucciavano,

dolori,

i

il

Pironti

non perdeva l'indomita energia dell'animo. Nei lunghi lorché

ozii della

galera e perfino nell'ospedale, al-

le sofferenze gli

egli studiava

il

concedevano qualche tregua,

tedesco avvalendosi del solo libro

possedeva in quella lingua, un volume di

che

Hegel, e traduceva la

Omero. Mancandogli

Somma

la carta

di S.

Tommaso

ed

per scrivere, profit-

tava delle copertine dei fascicoli della Storia Uni-

mandava. compagno di

versale del Cantù, che la famiglia gli

Riferisco

sventura,

dal

Castromediano, suo

ritratto

il

morale del generoso e forte

uomo. "

Fornito di studi sodi e severi, saldo nei prin-

cipi,

irremovibile nelle risoluzioni, tuttoché affranto

ed annientato da malori e da patimenti, il suo sgaardo aveva tale vigore da mettere in soggezione gli stessi carnefici che lo tormentavano. Povero Michele! Io lo vidi incapace di muovere un passo, solo

un amico

(1)

un

passo, senza l'aiuto del braccio di

„.

Dono, lettera del 22 giugno 18B5. Castromediano,

pag. 77. (2) Dono, lettera citata del 22 giugno 1855. propriamente in che consistesse la maniglia.

Non

so


206 "

Poi ebbe d'uopo delle grucce

non

ridotto

cilmente

lo

irritabile,

nervi irrequieti

:

ed anche cosi

alleggerirono della catena

si

scattava fulmineo,

(1).

ed

i

Fasuoi

scorgevano quasi formicolare

sotto la pelle: allora la sua lingua penetrava

come

lama nel cuore di chiunque lo contrariasse o molestasse. Bisognava lasciarlo sfogare, che tosto la calma il vinceva, e allora pentito gli cadeva da gli occhi una lagrima, e sulla bocca gli spuntava un sorriso, come se fidente chiedesse perdono; lagrime e sorriso sgorgati da l'anima, punta

di

figli di

sua ottima natura, caratteristici di coloro

che senza volontĂ

focosi,

riconoscono

difetto e francamente lo confessano.

il

proprio

Cosi,

senza

mio amico implorava perdono, e ci abbracciava con tale effusione da farci dimenticare ogni sua asprezza. Noi lo amavamo tutti e avendo altro,

il

presente

il

suo valore,

lo affliggevano, ci

cienza di sollievi,

i

meriti suoi,

i

travagli che

credevamo felici, in tanta defiquando potevamo sottrarre al-

cun dolore a i suoi tristissimi giorni „ (2). I reclusi dovevano provvedere a la pulizia delle celle, e prepararsi il cibo. Il Dono, in una lettera del l*' agosto 1855 a la moglie scrive: " Il mattino, dopo qualche ora viene la spesa, ed il mio compagno di stanza va a prenderla a basso; quindi mi accendo il fuoco e mi preparo il pranzo, dopo ognuno di noi si fa l'acqua calda e si lava i piat-

Soltanto dopo parecchio tempo, come ho narrato, venne tolta la catena. (2) Oastrombdiano, ivi, pag. 78 e 79.

(1)

gli


207

Spettacolo singolare! Uomini, appartenenti

ti! „ (1).

per

la

maggior parte a

esercitati

con

la

i

più

granata

le stanze,

civili famiglie,

alti uffici,

m mano

e poi a

si

che avevano

con una ruvida giacca, affaticavano a spazzare

mondare patate, ad affettare un po' di minestra!

il

lardo, ed a cuocere

Il compagno di stanza del Dono, Alfonso Zeuli, un giovine avvocato di Aquila, di trentaquattro

da la tisi, fu trasportato a l'ospedale del bagno ove i suoi compagni andavano pietosamente ad assisterlo. Il 21 maggio il Dono scriveva a la moglie: " H mio amico e compagno anni, preso

di sventura Alfonso Zeuli è prossimo a morire di " Lo Zeuli attende e tre giorni dopo morte rassegnatamente e con indifferenza. Nel vedermi pianse e volle baciarmi „ (3). La malattia si prolungava con infinito strazio dell'infermo e dei suoi compagni. Circa un mese dopo, il 14 giugno 1856, lo trasportarono nell' ospedale di Capua (4) ove mori (5). Lo seguirono nel sepolcro a breve distanza e per lo stesso morbo Antonio Ferrara e Vincenzo Cavallo. Un altro tisi „ (2)

:

la

recluso politico,

Leone Tuzzo,

calabrese, giovane

di soli ventidue anni, cadde infermo dello stesso

male.

Il

Poerio ed

il

Castromediano, mossi a pietà

delle grandi sofferenze di quell'infelice angustiato

(1)

Lettere citate.

(2) Ivi.

(4)

Lettera del 24 maggio 1856, ivi. Idem del 21 giugno 1856, ivi.

(5)

Castromediano, pag.

(3)

99; Nisco, pag. 317.


208

da

più squallida miseria, lo persuasero a chie-

la

dere la grazia, ed egli l'ottenne,

ma

stare sotto la più rigorosa vigilanza

Anche

il

dolori

forti

Poerio a la

era

spina

dovette re-

(1).

gravemente malato con dorsale e

a

paralisi

le

gambe. Il Nisco scriveva a sua sorella Raffaella il 14 di aprile 1856: " Il medico del bagno mi ha detto di avere assai temuto per la vita di Carlo (Poerio) due giorni or sono „ (2). Fortunatamente il

pericolo

si

vere a Cecilia

verno

dileguò e l'infermo stesso potette

Dono pregandola

permesso di

di

domandare

scri-

al

go-

da alcuni medici avevano curato' (3). L'opera caritatevole dell'umile donna riusci, con il

farsi visitare

della capitale che altra volta lo

grandi

sacrifìci

fatiche, ad ottenere al Poerio

e

che valse a fargli superare la gravezza del male. Egli volle esprimere a la pie-

la visita desiderata

tosa

consolatrice

dei

suoi

mali la riconoscenza

dell'animo con una lettera che trascrivo:

Mia

rispettabile amica,

La mia lunga convalescenza mi ha un vivissimo desiderio

di soddisfare

finora impedito

del

mio cuore,

quello di tributarvi la più viva riconoscenza per l'in-

che avete preso alla mia malattia, per la bontà colla quale avete accolto tante mie noiose preghiere e la prontezza con cui le avete eseguite. So che per le anime informate alla virtù l'adoprarsi a favore di chi soffre, è una spontanea necessità del teresse,

(1)

Castrombdiano,

(2)

Lettera indicata.

(3)

Lettera del 21 ottobre 1856.

voi. 1", pag. 142.


209

ma

non toglie che chiunque non sia del ad ogni senso di gentilezza non abbia a soddisfare un bisogno egualmente prepotente, cuore:

ciò

tutto straniero

quello di rispondere ai benefici colla più viva gratitudine. In questa occasione fo

ammenda di un'altra

mia involontaria colpa, poiché la mia infermità mi ha impedito di ringraziare col più vivo del cuore la vostra egregia zia monaca che ha voluto onorarmi, in compagnia del vostro carissimo marito e del mio carissimo Pironti, col dono degli eccellenti confetti,

Tanta

dello zucchero e del catfè.

una parte mi mortifica, mi gno della singolare bontà

cortesia,

mentre da

è dall'altra carissimo pedi

questa vostra degna

parente, onorando di sua benevolenza chi

pregio di averle mai rassegnato

il

non ha

il

suo rispetto di

persona, e solo da lungi può ammirare le sue virtù.

Vogliate presentare rispettabili famiglie,

ed a

tutti dì

i

miei ossequi a tutte

le

vostre

come

casa sua

;

all'ottima sig.^. Bettina (1) mentre pregandovi di voler

continuare alla mia diletta zia la dolce consolazione della vostra affettuosa assistenza,

mi reco ad onore

di raffermarmi colla più sentita gratitudine

V° dev. servo ed amico Carlo Poerio. Montesarchio, 3 maggio 1858.

(1)

Con

il

nome

di Bettina si indicava la sìg.^ Kosalia

Cianciulli moglie di

Ferdinando Mascilli, benemerito pa-

non abbastanza ricordato. Si usava il soprannome per non far comprendere che la famiglia del Mascilli, allora detenuto nel carcere di S. Maria Apparente, aveva relazioni con i condannati a la galera. Debbo la comunitriota

nicazioue di questo prezioso autografo e di altri docu-

menti e notizie a

U

la cortesia della famiglia Pironti.


210

peso della catena inaspriva

Il

gionieri.

Il

21

febbraio 1857

Portiamo

la moglie: "

biamo trascinato per

le

sei

il

i

mali dei

Dono

pri-

scriveva a

catene che

stesse

ab-

anni e più, e ben ribadite.

Sei di noi sono divenuti erniosi per questo intollerabile

peso,

quale,

il

ciò

nonostante, non

alleviato secondo prescrive

stato

Pironti fa spezzare

il

il

ci

è

regolamento.

cuore a cbiunque ha viscere

umane, è inchiodato su con un forte attacco a

la sedia

la

da quattro anni

spina dorsale.

È

emi-

plegiaco e tutto paralitico e per essere sollevato gli

bisognano due persone. Ogni venti o trenta

è attaccato da violenti convulsioni che durano ventiquattro ore e spesse volte fino a tre giorni „ (1). Nuoceva a i detenuti anche la lunga permanenza in celle chiuse e poco aerate. Lo stesso Dono narrava a la figlia: " Noi stiamo di-

giorni

ciannove ore sotto chiave e per circa tre ore del

mattino e due ore del giorno vengono aperti

i

ca-

merini e liberamente possiamo avere contatto tra di noi

negli

stessi

vaglio

cinto

di

come

i

camerini o passeggiando nel

altissime

Nella primavera del 1857 fratello

mura ed

muli di un centimolo il

ivi

giriamo

(2).

Pironti perdeva

un

che teneramente amava. I compagni del

detenuto lo assistevano con amore veramente ammirevole.

Il

povero infermo, rispondendo ad una

lettera della signora Cecilia che cercava di confortarlo, diceva:

"

Io non posso dirvi di quante cure

Lettera ivi. ivi (1) Ijettera (2)

Idem

del 6

maggio

1857.


211

affettuose il

caro Vincenzo (Dono) ha circondato

il

mio dolore

gli altri

A

e con lui

amici

pietosa

la

condannati

per

bravo Carlo (Poerio) e

il

(1).

donna

rammendare

farle

per comunicare con

rivolgevano fidenti

si

loro

i

i

abiti,

loro parenti, per consiglio

i

ed aiuto. Ed essa sempre pronta, volenterosa, con profonda carità, con l'entusiasmo del bene, si consacrava tutta al gentile ufficio di soccorrere così alta sventura. Tutti erano compresi di ammirazione e di riconoscenza per lei e le esprime-

vano

i

loro sentimenti. Il Pironti, a tergo di

tera del Dono, le scriveva:

devozione gli auguri,

"

la sig.^ Cecilia e la

let-

somma

prego di voler gradire

che ad occasione del

nome

di lei

ad essa ed alla cara famiglia sua. Possa

Dio fare che questo

una

Ossequio con

mando il

buon

sia l'ultimo giorno della

sua

festa che Ella, e coteste care ragazze passano nel

dolore

(2).

ricorrenza

i

Anche

Poerio

il

ronti l'uso dei

bagni

termo-minerali

vrano!

La buona

che

suo Vincenzo

Cecilia

(1) (2)

nome

le

della

Pi-

ma come so-

faceva, delle angoscio e ella,

umile e povera

Fece ella madre dell'infermo una supil

permesso

Lettera del 9 maggio 1857. Anche questo autografo mi

comunicato da

ri-

intenerita al racconto

dei dolori del Pironti, pensò

donna, a conseguire

;

il

nientemeno un permesso

ottenerli? Occorreva

stessa in

inviava nella

urgentemente per

I medici consigliavano

il

le

suoi auguri.

la famiglia Pironti.

reale.

è stato gentilmente


212

re (1) e

plic0j al

per

i

si

diede a girare instancabiĂŹmente

dopo lunghi

ministeri, e

stenti ottenne

intento. Nell'agosto successivo

il

il

suo

malato potette

Montesaracque prescrittegli e ne trasse molto giovamento.

profittare, nell'ospedale del castello di

delle

chio,

A

modesta donna cosi gentile e benefica il grande conforto di vedere libero il marito e i compagni di lui e compiuto il sogno perenne delle lunghe ore di affanno e di dolore. Una violenta febbre di consunla

mancò purtroppo

tempo

zione, in breve

Mancava

Volgeva

tarsi!

ridusse a gli estremi.

la

di tutto, perfino l'

occhio

del

latte

intorno

a

per sostenla

squallida

bambine che ed una nube di trisua candida fronte. Eppure

casetta, al suo misero letto, a le sue

resta,vano

ormai

derelitte,

oscurava la

stezza

dopo pochi

istanti di disperato

bel viso di

martire

si

abbandono

il

rasserenava e l'occhio

suo ri-

splendeva di vivissima luce. certo in quei momenti sentiva nel cuore la grande soddisfazione di avere spesa santamente la vita ed intravedeva tempi migliori, liberi e felici il suo diletto Vincenzo ed i compagni di lui! La signora Mascilli assistette l'amica inferma prodigò

e le

mori che

il

sempre da

(1)

le

piĂš tenere cure.

La

poveretta

19 giugno del 1858, pochi mesi prima marito ed i suoi compagni uscissero per

il

la galera.

In quel giorno a

la

signora

Risulta da una lettera della Cecilia a Mariannina

Pironti, sorella di Michele, in data del 3

giugno 1856.


213

Antonietta Poerio giungeva improvviso un biglietto

con

le

seguenti parole:

il

triste

Cecilia

Dono questa mat-

La buona vecchia Poerio comuavvenimento a la signora Mascilli

tina è trapassata „

nicava

"

.

con questa breve lettera:

"

Abbiamo perduta

nostra diletta amica. Io sono fuori di ragione.

ho un uomo che possa ed

all'afflitta

la

Non

assistere alla spoglia mortale

famiglia.

Non ho

il

coraggio di an-

dare più in quella casa. Mandate voi qualche persona.

Rendiamo

fretta. Il

l'ultimo

ufficio

all'amicizia.

tremore non mi fa dire altro

L'estinta lasciò due

figlie,

In

„.

Concetta e Filomena,

l'una delle quali vive ancora. Esse restarono con la

buona

zia loro Caterina

zio prete.

Dono

e

con un vecchio


CAPITOLO

X.

Neirergastolo di S. Stefano.

Sommario. I. L'ergastolo di S. Stefano - Trattamento dei condannati - Abito che indossavano - La razione del remo - Agevolezze loro concesse II. I condannati politici del Salernitano - Michele Aletta - Francesco De Stefano, Filadelfo Sodano, Francesco Procenzano, Cosimo Postiglione, il farmacista Vincenzo De III. Michele Aletta - Dialogo di lui col Robertis

IV. La vita dell'ergastolo - Le visite dei parenti e degli amici - Costanza Leipnecher - Il

Settembrini

barbiere Facella - Il tifo - Vittime di esso -

-

Le

risse

Un ammutinamento.

I.

L'isola di S.

palmente per stolo,

i

Stefano era destinata princi-

condannati a la pena àoiV erga-

a vita. Il Settembrini, che vi 4 febbraio 1850 con i suoi compa-

cioè dei ferri

fu condotto

il

gni di causa Felice Barilla, Salvatore Faucitano, Filippo Agresti ed Emilio

Mazza

mase nove anni ha

minutamente

stolo.

È

descritto

e che vi

ri-

l'erga-

posto su la parte più alta dell'isola, e

formato di tre piani, ciascuno dei quali ha trentatrè camerini,

dipinti

di

giallo, sudici

ed affu-

micati, della grandezza di sedici palmi quadrati.




215

In ogni camerino stavano confusi da otto a dieci condannati, politici e comuni

(1).

L'ergastolo dipendeva dal comandante della vi-

Un

cina isola di Ventotene.

giugno 1824

del 16

spiazione della

un

vestivano

vecchio regolamento

stabiliva

(2)

il

modo

pena. I condannati a abito

color

di

giallo,

dell'e-

l'ergastolo

ricevevano

ogni giorno, oltre la meschina razione del vitto che

chiamava razione

si

di remo,

un assegno

di

cinque grana corrispondenti a centesimi ventuno.

Durante a

il

giorno potevano andare da

ma non

l'altro,

vavano, nĂŠ passeggiare a cesso

a

i

l'aria aperta.

detenuti di corrispondere con

congiunti e di

ricevere

mandanti del bagno

la

E

visita

si

tro-

Era coni

propri

di essi. I

co-

mostravano bonari e con-

si

discendenti e gli impiegati tieri,

un camerino

uscire dal piano in cui

si

prestavano volen-

per qualche mancia, a qualsiasi favore

singolare che, mentre

i

(3).

condannati a tempo do-

vevano portare la catena a coppia, i condannati a l'ergastolo non avevano catena! (4) In complesso si usava loro un trattamento meno severo.

(1)

Eicordanze, voi.

2°,

pag. 158.

Il

palmo corrisponde

a ventitrÊ centimetri, quindi sedici palmi a m. 4.16. (2) Collezione delle leggi, anno 1824, 1° semestre, pagina 349. (3) Lettera dello Spaventa al Bonghi del 15 settembre 1888, pubblicata nel Daily Telegraph del 22 succes-

sivo e riprodotta

dal

Ricci,

Nuova

Antologia, fase, del

lo febbraio 1896. (4)

Art. lo del decreto citato del 16 giugno 1824.


216 II.

Ben

presto

condannati

arrivarono nell'ergastolo

altri

Vi giungeva nel giugno del 1851 Michele Aletta, di cui ho precedentemente discorso, e che nonostante i suoi sessant'anni (1) e le molte traversie subite, serbava ancora l'antica

politici.

fierezza.

Sopraggiunsero dipoi:

il

21 otto-

Spaventa e Francesco De Stefano, condannati per i fatti del 15 maggio; nel successivo novembre 1852 Filadelfo Sodano di Celso condannato per l'uccisione del capourbano De Feo avvenuta nel moto di gennaio, e Francesco Procenzano di S. Cipriano Picentino. Questi, bre 1852 Silvio

caporale dei granatieri

della guardia, disertando

28 giugno 1848, era corso ad unirsi a i ribelli del Cilento ed aveva con essi combattuto a Trentinara. Arrestato, ebbe da la Corte speciale di Salerno il 29 novembre 1852 condanna nel capo commutatagli il 2 dicembre successivo nella pena dell'ergastolo (2). Qualche mese dopo perveniva a Santo Stefano il giovane Cosimo Postiglione di Eboli di ventotto anni, condannato a a Portici

il

diciannove anni di ferri per accusa di avere sparso il

malcontento contro

il

governo. Venne chiamato

a prestar servizio di farmacista presso l'ospedale

annesso a l'ergastolo un altro giovine della provincia di Salerno, Vincenzo

(1)

Nato

in S.

De

Giacomo nel Vallo

Robertis di Posti-

di

Teggiano

il

20 mag-

gio 1794. (2)

Di

lui parla lo

naio 1856 da

S.

Spaventa in una lettera del 22 gen-

Stefano - Croce, op.

cit.


217

gliene, che trovavasi a Ventotene per espiare la pena della relegazione (1). III. L' Aletta, pure in mezzo a le crudeli sofferenze di quell'orrida vita si mostrava sereno e " C'è tra noi fidente. Il Settembrini racconta :

un vecchietto arzillo, di sessantadue anni, il signor Michele Aletta di S. Griacomo in provincia di Salerno il quale da che venne all'ergastolo, cioè quattro anni fa, ha detto e dice sempre che egli

sta

qui

provvisoriamente e che uscirà nel

— Io voglio uscire, debbo uscire ed uscirò. — Non usciremo D. Michele. — Ed io vi dico che usciremo subito. — Usciremo morti. — mese corrente.

No, vivi per Dio: mi hanno veduto nel mio paese due volte con la bandiera in mano, nel 1820

mi rivedranno cosi la terza volta e mi diranno come dissero costui non muore più. Si ne usciremo dopo trenta anni. No, dimani, oggi, più tardi può venire un vapore a prenderci. Il mondo cangia in un momento. Siamo vivi, ed io vivrò sino Noi siamo morti. a novanta anni: lo sento: cosi sarà. Voi non mi fate paura, none none! „ E cosi vive il povero vecchio, condendo una scodella di fave, o di pasta, e nel 1848,

:

che egli stesso pulitamente

si

cuoce, con questa

accesa speranza che in lui non viene mai meno, anzi più contrastata pensa,

(1) si

ma

spera.

più cresce: sicché

Che disgrazia

Settembrini, Ejnstolario, pag.

egli

pensare!

è

99.

La

Settembrini, Ricordanze, voi.

2°,

(2).

relegazione

espiava a Ventotene ed a Ponza. (2)

non

pag. 186.


218

IV.

Il

Settembrini in una lettera del 18 dicem-

bre 1854 a suo fratello Giuseppe ha dipinto mi-

rabilmente la vita sua e dei suoi compagni nell'ergastolo

"

(1).

Neil' angolo

di

una stanza

io

scrivo con poca luce, altri sceglie lenticchie, altri

accende fuoco, legge,

altri

fuma,

altri

scuote una pignatta

altri

altri fa altro: e dalla finestra si

passeggia, altri di fagiuoli,

vendono

catene, grida di forzati che

ed

ode un suono di cenci, che si

chiamano, che rispondono, che bestemmiano: e per giunta un soavissimo odore di escrementi che ora (proprio ora che ti scrivo) uno getta in un vaso tre palmi lontano da me. Ecco la pace che ora ho

„

(2).

Visitavano di frequente

i

condannati

politici,

massime lo Spaventa ed il Settembrini, alcune anime generose, tra cui Cesare Corea di Catanzaro, allievo del Settembrini, Cotanza Leipnecher De Cusatis sorella di Antonio Leipnecher morto durante liana ed

il il

processo per la setta

dell'

UnitĂ Ita-

barbiere Nicola Facella. Questi, amico

sincero e fedele di molti liberali, con nobile

stanza tenne

fede a

le

sue

amicizie,

li

co-

visitava

continuamente nelle galere e corrispondeva con quelli che erano a l'estero. Il Croce scrive cosi:

Epistolario, lettera del 18 settembre 1854. Settembrini, Epistolario, pagina 54. Nell'agosto del 1865 Antonio Panizzi noleggiò in Inghilterra un piroscafo per l'evasione del Settembrini e dello Spaventa, ma il piroscafo naufragò in vicinanza di Nisida. (1)

(2)


219 "

Io ricordo ancora

il

Facella,

quando

a far visita a lo Spaventa, allorché

si

recava

questi

capi-

tava in Napoli; lungo, smilzo, vestito di nero e

con

la tuba,

sempre sorridente

sentimento della sua dignità

n dell'

e

compreso

del

(1).

serpeggiava spesso nelP ergastolo a causa

tifo

eccessivo agglomeramento di

tanta gente e

venivano d'ogni parte. Molti condannati furono attaccati dal morbo, e parecchi perirono. Accennerò solo a i condannati delle esalazioni pestifere che

politici.

Prima

soccombeva tristamente la sera 1852 Emilio Mazza, napoletano, di quarantaquattro anni, un povero scrivano. Alcuni anni dopo, il 29 luglio 1855 lo seguiva, per lo stesso morbo, nel sepolcro un giovane di trentadue anni, condannato a sette anni di ferri, il sac. Antonio Prioli di Saracena in Calabria (2). Su la fine dello stesso anno cadeva infermo parimente Giuseppe Dardano condannato da la Gran Corte

del 14

vittima,

agosto

speciale di

Napoli per

del pari periva

il

i

fatti

del

15

maggio

6 gennaio dell'anno seguente

e

(3).

Un bravo giovane calabrese, il dott. Innocenzo Veneziano di Bagnara, che aveva riportata condanna di morte convertita nell' ergastolo, prestava

(1) B.

Croce, Lettere

documenti

di Silvio Spaventa, 1860 ebbe la nomina di portinaio del palazzo municipale in Napoli e mori nel 1898. (2) Settembrini, Ricordanze, voi. 2°, pag. 214.

pag. 115.

(3) Id,,

Il

e

buon Facella dopo

Epistolario, pag. 75.

il


220 le

cure più affettuose ed

pagni

di sventura. Il

i suoi commedico fu colpito 5 luglio del 1858

assidue a

pietoso

anche lui dal male, e mori il dopo tre soli giorni di infermità. Di lui scrive il Settembrini " Il povero Veneziano medicava tutti quanti gli ergastolani, i quali lo hanno pianto e quando il suo cadavere stava nella bara, hanno accese moltissime lucerne innanzi a i loro camerini e le hanno circondate di carta per non farle :

spegnere

(1).

A la

vista dello sventurato estinto

buon Settembrini esclamava con raccapriccio e " È il quinto dei politici che ho visto morire qui „ (2). Ma pur troppo il Veneziano non fu r ultima delle vittime. Mentre egli delirava per la violenza del tifo, un altro condannato, Franil

con dolore

cesco

De

:

Stefano di Sanza, deperiva rapidamente

per febbre di consunzione e soccombè pochi

dopo del Veneziano

I politici stavano confusi con

muni,

i

spettosi

i

i

delinquenti co-

mostravano deferenti e riprimi, tanto che lo Spaventa

qaali però

verso

di

(3).

si

ebbe ad esclamare: " Debbo ritenere che anche nell'inferno debba esservi della buona gente „ (4). Però i delinquenti comuni, tra loro, si sorpreso

(1 e 2)

Settembrini, Ejnstolario, pag. 167.

Castromediano, voi. 2°, pag. 103. Il De Stefano è compreso negli elenclii dei morti nell' ergastolo pubbli(3)

cati dal giornale

V Italia del 22 e 31 luglio 1860 e dal

D'Ayala. (4)

Croce, opera

citata.


221

mostravano violenti e rozzi e spesso tra essi avvenivano alterchi e risse nelle quali si avvalevano, per

ogni oggetto che loro capitasse nelle

ferirsi, di

mani. Spesso a

pevano

l'

silenzio

il

improvviso grida furiose romdelle

tristi

ore dell'ergastolo,

si vedevano i piĂš Orrende bestemmie ed impreca-

accorreva da ogni parte e

si

odiosi spettacoli.

quindi uno slanciarsi dei contendenti l'uno

zioni,

contro

l'

altro,

come

grida strazianti di

belve,

feriti

e

dopo buon tratto

e gemiti

di morenti. Il

Settembrini in una lettera del maggio 1858

veva

(1)

:

"

Ho

l'animo pieno di orrore. In

scri-

meno

un mese ho veduto assassinate cinque persone; primo fu un prete, ucciso da un monaco con un ferro da stirare; poi due: ierisera aldi

due „. meschino vitto che

tri

Il

si

dava a

i

condannati

era spesso cosi cattivo che essi preferivano di re-

mangiare soltanto il pane. Ma anche questo molte volte era mal cotto o stantio stare digiuni o di

e

non

si

poteva addirittura mangiarlo. Gli sven-

ne dolevano rispettosamente con i cuil direttore del bagno, pregarono il cappellano di interporre i suoi buoni uffici: tutto fu vano. I condannati politici si rassegnavano;

turati se

stodi e con

non

cosi

i

comuni.

La mattina

del 24 agosto 1855

anche peggio del

(1) Epistolario,

il

pane capitò ne d olsero

solito ; gli ergastolani se

pag. 160.


222 e supplicarono

di

non

loro lagnanze

ma

averne del migliore, si

cusarono quello che a loro

si

tranquillamente riposero

pane nei sacchi

locarono questi vicino a

modo che prenderne.

ciascuno di

Ma

i

scorto

un

si

il

e col-

le corsie dei detenuti, in

essi,

Grii

acquietarono.

volendo, avesse potuto i

po-

ergastolani del secondo

La

sera stessa,

compagno che scendeva

loro

ri-

era dato. I custodi

sacchi rimasero intatti ed

veri detenuti digiuni.

piano non

a le

dette ascolto. Allora essi

avendo

al

piano

sottostante e che essi sapevano segreto confidente del direttore, lui. il

si

Al rumore,

dettero a schiamazzare contro di il

comandante del bagno, raccolto

distaccamento armato, penetrò nelle

poiché

le

grida incalzavano, ordinò a

intimorire

i

tumultuanti,

di

l'improvvisa scarica fuggirono

i

corsie, e

soldati,

per

sparare in aria. i

detenuti

;

A

ma uno

di essi, un tale Saverio lacucci, rimase ferito. Il comandante del bagno fece arrestare i più riottosi, li sottopose a più severa restrizione e promosse la

convocazione della Corte marziale marittima per pronunziare sul fatto, qualificandolo come rivolta armata.

radunò il 20 dicembre dello stesso anno. Era formata dal presidente brigadiere Francesco Capecelatro, da i capitani Raffaele Gronzales, Napoleone Serugli, Giovanni Carbonelli e Giuseppe Flores, assistiti da Vuomo di

La

Corte marziale

si

Del Vecchio, presidente di Gran Corte criminale. La Corte marziale, con voto unanime, dichiarò che il fatto non costituiva una ri» legge Vitaliano


22a

che conseguentemente non vi era luogo ad ulteriore procedimento penale, e sĂŹ dovesse invece procedere in via disciplmare a norma dei volta,

regolamenti

(1).

Da

gli atti

sposizioni disciplinari plicò la consueta

(1)

Desumo

si

non

risulta quali di-

adottarono; forse

pena della

si

ap-

bacchetta.

queste notizie dalle carte della Maggioria alieni), anno 1856, esistenti presso la Di-

generale (B,ami

rezione delle carceri di Pozzuoli.


CAPITOLO

XI.

Nel bagno di Precida.

De Angelis, Carlo Pavone, G-. B. Riccondannati salernitani nell'isola di NiII. Trasida - Le prime impressioni della galera" sporto di essi a Procida - Arrivo di altri loro compagni III. La figlia di un condannato - Un poeta nella IV. Un comandante mite - Triste cambiagalera mento - Il preteso eroe di Danzica - Sue crudeltà Le legnate a sessanta galeotti - Una lettera di Ovidio Serino - Un ammutinamento immaginario - Altre legnate V. Cospirazioni in galera - La denunzia di un falso liberale - Arresti e perquisizioni - Nuove condanne.

Sommario. cio ed

I.

Carlo

altri

I.

Ho

già

accennato precedentemente a

De

l'

ar-

Pavone, del Riccio e degli altri loro compagni condannati da la Gran Corte speciale di Salerno con sentenza rivo a Nisida

del

del 22 gennaio 1852 essi la

barba ed

i

(1).

Angelis, del

I custodi fecero radere ad

capelli

rossa dei galeotti, quindi loro destinate.

(1)

Gap. VII.

ed indossare li

la giacca

spinsero nelle corsie


225

Riccio racconta

Il

"

della galera:

prime impressioni colà non vidi che visi

cosi

Entrando

torvi, ceffi sinistri e

le

sguardi biechi, intesi soltanto

tronche parole di comando

:

alzate

il

piede, dovete

mi si gettò innanzi una scranna, un una incudine ed una catena. Agitato da

ferrarvi: e

martello,

tetre considerazioni e tutto avviticchiato di catene fui finalmente

menato

un

in

sotterraneo, ove erano

parecchi logori lettucci con gente sdraiatavi sopra

parimente incatenata,

cui

le

figure

non potevo

distinguere perchè le tenebre della stanza venivano

scarsamente rischiarate da una fioca luce di una

lampada che moriva. Stesomi anche ed acconciatomi

lettino

mi doveva

catena, che

alla

essere

gettai lo sguardo

sibile,

meglio

io sul

mio

con quella

compagna

indivi-

intorno e non vidi

che

mura coverte da una squallida volta. Una cupa voce mi rimbombava nell'anima e mi di-

quattro

"

ceva:

Qui dovrai consumare

il

D'oggi innanzi fra queste

vita!

fiore della

mura

tua

sarà rac-

il mondo per te! „ (1). Nei bagni penali più del regolamento valeva l'arbitrio del comandante di essi. Quando ve ne

chiuso tutto

era alcuno d'animo mite

si

permetteva a

i

reclusi

da soli ed anche senza catena; dovevano stare sempre inca.tenati a coppia, supplizio davvero crudele. In una relazione fatta, da l'ispettore di polizia Mariano Durazzo, dopo

di stare incatenati

altrimenti

(1)

mia

Sonopoclie pagine intitolate:

galera.

Debbo copia

Il primo

giorno della

di esse a la cortesia della ve-

dova del compianto patriota, signora Camilla Riccio. 15


226

una

visita al

nati ai ferri

bagno

Msida, si legge stavano da prima isolati, di

"

:

I

ma

condan7 feb-

il

braio 1851 giunse l'ordine di porli a calzetta, cioè a

due a due. Sono

modo che come

ferrati,

la notte

ma

senza ribattitura per

vengono sbarazzati da

fui assicurato. Un'aria insultante

sardonico accompagna II. Il

bagno

come bagno giorni

i

i

loro

andamenti

ferri

i

ed un

riso

„ (1).

di Nisida serviva ordinariamente

dopo pochi

di ricezione: quindi di solito

condannati passavano ad altro bagno. Difatti

dopo solo quattro giorni venne ordine di trasferire il De Angelis, il Pavone, il Riccio e parecchi altri al bagno di Precida (2). Il Castromediano ha scritto che Procida era

"

la più vasta delle galere delle

Provincie meridionali, la regina delle galere, la

greppia più pingue dei comandanti e di quanti vi

hanno mano a

massima dove società ha di più

sorreggerlo, la cloaca

naturalmente pascola quanto

la

feccioso ed infame: briganti, assassini, grassatori, ladri, falsari, ignoro in qual

pati a la forca

„ (3).

parricidi,

modo

scap-

L'ordine di trasferimento com-

prendeva anche Ovidio Scrino che come prete avrebbe dovuto restare a Nisida, Giuseppe Vitagliano, cui la pena era stata, con decreto del 21 febbraio 1852, ridotta da diciannove a tredici anni di ferri, Gennaro Giardini di Ogliastro, Pa-

(1)

Archivio di Napoli, ministero di polizia, voi. 1850.

(2)

Db

(3)

Oliera citata, voi.

Angelis, Memorie, pag.

afiferma che la

(Croce, op. cit,

25.

Anche lo Spaventa gran massa dei galeotti era a Procida. pag. 19). Ve ne erano infatti in quel tempo lo,

pag. 200.

mille e duecento, dei quali quattrocento politici.


!y

f'fì km i

i

l'Ii



227

germani Giuseppe, i Domenico e Celestino Sabbatella, tutti condannati da la Grran Corte Speciale di Salerno nella causa dei quarantuno. Andarono difatti da Nisida a Precida. Ivi sopraggiunsero il 22 ottobre dello stesso anno i fratelli Leanza ed i fratelli Palumbo, condannati squale Lamberti di Napoli,

per i

fatti del

i

15 maggio, e successivamente nel 1854

Lucio e Salvatore Magnoni, Emanuele

fratelli

Giordano di Lustra, e Giuseppe Cairone di Ciceche aveva avuto da la Corte speciale di Salerno il 23 maggio 1853, ventitré anni di ferri, ridotti a tredici con decreto del 1« maggio 1854. I Magnoni dopo cinque anni passarono dal bagno di Precida a quello della darsena in Napoli. Il Giordano ottenne la grazia con decreto del 18 dicembre 1856. III. Andava di frequente a visitare Luigi Leanza

rale,

la sua figliuola Giuseppina, giovinetta allora di sedici anni.

geva suo

Nel volto

di lei

candido e bello

si

scor-

profonda mestizia che dominava l'animo

la

al triste spettacolo del

nato e sofferente.

vecchio padre incate-

Un compagno

di

sventura del de-

tenuto commosso dal dolore della fanciulla, scrisse per

lei il

versi

4 ottobre 1852 nel bagno di Procida questi

:

SONETTO

(1).

Perchè mesta così nella ridente Primavera gentil della tua vita? Perchè chiusa in te stessa e sì romita Chini la fronte quasi fior languente?

(1) Il

mi

sonetto porta in piede

è riuscito di sapere

il

nome

le iniziali

N

dell'autore.

Q,

ma non


228

Ma

l'arcano dell'alma l'eloquente

Tuo sguardo

E

Guati Schiudi

E

svela, e

il

genitor m'addita:

tu, bel fior d' Italia, intenerita le il

sue catene, e vai dolente. core, o divina, alla speranza,

sul volto a fiorir torni la rosa:

Fia redenta la patria, e

il

dì s'avanza.

Sarà tua gloria un tanto genitore, E vago serto a te vergine sposa Le tue virtudi intrecceranno e amore,

IV. Comandava allora il bagno di Precida un Giuseppe JR;ascio, secondo tenente di marina,

tale

nativo del villaggio di Cannicchio in di Salerno, di famiglia, liberale,

generoso. Egli trattava

provincia

d'animo buono e

umanamente

tutti

i

nuti e con molti riguardi e condiscendenze litici

(1).

Il

De

Angelis narra che

di civile condizione

invece

di farli

un posto nei

i

Rasoio

il

usò ogni cortesia e concesse a lui ed

dete-

pogli

altri reclusi

cosi detti camerini,

dormire nelle grandi sale in mezzo

a la ciurma, cioè a la massa dei galeotti. Inoltre fece ad essi cambiare la catena,

con una assai

più leggera, e permise loro di dormire senza ca-

tena

(2).

Per sfortuna dei galeotti, a l'umano e gentile comandante ne successe uno dei più feroci, un tale capitano Angelo Acuti. Questi aveva da giovine preso parte come ufficiale a le guerre napoleoni-

(1) (2)

Castromediano, voi. Memorie, pag. 76.

1°,

pag. 204.


229

che ed, a quanto egli diceva, si era segnalato per valore a Danzica, tanto che da i suoi piĂš fidi e devoti dipendenti l'eroe di

si

faceva pomposamente chiamare

Danzica. Escluso da l'esercito nel 1821

per sospetto

di

carboneria

era riuscito

qualche

anno dopo, atteggiandosi a borbonico sfegatato, a ricuperare il suo grado. Durante la reazione del 1849, si era messo a perseguitare con grande accanimento i liberali ricorrendo a qualunque eccesso. Mandato a dirigere il bagno di Precida,^ scopri che la maggior parte dei condannati stava la notte

senza catene; questa scoperta

maggiormente, non tanto perchè golamento, quanto perchè

avevano un grande che

si

infliggessero

valse a persuadere

i

il

re-

Chiese ed ottenne

leggiate a coloro

(1).

lo inaspri

violava

poveri condannati ne

sollievo. le

sorpresi senza ferri

i

si

che erano

Neanche questa minaccia

detenuti. L'irresistibile bisogno

di riposare alquanto la notte liberi da quel tormento li

induceva a

farsi togliere la sera la

Allora ricorse ad

una

lettera del

" Il

felici

25 aprile 1855 di Ovidio Scrino

(1).

(2).

22 febbraio, mentre che mille e duecento in-

condannati uscivano pacificamente da

covi per respirare del

catena

un mezzo crudele come narra

bagno ordina

un la

po'

d'aria,

il

i

loro

comandante

chiusura dei cancelli ed af-

ferra sessanta disgraziati,

i

primi che gli

(1)

De

Angelis, Memorie, pag.

(2)

La

lettera sequestrata dal

si

pre-

81.

comando trovasi

nei do-

cumenti. Archivio di Salerno. Carte politiclie varie.


230

sentarono, per farli servire di gradito spettacolo alla

sua ferocia.

"Tutti questi sessanta, F uno dopo

mezza giornata continua assordavano

l'altro 1'

,

aria

per di

dolorose grida, alzandosi semispenti dallo scanno del flagello dopo avere ricevuto sulle natiche cin-

quanta legnate per ognuno. E il cristianissimo Angelo Acuti ebbro di gioia assisteva a quella scena

avrebbe fatto inorridire ogni uomo e

clie

destata la pietà nel petto del più disamorato dei

Indarno

mortali.

gli si

opponeva che

l'

età e la

malsania non permettevano tanto maltrattamento, indarno vedeva del sangae

lo

scanno del dolore rosseggiante

delle sventurate vittime!

Lungi dal

fare cessare' tale martirio incrudeliva vieppiù, di-

cendo " si prepari una bara: da qui si passerà al camposanto: è ordine del re! „ Ma qual fallo, quale colpa in quei sessanta martiri, fra i quali vi erano varii politici? Ti assicuro che nessuna colpa in essi.

n

pretesto fu quello di essersi trovata alterata la

ferratura;

ma

tranne dieci o dodici che realmente

avevano i ferri viziati, tutti gli altri ben ribadita, si che i corniti ed i custodi del luogo rimanevano attoniti a tanta crudeltà, non esclusi ancora due gendarmi „. Il burbanzoso capitano, non soddisfatto di que sto atto inumano, volle in modo anche più atroce

trovaronsi con la bietta

avvilire

galeotti.

i

Le

disposizioni regolamentari

davano facoltà a i comandanti, in ammutinamento, di chiamare i soldati e di

della galera

caso di

ordinare

il

fuoco contro la massa.

tera del Scrino racconta:

"

Il

La

stessa let-

27 febbraio verso


231 le i

5 pomeridiane l'Acuti ordina l'apertura di tutti cancelli,

richiama

i

custodi

fuori,

fa

elevare

ponte e poscia incita la soldatesca di marina a dar principio al fuoco sulla ciurma, che diceva il

ammutinata: ficiale,

rato.

ma

grazie

alla

Provvidenza

l'uf-

uomo

ono-

che comandava la forza, era un

Egli

si

oppose a tanto empio comando, con-

vinto della tranquillità del bagno. L'Acuti,

mente

di rabbia,

vedendosi

sfuggito

dalle

fre-

mani

questo delizioso spettacolo, medita nuovi piani. Intanto nel giorno seguente di qui

il

buon mattino giunge un

colonnello Flores con duecento soldati, ha

abboccare ento con l'Acuti e

si

attiene alle costui sug-

Sono chiamati fuori il bagno undici indidue camorristi e nove politici, tutti messi in nota dal cattolico comandante come capi di quel preteso ammutinamento e si consegnano ai due camorristi ed a due politici napoletani della causa del 5 settembre cento legnate per ognuno, gestioni.

vidui,

risparmiandosi

simile

compagni onesti

e

flagello

virtuosi

a

gli

altri nostri

galantuomini, per^i

si ordinò il criìninale senza permettere ad una parola e vi stettero chiusi per dieci giorni „. Nei documenti del tempo trovansi poche notizie su queste gesta del comandante del bagno di Precida risulta soltanto l'ordine dato dal governo a la goletta a vapore Rondine di partire con cento uomini del reggimento di fanteria marina al comando del capitano Flores per andare a sedare un ammutinamento nel bagno di Precida. La goletta parti il 28 febbraio 1855 e ritornò in Napoli il 3 marzo " avendo espletato con pieno

quali essi

:


232

successo tole

V.

(si

logge negli

mandato

atti) il

conferi-

(1).

La

triste vita della galera,

non riuscivano a domare

sevizie

crudeltà,

le

la

dei condannati politici, anzi eccitavano nel

animo sentimenti

le

maggior parte loro

"

In quei tempi, .scrive il De Angeli s, il cospirare era divenuta una necessità „ (2). E si cospirava con incredibile auribelli.

!

dacia non ostante tutti

i

rigori e tutte le brutali

minaccie delle legnate e del

'puntale.

!

Fin dal 1852, erano state intercettate alcune lettere sospette di due galeotti, a nome iiniello Ventra e Domenico Dell' Antoglietta, entrambi del bagno di Precida. In seguito a questa sorpresa la polizia trasferi quei due e Carlo De Angelis, indicato in una denunzia segreta come loro comcarceri

plice, nelle

A

i

giudiziare

Castelcapuano.

di

primi di gennaio del 1853, dopo lunghe istru-

non diedero alcun

zioni che

risultato,

del re aboli l'azione penale, ed

tornarono al bagno di Precida Il

tre

i

un decreto condannati

(3).

grave pericolo corso avrebbe dovuto togliere

di testa per di congiure;

compagno

sempre

ma

al

cosi

De

Angelis ogni pensiero

non avvenne. Egli ed

di galera Carlo

Pavone,

vano da Precida con Michele Magnoni tenuto nel carcere di Salerno.

(] )

della (2)

Le

Archivio militare di Pizzo falcone,

marina (1° ripartimento, Memorie, pag. 79.

(3) Ivi,

pag. 78.

il

suo

corrispondeallora de-

lettere

erano

comando generale

V> carico).


233

segretamente da la galera di Precida al Ferdinando Vairo di Torchiara e da questo a Vincenzo De Augustinis, allora studente a Salerno, il quale le faceva pervenire al Magnoni. spedite dott.

I custodi del

bagno

meschinamente

e delle carceri

retribuiti e quindi spronati dal

bisogno

si

presta-

vano, mediante generosi compensi, a favorire tale carteggio. Scoperta

tembre del 1853, del Vairo e del

dannati

ciò

Il

di queste lettere nel set-

De Augustinis

politici a

importanza.

una

la polizia perquisì le abitazioni

Precida,

Vairo ed

il

II fatto è

trovò nulla di

De Augustinis vennero

nonostante imprigionati

x4.ssai

e la celle dei con-

ma non (1).

più grave denunzia ebbe luogo nel 1855. narrato nelle memorie del

De

Angelis e

nei documenti della polizia napoletana. Nel luglio

un

del 1855 rivelò al

finto

liberale,

un

famoso commissario

Campagna di avere

il

clizia Griuseppe

arditi cospiratori del

Capua un proclama

diffonderlo nella guarnigione.

che

'

ricevuto incarico da Nicola Mi-

gnogna, uno dei più di portare a

tale

dj

Il

Mignogna andava ogni

tempo,

rivoluzionario per traditore aggiunse

sera in

un

piccolo

caffè al vico Figurella a Montecalvario a congiu-

rare con altri liberali, tra cui

Raffaele Ruggiero

(1)

il

monaco agostiniano

(2).

Archivio di Napoli, carte dal 1848 al

1850,

fasci-

colo 287, voi. 21. (2)

Archivio di Napoli, ministero giustizia, fase. 5380,

incart. IBI.


234

Le indagini

della polizia posero in chiaro che

per mezzo del Mignogna, Carlo De Angelis riceveva da Genova lettere di un suo fratello e doll'ex

deputato Francesco Mazziotti

scoperta

i

Mignogna

gendarmi arrestarono e tutte

le

(1).

Dopo questa

in quel caffè

il

persone designate dal de-

nunziante. Nella fodera del cappello e del cappotto del del

Mignogna

De

si

rinvennero varie lettere in cifra

Angelis nelle quali erano nominati Aniello

Ventra, Giuseppe Pace, Raffaele

Mauro

e

Fran-

cesco Matina di Teggiano. Gli sbirri arrestarono tutti costoro,

nonchĂŠ

Antonietta Pace,

la signora

che faceva pervenire corrispondenze segrete nel

bagno

di Procida,

ed un

tale

Michele Viot, fran-

cese, cameriere di piroscafi, postali. Il

Mignogna

ebbe a subire nelle carceri cinquanta legnate (2). Dopo lunga procedura la Gran Corte speciale, il

2 ottobre

1856, condannò

Carlo

De

Angelis,

Mauro ed Aniello Ventra ad una seconda pena di dodici anni di ferri, il Mignogna a Y esilio perpetuo dal regno ed il monaco padre Raffaele Ruggero ad un anno di carcere. Il re nel 6 ottobre 1856 ordinò che il monaco espiasse la pena in un convento lontano (3). I condannati a i ferri andarono al bagno di Nisida. il

(1 e 2)

(3)

De

documenti

Db Angelis, Memorie, pag. 84. Angelis, Memorie, pag. 94 Archivio di Napoli, ;

indicati.


CAPITOLO

colera nei bagni penali.

Il

Sommario.

XII.

I.

Primi casi di colera in Napoli - Diffu-

sione di esso nelle proviucie e nei bagni penali,

Matteo Farro - Precedenti di lui - Sue vicende dopo i moti di luglio - Sua latitanza nei boscbi - L'arresto e la condanna del prete - Preso dal morbo soccombe rapidamente. III. Un'altra vittima nel bagno di Nisida - Luigi Leanza - Appunti della figliuola di lui - La grazia ad Emanuele Leanza. IV. L'epidemia nella galera di Montefusco - Varie II. Il

prete

-

vittime - I relegati di dei colpiti dal

morbo

Ventotene.

--

V. Gli elenchi

nella galera di Precida - Ucci-

sione di Francesco Antonelli.

I.

Nel maggio del 1854 cominciarono a manirepentinamente in Napoli diarree, vomiti,

festarsi

crampi, e nerle

in cui

subite

occulte si

morti.

Si

per evitare

volle

da prima

panico

il

nella

te-

città

ricordava con terrore la strage fatta

dal colera nel

ma

1837,

fondendo nei mesi

il

morbo si andò dife non si potette

successivi

conservare il mistero. Dal luglio a l'agosto crebbe grandemente in guisa die il 4 agosto si verificarono ben trecento ottantuno morti. Decadde

quindi

di

molto,

ma

si

estese nelle

provincie,


236

meno intensamente però che

nella capitale, ove

ebbero complessivamente, durante tutto

si

periodo

il

dell'epidemia, da tredici a quattordicimila casi con

settemila e sedici morti sto,

il

(1) tra

i

quali,

2 ago-

il

maresciallo Bernardo Palma, di cui ho di-

un precedente capitolo, morbo penetrò, mietendo numerose

scorso in li

in quasi tutti

i

bagni penali.

Il

vittime,

governo

istituì

maggiore parte di essi piccoli ospedali in cui stavano confusamente condannati politici e comuni (2). Contribuivano a diffondere il contagio nei bagni l'agglomerazione di tanta gente in locali ristretti, l'aria contaminata che vi si renella

spirava, l'acqua

non

non buona,

di rado malsano.

il

vitto

deficiente e

Nei bagni delle provincie

continentali del regno occorsero in tutto trecento

novavantasette casi dei quali centoventitrè seguiti

Purtroppo non mi è riuscito finora bagni penali dal 1848 al 1860, che non sono state mai depositate, come si

da morte

(3).

di trovare le carte dei

sarebbe dovuto, presso

i

non posso dare complete

pubblici archivi, quindi notizie.

H

morbo

infieri

nei bagni di Nisida, di Montefusco, di Precida. II.

Nel bagno

di Nisida trovavasi

da parecchi

anni un prete originale ed ardito, Matteo Farro. Egli era nato in Bellosguardo, comune della pro-

(1)

De

Sivo, opera citata, voi.

l»,

pag. 398.

pena della capitale vennero raccolti in apposito ospedale nella caserma dei Granili. (3) Desumo questa notizia da i documenti dell'archi(2) I colerosi dei luoglii di

vio militare di Pizzofalcone in Napoli.


%u

첫-



237

vincia di Salerno,

13 marzo 1779 da

il

Marmo

Giuseppe Farro ed Isabella

coniugi

i

Aveva

(1).

fatti gli studi nel seminario di Diano ove ebbe a compagno un suo conterraneo, Rosario Macchia-

spirito intraprendente

roli,

vivace che fu poi

e

capo della carboneria a Salerno, deputato al Parlamento napoletano il 1820 e mori trucidato l'anno successivo scritto

(2).

da Il

la

polizia,

come narrerò

in altro

Farro prese la messa nel 1805 e

divenne partecipante suo paese. Di mente

della

chiesa ricettizia

s -tegliata

del

e colta, di parola

facile

ed immaginosa era chiamato in tutti

muni

della contrada a predicare, a tessere pane-

girici in

ma

le

co-

onore dei santi, e lo faceva molto bene

;

sue prediche, con grande meraviglia dei

bigotti,

terminavano sempre con inni a

ed a

martiri del 1799.

i

i

Si

la libertĂ

era allora al

tempo

dell'occupazione francese e gli entusiasmi del gio-

vine predicatore trovavano plauso nelle autoritĂ

Venne la restaurazione del 1816 ed il Farro avrebbe dovuto cambiare metro: invece non se ne dette per inteso. Per fortuna sua il governo,

locali.

allora presieduto dal

completamente

marchese Medici, aveva chiuso

gli occhi

tichi murattisti e della

su le agitazioni degli ansetta

dei

profittò dell'indolenza governativa

carbonari, che

per ordinarsi

ed estendersi nelle provincie.

(1)

Mi ha cortesemente

scita ed alcune notizie

il

inviato

copia dell'atto di na-

dott. Serafino

sguardo, cui ne rendo vive grazie. (2) / Carbonari di Salerno nel 1820.

Mauro

di Bello-


238

Griungevano nel regno nei primi del 1819, deuna grave impressione, le notizie della

stando

rivolta di

Valenza in Spagna e delle continue

congiure di militari, di funzionari e di privati

cit-

tadini per ottenere la costituzione. Il prete Farro, esaltato

da quelle

notizie, fece le sue valigie e

Non

parti per la Spagna.

si

conoscono con preci-

sione la data della sua partenza e

le

colà: è certo però

Bellosguardo

che

di

clero

il

come

riunito al suono del campanello,

un verbale

è detto in

del 18 giugno 1819, considerato che

Farro da oltre due mesi aveva piantato

il

chiesa ed

il

tecipante

(1).

il

sue gesta

la

V assegno di par-

paese, gli sospese

Scoppiata la rivoluzione di Nola nel luglio 1820, prete tornò frettolosamente a Napoli. Durante il

periodo costituzionale dovette agitarsi abbastanza,

perchè la polizia

lo

dipinse con

Verso

i

più neri colori

settembre del 1820, dopo un'assenza di circa due anni, arrivò a Bel-

nei

suoi

registri.

losguardo, ed

il

clero

"

l'assegno con

il

Farro non adempì,

il

fraternamente,

gli

restituì

con la condizione però che debba indefessamente servire la chiesa per mesi otto continui „ (2). Anche questa volta principio

della

gli

arretrati,

ma non

reazione

del

per colpa sua! Al

1821

la

polizia

lo

chiuse nelle carceri di Salerno e dovette restarvi

parecchi anni, tanto che

(1)

il

clero di Bellosguardo

Deliberazione del clero del 18 giugno 1819.

(2) Id., id. del

29 settembre 1820.


239

1824 deplorava ancora l'assenza

nell'8 settembre di lui (1).

Ho

narrato in

nel luglio

del

come

altro scritto (2)

1843, unitosi a le bande

Cilento,

il

Farro

insurre-

andato predicando

zionali

del

rivolta.

Finito quel movimento,

fosse

sapendosi ricercato da la polizia,

la

vecchio prete,

il

si

era nascosto.

4 settembre 1848 scriveva al suo intimo amico deputato Giosuè Sangiovanni: " Sono da quaranta giorni rintanato nel cupo di una foresta e dormo su la nuda terra in compagnia dei lupi e Il

dei serpi

„ (3).

cavalier Vairo a capo della sua

Il

feroce squadriglia,

ultimi giorni di

negli

riusci

giugno dell'anno seguente, a sapere da una spia il ricovero del povero prete presso Corleto nella contrada Ponticelli

macchioso

.,

come

"

sera del 2 luglio con

una

di

La luna

quella

II

disastroso

e

Vairo. Questi la schiera dei suoi

folta

sera splendeva

nosa e la forza riusci a covile

il

urbani circondò

sbirri e di

satelliti,

un luogo

in

riferi di poi

il

bosco.

limpida e lumi-

scovare

il

prete in

un

(4).

Farro dopo lunga prigionia fu sottoposto a

giudizio.

La

Grran Corte speciale di Salerno, con

decisione del 1° aprile

1851, lo condannò per le

dell' 8

settembre 1824.

(1)

Deliberazione del clero

(2)

Carducci, voi.

(3)

Archivio di Salerno, fase. 886, voi.

2°,

pag. 47 e 48. 5°.

Vi è

la let-

tera originale del Farro. (4)

Archivio di

Salerno, E.

cav. Vairo del 3 luglio 1849.

P.,

n.

68,

relazione

del


240

famose prediche durante tisei

anni di

ferri.

i

moti di luglio a ven-

Si narra che,

quando

dente gli lesse la severa sentenza,

maggiore serenità i

sei

anni

li

farò

Pochi giorni dopo

gli disse: io,

i

lo

"

il

presi-

il

prete con la

Signor presidente,

restanti

li

farete

mandarono ad

voi

„.

espiare la

pena nel bagno di Nisida. Breve e fulminea fu la malattia del Farro. Trasportato nell'ospedale colerico si aggravò in poche

ore.

Non ebbe

il

conforto dell'assistenza di

parenti o di amici perchè era rigorosamente vietato a qualsiasi estraneo colerici.

G-li stessi

l'entrare negli ospedali

infermieri per timore del con-

tagio trascuravano completamente

restavano tra

le orribili sofferenze

i

malati

i

qaali

nel più dolo-

roso abbandono. L'ardito prete soccombè misera-

mente e fu sepolto nel camposanto di Nisida (1). HI. Nel dicembre 1853 erano stati trasferiti dal bagno di Precida a quello di Nisida, per sospetto di corrispondenze criminose, i due fratelli Luigi e Girolamo Palumbo, il vecchio Luigi Leanza e suo nipote Emanuele condannati, per i fatti del 15 maggio a la pena di morte commutata poi in trenta anni di ferri. Luigi Leanza che, nonostante i suoi sessantasette anni compiuti ed una bronchite cronica, serbava grande vigoria di forze venne improvvisamente preso dal colera e mori il 10 agosto 1854, come risulta da atto del di seguente dello stato civile del comune di Pozzuoli, da cui dipende Nisida. La morte del povero vecchio fu

(1)

D'Ayala., / nostri morti, pag. 12.


7>

"X-^r



241

tanto rapida e strana che nel bagno

sospettò

si

un avvelenamento (1). Venne, anche polto nel piccolo camposanto di Nisida. di

esso,

L'estinto lasciò quattro figli avuti dal suo

se-

ma-

trimonio con Raffaella Marchetelli e che avevano

nome

Francesco, Napoleone, Giuseppina e Nico-

In alcuni appunti della sua Giuseppina

lina.

leggono sul

triste

role soltanto: "

H

si

avvenimento queste brevi pamio carissimo padre è passato

da vero cristiano e martire „. Proprio in quei giorni, mentre la povera vedova ed i figli all'eternità

gemevano per

tale sciagura, la polizia perquisì la

nuovo

loro casa e trasse di

riebbero la libertà

La morte

dello

vedova dopo pochi giorni

in arresto la

e la giovine Nicoletta, che però (2).

sventurato Luigi Leanza con-

ad indurre il re a concedere al nipote di Emanuele, nel dicembre del 1856, la commu-

tribuì lui

pena, nell'esilio perpetuo

tazione

della

gno

Uscito da la galera, alcuni mesi dopo

(3),

dal resi

imbarcò per Marsiglia ove giunse il dì 8 aprile del 1857 (4). IV. Il morbo non risparmiò il bagno penale di Montefusco. Parecchi perirono: tra gli altri

(1;

Castromediano,

voi. 2»,

però questo autore dice che

il

pag. 103. Erroneamente Leanza morì in Procida.

(2)

Appunti

(3)

Matricola dei rei di Stato della galera di Nisida.

(4)

Archivio

indicati.

di Napoli,

scio 3868, voi. 348.

Un

ministero esteri, espulsi,

blicato nel Giornale delle

Due

Sicilie,

supplemento

concesse un modesto assegno a la famiglia. 16

fa-

decreto del 20 ottobre 1860 pubn. 38,


242 sei

condannati

politici,

due

cioè

calabresi,

Sa-

possidente di Catanzaro, giovane di

verio Gatto

Cimmino da

venticinque anni e Griuseppe

Casti-

il farmacista Costantino Panunzio di MolGaetano Mellucci sa.rto di S. Maria Capua Vetere e Ludovico Amitrano di Aquara in provincia di Salerno (1). Morirono senza alcun soccorso; i custodi porgevano loro il cibo da lontano, attaccandolo a la punta di lunghi bastoni, per timore del contagio. I poveri morti erano portati al cimitero tra le bestemmie e le derisioni dei

glione, fetta,

becchini

(2).

Sembra che

dal

colera fosse

restato

immune

l'ergastolo di S. Stefano. Il Settembrini nelle Ri-

cordanze e caso

neW Epistolario non accenna ad

nell'ergastolo.

alcun

D'Ayala nella pubblica-

Il

zione indicata registra

per gli anni in cui durò

l'epidemia colerica, due sole

vittime nell'erga-

Antonio lannuzzi da Castellabate e padre Girolamo da Cardinale. Ignoro stolo di S. Stefano:

però se costoro

fossero

altra malattia. Certo isoletta di il

Ventotene

il

morti

per colera o

tra

i

relegati

comando dovette impiantare un

dale ove

soccombettero

per

colera infierì nella vicina politici,

ed

piccolo ospe-

molti relegati,

tra

cui,

(1 e 2) Castromediano, opera citata, voi. 2°, pag. 86. Id. Nisco, pag. 317. Queda Procida a Montefusco, pag. 17. sto ultimo scrittore aggiunge tra i morti di colera Michele Torquato di Castiglione. Il D'Ayala nell'opuscolo / nostri morti li indica tutti come sepolti nel cimitero di Montefusco, omettendo jierò l' Amitrano. Nel bagno di Montefusco mori pure nel 17 ottobre 1855 un altro condannato politico, Vincenzo Cavallo.


243

Greco di Carnerota, Vincenzo Ferro, Vincenzo Matonti e Giovanni Nigro del Cilento (1), Giovanni Maretta di Campagna, Cristoforo Falcone di Policastro (2), Giuseppe

della provincia di Salerno, Luigi

Ferrara di San Biase V.

La

venne

(3).

galera di Precida, la più affollata di tutte,

gravemente dal morbo. Nell'ospe-

colpita

dale appositamente istallato entrarono, fra delin-

quenti

politici e

comuni, trentasette

individui e

ne soccombettero quattordici (4). Nei lunghi elenchi dei condannati ammessi negli ospedali colerici non ho trovato alcun nome noto di politici; forse se ne formò un elenco a parte. Certo molti politici

dale.

dovettero essere ricoverati in quell'ospe-

Vi perirono

Precida,

come

e sono sepolti nel

risulta

da

camposanto di D'Ayala (5)

gli scritti del

e da l'elenco pubblicato nel giornale Vltalia nel

numero

27 luglio del 1860, i seguenti, tutti della provincia di Salerno, Pasquale Cantalupo da Altavilla

del

Silentina,

(villaggio del

Giuseppe

comune

Curcio

da

di Stio), Raffaele

Gorga

De Luca

da Catena, villaggio del comune di Ascea, Carmine Magno da Laureana Cilento, Carmine Tufani da Roccadaspide e Francesco Rizzo da Sacco. Altri tre condannati perivano quasi nel medesimo tempo

(1)

Non conosco

(2)

Morto

il

a quale

comune appartenessero. comune

23 agosto 1854. Atto di morte nel

di Ventotene dello stesso di, n. d'ordine 27. (3)

Atto di morte nel comune di Ventotene,

n. 25,

dello stesso anno. (4) Archivio militare di Pizzo falcone^ ministero guerra e marina, ramo guerra, 4° riparto, ]<> carico, n. 8771. (5) Opera già citata: / nostri morti.


244

a Precida, Francesco

Capaccio

Pellegrino di

16 agosto 1854 colpito da

tisi

batella da Felitto condannato

il

(1),

Giuseppe Sab-

da

la G-ran

Corte

speciale di Salerno nella causa dei quarantuno (2)

e Francesco Antonelli da

Nocera condannato nel Il povero Antonelli fu ucciso in galera da un camorrista (3). L'ospedale di Precida venne chiuso definitivamente il 27 settembre 1855. Non ho potuto purtroppo, accennando a queste processo della setta dell'Unità italiana.

che

morti,

quei

un elenco

fare

nomi. Chi mai miseri,

tutto ciò che

che

morbo, privi

di

di

nomi, soltanto di

narrare le estreme ore

lontani

avevano

disperatamente

Lo spavento

potrà

dal loro

paese

e

di

da

di caro nella vita lottavano

contro la morte, tra

i

terrori del

ogni cura e di ogni assistenza

!

del contagio, la barbarie

dei tempi

tolsero a quelli infelici ogni soccorso,

sicché nel

più doloroso

abbandono, tra

gli strazi

più acuti

dovettero certo invocare sollecita la morte. Oscuri e modesti martiri

(1) (2)

Matricola dei rei di Stato in Procida. La famiglia mi riferisce che il Sabbatella mori

invece e

non

(4).

il il

21 novembre del 1853 nell'ospedale di Procida 21

novembre

1854.

In qualche documento trovo accennato che tonelli fu trucidato invece nel bagno di Pescara (3)

l'

An-

il

di

11 aprile 1854. (4) Un altro condannato della provincia di Salerno, Giuseppe Caprio mori pure di colera nel 1854 nel bagno di Pescara (Castromediano, voi. 2», pag. 103).


CAPITOLO xni

(*).

In via per V America.

Sommario. Napoli

i

L'Inghilterra e la Francia richiamano da

I.

loro ministri - Difficoltà del

- Si invitano

Erifinto

i

governo napoletano

detenuti politici a domandare grazia -

del Poerio, del Pironti, dello

Spaventa

e del

II. Convenzione con la Repubblica Settembrini Argentina per una colonia penitenziaria - Pratiche del governo napoletano con i condannaci politici, per indurli ad accettare - Risposta del Poerio - Lettera del Pironti - Contegno del Settembrini e dello Spa-

- La stampa liberale insorge contro il trattato governo argentino nega la ratifica di esso III. Incertezze del re Ferdinando - Si redige un decreto di grazia per i non pericolosi - Risoluzione di inviare in America i condannati pericolosi - Minuta del de-

venta

Il

creto - Osservazioni del ministro di giustizia - Deci-

IV. La ministeriale Pionati - L' esecuzione del provvedimento - Difficoltà ad ogni passo sione del re Il re

approva

le

norme

di esecuzione

— V.

Il

ministro

Castromediano narra nelle sue Memorie (voi. 2°) i fatti che rimandato senza altro il lettore a quel bellissimo libro se alcuni documenti non mi avessero fornito nuovi ed interessanti ragguagli. Anche il Settembrini nelle Nicordame accenna ad alcuni episodi in un racconto a frammenti, ma meraviglioso per la forma. Un esule napoletano allora a Londra Antoxiio Guerritore, di Pagana (in provincia di Salerno) pubblicò su questo argomento nel 1859 un dramma con il titolo / deportati. (*) Il

riferisco in questo capitolo. Avrei


246

chiama

in Napoli

i

regi di Pozzuoli e di

giudici

Mon-

ad essi - Comunicazione del provvedimento a i condannati di Nisida - Fiere rimostranze dei preti - Contegno dei forzati dei bagni di Procida, di Santo Stefano e di Montesarchio - Dicliiarazioni del Poerio e dei suoi compagni - Supplica del Dono - Istanza del Pironti - Lettera di questi a suo VI. Defratello - Ordini perentori del re da Foggia tesarcLiio - Istruzioni segrete

napoletano

lusioni del ministro degli

esteri

espediente del governo -

Nomina

-

Nuovo

una Commissione

di

reale per la esecuzione del decreto reale - Istruzioni scritte ed orali ad essa date

VII.

La Commissione

a Montesarcliio - Le pretese acclamazioni dei condannati - Rifiuto del Pironti a la partenza - Partenza del Poerio

e dei

suoi compagni

-

Trasporto del Pi-

ronti - L'arrivo a Pozzuoli - L'addio ai parenti- Im-

barcò

su la Stromboli - Incertezze del Pironti - Un - Sbarco di Pironti a Nisida VIII. Ar-

ordine del re

rivo dei condannati di Nisida

-

La Stromboli

rileva

condannati da i bagni di Procida e di S. Stefano Pasquale Lamberti resta a l' ospedale di Procida Inno della Commissione a la clemenza sovrana - NoIX. Viaggio bili parole del Poerio a i suoi compagni dei deportati a Cadice - Proteste di essi - Noleggio di una nave americana - Un finto cameriere - Grave X. Passaggio degli esiliati su infermità del Poerio la nave americana - La partenza di essa - Il Fieramosca i

ritorna

a Cadice

-

Nuove

proteste degli esiliati al

capitano XI. Il finto cameriere - Rafiaele Setterabrini - Suoi colloqui - Nuova protesta al capitano -

Pretese di questo - Suoi timori - Il capitano conXII. Sbarco degli esisente a l'approdo in Irlanda liati a Queenstown - Festosa accoglienza della città Colletta a favore di essi - Il Mazzini invia due suoi

amici a trattare con gli esiliati - Risposta del Poerio Partenza di essi per Londra - Dichiarazione dello Spaventa e del Settembrini - Risposta di altri esuli - Adunanza in onore dei proscritti - Loro ritorno


247

in Italia

XIII.

Il

re Ferdinando riceve

la

notizia

governo chiede al capitano Prentiss la restituzione dei documenti consegnatigli - Condizioni poste dal Prentiiss - Imbarazzi del governo di Napoli. dello sbarco degli esiliati - Il

I.

10 ottobre 1856 la Francia e l'Inghilrichiamavano da Napoli i loro rappresen-

Il

terra

di non poter serbare relazioni con un governo che respingeva ogni amichevole avviso „. Invano le due potenze avevano ripetutamente consigliato al re Ferdinando di ristabi-

tanti dichiarando

lire,

con provvide riforme e con un'amnistia dei

reati politici,

regno.

la tranquillità del

tenza dei due la

''

La

par-

increbbe grandemente

ministri

a

Corte napoletana, incoraggiò la parte liberale

come uno splendido nel fuoco

i

vivamente a Torino, a Ge-

trionfo. Soffiavano

numerosi emigrati

nova, a Parigi ed a Londra, pubblicando opuscoli articoli di giornali, nei quali si dimostrava governo di Napoli nemico di ogni civile progresso e destinato ad immancabile e sollecita

ed

il

fine

(1).

Ferdinando

II,

per quanto non alieno dal con-

politici, e molte dine concesse, ripugnava profondamente da una generale amnistia sembrandogli vile cedere

cedere grazia a

i

condannati

fatti

a pressioni

straniere,

dello Stato.

Fin dal trenta maggio aveva fatto

(1) Il

e Italia l'

Europa

Db (sic)

pericoloso

a

la

sicurezza

Sivo ha scritto « Da Francia, Inghilterra piovevano giornali e opuscoli da inondare

sugli orrori di re

:

bomba

»

.

Voi.

1°,

pag. 425.


248

scrivere dal suo ministro degli esteri a di Francia

mare

e d'Inghilterra:

"

i

governi

Perdonare,

ricliia-

non pentiti, porre attorno al trono nemici condmnati per misfatti di maestà, significa far trionfare la rivoluzione già vinta. Napoli

esuli

e

stan

Sicilia

guendo

gli

chete;

stranieri

turberebbero

si

consigli,

si

se-

insedierebbe

la

fellonia protetta „ (1). Risoluto a non darsi per vinto, cercava però modo di liberare il regno da

tanti detenuti politici.

da prima che, se costoro si fossero indomandare la grazia sovrana ed a fare

Si pensò dotti a

atto di pentimento e di sottomissione,

conseguito lo scopo di sgombrare

si

sarebbe

galere e di

le

apparire clementi e generosi senza umiliarsi a

A

governi stranieri.

mezzo

dei

tale scopo

da per tutto

una domanda per dei condannati

la grazia.

indurre

di

i

Si era ad arte

la voce che sarebbe bastata

ottenerla, tanto che

i

parenti

affrettavano a comunicare

si

i

era cercato, per

comandanti dei bagni,

condannati a chiedere diifusa

si

ad

essi la notizia (2).

Le miserie le

della,

galera, le malattie contagiose,

morti frequenti, le continue risse

avvilivano

i

detenuti, parecchi dei quali, cedendo a le esortazioni dei parenti, invocarono la

Castromediano (1)

"

La

Nota del 30 maggio 1856

fari esteri

glese.

scrisse:

Carafa di Traetto a

Nisco, op.

cit.,

i

clemenza del

re. Il

disperazione di vedel ministro degli governi francese ed

pag. 338;

De

Sivo,

ivi, voi. l»,

pag. 420. (2)

Settembrini, Ricordanze,

voi. 2», pag.

af-

in-

188 e 99.


249

dersi su l'orlo del sepolcro per malattie spaventose

indusse taluni a domandare grazia. Questa volta

però senza viltà e senza infamia. Chi vi

minò

lo

dignitosamente e con

fece

si

lealtà,

deter-

dopo

avere domandato consiglio a quanti rimanevano fermi nel proposito di non chiedere mai grazia

Del bagno

„ (1).

Montesarchio, sedici detenuti

di

la

domandarono, nel dicembre del 1856: fra essi il Dono, il Carnevale, il Barone, il Tuzzo e lo Sticco, ma soltanto questi due ultimi la ottennero in considerazione

del

gravissimo

loro

stato di sa-

lute (2). Il

maggior numero non volle piegarsi in alcuna Ninno cedette nel bagno di S. Stefano: ri-

guisa.

cusarono a Montesarchio

Castromediano e rità.

i

Sembrava ad

il

Poerio,

Pironti,

il

il

condannati di maggiore autoessi

che

il

sarebbe stato riconoscere giuste

condanne subite governo desiderasse

le

Molti tali

domandare grazia le

persecuzioni e

sospettavano che

il

suppliche unicamente per

pubblicarle

e

discreditarne gli

l'insuccesso,

il

governo abbandonò del tutto queste

autori

(3).

Visto

pratiche. II.

Parve qualche tempo dopo a

i

ministri na-

un espediente migliore formare dei detenuti politici una colonia penitenziaria ed agricola nella repubblica argentina mepoletani di aver trovato

:

diante apposita convenzione con essa. In seguito

(1)

Opera

(2)

Lettera del

(3)

Settembrini, Ricordanze,

citata, voi. 20, pag.

Dono

188 e 99.

del 10 dicembre 1856, dee. citati. voi. 2°, pag. 257.


250

a lunghe e laboriose trattative la convenzione venne conchiusa e firmata il 13 gennaio 1857, ed il Oiornale delle

l'annunzio

Due

Sicilie del

ufficiale.

A

i

22 successivo ne dette si assegnavano terre

coloni

da dissodare ed una somma a ciascuno per le prime spese. La repubblica argentina aveva posto

come condizione

del contratto che

i

condannati con-

sentissero per iscritto ad emigrare dal regno, ed

governo di Napoli l'aveva accettata, non immaginando menomamente di incontrare difficoltà da parte di essi. A persuaderli mandò a Nisida il

il

23 gennaio 1857

a Ventotene

il

il

capitano di fregata Salazar,

16 febbraio successivo

d'Ambrosio, a Montesarchio

il

il

capitano

3 maggio 1857 l'in-

tendente della provincia cav. Mirabelli, poi nel giorno 10 dello stesso mese due facoltosi industriali inglesi

ner e Gruppy

Da

i

dimoranti in Napoli,

i

signori Thur-

(1).

documenti non risultano le risposte date A Ventotene tutti i relegati politici,

governo.

al

cui

si

estendeva

a Montesarchio

la i

convenzione, ricusarono

galeotti dichiararono di

(2):

non vo-

assoggettare ad una tratta di negri (3). A premurose insistenze dei due stranieri il Poerio rispose: " Perchè tanta spesa e tanto incomodo per farci morire in America o per viaggio? Lalersi

le

(1)

Dono

Castromediano, voi. 2°, pag. 92. del 12 maggio 1857, doc. citati.

(2 e 3)

Lettera del

Settembrini, Ejnstolai^io, pag. 110, lettera a suo

fratello Giuseppe.


251

morire in galera!

sciateci

paralisi,

fratello di avere ritenuta

l'oiferta

una sconcia

ironia

(2).

A

premure

non

compagni,

fare alcuna

allora

suo

a

soltanto

però

sapevano le Spaventa ed

si

di questo. Il Settembrini, lo

altri sedici loro

sito di

:

scrisse

come Stefano non andò

S.

alcuno emissario del governo

Pironti,

Il

(1).

gravemente infermo per

incrollabili nel propo-

domanda

di grazia, erano

però disposti ad accettare l'invio in America tanto

che

più

ritenevano

poter

di

poi,

andare dove meglio loro piacesse savano invece l'Aletta, il Procenzano,

colà,

glione ed

il

De

Stefano

trentina di condannati

A

la notizia

monte, massime

il

(4).

Ricu-

il

Posti-

Precida oltre una consentirono

liberale

straniera

e

zione.

del Pie-

Times, insorse contro di

dichiarandoli un'aperta illegalità, perchè penali napoletane

non ammettevano

La Repubblica Argentina, dopo

morose proteste, non volle andò a monte (7).

(6).

intervenuti con l'Ar-

degli accordi

gentina la stampa

A

(5).

politici

(3),

giunti

ratificare

il

le

essi,

leggi

la deporta-

queste clatrattato, e

tutto

(1) '

(2)

Settembrini, Scritti varii, voi. 2o, pag. 388. Pubblico in appendice la lettera in data del 13 mag-

gio 1857. (3)

Settembrini, i?2CorcZaw2e, pag. 252.

— Spaventa, let-

tera deirs giugno 1857 pubblicata dal Croce, opera citata,

pag. 200.

(6)

Croce, ivi, pag. 236, Settembrini, Epistolario, pag. 262. Idem, ivi, pag. 122.

(7)

De

(4)

(5)

Sivo, voi.

1»,

pag. 457.

Nisco, pag. 362.


252

in. Per qualche tempo non si pensò più a l'inproblema ma il continuo incalzare della stampa, le sue calde invettive, le anormali con-

crescioso

;

dizioni in cui

si

trovava

il

regno dopo

la

rot-

tura delle relazioni diplomatiche con la Francia e l'Inghilterra

:

tutto

premeva

sul

governo e su

la

Corte per costringerli a trovare una via di uscita.

Non

si

stia,

ma

Ad

voleva a niun patto consentire un'amnid'altra parte

non

si

poteva durare cosi!

alcuni detenuti politici, che avevano riportato

condanne meno gravi, restava un breve periodo la pena e si poteva abbreviarlo anche di più mediante un atto di clemenza. Molti

per compiere

per età avanzata, per malattie, per

altri

strazione d'animo in cui erano caduti,

la pro-

non pote-

vano ormai più considerarsi pericolosi, quindi niun inconveniente a liberarli. Ma quali erano poi i pericolosi? Per parecchi mesi nell'autunno del 1858 gli uffici della polizia della capitale

del re

tori

dei

non

si

affaticarono

in

i

procura-

pericolosi: e stabilitolo definitivamente si

compilò un decreto con cui

pena

ed

ad elaborare l'elenco

modo che poco

si

riduceva loro

la

dopo, a grado a grado,

dovessero riacquistare la libertà.

Ma

come

liberarsi dei

detenuti pericolosi e

«li

condanna a l'ergastolo od a molti anni di ferri? Si andò a l'idea di commutare ad essi la pena nell'esilio perpetuo dal regno e di trasportarli in America, internandoli in guisa da rendere loro assai malagevole il ritorno in Europa. Si poteva fare un esperimento su un buon numero di detenuti; se esso riusciva bene si coloro che avevano riportata


253

esteso a molti altri. Il provvedimento doveva apparire come un atto di clemenza sovrana, essendo l'esilio pena assai più. lieve del-

sarebbe

Pergastolo e dei

ferri.

Offrivano propizia occasione,

per queste

apparenze di generosità,

nozze

principe

del

ereditario

di

prossime

le

Napoli con la

principessa Maria Sofia di Baviera fissate per il primo gennaio 1859. In base a questi concetti si formulò un secondo decreto. Con i primi due articoli si commutava a novantuno detenuti politici la pena dell'ergastolo e dei

ferri

nell'esilio

perpetuo

L'art. 3° ed ultimo disponeva

il

costoro negli Stati Uniti di America. nati, ministro di giustizia, osservò

tima disposizione toglieva carattere

di

regno.

dal

trasporto di tutti

Ma

il

Pio-

che questa ul-

provvedimento il un atto di clemenza ed era aperal

tamente illegale, non essendovi nelle leggi del regno la pena della deportazione. Si sarebbe quindi data nuova esca a le recriminazioni ed a le invettive contro

il

governo. Consigliava

sopprimere dal decreto

l'articolo

dere a la destinazione dei

un ordine 9

dicembre 1858,

scrisse

con

di

mediante

condannati

segreto. Il prudente con-

dato in una conferenza tenuta a Caserta

siglio, il

ministeriale

perciò

terzo e provve-

la

poi,

il

piacque

giorno 28

al

re,

successivo,

che sottoil

modificazione proposta. Su tutto

decreto si

tenne

massimo mistero volendosi, per colorire meglio la faccenda, pubblicarla soltanto quando la notizia della celebrazione del matrimonio fosse giunta a il

Napoli.


254 Il

provvedimento che

prese

nome

il

di

Atto

Sovrano era motivato cosi " Essendosi la divina Provvidenza degnata versare le Celesti Benedizioni nella nostra Reale Famiglia disponendo che :

il

nostro amatissimo Figlio Francesco Maria,

di Calabria, Principe

ereditario

si

Duca

congiunga in

matrimonio con Sua Altezza Reale la Principessa Maria Sofia Amalia, Duchessa in Baveria. Volendo per cosi fausto avvenimento impartire i tratti della nostra sovrana clemenza a coloro che per commessa violazione a precetti di legge sono colpiti dalla

corrispondente retribuzione della pena.

Secondandone

Abbiamo

gli

impulsi nel nostro Reale Animo.

sanzioniamo

risoluto di sanzionare e

seguente atto sovrano

il

„.

Dei novantuno individui compresi neĂŹVAtto Sovrano tredici erano morti precedentemente (1); per parecchi altri si riconobbe che si trattava di delinquenti comuni e che erano stati compresi erroneamente nel decreto;

(1)

S.

Erano morti durante

Stefano Giuseppe Bardano

Mazza

altri

l'

finalmente,

espiazione della

il

come

pena

:

a

13 gennaio 1956, Emilio

Innocenzo Veneziano il 5 luLuigi Leanza il 10 agosto 1854, il padre Girolamo da Cardinale il 10 settembre 1855, in Procida Leopoldo Lo Cascio il 25 dicembre 1853, Francesco Saverio Comite il 30 gennaio 1857, Alfonso Sabatino il

14 agosto

1852,

glio 1858: in Nisida

il

12 maggio

1857,

Girolamo Serbi

in S. Francesco Giuseppe

Domenico Cimmino seppe Cimmino.

il

Caprio

il

il

7

novembre 1858:

10 novembre 1854,

30 luglio 1858: in Montefusco Giu-


255

per infermità o per concessione

dirò tra breve,

non partirono.

del governo,

IV. i

Pionati, con lettera ministeriale, ordinò a

Il

di Pozzuoli

giudici regi

comunicare

La

il

sovrano

Montesarchio di

e di

a

volere

gli

-

interessati.

Nel

tempo

stesso parteciperà loro che tra pochissimi

giorni

ministeriale

saranno

rilevati

proseguiva

cosi

"

:

luogo di loro

dal

attuale

re-

strizione ed imbarcati per Cadice onde poi pren-

Soggiungerà che

dere la direzione di America.

sono

essi

ove

liberi

lo vogliano,

poter

di

condurre

seco

loro,

qualche individuo delle rispettive

famiglie o qualche congiunto, facendone,

fra tre

giorni improrogabili, la prevenzione a Lei con le

opportune notizie relative a che Ella immediatamente

condannati

sprovvisti

mi

ciascun individuo; conoscere. Ai

farà

di mezzi

farà sapere che

saranno a ciascun di loro acccordati soccorsi in danaro ed abiti per vestirsi. Metterà la maggiore diligenza nel

mancherà

di

compimento di questo incarico e non stendere immediatamente analogo

verbale, che sottoscritto da Lei e dal cancelliere

mi rimetterà con

maggiore sollecitudine

la

(1).

L'esecuzione del provvedimento sembrava facile a

prima

vista,

ma non

era certo tale.

Il

mezzo più

si-

curo per trasportare gente così pericolosa era evi-

dentemente una nave da guerra; degli esteri obbiettò che l'invio di

ma

il

ministro

una nave da

guerra in un porto estero con tanti prigionieri

(1)

Nota ministeriale

dell'

8 gennaio 1859.


256

poteva dar luogo ad incidenti diplomatici. Imbarcarli su una nave mercantile? I condannati avrebbero

potuto liberamente discendere nel primo porto di

approdo! Si immaginò

allora, per evitare tali incon-

una nave da guerra fino a un bastimento

venienti, di avvalersi di

Cadice e rer

il

tratto successivo di

mercantile. Ma, durante

ammutinarsi,

e,

il

viaggio a Cadice, potevano

peggio ancora,

servirsi delle stesse

Per evitare questo pericolo si ideò di imbarcarli su una corvetta da guerra, la Stromboli, togliendo da questa le armi, munizioni e facendola scortare da i cannoni, le una fregata V Ettore Fieramosca in completo assetto da guerra. E se nel viaggio da Cadice in poi qualcuno dei deportati fosse fuggito, se si fossero ammutinati? Per scongiurare anche questo rischio si stabili di far scortare il bastimento mercantile dal Fieramosca anche per un lungo tratto nelda guerra.

armi del legno

l'Oceano.

Concretate

tali

ferenza, tenuta

poste al re che

il

le

norme, vennero in una congennaio in Caserta, sotto-

sette

approvò. Egli era ormai tanto

infastidito di questa faccenda che, per

tirne più parlare,

non sen

prescrisse che l'esecuzione del

provvedimento dovesse incominciare il giorno seguente a la sua partenza, fissata per il di 8 gennaio, per Bari, ove si recava a ricevere la sposa di suo figlio.

V.

Lo

stesso

giorno

della

partenza del re

il

due giudici regi

di

Pozzuoli e di Montesarchio per impartire loro

al-

Pionati chiamò in Napoli

cune

istruzioni

scritte

ed

i

altre,

segretamente a


257

voce

che è

(1),

teneva molto

immaginare.

facile

a

far

governo

Il

provvedimento era difatti la com-

apparire

il

come un

atto di clemenza: tale mutazione delle pene dell'ergastolo e dei

ma

l'esilio:

ferri nel-

deportazione costituiva un grave

la

Per evitare altre rimostranze di Stati stranieri e nuove offese della stampa non vi era clie un modo solo: bisognava ad ogni costo che

arbitrio.

gli stessi esiliati

mostrassero

si

lieti dell'atto

vrano: quindi l'istruzione segreta a di usare blandizie verso la

generosità

i

detenuti, di magnificare

a tali manifestazioni

del re e trarli

da chiudere

di gratitudine

so-

due giudici

i

la

bocca a

la

stampa

liberale.

giudice regio di Pozzuoli Ferdinando Pionati,

Il

nipote del ministro, andò la mattina del

avere ricevuto Nisida.

Ilare

municare

il

sorridente

e

come

più bella notizia,

la

nel riparto nel quale stavano

Felice

Barilla,

Bianchi, Ovidio

9,

dopo

fervorino dello zio, al bagno di

i

chi abbia a co-

recò da prima

si

preti Emilio Maffei,

Giuseppe Del Drago, Ferdinando Serino, Francesco Surace ed il

monaco Angelo Raffaele Piccolo. Ivi, in presenza del comandante del bagno e del personale di cucon enfasi

stodia, lesse

mente ed

in

quindi inneggiando congratulò

con

questa

tutta

il

decreto,

modo sommesso i

a

la

poi

Si

corrente-

ministeriale

generosità

detenuti.

scena,

la

sovrana

aspettava,

un'esplosione

di

dopo

gioia:

restò deluso!

(1)

Eelazione degli stessi giudici, del 10 gennaio,

17

:

si

ma


258

In una relazione del 12 gennaio 1859 giudice descrive cosi

il

"

magro

il

al ministro,

effetto ottenuto:

Primo ad insorgere con parole non moderate,

quasictiè

la

aumento

grazia

partecipata

loro

di pena, fu

il

sentisse

di

sacerdote Maffei, cui fece

eco con virulenza anclie maggiore

il

sac. Surace,

ad accennare con pagesti la loro annuenza ai interrotte o con di quei due. Anzi il Maffei aggiunse una

limitandosi gli role detti

protesta

altri preti

scritta.

prete

Il

rente di emottisi e nella

consegnò

al

Ovidio

Serìno soffe-

più squallida miseria

giudice una supplica con cui chiedeva

lontana. Tutti quei preti

una destinazione meno domandarono poi di avere

da

pastor honus per celebrare

al ministro

la

i

giustizia

di

rispettivi vescovi

messa ed in

tal

il

modo guadagnare qualche

per trarre innanzi la vita

Le

proteste dei preti turbarono

fiere e vivaci

a tal segno

il

cosa

„.

ministro di polizia, che questi do-

mandava premurosamente al suo collega della giustizia come regolarsi " se i preti di Nisida si fossero messi in

una coudizione da richiedere una

coazione personale per tradurli a bordo di porre le

destava

mani addosso a

gli scrupoli

gli arditi

„.

L'idea

reverendi

anche del timorato ministro

di polizia!

Sbrigatosi dei preti,

apparato

le stesse

il

giudice fece con eguale

comunicazioni a

gli altri con-

dannati politici di Nisida compresi nel decreto, cioè Aniello

Ventra, Gaetano Mascolo,

Faivano, Carlo

De

Angelis, Luigi

Grin stino

Parenti,

An-

gelo Salza, Achille Argentino, Nicola Schiavone,


259

Domenico

Dell' Antoglietta,

Marrelli, Achille

Pietro

Angelo

Grrilli,

Pellegrino,

Raffaele

Mauro,

Giuseppe Pace, Domenico Damis, Luigi Praico, Gregorio Filace, Antonio Nicolò. " Il loro contegno „ scrisse di poi il giudice " fu esemplare, poiché o tacquero o espressero sentimenti di gratitudine verso

il

clementissimo sovrano

(1).

In quei giorni il mare era assai agitato, ed il giudice regio andò in Napoli per chiedere il rinvio, a breve termine, della sua missione a Precida ed a S. Stefano ma con sua sorpresa ebbe ordine di andarvi a qualunque costo la mattina seguente, dieci gennaio (2), sul piroscafo Mondine, posto a sua ;

disposizione.

Approdò proprio a

stento a Procida.

Raccolti nella sala di udienza del bagno

i

nuti politici indicati nel decreto, vale a dire

detei

due

fratelli Palumbo, Giuseppe Pessolano, il Riccio, Emilio Petruccelli, Pasquale Lamberti, Carlo Pavone, Raffaele Crispino, Raffaele Ruocco, Dome-

nico Pezzella, Giuseppe sito,

Abbagnano, Antonio Espo-

Pasquale Montano, Stanislao Lamenza, Rocco

Gerace, Giuseppe Tripepi e Vincenzo Cuzzocrea,

comunicò

l'atto

sovrano e

la ministeriale.

L'ac-

sebbene non ostile come quella dei non dovette però essere entusiastica. Il

coglienza, preti,

giudice,

nel

riferire

a

i

De

suoi

superiori,

scrisse

Angelis, che narra pure la parola sul loro contegno, però dopo alcune considerazioni esclama: «Ma infine l'uscire dalla galera era pure gran cosa » {Memorie, pag. 103). (1)

Relazione citata.

lettura del decreto,

(2) Ivi.

Il

non

dice


260

Ebbi a lodarmi del contegno dei di essi sono in non buone condizioni di salute, però in grado di partire: il Lamberti potrà essere imbarcato assiso sopra una laconicamente:

Alcuni

condannati.

sedia

"

(1).

Restava al giudice Pionati un'ultima tappa: il bagno di S. Stefano. Vi andò la mattina dell'll e fece la comunicazione prescritta a sedici condannati

politici inclusi nel decreto, cioè

Faucitano, Settembrini, Aletta,

:

Spaventa,

Procenzano, So-

dano, Porcaro, Agresti, Ignazio Mazzeo,

Tommaso

Notaro, Rocco Morgante, Filippo Falconii, Camillo

De Girolamo, Michelangiolo Colafiore, Francesco De Simone e Francesco Bellantonio. La relazione del

giudice

contegno di strato

grave

regio

tace

essi (2).

completamente circa il al magi-

L'Aletta consegnò

una supplica nella quale, adducendo la sua mancanza di mezzi e la necessità di

età, la

due figlie nubili, chiedeva grazia completa. Narra il Castromediano che verso l'una pomeridiana del 9 gennaio egli, il Poerio, il Nisco, il Pica, il Braico, il Dono, il Mollica ed il Palermo udirono un gran frastuono, poi un vocio confuso, da ultimo chiaramente il grido: libertà, libertà! (3) assistere

(1)

Relazione indicata.

(2)

Le Bicordanze

del Settembrini, le lettere di lui e

quelle dello Spaventa finora pubblicate

non contengono

alcuna notizia su questa scena. Vi accenna soltanto una lettera dello Spaventa del 13 gennaio 1858 a suo padre. Croce, opera citata. (3)

Opera

citata, voi. 2°, pag. 101.


261

dal

Disillusi

avendo

poassato,

volte

altre

inteso

nella galera quelle grida, sentirono aprire le porte

della

Ad

loro corsia.

invito

nella sala di scrittura, ove

custodi

dei

trovarono

scesero

giudice

il

regio di Montesarchio Vincenzo Berlingieri, Morelli,

cancelliere.

il

suo

comandanti del bagno e

i

della guarnigione, e l'ispettore di polizia. Il giu-

dice lesse a capo scoperto e con grande sicumera di ostentata devozione

D

i

due provvedimenti.

verbale redatto dal giudice e la lettera del

nove gennaio, ccm cui

egli lo trasmise al ministro,

tacciono del contegno dei condannati. Forse pre feri riferirne a voce. Il

minata

la lettura

davano

quanti

giudice e

il

misero

si

Castromediano dice

a

circon-

lo

più non

a

gridare

" ter-

posso:

sovrana clemenza ! Le volte ne rintronarono e l'eco si ripetè lontano fuori del "

Viva

il

carcere.

re! Viva la

Noi intanto tacemmo, chinando

gli

occbi

a terra, tremendo in cuor nostro e ripetendo sotto-

voce

"

Ancora con

il

nome

mentito

grazia

di

si

vilipende la legge! Ancora sotto finzione di liberarci Il

proseguono ad opprimerci Poerio, il Castromediano ed

!

„ il

(1).

Dono

dichiara-

rono concordemente che accettavano la commutazione della pena

ma non

nell'esilio,

la disposizione

provvedimento

ministeriale, poiché essa limitava

il

sovrano ed era contraria

leggi

(1)

al

Opera

Nisco

a le

citata^ V^S- ^03. Il

giudice

la facoltà concessagli di

viera presso

i

regio

andare in

parenti della moglie.

penali del

comunicò

esilio in

Ba-


262

regno

(1).

Il

Dono

diede al giudice, per

il

mini-

una pietosa supplica, in cui diceva: " Le fo noto che io ho due figlie orfane per aver perduto stro,

madre sono pochi

la loro

mesi, l'una di anni tre-

Concetta, e l'altra di anni dieci, Filomena,

dici,

senza altra gaida che di una zia accidentata e di

un

prozio nonagenario e rimbambito, che lungi di

poterle soccorrere

ha bisogno di soccorso

„.

Chie-

deva quindi di essere condotto fuori regno,

ma

non in America, ed un modesto assegno per vivere. Al Pironti, malato, vennero letti nell'infermeria Presentò

gli ordini sovrani.

per

al

giudice un'istanza

ministro nella quale diceva:

il

"

L'esponente

deve credere che tanto la Maestà Sua quanto Ella ignorino quale sia il suo stato, perchè sarebbe

mancare del debito o verso di Lei l'esilio

il

rispetto verso la

Maestà Sua

supporre da esse destinato

un uomo, che da

sei

al-

anni giace eraiplegiaco

da quattro è chiuso nell'ospedale di questo luogo di pena, ove per impotenza gli è stata alleviata la catena per sovrana disposizione e dove e che

dopo tante cure appena può muovere il passo sostenuto dalle grucce „. Chiedeva di essere condotto nell'ospedale della prigione di S. Francesco od in altro

"

per essere

ivi

curato ed ivi aspettare che

a Dio ed alla Maestà Sua piaccia altrimenti disporre della sua caduca e misera esistenza „. Nel

Del Giudice, / fraCastromediaj^o, pag. 105. Lettera di Carlo Poerio del 9 gennaio a sua zia Antonia. (1)

teUi Poerio, pag. 83,


263

trasmettere questa supplica

nosceva che

con

Pironti era

il

paralisi e

"

giudice regio rico-

il

cronicamente infermo

talmente affetto 7iegU arti inferiori

d'aver d'uopo delle gruccie per muoversi

Lo

stesso di

l'

„ (1).

infermo, comunicata a suo fratello

Luigi in Montoro l'ingiunzione ricevuta, soggiun-

Noi abbiamo protestato ed, accettando abbiamo opposta la risoluzione ministeriale come quella che è contro ed oltre il decreto, contro ed oltre la legge. Ora non sappiamo geva:

"

la grazia sovrana,

che sarà di noi. Di misura, se

si

me

esegae sul

poi

sallo

mio conto, contiene un

decreto di morte. Sai poi che affatto e quasi

Iddio; questa

nudo anche per

senza indugio raccogli qualche

senza mezzi

sono

uscire di qui,

somma

onde

e vieni per

Napoli e fa capo alla casa di Vincenzo Dono. Alla mia dolce mamma fa animo in mio nome ed anche alle povere sorelle Rosina, Mariannina. Filomena; di' loro che confidino in Dio che finora mi ha aiutato e siano d'animo saldo come si conviene a sorelle ed a madre mia „ (2). Le proteste del Poerio e dei suoi compagni scossero il ministro che, chiamato in Napoli l'in-

la via di

tendente Mirabelli per consaltarlo, credette necessario interpellare

a bella posta

un

il

re, allora

a Foggia, e gli inviò

ispettore di polizia.

noiato di sentire ancora parlare di

(1)

(2)

si

Il

re,

an-

molesto ar-

Relazione del giudice del 9 gennaio 1859. Lettera comunicatami cortesemente da la famiglia

Pironti.


264

gomento, con piglio brusco e reciso rispose partano, imbarcateli a qualunque costo

VI.

"

:

Che

„ (1).

Carafa, ministro degli esteri, aveva dato

Il

notizia al corpo diplomatico del provvedimento so-

vrano, esaltandolo come un atto di sconfinata cle-

menza. I ministri di crederlo; si che

mente soddisfatto l'annunzio,

sovrano

Ma

il

credettero

lo

"

tutti

diplomatici

i

plauso a la generosità del

fatto

(2).

pubblico non

stampa estera

illuse, e la

si

più che mai

ad inveire contro

riprese

la Corte

napoletana mettendo in rilievo

del provvedimento. Il governo dell'insuccesso, tanto che

quei giorni

rocratico di

il

si

industria di

si

non

valore di questo tratto

clemenza;

che non

fìnsero

del loro atteggiamento a quel-

liberale

parte

o

Carafa, mostrandosi piena-

il

scriveva al re

hanno

stranieri

esteri

si

si

vuole falsare

stesso

l'illegalità si

avvide

un promemoria bu-

in

legge

:

"

Lo

spirito di

comprendere tutto

far

sublime della sovrana le

menti e far credere

fosse dal re nostro signore conceduto

commutazione una semplice pena di esilio perma piuttosto una deportazione nei più remoti ed inospiti luoghi di America. Era quindi necessario ridurre le cose al vero punto di vista,

in

petuo,

rialzare

verità

(1)

di

un (2)

la

da

pubblica

opinione

e

disorpellare la

oo;ni fallacia „.

Castromediano, pag. 106. regno, parte 1^ Lettera del 13 gennaio 1859.

Db

Cesare,

La

fine


265

Ma la

con quale mezzo ? Per quanto si aguzzasse se ne ravvisava che un solo, certo non

mente non

ma

facile,

infallibile nei suoi effetti

da parte degli

procurare,

stessi

:

quello cioè di

condannati, una

manifestazione solenne di soddisfazione della loiO

nuova

sorte. Chi avrebbe mai potuto smentirli? Sarebbe cosi finita la gazzarra dei giornali avversi. In qual modo compiere questo miracolo di far apparire, a gente stremata nelle forze da

tanti anni di galera,

deportazione in

si

come un grande

beneficio la

lontano paese?

Si pensò di formare

una Commissione

la quale,

con l'apparente incarico di regolare l'invio in

Ame-

avesse quell'occulto mandato. Essa venne co-

rica,

stituita

Dupuy,

colonnello

dal

dei

gendarmi Francesco

commissario di polizia Griuseppe Salvati, e l'ufficiale di marina Eugenio Rodriguez (1). A il

costoro furono date, dice " le

analoghe istruzioni

gannare

gli

te la regia

animi

e faro

magnanimità

il

(1),

ed orali per disin-

apprezzare compiutamen„.

sistevano nell'usare a gli

umanitari

promemoria accennato,

scritte

Le

istruzioni orali con-

esiliati tratti gentili

ed

mostrarsi pronti e deferenti ad ogni

loro desiderio, provvederli

di

abiti

e

di

denari,

esaltare la generosità del sovrano, intenerirli con la vista delle loro famiglie, mostrarsi

commossi

e

sopra tutto insinuare nell'animo loro la sicurezza

che a l'arrivo in America sarebbero

tamente

(1)

liberi.

Il

stati complegoverno aveva preparato un or-

Eelazione della Commissione del 20 gennaio 1859.


266

dine per

il

internarli

console

napoletano in

quanto più

si

New- York

potesse e di impedire

di il

Europa; ma quest'ordine restava segretissimo e per maggiore cautela era stato scritto in cifra in una lettera da consegnarsi dal comandante della nave soltanto a 'arrivo in America. Nulla vietava quindi a la Commissione di loro ritorno in

]

spacciare il contrario (1). Con questa certezza come non ravvisare nella commutazione della pena un grande beneficio? VII.

La Commissione

principiò l'opera sua con

recarsi a Montesarchio ove, scortata da gendarmi a cavallo, giunse a mezzogiorno del 14 gen-

il

La sua momento

naio e senza indugio penetrò nel castello. relazione dice

:

"

Credemmo opportuno

il

di renderci interpreti della sovrana clemenza

piendo

la

com-

missione affidataci, che non era certo in

tanta profusione di grazia

ultimo dei

tratti di

esponemmo tutto ciò con parola (sic) che un tanto argomento

inesauribile clemenza

quell'eloquente

1'

;

suggeriva e con quel calore e quello zelo che assai

meglio

si

sente

che

non

si

esprime. Quelle

consolazione, che erano l'eco della sovrana clemenza, ebbero tale effetto nell'animo degli indultati, ninno escluso, che forse, anche loro

parole di

(1) Il magistrato Pica scriveva a suo figlio Giuseppe detenuto a Montesarchio « Sono stato assicurato clie di là (a Cadice) ciascun di voi potrà recarsi ove meglio gli piace » - Lettera di Carlo Poerio pubblicata nel libro di Del Giudice, pag. 89. :

.


.

267

malgrado,

la loro alla nostra

in

conoscere quei

reverenti bassare la

dovettero

ed associare tratti

quel severo

che sono

il

e

e

ri-

veridico linguaggio

dono che Iddio nostro amato sovrano:

più bel

avesse saputo concedere al

senza simulazione e senza

e tutti

fronte

commozione

rono di echeggiare con noi: Viva

esitanza il

fini-

re!! „ (1).

Non è diifìcile che vi fossero acclamazioni, ma molto probabilmente partirono anziché da i reclusi, da

la folta schiera di funzionari e di custodi

cenna ne ad applausi, ne a grida

nuove protesto

invece a volte

li

pre-

Castromediano, testimone oculare, non ac-

senti. Il

giudice regio

al

simili

ma

di giubilo,

a quelle già

ri-

(2).

Lungi dal credere a l'entusiasmo degli esiliati, la Commissione temeva di incontrare da parte di essi una accanita resistenza e di dover ricorrere a la forza per imbarcarli. Davano argomento a i timori alcune parole di una istanza di Antonietta Poerio, una lettera sequestrata a l'Agresti ed " i rilievi dei due giudici regi che avevano preventivamente sondato

il

morale degli indultati

(3).

I commissari andarono quindi nell'ospedale

intimare

(1) Il

al

De

Pironti l'ordine

Sivo

(

voi. lo, pag. 458) dice

ad

prossima par-

della

:

«

Allorché venne

dal Salvati data lettura del decreto reale ai condannati il

Poerio per tutti rispose, gli altri in viva al re >

atteggiati a

com-

mozione dettero

(2) Ojy. cit., voi. 2o,

(3)

Essa

pag

107.

Belazione della Commissione in data del 20 gennaio. fece tre relazioni.


68

L'infermo ricusò non essendo in grado neanche di sollevarsi dal letto. Gli fu risposto " Non vi è da opporsi, dovete partire „ (1). La relazione dei commissarii afferma invece cbe lo tenza.

:

stesso Pironti volle partire (2).

Gii altri

liberi

esiliati,

abiti dati loro

da da

catene e rivestiti di

le

Commissione, uscirono

la

da la galera (3). H Poerio nel lasciare i suoi compagni, non compresi nel decreto, rivolse loro affettuose parole e donò per ricordo ad alcuni qualche oggetto; a Felice Barone che aveva carissimo, diede la sua posata d'argento (4). Su la spianata del castello salirono in carrozze chiuse

da

tirate

Si

tre cavalli ciascuna.

attendeva per la partenza che giungesse

Pironti.

Lo

si

il

vide poco dopo infatti su una ba-

rella trasportata

da

facchini. I bruschi

movimenti

della barella gli causarono atroci dolori, cui cercò di resistere: strazio,

ucciso.

ma

si

ma

finalmente, vinto da l'ira e da lo

die a gridare che voleva piuttosto essere

La Commissione

assisteva a la pietosa scena

restò inesorabile. L'infermo

venne adagiato in

una carrozza.

Castromediano, opera cAtata, voi. 2», pag. 111. Relazione del 18 gennaio al re allora in Bari. Nisco tace su di ciò. (1)

(2)

(3) Il

Castromediano

dice

:

«

Il

Ci fecero spogliare della

nostra assisa di galera e se la ritennero

:

e ci fecero

ri-

vestire con paletots, pastrani, calzoni e berretti comprati

da

cM

sa qual fetido rigattiere » op. cit., voi. 2°, pag. 109). Lettera del Poerio alla zia Antonietta, pubblicata dal Del Giudice, opera indicata, pag. 95. (4)

,


269

Verso sera

il

triste corteo parti

a la volta

di

Pozzuoli, ove doveva seguire l'imbarco. Precedeva

una carrozza con due nivano quindi tata

le

ufficiali di

gendarmeria, ve-

carrozze dei reclusi, ognuna scor-

da due gendarmi a

della Commissione.

Le

cavallo,

da ultimo quella

strade percorse erano per-

lustrate accuratamente da soldati, le carrozze correvano quasi a precipizio. A le sei del mattino giunsero a Pozzuoli: ivi li attendevano la cor-

vetta Stromboli e la fregata Fieramosca, ancorate colà fino dal giorno prima, e le famiglie che ave-

vano potuto giungere a tempo. L'addio fu pietoso, commovente. Si sarebbero riveduti ancora una volta o era l'ultimo addio? Il Poerio, in una lettera a sua zia Antonietta scritta la notte del sedici

gennaio a bordo della Stromboli

La buona

D." Caterina (sorella del Dono) e

"

disse : le

sue gentili nipotino

(le

povere orfanelle di Ce-

hanno avuto molta sforzata costanza (1) nel separarsi dal padre loro Vincenzo; ma non appena hanno posto piede sulla barca, la piena dell'afietto cilia)

represso è scoppiata e lacrime.

Né mi

si

sono sciolte in amarissime

è stato possibile di contenere le

mie, pensando a tanta innocenza cosi fieramente travagliata dalla fortuna

ed a due creature, che

alla distanza di soli sette

mesi hanno perduta la

madre

e l'ava, ed ora si separano forse per

sem-

pre dal loro amato padre e per tutto prospetto

hanno una crescente povertà

(1)

e l'obbligo santo di

Intendeva dire forza d'animo.


270

un prozio

assistere

nonagenario

ed una infelice zia

rimbambito

e

Ma

offesa nella persona.

la

fervida fede nella misericordia di Dio non verrĂ loro

mai meno!

Anche

il

(1).

„

Pironti venne portato a

bordo

dello

Stromboli, che scortato dal Fieramosca e dal saggere, su cui viaggiavano

commissari, giunse

i

mattina del 16 gennaio a Nisida.

la

del

Pironti

Mes-

Neil'

animo

agitavano mille pensieri. Aveva

si

temendo di non reggere a le un lungo viaggio. Ma che sarebbe avvenuto di lui, come vivere in galera senza il conforto e l'affetto dei suoi compagni? Sarebbero essi andati davvero in America? Non avrebbero potuto scendere in un porto europeo, ricuperare la chiesto di restare fatiche di

sospirata libertĂ ?

Ed anche

arrivando fino negli

non potevano essi ritornare in Europa e vivere liberamente in Piemonte, in terra italiana, non lungi da la patria? Stati Uniti,

I commissari, visto lo stato miserando del Pifecero visitare

ronti, lo

navi,

i

da

i

medici delle

quali ritennero concordemente

"

che

i

due

disagi

della traversata potevano compromettere la frale

esistenza di lui il

„

(2).

In seguito a questo parere

informato telegraficamente, rispose da Bari

re,

di fare rimanere

il

Pironti a Nisida. Forse l'in-

sentiva meglio o confidava maggiormente

fermo

si

nelle

sue

forze e nella

(1)

Del Giudice,

(2)

Relazione citata.

op.

cit.,

speranza di riacquistare

pag. 96.


271

tra breve con

perciò

i

suoi

compagni

continuare

di

missari lo

fecero

il

Chiese

la libertĂ .

viaggio

(1)

ma

:

i

com-

sbarcare e lo consegnarono al

comandante del bagno

di Nisida.

Vili, Intanto salivano a bordo dello Stromboli i

ho fatto cenno,

sette ecclesiastici, di cui

ciotto altri condannati, tra gelis,

il

Parenti, lo Schiavoni.

Anche

e di-

De An-

quali Carlo

i

essi,

a l'u-

bagno, avevano subito una rigorosa per-

scire dal

quisizione e dismesso l'abito da

galeotti (2).

Lo

sempre con la stessa scorta, prosegui nel pomeriggio per Precida, ove furono condotti a bordo diciotto altri politici, tra cui i due germani Luigi e Girolamo Palumbo, Giuseppe Pessolano, Carlo Pavone, e G. B. Riccio. Un altro dei politici compresi nel decreto. Pasquale Lamberti, giaceva nell'ospedale malato di paralisi. Per ordine della Commissione due medici scelti dal sindaco,- dopo una diligente visita, espressero avviso che lo stato del Lamberti sebbene non fosse tale da compromettere la sua esiStromboli,

stenza durante

il

viaggio, pure richiedeva che egli

fosse trasportato in lettiga letto.

(1) ÂŤ

e

restasse

sempre a

Ciò indusse la Commissione, a farlo rima-

La

fermo

relazione

nell'

citata

dice

idea di compiere

il

testualmente viaggio

i>

.

il

Pironti

Lo conferma

una lettera di Carlo Poerio del giorno 16 a sua zia (Del Giudice, opera citata, pag. 96). (2) De Angelis, Memorie, pag. 104; Castrombdiano, pag. 116.


272 "

nere nell'ospedale

videnze

Le

in attenzione di ulteriori prov-

(1).

navi approdarono

tre

a

fano la sera del 16 gennaio: e

l'

isola di S. Ste-

mattina seguente

la

commissari comunicarono la volontà sovrana e

i

fecero Imbarcare

i

diciassette reclusi compresi nel

decreto, fra cui l'Agresti, l'Aletta,

Spaventa,

il

dismisero l'abito

essi

il

Faucitano, lo

Sodano (2). Anche da galeotti ed ebbero una

Settembrini ed

il

copiosa distribuzione d'abiti. Cosi

si

trovarono riuniti su lo Stromboli ses-

santasei condannati politici che in America. di

La Commissione per ciascuno

piastre

dieci

commissari concessero loro

di

dovevano andare un sussidio

largì (3).

Quindi i tre presenza

dare, in

del comandante, l'addio a le pochissime famiglie

giunte da Napoli.

A

pochi di essi toccò

conforto. V'erano le due figlie del

questo

Dono abbrunate

della madre, la moglie due figlie, le sorelle e la madre del Pica e poche altre persone. Ad altre famiglie non era giunto in tempo l'avviso. Fu un istante

per

la

morte

recente

del Mollica con

(1) Relazione citata. Essa aggiunge che l'infermo si mostrò riconoscente della grazia ottenuta. (2) Gli altri erano Bellantonio, Colafiore, Crispino, De Girolamo, De Simone, Falconii, Mazzei, Morgante, No-

taro e Purcaro.

Poerio ricusò il denaro, come aveva ricusato gli dichiarando di esserne stato fornito da i parenti. La piastra equivale a L. 5.10. La somma totale erogata fu di ducati 816 pari a L. 3468. Il Castromediano dice erronea(3) Il

abiti,

mente

lire

61 per ciascuno {opera cìt, pag, 118).


273 di angoscia e di disperazione

scuno

!

Nell'animo di cia-

agitava un dubbio crudele, se non fosse

si

quello l'estremo addio? Si appressava ormai l'ora della partenza e la Commissione prese a congedarsi da i condannati: era il momento di ottenere da essi la tanta ambita manifestazione. I tre commissari gareggiarono

domandavano facevano intravedere un pie-

nel mostrarsi cortesi e premurosi; loro delle famiglie,

toso interessamento del re, magnificavano

dopo tanti anni

beneficio ottenuto

grande

il

di stenti e di

dolori.

Ogni cuore umano sente pietĂ verso

infelici,

sopratutto verso

sventure;

gli

le

grandi ed immeritate

le espressioni dei

commissari venivano

quindi sincere sul labbro, per quanto dettate da altrui

La

comando. relazione

loro

nitari

ed

modi

i

disimpegnare

di

soggiunge

gentili, il

con

nostro

:

"

umacercammo

I tratti

quali

i

mandato, aveva giĂ

preparati gli animi e quando raccogliemmo

torno gli indultati per comunicare fetti della

grazia ricevuta,

le

loro

nostre

in-

gli

ef-

parole

fu-

rono accolte con plauso generale ed a noi sembrò

moltissimo fossero

si

zione tati

la

„

(1).

ottenere

mostrati

La

che

i

piĂš

riconoscenti

intelligenti

a tanta

relazione prosegue:

"

largi-

Gli indul-

furono tradotti a bordo e l'ultima prova, che

Commissione

(1)

Relazione

ritiene

del

terzo ripartimento. 18

positiva,

18 gennaio.

fu

il

vedere

Ministero LL. PP.,


274

ognuno premurarsi nell'esternare la sua riconoscenza e come Poerio, cosi Settembrini, Spaventa, Pica ed tendo

altri

tutti

che seguirono quello esempio, par-

compresi della grazia ricevuta e del

conforto, col

quale

La Commissione,

sovrana

munificenza

la

piacque accompagnarla

si

(1).

tutta intesa a dimostrare d'a-

vere conseguito lo scopo assegnatole da la fiducia del governo, conchiude cosi:

"

Poerio,

primo,

il

vista la clemenza del re, vista la notabile decenza

del trasporto,

la

dei commissari,

i

educazione e cortesia

squisita

mezzi accordati dal governo, è ha influito perchè a

stato tocco di gratitudine ed

bordo della fregata si fosse ringraziato l'augusto padrone. Fu ripetuto quindi il grido di viva il re. Anzi, dopo che la Oommissione era discesa a terra, Poerio

il i

indirizzava

al

comandante

della

nave

suoi ringraziamenti per la sovrana grazia con-

cessagli e pel

modo umanitario

erasi attuata,

ed

e gentile col quale

egli facendosi interprete dei sen-

timenti di tutti voleva per loro personalmente

spondere e pregava

modo che

in si

il

comandante

ri-

stesso di fare

questa retribuzione di riconoscenza

fosse fatta palese alla

Commissione

(2).

Nelle Ricordanze del Settembrini e nell'epistolario di lui

del

De

mente,

(1)

non

è narrata la partenza.

Le memorie

Angelis, nelle quali è raccontata sommaria-

non fanno cenno

di

plausi

al

re.

In-

Eelazione del 18 gennaio, Ministero dei LL. PP.,

terzo dipartimento. (2)

E/elazione del 18 gennaio della Commissione, fasci-

colo 13.


275

vece

a

il

Castromediano narra che

gli esiliati raccolti

il

Poerio rivolse

intorno a lui in un angolo

nave queste parole: " Ebbene, ci siamo riveduti finalmente! La mia e la vostra fede non vacillò punto nel passato e non verrà meno al della

presente.

La

patria

attende festante e noi la

ci

ri-

Tra breve torneremo a baciare la nostra madre Italia, libera ed una „ (1) A le due pomeridiane, la Commissione, adempito il suo compito, ritornava, sul piroscafo Mesvedremo, e che patria

!

!

saggiere, a la capitale,

nutamente

al

ove

si

aifrettò a riferire mi-

governo l'opera propria, esaltando

successo ottenuto.

A

parole di essa

le

si

il

prestò

piena fede dal governo, tanto che in una relazione ufficiale di

quei giorni

si

legge:

"La Commis-

sione ha cosi

bene disimpegnato il suo incarico ed eseguito le norme ricevute da conseguire l' intento che i condannati non più tiepidi si mostrassero,

ma

caldeggiassero di gratitudine per la grazia

ricevuta e prorompessero

spontanei nel grido di

Viva il re „ IX. La fregata Fieramosca al comando del barone Di Brocchetti salpò il 17 gennaio conducendo

giubilo e di riconoscenza

:

!

comandata da mariua Ferdinando Cafiero, su la

a rimorchio la corvetta Stromboli, l'ufficiale

di

quale erano

gli esiliati (2). Il

(1)

Castromediano, opera

(2j

Nell'archivio di Napoli,

mare era calmo,

il

citata, pag. 118.

ministero

esteri,

espulsi,

completo che riporto in appendice e che è stato pubblicato dal Castromediano, voi. 2°, pag. 120, dal Musei « Storia dei cinque mesi del reame delle Due Sicilie da gennaio a maggio 1859 e dal Mefase. 3873, vi è l'elenco

CACCi,

La

rivoluzione italiana, voi.

2°,

parte

1».


276 sole

volgeva maestosamente

al

tramonto e

le

due

navi filavano rapide verso Graeta, ove dovevano salire a bordo Griacomo Longo e Filippo Delli Franci

condannati a l'ergastolo per la rivolta calabrese del giugno 1848 e compresi nel decreto (1). Gli esiliati

volgevano mesti

lo

sguardo a

zurre del golfo, al cielo limpido

vaghe mente

e

le

onde

az-

sereno, a le

avevano trascorso dolorosatanti anni. Avrebbero essi piĂš riveduto

isolette in cui

la loro patria,

paesi, a

una

loro diletti congiunti?

i

un

incontro ad

esilio

Andavano

perenne in lontani ed ignoti

fine misera

ed oscura o a

la sospi-

rata libertĂ ?!

IX. Le due navi prima d'arrivare a G-aeta volsero per ordine improvviso del governo.

la prua, forse

Passando

fianco della Sardegna, quindi presso

a

a traverso

le Baleari,

lo stretto di Gribilterra ap-

26 gennaio a Cadice. Al vice conprodarono sole napoletano Francesco De Ambrosi, che si recò a bordo, gli esiliati chiesero invano di scendere a terra. Rinnovarono la richiesta al comandante Di Brocchetti, il quale dichiarò loro francamente il

che tire.

ricevute gli vietavano di consen-

le istruzioni

Allora

governatore

una solenne protesta

al

Cadice, al governo spagnolo,

al

inviarono di

deputato Olozaga, ed a i consoli francese, inglese e sardo in Cadice, contro l'arbitrio del governo assoggettava ad una pena non

napoletano che

li

contemplata da

le leggi del

(1)

Seguo

il

regno.

racconto del Castromediano e del Set-

tembrini nelle Ricordanze e noiV Epistolario.


277

Fin dal 10 gennaio

ministro degli esteri na-

il

poletano, Carafa di Traetto, aveva telegrafato al

una nave mer-

console in Cadice di noleggiare cantile per Il

console

trasporto dei proscritti a

il

ebbe ad incontrare non trapelato lo scopo di

lievi

vire ad

una specie

rifiuti

o pretese

dopo lunghe dersi con

il

difficoltĂ .

pratiche

tali

la nave, di cui si chierleva

gnola,

New- York.

pose sollecitamente a la ricerca,

si

il

si

:

Era

ma

ornai

sapeva che

noleggio, doveva ser-

di tratta di negri.

Quindi o aperti

console

credette,

trattative, di essere riuscito

ad inten-

esagerate.

Il

capitano di una nave mercantile spa-

quando

si

accorse che costui chiedeva di in-

serire nel contratto frasi

a sospettare di non

ambigue

le quali

davano

volere assumere l'obbligo pre-

ciso del trasporto degli esiliati in

America. Final-

mente gli venne fatto di conchiudere il contratto con un tale Samuele A. G-. Prentiis di Baltimora, per un bastimento, che aveva portato da l'Avana a Cadice un grosso carico di tabacco. Il

Prentiis

era

uomo senza

scrupoli, solo

in-

Fu convenuto il compenso di ottomila e cinquecento dollari da pagarsi

tento a guadagnare denaro.

parte anticipatamente, a la partenza della nave, il

resto a l'approdo in

New- York.

Il

contratto sta-

biliva l'obbligo del capitano di ricevere a

bordo

come

e

sava cente

passeggieri il

trattamento di

(1).

(1) Il

i

sessantasei

La

essi

in

proscritti

modo

fis-

soddisfa-

nave, destinata al trasporto di mer-

Castromediano

riferisce alcuni articoli del con-

tratto, opera citata^ pag. 167.


278 canzie,

non

offriva cabine

sufficienti

per l'equipaggio e per

i

si

;

formarle a bella posta ed ammannire

le

dovette

provviste

passeggieri.

tramonto del 18 febbraio un giovane mal vestito, con un cappello di paglia a larghe Verso

tese,

il

nome

presentò al capitano Prentiis, col

si

Assumendo

di lokon.

cubano

di essere

avere mezzi per tornar»^ in

non

e di

patria, gli chiese di

come cameriere. L'offerta fu nuovo cameriere restò su la nave ove lo si vedeva tutto dedito al servizio. Durante la permanenza nel porto di Cadice, si inaspri fortemente la brvonchite, di cui da parecchi anni soffriva il Poerio. Il comandante Cafiero, gli aveva ceduto la sua cabina su lo Stromboli: tutti gli esiliati, che veneravano il loro compagno accettarlo a bordo

accolta ed

il

di sventura, facevano

a

gara

nell'assisterlo

nonostante l'infermo peggiorava. In l'affrontare la

Braico,

il

l'

trepidavano per

lui

Tra questi

:

ciò

condizioni

lunga traversata dell'Oceano impor-

tava un grave pericolo per

pagni di

tali

vi erano

Cuzzocrea,

sei il

infermo ed

la

sua

medici,

Nicolò,

il

i

com-

vita. il

Mollica,

Salza ed

il il

Ventra che, adunatisi a consulto, si trovarono concordi con il medico dello Stromboli, Salvatore Pandolfo, che il malato non avrebbe potuto sopportare gli strapazzi

del

viaggio.

Inviarono

comandante Di Brocchetti una relazione in dicevano:

"

L'angustia del luogo abitato da

fermo, nel fondo di una nave,

che

lo

circonda, sempre

al

cui l'in-

la scarsità dell'aria,

calda, rarefatta ed in-

quinata di esalazioni, l'atmosfera grave di umidità


279

ed incresciosa ed

disagi tutti che

i

Fuomo non mai adusato navigazioni,

ci

di deplorare

il

accompagnano

lunghe e pericolose mettono nella malaugurata certezza alle

più tristo degli

minare una bronchite

esiti,

cui suol ter-

quando massimamente

al

povero infermo l'aria arriva scarsa ed impedita ed i rimedi o mal profusi o tardivi „ (1). Pregavano il comandante della spedizione di ordinare lo sbarco del malato in Cadice per una cura regolare

(2).

Per avvalorare sottoscrissero

domanda

la

negli

dei medici gli esuli

stessi sensi

un

indirizzo, re-

datto dal Settembrini, al Di Brocchetti. Questi

mostrò favorevole a

la

ma

richiesta:

il

ricusò pertinacemente di separarsi dai suoi

pagni esclamando: in

"

si

Poerio

com-

Voglio prima esalare l'anima

mezzo a voi che lasciarvi „ (3). X. Il 19 febbraio, dopo ventiquattro giorni da

l'arrivo a Cadice, a le dieci del liati

mattino

gli esi-

passarono da lo Stromboli a bordo della nave

americana. Al

momento

della partenza

il

console

napoletano consegnò a ciascuno di loro un sussidio di dodici ducati

zione di mille

ed

lire (4). Il

una gratificaFieramosca accompagnò,

al Prentiis

secondo l'ordine ricevuto, cinquanta miglia

la

per evitare

Stewart per cento il

pericolo

di

uno

sbarco dei proscritti in qualche porto europeo.

Rivista di Roma, anno 1901, anno V, fase. l». Castromediano, opera citata, pag. 154. Notizie desunte da una relazione del console stesso

(1-2)

(3) (4)

A

del 21 febbraio.


280

due pomeridiane del 20 febbraio, compiuto il le due navi sostarono il Fieramosca riprese la via di Cadice ove doveva rilevare

le

percorso stabilito,

lo Stromboli

il

:

sua rotta per

:

bastimento americano continuò la

New -York.

Gli esuli, nonostante che ormai fossero in mezzo

non avevano ancora perduto ogni speranza di sfuggire a la deportazione. Scomparso il Fieramosca, scrissero, il 22 febbraio, una dichiadell'Oceano,

razione con cui, invocando la protezione della bandiera americana, chiedevano

al

comandante

di

essere sbarcati nel porto inglese più vicino. Sog-

giungevano

"

di avere

di

diritto

il

trasportati violentemente e contro

del

paese

loro

assunto

"

leggi, a

i

si

e che

il

Preiitiis

era reso responsabile

tribunali ed alle autorità

non

tutte le leggi col

contratto

dinanzi a le

supreme degli

Stati Uniti, di questo atto violento, che

miglia alla tratta dei negri

vano:

"

prevengono

New- York, adiranno

il i

„.

essere

si

asso-

Quindi, conchiude-

comandante

che, giunti

a

tribunali per l'attentato con-

sumato scientemente per contratto contro la loro chiameranno il comandante ed proprietarii della nave responsabili di tutte le conseguenze legali del fatto medesimo „ (1). XI. Narra il Castromediano che, mentre gli esuli si affollavano intorno ad un tavolo per sottoscrivere la protesta, si vide apparire un giovane ed elegante ui£ciale di marina nel quale riconobbero subito il preteso cubano imbarcatosi come camelibertà e

(1)

Castromediano, opera

i

citata, pag. 171.


281

un capitano

riere e che era invece

della

mercantile inglese, Raffaele Settembrini,

Luigi

diletto di

Quando

marina il

figlio

(1).

quest'ultimo aveva avuta la condanna

commutata

di morte,

poi

nell'ergastolo,

un no-

ed Antonio Panizzi, il proscritto del 1831, che aveva acquistato a Londra molta bile inglese (2)

fama come riordinatore

del British

Museum,

si

interessarono a la sorte del giovinetto figlio del

condannato,

lo fecero

educare in Inghilterra e

lo

avviarono nella marina mercantile, nella quale egli il

1858 aveva conseguito

giovane

ufficiale, allorché

era a Cadice, corse colà.

grado di secondo.

il

ebbe notizia che Padre e figho

Il

il

padre

si

riab-

bracciarono dopo dieci anni su V Ettore Fieramosca

a la presenza degli

stringendosi al padre

queste

parole:

America

"

bordo;

ufficiali di

Voi

gli

sussurrò

il

giovine

nell'orecchio

non andrete certamente in

„.

Raffaele Settembrini temeva che suo padre, acciaccato da la vita dell'ergastolo,

potuto reggere a

i

male avrebbe

disagi della lunga traversata,

su un bastimento a vela. Concepì quindi l'ardito pensiero di imbarcarsi su la Stewart e durante

viaggio imporre

con

le

(1)

sono

un

armi a

Era

terra.

Opera stati

la

al

Prentiis,

mano,

riuscito,

citata, voi.

ad

2<»,

di

sbarcarli

insaputa

pag. 171.

del

in

Inghil-

padre,

a

Questi espisodi

narrati dal Settembrini nelle Ricordanze in

capitolo intitolato Bicordi di Raffaele. (2) Il

il

aiutato da gli esuli

Castromediano ne tace

il

nome.


282

prendere posto su ora ben

più

la

nave come cameriere; restava impresa,

diffìcile

di

costringere

il

capitano a cambiare rotta.

La

compagni,

il

prete Felice Barilla, uno dei suoi

lo avverti

La

cameriere. in

montò

sera stessa, in cui Luigi Settembrini

su la Stewart,

un angolo

che

il

bordo come

figlio era a

notte

padre

riposto

della

e

figlio

si

nave ed

rividero

il

giovine

al padre che egli intendeva!, quando Fieramosca avesse ripreso la via di Cadice,

manifestò il

presentarsi al Prentiis e con le

forza

indurlo

buone o con

scritti in Inghilterra.

A

V obbiezione

che l'americano avrebbe ricusato, strava due pistole a quattro colpi. quelle armi violenza,

buon Luigi vietò

il

consegnare

fece

si

la

consentire a lo sbarco dei pro-

a

padre

del

giovine mo-

il

A

la vista di figlio

al

le pistole

ogni

che affidò

a due suoi compagni, assicurandolo con piena ed

ingenua fiducia che avrebbero ottenuto l'intento mediante una fiera protesta al capitano. Raffaele Settembrini che parlava perfettamente unica

l'inglese,

gli presentò,

lingua

egli

conosciuta dal Prentiis,

stesso, la protesta;

ma

costui

chiedeva, per consentire a la domanda, un com-

penso di

lire

duecento

come indennizzo

per ciascuno degli

del nolo pattuito, e

una

esuli,

dichia-

essi con la forza indotto a mancanti di denaro, non potevano soddisfare la prima pretesa, non intendevano sottostare a l'altra, che li avrebbe fatti apparire rei di un atto di violenza. La nave continuò

razione lo

di

sbarco.

averlo

Essi,

la traversata.


283

giovane Settembrini insisteva con

Il

ricorrere a la forza:

opponevano

si

tra essi e specialmente

tarono un'altra volta

padre di

il

gli esuli

per

più autorevoli

i

lui.

Si presen-

al capitano, insistendo nella

domandarono che essa fosse trascritta nel giornale di bordo. La domanda turbò profondamente il capitano che temeva di assumere una richiesta e

grave responsabilità di fronte a paese. Riferisce sentire

il

il

Prentiis

le autorità del

suo

Castromediano che a far congiovò un lieve incidente.

Un

marinaio dell'equipaggio trovò perterra una capsula delle pistole di Raffaele Settembrini e ri feri ciò al

capitano.

Nella mente di questo ultimo sorse

sospetto che

tentare

una

i

sorpresa.

poco dalla galera e

la

distingueva tra rei di

Erano numerosi, usciti di monte dell'americano non Stato e malfattori comuni !

Cedette quindi, e di accordo con la

il

proscritti fossero armati e potessero

gli esuli, diresse

nave a Cork in Irlanda. XII. A l'alba del 6 marzo essa approdò nel

porto di Queenstown nella

viva emozione prese

mente

liberi

gli

baia di

esuli

dopo tanti anni

Una

Cork.

sentendosi final-

di galera! Si interna-

rono nell'abitato in cerca di alloggio:

ma per il

loro

aspetto sofferente, per gli abiti miseri, non trova-

rono accoglienza presso biati

gli alberghi.

Erano scam-

per francesi, allora colà non molto ben

visti.

Finalmente venne in chiaro che trattavasi dei proscritti napoletani, di cui i giornali avevano in quei giorni discorso a lungo e narrato le sventure. Trovarono subito alloggio, gratuitamente, ed ebbero da

gli

abitanti

ogni cortesia.

Un

generoso


284

entusiasmo indusse

buona popolazione

la

piccola città a festeggiare correrli coja

una larga

i

colletta. Griunta a

la notizia di quello sbarco,

dame, tutta

della

nuovi venuti ed a soc-

uomini

l'aristocrazia, iniziarono

Londra

politici, nobili

una

sottoscri-

zione che fruttò in pochi giorni diecimila sterline, le quali

vennero distribuite tr^

i

proscritti.

In quei giorni un vivo movimento

si

era de-

stato in Inghilterra per le brusche parole rivolte

da l'imperatore Napoleone III a l'ambasciatore austriaco barone Hiibner nel ricevimento del capodanno, le quali facevano intravedere a breve scadenza la guerra tra il Piemonte e la Francia governo inglese e

alleati e l'Austria. Il

per quanto benevoli a

i

la

stampa,

liberali italiani, si preoc-

cupavano che la guerra potesse portare un ingrandimento dell'impero francese ed una preponderanza di esso nella penisola (1). Il Mazzini, allora esule in Londra, voleva che l'Italia fosse risorta con le sue forze, senza aiuti stranieri. Egli aveva pubblicato, pochi

giorni

prima

dell'

approdo dei

proscritti napoletani in Irlanda, nel suo giornale

Pensiero ed azione

(2)

una dichiarazione, in data da centocinquantacinque

del 28 febbraio, firmata

Questa corrente si accentuò nei mesi successivi. Spaventa il 12 aprile del 1859 scriveva da Londra a suo fratello Bertrando «L'opinione generale è contraria al Piemonte e a la sua politica, clie la più parte di noi amiamo ed approviamo di tutto cuore, ma è favorevolissima come sai, a noi e alla causa della libertà napoletana ». Croce, opera indicata, pag. 245. (1)

Silvio

:

(2)

Numero

del 1°

marzo

1859.


285

emigrati

italiani, tra cui

Quadrio,

il

Filippo

De

politica del

A tani

Crispi,

il

Saffi,

il

Campanella,

il

Mario, Rosolino Pilo e

il

Boni, contro

l'alleanza

contro la

e

Piemonte.

la notizia dello sbarco dei proscritti napoleil

amici,

mandò

Mazzini

Domenico

incontro ad essi due suoi

fidi

Piraino, liberale siciliano, e Griu-

seppe Fanelli, segretario del comitato napoletano che aveva preparato la spedizione

Dopo

la tragica fine di essa

tato accanitamente

da

la

il

al Poerio, ritenuto

napoletani,

una

Essi consegna-

faceva loro Il

un

come

il

capo degli

si

essi della libertà riacquistata

e

quale

nella

più cortesi esibizioni

le

esuli

Mazzini

lettera

congratulava con

(1).

polizia borbonica, era

riuscito a fuggire in Inghilterra.

rono

Sapri

di

Fanelli, persegui-

il

(2).

grande agitatore genovese, mentre compiva

atto di fratellanza verso proscritti, sperava in

pari

tempo

di trarre

profìtto dal loro arrivo per

procurare grandi manifestazioni popolari a favore

non tacque, nel suo due inviati del Mazzini, che egli suoi compagni approvavano pienamente l'al-

della causa italiana. Il Poerio

colloquio con

ed

i

i

leanza e la politica del conte di Cavour, tanto che giorno stesso a Rosolino Pilo

il

Piraino scrisse

"

Ebbi una lunga discussione con

il

naturalmente è piemontese (1)

Castromediano,

ivi,

pag.

il

:

Poerio, che

(3).

196;

De Angelis, Me-

morie^ pag. 115.

Castromediano, ivi. Roma, anno 1899, pag. 1222, articolo Giuseppe Paglucci. (2)

(3)

Rivista di

di


286

Fanelli disse al Poerio che

Il

il

partito repub-

blicano era disposto ad intendersi con lui e con i

compagni e che

suoi

venuto ad iniziare pur mostrandosi grato al fraterne offerte, ricordò che egli ed i egli era

le trattative. Il Poerio,

Mazzini per

le

compagni avevano propugnato sempre

suoi

verno monarchico costituzionale

il

go-

e per queste idee

aveano subito tante persecuzioni. Ogni comunanza con la parte repubblicana avrebbe posto in dubbio la lealtà dei loro intendimenti ed avrebbe dato colore di verità a la menzogna del governo napoletano, che pretendeva di giustificarsi delle persecuzioni contro

hlicam

i

liberali dicendoli faziosi e repuh-

(1).

seppero

napoletani

Gli esuli

questa recisa risposta, essi in

ma

Londra non

che,

solo le più liete accoglienze,

grandi dimostrazioni popolari, con significato

apertamente sero di

ostile

Ad

a l'alleanza.

Londra a

partire per

Spaventa,

il

il

Settembrini,

Pica, lo Schiavoni,

Braico,

il

Dono,

Castromediano. tino,

il

Pace

La

il

il

il

fra

gli

Cuzzocrea;

la

Riccio; la terza

Palermo,

quarta

e molti

evitarle, risol-

piccoli gruppi.

prima spedizione comprendeva, il

nonostante

Mazzini, preparava ad

il

il

altri.

De

il

il

altri,

La lo

seconda Poerio,

Mollica ed

il

Angelis, l'Argen-

Dovunque furono

ri-

cevuti con feste, quasi trionfalmente, massime a

Londra. Lo Spaventa, giunti tra

(1)

i

il

Settembrini ed

i

loro compagni,

primi colà, per impedire

Castromediano, pag.

196.

le

dimostra-


287

zioni promosse dal Mazzini, inviarono a

i

giornali

esprimendo la piĂš alta una riconoscenza al popolo inglese, lo pregavano vivamente di astenersi da esse (1). Questa pubblidicliiarazione, in cui,

cazione non piacque ad

mandarono tera, in cui

ad le

esuli

i

quali

affermavano di non aver dato mandato il loro pensiero e che " se

alcuno di esprimere

dimostrazioni dovevano significare soltanto no-

generose simpatie,

bili e

al

degli

altri

Pensiero ed azione una let

al giornale

bero

essi si

sarebbero riuniti

ma

invece ne sareb-

compagni,

voto dei loro

stati lieti se fossero dirette

a protestare contro

governo napoletano „ (2). n 15 aprile fu tenuta nella grande metropoli inglese una numerosa adunanza in onore dei prola tirannide del

scritti e letto

nero

i

un

indirizzo in loro onore. Interven-

sottoscrittori della lettera (3).

Dopo parecchi

giorni scorsi tra le piĂš calorose dimostrazioni,

i

proscritti napoletani, a piccoli gruppi, attraversando la

Francia tornarono in Italia prendendo dimora

a Torino ed a Glenova. XIII. Il governo di Napoli seppe da un

gramma

in cifra, inviato

stro prussiano a

preveduta

il

di

Londra conte

tele-

8 marzo dal minidi Bernstoff,

fine delia spedizione iQossa

l'

im-

da Cadice.

(1) Pubblicata nel Times e nel Morning Chronicle del 22 marzo 1859.

Numero

(2)

tera

il

del

1°

aprile

1859. Sottoscrissero la let-

Ventra, Emilio Petruccelli, Emilio Maffei, An-

gelo Pellegrino, Domenico Dell' Antoglietta, Filippo Agresti, il

(3)

Faucitano,

il

il Morgante ed il Gerace. numero del 16 aprile 1859.

Marrelli,

Pensiero ed azione,


288 Il

telegramma diceva che

il

capitano Prentiis

si

un telegramma del di ad una ribellione David Stewart. La non

era lasciato corrompere:

accennava invece

successivo

degli esuli a bordo della lieta notizia fu

comunicata

Ferdinando che,

al re

comunque gravemente infermo

reggia di

nella

Caserta, continuava ad occuparsi degli affari dello

Stato

(1).

Dopo

uno sbarco dei

tante cure per impedire

Europa,

proscritti in

dare sul suolo inglese e

il

Ma

ad appro-

contro

il

La

re!

notizia

sovrano che seppe di poi,

con grande indignazione, in onore di essi.

riusciti

preparavano certamente

si

a congiurare di nuovo

turbò profondamente

erano

essi

le feste del

popolo inglese

piĂš forti preoccupazioni af-

fliggevano allora la Corte

!

La

malattia del re

si

aggravava; le corrispondenze diplomatiche assicuravano imminente la guerra della Francia e del Piemonte contro l'Austria. ministro degli esteri napoletano, Carafa di

Il

Traetto, aveva fatto consegnare al capitano Pren-

da Cadice, per

il

istruzioni

Premeva

al

segrete Cai-afa

riservatissimo

di

intornare

premurosamente a chiederle. capitano dichiarò che le avrebbe consegnate a

gli esihati,

patto di

il

David Stewart

queste carte, nelle quali vi era

l'ordine

tra gli altri

della

contenenti

lettere

console a New-York.

la restituzione di

Il

partenza

a l'atto della

tiis,

e

si

avere

fece

il

(1)

Lo

De

Cesare, opera

disse

il

saldo del

nolo convenuto in

giornale ufficiale del regno; lo conferma citata, pag. 426.


289

283B

dollari,

che

gli

spettava perchè

era

stato

mancare al contratto da forza maggiore, cioè da violenze degli esuli, come aveva dichiarato in una protesta da lui fatta al console degli Stati Uniti a Cork (1). costretto

n

a

re nella riunione del Consiglio di Stato del

10 maggio 1859 ordinò

al

Carafa di far pratiche,

per mezzo del ministro degli Stati Uniti a

New-

York, per persuadere il Prentiis a desistere da le sue pretese. Il Carafa in un memorandum successivo faceva

umilmente osservare

al re

che

il

go-

verno napoletano non possedeva alcun documento per negare la violenza asserita dal capitano. Ignoro

come

fosse terminata la questione: molto proba-

bilmente

il

governo di Napoli, per riavere

le carte,

dovette sottostare a le richieste del Prentiis.

(1)

19

Memorandum

del 9 aprile 1859 al re.


CAPO

XIV.

L'emigrazione politica napoletana.

Sommario.

cui si riI. Gli esuli napoletani - Paesi volsero di preferenza - La vita degli emigrati - Il governo napoletano sequestra loro le rendite - Miserie e dolori dei proscritti

II.

Esuli in Francia - Gu-

glielmo Pepe e vari dei profughi di Venezia liscono a Parigi - Arrivo di ritrovi in

altri

si stabi-

esuli - Frequenti

casa del Tupputi e del Pepe - Le esequie

di Gioberti - Esuli napoletani a Montpellier, a

Tours

ed a Marsiglia III. A Londra - La propaganda del Mazzini e dei suoi seguaci - Arrivo di italiani espulsi da la Francia - I manifesti del Comitato

IV. A Malta - Gli esuli siciliani Arrivo di Teodosio De Dominicis - Il dott. Nicola Causale - Vigilanza su le corrispondenze delle famiglie degli emigrati - Sequestro delle lettere del Causale - Partenza del Causale per l'Egitto - Giovanni Avossa - Sua corrispondenza col barbiere Facella - Lunghi V. In Toscana anni di esilio - Suo ritorno in patria - Gli emigranti napoletani a Pisa - La casa della baronessa Begani - Arrivo del D'Ayala a Pisa - Altri emigrati a Firenze VI. Ospitalità del governo piemontese verso gli esuli - Sussidi a i più bisognosi - Vigilanza del governo su i seguaci del Mazzini VII. A Nizza - Riguardi delle autorità locali e della cittadinanza per gli emigrati politici - Il comitato di soccorso - Morte del Primicerio e del Giura -

nazionale italiano


291 Si stabiliscono in

Nizza

al

A

Roma

e di

-

Venezia

- Si

gran numero i perseguitati dal borbonico - Arrivo degli ex deputati Fran-

rifugiano a

governo

D'Ayala

Vili.

di molti reduci da la difesa di

il Pepe Le esequie Genova - Arrivo

l'Assanti ed

l'Ulloa,

- Lettera di quest'ultimo della madre di Garibaldi

Genova

in

cesco Mazziotti, Ulisse De Dominicis e di vari liberali salernitani - Fuga di Raffaele Conforti da Napoli - Sua operosità in Genova - Approdo di Fran-

Angberà - Le esequie e la commemorazione madre del Mazzini - Fondazione di una società

cesco della

per l'assistenza dei colerosi - La solidarietà nel bene IX, A Torino - Uffici concessi dal governo a gli esuli - La casa di Pasquale Stanislao Mancini - Raf-

Conforti prende dimora a Torino - Accoglienze

faele

Arrivo di Giuseppe Del Re - Le esequie Tofano La generosità del De Meis - Onoranze a gli emigrati estinti - I solenni funerali di Guglielmo Pepe Le prime notizie del Poerio e dei suoi compagni - Arrivo di molti di essi a Torino - Lettera del Cavour a lo Scialoia - Accoglienza dei torinesi - Entusiasmo della al

D'Ayala

-

di Gioberti - Gli amicbevoli ritrovi in casa

popolazione.

I.

Dopo

di Venezia

la

caduta delle repubbliche di

parve a

i

profughi

Roma

e

italiani (1) di poter

trovare sicuro asilo soltanto in Francia, a l'ombra della bandiera repubblicana, a

Londra ed

in

sotto la protezione inglese, o nel Piemonte,

Malta il

solo

Stato della penisola che serbasse le pubbliche bertà.

Pochi ripararono in Toscana fidenti

li-

nella

tradizionale mitezza del governo del granduca.

(1) Il

D'Ayala nelle Memorie, pag. 230, calcola Due Sicilie approssimativamente a 850.

esuli delle

gli


292

Proprio in quei mesi, mentre

vano un le

i

proscritti cerca-

ricovero, erano vive in ogni parte d'Italia

preoccupazioni per

A

varie città.

già

colera

il

penetrato in

la vigilanza della polizia

sbarco dei fuorusciti ritenuti pericolosi

geva

contro lo si

aggiun-

ancte più severa, delle autorità sanitarie, che imponevano lunghe quarantene, ed il divieto di approdo per coloro che provenivano da luoghi infetti. Gli esuli dovettero quindi andar quella,

raminghi di porto in porto, a traverso miserie ed umiliazioni infinite, finché non riuscirono ad approdare

in

qualcuno di

essi

eludendo

sbirri

ed

ufficiali sanitari.

Narra "

nezia

il

De Sivo

che

(1)

molti reduci di Ve-

imbarcati in trabaccoli,

tentarono

scen-

dere a Patrasso, a Corfù od altrove, ma, respinti, a Brindisi, ove mandati nei castelli nelle isole „. Il generale GuglielmonPepe e gli ufficiali superiori, che avevano preso parte a la difesa di Venezia, non volendo tornare nel regno, andarono a Corfù ma ivi solo alcuni potettero scendere sottoponendosi ad una quarantena; gli altri approdarono a Missolungi, e si reca-

ebbero

necessità

vennero

accostarsi

di

tratti in arresto e

poi

;

rono poi a Malta, a Genova e a Marsiglia. Neanche nel loro primo rifugio ebbero pace. Invisi, sospetti

come gente stretti

(1)

turbolenta, furono spesso espulsi e co-

ad imbarcarsi a

Opera

citata, voi.

la

I,

ventura senza sapere ove

pag. 338.


293 fosse loro dato finalmente

Le

di posare (1).

vi-

cende della sorte e le necessità più imperiose della

ad una esistenza meschina e randagia. Molti di essi non avevano mezzi di fortuna; a parecchi di coloro che ne avevano il governo napoletano impose il sequestro delle rendite, il quale fu mantenuto fino a la costituzione data da Francesco II nel 25 giugno del 1860 (2). Una gran parte di loro aveva vissuto in patria con l'esercizio di libere professioni e vi aveva acquistato ricca e numerosa clientela, difficile a formarsi in terra straniera, senza relazioni e conoscenze. Dovettero quindi piegarsi quasi tutti a modesti uffici, specialmente di maestri nei comuni rurali, di contabili e di commessi di negozi e ad una vita vita

(1)

li

obbligarono

Spro VIERI, Ricordi politici e

tipografìa delle Mantellate, 1894.

militari, ^d.^.Z^.

Lo

Eoma,

sbarcato

Sprovieri,

a Genova, venne poche ore dopo espulso ottenne di andare a Torino donde nell'ottobre del 1851 si recò a :

Parigi. (2)

Carlo Poerio scriveva

il

16 agosto 1859 ad Antonio

Panizzi {Lettere ad Antonio Panizzi, pag. 354) cbe il governo borbonico aveva sequestrate le rendite a gli emigrati Mazziotti, Imbriani, De Dominicis, Conforti, Dragonetti.

Il

Massari (nel libro Gladstone ed

il

governo

napoletano^ ^»,g. 209), aggiunge a tali nomi questi altri: G. A. Romeo, Vincenzo D'Errico, Mancini, Pisanelli, Li-

borio

Romano, Musolino, Domenico Cardente, Tommaso

Ortale,

Stocco,

Mosciaro,

Saverio

Boccardi,

Piscicelli,

Scala, Raffaele Dellago, Michele Lioy, Tiggiani, dott. Oro-

Principe della Rocca Michele Cito, Giovanni Mosca, Amedei, Emilio Petr uccelli, Giovanni Cozzoli, Guglielmo

fino,

Nicotera, Ippoliti.


294

povera e grama (1). A queste angustie si univano la lontananza da la patria, da i congiunti, da gli amici, le continue

condanne, Il

la

governo napoletano

guito a

le

notizie

tristi

arresti e di

di

ninna speranza di giorni migliori. si

mostrò disposto, in

se-

energiche rimostranze della Francia e

deiringhilterra, a concedere

il

rimpatrio,

ma

a con-

dizioni così umilianti clie solo pochissimi, stretti

da gravi ragioni vincibile

di salute o di famiglia o

nostalgia, vi

da

in-

rassegnarono. I più a

si

tanta vergogna preferirono continuare quella vita di stenti e di dolori.

Solo negli ultimi anni del

loro esilio intravidero

la

gioia

non lontana del

ritorno in patria.

Tofano descrive efficacemente cosi la loro hanno a tutto rinunciato per la causa, che propugnano né di ciò menano vanto. Quelli, che possedevano beni di fortuna, ne rimasero senza per gli abusivi ed inqualificabili sequestri: e quelli poi che vivevano con gli utili di onorate fatiche non possono, né Il

vita: " Gli esuli napoletani

:

per tenace volontà di fare, né per onoratezza di condotta, trovar sempre fuori del loro paese e per

quanto

si

fosse la benevolenza e cortesia dei loro

confratelli italiani, in crarsi

mezzo

sempre un pane che

ai quali

soddisfi

i

vivono,

lu-

loro ristretti

colonnello Guglielmo Cenni faceva il legatore di Gaetano Sacchi l'assistente di lavori, Carlo Gorini dirigeva un negozio di oggetti ortopedici con lo stipendio di due lire al giorno (Cadolini, Memorie del risorgi(1) Il

libri,

mento, pag. 203).


295

ad

e naturali bisogni. Bastava

zione per non

essi

regno pure anteposero

uscire dal

rebbe per rientrarvi

;

una transa-

ed altra

ma

della vita, la miseria, spesso

gli stenti

doloroso sospetto,

il

che spontaneo s'ingenera in

baste-

altrui,

di avere

potuto meritare la pena che sopportano

:

il

cioè

vivere

lontano dalla cara patria e dai strettissimi congiunti.

Vi sono molti mariti dai

diletti

dano

il

rente,

mentre

tetto e la

giorni

e virtuosa consorte

e

regno perchè divizuppa di qua,lche benevolo pa-

rimasti

figli

menano

e padri che

disperati divisi dall'amata

nel

sulla terra d'esilio l'amoroso marito,

l'amorosissimo padre non avrebbe potuto dare ad essi loro

tetto,

E

né pane.

l'ansia di aver

nuove

dei suoi cari, spesso ritardate e di molto, per squisita ferocia reazionaria il

cuore in tutti

i

dei cadenti genitori,

tenera moglie, dei rabile

:

e

i

palpiti che vi lacerano

minuti del giorno sulla salute dell'amato

figli

germano, della e l'incompa-

soavissimi:

tormento che cotesti ultimi,

condannati

non sorvegliati dal padre, potessero deviare da retto sentiero e non rendersi cittadini utili ed onesti... tutto, tutto ha soppormiseria,

alla

tato e sopporta l'emigrazione napoletana con im-

perturbabile costanza, anziché discendere a transazione

(1).

Delle vicende degli esuli in quella vita raminga

non

resta altra traccia che nelle poche

essi lasciate,

(1)

unica fonte cui

si

può

memorie da non

attingere,

Tofano, Lettera ai suoi elettori. Appendice, pag.

18.


296

permesso

essendo

arcMvi di Stato

leggere

di

i

documenti degli

di quell'epoca. Negli archivi di

Torino e di Genova,

due

le

maggior

città cui in

numero affluirono gli esuli, debbono esservi certamente documenti importanti su essi. Potrò dare soltanto un cenno delle vicende di questi nei vari paesi in cui

rifugiarono.

si

27 agosto 184.9, quando Venezia vinta, più cbe da le forze straniere da l'epidemia colerica, dovette cedere le armi, Daniele Manin con II. Il

moglie

la

ed

i

Gruglielmo

figli,

Ulloa, Francesco Carrano,

Pepe,

Grirolamo

Emico Cosenz

e Da-

miano Assanti, che avevano preso tanta parte a gloriosa resistenza della repubblica,

si

la

imbarcarono

piroscafo francese Pluton diretto

a Corfù e Pochi giorni dopo, scontata la quarantena, arrivarono a Malta ove rimase il solo Cosenz (2) gli altri proseguirono sul

vi giunsero

il

30 agosto

(1).

;

per Q-enova.

Manin continuò per Marsiglia

Il

quindi per Parigi ove prese dimora; guito da gli altri

Parigi

tre,

si

recò

il

a Torino

indi a

(3).

(1) Carrano, Vita di Guglielmo Pepe, pag. 222 e guenti; CoMANDiNi, opera citata, 30 agosto 1849. (2)

GuARDiONE,

poi nel 1850 a (3)

Il gen.

Genova

Enrico Cosenz.

Il

stato consigliato a

Florestano,

stabilirsi

come narra

se-

Cosenz andò

e nel 1856 a Torino.

Carrano, L'Italia dal 1789 al 1870, Pepe, Casi d'Italia, pag, 457.

gina 188.

rano.

e

Pepe, se-

voi.

IV, pa-

Pepe era a Parigi da suo JFratello Il

nella vita di quest'ultimo

il

Car-


297

Su i

la stessa nave, su la

profughi di Venezia,

vane

della

di

il

sali a

Malta un ardito gio-

provincia di Salerno, Antonio Guerri-

tore da Pagani, che ricate

quale avevano viaggiato

aveva combattuto su

le

bar-

15 maggio in Napoli e poi nella difesa

Roma, come ho precedentemente

raccontato.

proponeva di fermarsi a Marsiglia nella speranza di trovarvi lavoro; ma, ben presto disilluso, raggiunse i suoi compagni a Parigi (1). Ivi i profughi furono accolti con grande cordialità dal Lamennais, da l'Arago, da la Sand Egli

si

da molti

italiani colà residenti. Tra questi il Mamiani, Michele Amari, il marchese di Torrearsa, Mariano Stabile ed il principe di

e

Grioberti,

il

il 24 aprile 1849 da Palermo, erano andati sul piroscafo francese VOdin (2) a Trapani e colà si erano imbarcati sul postale Rhamsés che partiva per Marsiglia. Ma la nave, poco dopo uscita dal porto di Trapani, era andata ad urtare contro uno scoglio ed i passeggieri erano stati condotti da lo stesso Odin

Butera, che costretti a partire,

a Malta. I tre proscritti erano giunti a Parigi nel

maggio dello stesso anno (3) da Vincenzo Gioberti che,

ricevuti con aifetto lasciato

nel giugno

GuERRiTORE, EcTiì del passato, pag. 58. Francesco Bertolini nel suo scritto: Due illustri siciliani dei tempi nostri, Vincenzo Fardella di Torrearsa e Michele Amari, dice invece che partirono su una fregata inglese {Nuova Antologia, 1889, pag. 709), (3) Lettera dell'Amari del 3 settembre 1849 {Lettere ad Antonio Panizzi). (1) (2)


298

del 1849 l'ufficio di ministro sardo a Parigi, s'era ridotto a vita privata Il

Gioberti

esuli italiani,

(1).

mostrava benevolo verso massime verso il Manin ed si

in casa del quale recavasi di frequente illustri italiani

mandati di

il

Pepe,

Ivi

i

più

dimoranti a Parigi solevano racco-

gliersi reverenti intorno al Gioberti. i

(2).

tutti gli

In seguito a

arresto, a le persecuzioni, a

nume-

i

rosi processi politici molti altri cittadini del

di Napoli ripararono a Parigi.

Tupputi veterano

Tra

gli altri

regno

Ottavio

delle guerre napoleoniche e della

rivoluzione del 1820, Roberto Bavarese ed Aurelio

gennaio 1850 (3), Giumarchese Luigi Dragonetti (5),

Saliceti giunti a Parigi nel

seppe Pisanelli (4),

Con

il

gennaio 1850 il Gioberti rinMassari di avergli presentato il Bavarese, il Saliceti ed i due esuli siciliani. L'Amari, il Lafarina, lo Stabile ed altri nel dicembre del 1849 pubblicarono nel giornale La Réforvie una protesta contro il governo napoletano. (Guardionb, Il dominio dei Borboni in Sicilia. (1)

graziava

lettera del 29

il

voi. II, pag. 30).

Massari, Ricordi biografici e carteggio di Vincenzo volume, pag. 446. (3) Id., pag. 476; Gueritore, opera citata, pag. 60. Il Savarese si trattenne qualche tempo a Parigi, il Saliceti ne fu espulso, come dirò tra breve. (4) Il Pisanelli andò a Parigi nel luglio del 1850 e vi restò due anni. Il primo luglio 1852 era a Torino (Mas(2)

Gioberti^ ultimo

sari, oj?era citata, pag. 480).

Era a Parigi ancora nel 26 settembre 1856. Daniele in quel giorno presentava, con una sua lettera, anche a nome del marchese Dragonetti, a Giorgio Palla(5)

Manin

il giovane emigrato napoletano Nicola Indelli, che recava in Piemonte (Maineri, opera citata, pagina 199).

vicino si


299

Giuseppe Ricciardi, Ferdinando Petruccelli, Melchiorre Delfico, Vincenzo D' Errico, Antonio Paolo Emilio Imbriani

Benedetto Musolino

De

Ciccone, Ippolito

(1),

(2),

deputati al

già

Riso, tutti

De Luca,

Parlamento, e Filippo Capone, Sebastiano Pietro

Girella

Sprovieri

e

ed

(3)

suo nipote Alfonso, Francesco i

siciliani

Giuseppe Lafarina

(4)

e Giacinto Carini. Il

marchese Tupputi riuniva spesso nella

sua

casa ospitale gli esuli italiani, specialmente quelli del

regno. Erano

soliti

di

intervenirvi

Pallavicino, Giuseppe Montanelli ed "

Questi - scrive

il

il

Giorgio

Gioberti

(5).

Massari - mentre mostravasi

affettuoso e cortese verso gli italiani, usava distinta

amorevolezza

ai

napoletani quasi

per

consolarli

non aver potuto mai visitare le loro provinole „ (6). La maggior parte di essi ebbero Tenore di

di conoscere

a

lui

il

presentava con lettere assai

li

Il filosofo

e

statista

per gli

esuli

Massari

in

(1)

Gioberti per opera del Massari che torinese ebbe

napoletani che, in una

data

deferenti.

tanta stima lettera

al

del 14 dicembre 1859, scrisse:

Era a Parigi nel 14

luglio

1851 (Massari,

ivi,

pag. 543).

Musolino era stato prima in Piemonte ed in a Parigi fino al 1859. Saverio Musolino, La rivoluzione del 1848, pag. 30. (3) Andò a Parigi nel 1851 da Malta. (4) Era fuggito nel 23 aprile 1849 da Palermo riparò (2) Il

Inghilterra: stette poi

;

a Marsiglia e di là a Parigi nello stesso anno. (5) (Q)

GuERRiTORE, opera citata, pag. 62. Massari, opera citata, ultimo volume, pag. 446.


300 "

ingegno e per animo,

per

Napoli,

dell'emigrazione italiana

Nei

ritrovi

avvenimenti

i

Pepe ed

il

crucci e sgomenti

sa

Il

tristi

i

annunzi,

mezzo a

tanti

ma anche questa speranza governo francese cominciò

;

fuorusciti e spesso

i

Tap-

profughi speravano di avere

i

asilo sicuro

per molti disparve. a vigilare

il

vari Stati italiani, di supplizi,

di carcerazioni e di condanne. In

almeno an

fiore

consaeto s'aggirava sa

di Francia,

che venivano da

il

„ (1).

amichevoli presso

pati la conversazione di gli

è

li

trasse in arresto

come avvenne a l'abruzzese Aurelio Saliceti che dovette nel marzo del 1850 lasciare la Francia e ricoverarsi a Londra (2). Pochi mesi e

li

espulse,

dopo, il

il

15 ottobre 1851, vari

Montanelli

e

altri

espulsi da la Francia

emigrati, fra cui

vennero parimenti

Sterbiai,

lo

(3).

Peggio accadde allorché si preparava il colpo di Stato e dopo di esso. Anche i più tranquilli esuli ebbero a soffrire molestie. Vincenzo D' Errico, che

il

a Parigi

" uomo cauto, assenmena una vita ritiratissima

designava

Gioberti

nato, venerando, che

fu espulso nel febbraio del 1852

ed ottenne, ad

intercessione

Massari, di stabilirsi a Torino

vedimento

(1) (2)

mero (3)

colpi,

il

del (5).

Lo

stesso prov-

13 settembre, vari

Massari, ivi, pag. 480. Lafarina, Ejnstolario^ voi.

I,

altri

emi-

pag. B50, lettera nu-

138.

CoMANDiNi, opera citata, 13 settembre 1852. Massari, ivi, pag. 505-607).

(4-5)

(4)

Q-ioberti e del


301 grati, fra cui

il

Delfico,

il

Tripoti e lo Zoccoli

(1).

gendarmi

lo

pedinavano, per tema di essere imprigionato,

si

Antonio Guerritore accortosi che ricoverò a

il

Londra

(2).

Salazaro che la polizia francese dopo

Narra

il

colpo

di Stato

sorvegliava rigorosamente

dimoranti a Parigi. con molti suoi compagai

italiani

egli

i

Una si

sera,

li

arrestarono

giunge rifugio

Una liani,

lo scrittore " „

(3).

triste,

la

"

tutti.

Anche

mentre

tratteneva in una

trattoria a Batignolles, vi irruppero

e

gli

Ognuno

i

gendarmi

di noi „

sog-

pensò allora a trovarsi un egli

andò a Londra.

dolorosa sorpresa colpi gli esuli

ita-

mattina del 25 ottobre 1852, allorché

seppe che

il

Grioberti

era

stato

si

trovato morto

modesta sua casa a la rue de Parme n. 3. La grandezza dell'uomo che spariva, le sue opere

nella

immortali,

il

fresco

ricordo

influenza avuta da lui

della

meravigliosa

nella rivoluzione

politica

italiana del 1848, l'ammirazione che gli professa-

vano

i

maggiori uomini della Francia, la semplidell'uomo tutto ispirava

cità e la squisita cortesia

venerazione nei proscritti

:

italiani, cui

parve spe-

gnersi una delle faci più luminose dell'avvenire.

Qualche mese prima il conte Camillo di Cavour aveva avuto con lui un lungo ed affettuoso col-

(1) (2)

vieri

CoMANDiNl, opera citata^ 13 settembre 1852. GuBRRiTORB, Opera citata, pag. 67. Francesco Sproracconta {Ricordi politici

e militari,

pag. 42), clie

credette prudente di lasciare Parigi. (3)

Cenni su

la rivoluzione italiana del

1860, pag.

9.


302

loquio

(1).

Uomini

nella politica

illustri nelle lettere, nelle scienze,

tutti

(2),

italiani

gli

residenti

in

marchese d'Azeglio ministro di Sardegna a Londra convennero mesti ed addolorati, la mattina del giorno 29 ottobre, nella piccola chiesa Parigi,

il

della Trinità per rendere a l'estinto le ultime ono-

Dopo un eloquente

ranze.

discorso

del

Pons de

l'Herault la salma venne trasportata nel sepolcreto della Maddalena per proseguire poi per Torino, ove, come narrerò tra breve,ebbe splendide esequie (3). Anche in altre città francesi dimoravano esuli italiani. Il

governo di Napoli aveva concesso a l'insigne

giurista salernitano

da

Domenico

le carceri e di recarsi in

Griannattasio di uscire

Francia a condizione

però di tenersi lontano da Parigi e da ogni porto di

mare

(4).

Il

Giannattasio, partì da Napoli insieme

con Liborio Romano, l'esHio, e si stabilirono

vissero uniti oltre

cui

pure

si

era

inflitto

entrambi a Montpellier ove

un anno

(5).

Il

Giannattasio,

logoro in salute, disperato per la lontananza dal i congiunti, non ebbe la forza di lungo e si rivolse con reiterate istanze governo napoletano per ottenere il rimpatrio (6).

suo paese e da resistere a al

(1)

Massabi,

ivi,

pag. 610.

Tra cui il Rendu, il Lesseps, il Pons de l'Herault. (3) Massari, ivi, pag. 613. - Giornale L'Opinione del novembre 1862. (4-5) Liborio Romano, Memorie, pag^ 46. - Archivio (2)

1^

di Stato di Napoli, prefettura di polizia, incart. 2B50,

anno (6)

1850, voi. IH.

Protocollo del Consiglio di Stato, ministero di po-

lizia, n. 683.

Archivio di Stato di Napoli.


303

Una

28 maggio 1853 ap-

risoluzione sovrana del

pagò finalmente

preghiere dello sventurato, a

le

condizione però, consueta per parte del governo dei Borboni,

che

"

dichiarasse

egli si

pentito,

promettesse di essere fedele al sovrano, di dimostrarsi

in

non indegno

emenda

della grazia ottenuta, serbando

condotta irreprensibile

del passato

A l'umiliante imposizione amico di

lui,

egli chinò la fronte.

Antonio Starace, tra

i

„.

Un

più rinomati

avvocati del foro napoletano, presentò la supplica scritta dal G-iannattasio in Montpellier

22

il

lu-

glio 1853 " redatta secondo gli ordini ricevuti „ e cosi il povero vecchio potè rivedere la patria.

Tornò a Salerno ove visse vigilanza della polizia

Un

sotto la più assidua

(1).

altro esule napoletano,

il

Ricciardi, trovando

troppo cara la vita nella capitale francese, sferi nei

recchi anni il

(2).

Lafarina, che per

pubblicava

(1) Il

si

tra-

1850 a Tours e vi restò paLo segui colà nel 6 maggio 1853

primi del

le

il

fallimento dell'editore che

sue opere,

si

ridusse a fare

G-iannattasio divenne

dopo

il

il

maestro

1860 presidente

Gran Corte criminale di Salerno, poi consigliere di Cassazione. Mori in Napoli l'il novembre 1869 nell'età di

della

settantun anni.

Luca

Ne

disse l'elogio F. A. Casella. Pirro De-

dettò per lui questa iscrizione

:

A

-

Domenico Gian-

nattasio - salernitano - nell'avvocatura - ne' magistrati -

nell'amore del sapere - della libertà - dell'Italia - dei suoi - ammirabile - che l'il novembre 1869 - qui - raggiunse la madre poco innanzi sepolta. (2) Vi era ancora nel febbraio 1858. Lafarina, Epistolario, lettere al Ricciardi del

23 marzo e

successive.


304 di scuola in quella piccola sto

1854 quando

Un

piccolo

si

nucleo

di

21 ago-

città fino al

trasferi a

Torino

emigrati

(1).

napoletani

si

fermò a Marsiglia. Tra essi, i iratelli Agostino ed Antonino Fiutino che, espulsi dopo il colpo di Stato, andarono a Torino (2), Salvatore Conforti, Giovanni Carducci, il barone Gennaro Bellelli di Capaccio, già

deputato

al

Parlamento

rone Giacomo Coppola che poi prese

il

(3),

ba-

dimora in

Firenze, Giuseppe Caputo di Barile in Basilicata,

capo di una schiera di insorti nei moti del Cilento del 1848. Il Caputo esercitò a Marsiglia la

professione di medico fino al 1856,

poi

Fultsca

Bellelli

nell'impero

ottomano,

Il

recò a

si

dopo

breve sosta a Marsiglia, si stabili a Parigi, e da ultimo a Firenze nel 20 aprile 1852 (4). In Marsiglia prese dimora Ignazio Turco, napoletano, modesto negoziante di farina, eletto per la sua grande popolarità deputato nel 1848. Più tardi, nell'aprile del 1857, si rifugiava in Marsiglia

scarno ed avvilito

Emanuele Leanza,

cui,

come

ho precedentemente riferito, Ferdinando II aveva commutato nell'esiglio perpetuo dal regno la pena residuale dei ferri. III.

Londra divenne, dopo

i

rovesci

italiani

del 1849, ricovero specialmente dei proscritti de-

(1) (2)

(3)

BiuNDi, Di Giuseppe Lafarina^ voi.

scio 3842. Il Bellelli (4)

I,

pag.

7.

Olivieri, / fratelli Fiutino^ pag. 32. Archivio di Najjoli, ministero esteri, espulsi, fa-

GuERRiTORE,

andò a Marsiglia nel maggio opcì'a citata, pag. 87.

del 1849,


305

voti

Mazzini

al

Questi vi

(1).

1850 dopo l'espulsione da

nel

rimase,

salvo brevi

intervalli,

era rifugiato

si

Svizzera e vi

la

fino al

1859 dopo con reve-

la guerra d'indipendenza. Intorno a lui

renza di discepoli guaci delle

si

raccoglievano

dottrine, Aurelio

sue

i

piĂš fedeli se-

Saffi,

Alberto

Mario, Maurizio Quadrio, Mattia Montecchi, Q-iu-

seppe Libertini, Antonio Mosto

i

quali con opera

instancabile esercitavano in tutte le provincie ita-

una propaganda intensa: causa a

i

governi

della penisola di continue preoccupazioni.

A Lon-

liane

dra risiedeva

il

comitato nazionale, eletto da ses-

santa deputati della repubblica timi giorni di essa, cbe,

pubblicava tro

un

il

negli ul-

presieduto dal Mazzini,

13 ottobre 1850 una protesta contentava

prestito che l'Austria

bardo-Veneto

romana

(2).

E

nel 30 settembre

nel

1851

Lomlan-

ciava un altro manifesto a gli italiani per incitarli

ad una agitazione rivoluzionaria, unitaria e repubblicana. Il manifesto annunciava le dimissioni, dal comitato, del Sirtori per dissenso e del Saliceti

che doveva assentarsi da Londra

(1)

Tra

i

pochi costituzionali, era Londra, nel dicem-

bre 1850 l'abbruzzese Giuseppe lettera

del

(3).

De Vincenzi (Massari,

Gioberti del ĂŹĂŠ dicembre 1850, opera citata,

pag. 480). - D'Ayala, opera citata, pag. 230. (2)

importata dal Guardionb, Il dominio dei Borboni voi. II, pag. 33. Porta le sottoscrizioni del

in Sicilia,

Mazzini, del

Saffi,

del Saliceti,

del

Sirtori,

del Montec-

chi e di Cesare Agostini. (3)

Comandini, opera

citata,

30 settembre 1851.


306

avevano costretto ho detto, molti

I rigori della polizia francese

Londra

a riparare a

profughi

come

già

Aurelio Saliceti,

italiani, tra cui

Deme-

Ferdinando Petruccelli ed Antonio Gruerritore che entrò nella redazione di un grande giornale inglese e poi imprese con successo a trio Salazaro,

E

dare lezioni d'italiano.

molti

altri esuli vi

an-

darono scacciati dal Piemonte come narrerò tra breve

(1).

La maggior

IV.

parte degli

esuli della Sicilia,

allorché questa ricadde nel dominio si

era stabilita a Malta

La

(2).

dei

Borboni

vicinanza a

l'isola

nativa, la completa fiducia nella protezione mglese

venerando Ruggero Settimo, Matteo Raeli, Giorgio Tamaio, il principe di San Griuseppe, Vincenzo Marsico (3).

avevano

Essi

attirato colà, tra gli altri,

consideravano

come

loro

il

capi

Ruggero

Settimo, accolto ed ospitato nell'isola dal governo inglese

"

più da

principe

che

da suddito

„ (4)

e Nicola Fabrizi che, reduce da la guerra di Spa-

aveva preso stanza in Malta

gna,

con

il

fin dal

proposito di preparare in Sicilia

insurrezionale. Ritornato in Malta della rivoluzione

del

1848,

egli

1837

un moto

dopo la caduta manteneva at-

tiva corrispondeva con vari comitati liberali sici-

(1)

GuERRiTORE, opera citata. D'Ayala, Memorie, pag.

(2-3) Il

un

centinaio.

Lo

cento, cifra che (4)

Scritto di

Sprovieri,

230, dice che

nel libro

citato, dice

erano sette-

parmi esagerata. F. Cordova su Euggero Settimo. - Rivi-

sta Il Cimento, 1852, voi. II, pag. 321.


307

ed aveva raccolto segretamente una discreta

liani

quantità di armi e munizioni Il

(1).

15 maggio 1850 approdava a

Malta

stimento a vela napoletano Isabella su cui

come ho precedentemente

imbarcati,

De

Teodosio

grinaggio su

le

Il

ba-

erano

detto

Dominicis, Griuseppe Feola

seppe Verdoliva.

il

si

(2),

Giu-

e

bastimento, dopo lungo pelle-

coste

della

Sicilia in

attesa

vento favorevole, aveva potuto compiere per Malta. I tre profughi sero nell'isola soltanto

sbarcarono,

pochi

mesi:

il

di

la rotta

ma

rima-

2 dicem-

bre 1850 partirono su la nave francese Erotos e discesero

A

il

giorno 5 successivo a Genova.

Valletta erasi rifugiato

sale di Corleto Monforte.

salernitana

polizia

il

dottore Nicola Cau-

1852

15 luglio

Il

rinvenne, nella

casa

di

la lui,

nel suo paese nativo, diciotto lettere da lui scritte

da Valletta a i suoi parenti dal 12 marzo al 22 agosto 1851. L'intendente di Salerno Cav. Valla, indignato di lettere del 2 agosto polizia:

"

una scoperta

così tardiva,

1852 scriveva

Mi meraviglio

al

con

ministro di

della poca diligenza del

giudice regio locale poiché

non sono recenti

le

riservatissime circolari per la vigilanza su le cor-

rispondenze con specialmente

(1)

gli individui

emigrati

(3).

Il

che sono a Causale

ViLLARi Eaffable, CospirazioTie

si

l'estero,

trasferi

e rivolta,^a.g.

392-93

- Trbvelyan, opera citata, pag. 191. (2) Gap. 5° di questo volume. (3)

mento

Archivio di Napoli, prefettura di polizia, incarta4251, fascio 476, voi. IX,

anno

1852.


308

poi da Valletta a Beirut e di là

il

26 luglio del

1857 in Alessandria d'Egitto donde tornò novellamente a Malta nell'ottobre successivo

Una

Gran Corte

decisione della

(1).

speciale di Napoli

aveva ordinato per Giovanni D'Avossa, l'insigne giurista salernitano,

il

Gran

rinvio innanzi a la

Corte speciale di Salerno per rispondere dei delitti

politici

vincia.

di Salerno

goscie della

dere

che

addebitavano

gli si

Venne quindi

trasportato

in quella

pro-

carceri

nelle

attesa del nuovo giudizio. Le annuova prigionia lo indussero a chie-

in

emigrare negli

la facoltà di

Stati

Uniti di

America, ciò che ottenne nel giugno del 1855 (2). Difatti qualche giorno dopo s'imbarcò sul piroscafo francese

il

Telemaco unitamente ad un altro

perseguitato politico

della

provincia,

stessa

Li-

al suo fido domestico Carmine Guadagno. Il piroscafo arrivò il 26 giugno a Malta, ed il D'Avossa, sofferente in salute, anziché proseguire il viaggio, approdò nell' isola (3) e con una supplica del giorno 29 successivo al governo di Napoli, domandò di poter restare in Malta

curgo Cavallo, ed

data la sua salute letana rispose

(1)

il

malferma.

Archivio di Napoli,

Un

La

polizia

napo-

13 luglio che egli doveva pro-

ministero esteri,

espulsi,

fa-

Giordano Orsini, andò da Malta in Turchia, prese parte a la guerra di Crimea e poi fu addetto a lo stato maggiore di Lord Reacleand quale delegato del governo ottomano. (Todaro, Nuova Antologia del 16 giugno 1810), scio 3842.

altro esule, Vincenzo

(2-3) Archivio di Napoli, ministero

scio 3869.

esteri, espilisi, fa-


309

seguire per l'America, così essendogli sciato

passaporto

il

ma

;

egli,

ove

rifiuto, restò a Valletta,

si

stato rila-

nonostante questo ristabili alquanto.

Carmine Guadagno ebbe dal governo napoletano, il 28 aprile 1854, facoltà di

Il

suo domestico

tornare a Salerno

(1).

Della dimora del

D'Avossa

nell'isola

ho solo

poche notizie che desumo da alcune sue lettere dirette in Napoli ad un tale Nicola Facella, modesto barbiere ma gran galantuomo, amico degli oppressi, servizievole e cortese

A

berali.

Malta,

il

lui

scrivevano

massime con i liil D'Avossa da lo Spaventa ed il

spesso

Dragonetti da Parigi,

Settembrini da l'ergastolo di S. Stefano Il

D'Avossa

si

medicine che

poli le

gli

occorrevano.

del 1855 gli scriveva, chiedendogli "

di rob.

presto

mia

ci

(2).

faceva mandare dal Facella da Na11

17 maggio

una

bottiglia

Questa è certamente l'ultima bottiglia e rivedremo „. Il 27 giugno successivo: " La

non va male, le disgrazie si sono accumio capo e sono quasi sei anni che l'una succede a l'altra „. Nel 14 marzo del 1856 " Spero di tornar presto in patria. Sono stanco di vivere fuori della mia patria e le circostanze dolorose di mia famiglia mi costringono di venire necessariamente in Napoli, sia che il governo mi chiami, salute

mulate

sul

:

(1)

Archwio di Napoli, miniatero

esteri,

espulsi, fa-

scicolo 3866. (2)

Settembrini, Ricordanze, voi. 2", pag. 226. Le letD'Avossa trovansi presso la biblioteca nel museo Martino in Napoli, voi. n. 392 dell'inventario.

tere del di S.


310 sia

che debba fare

io la

È

dimanda

di entrare,,. Il di

pasqua che passo nell'esilio e l'ottava che passo nella sventura. Spero che quella, che verrà l'anno futuro, sia meno sconsolata delle precedenti. Dovrebbe essere cosi: ma

8

"

aprile 1857:

la

quarta

mia speranza tradita dal mi viene mancando la fede in essa.

tante volte fu questa destino che

Comunque né

la forza dell'animo,

sapere soffrire

mi mancano. Prima

verrò in Napoli

„.

esistente presso la

ne

la virtù del

due mesi La corrispondenza del D'Avossa biblioteca di S. Martino, sempre di altri

diretta al Pacella, salta al 1862. Il dotto

consulto, costituito

il

regno

l'Italia,

giure-

fu nominato,

con decreto dittatoriale del 17 settembre 1860, avvocato generale della Corte Suprema di giustizia di

Napoli,

nenza con

il

quindi consigliere

portafoglio

della

di

luogote-

giustizia,

da

ul-

timo vice-presidente della Corte stessa e senatore del regno (1). V. Vivevano tranquillamente in Toscana, parecchi proscritti del mezzogiorno d'Italia.

A

Pisa

si

erano rifugiati fin da

reazione in Napoli

(1) Il

D'Avossa mori

di tifo

l'inizio della

Raifaele

prof.

il

il

Pirla

e

la

21 aprile 1868 nella sua

casa al palazzo Rossi (ora Bruno) a piazza Dante. Il feretro fu portato fino a la chiesa di S. Maria Vertecoeli e, per cura del Pironti sopraintendente di quello stabilimento, trasportato

24 successivo nel camposanto.

il

eeequie intervennero gran torità,

specialmente

di Napoli, 23 aprile il

la

numero

di

magistratura ed

1868).

il

le

foro. {Giornale

Fu commemorato

3 giugno seguente, dal presidente.

A

cittadini e le au-

al

Senato


311

baronessa Begani, vedova del generale Begani, valoroso

difensore

Gaeta nel

di

1815.

il

Accorse

1849 Mariano D'Ayala, da quella nobile donna, e vi si trattenne fino a l'agosto del 1852 in cui si trasferi a Torino (1). Giungeva a Pisa nel febbraio del 1853 Giacomo Tofano prefetto colà neir 11 agosto del

con fraterna

accolto

di

polizia

durante

ospitalità

periodo

il

costituzionale

in

aveva ripreso l'esercizio della professione forense; ma, mentre attendeva con nobile zelo a la difesa di Carlo Poerio e di altri imputati nella famosa Napoli. Ripristinato

causa

per

gli

il

governo assoluto,

egli

avvenimenti del 15 maggio 1848,

era stato arrestato

il

febbraio del 1850 e te-

Maria Apparente e poi La polizia gli impose Fesilio e lo fece imbarcare il 10 febbraio del 1853 per Marsiglia: egli invece, approdato a Livorno, si recò a Pisa ove dimorò cinque anni e mezzo (2). Ivi arrivò da Parigi Roberto Savarese. Questa nuto nelle

carceri

di S.

nel Castello dell'Uovo.

eletta

di esuli soleva

della baronessa

radunarsi la sera in casa

Begani

(3).

Fissarono invece dimora in Firenze, tra gli esuli,

il

altri

gen. Ottavio Tupputi e Gennaro Bellelli,

venuti da la Francia, Enrico Berardi, Saverio Alta-

D'Ayala, Memorie, pag. 160 e 208. Tofano, Lettera citata, pag. 105. A premura dello Scialoia e di altri amici andò nel 1856 a stabilirsi a Torino. Il Mancini gli ofìri generosamente colà la sua casa e la sua mensa. {Ivi). (3) Tofano, ivi. (1) (2)


312

mura V

insigne pittore che avea combattuto su

barricate in Napoli

15 maggio 1848,

il

Gioacchino Lequile,

barone

il

il

Tommaso

ricco proprietario del Salernitano,

il

le

principe

Vallante

barone Gia-

como Coppola, venuto di poco da Marsiglia, Ferdinando Ranalli, Ferdinando Fonseca di Potenza Francesco

ferito nella battaglia di Curtatone,

Blasiis

Ripararono a Firenze nel

(1).

De Simone,

del 1859 Gabriele Costa, Giuseppe

Giovanni

De

De

febbraio

Falco e Giuseppe Vacca

(2).

maggior numero degli esuli risiedeva nel Piemonte e nella Liguria (3). Il governo sardo VI.

Il

meno per

fu sempre, Mazzini,

da

d' ospitalità

i

e

fervidi

proseliti del

disordini,

emigrati e non

verso gli

cattedre

conferire

più

i

temeva

quali

pubblici uffici a

"

prodigo

mancò gli

più distinti, e di dare sussidi ai più bisognosi

di

esuli „ (4).

L' indirizzo apertamente nazionale dato dal conte

Cavour al governo (5) faceva convergere monte le speranze di tutta la parte liberale specialmente degli il

colpo di

Francia per

(1)

molti

esuli,

del 2

dei

al

Pie-

italiana

quali,

dopo

dicembre,

lasciarono

la

stabilirsi in Nizza, in

Genova ed

in

Stato

Archivio di Napoli,

ministero esteri, consolato di

Genova, affari diversi, fase. 2648. (2) D'Ayala, op. cit, pag. 273. (3) Il D'Ayala (op. cit., pag. 230) Genova ed a Torino in trecento. (4)

Cadolini, Memorie, cap.

Ebbe

calcola gli esuli a

40.

portafoglio dell'agricoltura nell'ottobre 1850, la presidenza del consiglio il 4 novembre 1862. (5)

il


313

Torino,

D

Cavour teneva a chiamare a cattedre

o a pubblici uffici cittadini di altre provincie

come

affermazione del sentimento nazionale.

Fin dal 1851 venne stanziata nel bilancio delregno sardo una somma di L. 160

l'interno del

mila per

soccorso a gli emigranti poveri, prov-

vedimento degno tanto di maggior lode in quanto il Piemonte, dopo i rovesci militari del 1849, lottava con le maggiori difficoltà di finanza. A la distribuzione dei sussidi provvedeva un comitato, presieduto da l'abate Carlo Cameroni (1). Però il governo esercitava su gli esuli una accurata sorveglianza, massime su quelli da cui poteva sospettarsi incitamento ad agitazioni, e molti ne arrestò e ne espulse. VII. Attirati da la dolcezza del clima e da la bellezza del paese avevano stabilita la loro dimora in Nizza il marchese di Torrearsa (2), Michele Primicerio calabrese, vecchio liberale, compromesso politico fin dal 1842, Filippo Abignenti, Rosario G-iura,

e

anno

dopo qualche

Parigi P. E. Imbriani

(3)

di

permanenza a

e Carlo Gemelli, questi

dopo avere dimorato in Inghilterra, in Francia, nel Belgio ed in Toscana

(1)

D'Ayala

(4).

(op. cit., pag. 231).

Passò tutto

il periodo dal 1849 al 1860 prima a Paa Torino, da ultimo a Nizza (F. Beetolini, opera citata, pag. 716 Nuova Antologia del 1889).

(2)

rigi, poi

(3)

ed

il

(4)

Erano

in quell' epoca a

Nizza anche

il

Cuccchiari

Cialdinl (Carbano, opera citata, pag. 229).

GuARDiONE, Carlo Gemelli,


314

La

cittadinanza nizzarda e le autorità locali

si

mostravano assai benevole a gli esuli, ed il consiglio comunale della città, per aiutare i più bisognosi tra essi, istituì a loro favore, con deliberazione del 22 giugno 1850, un comitato di soccorso (1) diretto da l'Abignenti, il quale non solo distribuiva sussidi a i più miseri, ma procurava l'imbarco gratuito

Genova su

per

coloro che volessero

voro

i

piroscafi

postali

recarsi colà in cerca

di

a la-

(2).

Quei pochi esuli vivevano affratellati tra loro. Purtroppo il piccolo numero si andò diradando Periva l'il luglio 1850 il Primicerio, che godeva grande e meritata autorità per l'antico ed illibato patriottismo. I suoi compagni, tra i quali l'Imbriani, Michele Amari, che aveva lasciato da poco Parigi,

Antonio Mordini, Felice Orsini accorsero a rendergli l'estremo tributo di affetto (3). Nel settembre successivo lo seguiva nel sepolcro l'altro esule napoletano Rosario Giura (4), anche egli vivamente rimpianto da i suoi compagni.

(1)

CoMANDiNi, opera citata, 22 giugno 1850

di Stato di Napoli, atti del consolato

di

— Archivio

Genova,

affari

diversi fascio 2645. (2)

Nei manoscritti della biblioteca nazionale di Roma dell' Abignenti relative a l'incarico

trovansi molte lettere

da lui tenuto. (3)

CoMANDiNi, opera citata, 11 luglio 1850.

(4)

Archivio

morto nel

1858,

id., ivi, fase.

ma

sole napoletano.

2646. Il

D'Ayala dice

il

Giura

ritengo più sicura la notizia del con-


315

Nel maggio del 1852 si stabilirono a Nizza Girolamo UUoa, Damiano Assanti e Gugliemo Pepe (1). Quest'ultimo avea lasciato Parigi per non tropresente

varsi

Napoleone della

sore in

III,

a

feste

le

coglieva fraternamente

Da

incoronazione di

Francia.

in

libertà

una bellissima

fìtto

dell'

che egli considerava come oppres-

i

Pepe prese

Il

ed

villa

ivi

spesso ac-

compagni

suoi

di esilio.

D'Ayala nel 1852 " Io scorro giorni, la cui tristezza non è punto mitigata dalla dilettevole villa che abito la quale non mi fa punto essa scriveva al

dimenticare

le

:

sventure patrie,

e la perdita del solo fratello a

numerosa famiglia: scevate

Un

l'esilio

me

lunghissimo

rimasto di tanta

e quale fratello voi

il

cono-

„ (2),

altro lutto raccolse gli emigrati politici. Il

19 marzo 1852 moriva in Nizza Rosa Raimondi madre di Giuseppe Garibaldi. Gli esuli residenti nella città, intervennero

esequie nelle quali

"

perseguitati di ogni

tennero

uno

i

(1)

modeste

feretro

francese,

quattro

i

l'eroe,

emigrati,

uno russo ed uno po-

(3).

,,

Vili. scritti

uno

a le

paese d'Europa verso

cordoni del

italiano,

lacco

tutti

a significare l'affetto di tutti

Genova aveva

delle

due

Sicilie

potenti attrattive su

per

D'Ayala, Memorie, pag. 213

le

facili e

i

pro-

continue

— Carrano, opera citata,

pag. 229. (2) il

D' Ayala, Memorie, pag. 265. Allude a suo

gen. Florestano Pepe. (3)

CoMANDiNi, opera citata, 19

marzo

1852.

frt%tello


316 relazioni con Napoli e per

il

fascino che

mediante esercitava

i

piroscafi, postali

su gli

spiriti

più

vivaci ed arditi con le sue antiche tradizioni re-

pubblicane e come patria di Griuseppe Mazzini Presero dimora in Genova

i

(1).

reduci della difesa di

Roma

fra cui Carlo Pisacane, Q-io vanni Nicotera, Vincenzo Carbonelli, Rosalino Pilo, i tre Romeo, Francesco Stocco, Luigi Miceli, Federico Torre,

Patella, Leonino Vinciprova, Domenico Mauro, Antonio Greco. A questa prima schiera segui un gruppo dei tra gli altri, come ho già profughi da Venezia accennato, il Cosenz, Camillo Boldoni, Francesco Carrano, Giuseppe Virgilii, Carlo Mezzacapo che visse in Genova tre anni e mezzo con suo fratello Luigi con il quale pubblicava la Biblioteca mili'

Filippo

:

tare (2).

Nei

tristi

Genova piti

da

in i

anni, che volsero di poi, affluirono a gran numero i liberali napoletani col-

processi

iniziati

dal governo borbonico

avvenimenti del 15 maggio, massime gli ex deputati al Parlamento sottoscrittori della famosa per

gli

protesta Mancini. Tra costoro Francesco Mazziotti

Accennano a questa preferenza per Genova il Cail Loero nella bella conferenza « Gli emigrati politici in Genova » (2) Carlo Mezzacapo da Venezia era andato a Genova per via di terra e colà chiamò suo fratello Luigi rifugiatosi a Malta dopo la capitolazione di Roma. I due (1)

dolini nelle Memorie, ed

nei primi del 18B3 a Torino. Ferrarklli G., Il gen. Luigi Mezzacapo ed i suoi tempi. Pesci Ugo, II gen. Carlo Mezzacapo ed il suo tempo.

fratelli si stabilirono


317

V Ariel,

da Napoli insieme con Michele Primi1849 su la nave da guerra era andato prima a Malta ove gli fu in-

giunto

lo

che, fuggito cerio

il

10 ottobre

Un

sfratto.

De

Dominicis, aveva

rato

(1),

ex deputato Ulisse

altro

come ho

potuto,

mettersi in salvo

il

già nar-

18 maggio del 1850

Malta insieme con Griuseppe Verdoliva di Rutino ed il suo domestico Pasquale Feola. Chiein

sero al console generale di Napoli

per Marsiglia; che

loro

petute

ma

mentre

stico,

il

ottennero

De

di

ri-

(2).

Nel

approdare a

G-e-

del governo inglese

Dominicis

col suo

dome-

Verdoliva andò a

stabilirsi

a To-

nova, ove restò rino

successivo in seguito a

nell'agosto

rimostranze

corso del viaggio

un passaporto

console non lo concedette

il

il

(3).

In Genova presero pure stanza scritti della

provincia di

Salerno,

altri

tre

Enrico

brini, già segretario di quell'Intendenza,

il

pro-

Mamquale,

come ho raccontato in altro scritto (4), si era gravemente compromesso in quell'ufficio, Giovanni Carducci, fratello di Costabile

ucciso ad Acqua-

5o.

(1)

Capitolo

(2)

Archivio di Napoli,

scio 313, n. 7352, lettera

carte

dal

1848 al

del ministero degli

1850;

fa-

esteri del

15 giugno 1852. (3)

Verdoliva ottenne

(4)

Carducci, voi,

I,

il

cap.

rimpatrio 3.

Il

il

25 gennaio L860.

Mambrini era a Genov*

giugno 1852. Nel febbraio del 1865 ottenne di tornare in Napoli, ove esercitò l'avvocatura sempre però fin dal

vigilato da la polizia.


318

fredda,

Filippo Vitagliano di Cicerale,

capi della rivolta del Cilento nel luglio

uno dei 1848 (1),

Francesco Curzio e, qualche anno dopo, i germani Francesco Paolo e Michele Del Mastro di Ortodonico. Raffaele Conforti, l'eloquente avvocato salerniministro

tano,

dell'interno

nel

1848, era

pochi mesi dopo uscito dal governo,

stato

costretto a

un mandato di arresto spePer mezzo del ministro francese in Napoli aveva ottenuto, insieme con il Mancini, il Pisanelli, il duca di San Donato ed rifugio su V Ariel altri co inpromessi politici, un ove si imbarcò vestito da marinaio. In Genova attese qualche anno a studi di filosofia e di diritto e vi fondò una Accademia di filosofia italica che si riunì la prima volta il 5 gennaio 1851. Una sua conferenza sul migliore ordinamento del nascondersi stante

dito a suo danno.

lavoro nei ricoveri di beneficenza destò

generale della cittadinanza

Una

il

plauso

(2).

emozione penetrò l'animo degli emigrati d'ogni parte d'Italia, specialmente del regno delle Due Sicilie, la mattina del 17 luglio 1850 lieta

quando si seppe l'arrivo nel porto di Genova della nave da guerra francese ò'olon che aveva a bordo Francesco Angherà, fuggito miracolosamente da

(1)

Mori in Genova

il

1856.

Luigi Conforti, Ricordi ed arriìighe celebri di RafDe Gobkenatis Anoelo, Ricordi faele Conforti^ pag. 99 (2)

;

biografici, pag. 315.


319

Andarono

le carceri

della Vicaria

salutare

valoroso, che aveva combattuto nei moti

il

di Calabria del

(1).

in folla a

1848 ed era stato arrestato con

i

capi della spedizione sicula da la fregata napole-

Lo

tana

Stromboli

acque

nelle

autorevoli esuli a Q-enova, tra

Casimiro

De

permesso

di sbarco

per

e

trovava a Genova,

si

il

profugo.

ringraziamenti degli intercessori

nobilmente

più

Conforti

il

Lieto, ottennero dal Galvagno, mi-

nistro dell'interno, che allora il

di Corfù. I

cui

" il

il

A

i

caldi

ministro rispose

governo sardo non ha mai ne-

gato ospitalità a coloro che, avendo propugnato la

causa della libertà italiana, vengono in questa

terra a chiedere asilo e che tale ospitalità era dal

governo considerata un dovere „ (2). L'Angherà andò poi a Torino e Malta, ove visse con suo zio arciprete Domenico Angherà, antico liberale.

A

i

numerosi emigrati residenti a Genova

aggiunsero

dipoi

varii

altri,

che

gli

si

avveni-

avevano costretto a cambiare Tra essi i due fratelli Emerico e Michele Amari, il marchese di Torrearsa, Stanislao Cannizzaro, Salvatore Calvino, Bonaventura Mazzarella

menti di Francia cielo.

e molti altri.

(1) L'Angherà ha narrato egli stesso il sorprendente avvenimento in un opuscolo intitolato Fuga dalle prigioni di Napoli di Francesco Angherà, Genova, tip. Mo:

retti,

MDCCCLXII.

(2) Ivi,

pag. 44. L'Angherà fu poi condannato a morte

in contumacia

da

la

nel 5 febbraio 1852.

Gran Corte

speciale di Catanzaro


320

emigrati a G-enova vivevano quasi tutti con La comune lavoro, per lo più in modesti uffici. G-li

il

affratelli sventura, l'affetto a la patria lontana di lutto, circostanza ogni In lavano profondamente.

di

patriottiche, di importanti no-

commemorazioni

avvenimenti domestici si parte riunivano come una sola famiglia. Presero agosto del 1852 in grandissimo numero, nel 10 Mazzini (1) e nel di del a le esequie della madre con la andarono morti de l'anno successivo

tizie del

regno, di

lieti

dei

operaia e con moltissimi cittadini genoper commemovesi al camposanto di Stagliene natali al primo rare la donna che aveva dato i nazionale. apostolo dell'unità in Genova. Nell'estate del 1854 il colera penetrò società

un'associazione Gli esuli pensarono di costituire dettero l'incarico loro per assistere i malati e

tra

Giacomo Medici, Oreste Regnoli e circolare ai Filippo Caucci Melara i quali in una " Ohi fra noi ha cuore, loro compagni scrissero può non concorrere in questi gravi momenti non di formarla a

:

persona o con i mezzi pecuai nuovi patimenti niari a recar sollievo e conforto a molti dei compagni, nostri che minacciano i assidua vostra la e medici quali, oltre i soccorsi di genere altro è pur uopo recare

operosamente o con

la

assistenza,

soccorso mercè cui

cura ed

(1)

al

vitto

possa

provvedersi

durante la malattia

alla

loro

e la con-

consolato di Archivio di Napoli, ministero esteri,

Genova,

aflPari

diversi, fascio 2646.


321

mancherà

Niuno fra noi, avvez25Ì già al soffrire, in uno o in altro modo e secondo le

sue

al

valescenza.

forze

aderi

suo debito

giorno stesso,

il

Q-iuseppe

Medici,

A

„.

questa iniziativa

con una breve lettera

Garibaldi,

in

allora

Parecchi medici emigrati, tra cui

Bertani,

il

al

Genova. il

Modena, il Pasquali di Ancona, il Giglioli Carbonelli di Bari, Giuseppe La Loggia di Palermo, il Rossi di Parma e il Sacchi di Mantova di

dettero gratuitamente l'opera loro Il

buon successo

raggiò

di

(1).

questa associazione inco-

gli esuli a costituirne un'altra

che

tra essi

venne chiamata

la

permanente

solidarietà

nel

Aveva per scopo principale l'assistenza ed mutuo soccorso tra i soci ed anche a prò di

bene. il

estranei. L'associazione

nenti,

tra

cui

i

ebbe centoventi compo-

napoletani

Miceli,

Carbonelli,

Guglielmo Cenni, Camillo Boldoni, il Cosenz, il Mazziotti, il Pisacane, Licurgo Cavallo, il barone Giacomo Coppola, Francesco De Blasiis, Francesco Carrano, Casimiro De Lieto, Gaetano Giardini, Antonio Greco, Carlo Mileti, Bonaventura Mazzarella, Lorenzo Montemavor, Pietro Romeo, Federico Salomone, Giuseppe Virgilio, Francesco Curzio, i siciliani Vincenzo Cianciolo, Giuseppe Natoli,

i

fratelli

Luigi, Paolo,

Salvatore e Giu-

seppe Orlando, Salvatore Calvino, Achille Campo,

Gaetano La Loggia, Vincenzo Natoli, Rosalino

(1)

LoERO Attili, Gli emigrati

politici in

logna, Zanichelli, 1911, pag. 11 e seguenti. 21

Genova. Bo-


322

Pilo

L'associazione possedeva un gabinetto di

(1).

con molti

lettura

giornali

IX.

libri

ed

oltre

un centinaio

di

(2).

A

Torino dimoravano moltissimi emigrati,

d'ogni parte

di "

meridionali.

D'Ayala,

"

Il

Italia,

tra

numero

i

quali più di cento

degli esuli,

scrive

il

cresceva ogni giorno perchè ne veni-

vano di Francia, di Toscana, di Malta, quando ciascuno, a mente più serena e con mezzi migliori, ebbe agio di scegliere un domicilio, lasciando quei paesi dove il caso e il bisogno di salvezza l'avevano sbalzato „ (3). Presceglievano Torino d'ordinario gli emigrati di idee monarcbiche costituzionali. Vi era il fiore dell'ingegno e della coltura meridionale e la cittadinanza li teneva in grande conto. Il Cordova aveva una cattedra di dritto a l'università e quella di

nazionale e

poi

statistica

nel

collegio

divenne Pasquale Stanislao Mancini direttore

Il Risorgimento (4)

del

giornale

:

insegnava nell'università dritto internazionale (6), i fratelli Luigi e Carlo Mezzacapo, stabilitisi a Torino nel 1857, pubblicavano la Rivista militare e

godevano molta stima

(1) Il

di tutti (2)

nell'esercito

:

Stanislao Can-

LoKRO, nella conferenza citata pubblica i

i

nomi

soci.

Cadolini, opera citata, cap.

4».

D'Ayala, opera citata, pag. 210. (4) Il Cordova partito da Palermo, il 21 aprile 1848 approdò a Marsiglia e nel luglio si stabili a Torino (Cor(3)

dova, opera citata). (5)

corso

Con nomina il

del dicembre

1850.

Inaugurò

21 gennaio 1851 (Comandini, opera citata).

il

suo


323

nizzaro destava viva ammirazione con l'insegna-

mento

della chimica (1)

1853,

il

:

Antonio Scialoia ebbe

con

Cavour,

dal conte di

decreto del 30 luglio

posto di consultore legale nel catasto

(2).

chiamato da Pisa ad inse-

Raffaele Piria venne

gnare nell'università di Torino ed ivi si trasferi con la moglie e con il fratello di lei Enrico Cosenz (3). Carlo Gremelli, dopo aver fatto per qualche tempo il maestro elementare in Torino, fu mandato a premura del Cordova, ad insegnare storia nel collegio nazionale di Ivrea e vi

parecchi

anni

(4).

Angelo

Camillo

rimase

Meis,

che

aveva dovuto ridursi nei primi tempi a fare

il

ripetitore nel collegio delle provinole, fu poi no-

minato professore nello stesso collegio e vi restò fino al 1860 (5). Francesco Campo era maestro nelle scuole di Alessandria (6), Francesco Giordano di Lustra in provincia di Salerno, esercitava la professione di ingegnere e compilò il progetto

(1)

Cordova, libro

(2)

Lo

per 15

il

citato,

collegio

di

Trino

;

pag. 89.

23 agosto 18B3 deputato l'elezione fu annullata il stante l'ufficio che occupava.

Scialoia fu eletto

il

ma

novembre successivo novembre

{Atti parlamentari, 15 (3)

GuARDioNE,

n

1853).

gen. Enrico Cosenz, pag. 27.

Il

Coaenz

era stato prima a Genova. (4)

GuAEDioNE, Carlo Gemelli, Verona, Kaiser 1881.

Amante, Un magistrato, un ministro, un professore, Il De Meis era fuggito a Genova su la nave inglese Oberon. Fece a Torino il ripetitore, a Parigi il reporter di un giornale. Tornò a Torino nel 1853. (6) Marietta Campo, Vita politica della famiglia Campo dal 1848 al 1860. (5)

pag. 68.


324

da G-enova a Pisa.

della ferrovia litoranea

Q-iu

seppe Pisanelli faceva con gran successo l'avvocato

Mandoi Albanese insegnava ma

ring. Francesco

tematiche neiruniversità.

Dimoravano

a Torino gli esuli

altresì

siciliani

Francesco Ferrara insigne economista che fu poi ministro dello finanze nel regno d'Italia, Q-iacinto Carini, che prese parte a la spedizione dei mille,

Giuseppe Natoli, G-iuseppe La Farina, i napoletani Bertrando Spaventa, Ernesto Del Mercato, Filippo Argentino, Giuseppe Massari, Luigi e

Piersilvestro Leopardi, Aurelio Saliceti, Federico

Torre, Ruggiero Bonghi,

cesco

De

fratelli Plutino,

Fran-

Sanctis, Pasquale Scura, Salvatore

Tom-

i

masi, Antonio Ciccone, Cesare Oliva e molto più tardi, nell'aprile del 1860,

Diomede Marvasi. Teneva il primo posto letana

Mancini che,

il

Gennaro De Filippo e

nell'

emigrazione

oltre

a

attendeva a l'esercizio forense ed a zione, insieme con

magistrale

Per

commento

nariamente

il

eloquenza e

pubblica-

]a

Pisanelli e lo Scialoia, del

il

procedura sardo.

al codice di

era chiamato ordi-

cause più importanti

le

Mancini che brillava per la

napo-

l'insegnamento,

mirabile

dottrina.

A

la le

grande sue ar-

ringhe accorreva numeroso uditorio di colleghi, di

amici, di cittadini

potente

pienza

oratore e

generoso

e

l'

sovratutto gli

desiderosi

di

ascoltare

La

il

eminente

giurista.

l'infinita

bontà

dell'animo

più vive

simpatie e

conciliavano

le

sa-

tenaci amicizie nella parte più eletta della citta-

dinanza.


325

La

sua casa al primo piano del palazzo Molines

in via Doragrossa era aperta a tutti, specialmente

a gli esuli che solevano spesso la sera raccogliersi intorno a e

Si cantavano canzonette napoletane

lui.

conversava di

si

arte, di letteratura, e

tutto di politica. Egli prestava a esilio,

suoi

i

(1), lo Scura,

il

la

sua casa

quale,

ho narrato

patite sventure, che

Mandoi Albanese,

fessore a Zurigo,

il

il

De Sanctis,

Saliceti,

il

i

fratelli

nonostante

in altro scritto

mostravasi sempre ilare e vivace

(3), il

le (2),

Leopardi,

che poi andò pro-

Torre,

il

Massari,

Bonghi, giunto a Torino nel dicembre del 1850 i

di

larghi guadagni della professione,

più bisognosi. Frequentavano

Mezzacapo

il

compagni

con completo disinteresse, l'opera propria, e

sovveniva con i

i

sopra

il

(4),

fratelli Fiutino. Il

17 luglio 1852 Raffaele

Genova,

si

stabilì

settembre, chiese ed

a Fesercizio

(1)

dell'

Abitavano

Mancini.

«

La

ottenne di

avvocatura

al terzo

sera

»

Conforti, lasciando

a Torino, e colà, nel successivo

(5).

essere

abilitato

Istituitasi

una

piano dello stesso palazzo del il Pesci « scendevano abitual-

scrive

mente

in casa Mancini e talvolta, mentre nella vasta sala cantavano le canzonette napoletane, in un angolo della sala da pranzo Giuseppe Pisauelli, il Cosenz ed il Mezzacapo discutevano con altri di politica e sostenevano la necessità di una lega nazionale per combattere il Mazzini ed i repubblicani » (Pesci, opera citata, pag. 55). si

(2)

Carducci^ voi.

2»,

cap, 3°.

Grazia Pierantoni Mancini, Impressioni e ricordi. (4) Lettera del Gioberti a Massari del 14 dicembre 18B0 (Massari, opera citata, pag. 480). (3)

(5)

CoNFOETi, libro citato, pag. 103.


326 di mutuo soccorso fra gli emigrati, ne divenne il presidente (1). Il 4 novembre del 1852 parlò eloquentemente in una solenne commemo-

società

razione dei

della libertà italiana tenuta

martiri

nel camposanto di Torino.

Nello stesso anno prendeva dimora a Torino Mariano d'Ayala che era stato dapprima a G-e-

nova.

Il

Canofari ministro napoletano

a

Torino

comunicava al suo governo, con nota del 14 settembre 1852, l'arrivo del d'Ayala soggiungendo: " è stato festevolmente accolto da i suoi compagni e si è stabilito qui per iniziare in novembre un corso di matematiche, storia e geografia militare d'Italia,,

(2).

Riparò parimenti a Torino Griuseppe Del Re anche egli deputato al parlamento napoletano e lo

raggiunse colà nel settembre 1856,

Vittoria,

vedova

rella,

anno

il

le

infliggeva la polizia.

seguito da la so-

Del Re,

andò a Pinerolo a dirigere

Specola delle Alpi

(1)

sorella

di Costabile Carducci, stanca delle

continue vessazioni che Nello stesso

la

il

giornale

"

La

„ (3).

Archivio di Napoli,

ministero esteri, espulsi,

fa-

scio 3842. (2)

Archivio di Napoli, ministero esteri, affari diversi,

consolato di Genova, fascio 2646.

ministero esteri, espulsi, faDel Re venne eletto deputato dal collegio di Gioia del Colle. La Camera annullò l'elezione nella seduta del 10 aprile 1861 perchè l'eletto era allora direttore della stamperia reale in Napoli. Il Massari, che riferi su l'elezione, disse « l'eletto è uno dei (3)

Archivio di Napoli,

scio 3867.

Nel 1860

il

:


.

327

La

novembre 1852 giungeva da

sera del 18

Parigi a Torino la salma

Vincenzo

di

Q-ioberti

che venne esposta per tre giorni nella chiesa di

A

S. Pietro in Vincoli.

i

solenni

funerali di lui

23 novembre nella chiesa del Corpus Domini, soltanto civili non avendo voluto prendervi parte il

il

clero,

intervennero

in Torino,

il

emigrati residenti

tutti gli

conte di Cavour presidente del conmolti

siglio

dei ministri,

delle

due Camere, senatori

denti dell'università. Parlò

ministri,

il

presidenti

i

e deputati e gli stu-

sindaco di Torino

Altra casa di fraterni ritrovi per

gli

esuli

(1).

era

quella di Griacomo Tofano stabilitosi a Torino nel

Uno

febbraio del 1853. fettuosi ospitale

ha

scritto

del

:

"

dei suoi

compagni più

af-

Quasi ogni sera nella casa

Tofano convenivano

il

d'Ayala, e gli

amici Pisanelli, Conforti, Ciccone, Trincherà, Del

Re, Tommasi,

De

Meis,

Imbriani, San Donato,

Leopardi, Mandoi, Federico Torre, Marvasi, Giu-

seppe Moccia, Bertrando Spaventa. Era una miglia

sola.

Appena giungeva una

Napoli, uno correva a farla leggere

aspettava sempre e di

si

1'

lettera

fa-

da

alFaltro. Si

annunzio di una rivoluzione

fremeva, lamentando l'ignavia: mentre quei

Napoli palesavano

le difficoltà

di

una

solle-

più chiari letterati e dei più distinti patrioti di Napoli Il

Del Ee mori in Firenze

il

commemorarono degnamente a la Ricciardi. Vittoria Del Re mori

il

»

novembre 1866. Lo Camera il Massari ed

di 11

in Napoli

il

29 ago-

sto 1863. (1)

Comandini, 23 novembre 1852.

biografico di V. Gioberti.

Massari, Carteggio


328

vazione, l'indifferenza del popolo, la potenza della forza, e

i

pericoli della

meno

più o

ma

poveri,

rispetto maggiori che lire all'anno e si

non

riuscita. Tutti

fra essi

nei

erano

regnava amore e

giorni delle ventimila

aiutavano a vicenda senza invidia.

Se c'era un malato, De Meis, Tommasi e Ciccone correvano ad assisterlo amorosamente: se un bambino aveva bisogno di maestri,

D' Ayala,

Re,

Trincherà,

De

Sanctis,

E

Rosei, Torre erano pronti a fargli lezione. giorni di festa,

quando ed

come

quelli di

Pasqua

al chiasso

ed a

l'aiTuffio di

il

il

nei

Ceppo,

e del

facevano più vivi e pungenti

desiderio della patria lontana e

il

correva alla

si

Del

Spaventa,

Bertrando

ricordo

pensiero

Toledo, accanto

pace inalterata delle vie di Torino,

i

medesimi

amici erano invitati alla mensa di quella santa e nobile

donna che fu Angiola Tofano,

a via di stenti e di fatiche voleva i

cibi preferiti nel

fraterno convegno celebrare le nuove

paese nativo. si

la

quale

imbandire loro

Ed

ogni volta

il

scioglieva con l'augurio di

feste nella patria risorta „

(1).

Mirabile per generosità ed abnegazione era so-

De Meis. Giustamente l'Amante che " a Torino dove il De Meis visse dal 1853 al 1860, non vi fu un emigrato infermo al quale egli non prestasse il soccorso della scienza medica, come non vi fu pure un bisognoso di aiuto al quale egli non aprisse la sua vratutto l'opera di Camillo

ha

scritto

borsa

(1) (2)

„ (2).

D'Ayala, op. cit, pag. 229. Amante, libro citato, pag. 68.


329

Un

triste

pensiero accorava gli esuli:

di morire lontani dal proprio paese.

che

si

verificava tra essi

sentiva da tutti

come un

o

quello

Ogni perdita,

nei loro congiunti,

si

lutto di famiglia. Col do-

premurosi a le estreme ne ricordavano con pa-

lore nell'animo accorrevano

onoranze a

gli estinti e

rola reverente e tra

gli

loroso

altri

commossa

le virtù.

Cosi avvenne

per Raffaele Poerio V antico e va-

patriota

morto nel 19 novembre 1853 di

apoplessia (1) e per Vincenzo D'Errico, insigne av-

vocato di Potenza che aveva avuto

tanta

parte

negli avvenimenti della sua provincia nel 1848, e

che soccombè a Torino nel 1855.

E non

omette-

vano di intervenire a commemorazioni patriottiche ed anche di promuoverle come fecero nel 27 giugno del 1850 per il colonnello Cesare Rossaroll morto nella difesa di Venezia (2). Parve agli esuli italiani in Torino di aver perduto un padre quando la sera del 8 agosto 1855 morì nella villa Radicati presso Moncalieri il generale Q-uglielrao Pepe che aveva combattuto al ponte de la Maddalena nel 1799 contro le masse del cardinale Ruffo, capitanato la rivoluzione del

1820 e

Venezia nel 1849.

la difesa di

Il

venerando, che personificava nobilmente episodi del

Nizza per

S.

i

vecchio più belli

aveva lasciato giugno 1854. Colpito da

patriottismo italiano,

Torino

il

7

(1)

CoMANDiNi, opera citata, detto giorno.

(2)

La commemorazioue ebbe luogo

Francesco in Torino.

neìla

chiesa

di


830

senza un istante di riposo

Lo

renze.

gravemente infermo

mesi

idropisia fu per varii

tra

persistenti

amorosamente

assistevano

soffe-

moglie

la

Anna Cowentry

gentildonna scozzese da lui coLondra nel 1822, Enrico Cosenz, il nipote Damiano Assanti suoi compagni nella diin

nosciuta,

fesa di Venezia

(1).

veterano ispirava una profonda am-

Il glorioso

mirazione nella Corte piemontese, nella cittadi-

nanza

Torino e nei suoi compagni di

di

AllorchĂŠ ne

i

esilio.

primi di novembre del 1849 egli era

passato per Torino con

i

reduci di Venezia

il

re

Carlo Alberto aveva voluto vederlo e lo aveva accolto

zione Il

affettuosamente

e

grande

con

(2).

giorno 11 ebbero luogo

diresse per la via della Posta

La salma

corteo

le esequie. Il

funebre, partendo dalla chiesa della si

commo-

Madre

al

di Dio,

camposanto.

fu deposta accanto a quella del Grioberti.

Parlarono Emanuele Arago,

il

Carlo Boggio, Tlmbriani,

De

il

D'Ayala, Favv. Pier Sanctis. Interven-

nero ministri, senatori, deputati, tutti napoletani e

siciliani,

gli

esuli

moltissimi di altre provincie,

Cabrano, Vita di G. Pepe, pag. 236. Il Carrano coloro che assistevano l' infermo, un Oliva che pure era stato in quella difesa ed il gen. Teodoro Lechi. (2) Il colloquio avvenne il 2 novembre 1849. Ăˆ raccon(1) Il

cita, tra

tato da Filippo Cordova

in

una

lettera al nipote Vin-

cenzo (Vincenzo Cordova, Bicordi della vita di Filippo Cordova, pag. 65, e dal Massari nella Vita di V. E., voi. l", pag. 125.


331

più di cinquecento guardie nazionali e gran nu-

mero

di cittadini

Verso

la

(1).

metà del gennaio 1859

i

giornali na-

poletani riportarono la notizia del decreto, con cui

Ferdinando II aveva commutata la pena dei ferri in quella dell'esilio al Poerio ed a molti condannati Si seppe successivamente,

politici.

stati

che

erano

essi

imbarcati per Cadice per andare quindi negli

Stati Uniti

d'America. Trepidavano

gli

esuli al

pensiero che tanti uomini generosi, logori da la prigionia di

un decennio, avanzati di una

di età

non po-

cosi

lunga e

tessero resistere al disagio

traversata

faticosa

impazienza

a

notizie

quando d'improvviso in Irlanda, le

si

attendevano con

Si

vela.

dello

sbarco

conobbe

a

New York -

loro

il

accoglienze colà ricevute, le

liete

grandi feste preparate a Londra per tarono

i

proscritti

approdo

per

le

nobili

Esul-

essi.

onoranze

rese

a quelli sventurati, per la generosa ospitalità del

popolo inglese conferma della profonda simpatia di esso verso la causa italiana.

Si desiderava

il

loro

pronto ritorno in

Italia,

specialmente di Carlo Poerio noto più di tutti per per

le illustri tradizioni familiari,

torità che

godeva

tra

contegno tenuto tra

i

la

grande au-

suoi compagni, per l'eroico

i

ferri.

Ma

il

conte di Cavour

scriveva nel marzo del 1859 ad Antonio Scialoia

(1)

Opinione dell'll agosto 1855,

La Farina, Carrano, OnoD'Ayala, Memorie,

n. 219. -

Epistolario, lettera del 16 agosto 1855.

ranze funebri a Guglielmo Pepe. pag. 279.

-

:

-


332 "

Quantunque vivo

dere

il

lustre Poerio e dei suoi

che

me

sia in

desiderio di ve-

il

nostro paese onorato dalla presenza

compagni

possano ora molto più giovare

essi

dell'il-

di sventura credo

causa

alla

nostra rimanendo in Inghilterra che recandosi in

Piemonte. Possono colà molto

influire sulla

blica opinione, sia che la guerra

diatamente,

sia

un congresso

che

„ (1).

si

Lo

si

pub-

rompa imme-

abbia a subire la fase di Scialoia

si

affrettò a

comu-

nicare questa lettera al Poerio ed a rivolgergli la

preghiera a

nome

moria su

condizioni del regno di Napoli per

le

Cavour

del

presentarla al Congresso

a

(2).

di redigere

Poerio, aderendo

Il

l'invito dell'eminente statista, si trattenne

tempo a Londra ove ebbe col

Russel e con

i

una me-

qualche

colloqui col Grladstone,

principali

uomini di Stato

in-

glesi (1).

Intanto

partivano

i

compagni del Poerio a volta

alla

gevano a Torino

ove

Torino

di

più festose accoglienze.

piccoli

gruppi

ebbero

le

giorno 16 aprile ne giun-

Il

diciotto.

A

l'annunzio

del loro

andavano a riceverli con animo commosso da ammirazione e da affetto fraterno i giornali piemontesi volgevano ad essi un reverente arrivo

gli

esuli

:

Torino

saluto, la cittadinanza di

ogni rincontro.

Il

li

festeggiava in

giornale L'Opinione del 23 aprile

indicava come giunti a Torino trentadue di quei deportati e ne indicava

i

nomi: Aletta, Bagnato

(1)

Chiala, Lettere di Cavour, voi.

(2)

De Cksare C, La

Scialoia, pag. 100.

vita, i

tempi

3»,

e le

pag. 60 e 51.

opere di Antonio


333

Giuseppe, Bellantonio, Bianchi, Bozzelli, Castromediano, Crispino, Cuzzocrea, De Gerolamo, De Simone, Dono, Esposito, Dardano, Filace, Mascolo, Mauro, Mazzeo, Mollica, Montano, Notaro, Luigi

Palumbo, Piccolo, Porcaro, Procenzano, Rocco, Salsa, Serino, Surace, Travia, altri

Si

Riccio,

Tripepi. Gli

giunsero successivamente. era

l'Austria.

negli

allora a la vigilia della guerra con Vibravano nella popolazione torinese e

esuli

un

altissimo

simpatia verso

i

massime verso dolori. Il

una fede una fraterna

entusiasmo,

incrollabile nei destini della guerra,

proscritti delie altre regioni italiane i

nuovi venuti simbolo dei comuni suoi compagni di sventura i

Poerio ed

sentivano finalmente, dopo tanti anni di carcere e

di

galera

tra

volgari malfattori, la gioia

essere alfine in terra italiana e

libera

ove

di

tutti

palpitavano per la nobile causa cui essi avevano consacrata la vita. Luigi Settembrini uno dei più illustri

compagni del Poerio con

la

sua forma sem-

plice e schietta scriveva in quei giorni:

mi piace, è mi batte più cuore

è bella e il

(1)

"

Torino

terra d'Italia, io sento che forte e più libero

Settembrini, Scritti inediti.

(1).


CAPITOLO XV. Gli esuli napoletani e gli

Sommario.

La

avvenimenti

politici.

del moto di Milano del grande impressione negli esuli molti liberali dal Mazzini - Arresto ed

I.

notizia

6 febbraio 1853 desta

- Distacco di

nel Piemonte. con Luciano Murat Idea di una restaurazione murattista - L'opuscolo del Saliceti in favore di essa - Dichiarazione di Daniele Manin - Lettera del Murat al Times - Protesta di molti esuli delle Due Sicilie - Pubblicazione di Francesco Trincherà - Risposta del La Farina, e del De Sanctis - Silenzio di molti altri esuli - Erronea interpretazione di questo - Colloquio del La Farina con Cavour - Contegno del grande statista piemontese Dichiarazioni del Poerio, dello Spaventa e dei loro III. Prime compagni di galera contro il murattismo. notizie del moto siciliano promosso dal Bentivegna e dell'attentato di Agesilao Milano - Coniazione di una medaglia in onore di entrambi - Carmi di Del Re, di Laura Beatrice Oliva e dell'Imbriani in onore del Milano - Processi per apologia del regicidio. IV. Lettera del Manin favorevole a la dinastia di Savoia - La parte liberale e gli esuli si raccolgono intorno al programma del Manin - La Farina pub-

espulsione

II.

di

emigrati

Relazioni di alcuni

politici

esuli

il Piccolo Corriere cVItalia - Il giornale L^Indipendente - Adesione del La Farina al programma

blica


335

Manin

del

-

Fondazione della Società nazionale -

Molti esuli si ascrivono ad essa - Lettera del Cosenz - L'adesione di Garibaldi - Costituzione del comitato centrale e dei comitati provinciali - Estese relazioni

propaganda continua.

della Società e sua

V. Agi-

Napoli - Preparativi in Genova per una spedizione nel regno - Lettere del Cosenz e del Pisacane - Il Mazzini in Genova - Dissensi tra gli esuli

tazioni in

la spedizione - Giovanni Nicotera - Partenza della spedizione - Moti in Livorno ed in Genova - Notizia

su

dei disastri di Padula e di Sanza - Arresto ed espul-

sione di mazziniani - Protesta VI. Entusiasmo per la

degli

altri

esuli.

reale del 1859

discorso

il

e

per

guerra imminente - Concorso

cito e nei cacciatori

per

il

contegno

di

di giovani nell'eserAlpi - Dolore degli esuli

delle

Napoli -

Una

lettera di G. B. Ric-

Cavour con Poerio e Scialoia - Conquesti ultimi con il conte di Salmour -

cio - Colloquio di

ferenza di

Dissensi tra gli esuli - Manifestazione di quelli residenti in Toscana - Invito ad una adunanza in Torino -

Dichiarazioni del Poerio, dello Scialoia e di altri emigrati - La fine

Deliberazioni dell'adunanza degli

VII. Tenace lavorio degli emiLuigi Parente, grati per destare la rivolta nel mezzogiorno - Doloroso di

degli esuli

delusioni

-

Rapporti del console napole-

tano a Genova - Pratiche del ministro napoletano a Parigi presso il governo francese - Gli emigrati meridionali insistono per l' insurrezione delle loro Provincie di

Moto

aiutare

il

Palermo

comitato danaro per moto siciliano - Riunione degli esuli a Todel 4 aprile in

emigrazione a Genova

- Si

-

Il

raccoglie

Preparativi per una spedizione in Sicilia Vi prendono parte molti esuli - Emigrati della prorino

-

vincia di Salerno tra

i

ynUle.


336

I.

Il

7 febbraio 1853 giunse improvvisa a

Torino ed a Genova la notizia che schiere di popolani avevano, la sera precedente in Milano, trucidato

parecchie sentinelle austriache, assalita la

gran guardia ed eretto barricate in varie strade. I profughi lombardi

si

apprestavano a correre in milanese quando

soccorso della rivolta

si

seppe

Radetsky l'aveva prontamente domata, messo stato di assedio la città e mandato al patibolo

che in

il

i più compromessi. L'avvenimento sollevò un'onda di biasimo e di invettive contro il governo austriaco per gli atti

dodici tra

crudeli compiuti e contro

i

promotori dell'audace

sommossa, destinata evidentemente, per mancanza di ogni seria preparazione e di mezzi adeguati,

nuove vittime ed altri dolori. Le ire addensavano principalmente contro il Mazzini che, per eccitare la rivolta, era andato in segreto nel dicembre precedente a Lugano e non tornò solo a creare si

a Londra che nel maggio successivo parte

gior

dei

liberali perdette

creatore della Griovine

ranze

al

Piemonte.

(1).

La mag-

ogni fede

Italia e volse le sue

Anche

fidi

rei spe.

ed

mazziniani

uomini di azione come il Bertani, il Medici, Cosenz deplorarono il temerario tentativo. "

Jbssie

(1)

Whitb Makio,

tempi, pag. 195.

Il

Mazzini,

il

Agostino Saffi, il

Bertani

e

i

il

Il

suoi

Quadrio e l'Ago-

avevano poco tempo prima diretto, a gli italiani, in del Comitato nazionale, un manifesto violentissimo, esortava a la rivolta e a la guerra a coltello. E

stini

nome che

trascritto nella Gazzetta Piemontese del 10 febbraio 1853.


337

Mazzini quei

fatti,

abbandonato, dopo scrive la Mario da molti amici apertamente e da altri

tacitamente,

continuò

per

mesto, col cuore straziato,

mai

più

strada,

più

risoluto

che

(1).

La stampa lanese

sua

la

ma

per

moto miPiemonte che

retriva trasse pretesto dal insolentire

contro

il

dava sicuro ricetto a tanti esuli e cospiratori. Il governo sardo usciva allora da una contesa diplomatica con la Francia e con FAustria per l'ospitalità ad essi concessa. D D'Azeglio, presidente del consiglio dei ministri, aveva fieramente scritto

marzo del 1852 a Parigi che il governo piemontese non sarebbe mai addivenuto ad una

nell'8

politica di persecuzione contro

invano

il

i

fuorusciti

(2).

Ed

conte Buoi ministro degli esteri in Austria

aveva rimproverato, con nota del 13 luglio dello stesso anno, il governo sardo per le macchinazioni degli esuli. Parve però in questa circostanza a coloro,

i

quali dirigevano la politica piemontese,

che occorresse mostrare apertamente a opinione e specialmente a

biasimo del governo per

le

i

la

pubblica

governi stranieri

il

mene mazziniane, che

alienavano a la causa nazionale

le

simpatie della

stampa liberale estera ed accreditavano, per l'uso del pugnale avvenuto nella sommossa milanese, vecchie ed odiose leggende contro il buon nome italiano. Volle il governo sardo respingere ogni

(1-2)

Bianchi

N.,

Storia della diplomazia europea in

Italia, voi. VII, pag. 97.

22


338 solidarietà con

Uno

dannose agitazioni espellendo

più sospetti di favorirle

gli esuli

(1).

dei primi a subire lo sfratto fu Giovanni

Lacecilia, esule napoletano in Torino, che

pubblicato

febbraio, a

un manifesto

Milano, i

9

il

cittadini

ed anche

i

soldati piemontesi a correre (2).

febbraio vennero espulsi

e

fine paref3chi altri esuli,

tra

a Torino,

Benato

il

il

Grioli,

Pellatis,

aveva prime notizie di

incendiario con cui esortava

in soccorso degli insorti

Pietro Maestri,

le

il

il

Nello stesso mese di scortati

cui

Trenti,

Gattai,

fino

al

con-

Mauro Macchi, il il

Crispi, allora

Fortunato,

il

Altri sessantasei emigrati espulsi fu-

(3).

rono imbarcati a Genova per Nizza su la corvetta sarda S. Giovanni per andare in America (4); altri

venti con quattro donne e due bambini par-

tirono

il

maggio successivo per Malta su VEl-

ed

lespont (6)

altri

ventisei

vennero condotti a

Villafranca.

(1) Il

Giornale

n. 35, dice

:

ufficiale del

regno del 10 febbraio 1853,

governo decretò quest'oggi l'immediata quei pochi emigrati che abusarono dell'o-

« il

espulsione di

spitalità ricevuta ». (2)

Lacecilia, Memorie dal

1820

al 1876. Egli si ri-

fugiò in Svizzera. (3) Arrivarono a Nizza per Villafranca.

il

21 febbraio e proseguirono

(4) Crispi, / Mille, pag. 17. Il Crispi andò a Malta, donde venne espulso nel 18 dicembre 1854; quindi a Londra, poi nel 1856 a Parigi ove fu parimenti espulso dopo l'attentato Orsini. (5)

COM andini,

opera citata,

maggio

1853.


339

Continuarono in tutto l'anno

La

sfratti.

tra

primo ed

il

politici e

lafranca

(1):

(3).

operaio,

simo

arresti

Genova,

due settembre

il

mandava

li

novantasei

no 7

polizia arrestava, in

gli

e gli

notte

la

sedici emigrati

sul piroscafo Virgilio a Vil-

2 ottobre ne imprigionava

il

parecchi

(2),

Sedici di costoro,

in

Torino

gior-

appartenenti al

ceto

vennero imbarcati a Genova

piroscafo

sul

per Villafranca

Virgilio

altri

il

altri

mede(4):

il

12 ne furono espulsi molti altri in Valenza (5). Il 10 novembre il piroscafo Euridice, salpando da Genova con gli emigrati tratti in arresto nel

mese precedente ceri, raccolse

rimasti sino allora nelle car-

e

a Villafranca

altri

emigrati chiusi

nel lazzaretto, e continuò la rotta per per l'America

Nel dicembre 1854

(6).

sfrattava altri sessanta

emigrati,

Londra il

e

governo

che condotti

il

giorno 18 sul piroscafo Des Oeneys della marina regia sarda partirono per

Questi provvedimenti la parte le

liberale.

vicende

piemontese

di

La

New- York

"White Mario raccontando

quei giorni

arrestò,

(7).

esasperarono vivamente scrive

" Il

:

governo

imprigionò, sfrattò e cacciò

America con accompagnamento di infami calunnie gli uomini più insigni dell' emigrazione,

in

molti dei dei quali tivo

(1

erano astenuti

a 5) CoMANDiNi, Opera

COMANDINI, ivi. Opera citata, pag. 194.

(6-7)

(8)

si

dal

tenta-

(8).

citata,

date

corrispondenti.


340 II.

Nel corso del 1850 andava a Torino, come

ministro di Francia, Luciano Marat figlio del fucilato

Pizzo.

di

La

sua

presenza

nella capitale

piemontese suscitò negli esuli napoletani del breve

ma non

il

ricordo

inglorioso regno di Gioacchino

da esso lasciate nel mez-

e delle grandi simpatie

zogiorno d'Italia e rese più vive per la tragica fine del valoroso rie

ed

i

monarca e per

dolori che la seguirono.

varii esuli napoletani

lunghe mise-

le

Sorse allora in

idea di scuotere

l'

borbonico riponendo, per rimediare a

Murat

senti, la famiglia

i

il

giogo

mali pre-

sul trono di Napoli.

Gli avvenimenti successivi dettero colore e vita

a tale pensiero. In tutta TEuropa, massime in Inghilterra ed in Francia, le famose lettere del Glad-

stone avevano sollevato contro

governo di Na-

il

poli

una profonda indignazione, che crebbe

per

processi politici

i

continui

e

per

1'

di poi

ostinata

avversione di re Ferdinando ad ogni riforma.

La

proclamazione del secondo impero in Francia, la grande potenza che esso conquistò, la vigorosa reazione avvenuta

contro

il

francese verso

i

Borboni,

i

di Vienna nuovo imperatore

trattato

del 1815, la naturale ostilità del

rapporti affettuosi di

con i suoi congiunti Murat: tutto sembrava dover favorire il compimento di ciò che da prima era apparso come un sogno. Il 1° settembre del 1855 usci per le stampe a

lui

Parigi un opuscolo intitolato

Murat et

les

Bourbons,

il

La question

quale sosteneva

rosa convinzione dell'impossibilità,

Piemonte, di ridurre

l'Italia sotto

un

italienney "

la dolo-

da parte del solo scettro ^


341

e

quindi

per

le

la

come unica salvezza

convenienza,

provincie napoletane, di restaurare

non indicava

dei Murat. L'opuscolo l'autore

:

si

il

il

regno

nome

del-

seppe ben presto però che lo aveva re-

datto l'abruzzese Aurelio Saliceti già ministro di

1848 poi triumviro della repubblica in Roma. Narra il Nisco (1) che Napogiustizia in Napoli nel

leone

3°,

incaricò

volendo appoggiare il

suo parente Murat,

il

conte Arese di trovare un illustre napo-

letano per insegnare a

i

figli

del pretendente le

leggi, l'amministrazione e la storia delle cilie.

L' Arese ne avrebbe

scritto in

Due

Si-

Firenze al Sal-

vagnoli e questi a la baronessa Begani

la quale,

per

consiglio di Roberto Savarese ed altri esuli napoletani in Pisa, indicò

Saliceti che allora eserci-

il

tava l'umile ufficio di correttore di bozze in una tipografìa in Germania. Il barone

Giacomo Cop-

tempo in Firenze, chiamò il Toscana e lo indusse ad accettare la missione. L' ex triumviro prese dimora infatti a Parigi come istitutore dei due giovani ricusando pola, esule in quel Saliceti in

qualunque compenso per l'opera sua. L'opuscolo destò la più viva impressione nella diplomazia, nella stampa e tra gli emigrati, repu-

tandosi da tutti che esprimesse l'

veva da Parigi "

il

pensiero

imperatore francese. Giuseppe Montanelli il

(1)

(2)

al La Farina (2) Bonaparte ha spacciato

14 settembre

Tieni per sicuro che

il

delscri-

Opera citata, pag. 327. La Farina, Epistolario,

voi. l», pag. 544.

:


342 il

re di Napoli e data parola al Murat. Tutte le

segrete influenze napoleoniche saranno volte a far

prevalere

il

murattismo.

Lettere di autorevoli

persone da Torino a TUlloa in

vano che

Parigi

assicura-

pienamente favoal revole Murat, avesse affidato a i due proscritti napoletani Francesco Stocco, Griovanni Andrea Romeo e Luigi Mezzacapo di trattare con il

conte di Cavour,

gli agenti di lui e

che costoro avessero avuti se-

greti e ripetuti colloqui con

nevra

pretendente a Gi-

il

(1).

Sembrava a

gli esuli

cesso dell' impresa. Il

tenacemente

ostile,

La

ormai assicurato Farina,

scriveva

il

suc-

il

comunque ad

essa

16 settembre 1855

marchese di Torrearsa in Genova " So di positivo (e non credete ciò che possono dirvi in conal

:

trario)

che siamo alla vigilia di una restaurazione

murattiana a Napoli sia

E

(2).

il

giorno seguente

" Pare che Matteo Raeli in Malta convenuto fra i governi di Francia e di In-

scriveva

a

ghilterra di finirla

:

col

re

di

Da

Napoli.

parte

Murat si lavora attivamente a far nascere in Napoli un qualche movimento, che dia pretesto alle potenze occidentali di intervenire e di modi

strare all'Europa che

Murat prima

e che esse

il

non

popolo

di

Napoli vuole

l'impongono.

Quello che

impossibile, la

restau-

razione cioè di Murat col consentimento

dell'In-

(1) (2)

si

De La

sarebbe creduto

Sivo, opera citata, voi

Farina, Epistolario,

1»,

pag. 418.

voi. l», pag. 544.


343

un

ghilterra, è all'altro

può avverarsi da un giorno

fatto che

(1).

Daniele Manin, allora a Parigi, scorgendo in una restaurazione murattista un grave pericolo per

il

concetto unitario, inviò al Siede

15 set-

il

tembre 1855 questa dichiarazione che il giornale parigino pubblicò nel 20 successivo " Fedele alla :

mia bandiera Indipendenza ed

unificazione io re-

spingo tutto ciò che se ne allontana. rigenerata deve avere un e questi

Le

non può essere che

vibrate

il

parole dell'ex

dittatore

autorevoli per l'aureola che illustre di lui,

rivelavano

la corrente murattista

A

ed

Se

l'Italia

deve essere un solo re del Piemonte „ (2).

re,

il

di

Venezia,

circondava

il

nome

prof(3ndo contrasto tra

il

sentimento unitario.

dissipare tale impressione, attraendo nelle sue

Murat pubTimes del 24 settembre 1855 una lettera in cui diceva: " Dichiari il Piemente di inalberare

file

anche

i

fautori di questo, Luciano

blicò nel

bandiera dell'indipendenza e libertà d'Italia ed

la

mi obbligo non

non preparargli ostacoli, mio aiuto e l'aiuto di tutti quelli che la memoria del passato lega alla mia famiglia, giacche ciò sarebbe recare ad atto le idee di mio padre alle quali rimarrò sempre fedele,,. Nello stesso dì, in cui il Times inseriva la letio

ma

anche a

tera del Murat,

(1)

solo a

da,rgli tutto

La Farina,

il

il

giornale II Diritlo (3) pubbli-

ivi,

pag. 547.

Giornale II Siede del 20 settembre 1865. neri, opera citata, pag. 440. (2)

(3) Il Diritto,

anno

1855, n. 327.

Mai-


344

cava questa protesta di molti siciliani "

esuli

napoletani e

:

I sottoscritti emigrati politici delle

Due

Si-

conservando ciascuno l'indipendenza della propria opinione, si credono in debito di dichiacilie,

rare che siccome avversano l'attuale governo delle

Due

perchè incompatibile con la naziona-

Sicilie

litĂ italiana,

siasi

glio

per

la stessa

ragione avversano qual-

forma di governo che potesse costituirsi col fidi Grioacchino Murat e tanto maggiormente che

in tal caso quel regno diventerebbe indirettamente

una provincia

francese. Enrico Cosenz, Carlo Pi-

sacane, Tito Trisolini,

Q-iuseppe

Trisolini,

Griu-

seppe Virgili, Giuseppe Badia, Ignazio Rivarola, Graetano

Baiardi, zarella.,

Griordano,

Tommaso Lorusso,

Bonaventura Maz-

Carlo Romualdi, Fran-

Diego De BeVincenzo Carbonelli, Luigi Miceli, Ippolito

cesco Curzio, Federico Salomone, nedetti,

De

Riso,

Antonio

De

Blasiis,

Stefano Seidita,

Carlo Mileti, Giovanni Nicotera, Francesco Sprovieri,

La

Biagio Miraglia, Antonino Fiutino, Giovanni

Cecilia, Nicola Lepiane, Filippo Patella,

Ca-

millo Boldoni, Francesco Spedalieri, Crispino Vitale,

Salvatore Calvino, Francesco Campo,

Giu-

seppe Mustica, Rosalino Pilo, Gaetano Laloggia,

De

Guglielmo Diaz, Lorenzo Montemaior, Matteo Mauro „. Francesco

A

Sanctis, Francesco Giordano,

questa dichiarazione

si

associarono

stesso giornale Francesco Carrano, con

mandata da

la Certosa di Pesio (1)

(1) li Diritto, n. 231.

e

poi

una

nello

lettera

Giuseppe


345

del Re con lettera del 6 ottobre 1855 in cui ricordava che già fin dal 1850 aveva espresso tali sentimenti insieme con il Massari, con Raffaele

Poerio,

il

colonnello Oliva,

il

cav.

Caracciolo ed

Maddaloni (1), L' esule napoletano Francesco Trincherà diede a le stampe nello stesso anno 1855 un opuscolo, che ribadiva le idee del Saliceti, con il titolo La questione napoletana, Ferdinando Borbone e Luciano Murai (2). Nacquero aspre polemiche. Il La Farina scriveva il 31 ottobre da Torino " Qui tutta l'emigrazione al Ricciardi: napoletana è saltata addosso con gran furore al Trincherà e ne hanno fatto strazio. Dei siciliani non il

duca Proto

vi è

alcuno

di

che

parteggi

meno che

io sappia.

Murat ed

io vi dico, ciò

lo

avrà anche

ritenete

la

pel

pretendente,

al-

Ciò nonostante Napoli avrà

Sicilia.

che vi parrà incredibile, Si,

signore, cosi

è:

e

come notizie di ma come un fatto

queste mie parole, non

come supposizione, positivo, stava quasi per dire un fatto compiuto „ (3). Al Trincherà rispondevano molto vivacemente giornali e

Francesco De Sanctis sul Diritto (4) ed il La Farina nell'agosto 1856 con un altro opuscolo

(1) Il Diritto, n. 234. (2)

Pubblicato senza indicazione della tipografia. ToPresso la biblioteca V. E. di Eoma vi è una

rino, 18B5.

edizione del 12 ottobre 1856; forse fu

una seconda

zione. (3)

La Farina,

(4)

N. 237 del 1885.

Epistolario, voi.

l»,

pag. 567.

edi-


346 intitolato:

Murai

e

l'unione italiana (1) cui

stenitori del pretendente replicarono

so-

i

con un'altra

pubblicazione a Torino nello stesso anno

Luciano Murai. Molti esuli napoletani, in mezzo a tante

L' Unità

:

italiana e

polemicbe, preferirono del

D'Ayala

di

allora esule

figlio di lui, è riportata

tacere. in

e cosi vive

Nelle Memorie

Torino,

dal

scritte

integralmente la dichia-

razione degli emigrati napoletani e dopo di essa si

legge

:

"

Nella dichiarazione (che abbiamo in-

tegralmente trascritta) dominava pubblicano.

E Mariano D' Ayala,

il

pensiero

re-

pure avversando

Murat, reputò prudenza politica di astenersi da ogni manifestazione, di accordo con tutti gli amici che avevano preso parte al governo costituzionale del 1848 „. Il silenzio venne interpetrato il

come adesione a emigrati:

Antonio forti,

tra

la

cui

Scialoia,

candidatura Murat per molti il

barone Giacomo

Coppola,

Enrico Berardi, Raffaele Con-

Griuseppe Massari, Salvatore Tommasi,

Gen-

Giuseppe Pisanelli, Francesco Mazziotti, Girolamo UUoa, Luigi Mezzacapo, Francesco De Blasiis, Diomede Marvasi, Antonio Ciccone,

naro

Bellelli,

Raffaele Pirla, Luigi Dragonetti,

Damiano

Assanti,

Piersilvestro Leopardi, Ferdinando Petruccelli,

gelo

(1)

(2)

Camillo

De

Meis,

Giacomo Tofano

(2)

BuiNDi, 02J. cit, pag. 327. Cosi li indica il Pupino Carbonblli nel

bro Nicola Mignoyna, pag. 162, insieme con Francesco Stocco e Giuseppe Moccia. Anche il indica alcuni di essi.

i

Anche

suo

li-

Romeo,

La Farina


347 tutti o quasi

tutti

avevano fatto parte

del go-

verno o del Parlamento di Napoli nel 1848. Tacque

anche

Mancini

il

tista „

parimenti passò per murat-

(1).

Le Memorie mente

e

indicate accennano

che probabil-

venne a quelli esuli dal conte di Cavour; aggiungono anzi che l'eminente uomo di Stato piemontese da principio si mostrò segretamente favorevole a l'impresa consiglio dell'astensione

il

murattista e poi

sempre

a

mutò pensiero

avvenimenti

gli

ispirandosi

come

Si riteneva gene-

(2).

Cavour l'appoggiasse.

ralmente in

fatti

La Farina

rivolse direttamente a lui, con lettera

si

che

il

Il

10 settembre 1856 scongiurandolo a non se(3). Il di seguente l'esule messinese ebbe

del

condarla

conte

la risposta del

domani ad un

che

lo

invitava

colloquio (4) nel quale

il

per

l'in-

Cavour

gli

disse cosi: "

Ho

fede che l'Italia diventerà uno Stato solo

e che avrà

Roma

sia disposta a

per capitale:

ma

ignoro se essa

questa grande trasformazione, non

provincie d' Italia. Sono Sardegna e non posso, né debbo dire o far cosa che comprometta avanti

conoscendo punto

ministro

tempo

del

le altre

di

Faccia la società nazionale se mostreranno maturi per l'unità, io

la dinastia.

gli italiani si

(1)

re

La Farina,

Epistolario, voi.

:

lo,

pag. 566, lettera a

Ricciardi del 31 ottobre 1855. (2)

D'Ayala, opera accennata, pag.

(3-4)

La

223.

Farina, opera citata, pag. 22.

citata, pag. 347.

Buindi, opera


348

ho speranza che Fopportunità non si farà lungamente attendere ma badi che dei miei amici po;

nessuno crede

litici,

e che e

dell'impresa

possibilità

alla

suo avvicinamento mi comprometterebbe

il

comprometterebbe

che propugniamo.

causa

la

Venga da me quando

ma

prima di giorno e che nessuno la veda e nessuno lo sappia. Se sarò interrogato in Parlamento o dalla diplomazia, soggiunse sorridendo,

non

e dirò

vuole,

la

conosco

lo

La Farina cominciò tina prima dell'alba

rinnegherò come Pietro (1).

Da

allora

in

poi

il

Cavour ogni matsalendo nella camera da letto a vedere

il

una scaletta segreta. Documenti irrefragabili dimostrano che il conte di Cavour nell'animo suo non fu mai favorevole a le pretese del Murat. Il 22 marzo 1854 egli scriveva al conte Oldofredi, ministro del Piemonte di lui per

a Parigi: nici.

"

Tenete dietro a gli intrighi napoleodiretti specialmente in questi ultimi

Furono

mezzogiorno d'Italia. Il conte Pepoli, si fermò due mesi a Genova ove lavorò con Pepe (!) ed altri napoletani „ (2). Il Cavour inviava continui avvertimenti al governo inglese contro le mene dei fautori del pretendente. In una lettera al conte Corti, incaricato di aifari a Londra, esposti i progressi del partito mutempi

al

nipote del Murat

rattista

diceva:

"

In

presenza di

(1)

Chiala, Lettere di Cavour, voi.

(2)

Chiala,

litica

del

ivi,

pag. 296

1°,

pag. 365.

2o, n.

fatti noi

144.

Bianchi Nicomede,

conte di Cavour, pag. 107.

gio politico, voi.

tali

— Castelli,

La

po-

Carteg-


349 ci

troviamo in una posizione molto penosa. Egli non possiamo disporci a com-

è evidente che noi

battere

Marat ed

agiscano con

i

Francia, sopratutto se vera,

il

partigiani,

suoi

che sembra

l'appoggio e l'approvazione noi

della

ignoriamo l'opinione

pensiero franco e netto del gabinetto bri-

tannico su questa quistione tanto importante che delicata

(1).

Tofano narra che il Cavour fece sentire a i componenti del comitato nazionale che " la combiIl

nazione

murattista era la più funesta

fatale per l'indipendenza italiana

„ (2).

e la

E lo

più

stesso

Cavour scriveva al conte Oldofredi a Parigi 19 marzo 1857: " Non mi cagiona meraviglia sentire che la maggior parte degli emigrati lasci

il il

si

sedurre dalle lusinghe napoleoniche (a prò'

del Murat). Spero che gli italiani rimasti in patria

nutriranno

uomo

pensieri

altri

di Stato

tutti l'animo suo.

non poteva

(3).

non era concesso

Ma

a l'eminente

di manifestare

a

L'opera della redenzione italiana

iniziarsi finché l'Austria

occupava tanta

parte della penisola e predominava nel resto di essa. Unico, supremo obbiettivo, innanzi al quale doveva cedere ogni altro, era di scacciare gli austriaci dal Lombardo-Veneto e fiaccarne la prepotenza negli altri Stati italiani, A si grave compito non bastavano le forze del piccolo Pie-

(1)

Chiala, voi.

lettera n.

2°,

bre 1856, pag. 457. (2) Lettera a i suoi (3)

Chiala, opera

elettori,

citata^

CCCCLXII,

del 5 settem-

pag. 101.

voi. 2°, pag.

480.


350

monte, occorreva l'aiuto di una grande potenza non poteva essere che la Francia per

e questa

la tradizione napoleonica rappresentata dal

amico

imperatore, antico

sincero

nuovo

causa italiana,

della

Napoleone III vatrono, rinnovando i

1831.

cospiratore del

gheggiava di riporre primo impero,

fasti del

sul il

suo parente Murat

sarebbe stato stoltezza contrastare

l'uomo allora onnipotente di cui

i

si

:

e

propositi del-

bramava

l'al-

leanza. li Nisco riferisce che gli esuli favorevoli al Murat, prima di condurre a fine le trattative,

vollero

interrogare

Settembrini

e

gli

Poerio,

il

altri

lo

condannati

Spaventa, politici

il

che

trascinavano la vita nelle galere, e mandarono ad essi

un memorandum per mezzo

scilli,

il

di

Ferdinando Ma-

quale lo fece consegnare segretamente da

un medico

del

bagno

al Poerio.

anche dei compagni, rispose l'Italia cacciarsi in

mezzo un

"

Questi,

a

nome

essere esiziale per altro straniero, do-

versi riporre soltanto speranza e salvezza nella unità della nazione, possibile unicamente con Vittorio Emanuele. Ferdinando con la sua tirannia molto la facilitava, un re nuovo a Napoli la guasterebbe „. Uguale risposta davano Silvio Spaventa ed i suoi compagni nell'ergastolo di Santo Stefano (1).

(1)

Nisco,

pag. 342. — Castrombdiano, vonon indica il tempo in cui ciò avvenne.

o/>e?'a citata,

lume 2«>,pag. 37

e 38,

Il Settembrini nelle Ricordanze accenna l'avversione a la candidatura del Murat, ma non ad alcuna interrogazione

degli esuli in proposito.


351

Dopo

queste

ni.

Grli

declinò

dichiarazioni

r impresa murattista

rapidamente

(1).

esuli napoletani esultarono a la notizia,

giunta in Piemonte

il

9 dicembre 1856,

dell'at-

tentato di Agesilao Milano contro Ferdinando II.

L'avvenimento parve connesso

moto suscitato 22 novembre di una vasta co-

al

dal barone Francesco Bentivegna

precedente in

Sicilia,

ed inizio

del regno e nelle

nelle provincie

spirazione

il

file

dell'esercito (2), Varii proscritti siciliani, nell'inten-

dimento di apportare soccorso a i ribelli, corsero da a Genova ed altri partirono per Malta (3).

Londra

Le

mata

la

sommossa

Milano ed "

"

quando

speranze caddero

liete

il

e giustiziati

23 seguente

il

Immensa commozione

il

si

seppe do-

13 dicembre

il

Bentivegna. scrive

il

D' Ayala,

sacrificio eroico di

Pannunzio inaspettato del Agesilao Milano per vendicare

la patria oppressa.

Oggi, nella serenità del vivere

provarono

(l'i

La

gli esuli a

pratiche per la restaurazione murattista furono

D'Ayala narra nelle sue Memorie a pagina 223 che il Saliceti mandò a Napoli Giuseppe Moccia per preparare una insurrezioze a l'arrivo delle squadre francese ed inglese. Molti proclami furono diffusi nel regno di Napoli incitando l'esercito a scacciare il Borbone e a attivissime. Il

proclamare

il

Murat.

Il

liana pubblicò in Torino

giornale il

La

Corrispondenza

14 marzo 1857 uno di

tali

Ita-

ma-

nifesti. (2) Rapporto del regio incaricato di affari a Torino, del 20 dicembre 1856, al governo napoletano pubblicato dal GcARDiONB, opera citata, voi. 2", pag. 100.

(3) Ivi.


352 libero e sicuro, si esce fuori in dissertazioni morali

e filosofiche intorno all'assassinio politico e qual-

che fibra gentile ne sente ribrezzo i

dolori e

i

:

ma

allora, fra

una tirannide sanguinaria,

pericoli di

un sentimento

in ogni cuore italiano prevalse

di

ammirazione per quell'uomo il quale, obbedendo ad una voce forse ingannatrice della propria coscienza, offriva in olocausto la sua vita per

rare

i

tichità

anima

ribelle al servaggio „ (1).

emigrati politici meridionali promos-

Parecchi

sero la coniazione di cisa

libe-

Parve una figura maestosa dell'anche doveva entusiasmare di certo ogni

fratelli.

da un

al collo

e

una medaglia, su

lato la testa del

da

l'altro

il

laccio

l'immagine del Bentivegna

nell'atto di scoprire arditamente fucile (2).

cui fu in-

Milano con il

petto a

i

colpi di

Laura Beatrice Oliva moglie del Mancini

ed insigne poetessa, Griuseppe Del Re e P. E. Imbriani scrissero carmi in onore del Milano (3). Il giornale Vltalia e popolo ispirato dal Mazzini (4)

proclamò

il

19 gennaio 1857

figlio d'Italia: il

il

Milano

il

miglior

Dritto nel 29 marzo, accennando a

medaglia coniata in onore del regicida, scrisse che " fu fatta con nobile pensiero per raccomandare

la

(1-2)

(3)

D'Ayala, opera

citata, pag. 232.

Laura Beatrice Oliva, Patria ed Amore: Canti

lirici.

Del E,e furono stampati a Torino senza indicazione di tipografia. Versi di Paolo Emilio Imbriani. in Genova Bartolomeo Savi. Dirigeva il giornale (4) Lo scrivevano in massima parte Maurizio Quadrio ed AlI versi del

berto Mario.


353

quel valoroso alla memoria dei posteri zetta del

„ e la GazPopolo nel giorno successivo stampò che

fiero soldato calabrese "

il

del martirio

regicidio

Re

palma

promosse un proDel Re per apologia

regia di Torino

ed

cesso contro la Oliva del

la

„ (1).

La procura

mente

aveva ricevuta

;

i

il

due imputati vennero valorosaTofano (2). Il Del

difesi dal Pisanelli e dal

rinviato a giudizio innanzi la Corte di Assise

di Torino fu assolato da i giurati il 16 luglio 1857. Nel giorno 24 dello stesso mese la Corte di appello di Torino assolse da eguale imputazione

un

tal

d'Avanzo difeso dal

Pisanelli

dal Con-

e

forti (3).

IV.

La

politica ardita,

apertamente nazionale del

conte di Cavour aveva conquistato la maggior parte dei liberali italiani e degli esuli convinti ormai che solo

con

l'unione della monarchia

piemontese e

delle forze democratiche poteva compiersi la reden-

zione italiana. Daniele Manin, di Venezia, sacrificando

il

il

valoroso dittatore

suo antico ideale repubbli-

cano poneva nettamente con una lettera

tembre del 1855

le condizioni

dell' 11 set-

per l'appoggio della

parte democratica italiana a la dinastia sabauda,

scrivendo al Times

:

"

Accetto

la

monarchia purché Savoia purché

essa sia unitaria, accetto la casa di

essa concorra lealmente ed efficacemente a fare

(1)

De

(2)

D'Atala, opera

(3)

CoMANDiNi, opera citata, 24 luglio 1857.

Sivo, opera citata, voi. 1», pag. 459. citata, pag. 233.


354

a dire a renderla indipendente ed

l'Italia:

vale

una

no, no

:

se

„ (1).

Intorno a questa bandiera sollevata da Daniele Manin, cui prestò il più valido concorso Griorgio

cominciarono a raccogliersi

Pallavicino,

liberali

i

uno dei primi Giuseppe 1856 molti emigrati scris-

e gli esuli italiani, tra cui

La

26 aprile Cavour " Nel congresso di Parigi voi

Farina.

sero al

Il

:

vaste la voce in prò'

le-

nella coscienza

dell'Italia

del dritto e dovere che era in voi di rappresentarla.

bene

Fruttino o non fruttino quelle parole alcun alla patria

comune, noi

nostra

sottoscritti

emigrati delle varie provincie italiane ne rendiamo

ed

grazie a voi

governo del quale voi fate

al

parte. L'avvenire dimostrerà che voi faceste ogni

sforzo per evitare

che se

i

i

mah

di

una rivoluzione e

vostri detti erano liberi e generosi, erano

anche savi e prudenti „. Il La Farina fondò, nell'agosto del 1856, con parecchi amici

destinato

il

giornale

il

a propugnare

diffondere le notizie del

Piccolo Corriere le

idee del

movimento

d''

liberale.

periodico fece grande impressione anche poli e nella Sicilia

(2).

Il

29 maggio

Italia

Manin ed in

usci

a

Questo

Na-

un nu-

mero di saggio, il l'' giugQO il primo numero. Si stampava in carta velina per penetrare più facilmente da per tutto eludendo polizia.

'(1)

Nel dicembre

dello

la

vigilanza della

stesso

Pallavicini, Memorie, voi. 3°, pag.

mandò la dichiarazione al Valerio per (2) La Farina, Epistolario, voi. 2°,

anno (1856)

130.

Il

Manin

inserirla nel Dritto.

pag. 20.


355

usci

un

l'ex

deputato Gruglielmi, da lo Zappetta, dal La-

altro giornale, V Indipendente, fondato dal-

Del Re con questo programma " Fuori Italia una ed indipendente con Casa 10 straniero Savoia „. Si pensò di creare una grande società cecilia e dal

!

nazionale con numerosi comitati in tutte le parti della penisola e

si

die

mano

a raccogliere adesioni.

Manin scriveva da Parigi al Pallavicino: "Finora eravamo noi due, adesso abbiamo arrolato La Farina; tanto meglio; ma non basta, con11

viene trovarne

nuovo

Accettarono il concetto del uomini illustri ed esuli d'ogni

altri „.

sodalizio

parte d'Italia, tra vini, Grherardi,

i

quali

il

Tecchio, Bianclii Grio-

Mamiani, Ulloa, Petruccelli, Inter-

donato, Genelli, Montanelli, Sirtori, Foresta,

maseo, Malenchini,

Macchi, G-iuseppe Biancheri,

E

successivamente

tore

Tommaso

Villa

esuli napoletani:

gli

Tom-

Campello, Sterbini,

G-uerrieri,

(1).

Salv^a-

Tommasi, Francesco Carrano, Pier Silvestro

Leopardi, Duca di San Donato, P. E. Imbriani,

Mezzacapo, Enrico Cosenz, Giacomo Tofano, Giuseppe Pisanelli, P. S. Mancini, Cesare

Carlo Oliva

(2).

Quasi

tutti

gli

esuli

napoletani,

tenaci fautori

del Mazzini,

gramma

Società

una

della

lettera del 6

meno

sottoscrissero

Nazionale.

giugno 1856

Il

pochi il

pro-

Cosenz, in

al Pallavicino, di-

(1)

Salazaro, opera citata, pag.

(2)

Maineri, opera citata, pag. 292, lettera del Pallavi-

cino al

lume

Manin

3°,

7 aprile 1857.

pag. 384.

11.

— Pallavicino, Memorie,

vo-


356

completamente il concetto di stringersi attorno al Piemonte confidava però anche nelle forze della rivoluzione e sperava che

chiarava di accettare

;

questa sorgesse nell'Italia meridionale

Ad

aumentare

(1).

le file degli ascritti a la Società

Nazionale valse l'adesione di Giuseppe G-aribaldi, che ebbe una influenza decisiva su gli uomini di azione del partito. Il valoroso nizzardo, reduce

da breve tempo in Italia, era rimasto dolente e disgustato del moto milanese del 6 febbraio ed aveva pubblicato, il 4 agosto 1854, neWItalia e " Siccome dal Popolo una lettera in. cui diceva mio arrivo in Italia or son due volte che io odo a dei movimenti inil mio nome frammischiato surrezionali che io non approvo, credo dover mio manifestarlo e prevenire la gioventù nostra, sem:

pre pronta ad affrontare zione della patria, di

non

i

pericoli per la redenlasciarsi cosi facilmente

trascinare dalle fallaci insinuazioni di uomini in-

gannati o ingannatori che, spingendola a tentativi intempestivi, rovinano, od almeno screditano, la nostra causa „ (2).

In seguito ad un colloquio con Felice Foresta circa gli intendimenti della ÌSocietà Nazionale che si

intendeva formare, G-aribaldi dette la sua comcon lettera del 5 luglio 1856 al

pleta adesione

(1) Il

GuABDiONE, nel suo libro:

senz, riferisce, a pag. 2B e seguenti,

Il generale Enrico Codue lettere del Cosenz

al Pallavicino. (2)

CiAMPOLi,

pag. 76.

/Scritti politici e militari

di G. Garibaldi,


357

Pallavicino

(1),

ed

il

giorno 13 agosto ricevuto dal

conte di Cavour usci dal convegno gongolante di

chiamando

gioia e Il 1°

il

gran ministro amico suo

agosto del 1857, raccolte

le

(2).

più larghe e nu

-

merose adesioni, venne pubblicato e diffuso il programma della Società Nazionale (3). Il 27 seguente una importante adunanza di soci elesse a presidente

il

Pallavicino, vice-presidente Garibaldi, se-

La

gretario

Farina,

e

costituì

un comitato di metà

trenta componenti, metà piemontesi e l'altra

di altre provinole italiane, appartenenti a tutte le

condizioni sociali, compreso anche qualche artigia-

no

Il

(4).

Comitato centrale aveva sede in Torino

a la via Goito, n. 15, ove abitava

il

La

Farina, anima

(5), ed era in corrispondenza con trentasei comitati provinciali, posti in Genova,

Società

della

Sarzana,

Vercelli, altre

Sardegna,

(1)

Acqui,

Savona,

del Piemonte,

città

con comitati

della segreti

Pallavicino, Memorie, voi.

S»,

Arena ed

in

Liguria e della nel

Lombardo-

pag. 269.

Ciam-

POLi, G. Garibaldi, scritti lìolitici e militari, pag. 77. (2)

Mainkri, opera citata, pag. 172.

morie, voi. (3) (4ì

dopo

La La il

3o,

— Pallaticino, Me-

pag. 295.

Farina, proemio a V Epistolario, pag. Lxxin.

Farina, Ejnstolario, voi. 2», pag. 66. Un mese 22 settembre moriva in Parigi il Masnin in età

Tommaseo, il Tecchio e Carlo Mezzacapo promossero in Torino una sottoscrizione per onorarne la memoria. (5) De Sivo, ojyera citata, pag. 464. Questo scrittore dice che la Società comprese da prima novantaquattro di 53 anni. Il

persone.


358

Veneto, nel Friuli, nel Trentino, nei Ducati, in To-

Marche ed

scana, nelle Legazioni, nelle

e con la parte liberale napoletana

in

Roma (1),

per mezzo di

Ferdinando Mascilli (2). Il Piccolo Corriere d'Italia divenne il giornale della nuova Società, che acquistò vive simpatie presso il governo ed il popolo piemontese (3). IV. Negli ultimi mesi del 1856 e nei primi dell'anno successivo frequenti lettere dal regno di Napoli a gli esuli in Piemonte assicuravano imminenti sommosse (4). Vi si narrava di continui manifesti rivoluzionari,

su

affissi

le

mura

nella

dal

ponte

capitale, di coccarde tricolori lanciate

di Ghiaia

della

e

Sanità nelle

vie

delle insistenti acclamazioni nei

e

di

una

clamorosa

strada di Toledo Si

sapeva

che

il

in

dimostrazione

Verdi

al

fatta

nella

del 1857 (5). due comitati segreti

giovedì santo

Napoli

fomentavano l'agitazione in

sottostanti,

teatri

:

l'uno, detto delVordine,

corrispondenza della Società Nazionale, distri-

buiva da ispirato

per

tutto

dal Mazzini,

il

Corriere;

Piccolo

l'altro,

apertamente repubblicano,

(1)

La

(2)

NiSGO, opera citata, pag. 324.

Farina, EpisMario, voi.

1°,

pag. 56.

La

Farina, Epistolario, voi. l», pag. 40. scriveva da Torino, il 6 agosto 1856, « Le notizie che mi giungono da Napoli e al Ricciardi (B)

(4) Il

La Farina :

mi fanno presagire prossima una rivoluzione gagliarda » {Epistolario, voi. 2°, pag. 18). Anche il Mordini scriveva, nel 1857, al Fabrizi che si avevano buone notizie da Napoli {Rivista di Roma, anno 2o, fase. 30). Sicilia

(5)

Nisco, opera citata, pag. 360.


359

acquistare larghe aderenze nelle

ad

era riuscito

specialmente

Provincie,

di Basilicata.

sopravvenne avvenimenti

Ad lo

Salerno e

di

maggiormente gli animi di due gravi e misteriosi

la notizia :

in quelle

eccitare

scoppio della polveriera presso

avvenuto il 17 dicembre 1856 e la esplosione nel 4 gennaio successivo della fregata Carlo III che si apprestava a portare armi e mula

reggia

nizioni in Sicilia

Tra

l'attesa, e si

spedizione

era viva

regno in soccorso della sperata Nel luglio del 1856 il Cosenz scri-

Pallavicino

al

Genova

raccoglievano armi e denari per una

nel

insurrezione.

veva

(1).

emigrati napoletani a

gli

:

disposta a muoversi ficiente di armi;

"

La

meridionale

parte

è

qualora non sia affatto de-

non fuvvi mai opportunità mi-

gliore di questa; le necessarie pratiche sono già

Garibaldi è

iniziate,

ha già

i

vapori

tutti accettano

il

li

ha

trovati

ed

adatti

programma: unificazione ed

indipendenza della patria il

e

promotori

caldi

i

scopo: però armi e denaro sono indispensa-

allo bili,

v'sitati

fra

„ (2). Il

15 agosto 1856

giornale Italia e Popolo iniziava la

sottoscri-

zione per l'acquisto di dieci mila fucili destinati a la

prima

contro

il

provincia italiana

comune nemico

(1)

De

(2)

White Mario, opera

che fosse insorta

(3).

Sivo, opera citata, pag. 429. citata, voi.

Maineri, opera citata, pag. (3)

Cadolini, opera citata, pag. 267.

lo,

pag.

224.


360

Tra

ed

più ardenti

i

operosi nei

preparativi

erano Carlo Pisacane o Rosalino Pilo, i quali in una lettera al Bertani, scrivevano il 24 settembre

1856 che

:

accordi

gli

erano

stati

presi,

capo

doveva essere Garibaldi e che le ventimila lire promesse da Adriano Lemmi dovevano servire per il noleggio di un piroscafo, della spedizione

armi e per i marinai (1). lì Pisacane infervorava a Fazione con un giornale clandestino apertamente repubblicaDO intitolato: La lìbera pa-

per

le

rola

(2).

L' arrivo

Mazzini

del

Genova

a

del 1857 dette potente impulso a

nelP aprile

tali pratiche. Il

grande agitatore, nascosto in Genova da

l'aprile

1857, sosteneva le condizioni del-

a l'agosto del l'Italia propizie

a l'iniziativa e che bisognava cre-

dere e tentare. Si sussurrava allora che in Marsiglia

si

stava allestendo una grande spedizione per

riporre sul trono

Murat

i

a sventarla

(3);

il

Maz-

ed i suoi amici ritenevano di estrema urgenza un tentativo risolutamente unitario e repubblicano. L'apostolo della Giovane Italia con zini

lettere

infuocate

comitato dei

al

Napoli e particolarmente

rompere

(1)

gli indugi,

White Mario,

al Fanelli,

mentre

ivi,

suoi amici di

i

incuorava a

suoi corrispondenti

pag. 225.

Il Pilo, in

una

lettera

20 gennaio 1857 a Fabrizi, accenna a raccolta di danaro, di munizioni e di fucili. Rivista scritta

di

da Genova

Roma, anno

il

2°, fase.

14.

(2)

L'ultimo numero uscì nel febbraio 1857.

(3)

Nisco, opera citata, pag. 351.


361

confessavano ancora non bene preparato

ter-

il

reno.

emigrati invece, anche

Molti

appartenenti

al

partito d'azione, sconsigliavano risolutamente l'im-

Giacomo Medici diceva a

presa. "

White Mario

la

che egli ormai nulla sperava dalle cospirazioni

o da tentativi

che per combattere

isolati, e

i

grossi

armate potenti ci volevano flotta ed (1). Agostino Bertani si manifestò cosi

eserciti e le

esercito „

recisamente contrario che da allora lo tennero da parte ed a l'oscuro di tutto

massime

letani, i

quali

Gli esuli napo-

(2).

quelli della provincia di Salerno,

come

conoscevano

la

parte

di

liberale

essa fosse avvilita per le condanne, per le carcerazioni e per l'esilio di molti,

non tacquero

il

curo insuccesso. Vincenzo Sprovieri, esule scriveva da

provincia di Cosenza, brizi

pochi

giorni

dopo

la catastrofe,

ziali,

Lo

non averlo apparecchiato

tentoni

e

contava su

anche persuaso

di

l'

quanto mi

si

White Mario, White Mario,

in

il

Faten-

verun modo.

persuaso che

si

andava a

impreveduto. Cosenz era

questa mancanza e una sua

lettera sequestrata presso la

(1)

al

cioè nella cattiva scelta del luogo di sbarco

stesso Pisacane era

per

"

due cose essen-

tativo bellissimo in sĂŠ, pecca,va in

e nel

Genova

si-

della

dice,

opera

compagna

conferma

citata,

di Pisacane,

le

sue parole.

pag. 234.

Il Medici scriveva il 20 settembre 1856 da Genova a Garibaldi contro i preparativi mazziniani per un altro tentativo rivoluzionario (CoMANDiNi, opera citata, detto giorno).

(2)

ivi,

pag. 242.


362

De Dominicis,

Mazziotti, Carducci

(J.)

ed

altri, fin

momento che seppimo essersi scelto per luogo di sbarco, dubitammo dell' esito

dal primo

Sapri

ognuno può facemmo questi

dell'impresa e

attestarvi che

dell'esito noi

discorsi

„ (2).

prima .

non valsero a rimuocompagni e più di tutti il Mazzini dal fiero proposito. Era accorso da Torino per prendere parte a la spedizione, un giovane calabrese dal colorito olivastro, da i capelli neri e ricciuti, da gli occhi sfavillanti, Giovanni I consigli e le esortazioni

vere

Pisacane e

il

i

suoi

Mcotera. Questi avea combattuto in Calabria nei moti del giugno 1848, per i quali era stato con-

dannato in contumacia a venticinque anni di ferri. Fuggito a Malta, di là a Cor fu e poi a Roma aveva preso parte a la difesa della repubblica. Entrati

i

Roma

francesi a

egli si

sfratto

Due

a restare nella città

Sicilie,

dato

a

ostinato, no-

era

nostante lo

emigrati

gli ;

ma

delle

la polizia^

4 dicembre 1849 insieme con Benedetto Musolino, Luigi Miceli, Achille Mauri ed altii pochi, li aveva condotti a Civitavecchia e li aveva fatti imbarcare su un piroscafo diretto trattolo in arresto

a Marsiglia.

con

i

suoi

Il

il

Nicotera sceso invece a

compagni

si

Genova

era recato a Torino

(3),

(1) Giovanni Carducci, fratello di Costabile, trucidato per opera del prete Peluso, nel 5 luglio 1848 in Acqua-

fredda. (2)

Lettera del 4 agosto 1857, Rivista di Roma, anno

2",

fase. 85. (3)

White Mario, In memoria

BiLOTTi,

La

spedizione di

di Giovanni Nicotera.

Sapì% pag.

426.


363 ivi

sostentando

con

la vita

il

copiare carte giudi-

ziarie nello studio forense del

Sono note

le ansie,

terribili incertezze

e

non

tenza

è si

le

Mancini

(1).

dolorose alternative, le

che precedettero

la

spedizione

mio compito narrarle

(2).

dovette ritardarla:

Pisacane sfidando

un grave

il

Fissata la par-

in Napoli ad avvertire 25 giugno egli ed i suoi compagni, tra cui principalmente il Nicotera ed il Falcone, salirono sul Cagliari, si impadroD irono del gli amici:

pericolo corse

finalmente

il

piroscafo e lo diressero a Ponza,

Arrivata a Genova la notizia del successo tenuto a Ponza, giusta gli accordi presi da

i

ot-

con-

il giorno 30 giugno una sommossa in Livorno, prontamente repressa, e bande armate assalirono in Genova la notte del 29 l'ar-

giurati, fu tentata

senale ed alcuni forti della città con l'intento di

provvedersi di armi e di munizioni e partire sul piroscafo Carlo Alberto per Napoli. Questo disegno

venne a conoscenza del comando militare il Mazzini informato di ciò diede un contrordine, ma questo non arrivò a tempo ed un conflitto avvenne al forte Diamante. Pochi giorni dopo si seppe la tragedia di Padula e di Sanza e la fine atroce del Pisacane, del ;

(1) Ulrico

White Mario, Pikrantoni-Mancini, libro citato. pag. 3. Il Nicotera aveva lasciato in Torino

citato,

la giovine,

che amava, Gaetana Poerio,

Raffaele Poerio, la quale poi sposò dopo assistito nell'ultima malattia (2) Il

il

figlia del il

generale

1860. Egli

aveva

Poerio a Torino.

lavoro più completo su questo splendido tema è

quello del Bilotti, già citato.


364

Falcone

e

molti

di

loro

seguaci,

l'arresto

Nicotera trascinato sanguinante in Salerno. zini e gli

essi Il

la notte del

ed

i

iniziò

29 giugno ed arrestò molti di

loro complici tra cui la "White Mario

Mazzini sfuggi a tutte per

Londra.

Il

(1).

le ricerche della polizia

tenendosi nascosto finché potette, tire

del

go-

un processo contro Ma autori dell'attentato commesso in Ge-

verno piemontese

nova

Il

giorno

8

la

il

27 luglio, parpolizia arrestò

Alberto Mario che ottenne di partire anche egli

per r Inghilterra. Rosalino Pilo fuggi da G-enova

30 giugno per non cadere nelle mani dei gendarmi e riparò a Malta e dopo nel giugno 1858 a Londra insieme con il Fanelli (2). Gli arresti il

e le espulsioni continuarono per parecchi mesi. Il 25 agosto in Genova la polizia arrestò molti esuli,

nel 5

manBonghi marchese Monte

espulse gli emigrati Acerbi

ottobre

tovano, Francesco Curzio napoletano

romagnolo, nel 24 novembre

mayor

il

e

(3).

Queste

persecuzioni indignarono fortemente

liberali contro

il

i

governo piemontese. Gustavo Mo-

dena, l'insigne artista, fervido mazziniano, diceva

(1) Arrestata il 3 luglio e condotta nel carcere di S. Andrea (opera di essa citata, pag. 244) la Mario fa poi, in seguito ad ordinanza del magistrato del 13 novembre,

messa

in libertà.

Paolucoi G., Rosalino Pilo, Meviorie e documenti dal 1851 al 1860 {Archivio storico siciliano, anno 24, pagina 223). (2)

(3)

CoMANDiNi, opera citata, date corrispondenti.


365 "

sdegnosamente:

Meglio

il

giogo del tiranno

di-

chiarato che la finta libertà delFumile servo del

2 dicembre

„ (1).

Genova, accorati di si i loro compagni, pensarono di presentare al Parlamento ed al conte di Cavour un indirizzo per manifestare " come la sventura non avesse infiacchiti gli Gli

a

residenti

esuli

provvedimenti contro

severi e gravi

animi e quanto l'emigrazione fosse gelosa della dolente

propria dignità e stata trattata

Il

(2).

modo onde

del

era

Bertani raccolse alcuni di

sua per intendersi su una provenne redatta da Emerigo Amari; ma nacquero dissensi su la forma che alcuni volevano essi

casa

in

testa che

assai più vivace.

Fu

dato incarico

al

D'Ayala, che

trovavasi temporaneamente in Genova, di sentire

compagni di Torino. In seguito a questi il D'Ayala scrìsse a Michele Amari proponendo, anche a nome di altri, qualche mutamento a lo schema d'indirizzo per attenuarlo ma ciò non piacque a gli emigrati di Genova. Il

i

loro

colloqui

;

Bertani, indignato di questi indugi, pubblicò nelVltalia del popolo del 10 ottobre

una

lettera

aspra e la protesta letta in quell'adunanza

(1)

Whiie Mario,

per erronee stificati.

ojìera

citata,

molto (3).

pag. 244. Vi furono,

informazioni dei governatori, sfratti ingiu-

La stampa amica

del

governo ed

il

governo

stesso riconobbero l'errore. (2)

D'Ayala, opei'a

(3)

White Mario,

pag. 237.

citata, pag. 236.

ivi,

pag. 25.

D'Ayala, opera

citata,


366

VI.

Una

correva

il

d'ogni parte d'Italia ac-

folla di esuli

10 gennaio del 1859

al

palazzo Cari-

gnano per assistere a l'inaugarazione della nuova sessione legislativa. L'attesa era vivissima: risuo-

navano ancora come uno squillo di guerra le famose parole rivolte nel ricevimento ufficiale del capodanno da Napoleone III al barone Hùbner, ambasciatore austriaco a Parigi.

Emanuele con voce

rio

la storica frase:

di dolore che

me

alta e vibrata

Non sono

"

Allorché

da tanta parte

Vitto-

pronunziò

insensibile al grido

d'Italia si eleva verso

commozione degli animi. Quelle „ una lunga e tormentosa compendiavano parole di

proruppe

la

serie di sventure e di affanni e la fede gagliarda

in giorni migliori!

Uno

dei proscritti presenti al

memorabile avvenimerito, ha scritto " fu un delirio stupendo, una ebbrezza di gioia (1). Noi poveri non tentaesuli ha narrato il Massari vamo neppure di asciugare le lagrime che copiose ed irrefrenabili ci sgorgavano dagli occhi e battevamo freneticamente le mani a quel re che pensava a i nostri lutti e ci prometteva una patria „ (2), Le liete speranze crebbero quando si seppe vagamente del trattato di alleanza, sottoscritto il giorno 19 in Torino tra il Piemonte e la Francia,

e

si

il giorno 29 successivo le nozze Maria Clotilde con il principe

celebrarono poi,

della principessa

(1)

D'Ayala, opera

citata,

pag.

246.

La Farina,

Epistolario, voi. 2», pag. 112, lettera dell'll gennaio 1859

Carrano, L'Italia dal 1789 (2)

Vita di V. E., voi.

l»,

al

1870, voi.

pag. 366.

4o,

pag. 288,


367

Napoleone.

A

Torino ed a Genova

che accompagnavano

gli sposi

"

Cavour

re e

il

ebbero una ova-

zione inaspettata, insuperabile, farono festeggiati, applauditi, idoleggiati perchè stavano per sguaila spada contro lo straniero a prò dell'indipendenza italiana „ (1). A i giorni di fervido entusiasmo altri seguirono di profondo scoramento per le pressioni di

nare

governi stranieri a favore della pace, per poste di disarmo e di

le

pro-

un congresso europeo, per

le

incertezze e le esitanze dell'imperatore dei fran-

Però, anche durante quell'angoscioso periodo, Piemonte si apprestava a la guerra nazionale, ed il re invitava il 23 febbraio G-aribaldi a Tocesi.

il

rino per l'istituzione dei

Un

richiamava da ogni parte accorrevano giovani animosi ad ins(;ri-

Appennini.

degli

sotto le

armi

d'Italia

delle Alpi e

cacciatori

decreto

reale

contingenti: quasi

i

versi nell'esercito regolare e vecchi soldati

difesa di

Roma

e di Venezia tra le

file

della

di G-ari-

baldi.

Gli esuli del mezzogiorno scorgevano con pro-

fonda amarezza che esso non cosi

generosa

gara, a

prendeva parte a

tanto fremito di patriot-

Uno di essi, Gacomo Tofano, ha scritto Per noi dell'emigrazione napoletana fu un mo-

tismo. ^

rire di crepacuore,

:

stando in Torino o in quelle

Provincie piemontesi, lice

(1)

il

vedere che

il

nostro infe-

paese non dava segno di vita durante la guerra

White Mario,

opera

citata, pag, 318.


368

dell'indipendenza!

„ (1).

arrivavano da Torino,

In

lieti

delle accoglienze rice-

vute e del ritorno nella patria rio

ed

i

infinito

appunto

quei giorni

diletta,

Carlo Poe-

compagni e anclie essi vedevano con sgomento il niun concorso di giovani del suoi

mezzogiorno a

la

guerra di liberazione.

Uno

di

quei proscritti, Giambattista Riccio, anima di soldato, capo di

una colonna insurrezionale nei moti

del Cilento del 1848,

20

aprile

nelF Opinione

rivolse,

1859 un indirizzo a

i

rate le accoglienze trionfali ricevute a

durante

il

viaggio, egli diceva

:

"

del

napoletani. Nar-

Londra e

Ci duole che nella

nobile e commovente gara di quasi tutta la gioventù italiana affluente in

Piemonte per aiutare

rosi sforzi di questo italiano governo, noi

i

gene-

non

vi

abbiamo veduto ancora i giovani nostri concittadini. Sappiamo o fratelli che non è vostra colpa, sappiamo che costà non vi ha penuria di anime generose, sappiamo quaPè la causa che arresta i vostri passi

(2),

ma

è probabile che questa causa

danque pronti al prin::> onde non accada che i nemici d'Italia abbiano a rimanere digiuni dei colpi dei napo-

ben

tosto cesserà. Tenetevi

appello,

letani „.

Parecchi file

emigrati

dei volontari con

guerre

nelle

nei

i

gradi, che

moti

avevano avuti

insurrezionali

prece-

Fecero parte del corpo dei cacciatori delle Carrano come capo dello stato maggiore,

denti.

Alpi

o

napoletani entrarono nelle

il

(1)

Lettera citata, pag. 159.

(2)

Non

8i

comprende a quale causa

alluda.


369

Oosenz come colonnello del 1° reggimento, il quale si formava a Cuneo (1) e nel quale militavano da tenenti Francesco Sprovieri, Vincenzo

il

Dono, Stefano Mollica erano

stati tra

Angherà con

i

il

(2)

e

Giuseppe Pace, che

deportati di Cadice, e Francesco

grado di capitano

(3).

Fecero parte invece dei cacciatori degli Appennini Girolamo Ulloa

come maggiore generale (4), colonnello, Edoardo Gae-

Camillo Boldoni come tani,

Romeo

e G.

Sarnelli, Cipollino ed

Riccio passò

Il

il

B. Riccio

(5)

quali capitani,

Enrico Poerio come tenenti (6). 1° ottobre

1859 a la seconda (7). Luigi Mezza-

brigata dei cacciatori delle Alpi

capo venne nominato, con decreto del 6 maggio

maggiore generale, suo fratello Carlo coentrambi nel 2° corpo di esercito dell'Italia centrale (8). Felice Barone di Eboli ebbe 1859,

lonnello,

(1) Il

secondo era comandato dal Medici.

(2) Il

Mollica andò poi come chirurgo maggiore nel-

l'esercito dell'Emilia. (3) Si

dimise

il

30 giugno 1860 per raggiungere Gaprecedentemente

ribaldi in Sicilia (opuscolo dell' Angherà

seconda edizione, Napoli, tip. Prete, 1867). Decreto reale 25 aprile 1860. L'UUoa ebbe poi l'incarico di organizzare l'esercito toscano. (5-6) De La Varennes, Les cJiasseurs des Alpes et cìes Apennins. citato, (4;

(7)

Suo stato

(8) G-li

di servizio.

esuli napoletani e siciliani

in

Toscana fecero

una sottoscrizione a beneficio del secondo corpo di armata dell'Italia centrale e mandarono la somma a Firenze. Erano sottoscritti Tupputi, Bellelli, Vincenzo Dono,

De

Blasiis ed altri {Opinione del 5 24

giugno

1859).


370 il

grado di maggiore

nell'esercito

piemontese e fu

addetto a l'intendenza militare.

Finalmente venne il giorno cosi lungamente at23 aprile arrivarono a Torino due uffi-

teso. Il

ciali superiori austriaci latori

delV ultimatum, cui

Cavour rispose il giorno 26 con un reciso diniego: il 29 l'esercito austriaco passò il il

conte

di

Ticino e nello stesso di giunsero a Torino

ciando

i

loro

una prima

Le

principi.

forze

alleate

vittoria a Montebello

però ingrossavano

le

i

Modena

dati francesi ed insorsero Firenze e

il

sol-

scac-

ebbero

26 maggio:

truppe austriache, in

modo

da far temere una sconfìtta degli eserciti alleati che avrebbe forse per sempre perduto la causa italiana e il generoso Piemonte. La mente del conte di Cavour era dominata dal pensiero di apportare un nuovo e potente contributo di armi attraendo nella guerra contro l'Austria il regno di Napoli, che aveva dichiarata la sua neutralità (1). In quei giorni, il 22 maggio, era morto Ferdinando II: il governo sardo, confidando che il nuovo principe dovesse, massime dopo il primo successo degli alleati, mostrarsi

meno

alieno del

padre da la desiderata alleanza, pensava di inviare al giovane sovrano, per richiederla, un ambasciatore straordinario

(1) Il

(2).

Canofari ministro napoletano a Torino

comu-

nicò la neutralità al governo sardo con nota del 4 maggio 1859. (2)

Questa alleanza

emigrati napoletani.

si

Uno

desiderava vivamente da molti di essi,

il

duca

di

San Donato


371 Il

conte di Cavour volle su questa missione udire

l'avviso di Carlo Poerio allora tornato

da Londra

e di Antonio Scialoia. Essi, scrive Carlo

De

non avere alcuna

risposero di

ma che,

utili

buon

governo piemontese riteneva quelle trattative, avrebbero fatto volentieri

risultato,

il

Cesare,

fiducia nel

se

il

sacrifìcio delle loro opinioni

per vedere liberata

la patria dal dominio straniero (1). Il presidente

del consiglio, persistendo nel suo

disegno, affidò

Salmour che tenne in Torino un lungo colloquio con i due esuli napoletani e l'incarico al conte di

parti per Napoli il

il

Massari presente

nizzi a

Londra:

"

scellerata dinastia,

opportuni ed

Le

26 maggio. al

Il

giorno seguente

colloquio scriveva al Pa-

Noi, cosi bistrattati da

abbiamo dato

i

quella

più

consigli

efficaci a salvarla „ (2).

pratiche del governo

piemontese con

il

re

di Napoli suscitarono fiere doglianze tra gli esuli

meridionali, cui

la

lunga

esperienza

insegnava

che ni una fede poteva ormai prestarsi a la dinastia dei Borboni

Piemonte l'unità

aveva

che l'alleanza

e

avrebbe

italiana.

scritto

Si

di

questa con

il

un grande ostacolo a reputò opportuna una adu-

creato

16 aprile 1859 a Francesco, allora prin-

il

cipe ereditario di Napoli, esortandolo ad adoperarsi per l'alleanza con

dipendenza.

Il

nel suo lavoro

il

regno di Sardegna

GuARDtONE pubblica II

Dominio

nella la

guerra

lettera del

dei Borboni, ecc., voi.

di in-

duca

2°,

pa-

gina 122. (1)

La

tempi e le opere di Antonio Scialoia, Massari, Vita di V. E., voi. 2», pag, 27. Lettere ad Antonio Panizzi, pag. 312.

pag. 106 (2)

vita, i


372

nanza degli esuli residenti in Torino per concretare una manifestazione concorde interpellando anche i loro compagni dimoranti in altre città. Il Mancini, postosi a capo del movimento, si diresse a gli esuli lontani da Torino. Per quelli stabiliti in Firenze si rivolse al barone Mazziotti che aveva frequenti rapporti con loro per mezzo di suo genero Francesco De Blasiis. Il 28 maggio il Tupputi, il Mazza, il Bellelli, il Giardini, il De Blasiis mandarono al Mazziotti, per comuni-

un

carlo a gli esuli di Torino,

esortavano

le

"

popolazioni napoletane di concor-

mezzo

rere con ogni

presa di liberare

la

niera dipendenza

Avute Cordova,

Piria,

tino diressero invito

:

"

il

patria da ogni stra-

(1).

il

Mancini,

il

il

Leopardi,

Tommasi ed Antonino

1 sottoscritti,

il

Plu-

compagni questo nelF intento di preparare una

giugno a

i

loro

riunione generale dell'emigrazione delle

Due

Si-

per consultare di comune accordo intorno a

cilie

che meglio

ciò

im-

e generosa

santa

alla

comune

tali risposte, il

indirizzo con cui

convenga

farsi

dalla medesima,

nelle presenti condizioni politiche di quella parte d'Italia, si riuniranno

gno corrente

alle

signor Mancini

il

ore

p.

m.

nella

casa del

„.

Il Poerio, lo Scialoia

di

giorno di lunedi 6 giu-

due ed

altri sei esuli risolsero

non intervenire a l'adunanza. Essi ritenevano vana ogni speranza di unire altre province

allora

(1)

rare

Questo iudirizzo è presso

le

di

me. Duolmi di igno-

risposte degli esuli stabiliti in altre città.


373 italiane al

Piemonte seDza una completa

contro l'Austria.

Il

concetti in questa formula: costo la

"

concorso pronto ed

il

littoria

Poerio riassumeva tutti

guerra dell'indipendenza

i

suoi

ottenere a qualunque efficace di „ (1).

E lo

Napoli a

Scialoia, in

una sua lettera del 3 giugno 1859 al Panizzi, dopo aver accennato che il regno delle Due Sicilie aveva circa dieci milioni di abitanti, un esercito di centomila uomini ed una armata di parecchie diecine di navi, soggiungeva " Tutte queste forze restano inoperose e logoransi in un ozio ignobile, mentre il resto d'Italia accorre sotto le :

armi per scacciare lo straniero dominatore „ (2). Poerio da i colloqui avuti con uomini di Stato inglesi e francesi " aveva tratto il convincimento che né l' Inghilterra, né la Francia avrebIl

bero mai dato un aiuto per scacciare i Borboni da Napoli e, non potendosi sperare che il popolo si levasse contro l'oppressione, non rimanesse via che indurre Francesco

altra

a concedere

II

ed entrare in una confederazione Fermi in questi concetti essi pubblicarono il 4 giugno la seguente dichiarazione: " Nelle presenti condizioni d'Italia e mentre

istituzioni civili

italiana

(3).

tanta parte di essa col potente e generoso alleato

(1)

Panizzi, Lettere, pag. 814,

(2) Ivi,

pag. 318.

D'Ayala, opera citata, pag. 262. citata, pag. 1B2. Il D'Ayala aggiunge clie (3)

mendo <

il

pensiero di Cavour aveva

Tofano,

opera

lo Scialoia espri-

scrìtto

Raccoglietevi intorno al giovine prìncipe

».

a Napoli

:


374

francese combatte per dal giogo straniero,

i

liberare

T intera penisola

sottoscritti esuli delle

Due

concordemente sperano che, quante volte governo (napoletano) nella proporzione richiesta dall'ampiezza delle sue forze, tosto e francamente concorra nella causa delF indipendenza nazionale, Sicilie

il

sia debito del partito liberale di quelle

contrade di

dargli pieno e leale appoggio, affinchè

non manchi

nessuna parte

pendenza

della penisola

ed

d'Italia

nazionalità

all'opera

dell'indi-

all'ordinamento

della

sua

„.

L'adunanza indetta dal Mancini e da i suoi compagni ebbe luogo il giorno convenuto. Intervennero trentasette

esuli, tra cui

il

Piria,

il

Mancini,

Liborio Romano, Luigi Traino, Benedetto Castiglia, Ca<?tromedianio, Di Sandonato, Coppola, Trincherà, Antonino Fiutino, Giovanni Andrea Romeo (1). Si lessero le risposte avute da gli emigrati residenti in altre città.

Alcuni degli intervenuti, stanchi della

dura vita nanza da

propri cari,

dell'esilio, delle i

lontanamente

la

sue miserie e della lonta-

non intravedendo neanche possibilità di una liberazione, so-

stennero la convenienza

di

spingere

il

governo

di Napoli su la via della libertà ed avvicinarlo al-

l'idea italiana

blicata

il

7 giugno

sioni di parecchi

(1) (.2)

Con 33

(2).

voti contro 4 si deli-

seguente dichiarazione, che

berò la

venne pub-

con 55 firme stante

non

le

ade-

intervenuti.

D'Ayala, opera citata, pag. 263. Lettera di B. Castiglia a Mainerò Maineri, opera

citata, pag. 487.


375 "

I sottoscritti esuli di Napoli

e di Sicilia re-

sidenti in Torino, in vista della dichiarazione uf-

dal governo

ficiale fatta

delle

Due

Sicilie della

sua neutralità nella guerra dell'indipendenza liana

(1), ''

l''

ita-

esprimono unanimi:

La

loro esecrazione per

un

tale atto

che

suggella una storia di dolori e di oppressioni per

per quel misero paese. "

La

adesione Vittorio

politica

Emanuele

Napoleone "

loro riconoscenza e la più

alla

generosa

II e del

e

esplicita

nazionale

magnanimo

di

alleato

LEI.

una deputazione com-

Deliberano che

posta dei sigg. Mancini, D'Ayala, Castiglia, Poerio e

Romeo, con facoltà di aggiungersi altri membri, in una memoria con franchezza e con-

esponga venienza

i

precipui fatti e

le

ragioni per cui sia

non

venga accettata la dichiarata neutralità del governo napoletano dalla Francia e dal Piemonte e che non sia più lungamente

desiderabile che

tollerato

il

presente

sistema

politico

dell'Italia

meridionale. " 4<*

Commettono

mezzi più opportuni

cumento

la

ai

medesimi di scegliere

i

per richiamare su quel do-

considerazione di coloro,

sono efiScacemente giovare

i

quali pos-

al trionfo della

causa

italiana e di proporre la presente all'accettazione

(1) I giornali torinesi riportarono il 6 giugno la dichiarazione di neutralità pubblicata dal Giornale ufficiale

delle

Due

Sicilie.


376

non intervenuti nell'odierna adu-

degli emigrati

nanza

„

(1).

Nello stesso

di,

in cui

si

pubblicava

la dichia-

razione, giunse in Torino la notizia della vittoria di

Magenta che

di Milano, ove

apri a gli eserciti alleati le porte

entrarono

menso entusiasmo

popolo

di

giorni dopo, avvennero,

il

tra im-

trionfalmente il

giorno

24 giugno,

8.

la

Pochi

sangui-

nosa battaglia di Solferino e di S. Martino, quindi la

pace di Villafranca

dell' 11 luglio

che interruppe

dolorosamente per ogni anima italiana

la

guerra

indipendenza.

dell'

Durante i tormentosi giorni della guerra una grave e strana sventura colpi uno dei deportati di Cadice,Luigi Parente nativo di Castellabate, in provincia di Salerno. I lunghi anni di galera, gli inenarrabili dolori di quella vita

squeJlida e senza con-

umano, avevano indebolito le sue facoltĂ intellettuali. Durante il viaggio da Londra a Toforto

rino apparvero

i

primi segni di alienazione mentale.

I suoi compagni, accortisi del suo stato, lo vigi-

lavano e lo assistevano con affetto egli

un giorno, nel

luglio del 1859,

sorveglianza e fuggito per

le

si

fraterno.

Ma

sottrasse a la

campagne, capitava

sfortunatamente innanzi ad un campo militare di soldati piemontesi presso Vercelli. Il suo contegno incerto, l'occhio smarrito,

sero in sospetto alcuni

soldati di cavalleria, che

supponendolo uno spione,

(1)

D'Atala, opera

l'aspetto sconvolto mi-

lo arrestarono,

citata, pag. 263.

chiuden-


377

dolo in un locale addetto ad uso di scuderia.

Il

da quel sospetto, una pistola tale esaltazione che, trovata in cadde da arcione in una delle selle colà riposte, si esplose un colpo neirorecchio, restando gravemente fedisgraziato, colpito terribilmente

senza sensi.

rito e

A

la notizia del

andava dal conte

avvenimento il Poerio Cavour ed, ottenuto ordine

triste

di

dell'immediata liberazione del Parenti, spediva a Vercelli

il

di lui per

ricondurlo

a£Pettaosamente

amico

Serino fido

prete

gli

passo rispondeva:

a

domandava "

e

compagno

Torino. Al Serino,

che

la ragione del triste

Io spia! Avrei potuto vivere

dopo simile onta, con

il

marchio

di spia!

(1).

Lo

sventurato guariva miracolosamente da l'orrenda ferita

;

ma

Cristina. Delirava

riportò

la

salute della Villa

di

continuamente e cercava spesso

di attentare a la sua vita tati

ed egli dovette

la follia rincrudeliva

essere custodito nella casa

:

uno di tali attenfemore sinistro (2).

in

frattura del

Tra atroci sofferenze spirava in quello stabilimento sanitario il 4 dicembre del 1859. VII. Le maggiori speranze per una insurrezione nel regno di Napoli si volgevano a la Sicilia. Q-li avvenimenti del 1848 avevano dimostrato quale impeto e vigoria di l'antica terra del vespri.

(1)

Castromkdiano, opera

spiriti

La

ribelli

serbasse

forza dell'armi aveva

citata,

voi.

2°,

pag. 138.

Archivio di Napoli, espulsi, fascio 3873. (2)

Rapporto del medico curante

suddetto.

dott. Salvati,

fasci»


378

potuto schiacciare

la

cosi diversi di

non estinguere

rivolta,

Lo alimentavano

fuoco.

l'odio contro

temperamento

oppressione, che pesava su razioni di autonomia,

i

e di indole, la

l'isola, le

veccMe

dura aspi-

in varie

comitati segreti

i

il

napoletani,

città siciliane, l'opera costante degli esuli special-

mente

Genova

di

e Malta.

Da

molti anni Nicola

Fabrizi stava in Malta intento a preparare una

sommossa in Sicilia. La polizìa esercitava su le relazioni tra

la

più accurata sorveglianza

con gli emi da quelli tra

liberali dell'isola

i

grati e cercava di ottenare rivelazioni essi che,

per grazia sovrana, ritornavano in patria.

Uno

questi,

liano,

di

rivelò

un

Salvatore

tale

alcune

riunioni

nell'agosto del 1855 per

,

napoletani

Casimiro

De

e

sici-

Genova

promuovere una

in Sicilia. Vari fuorusciti tra cui Rosalino Pilo,

M

tenute in

rivolta

siciliani,

Lieto,

Vin-

cenzo Fornarelli (1), Emerico Amari, il barone D'Ondes, Luigi Orlando, Francesco Ferrara, Vincenzo Fusca, Enrico Cosenz, Giovanni Interdonato,

Bertolami ed uniti,

in

il

priacipe di Scordia

si

sarebbero

Giacomo Coppola, con uno sbarco di emigrati nel-

casa del barone

Garibaldi per stabilire

In un'altra riunione si sarebbe dato inal Fusca e ad un tale Visiano, e tre di Palermo, di andare colà per prepa-

l'isola (2).

carico al tutti

M

,

Napoletano. Nota del luogotenente del re in Sicilia al ministro degli esteri in data di Palermo 28 dicembre 1886 pub(1)

(2)

blicata dal

GuARDiONB,

Oliera citata, voi. 2», pag. 102.


379

rare

il

terreno. Essi sbarcarono a Malta

dati al Fabrizi,

che

raccoman-

doveva procurare

loro

una

speroìiara inglese per condurli a Castellamare del

ma non

il Fusca tornò due andarono a Tunisi. Il 22 novembre 1856 il barone Francesco Bentivegna, come ho precedentemente accennato, promosse la rivolta in alcuni comuni della provincia di Palermo. Una compagnia di cacciatori di linea, guidata da guardie urbane, sorprese i

Golfo

;

a Genova; gli

potettero ottenerla

;

altri

un casolare e li condusse nelle carceri Palermo (1). Nonostante l'arresto del Bentivegna si sperai da gli esuli che il moto si estendesse e si pensò a soccorrerlo. Il 9 dicembre 1856 alcuni di essi

rivoltosi in di

residenti in Torino,

Vare, rinterdonato,

Tommaseo,

il il

Gemelli,

il

il

Cosenz,

Mordini,

il

il

La

Masa, anche per incarico di molti loro compagni' andarono dal Pallavicino per invocare aiuto in prò degli insorti. Il Pallavicino promise tutto il suo appoggio e diede settemila lire per l'acquisto di fucili da mandarsi in Sicilia (2).

La

notizia

della

fucilazione

avvenuta in Mezzoiuso

il

23

del

Bentivegna,

dicembre per sen-

tenza di un consiglio di guerra, troncò

De

le attese,

libro 14°, pag. 341. In Nagennaio 1857 molti arresti di liberali, tra cui Avitabile, Mascilli, Matina. (2) Maineri, opei-a citata, pag. 249, lettera di Pallavicino a Manin del 10 dicembre 1856 Pallavicino, Memorie, pag. 354. (1)

Sivo, opera citata,

poli seguirono nel 9


380

non

le

speranze degli emigrati

Il cav.

(1).

ministro napoletano in Torino riferiva guito a i

le notizie

venute da

la Sicilia,

ma

preparativi di una spedizione,

Canofari

clie, in

se-

erano cessati proseguiva la

danaro e di sottoscrizioni per opera specialmente del La Cecilia, del La Masa, del raccolta di

La

Farina, del Di

del aemelli

La

San Donato,

dell' Anguillara

e

(2).

vigilanza su gli

grandissima a

era

esuli

G-enova da parte del consolato

napoletano.

Dal

aveva diretto Domenico Morelli. mente volpina che, coadiuvato dal vice console Anfora, si avvaleva di tutti i mezzi per tenersi informato delle pratiche e dei discorsi dei numerosi proscritti dimoranti nella cittĂ . Accarezzava coloro, che gli sembravano meno restii, con promessa di appoggiare

1848

1851

al

lo

Gli successe Ippolito Garrone,

domande

le loro

di grazia per

rimpatrio e te-

il

con pieno successo. Alcuni nella piĂš squallida miseversavano proscritti dei ria ed egli ne profittava per ottenere, mediante

neva spesso

la parola

E purtroppo uno

denaro, rivelazioni e confidenze.

o due

(1)

si

prestarono al triste ufficio

Gli esuli

12 gennaio

1857

siciliani

in

Torino

un funerale per

(3).

fecero il

celebrare

il

Bentivegna nella

S. Maria degli Angeli. Nota del Carafa del 20 dicembre 1856, Guardione, Dominio dei Borboni in Sicilia, pag. 162.

chiesa di (2)

Il

(3) Il

BiLOTTi, nel lavoro

piĂš

volte citato, pag. 57 e

seguenti, dĂ interessanti notizie su l'opera

Garrone a Genova.

del

console


381

Divenne più intensa l'opera del console nel corso del 1859 quando si cominciò in G-enova a sussurrare di preparativi per uno sbarco di emigrati su le coste del regno sotto

il

comando

Garibaldi. Il Gar-

di

rone, con lettera del 10 agosto 1859 (1) informava

suo governo di

il

tali

vidi e premurosi gli

Lieto, Il

Romeo

figlio

mene notando tra esuli

ed

il

più fer-

i

Stocco, Mazziotti,

De

calabrese Soraci.

prete

cav. Carafa, ministro degli esteri in Napoli,

ordinava

marchese Antonini

al

ambasciatore a

Parigi di rivolgere per mezzo del governo francese severe rimostranze al governo i

sardo contro

si ordivano a Genova. L'Antocon lettera del 4 agosto 1859, riferiva che

preparativi che

nini, il

conte "Walescki ministro degli affari esteri fran-

aveva assicurato che avrebbe scritto a quoique tout 9a ait l'air d'un canard „. " Monsieur le queste parole l'Antonini rispose

cese

lo

"

Torino

A

:

comte, beaucoup de nouvelles qui avaient

canards se sont dernièrement trouvóes des contestables

rapporto

"

:

Russia ed in caso di

di

nuovo a

y^.

parlato pure con l'ambasciatore di

ministro di Prussia dicendo loro che

una repressione energica non la barbarie del

Le informazioni esatte.

(1)

governo

i

si

gridi

„ (2).

napoletano

del console

Durante l'anno 1859 ed

erano

primi mesi del 1860

Archivio di Napoli, ministero

degli

esteri,

lato di Genova, fascio 2650. (2) Ivi,

de

L'Antonini soggiungeva nello stesso

Ho al

l'air

faits in-

consolato di Genova, fascio 2650,

conso-


382

durò tenace e esuli

diretti

destare una

continuo

Poerio

dal

sommossa

lavorio da parte degli

il

e

in

da

lo

Spaventa per

Napoli simultaneamente

ad una invasione di Graribaldi negli Abbruzzi (1). Corrispondevano a tale oggetto con il Comitato deìVOrdine di

Napoli.

D'altra

parte

Crispi,

il

adoperavano ad una insurrezione nell'isola. Il Crispi con passaporto falso andò il 16 luglio 1859 a Messina e poi a Catania, a Siracusa ed a Palermo e tornò il

Pilo e

a Messina

esuli

gli

il

siciliani

si

15 ottobre per spronare a l'azione

suoi amici ed

i

comitati

(2).

Rosalino

Pilo

i

con

ed infuocate lavorava anche egli stesso intento ed il 22 marzo 1860, stanco

lettere vibranti

a lo

degli indugi, parti a la volta dell'isola nativa con

Giovanna Corrao su una vecchia paranza ed approdò il 9 aprile a Grotte presso Messsina (3). Si attendeva di giorno in giorno l'annuncio della

rivolta in Sicilia e

da ogni parte

denari ed armi per soccorrerla.

Il

raccoglievano

Mazzini,

il

Mario,

ed il Quadrio desideravano che assumesse carattere apertamente repubblicano e volevano a capo della spedizione il Garibaldi comprendendo il grande

Del Giudice, /

Poerio, pag. 57 EafSpaventa ed i suoi tempi, « Nuova Antologia », luglio 1893. Lo Spaventa andò a Firenze per intendersi a tale oggetto con gli emigrati napoletani in Toscana, ma giunto a Bologna seppe l'arresto di Garibaldi alla Cattolica e tornò indietro. (1)

FAELE De Cesare,

fratelli

Silvio

(2)

Crispi, opera citata, pag. 81.

(3)

Paolucci, Bosaliìio

Pilo, pag.

210.


383

prestigio di

masse ed

lui

che solo poteva entusiasmare le

affidare del successo.

Gli esuli napoletani e siciliani di parte costituzio-

nale

si

adoperavano anche essi a suscitare un moto ma con intendimento assai diverso. Molti

nell'isola,

di essi, nelle elezioni indette per

Sardegna

nell'antico regno di

marzo

il

e

nelle

del

1860

provinole

annesse, erano stati eletti deputati, splendida af-

fermazione del concetto nazionale.

Il

Poerio

ri-

ad Arezzo ed a Livorno, il Bonghi a Belgioioso, il Busacca a Borgo S. Lorenzo, il Carrano a Codogno, il Conforti a Broni, il Cosenz a Como, il De Blasiis a Bibbiena, l'Imbriani a Pisa, il La Farina a Busto Arsizio, il Longo a Bagnolo, il Mancini a Sassari, il Massari a Castiglione Fiorentino, lo Scialoia a Moncalvo. Essi avevano frequenti rapporti con il conte di Cavour e, in comsultò eletto

pleto accordo con in Sicilia

lui,

non desse

desideravano che ragit?.zione

il

sopravvento a

i

mazziniani

temevano sovratutto che costoro volgessero

le

:

armi

dei volontari

contro lo Stato pontificio: ciò che avrebbe prodotto un grave e pericoloso conflitto con la Francia.

Li mezzo a tante opposte correnti giunse la Palermo del 4 aprile e della formazione di numerose bande nell'isola. L'ora stringeva: parecchi moderati e mazziniani

notizia dell' insurrezione di

si

unirono a preparare la spedizione di soccorso,

specialmente Farina. si

il

La voce

Medici,

il

Bixio,

il

Bertani,

il

della prossima partenza di essa

propagò in Piemonte e nella Lombardia e da

ogni parte affluirono in Grenova

gli

antichi sol-


384 dati

a

G-aribaldi

di

rosi di

e

giovani

Genova

deside-

gagliardi

prender parte a la ardita impresa.

Un

esule

tuttora vivente ha narrato (1) che nei

primi di aprile del 1860, vice governatore

in

il

cav. Pietro

Genova,

grati politici Giuseppe Natoli, fessore Luigi Mercantini,

il

il

Ricciardi,

Nazari ed

un comitato

a costituire subito

Magenta

consigliò gli emi-

di

per aiutare, non tanto, egli diceva,

il

il

pro-

Mazziotti

emigrazione gli

emigrati

trovavano a Genova generalmente non bisognosi, quanto quelli che certamente vi sarebbero attirati da prossimi avvenimenti. Non che allora

disse egli

di

si

ma

più,

taceva

nomi indicati, a vide

lasciava indovinare quello che Il

(2). i

Chiossone,

comitato

si

prof.

il

con

costituì

quali vennero aggiunti

Emanuele

il

dott.

i

Da-

Celesia,

il

Bruzso e l'avvocato Pantaleo Bosso ed ebbe sede in Via Canneto Lungo. Esso diramò il 18 aprile a i numerosi esuli re-

dott.

sidenti in

Genova

({uesta

costituiti in

toscritti

breve circolare:

I sot-

giunta provvisoria, col fino

di rappresentare l'emigrazione in Genova, fa

"

italiana

istanza a coloro fra

gli

residente

emigrati

(1) Prof. Luigi Nazari. Il racconto è riprodotto nel pregevole lavoro di sua figlia Ida Nazari-Micheli intitolato: Cavour e Garibaldi nel 1860, cronistoria documentata, pag. 70, Roma, Tip. Cooperativa Sociale, 1911. (2) Il Magenta coadiuvò poi di intesa con il Cavour

a far trasportare le armi necessarie a la spedizione da la stazione di Genova a Villa Spinola (Tebvblyan, Garibaldi e

i

Mille, pag. 238).


.

385

che vogliano contribuire a prò' della santa causa presto il

A

le

al peculio afifincliè

da

costituirsi

rechino al più

loro offerte al barone Mazziotti e versino

al porgitore segnando la somma versata „ margine della circolare sono indicati alcuni

denaro

Damiano Assanti, Casimiro De Mauro, Ulisse De Dominicis (1). Con le

versamenti Lieto,

I.

somme

di

massima parte con somme Magenta, vennero somministrati mezzi di sussistenza a molti giovani arrivati in Grenova in tale circostanza e forniti passaporti a un gran nuraccolte, e nella

fornite dal

mero

di essi che partirono per la Sicilia

come ope-

rai e con la simulata destinazione di Malta

(2).

G-Ii

dimoranti in Firenze formarono, per soccor-

esuli

il moto siciliano, un comitato permanente composto dal Tupputi, dal Bellelli, dal Malenchini, dal Menotti e dal Vannucci (3). L'annunzio dell'insurrezione siciliana, giunto a Torino soltanto la sera del 6 aprile (4) en-

rere

tusiasmò

gli esuli.

La

Società

mosse una sottoscrizione per

dell'importante avvenimento, i

più

caldi

(1) Il

comitato

loro

si

voti,

sciolse

che

gli esuli

il

nazionale

aiutarla.

pro-

In presenza

rispondeva a meridionali re-

6 giugno del

1860.

Con

lettera dello stesso di, pubblicata nel giornale genovese II

Movimento, due dei componenti del comitato, il Ricciardi ed il Mazziotti resero conto del denaro raccolto e delle spese erogate. (2-3)

Chiala, opera citata, voi. IV, pag. ex.

Nota del

cav. Carafa al governo napoletano, del 30 aprile 1860, pubblicata dal Guaedione, opera citata, (4)

pag. 237. 25


386 sideriti

a

Torino

tesa circa l'opera

stimarono loro

Si raccolsero la sera

del

7

una

necessaria

quei

in

in-

gravi momenti.

aprile

in

casa Fiu-

Tommasi, Giovanni Interdonato, Griuseppe Lamasa, il Duca di San Donato, Gr. Del Castillo, Cesare Braico, il Duca di Caballino, Pietro Interdonato, RafĂŹaele Busacca, Leopoldo Sarnelli, Odoardo Gaetani, Diomede Marvasi, Pietro Leopardi, Giuseppe La tino

i

due

Fiutino,

Salvatore

Gaetano De Pasquale, Enrico Amato, Filippo Cordova, Angelo Raffaele Piccoli, Giuseppe Bracco, Filippo Patella, Emanuele Bisignano, Gennaro De Filippo, Achille Argentino, G. B. Pentasuglia, Ruggero Bonghi, Domenico Valente, Francesco Stocco, Giovanni Ricciardi, Mario Palizzolo, Luigi Fraine, Tommaso Notare, Rocco Morgante, Raffaele Travia, Rocco Piccolo, Giuseppe Pisanelli, Mariano FioFarina, Giacinto Carini,

rentino, P.

S.

Mancini,

Cesare

Raffaele

Oliva,

Gaetano Cammarota, BiaMiraglia, Chindemi, Antonio CicSalvatore gio cone, Angelo Oddo, Luigi Oddo e Giovanni RafConforti, Raffaele Pirla,

faele.

L'adunanza volle affermare nettamente il conun completo accordo delle forze rivoluzionarie con la dinastia di Savoia e con il governo piemontese per la redenzione del mezzogiorno di Italia (1). Nominarono un comitato composto del cetto di

Poerio, del

La

Farina,

del

Pirla,

del

Conforti,

(1) Il Salazaro, opera citata, dice che degli quattro presenti solo quattro dissentirono.

ottanta-


387 dell' Interdonato, del

Mancini e del Pisanelli

(1). Il

giorno dodici con un indirizzo a stampa diretto al

"

conte di Cavour, esprimevano

la loro

grande

esultanza per l'unione delle provincie centrali alla

monarchia ed le

il

loro voto e la loro fede che anche

d'Italia avrebbero con-

Provincie meridionali

corso

alla

conquista

della

grande patria italiana „. Sono note, per il racconto incertezze e le

crudeli

reintegrazione

di varii scrittori,

sceva

esattamente se

il

le

alternative che precedet-

Non

tero la partenza della spedizione.

rasse, se

della

moto

si

cono-

Palermo perdu-

in

fosse esteso in altre provincie e quale

si

le bande insurrezionali che campagna. Le notizie da l' isola venivano con ritardo da Malta per mezzo del Fabrizi in telegrammi cifrati. Stabilita la partenza venne sospesa e licenziati molti volontari per un telegramma del Fabrizi che dava sfavo-

sorte avessero avuto

scorazzavano

la

revoli informazioni. "

Vi erano a Genova

correnti le

:

i

scrive

il

Calvino

"

due

favorevoli a la spedizione e quelli che

erano piuttosto avversi, non per mancanza di

patriottismo,

ma

per varie considerazioni sulla dif-

ficoltà dell'esecuzione e dell'esito:

che non erano da dispregiare

(1)

Verbale

pubblicato

(2).

considerazioni

Uomini

di pro-

da Giovanni Olivieri, / Fiu-

tino nel risorgimento nazionale, pag. 103. Il Salazaro ag-

giunge Fiutino, Imbriani, Stocco. (2) Note di Salvatore Calvino su la spedizione dei Mille pubblicate dal Guardione opera citata, pag. 884.


vata audacia, come

il

Medici ed

il

Sirtori

non nu-

trivano fede nel successo dell'impresa. Il Sirtori disse al

La Farina che

a la partenza,

incitava

Voi sarete responsabile del sangae di Garibaldi „ (1). Graribaldi stesso non nascondeva me"

nomamente

Un

grandi difficoltà del

le

nuovo

telegramma del

che l'insurrezione

successo

Fabrizi

nell'isola persisteva.

Vuoisi che

questo secondo telegramma di rettifica fosse

foggiato dal Crispi:

(3)

ogni

in

(2).

assicurò

al

primo

modo

la

partenza fu risoluta ed avvenne nella notte del

5 maggio. Partirono tra

i

mille gli esuli siciliani

La Masa, Giacinto CaVincenzo Giordano Orsini, Mario Palizzolo, Alessandro Ciaccio, Giuseppe Oddo Salvatore Ca-

Francesco Crispi, Giuseppe rini,

Giuseppe Campo, e gli emigrati napoletani Vincenzo Carbonelli, Nicola Mignogna, Tito Trisolini, Francesco e Vincenzo Sprovieri, Domenico Mauro, Francesco Stocco, Antonino Fiutino, Achille Argentino, Giuseppe Fanelli, Francesco Bellantonio, Angelo Raffaele Piccoli, Rocco Morgante. tiglia

La

ed

i

fratelli Achille e

provincia di Salerno dette a l'ardita spedi-

zione nove dei suoi

figli,

cioè

Giuseppe Pessolani,

Ovidio Serino, tutti e due dei deportati di Cadice, Antonio Santelmo, Leonino Vinciprova, Vincenzo Padula, Michele Magnoni, cesco

Paolo

e

Michele

(1)

La

(2)

Trevetlan, opera

(3)

Palamknghi

i

fratelb Fran-

Del Mastro, e Filippo

Farina, epistolario, voi.

1°,

pag. 432.

citata, pag. 256.

Crispi, / Mille.


389

compromessi

Patella, tutti

lento del 1848

nelle

sommosse del

Ci-

(1).

Griuseppe Pessolani di Atena

neva a famiglia

Lucana apparteSuo padre Sa-

di antichi patrioti.

verio Arcangelo, per la parte presa a

i

moti del 1820

e del 1828, aveva avuto condanna a morte com-

mutata nelPergastolo che

egli scontò nell'isola della

Pantelleria fino al 1833. Griuseppe, nato

era in

stato

provincia

anche ferri,

A un

uno

egli,

a

il

1807,

1848

dei capi delle agitazioni del di

Salerno,

ed

aveva,

in

seguito

condanna di morto commutata nei

passato circa dieci anni nei bagni penali

(2).

Torino, per sostentare la vita aveva intrapreso piccolo negozio

di

stoffe e

di chincaglierie.

Lombardo come semplice soldato della terza compagnia, comandata da Francesco SproPartito sul

combattè valorosamente a Calatafimi e a presa di Palermo, ove fa promosso capitano,

vieri,

la

e poi

Milazzo. In

a

un

rapporto, che

lo

Spro-

da Milazzo il 22 luglio a Garibaldi su quel combattimento si legge " Il bravo capitano Pessolani cadeva a la testa della propria compagnia gravemente ferito in una coscia ed al capo: e pure non si ristava di rincorare i suoi. Io raccomando questo prode a la considerazione di V. S. perchè trovi il meritato compenso in un avanzamento ove venisse a sopravvivere „ (3). vieri

faceva

:

(1)

Elenco dei Mille, pubblicato nel supplemento a

la

Gazzetta ufficiale del Regno del 12 novembre 1878. (2) (3)

In questo stesso volume, cap. 8°. Relazione pubblicata nell' opuscolo di Benedetto

Giordano

«

Un

cosjnratore alenate

»

,

pag. 37.


390

Lo

stesso Pessolani narrava che,

campo

ferito sul

nico gli

di battaglia,

impose

di

consegnargli

Il

meglio con

la sciabola,

ferito

i

ma

che

ciò

l'altro

gli

arrecò

una

fronte. Fortunatamente un colpo

stramazzare quel soldato

di fucile fece

nuti dipoi

tutto

procurò di difendersi a la

possedeva.

piccola ferita a la

mentre giaceva

un soldato borbo-

compagni

e,

sopravve-

del Pessolani, questi

venne

portato nell'ospedale militare di Barcellona, ove

ri-

rimase per circa due mesi passando dipoi nell'ospedale di S. Sebastiano

(?)

in Napoli.

Uno scrittore

(1)

da cui desumo queste notizie, riferisce che il Pessolani, a le promesse di un posto ben retribuito o di un eccezionale compenso che gli si faceva, avesse risposto " di non aver bisogno di nulla e bastargli l'onore di avere sparso il sangue per la patria „. Neil'

agosto del 1861, collocato a

ri-

poso per infermità con una meschina ed irrisoria pensione, tornava al suo paese nativo ove tenne con

onore

l'ufficio di

sindaco.

Sorpreso da grave ma-

23 novembre 1875 (2). Ovidio Serino di Francesco, nato il 5 aprile 1813 in Carife, villaggio del comune di Mercato Sanse verino, era un prete ardito e vigoroso. Nei moti lattia cardiaca

soccombeva

il

del Cilento del 1848 era stato Vapostolo della

(1)

ri-

Opuscolo indicato.

Accenna a lui anche il libro di Michele Lacava Storia di Atena Lucana. Il D'Ayala scrisse su la morte del Pessolani nel giornale « il Pungolo ». Aveva sessantanove anni essendo nato in Sala Consilina da Vincenzo Pessolani ed Angela Vecchio, il 27 marzo 1806. (2)


391 volta,

come

speciale

disse la sentenza

di Salerno del

condannò a morte.

Ho

Gran Corte

della

22 gennaio 1851 già

narrato nei

che lo capitoli

precedenti come, commutatagli la pena, stette

a

lungo in galera e come fu anche egli imbarcato per la deportazione in America. Raggiunse nell'impresa dei Mille il grado di maggiore e segui Garibaldi fino al termine di essa. Ritrattosi quindi nel suo paese vi morì

il

5 febbraio 1886 nell'età

di 73 anni.

Antonio Santelmo fu Michele, nato in Padula 25 dicembre 1815, aveva contribuito con i suoi germani Francesco e Vincenzo ad estendere nel il

nel sao distretto nativo la neria ed a i

fratelli,

la

i

setta

gno 1851, li birono un novello

arresto ed

in seguito a la spedizione

dovette andare in a

i

Mille.

Nuova Carlo-

moti del 1848, Arrestati tutti e tre Gran Corte di Salerno, nel 10 giuassolse per non provata reità. Su-

un

altro processo

di Sapri

ed Antonio

a Genova, ove si ascrisse ebbe una ferita al ginocchio.

esilio

A Calatafimi

Leonino Vinciprova, nato in Omignano il 14 marda Pietro Paolo Vinciprova ed Elisabetta Elia, era stato, come ho narrato in altro scritto (1), uno dei capi delle rivolte cilentane del gennaio e del luglio 1848. Fuggito a Roma, dopo r insuccesso di esse, aveva preso parte a la difesa della repubblica, poi caduta questa erasi ricoverato a Genova, donde partì con i Mille. zo 1809

(1)

Carducci^ in tutti e due

i

volumi.


392

Vincenzo Padula fu Maurizio, sacerdote, nato in Padula il 16 ottobre 1831, era uno dei più operosi liberali, della

sua contrada, ed aveva subito

l'esilio. Imbarcatosi con combattè anch' egli a Calatafimi. Ferito a battaglia di Milazzo dovette assoggettarsi nel-

persecuzioni, arresti e poi G-ariba'di la

1860 a l'amputazione di una gamba, mori in Barcellona di Sicilia. Un decreto di Garibaldi del 24 settembre 1860 dispose: " È promosso a maggiore il capitano Vincenzo Padula, caduto gloriosamente a Milazzo „ (1). Michele Magnoni di Ratino, nato il 2 diceml'agosto del

in seguito a la quale

bre 1829,

era

stato

giovanissimo tra gli insorti

del Cilento del 1848. Arrestato, stette vari in carcere durante

i

quali lavorava

smo a preparare un movimento

anni

con entusia-

nel Cilento a l'ar-

compagni di lui. Man-, dato in esilio si recò a Genova il 20 aprile del 1860 e combattè tra i Mille. Mori improvvisamente a Salerno il 6 novembre 1889 destando il più afrivo del Pisacane e dei

fettuoso rimpianto in tutta la provincia, fiera dell'opera lunga e tenace

del

benemerito cittadino.

Michele Del Mastro fu Carmine, nato in Ortodonico

il

6 marzo 1827, aveva fatto

le

sue prime armi,

giovanissimo, nelle insurrezioni del Cilento. (2)

come

mani

dei

narrato in questo stesso volume

audacemente

(1)

Giornale

(2)

Gap.

lo,

a levare da

ufficiale di

pag. 20.

le

Ho

riuscisse

gendarmi

Napoli del 28 settembre 1860.


393

SUO fratello Francesco Paolo. Dopo una lunga

la-

germani fuggirono a Genova nel

due

titanza

i

maggio

del 1850, partirono

insieme tra

Mille e

i

combatterono a Calatafìmi. Il 1° giugno del 1860 a la presa di Palermo Michele riportò una grave ferita al braccio sinistro

Sopraggiunta

la

con frattura dell'osso

(1).

cancrena, quel valoroso mori la

mattina del giorno 9 rassegnato e tranquillo. Le sue ultime parole furono per la patria e per tello

che

si

il

fra-

trovava in altro comune anche egli

Nei giornali del tempo si legge: " Safacevano i funerali a Michela Del Mastro

ferito (2).

bato

si

di anni treritatrè, soldato della

Da

dei cacciatori delle Alpi.

sesta

compagnia

l'ospedale

feretro

il

fu accompagnato dai legionari, dal clero, dai pò polo e da molte signore del paese vestite a bruno, e trasportato nella chiesa di S. Antonio dei Francescani. Il padre

Giovanni di Castelvetrano disse

alcune commoventi parole sulla spoglia del generoso ribelle

(3).

Francesco Paolo Del Mastro,

ebbe

i

gio 1825. Nella

battaglia

eroicamente

portò

e

di

il

Calatafìmi

9 magsi

una grave campo al grado

riporto

Garibaldi lo promosse sul pitano.

fratello di Michele,

natali parimenti in Ortodonico,

Mori nel 1904

comferita.

di ca-

in Ortodonico.

Filippo Patella fu Giuseppe, nato in Agropoli il

26 marzo

(1-2)

Da una

1817,

lettera

era

di

Mille, la quale è presso di (3)

Menghini,

La

parroco

nel

suo

paese

Leonino Vinciprova, uno dei me.

spedizione garibaldina, pag. 99.


394

quando scoppiò nel Cilento naio 1848. Egli, che rarlo,

il

moto

del

gen-

aveva contribuito a prepa-

guidò una delle colonne insurrezionali. So-

pravvenuta

la reazione

andò a

Roma

e prese parte

a la difesa de la repubblica, quindi fuggi a Ge-

nova, ove

bravamente cora

il

il

1860 s'imbarcò tra

i

Mille

e

fece

suo dovere. Molti lo ricordano an-

professore

e

preside nel liceo

Umberto

di

un aspetto alquanto burbero nascondeva un'anima buona di fanciullo. Mori in Napoli, molto compianto da gli amici, da la cittadinanza e sopratutto da i numerosi suoi discepoli, il dì 11 gennaio 1898.

Napoli. Sotto


CAPITOLO XVI. Liberazione.

Sommario promessi

Provvedimenti del governo per

I.

politici -

i

com-

Amnistie, commutazione di pene e

berti

— II. Vicende del Nisco, del Pironti e del Lam— III. Nuovo indirizzo del governo napoletano

dopo

la

grazie

morte

Ferdinando

di

li. -

Mutamenti

di fun-

giugno 1859 - Vane

zionarli politici - Indulto del 16

premure della famiglia del Pironti - Liberazione del IV. ProvvediLamberti e di molti relegati politici menti per i condannati cui si era concesso la commuV. Il decreto del 16 giutazione della pena neir'esilio

gno 1859

e gli esuli -

La

grazia a Michele Aletta

-

Esclusione del Nisco da la grazia VI. La concessione dello Statuto in Napoli - Amnistia generale per VII. L'amnistia e gli esuli - Proi delitti politici

teste del

Mancini e

del Poerio contro le pratiche del

governo napoletano per una alleanza con il Piemonte - Riunione degli esuli napoletani e siciliani a Firenze - indirizzo

regno

tornare

del Settembrini

VIII. nel

Il

a la parte liberale del conte di Cavour esorta gli esuli a

regno

-

Una

lettera

del

Pisanelli - Il

Poerio ed altri ricusano di tornarvi durante il dominio IX. Ritorno di molti esuli - Dimostradei Borboni

zioni in Napoli a l'arrivo di essi.

governo di Napoli, per attenuare la tensione con l'Inghilterra e la Francia, aveva cerI.

Il

cato di sfollare le

carceri

e

le

galere largheg-


396

giando in grazie ed in concessioni. Già,

un decreto

1852,

fin

dal

reale, pubblicato nel giornale del

22 febbraio, aveva abolita l'azione penale per cento cinquantuno detenuti e duecento quarantasei contumaci imputati di lievi delitti pò litici. Negli anni successivi, salvo per i condannati e per gli esuli ritenuti pericolosi, bastava una regno

il

supplica con le consuete dicliiarazioni

mento

di penti-

promesse dì fedeltà per conseguire condono della pena od il rimpatrio. Per alcuni condannati il governo commutò e

pena residuale dei

ferri

nella relegazione.

il

la

Cosi,

per effetto di un decreto reale del 18 marzo 1856, moltissimi condannati, tra di Salerno,

i

quali, della provincia

Lucio e Salvatore Magnoni da Ratino,

Domenico Celestino Sabbatella da Cavallo da Trentinara,

Felitto,

Angelo

Pompeo De Angelis

e Ni-

Durazzo da Castellabate,' Giuseppe Farro e Pasquale Santomauro da Capaccio, Cosmo Postiglione da Eboli, Nicola Pecori e Vincenzo Pirrone da Sacco ed Angelo Pavone da Torchiara, tolti da la galera, andarono relegati nelle isole (1). cola

Quando

si

trattava di condannati molto vecchi

od infermi ovvero intervenivano raccomandazioni di persone della corte o di alti personaggi,

il

go-

verno concedeva ancbe grazia completa. Un decreto reale del 10 gennaio 1859 la largì a un gran

numero

(1)

di condannati a la galera tra

i

quali, della

Prefettura di polizia, anno 1809, fascio 806, incart. 37,

voi, 148, parte 1».


897

provincia di Salerno,

Michele

Domenico

'Q-atto,

Puglia, Francesco Giordano, Onofrio Stornelli, Co-

Mautone, Pasquale SoAntonio Ronzio da Vatolia, e Giuseppe Vitagliano da Rocca Cilento (1). stabile Guariglia, Alessio

nora,

Ma

l'espediente migliore, per liberarsi di gente

sembrava a

molesta,

cosi

i

ministri

napoletani,

quello adottato nel gennaio del 1859 per

ed

i

compagni

di

lui

il

Poerio

imbarcandoli per V

Ame -

rica.

Non

sero

sfuggire a la loro sorte approdando in Ir-

si

prevedeva allora che costoro potes-

landa. Il governo borbonico, nell' illusione di aver

finalmente

risoluto

nel

modo

piĂš felice l'incre-

mecommutando ad

scioso problema, pensò di applicare lo stesso

todo

molti altri condannati,

a

essi la

pena residuale dei

ferri nell'esilio

perpetuo

dal regno.

Anzi, per far mostra della maggiore longani-

mitĂ

volle interrogare

si

i

condannati se fossero

disposti ad andare in esilio. Quasi tutti quelli, che

vennero interrogati, accettarono: fra teo Placco,

compagno

gli altri

Mat-

del Settembrini a S. Ste-

la dettatura di il bravo giovane che sotto aveva scritto la traduzione dei dialoghi di

fano, lui

Luciano. Consentirono parimenti, della provincia

1860 tenente nella guardia 10 aprile 1863 venne trucidato da ignoti malfattori lungo la via che da le Mattine conduce ad Ogliastro. (Incartamento dei danneggiati po(1) Il

Vitagliano fu

nazionale

litici

del

nel

suo paese.

Il

napoletani n. 57065 presso

il

Ministero dell'interno).


398

Lorenzo Carnevale di Scorzo (1), Rafuno dei più fidi segaàci del Carducci nei moti del Cilento del 1848^ Filippo Senese di Oliveto allora nel bagno di Ischia, Felice Delli Paoli e Francesco La Greca di San Mango Cilento, Raffaele Lerro di Omignano, Domenico Picene di Torchiara, Francesco Pastore di Sarno, di Salerno,

faele G-innari,

Raffaele Ferolla di Catona, villaggio del

comune

di Ascea, Gaetano Capezzoli di Monteforte, Felice Barone di Eboli (2). Un decreto reale del 18 marzo, 1859 commutò per costoro e per parecchi altri la pena dei ferri nell'esilio perpetuo (3).

Ma

importanti avvenimenti fecero sospendere

Fesecuzione del decreto. In quei giorni ciava imminente

nove del mese reggia di

dinando,

la

guerra

contro

si

annun-

l'Austria;

il

marzo era giunto da Bari nella Caserta, gravemente infermo, il re Fer-

E

di

nello stesso giorno

si

seppero con

la

più viva sorpresa, dal governo di Napoli l'approdo del Poerio e dei

compagni di lui in Irlanda e le da essi ricevute! Come pen-

festose accoglienze sare,

dopo questa notizia e fra

tali

preoccupazioni,

a r imbarco di altri condannati per l'America?

(1)

Il

Era compreso nel decreto relativo al Poerio ed a ma non potette allora partire dal bagno di Mon-

gli altri,

tesarchio perchè infermo. (2)

Ministeriale dei LL. PP. del 22 febbraio, archivio

di Napoli, Ministero di giustizia. (3)

rolla, il

Archivio di Napoli, il

Ginnari,

Barone, ed

il

ivi, fascio 50. Il Picone, il FePastore erano al bagno di Procida, Capozzoli nel castello di Montesarchio. il


399

provvedimento sovrano non ebbe allora alcun effetto e non si pensò neanche, per il momento, al Nisco, al Pironti ed al Lamberti, rimasti in galera dopo la partenza dei loro compagni per Cadice. II. Il

Nisco aveva ottenuto, ad istanza della

moglie, di andare in Baviera presso si

attendeva per farlo partire

verno bavarese. Durante il

il

tali pratiche,

Nisco restò, con la catena

suocero e

il

consenso del go-

non

di Montesarchio che a l'uscita di lui

doveva per

ordine reale essere chiuso, trasferendosi gli detenuti

in

altri

brevi,

al piede, nel castello

luoghi di pena

(1).

Il

altri

governo

bavarese diede finalmente

Nisco venne

il

il suo assenso, ed il 22 marzo 1859 trasferito nel car-

cere di Avellino e poi polizia in Napoli. Il 1°

il

17 aprile in quello della

maggio del 1859 fu im-

barcato su un piroscafo del Lloyd per Trieste; le autorità austriache

ma

ricusarono di concedergli

passaggio, ed allora lo sventurato fu

spedito

il

a

Malta ove giunse il giorno 4 accolto fraternamente da gli esuli napoletani (2). Anche il Pironti aspettava invano nella galera di Nisida l'adempimento della promessa fattagli da i commissari del re, allorché gli fu concesso di non imbarcarsi per Cadice. Costoro gli avevano

(1) Tale ordine fu dato dal re con lettera del maggiore Agostino Severino del 22 febbraio. (2) Adriano Nisco, Ricordi biografici di Nicola. Nisco,

pag. 130 e seguente.


400 detto: ci

"

Spinti dal dovere e consigliati da la pietà,

affrettiamo ad annunciarvi che, dietro nostro te-

legramma

in Puglia, S.

rispiarmiarvi

M.

disagi ed

i

per mare. Quindi vi

re

il

i

si

è compiaciuto di

pericoli di

speciale a Nisida, fuori

il

recinto della galera, dove

rimarrete sino a nuova disposizione abitazióne

comoda

un viaggio

assegna abitazione comoda e

si

e speciale

!

Egli

„ (1). si

Altro che

trovava assai

peggio di prima. Abituato per molti anni a

l'as-

compagni di sventura sentiva nel profondo dell'animo Famarezza e lo sconforto della separazione da essi. Nei primi giorni dopo di questa ebbe a fianco un bravo giovane che gli prestò tutte le cure, ma dopo breve tempo gli venne tolto. Il povero infermo scriveva il 15 febbraio del 1859 da Nisida a sua sorella Mariannina (2) " Io anderei alquanto mediocremente se non fosse l'abbandono in cui sono; dopo otto giorni perdetti quel buon giovine che mi era stato assegnato, e son capitato in maDi di un birbaccione che mi ha fatto soffrire gii estremi bisogni e se non era quest'ottimo ufficiale che ha ordinato ai soldati di avermi cura, sarei languito di stento. Mi raccomando a mio fratello Alfonso pel solito denaro perchè qui debbo pagare a chiunque mi stenda un braccio e tutto debbo far venire da Napoli e Dio sa che governo sistenza affettuosa dei suoi

:

Castromkdiano, opera citata^ voi. 2», pag. 144. Lettera esistente presso la famìglia Pironti e da essa gentilmente comunicatami. (1)

(2)


401 si

me

da questa gente. „ Finalmente una marzo 1859 ordinò il passaggio nel carcere del suo circondario; ma anche

fa di

ministeriale del 30 di lui

quest'ordine restò senza

ed egK

effetto

dovette

ancora continuare la misera vita nella galera di Nisida al pari di Pasquale Lamberti, che rimase parecchi mesi ancora nella galera di Precida. III. Intanto

il

22 maggio 1859 moriva in Ca-

serta dopo tormentosa malattia

Suo

figlio

Francesco II saliva

vive preoccupazioni per

essi le

trarono in trionfo.

Il

rare

maggiormente

re l'erdinando.

trono tra

le

più

successi degli eserciti

i

6 giugno

alleati contro l'Austria. Il

Magenta apriva ad

il

al

la vittoria di

porte di Milano, ove en-

conte di Cavour, per assicu-

le sorti della

guerra,

voleva

Piemonte il giovine ripugnava profondamente lo schierarsi sovrano, cui contro l'Austria. In mezzo a tante difficoltà, Fran-

indurre ad un'alleanza con

il

cesco II vide giunto l'istante di chiamare al gogiusta

verno,

il

consiglio

datogli negli estremi

momenti dal padre, il generale Carlo Filangieri. Questi propugnava un mutamento radicale nelindirizzo del governo e specialmente un accordo completo con il Piemonte e la concessione delle franchigie costituzionali. Il nuovo ministro prevedeva ardito

i

grandi ostacoli che

programma

;

ma

si

opponevano a

si

confidava di superarli gra-

datamente ed intanto, per

conciliarsi le simpatie

e l'appoggio della parte liberale, cambiava molti

Napoli e nelle provincie.

funzionari politici

in

Vennero tramutati

in gran parte gli intendenti

i

Botto- intendenti;

fra

l'altro

ed

nella provincia di


402

Salerno dove, con decreto del 30 giugno, in luogo dell'intendente cav. Salvatore Mandarini trasferito

a Caserta, andò

cav. Francesco Morelli antico

il

magistrato allora intendente nell'Abbruzzo ulte-

In pari tempo

governo disponeva l'animo del re ad atti di clemenza verso i compromessi politici. Un decreto reale del 16 giugno 1859 (2) condonò la pena residuale a i condannati riore

a

i

(1).

il

a la reclusione, a la relegazione ed a la

ferri,

non contemplati nei marzo 1859 (3). di quel provvedimento conseguirono 25 giugno successivo numerosi con-

prigionia per reati politici

decreti del 27 dicembre 1858 e 18

Per

effetto

la libertà

il

dannati, tra

i

della

quali,

provincia di Salerno,

G. B. Del Buono del comune di Futani, Giuseppe Cairone di Cicerale, Pasquale De Luca di Catona, Carmine

Magno

tonio Agrillo di Matonti, Eboli,

i

quali però

di Camelia,

Francesco

subirono

il

Angelo An-

Romano

di

domicilio forzoso

nei loro paesi.

Del provvedimento sovrano, cbe condonava a i condannati la pena residuale dei ferri, avrebbe do-

(1)

Giornale delle

Due

Sicililie

del

9 luglio

1859. Il

Mandarini era stato destinato a Salerno pochi giorni prima, cioè

il

9 giugno.

Giornale delle due Sicilie dello stesso giorno. (3) Il decreto 28 dicembre 1858 aveva, come ho detto nel cap. l4o, commutato la pena dei ferri in quella dell'esilio al Poerio e ad altri novanta condannati. L'altro (2)

decreto del 18 marzo 1859 conteneva, come ho narrato in questo stesso capitolo, eguale provvedimento per altri

cinquantotto rei di Stato.


403

vato godere anche

Pironti.

il

La

famiglia di

ansiosa di rivederlo libero dopo tanti anni,

si

lui,

diede

pratiche necessarie con la coope-

a,d affrettare le

razione specialmente del suo congiunto Giuseppe Belli, il

quale scriveva al Pironti, ancora in Nisida,

il

7 luglio 1859

vrana risoluzione cata

all'

"

:

Stamattina è pervenuta la so-

(1)

e in breve ora

ispezione, la quale

beratorie per te

e

ha

si

è comuni-

fatto subito le

per Lamberti.

li-

Potrò venire

prima ora per rilevarti, al più tardi „ Ignoro quali ostacoli sopravvennero rimanere il Pironti a Nisida fino al febfare per braio del 1860 quando fu inviato a domicilio forzoso a Monterò suo paese nativo. Tornò finalmente libero in Napoli soltanto nella primavera successiva accolto con vivo entusiasmo da la cittadisabato

a

domenica.

nanza.

Invece per

il

suo compagno Pasquale Lamberti,

compreso nella stessa ministeriale, non si incontradifficoltà. Il 13 luglio 1859 giunse a l'ospedale di Procida, ove egli si trovava ancora inrono

fermo, l'ordine di liberarlo. Corsero colà

moglie di

ed ebbero

lui Nicoletta

la gioia

la

Bianchini con tre

di ricondurlo

il

povera

figliuoli

giorno 23 in

Salerno, antica loro dimora.

In virtù dello stesso decreto del 16 giugno 1859 vennero prosciolti da la relegazione i due fratelli Lucio e Salvatore Magnoni da Rutino, Pompeo

(1)

Ministeriale del 7 luglio 1859, N. 2969, che ordinava

la liberazione del Pironti.


404

De

Angelis e Nicola Durazzo da Castellabate, Do-

menicantonio Bronzo

da Acquavella,

Giuseppe

Ametrano da Aquara, Giuseppe Farro da Capaccio,

Nicola Pecori e Vincenzo Pirrone da Sacco,

Cosmo

Angelo Cavallo da

Postiglione da Eboli,

Trentinara, Michele D'Alto di Diano ed Alfonso

Dragone da telleria.

S. Cipriano

che erano quasi

tutti

a

Gaetano Capezzoli che era alla PanFurono il 25 giugno trasportati a la

Ventotene

e

darsena di Napoli e di lĂ nelle carceri della polizia ove stettero parecchi mesio L' intendente di Salerno, con nota del 31 gennaio 1860, dichiarava

che sarebbe stata grave nella provincia li

i

relegati

imprudenza far restare ad essa appartenenti e

faceva inviare a domicilio forzoso in vari co-

muni specialmente a Mercato Sanseverino, ronissi

a Ba-

ed a Montefusco sotto rigorosa

sorve-

glianza.

IV. L'indulto del 16 giugno escludeva però espli

citamente

i

condannati compresi nel decreto del

18 marzo precedente, che aveva commutato per cinquantotto individui la pena residuale dei ferri perpetuo dal regno provvedimento rimasto ineseguito come ho precedentemente narrato. Bisognava pure prendere una risoluzione per costoro che languivano tuttora nelle galere dopo il provvedimento sovrano Lasciarveli ancora sarebbe stata una vergogna da sollevare giustamente nuove nell'esilio

:

!

ire e proteste

contro la corte borbonica

!

Libe-

completamente non si voleva perchè sembrava pericoloso. Dopo alcuni mesi di incertezze e di perplessità si ricorse ad un mezzo termine: rarli


405

quello di facoltarli a scegliere tra Pesilio ed

il

do-

micilio forzoso. Quasi tutti naturalmente prescelsero

un Con29 agosto 1859, sottoscrisse un decreto con cui disponeva il loro invio a domicilio forzoso, ove difatti furono inviati il Carnevale, il Senese, il Lerro, il quest'ultima proposta, e Francesco II, in

tenuto in Quisisana

siglio di Stato

il

il Pastore, il FeroUa, il Ginnari ed il Barone. Quest'ultimo nell'ottobre successivo venne

Picone,

trasferito a Chieti.

V. Nello stesso giorno 16 giugno 1859, in cui si

era provveduto a favore dei condannati a

e a la relegazione,

con

il

quale

"

si

concesse

tasette individui che

condotta da

il

i

essi serbata nei politici

due

ferri

rimpatrio a centotren-

trovavano a

si

degli anni 1848 e 1849 „ (1). ciliani, tra i quali Stanislao

Cordova,

i

pubblicava un altro decreto

si

fratelli

Campo

l'estero

Erano quasi e

per la

sconvolgimenti tutti si-

Canizzaro,

Filippo

Domenico

Piraino,

pochissimi delle provinole continentali del regno. Il

De

Sivo scrive

"

in virtù di tale

provvedimento

rimpatriarono cento trentasette fuorusciti e poco

stante altri cinquantatre tori

gratitudine

si

di congiura-

pararvi la rivoluzione

Romeo ed

i

quali per

sparsero tosto nelle provincie a pre-

Ricciardi ad Avellino, il

schiuma

o lance del Cavour e del Mazzini,

il

:

il

il

Mazziotti a Salerno,

Musolino in Calabria ed

altri nelle

Puglie, in Terra di Lavoro e in Abbruzzo

(1)

(2).

Pubblicato nel Giornale dette due Sicilie del 25 giu-

gno,^1859. (2)

il

Petruccelli in Basilicata,

Opera

citata, voi. 1°, libro

XVI, paragrafo

24.


406 Il

decreto per

centotrentasette esuli

i

modo né

in alcun il

Petruccelli,

decreto

ne

il

quantatre

il

Ricciardi, né

ne

i

Romeo. Del

che riguarderebbe

non

esuli,

Mazziotti, ne

Musolino,

il

successivo,

siciliani

ma non menziona

è inserito nel giornale ufficiale,

vi

è

traccia

altri

cin-

nel giornale

né io sono riuscito ad averne sicura noDubito quindi che il De Sivo, scrittore

ufficiale, tizia.

iniquo e partigiano nei giudizii, diligente ed accurato nei

fatti,

sia

ma

d'ordinario

caduto in grave

errore. Il

decreto, che concedeva

totrentasette esuli

" si

il

rimpatrio a

i

cen-

riservava di provvedere per

coloro che faranno pervenire suppliche e che pro-

metteranno di vivere a l'ombra delle nostre leggi, come ad ogni onesto suddito si conviene „. Difatti ebbero luogo, con provvedimenti separati, simili concessioni: fra gli altri a Michele Aletta. La moglie e i due figli di lui, che si trovavano a Salerno nel più squallido abbandono, si presentarono supplichevoli

al

commossero

il

di pietà per

e quasi cieco.

Un

re in Quisisana e lo loro genitore decrepito

decreto del

19 dicembre 1859

fece grazia a lo sventurato vecchio che s'imbarcò

Genova per Napoli, donde fece ritorno San Griacomo suo paese nativo (1). a

(1)

Archivio

scio 3873.

Dopo

di il

Napoli Ministero 1860,

per dargli

esteri,

modo

in

Monte

espulsi, fa-

di sostentare

la vita fu impiegato, nonostante la sua età, nelle poste.

Mori nel 3 luglio 1868

in Napoli nella sezione di S. Ferdi-


407

Varii condannati inoltrarono

tenne

il

per

suppliv^he

Non

rimpatrio ed alcuni di essi l'ottennero.

il

l'ot-

Nisco allora in Malta. Egli, mediante un

passaporto nell'isola,

rilasciatogli

parti

il

console

dal

12 luglio 1859

piemontese sul piroscafo

francese Pausilippe ed approdò a Livorno donde

prosegui per Firenze. Ivi trovò il

il

Poerio,

il

Braico,

Castromediano, suoi compagni di galera,

Set-

il

marchese Dragonetti, Ferdinando Fonseca, Carlo Gemelli, Federico Quercia, Francesco De Blasiis ed tembrini, lo Spaventa,

G-irolamo Ulloa,

Enrico Pessina. In Firenze

il

il

Nisco collaborò al

La

Nazione (1). VI. Il giovane re Francesco atterrito da gli avvenimenti, massime da le vittorie degli eserciti alleati e da le rivoluzioni avvenute nell'Italia centrale, con atto del 25 giugno 1860, dopo premure degli ambasciatori di Francia e di Inghilterra da breve tornati a Napoli, promise gli ordini rappresentativi (2), una completa amnistia per i delitti politici ed un accordo con il Piemonte. Il giornale

Ministero Spinelli, sorto in seguito a

tali

promesse,

collocava a riposo, con decreto del 29 giugno,

nando, lasciando

la

vedova Carolina Cuttica, una

i

più

tigiia

a

nome Francesca, maritata ad Antonio Ferrante di Salerno, modesto operaio, ed un'altra figlia a nome Maria, vedova

di Giovanni Di Bella di Salsano. Bicordi del Nisco, precedentemente citati, pag. 140. (2) Come è noto, con decre^jo reale del 1° luglio 1860 richiamò in vigore lo Statuto del 1848 e si formarono (1)

si i

collegi elettorali per la

nomina

dei deputati.


408

famosi commissari di il

Campagna ed

il

polizìa, tra

i

quali

Morbilli e cambiava

politici nelle provincie. Il

Merenda,

il i

funzionari

giorno 27 dello stesso

Romano, da assumendo da prima

mese entrava nel governo Liborio pochi anni tornato da il

l'esilio,

dicastero della polizia, poi, con decreto del 14 lu-

glio

anche quello dell'interno.

d'esilio,

sao compagno

Il

l'aw. Domenico Q-iannattasio andava

il

10 luglio intendente a Salerno, sua citta nativa, in luogo del Morelli richiamato nella magistratura.

Qn "

decreto reale del 30 giugno 1860

Fazione penale per tutti

(1)

abolì

giudizi per imputa-

i

zione di reato politico e condonò ogni pena principale ed accessoria pronunciata per tali delitti

„.

In seguito a questo provvedimento ebbero completa libertà tutti coloro che per tate trovavansi

negli

ergastoli,

condanne nelle

ripor-

galere, in

carcere, relegati nelle isole o a domicilio forzoso.

Tra questi ultimi Felice Barone di Eboli ed Angelo Pavone di Torchiara. Entrambi tornarono liberamente a VII.

Il

i

loro paesi.

decreto di amnistia condonava,

tra

le

anche quella dell'esilio e " facultava a rientrare nel regno coloro che per disposizione di prevenzione motivata da politici addebiti ne

altre pene,

erano

usciti „.

L'amnistia

quindi

comprendeva

che fossero fuggiti a l'estero per non espiare condanne o per non sottostare a

tutti gli esuli, sia

(1)

Giornale costituzionale delle

glio 1860, n. 143.

Due

Sicilie

del 2

lu-


409 processi, sia che vi fossero stati indotti

da timore

di arresto o di persecuzioni.

Parecchi emigrati erano già tornati in

per concessione sovrana: tra

gli

altri

patria

famoso

il

medico Vincenzo Lanza che aveva presieduto

la

riunione preparatoria dei deputati in Monteoliveto

Amodio (1), il Giannattasio e Liborio Romano come precedentemente ho narrato. La Gran Corte di Salerno il 3 lu-

il

15 maggio, l'ex deputato

1865 applicò l'amnistia a molti compromessi i quali i due fratelli Coco di Perdifumo, Nicola Causale di Corleto, Ernesto Del Mercato, Filippo Patella, Leonino Vinciprova, Giovanni De Angelis, F. P. Del Mercato, Giuseppe Caputo e Giovanni Guerrieri. Gli avvenimenti di Napoli e sovratutto la pròglio

iscritti nell'albo dei rei assenti, tra

messa

di re Francesco, di

monte, turbava

gli

esuli.

un accordo con

il

Pie-

Essi ricordavano che

pochi mesi prima la Corte borbonica non aveva voluto accettare, dopo la morte di Ferdinando le

proposte

Ora

il

di

nuovo sovrano

si

apprestava ad olfrire ciò

che egli stesso aveva respinto le

proposte

il

conte di Cavour?

(2).

Avrebbe accolto

Temevano

cui ormai balenava quasi sicura la

(1) Il

De

gli esuli,

speranza

Sivo indica, tra coloro che nel 1856

facoltà di tornare in patria, Carlo Pisacane che fittò del

permesso

II,

alleanza rivoltele dal Piemonte.

e

di

ebbero

non

mori poi a Sanza, opera citata,

pro-

voi. I,

pag. 420. (2) Il

12 luglio 1860 partirono

per

Torino, per trat-

tare l'accordo, gli inviati napoletani Winspeare e

Manna.


410

una

che l'eminente statista piemontese,

Italia unita,

preoccupato dell'eventualità di una nuova guerra contro l'Austria, potesse fare buon ferte (1) e vollero, per

contro

fra loro, protestare del

Piemonte con

L'occasione

si

ogni possibile intesa

Corte di Napoli.

la

presentò presto propizia.

Camera

tendosi nella

viso a le of-

mezzo dei più autorevoli

dei

deputati

Discu-

a Torino

il

29 giugno 1880 un disegno di legge del governo per un prestito, il Mancini ed il Poerio, allora protestarono

deputati,

Corte borbonica.

Il

contro

le

richieste della

Poerio, tra l'altro disse:

" Il

governo di Napoli iniquamente e codardamente operando cangia ora politica, chiede rifugio presso questo governo e ne vuole l'assistenza. Ma ogni alleanza deve mettere avanti le sue condizioni Quali sono quelle del governo di Napoli? Il tradimento e lo spergiuro „ (2). Parve necessaria una riunione di emigrati napoletani e siciliani per intendersi circa la loro azione il 4 luglio 1860 Ferdinando Fonseca. Grli

nel regno e venne tenuta in Firenze in casa di

uno

intervenuti

non aderire

si

di essi,

trovarono concordi nel concetto di

al

governo costituzionale

sco II e di propugnare

(1) Il

Cavour scriveva

Lafarina

infatti al

di

France-

delle provincie

l'unione

il

14 agosto

del 1860 di ritenere certa la guerra con l'Austria ed in

una

lettera successiva

striaci

soggiungeva

stanno per passare

le

Alpi

».

:

«

sessanta mila au-

Lafarina, Epistolario,

voi. II, pag. 416. (2) Atti

parlamentari, seduta del 29 giugno 1860.


411

napoletane

un

al

Piemonte. Si deliberò di rivolgere

indirizzo a

popoli delle

i

di impedire che

Due

Sicilie a lo

parte liberale

la

tata a le tardive concessioni del

scopo

fosse acquie-

si

nuovo

re. Il Set-

tembrini, per incarico di tutti

i

convenuti, scrisse

l'indirizzo nel quale diceva a

i

Borboni:

regnato abbastanza via carnefici che

non avete fede

;

via bombardatori

"

Avete

di popoli,

non avete dignità di principi, di galantuomini, non avete senso

ed umanità di uomini

„ (1).

Stimavano alcuni degli esuli che essi, respingendo le concessioni della Corte borbonica, non dovessero per sentimento di coerenza e di lealtà rientrare nel regno. Alcuni di loro

non avevano

fede nel governo di Napoli e temevano, tornando colà,

di

essere

arrestati (2).

Altri

circostanze familiari, per bisogno,

non sapevano patria ed partir Il

i

resistere al desiderio di rivedere la

ma

congiunti;

avrebbero voluto non

soli.

Settembrini nello scritto citato espresse così

le loro incertezze:

cordarsi in

nare

invece per

per nostalgia

un

"

Tutti gli esuli vorrebbero ac-

consiglio

rimanere. Io per

comune

e decidere se tor-

me credo che questo accordo

generale sia impossibile. Chi può dare un consiglio

(1)

Nisco, Francesco II, pag. 65.

tembrini è

riferito

Lo

integralmente dal

scritto

del

Set-

Salazaro, opera

citata, pag. 41. (2) Questi timori manifestava, tra gli altri, Bertrando Spaventa, allora a Bologna, per suo fratello Silvio in una

lettera dell'S luglio 1860. Croce,

opera

citata,

pag. 291.


412

a tanti esuli?

Dopo

dodici anni di

di fame, di dolori di ogni specie,

una porta per tornare

esilio, di miseria,

apre finalmente

si

e rivedere la cara patria e

e le madri ed ogni persona diletta: può dire a chi ha tanto sofferto e soffre anchi cora non tornare e soffri un altro poco

i

figliuoli,

chi

:

:

torna accetta in parte quello che tanto senno ha

opera se la polizia,

i

Borboni ed

popolo con

il

può

Chi

rifiutato.

dire: va

loro

i

ed

cagnotti

possono costituzionalmente incarcerare chiunque loro capita nelle unghie? Non è solamente questione di fare,

ma

ancora di doveri e di

afìetti

che sono anche sacri. Però consiglio non bisogna chiederne, ne darne: ognuno faccia quello privati,

che coscienza gli detta. Una cosa dobbiamo far tutti: operare^ operare per toglierci dal collo i Borboni e fare l'Italia. Chi crede di poter meglio operare

li,

vada ed operi

:

chi no,

no

chi poi vuol

:

sapere la via più breve e più bella, vada in Sicilia dal Garibaldi

„.

Spaventa dopo aver chiesto circa il ritorno in patria il parere del governo piemontese, scriveva in una lettera del 9 luglio da To" Tutta la querino a suo fratello Bertrando stione ora sta che Napoli conservi il contegno Silvio

:

che

si

delle

trova di aver preso, concessioni

e

che

si rifiuti

aspetti

all'attuazione

che

Q-aribaldi

venga. Se essa si mostra riconciliabile con i Borboni, difficilmente Garibaldi passerà, impedendolo la diplomazia e difficilmente l'impresa può riuscire, caso

esuli

deve

che possa tentarsi.

avere

principalmente

Il

ritorno degli

questo

scopo,


413

mantenere

paese nel contegno preso ; se

il

alle elezioni, astenersi; se si farli

dimettere

ed

eleggono

i

si

giunge

deputati,

eleggere deputati impossibili

in Napoli e che per

il

significato

del loro

nome

dicano ciò che Napoli vuole, per esempio Cavour, Farini etc.

A

Vili.

(1).

questi

intendimenti corrispondeva

pensiero del Cavour che

il

12 luglio 1860

il

scri-

marchese D' Azeglio ambasciatore a J'ai engagé tous les ómigrós napolitains à rentrer chez eux pour y proposer le pro-

veva al Londra:

grammo

"

national. Poerio toutefois refuse de ren-

trer à Naples, tant

trone. Cela a

un bon

que

Bourbons seront sur

les

que

et surtout à l'Angleterre,

nétes n'ont aucune

du

roi

le

Cela prouve à l'Europe

còte.

les

libéraux hon-

confìance dans la bonne foi

(2).

I più autorevoli tra gli esuli consentivano pie-

namente nel programma

del Cavour. Giuseppe Pi-

da Torino al D'Agoverno di qua crede che sia utile che gli esuli rientrino almeno per alquanti mesi e questa è pure la mia opinione. Conviene a noi lasanelli scriveva in quei giorni " Il

yala:

sciare in questi

momenti

il

nostro paese senza

il

nostro aiuto ? Io dunque partirò nella settimana

(1)

Croce, opera citata^ pag. 292. Un decreto reale del convocava il Parlamento pel 10 settem-

lo luglio 1860

bre 1860. (2) N. Bianchi, Lapolitique ducomte de Cavour, pag. 370Chiala, Lettere di Cavour, 371


414

entrante e spero che la più gran parte degli esuli faccia altrettanto

(1).

Per alcuni esuli la ripugnanza a tornare nel regno sotto il governo dei Borboni restò invincibile. Cosi per il Poerio e per Giacomo Tofano nonostante le vive premure ad essi rivolte da i loro compagni di sventura e da i loro congiunti di Napoli

(2).

IX. Partirono da Genova per Napoli, tra i primi, gli esuli calabresi Luigi Promio di il 9 luglio, Cassano, Giovanni Mosciaro, Giuseppe Tripepi e Raffaele Travia da Reggio, Gregorio Filace di Laureana e Carlo Pavone di Torchiara. Questo

uno dei deportati di Cadice, si era trattenuto varii mesi a Londra (3). La sera del 13 dello stesso mese si imbarcarono ultimo,

a Genova per Napoli sul piroscafo Capitole delle Messageries imperiali Silvio Spaventa, Carlo Mez-

Ruggiero Bonghi, i fratelli Gennaro e Francesco De Filippo, Antonio Tripoti, Cesare Oliva, Gaetano Giardini, Carlo Romualdi, Giuseppe Ricciardi; Leonino Vinciprova, Pier Silvezacapo,

D'Ayala, Memorie, pag. 282-284. Cosi pure pensava Spaventa (Croce, op. cit, lettera dell'S luglio). (2) Tofano, Lettera a gli elettori di Cesena ed Airola del 18 gennaio 1861. Il Tofano, portato in quei due col(1)

Silvio

legi, risultò eletto nel

zionale delle

sivo

secondo di

essi.

Arrivi del 9 luglio da Genova {Giornale costitu-

(3)

i

Due

Sicilie dell'll successivo).

nomi degli

Salerno.

esuli

Segno

in cor-

appartenenti a la provincia di


415 stro Leopardi,

il

barone Francesco MazzioUi, Giu-

seppe Pisanelli, Giovanni Car^^wcci, Gaetano, Odoardo G Giuseppe Sarnelli, Antonio Ciccone, il duca di S. Donato, Carlo

De

Angelis, Giuseppe del Re,

Francesco Serao, Valerio relli,

Domenico

Foti,

Achille

dell'Antoglietta,

Zampa-

Federico

della

Monica, Nicola Mignogna, Nicola Paolesi, Francesco Sargentini, Diego Baderò, Filippo Falconi, Luigi Ruffini, Barone Vittorio Ciambella, Giuseppe

Antonio De Biasio, Salvatore Faucitano, Gaston e Cristoforo Muratori che veniva da Marsiglia. Su lo stesso legno si imbarcarono a Livorno Libertini,

Pietro Marrelli, Francesco

Bernardo Bonolis, Giuseppe Fiorelli, Ippolito ed Eugenio De Riso, Giosuè Vespoli, Giovanni De Falco, Carlo Mezza.capo dei marchesi di Monterosso, Enrico Berardi, Giuseppe Vacca, Nicola Nisco, Domenico Lopresti, Gennaro Bomba, Leopoldo Perez De Vera, Gaetano Vanacore (1). Snl medesimo piroscafo viaggiava Emilio Visconti Venosta inviato dal Cavour in Napoli. Il 23 si imbarcarono a Genova per Napoli sul piroscafo Pausilippe Francesco Carrano, Camillo

Boldoni, Michele Mastrilli, Angelo Pellegrino,

il

Vincenzo Carbonelli. Ed a Livorno il marchese Gioacchino Salluzzo, Mariano d'Ayala, Girolamo Ulloa, Giuseppe De Simone, Luigi Acquaviva duca d'Atri, barone Saveria Fava,

(1)

Luigi Indelli

Giornale costituzionale del regno

del 19 luglio 1860, n. 156.

e

delle

Due

Sicilie


416

Demetrio Salazaro, Gennaro Béllelli^ Saverio Altamura con il figlio, ed il marchese Di Bella (1). Il 24 luglio giungeva a Napoli da Malta Claudio Del Bene, napoletano Il

(2).

30 luglio sbarcarono in Napoli da Genova

Luigi Zuppetta, Vito Porcaro, Francesco Frocen-

Simone Capodieci, Raffaele Salerno di Castroviìlari, Pietro, Giovanni Andrea e Domenico Romeo da Livorno Pasquale Villari, il barone Giacomo Coppola. Il 5 agosto da Genova Emilio Petruccelli, il 6 da la stessa provenienza Carlo Mileti, Licurgo Cavallo, Angelo Camillo De Meis, Diomede Marvasi, Francesco De Sanctis, Gaetano Cammazano

(3),

;

rota,

Girolamo e Luigi Falumbo, Giuseppe

cenzi; da Livorno Aniello

Ven tra,

Raffaele Pirla, Bernardo Ranalli.

De

Vin-

Filippo Abignenti,

Su

lo stesso piro-

Giuseppe Zannardelli. Il giorno 9 giunsero da Genova Raffaele Conforti, Biagio Miraglia, Francesco Mandoi Albanese, Angelo Raffaele Lacerenza, ed il 13 parimenti da Genova Luigi Mezzacapo, Francesco Materazzo, Ernesto Bianco, Vincenzo Oliva, Valerio Del Mercato, Angelo Sessa, Giovanni La Cecilia col figlio Cesare, Salvatore Tommasi, l'insigne fisiologo abbruzzese, Diego Taiani ancora vivente. Il 16 agosto da Marsiglia Emilio Maffei della Basilicata scafo andò in Napoli

(1)

Giornale indicato.

(2)

Idem

del 26.

Tornò a S. Cipriano suo paese nativo 4 giugno 1871. (3)

e vi

morì

il


417

ed

il

27 da Genova Nicola Antonio

Causale di

30 successivo parimenti da Genova Emanuele Leanza, che per tanti anni era stato in galera per delitto politico, e Bonaventura Mazzarella, pugliese, bravo patriota divenuto famoso dopo il 1860 per le sue argute e frequenti interCorleto. Il

ruzioni nella

Camera

dei deputati. Il 2 settembre

da Genova Ulisse De Dominicis, Ferdinando Fonseca, Filippo Delfico abbruzzese, Giovanni Cozzoli pugliese, ring. Ettore Alvino

cenzo

Dono da Teggiano.

di

Napoli e Vin-

Quest'ultimo, dopo l'en-

trata di Garibaldi in Napoli, divenne ispettore di

pubblica sicurezza: ufficio che tenne fino alla sua

morte avvenuta figlie.

il

19 dicembre 1875. Lasciò due

Concetta e Filomena entrambe maritate

Soltanto

il

scafo Conte di Cavour,

Mancini ed

(1).

19 ottobre 1860 tornarono, sul piroil

altri di cui

Poerio,

ignoro

i

il Tofano ed il nomi (2). Erano

a riceverli numerosi parenti ed amici.

Ognuno

di questi

cittadinanza suscitava

espansive

napoletana

in il

esuli

nelle

(1)

A

con

I'

anime meridionali ritorno, dopo tanti

che avevano logorato tria,

la

da la entusiasmo che

era festeggiato

vita,

ed uomini

aperte di

per amore di pa-

La commozione

galere e nell'esilio.

Tegiano sua patria vivono

cosi

anni,

i

figli di

suo fratello

Vincenzo.

PiERANTONi Mancini Grazia, Impressioni e ricordi, Non designa che quei tre nomi. Nel Giornale due Sicilie non sono indicati gli arrivi di quel giorno.

(2)

pag. 170. delle 27

—


418

diveniva più alta par la presenza delle famiglie degli esuli le quali potevano finalmente dopo lunghi dolori e privazioni riabbracciare

Una

i

loro diletti.

delle più splendide dimostrazioni accolse

numerosi

proscritti giunti

16 luglio

il

(1).

i

I gior-

ad essi un reverente saL'Omnibus del 18 luglio

nali della città rivolsero luto. L'antico

scriveva "

giornale

:

Salutiamo con gioia

il

rimpatriare che fanno

questi martiri di un' idea, la quale trionfa ora fra

noi e facciamo voti perchè questo ritorno sia pegno

tempi migliori.

di novella concordia ed inizio di

Che il

nessuna crudele reminiscenza venga a turbare

bel sereno di questi giorni e l'intera

dimenti-

canza dei passati dolori sia il primo sacrifìcio degno di liberi tempi e di uomini liberi. A questo

modo

l'avvenire sarà per noi

Il Racioppi, in

tempo da quei

un lavoro

„,

scritto

giorni, dice: "

tranti in trionfo pareva

non

A

dopo breve

gli esuli rien-

difficile

il

compito

assunto: perchè rientravano salutati dal plauso di tutto

un popolo:

tirio

nobilmente per

col credito

che impronta

il

mar-

la patria sofferto: col presti-

aggiunge l'ingegno temperato all'esperienza degli uomini e gio che ai durati dolori per la

delle

cose

:

patria

col riflesso della luce di quella libera

e nobile terra del Piemonte, ove tutte le aspiru-

De Cesare, La fine di un Regno, voi. 2°, pag. 264. D'Ayala nelle Memorie narra la dimostrazione fatta 23 luglio a l'arrivo suo e dei suoi compagni. (1)

Il il


419 zioni degli italiani petti

Non

dodici anni.

paese apri

le

un

ma

di,

si

erano appuntate per

imposero

braccia a riceverli

non fu

rivoluzione di

essi si

per

:

al

paese

:

ma

il

e la festa della

dello Statuto risorto alla vita il

ritorno degli esuli, mente,

braccia e cuore dell' italica famiglia

„

(1).

D'Ayala che nel pomeriggio del sei raccolti su la nave regia sarda Maria Adelaide il Pisanelli, lo Scialoia, il Mezzacapo ed alcuni altri esuli napoletani da breve tempo tornati nel regno (2). Sotto i loro occhi si compieva un singolare avvenimento! Il re Francesco II, il discendente di una dinastia che aveva regnato nel Mezzogiorno d' Italia per ben centoventisei anni, abbandonava per sempre la sua capitale su una piccola nave, senza combattere, senza un tentativo di resistenza! Sventurato principe che espiava in un istante colpe non sue! Era finita per quelli esuli una vita di amarezze e di Narra

il

settembre erano

dolori, che

incominciava

invece

sovrano, riservato dal destino

per

il

derelitto

a morire in terra

lontana, nello sconforto e nell'oblio.

(1)

Moti

della

Basilicata

e delle

2* edizione, pag. 111. (2)

Memorie, pag. 316.

Fine.

provincie contermini,



APPENDICE

Lettera di Luigi Leanza a la moglie quando la GRAN Corte di Napoli stava per pronunziare la condanna a morte di lui (documento indicato a pag. 108 di questo volume).

Mia cara Mentre

la

ed aifezionata moglie^

G. C. decide della mia sorte, e forse a que-

avrà sentenziata la mia morte, io con animo tranquillo prendo la penna per intrattenermi teco un' altra st'ora

volta e forse l'ultima.

Io non pavento la morte, più volte l' ho sfidata sui campi di battaglia, al passaggio della Beresina, nelle pianure di Lipsia e sul Faro, allorcliè militavo fra le scLiiere del primo capitano del mondo, ma ora sento impicciolito pensando al tuo cordoglio ed a quello il mio coraggio, dei cari ed amati figli ma sta pur certa che non si vedrà mai sul mio volto alcun segno di viltà saprò morire da forte e non lascerò a' miei figli la marca di essere nati da chi non ha saputo sopportare il martirio per la patria. Possa il mio sangue e quello dei miei compagni fruttare un giorno a quest'infelice paese quelle concessioni che il Principe concesse e giurò, e che una iniqua frazione ha manomesse ed attende la distruzione ;

;

dei veri amici dell' ordine

;

possano

i

loro odi spegnersi

nel nostro innocente sangue, e cessare solare queste belle contrade.

una volta

di de-


422

In questo giorno per ben due volte ho provato angomorte la prima nel dividermi da te, da Nicoletta e Giuseppina, la seconda nel partire ch'han fatto da me i cari Ciccillo e Napoleone lio inteso spezzarmi il cuore, e la mia fermezza è vacillata mi credevo più forte, ma lio conosciuto che l'affezione di marito e la tenerezza di padre sono di gran lunga superiori al mio coraggio. Mia cara Raffaella, qualunque sia la sentenza che verrà domani ad esser pronunziata sulla mia sorte, sopportala con coraggio, rammenta che i figli non hanno altro appoggio che te, tu sola sei la loro stella polare Hai in questa sventura conosciuto che i veri amici sono pochi ed i cari figli non possono contare che sopra di te sola. Unico tuo scopo deve essere il decoro della famiglia, sce di

:

;

;

!

;

l'educazione dei cari

Rammenta

loro

di essere onesti e

figli.

sempre

di essere attaccati all'onore e

buoni cittadini.

Se la mia vita va a terminare su di un patibolo ciò non reca disonore alla famiglia, la mia morte è chiesta per causa politica e non per delitto infamante. I miei figli potranno vantare il mio nome. Nella carriera delle armi mi distinsi, e mi feci rimarcare i bre;

che sono in famiglia e le decorazioni acquistate col prezzo del mio sangue lo attestano. Da privato ho vissuto onestamente le perquisizioni lette in pubblica discussione han dimostrato che per 63 anni di vita il

vetti

:

mio nome non

È

è

segnato sui registri penali.

superfluo raccomandarti Mariannina perchè tu l'ami

par di me, baciala più volte per conto mio. Benedico i cari figli un per uno, inculco loro di amarsi teneramente, ad esser con te rispettosi ed affezionati possa il sommo Iddio guidarli e farli figurare nella società. Se io non posso goderne ne godrai tu per me rammenta loro spesso il mio nome, di' loro quanto li amavo. Li benedico col cuore cento volte possa il sommo facial

;

;

;

tore benedirli dal cielo.

Napoleone è più ragazzo, te lo raccomando particolarmente il suo carattere vivace lo fa alle volte trasmo ;


423 dare,

abbi pazienza,

dolci

maniere

;

soffrilo

per

me

e riconducilo

a Ciccillo raccomando lo

con

studio, di gui-

dare il fratello e di fuggire i compagni facendosela sempre solo. Alle affezionate e giudiziose Nicoletta e Griuseppina raccomando caldamente te e stante i belli loro sentimenti son certo che avranno di te tutta la cura e

sventura piombata mia oh quanto vorrei dirti, ma taccio per non straziarti il cuore Possa il sommo Iddio darti forza e coraggio. Fino all' ultimo ti

saranno

di

sostegno nell'orribile

sulla nostra infelice famiglia.

Raffaella

!

!

momento

mia vita il mio pensiero sarà sempre a te, non proferirò altri nomi, che il tuo e in questi mole quattro papille care degli occhi miei menti supremi te lo giuro.

ed

di

ai cari figli e

;

Dai criminali mezzanotte

di

Castelcapuano giovedì 7 ottobre a l'

infelice

tuo marito

Luigi. Alla sifjnora D. Raffaella Leanza.

n. Lettera di Michele Pironti a suo fratello Luigi DA LA GALERA DI MONTESARCHIO (Pag. 251 cU questo

volume)

(1).

Ti scrissi sabato 9 delle mie

tristi

preoccupazioni in

ordine alla proposta che domenica 3 del corrente era stata fatta a venti

(1)

tani,

persone di questo bagno,

d'

andare coloni

Questa lettera come molte altre dei galeotti politici napolefurono copiate da una gentile giovinetto, di animo nobil-

mente

virile, figlia di Ferdinando Masoilli, di un patriota benemeingiustamente dimenticato. La famiglia Masoilli mandava lo lettere al Wrofoid corrispondente del Times, che per mezzo della ambasciata inglese le inviava al Gladstone per leggerle al Parlamento britannico. L'ardita giovane sposò dopo il 1860 Michele Pi-

rito

ronti.


424 nella

repubblica

argentina, e del nostro

diniego

di la-

abbiamo di caro sulla terra per entrare in una condizione nuova nella storia delle umane miserie, della quale da Wibefore a Madame Struwe non fu deplorata la più luttuosa. Dissi nostro diniego poiché, cosa incredibile e vera il mio nome, il nome di un emiplegiaco languente da due anni in fondo ad un ospedale e da quattro fra i dolori di fiero morbo famiglia e quanto

patria,

sciare

!

che mi consuma lentamente la

vita, si

trova nella

lista di

cotesti sventurati addetti a dissodare la gleba americana,

stanchi delle loro persone e privi dei loro averi capitali

(1)

per

avaramente anticipati da gente straniera, sotto

i

la

minaccia perpetua di rientrare colà in galera. So certo che in mancanza del nostro assentimento, che pur si chiedeva, non ne sarà più nulla di siffatto divisamente, anche perchè cosi da tutti si tiene ma è assolutamente necessario che il mio stato deplorabile si faccia noto alle autorità superiori, poiché la sventura di trovarmi in questa lista suppone l' ignoranza della mia triste posizione. Dico ignoranza poiché non può presumersi che vi siano uomini tanto alieni da ogni sorta di umanità e di religione da privare un condannato ed un inferme di quei ;

soccorsi e protezione, cui le leggi

mi danno

dritto.

Ma

perché un errore simile potrebbe portare per me conseguenze funestissime e ne potrebbe andare questo avanzo di vita, ho scritto alla signora Dono che volesse per me farne richiamo all'on, gen. Palumbo perchè il mio stato sia conosciuto dal ministero e non mi vegga da un momento a l'altro segno di qualche misura che nello stato mio sarebbe fatale. A suo avviso non mancare di recarti presto in Napoli

e fare presso

pervenire

i

il

generale suddetto e presso il ministero richiami ed esatta informazione dello presso la maggiorità esiste rapporto di

miei

stato mio che questa autorità, da cui è accertato. Comprendi bene quanta sia l'urgenza e l'importanza.

(1) Il

senso

non

è

chiaro,

fone manca qualche parola.


425

Ora

scrivo di

ti

un

altro

avvenimento che

ti

sembrerà

tenere dello strano e che per noi è stato cagione di non mediocre sorpresa. Dopo otto anni furono aperte le inaccesse porte del nostro carcere e

che non fossero

apparvero due esseri

ci

consueti visi degli aguzzini e dei gendarmi dei quali eravamo usi di leggere la minaccia e l'ol-traggio, se non ce ne avesse campati la inalterabile nostra i

prudenza e quella serena tranquillità con cui ci siamo serbati ad ogni strazio di fortuna. Erano dessi dvie negozianti inglesi Mr Turner e Mr G-uppy. Peichè e donde venissero è per noi un arcano, ma certo venivano da alto luogo ed ebbero 1' aria di voler visitare le nostre prigioni ed esaminare lo stato ed informarsi da ciascuno del come eravamo trattati. Presero conto delle nostre sofferenze ed ascoltarono la triste illiade lori,

dei nostri do-

poiché sebbene fossero accompagnati dalle autorità

tutte del luogo, né potessimo mettere in dubbio la inop-

portunità della compagnia, pure era tale la lealtà che ne proffersero e la cortesia, con cui cercarono di lenire la triste narranza de' nostri guai, che noi non credemmo di dissimulare

nulla della luttuosa

nostra istoria,

dis-

simulando per carità di patria e per onore della razza umana quello che ci parve convenevole fosse ignorato da stranieri, per quanto filantropi. Dalle loro parole condite de' più sentiti conforti, due cose raccogliemmo: l'una che dovevamo dimenticare il passato, così triste, nella speranza di un avvenire migliore l'altra che questa galera sarebbe continuata, ma si sarebbe cercato qualche alleviamento alle tante privazioni onde il sistema eccezionale ha aggi'avato le misere condizioni della stessa :

galera,

privandoci di abbracciare

le

famìglie

nostre, di

un occhio santuario domestico ed un ghi-

scrivere fìdentemente le nostre pene senza che

straniero penetrasse nel

gno malefico libro

Forse

onde ergere

la

supplizio, confortare

memoria

alle lagi'ime

irridesse

ciglio del tribolato.

ci

mente il

cuore

sarebbe

segrete

dalla perennità dall'

cadute dal

permesso qualche del nostro

assiduo morso

degli affetti da cui siamo stati distolti.

della


426

Ecco fratello mio, quanto dopo nove anni di lenta ago dopo perduto tutto tranne la nostra virtù e la dignità nella sventura, ci è permesso sperare. Ma la confidenza in Dio che finora ci ha salvi, non si smentirà giammai, essa prevale al proposito d'ogni mortale e visita il letto degli afi^annosi. Ti ho voluto scrivere questo episodio della nostra sventura per la strana sua verità. Sarà bene ? Sarà male ? Questo è ciò che non ci è dato presumere, ma in questo caso ultimo non sarà una presunzione, cui vogliamo ricorrere con la mente. A me giova ritenere di avere parlato a due uomini d'onore e le cose dette in loro presenza possono essere ripetute senza che ne abbia apprensione, poiché non temerei dirle, sul testimonio della mia coscienza, in presenza di tutte le autorità. Attendo con ansia nuove della sventurata nostra famiglia, di cui ti sommetto assiduo pensiero, sopratutto della povera madre mia, di questa veneranda vecchia e delle care sorelle. Ti stringo al cuore con tutti. Provvedi al più presto a ciò che sai essere di mestieri e rimettendomi al buon Dio che vorrà ragguardare ai nostri dolori sono nia,

tuo afi.mo fratello

Michele. Monte-sarchio, 13 maggio 1851.

III.

Elenco alfabetico dei sessantacinque condannati napoletani inviati a cadice per la deportaZIONE IN America (capitolo XIII di questo volume). 1.

Abagnato Giuseppe

2.

Agresti Filippo, di Napoli, id. di S. Stefano. Aletta Michele, di Monte S. Giacomo, id. id. Argentini Achille, di S. Agata dei Lombai-di,

3. 4.

Nisida.

di

Graguano, dal bagno

di Procida.

id.

di


427

bagno

5.

Barilla Felice, di Moiano, dal

6.

Bellantonio Francesco, di Reggio Calabria,

di Nisida. id. di S.

Ste-

fano. 7.

Bianchi Ferdinando, di Cosenza,

id. di

Nisida.

8.

Bozzelli Domenico, di Gragnano,

id. di

Procida.

9.

Braico Cesare, di Brindisi, id. di Montesarchio. Castromediano Sigismondo, di Caballino, id. id.

10.

11. Colafiore S.

Michelangiolo, di Reggio

Calabria,

id.

di

Stefano.

12.

Crispino Raffaele, di Napoli,

13.

Cuzzocrea Vincenzo,

di

id. id.

Reggio Calabria,

id. di

Pro-

cida. 14.

15. 16. 17.

18. 19.

20. 21. 22. 23.

Damis Domenico, di Cosenza, id. di Nisida. De Angelis Carlo, di Castellabate, id. id.

De Girolamo Camillo, De Simone Francesco,

di Aquila, id. di S. Stefano. di

Cosenza,

id. id.

Del Drago Giuseppe, di Bari, id. di Nisida. Dell' Antoglietta Domenico, di Lecce, id. id. Dono Vincenzo, di Tegiano, id. di Montesarchio. Esposito Antonio, di Gragnano, id. di Procida. Faivano Giustino, Prov. di Caserta, id. di Nisida. Falconi Filippo, di Leonessa, id. di S. Stefano.

24. Filaci Gregorio, di

Reggio Calabria,

id.

di Procida.

28.

Faucitano Salvatore, di Napoli, id. di S. Stefano. Garcea Antonio, di Catanzaro, id. di Montesarchio. Gerace Rocco, di Reggio Calabria, id. di Procida. Grillo Achille, di Teramo, id. di Nisida.

29.

Lamenza

25. 26. 27.

Stanislao, di Cosenza, id.

80. MafĂŹei Emilio,

di Basilicata, id.

31. Marrelli Pietro, di Aquila, id. 82.

Mascolo Gaetano,

33.

Mauro

34.

Mazzei Ignazio,

35.

di

Gragnano,

di Pi-ocida.

di Nisida.

id.

id.

di Procida.

Raffaele, di Cosenza, id. di Nisida.

di Tropea, id. di S. Stefano. Mollica Stefano, di Messina, id. di Montesarchio.

87.

Montani Pasquale, di Basilicata, id. di Procida, Morgante Rocco, di Reggio Calabria, id. di S. Ste-

38,

Nicolò Antonio, di Reggio Calabria,

86.

fano. id.

di Nisida.


428 39.

Notare Tommaso, di Sellingiano (Catanzaro) dal bagno

40.

Pace Giuseppe, di Castrovillari, id. di Nisida, Palermo Nicola, di Gretteria (Reggio Calabria) id. di Montesarcbio. Palumbo Girolamo, di S. Giovanni a Piro (Salerno)

di S.

41.

42.

id.

43. 44.

Stefano.

di Procida.

Palumbo Luigi, id, id. Pavone Carlo, di Torchiara,

id.

Angelo, di Aquila,

45. Pellegrino

id.

id.

di Nisida.

46. Pellegrino Luigi, di Castellabate (Salerno) id.

id.

Atena (Salerno;

id.

47. Pessolani

Giuseppe Maria,

di

di

Procida, 48. Petruccelli Emilio, di Basilicata, id.

49. Pica Giuseppe, di Aquila, id.

Angelo

di

id.

Montesarchio.

Castagna (Cosenza),

id,

Poerio Carlo, di Napoli, id, di Montesarchio. Praino Luigi, di Cosenza, id. di Nisida. Procenzano Francesco, di S. Cipriano (Salerno),

id.

60. Piccolo

Raffaele, di

di Nisida. 51.

52. 53.

di S. 54.

Stefano.

Porcaro Vito, Riccio G. B.

di Ariano, id.

id.

Torchiara (Salerno), id. di Procida. 56. Ruocco Raffaele, di Gragnano, id. id. 57. Salsa Angelo, di Savignano (Capitanata), id. di Nisida. 58. Schiavoni Nicola, di Manduria (Lecce), id. di Nisida. 56.

,

di

59. Serino Ovidio, di Carife (Salerno), id. 60.

Settembrini Luigi, di Napoli,

61.

Sodano Filadelfo,

62.

Sorace Francesco, di Reggio Calabria,

id.

di S.

di Pollica (Salerno)

id.

Stefano. id. id.

id.

di Nisida.

Spaventa Silvio, di Bomba (Chieti), id. di S. Stefano. 64. Travia Raffaele, di Reggio Calabria, id. di Procida. â‚Ź5. Ventra Aniello, di Terra di Lavoro, id. di Nisida. 63.


429

IV.

Stato numerico degli imputati politici nel giugno 1851.



Indice alfabetico dei

nomi

citati ael presente volarne

Abatemarco Domeuico 14. Abatemarco Gabriele 2. 3. 4. Abatemarco Pietrantonio2,3. Abbaguano Giuseppe 259.

Amodio Aniello 178. Amodio Pasquale 109, 409. Amodio Pietro 178. Amoroso Giuseppe 178.

Abignenti Filippo 2, 41, 42, 44,45,54, 120,313,314,416. Acerbi 364. Acquaviva Luigi 416. Acuti Angelo 228 a 231.

Anfora 380. Angelino Filippo

Adamo (d') Aniello 178, 179. Adamo (d') Fortunato 164, 166, 177.

Agostini Cesare 305. Agresti Filippo 11, 84,

85, 96, a 100, 214, 267, 272, 287. Agrillo Angelo Antonio 128, 132, 402. Albani Francesco Paolo 178.

Albarella Giov. Battista 14. Aletta Michele 140 a 142, 216 217, 251. 260, 272, 332. 406, 407. Altieri Carlo 36, 112. Altamura Saverio 311, 416. Alvino Gaetano 178. Amari Emerico 319, 365. 378. Amari Michele 297, 29S| 314, 319, 365. Amato Enrico 386. Amedei 293.

Ametrano Giuseppe 190, 404 Ametrano Ludovico 190, 242, Amodio Adamo 178.

18,

90 a 96,

102, 107, 122, 123.

Angherà Domenico Angherà Francesco

319. 318, 819,

369.

Anguillara 380. Antonetti Francesco 84, 85, 96 a 100, 188, 244. Antonini, marchese 381.

Arago Emanuele

330.

Arcucci 109. Arditi Giuseppe 81. Arese 341. Argentino Achille 386, 388. Argentino Filippo 324. Arpaia Felice 157. Assanti Damiano 25, 296, 315, 330, 346, 385.

Aurigemma Antonio

178, 179.

Avitabile Giuseppe 109, 379.

Avossa (d') Francesco 86. Avossa (d' Giovanni 2, 54, 102, 1

103, 114, 308 a 310.

Baderò Die^o 415. Badia Giuseppe 844. Baglivo (del) Antonio 167, 173, 182.

166,


432

Bagnato Giuseppe 333. Bajardi Gaetano 344.

Bonolis Bernardo 415. Bonora Pasquale 397.

Bajone 159. Baratta Filippo 179. Baratta Nicola 147, 148. Barbarisi Saverio 105, 107,

Borrelli Camillo 36. Bosso Pantaleo 384. Botti Aniello 128, 132,

13'

Giambattista

2, l

109, 110.

Bottie:lieri 55, "103.

Barilla Francesco 84. 85, 96,

Bove Michelangelo

100, 214, 257, 282. Barletta Giusej^pe 109. Barlotti Antonio 147, 148. Barini 203.

Bozzelli

Barone Felice 190, 191, 193,197, 203, 249, 369, 398, 406, 408. Basile Mattia 178. Bassi Cesare 111.

Battaglia Gabrisle 177, 179. Baudin, ammiraglio francese 18.

Begani. baronessa 311, 341. Belgioioso, principessa 24. Bellantonio Francesco 333. Bellelli

Gennaro

116, 121 a 123, 304 311, 346, 372, 385, 416. Belli Giuseppe 5, 403. Belio Domenico 158. Benato 338. Bentivegna Francesco 351, 352 379 380. Be'rardi Enrico 311, 346, 415. Bertani Agostino 321. 336, 360, 361, 365, 383. Bertolami 378. Biancheri Giuseppe 355. 2.

54,

Bianchi Ferdinando 257, 333. Bianchi Giovini 355. Bianchini Nicoletta 403. Bisignano Emanuele 386. Bixio Nino 383. Bianco Ernesto 416. Boccardo Saverio 293. Boggio Pier Carlo 330. Boldoni Camillo 321, 344, 415.

Bomba Gennaro

415.

Bonavoglia Raffaella

Bonghi Ruggiero 383, 386, Il4.

151. 324, 325,

4,

9,

56.

Francesco

Savei

333.

Bracale Gaetano 114.

Bracco Giuseppe 386. Braico Cesare 97, 99, 190,

li

203, 278, 286, 386, 407. Brandi Mansueto 157, 160 Brescia Filippo 178. Briol 19. 109. Bronzo D. A. 404. Bruccoy Alessandro 110.

Bruno Nicola

55.

Bruzzesi Vincenzo 167.

Bruzzo

384.

Budetti 112.

Buoi 337. Busacca Raffaele

383, 386.

Butera, principe 297.

Caccavale Paolo Emilio Caggiano Vincenzo 177,

1' 1'

182.

Cagnazzi Luca 19, 45, 105 Cairone Giuseppe 402. Calabritto

Tommaso

111, 1

Calderaro Daniele 158. Calvino Salvatore 319, 3 344, 387.

Cameroni Carlo 313. Cammarota Gaetano 386, 4 Campagna Giuseppe 88, 2 408.

Campaiola Carolina 149. Campaiola Giuseppe 149. Campanella Federico 285. Campello, conte 355. Campiglia Michele 178. Campo Achille 321, 388, 4 Campo Francesco 323, 3 388, 405.


433

Caunizzaro Stanislao 319, 322, 405.

Canoiari 326. 380. C^^ntalupo Pasquale 243. Capecelatro Francesco 222. Capodieci Salvatore 50. Capomazza, giudice 14. Capone Filippo 299.

Catalano Clemente 121, 122. Catalano Luigi 50. Catalane Pasquale 121, 122. Catalane Pietro 121. 122. Caucci Melara Filippo 320. Causale Luigi 50. Causale Nicola Antonio 151, 307, 308, 409, 417.

Capopizzo Rosario 147. Capezzoli Antonio 46 a 48. Capezzoli Gaetano 46 a 48,

Cavallo Angele 396, 404. Cavallo Licurgo 114, 308, 321,

190 a 193, 203, 398, 404. Capezzoli Luigi 46 a 48. Capriccio Angelo 62. Caprio Giuseppe 97, 99, 244.

Cavallo Luigi 190, 197, 203. Cavallo Vincenzo 207, 242. Cavour Camillo 326, 327, 331, 332, 342, 347 a 349, 3B4,

Caputo Domenico 147. Caputo Giuseppe 23, 24,

Celano Andrea 136, 137.

365. 370, 371, 377. 30,

Celesia Emanuele 384. Cely Colaianni Giambattista

304, 409.

Caracciolo, cav. 345. Carafa di Traetto 277,

288,

289, 381.

Carbonelli Giovami 222. Carbonelli Vincenzo 316, 322, 388, 344, 415.

Cardente Domenico 293. Carducci Costabile 54, 113. 126, 130, 131, 150, 155 a 158, 317, 326, 344, 345. Carducci Giovanni 30, 150, 304, 317, 362, 415. Carducci É-osa 49. Carducci Vittoria 49, 326, 327.

Carini

Giacomo

416.

299, 324, 386,

388.

Carnevale Lorenzo 190, 193 203, 398, 405.

Carrano Francesco 296, 316, 321, 344, 355, 368, 383, 415. Casillo, cemm. polizia 93. Castagno Pasquale 136, 137. Castaldi Federico 121, 122. Castiglia Benedetto 374. 375, 388. Castriota, avvocato 94, 122, 159.

Castromediano

Sigismondo, 193, 196, 197, 202 a 205, 226,

249, 260, 261, 280, 286, 333, 374, 386, 407.

5,

117.

Cenni Guglielmo 294, 321. Centola Giovanni 2, 111. Centrino 199 Chiappetta 197, 199. Chindemi Salvatore 386. Chiossone Davide 384. Ciaccio Alessandro 388. Ciambella Vittorio 415. Cianciolo Vincenzo 321. Cianciulli Rosalia 209, 213. Ciccone Antonio 299, 324, 327, 328, 346, 386.

Cilento Angelo Maria 179.

Cimmino Antonio 105, 109. Cimmine Domenico 54. Cimmino Giuseppe 198, 199, 242. 254.

Cimmino Pasquale

105, 107. l78.

Cinquegrana Angelo Cipollino 369. Girella Alfonso 299. Girella Pietro 299. Cito Michele 293.

Coccoli Raffaele 31, 56.

Ceco Francesco 409. Coco Raffaele 409. Cecozza Francesco 97, 100. Cegolico RaffĂŹiele 122.


434 Coia Domenico 178. Colombo Salvatore 97, 100. Colonna, uno dei mille 388. Comite Francesco Saverio 254. Conforti Pasquale 105. Conforti Raffaele 2, 18,

54,

115, 121, 122, 123, 219, 318, 319, 325, 327, 346, 353, 383, 386, 416. Conforti Salvatore 304.

D'Ambrosi, capitano 250. D'Ambrosio Francesco 276. D'Ambrosio Pasquale 90. Damiani Giuseppe 178. D'Andrea Giuseppe 28. Dardano Giuseppe 107, 109, 110, 219, 254, 333.

D'Avanzo 353. D'Ayala Mariano

Coppola Vincenzo 110, 112. Corasio Giuseppe 50.

311, 322, 326, 327, 328, 330, 346, 351, 365, 375, 413, 419. D'Azeglio 337. De Angelis Carlo ,30, 143, 145 a 148. 160, 232. 234, 271, 286, 415. De Angelis Francesco 143, 147 a 149, 160.

Cordova Filippo 322, 330,

De Angelis Giovanni

Consiglio Giovanni

4.

Coppetta F. S. 111. Coppola Francesco 147. Coppola Giacomo 304, 341, 821, 378, 416.

372,

Corea Cesare 218, Cortazzo Carmine

De Angelis Pompeo

22, 23, 30, 35. 149, 160, 161, 162, 224, 225, 396, 404.

63.

Corti conte 348.

Cosenz Enrico 296. 316, 321, 330, 344, 355, 361, 369, 378, 379, 383. Costa Gabriele 312. Cowentry Anna 330. Cozzoli Giovanni 147, 293. Criscuolo Aniello 24. Crispi Francesco 94, 285, 338, 382, 388. Crispino 333. Cupolini Raffaele 121.

Curcio Antonio 30. Curcio Giuseppe 243. Curzio Andrea 50 a 53, 105, 107, 109.

Curzio

Francesco

318,

321,

344, 364.

Cuzzocrea 278, 286, 338.

Da

Cardinale padre Gerolamo

242.

Da

Castelvetrano padre Giovanni 393.

D'Afflitto

22, 23.

30, 135, 409.

386, 405.

Mariano

5.

D'Aiutolo Antonio 111, 112. D'Alto Michele 404.

De Augustinis Enrichettal7l. De Augustinis Ferdinando 170.

De Augustinis Gabriele De Augustinis Giuseppe De Augustinis Mariano

170. 168. 172,

173, 186. 187.

De Augustinis Michele 30, 170. De Augustinis Vincenzo 168, 223, 233.

De Benedetti Diego 150, 344. De Blasiis Antonio 344. De Blasiis Francesco 312, 321, 346, 372, 383, 407.

De Blasiis Giovanni 109. De Biasio Antonio 415. De Bonis Filippo 285. De Cesare Carlo 371. De Cesare Salvatore 65 a

75.

81, 82.

De Chiti Benedetto 79. De Curtis 197. De Cusatis Costanza 94, 218. De Dominicis Ulisse 2,54,116, 118, 119, 121, 122, 130, 293, 306, 307, 317, 362, 385, 417.


435

De De De De De De De De De

Falco Cliovanni 415. 312. Falco Nicola 114. Falco Pietro 114. Feo Antonio 184.

Feo Domenico 177, 179. Feo Gennaro 126 216. Feo Pasquale 31. Filippo Francesco 414. Filippo Gennaro 92, 386,

414.

De De De De De De De De

Focatis Andrea 146. Focatis Domenico 147. Focatis Giorgio 147.

Gennaro 203. Gerolamo 333.

Del Mercato Pietro 45. Del Mercato Santo 110, 112. Del Mercato Valerio 45, 416, De Lozza Federico 63. Del Re Francesco Paolo 49. Del Re Giuseppe 19, 49, 121, 122, 326, 327, 328, 352, 353, 355 415. Del Re Vittoria 326. De Luca Nicola 109. De Luca Pasquale 402, De Luca Raffaele 243. De Luca Sebastiano 299, Del Vecchio Vitaliano 222. De Maio Antonio 111.

Gregorio Biagio 55. Gregorio Raffaele 178. Laurentis Vincenzo 56. Del Bene Claudio 416. Del Buono G. B. 402. Del Castillo G. 386. Del Drago Giuseppe 257.

De De De De De De De

Delfico Filippo 417. Delfico Melchiorre 299,

301, Del Giudice Luigi 170, 187. De Lieto Casimiro 23, 121, 319, 321, 378, 381, 385.

De Meis Angelo Camillo

De Liguoro Girolamo

Dentice Giuseppe di Accadia 5. De Pascale Francesco 35, De Pascale Gaetano 35. 386.

75.

131.

Della Banca Gaetano 178. Dellago Raffaele 293. Della Monica Federico 110, 112, 415. Delli Franci Filippo 276. Dalli Paoli Felice 190, 398.

Del Mastro Francesco Paolo 20, 21, 22, 30, 318, 388, 393.

Del Mastro

Michele

20, 21,

Del Mercato Enrico 26. 45, Del Mercato Ernesto 22,

46. 23,

30, 45, 324, 409.

Del Mercato Francesco 45. Del Mercato Francesco Paolo 409. 110, 112.

Mattia Mattia Mattia Mattia Mattia

Alessandro

26.

Celestino 132. Ciro 132.

Diego

149, 150.

Luigi 128, 130 a 19,

45, 150, 323, 327, 328, 346.

Dentice, emigrato napolitano 18,

De Petrinis Giuseppe 147. De Porcellinis Carlo 14. De Riso Eugenio 23, 415. De Riso Ippolito 299, 344, 415,

De Robertis Michele 50. De Robertis Vincenzo 147, 216.

De Rosa Antonio

116.

D'Errico Vincenzo 293. 299,

388, 392, 393.

Del Mercato Gaetano

76.

135.

68, 69,

De Liguoro Giuseppe 130,

Maio Giuseppe

Masellis Alfonso 178

30. 45,

300, 329,

De

Sanctis Francesco 324, 325. 330, 344, 345, 416. De Sevo Luigi 128, 135 136. De Siervo Fedele 120. De Siervo Francesco 120. De Siervo Nicola 120. De Simone Giovanni 97, 100.


436

De Simone Giuseppe B12, 415, De Spagnolis Salvatore 167. De Stefano Francesco 105, 107, 109, 216, 220 251. De Stefano Giovanni 107, De Vera Perez Leopoldo 415.

De Vicariis Giustino 36. De Vicariis Matteo 110, 112. De Vincenzi Giuseppe 121, 122, 305. 416,

De

Esposito 333. Fabrizi Nicola 306, 361, 378, 388.

Facella Nicola 218, 219, 309. Fagan Giorgio 17. Falabella Bonaventura 178.

Falcone Antonio 26. Falcone Cristofaro 30, 155, 156, 158, 159, 243.

Vita Pasquale 128,

132,

135.

Falcone Giambattista

Di Angelo Giuseppe 178, 179. Diotaiuti Francesco 26. Diaz Guglielmo 344. Di Bella, marchese 416. Di Brocchetti 275, 279. Di Fiore Antonio 178. Di Gennaro 196. Di Grazia Giovanni 109. Di San Donato Gennaro 118, BIS, 327, 355, 374, 380, 386. 306, 330. Di Scordia, principe 378. Donato Vito 378. D'Ondes. barone 378. Donghi 364. Dono Caterina 213, 269. Dono Cecilia 98. 199, 202, 206, 208 a 213. Dono Concetta 218, 272.417.

Di San Giuseppe, principe

Dono Filomena 213,272,417. Dono Vincenzo 84, 85, 86, 87, 96, 98, 99, 188, 190, 193, 197, 199, 201, 207, 211, 249, 260,

262, 272, 286, 300, 333, 369, 417. Doria di Cervinara 6. Dragone Alfonso 404. Dragonetti Luigi 293, 298, 346, 407. Durazzo Mariano 226. Durazzo Nicola 396, 404. D'Urso Francesco Paolo 114.

Falcone Eaffaele 145, 168. Falcone Socrate 30, 59, 159. l'alconi Filippo 415. Fanelli Giuseppe 285, 360, 364, 388.

190.

Gaetano

97,

99,

286,

Farina, uificiale borbonico 58.

Farina Michele 121, 122. Far ini Luigi Carlo 413. Farro Giuseppe 396, 404. Farro Matteo 236 a 240. Farro Saverio 143. Faucitano Salvatore 84, 89, 97, 100, 214, 272, 287, 416.

Fava Saverio

415.

Feola Giuseppe 38 a 41. Feola Pasquale 116, 307, 317. Ferolla Raffaele 398, 405.

Ferrara Francesco 121, 122, 324, 378.

Ferrara Gennaro 110. Ferrara Giuseppe 187, 138, 243,

Ferrara Rosario 147. Ferrari Antonio 207. Ferrari Francesco 16. Ferrigno Fiorentina 65. Ferrigno Michele 74. Ferro Vincenzo 243. Fertilla Salvatore 48. Fienga Andrea 110, 112. Filace Gregorio 333, 414. Filangieri Carlo 401, Fiorelli Giuseppe 415.

Fiorentino Errichiello

23, 263,

364.

Pierangelo

122.

Fiorentino Mariano 386.

121,


437 Fischietti

Bernardo

70. 177. Flores, colonnello 231, Flores Giuseppe 222. Foglia Ciro 26. Fonseca Ferdinando 312, 407, 410, 417. Foresta Felice 355, 356. Fornarelli Vincenzo 378. Fortunato 338. Forziati G. B. 147, 148. Foti Gabriele 147. Foti Lorenzo 147.

Fiumara Giovanni

Foti Valerio 415. Fraiese G. A. 168.

Fusca Vincenzo

Gianfrida Mariano 178. Giannattasio iJomenico

2,

102, 104, 114, 302. 303, 408, 409. Giardini Antonio 121, 122. Giardini Gaetano 372, 414.

Giardino Gennaro 30, 146, 147, 226.

Giglio Vincenzo 177, 182. Ginnari Raffaele 30. 156, 158, 159, 398, 405.

Giussari Raffaele. Gioberti Vincenzo 297, 298, 299, 300, 301, 327.

378, 379.

Giordano Felice .55. Giordano Francesco

10.

11,

344.

Gabriele Angelo 132,

13:5,

13, 29, 113,

146.

Gaetani Edoardo 369. Gagliardi Francesco 170. Galdi Gennaro 158 Gallo, sergente 64. Galloppo Francesco 26. Gallotti Antonio 115, 121. 122. Gallotti Giovanni 30, 156,157, 158, 159. 160. Gallotti Raffaele

157,

159,

160.

Gallotti Salvatore 30. 157, 159,

198, 199.

Garibaldi Giuseppe 315. 356, 357, 367, 381, 3S2,

Garofalo Salvatore

392',

30,

388. 146,

Vincenzo,

388.

Giraud Giuseppe 19. Gisonna Alessandro 164. Gladstone Guglielmo 189, 200. 340.

Grandinu Costabile 178. Greco Antonio 316. Greco Luigi 243. Grillo Leopoldo 111, 112. Giura Rosario 19, 20, 313.314. Grioli 338.

380. 381.

355.

Antonio

Hubner

lacovelli 179.

Gherardi 355. Giacquinto Francesco Giampaolo Francesco Giannone Matteo 110.

178. 178.

25,

Guglielmi 354.

379, 380, 407. Gerace 287. 42. 43.

24,

301, 306.

Gattai 338. Gatto Saverio 242. Gemelli Carlo 313, 323, 855,

Geronimo Pasquale

308, 309.

Guariglia Costabile 397. Guariglia Vincenzo 170. Guercio Pasquale ]I30. Guerrieri Giovanni 30, 151,

Guerritore

147.

Garrone Ippolito

55.

Guadagno Carmine

160.

Galvagno 319. Garcea Antonio

Giordano Pietro Giordano Orsini

984, 366.

lacucci Saverio 222. Ianni 179.

lannuzzi Antonio 242. Imbriani P. E. 121. 122. 299. 313, 327, 330, 352, 355, 383.


4B8

Leanza Francesco 241. Leanza Giuseppina 108,

Indelli Luigi 415. Indelli Nicola 298.

Giovanni

Interdonato

355,

227,

241.

Leanza Luigi

378, 379, 886.

Interdonato Pietro 356, 386, 387.

Inverso Domenico 128, 182. Inverso Giovanni 170. Iorio Giuseppe 26. lovino Giovanna 170. Ippoliti 293.

105. 107, 108, 109, 110, 173, 227, 240. 241, 254. Leanza Napoleone 241. Leanza Nicoletta 173. 179. 241.

Leanza Raffaella 173, 179,241. Leipnecher Antonio 84, 85. 92 a 95, 218.

LpvCaita Giambattista 121. Lacecilia Cesare 416. Lacecilia Giovanni 121, 122, 814. 3.55, 380, 416.

Lacerenza

Angelo

Raffaele

Leopardi P.

360.

S. 19, 103. 355,

388, 415.

Lepiane Nicola 344. Lerro Raffaele 136, 187. 398, 405.

416.

La Farina Giuseppe

298, 299, 824, 841, 842, 845, 347, 348, 354, 354, 356, 358, 357, 380, 383, 386, 388. La Francesca Francesco 158. La Francesca Raffaele 192. LaganĂ Domenico 178, 179. La Greca Francesco 136, 137, 398. La Loggia Gaetano 321, 344. Laloggia Giuseppe 821. La Masa Giuseppe 379, 380, .386, 888. Lamberti Pasquale 38, 144, 146, 227, 259, 260, 271, 899, 4D1, 408. Lamenza Stanislao 259. Landi Achille 5, 169, 171, 172.

Landolfi

Lemmi Adriano

5.

Langella Leopoldo

Lanza Leonardo Lanza Vincenzo

70.

178. 18, 115, 121,

122, 409.

La

Sala Luigi 166, 167, 182. Lauria G. A. 14, 122.

La Vecchia Giuseppe 109. La Via Michele 165, 166. Leanza Emanuele

105, 107, 109, 110. 227. 240, 241, 304, 407.

Lequile principe Gioacchino 312.

Libertini Giuseppe 305, 416. Liguoi'i Alfonso 42.

Lioy Michele

293.

Lippi G. A. 170. Lo Cascio Leopoldo 254,

Longo Giacomo

276, 388.

Longobardi Raffaele

4,

12.

Lopresti Domenico 203, 409, 415.

Lorusso Tommaso 344. Lubrano, commissai'io di

po-

lizia 26, 59.

Luciani Matteo 36. Lupinacci Stanislao

Macchi Mauro

23.

338, 355.

Macchiaroli Rosario 237. Maestri Pietro 338. Maffei Emilio 257, 2.58, 287, 416.

Magaldi Nicola

121, 122. 384. 385. Magno Carmine 190, 242, 402. Magnoni Lucio 30, 145, 1.58, 227, 396, 403. Magnoni Luigi 144, 147, 148. Magnoni Michele 145, 2.32, 233, 385, 388, 892.

Magenta


439

MaguorĂ Salvatore

30,

153,

227, 396, 403.

Malenchini Giuseppe 385,355. Malvito 18. Mambrini Enrico 150, 817. Mamiani Terenzio 297, 355. Mancini Pasquale Stanislao 18, 115, 121, 122, 293, 318, 322, 324, 325, 347, 355, 363, 372, 374. 375, 383, 386, 387, 410, 417. Mandarini Salvatore 402. Mandina Ignazio 129.

Mando! Albanese Francesco 824 a 327, 416. Manfredi dottore,

93. 178. 296, 298, 343, 358, 854, 355, 3-7. Mautone Alessio 397. Manzi Vincenzo 155, 156.

Mangia Nicola Manin Daniele

Marano Filippo 42. Maresca Andrea 125

a 132.

Marasca Giuseppe 126, 127. Margherita 97, 100. Margotta Giovanni 26. Marincola Abate 161. Marini Serra Giuseppe 92, 94, 122, 146.

Marino Monsignore 104. Marino Pasquale 128,

131,

182.

Mario Alberto

352, 364, 382,

305.

Mario White 337, 339, 361. Marsico D. A. 147. Marone Francesco 141, 142. Marone Vincenzo 141, 142. Marotta Andrea 147. Marotta Giovanni 243. Mai-gotta Giovanni 26. Marrelli Pietro 287, 415. Marsicano Aniello 119, 129.

Marsicano Giuseppe 119. Marsico Domenicantonio 147. Marsico Vincenzo 306. Marvasi Diomede 324, 327, 346, 886, 416.

Massari Giuseppe 121, 122, 293, 298, 299, 325, 345, 346, 366, 371, 388. Masciili Ferdinando, 209, 350, 858. Mascolo Gaetai:o, 258, 333. Mastrilli Mir.liele 415. Materazzo Francesco 416. Materazzo Giovanni 37. Matina Francesco 234. Matonti Vincenzo 243. Mauri Achille 362. Mauro Domenico 316. Mauro Ippolito 385. Mauro Matteo 344. Mauro Raffaele 234, 259, 833. Mazza Emilio 97, lOO, 214, 219. Mazza 122, 872. Mazzarella Bonaventura 284, 319, 321, 417.

Mazzarelli Francesco 67. Mazzeo Ignazio 261, 272. Mazzini Giuseppe 284 a 287, 305, 812, 316. 386, 337, 852, 358, 860. 362 a 364, 382, 405. Mazziotti Francesco 178.

Mazziotti Francesco Antonio 2, 19, 45, 54, 119, 120 a 123, 293, 294, 3:6. 321,346,362, 372, 381, 384; 385, 895, 405, 406, 416. Mazziotti baronessa Anna 165, 166, 169 a 173, 182 a 187. Mazziotti Modestina 170. Medici Giacomo 321, 361, 320, 336, 369, 883, 388. Melara Caucci Filippo 320. Mellucci Gaetano 242. Menotti 385. Mercadante Domenico 30, 156, 156, 159. Mercantini Luigi 384. Merenda 408. Mezzacapo Achille 36, 110, 112. Mezzacapo Carlo 25, 36, 316, 322, 325, 442, 346, 369, 416.


440

Mezzacapo Luigi

324,

342,

316,

321,

Miele Antonio 97. Mignogna Nicola 233,

234,

346, 419.

Miceli Luigi,

23,

344, 362.

Natella Matteo 110. Natoli Giuseppe 321, 324, 381. Natoli Luigi 324. Natoli Vincenzo 321. Na varrĂ , magistrato 92, 95.

Milano Agesilao 351, 352. Milano Francesco, 42.

Negri Gennaro 110. Nicoletti Donato 173, 178. Nicolò Antonio 259, 27S. Nicotera Giovanni 23, 316,

Mileti Carlo 321, 344, 416. Mirabelli. intendente 198.203,

Nicotera Guglielmo 293.

388, 415,

344, 362, 363, 364.

Nigro Giovanni

250.

Miraglia Biagio 23, 344, 386,

Nisco Nicola 185 a 190,

416.

Mirto Gaetano 128. Mistorni 203. Moccia Giuseppe 327. Modena Gustavo 364. Mollica Stefano 203,

2'i2,

243.

85, 86 a 100, 193 a ]92. 203,

208, 350, 399, 407. 161. Nocera Pietro 42. Notaro Tommaso 333. 386. Nunziante Alessandro 166.

Niso Bernardo

278,

286, 333, 369.

Montanelli Giuseppe 299, 300, 341, 355.

Montano Pasquale

259, 333. Montecchi Mattia 305. Montemayor Lorenzo 321, 364. Monzillo Domenico 178. Morbilli 40d. Mordini Antonio 314. 358, 379. Morgante Eocco 287 ,385, 386, 388. Morelli Domenico 380. Morelli Francesco 402, 408. Morelli 408, 203. Morese Eafiaele 110 a 113. Mosca Giovanni 293. Mosciaro Giovanni 293, 414. Mosto Antonio 305.

Mottola Lorenzo 26. Mottola Nicola 128 Murat Luciano 340 a 351, 360.

Muratori Cristoforo 415. Musolino Benedetto 293, 299,

388.

Oliva Cesare 324, 345, 355. 386 414,. Oliva Laura Beatrice 352, 353.

Oldofredi 348, 349. Oricchio Francesco 55.

Orlando Orlando Orlando Orlando Orlando

Giuseppe 321. Luigi^321, 378.

Paolo 321. Salvatore 321.

Vincenzo 416.

Orofino 293. Ortale Tommaso 293. Orsini Felice 314.

Pace Antonietta 234. Pace Giuseppe 234, 259, 286, 369.

Pacifico Giuseppe 110, 112. Padula Vincenzo 388, 392.

Pagano Gennaro 55. Pagano Luigi 178. Paino Luigi 386.

362, 405, 406.

Mustica Giuseppe 344.

Nardi Francesco

Oddo Angelo 386. Oddo Luigi 368, 386,

97. 99.

Palermo Nicola Palizzolo Mario

286. 386. 388. Palladino Antonio 128, 132.


441 Pallavicino Giorgio 298, 299, 354, 357, 359. 379. Palma Bernardo 176, 236. Palumbo, ammiraglio 201.

Palumbo Girolamo

105, 107, 110, 240, 259, 333, 416. Palumbo Giuseppina 151.

Palumbo Luigi

105, 107, 110, 257, 259, 271, 333, 416. Paudolfo Salvatore 278. Panizzi Antonio 218. 281, 293, 371, 373. Panunzio Costantino 242. Panunzio Giuseppe 178. Paolesi Nicola 415.

Parenti Luigi 160, 161, 258, 270, 376, 377.

Parise Aclaille 23. Pascale Giuseppe 60. Pascarella Carlo 110. Pasquali 321. Passero Angelo Raffaele 56. Passero Stefano 30, 145, 153, 154.

Pastore Francesco 405. Patella Filippo 22, 2S. 30, 88, 149, 316, 344. 386, 389, 393, 394. 409.

Pavone Angelo

30, 137, 138,

396. 408.

Pavone Carlo 30,

144, 146, 147, 224, 226, 232, 259, 271, 414.

Peccheneda Gaetano

4, 5, 27,

Pecori Nicola 396, 404. PelĂŹatis 338.

Francesco

147,

244.

Pellegrino Angelo 287, 415. Pelosi Pellegrino 70, 81.

Peluso Vincenzo 144, 155. Pentasuglia G. B. 386. Pepe Guglielmo 292, 296. 298, 300. 315, 329. 330, 348. 161, 162. Pepoli, conte 348. Perez Francesco 121, 122. Perri 203.

Pepe Nicola

121,

122.

Pessina Enrico 407. Pessolani Giuseppe Maria 30, 144, 146, 147, 259, 271, 388, 390.

Pessolani Raffaele 55. Pessolani Saverio Arcangelo 389. Petillo Domenico 170. Petillo Francesco 31, 56, 144. Petroni Angelo 154, l55. Petruccelli Antonio 178. Petruccelli Emilio 287, 293, 416. Petruccelli Ferdinando 299, 346, 355, 405, 406. Pezzella Domenico 259. Pica Giu.seppe 103, 107, 109. 203, 260, 272, 286. Piccirilli Gennaro 169. Piccolo Angelo Raffaele 255, 257, 333, 388, 398. Picone Domenico 30, 143, 147, 398, 405. Pilo Eosalino 285, 321, 344, 360, 364, 378.

Pinto Alessandro 56. Pionati 255. Pionati Ferdinando 257. Piraino Domenico 285, 405. Pirla Raffaele 310, 323, 346, 372, 374, 386, 416.

92, 93, 136.

Pellegrino

Persico Michele 77. Pescarini Ferdinando

Pironti Antonio 90. Pironti Filomena 263. Pironti Luigi 263. Pironti Marianna 263. Pironti Michele 3, 11, 22, 54, 84 a 100, 188, 193 a 211, 249, 262 a 271, 399, 403. Pironti Pasquale 90. Pironti Rosina 263.

Pirrone Vincenzo 396, 404. Pisanelli Giuseppe 18, 19. 115, 122, 293, 298, 318, 324, 327, .346, 353. 365, 386, 387, 413, 415, 419.


442

Pisacane Carlo 115, 159, 316, 321, 360, 361, 362, 363. Pisani Giuseppe 150. Pisani N. A. 147. Piscicelli Raffaele 121, 122. Piscitelli Luigi 109. Pizzuti Alberto 136. Pizzuti Giuseppe 81, 114. Pizzuti Leopoldo 136, 137. Placco Matteo 397. Plutino Agostino 23, 304, 324, 344, 372, 374, 386 a 388. Plutinio Antonino 23, 304, 324, 3i4. 374, 386 a 388. Poerio Antonietta 199, 267, 269. Poerio Carlo 11, 8i, 91, 94, 188 a 190, 193 a 213. 249, 260 a 263. 269, 274, 275. 285, 286, 293, '329 a 332, 35Ó, 368 a 377, 382, 383, 386, 398, 407, 410, 414, 417. Poerio Enrico, 369. Poerio Gaetana 363. Poerio PafiPaele 329, 345, 363. Ponti Gaetano 111, 112. Porcaro Vito 260, 272, 333, 416. Positano G. A. 2, 54, 110, 112. Positano Rocco 36, 110, 112. Postiglione Cosimo 216, 251, 396, 404. Primicerio Michele 19, 45, 120, 313, 317. Praico Luigi 259.

Prentiis A"". 6. Samuele 277 a 283, 288, 289. Principe Francesco Saverio 128, 132. Prioli Antonio 219.

Procenzano

Francesco 216, 251, 260, 333. 416. Proraio Luigi 414. Prota Pasqualina 189. Proto di Maddaloni 121, 122, 345.

Quadrio Maurizio 285, 352, 382.

Quandel

113.

Quercia Federico 407. Raccioppi Giacomo 103, Eadetzky 336. Eaeli Matteo 306, 342.

418.

Raffaele Giovanni 386, 388.

Ragone Zaccaria 30, Raimondi Rosa 315.

147.

Ranalli Bernardo 416. Ranalli Ferdinando 312. Rascio Antonio 160, 161. Rascio Giuseppe 228. Regnoli Oreste 320. Ricci 49. Ricci Salvatore 49. Riccia delli Gennaro 164. Ricciardelli Giuseppe 178. Ricciardi Giovanni 386. Ricciardi Giuseppe 299, 303, 345, 358, 384, 414. Riccio G. B. 30, 143, 146, 147, 148. 224, 225, 226, 271, 286, 333; 368, 369. Rinaldi Raffaele 111, 112.

Ritucci Giosuè 53. Rivarola Ignazio 344.

Rizzo Francesco 243. Rizzi Rosario 136.

Rocco

333.

Rodx-iguez Eugenio 265.

Romano Francesco

190, 193,

402.

Romano Liborio

293, 302,374,

408, 409.

Romeo Domenico 416. Romeo Gaetano 84. Romeo G. Andrea 121,

122, 123, 150, 316, 342, 372, 374, 375, 406, 416. Romeo Pietro 321, 406, 416. Romeo Stefano 23, 121, 122, 323, 369, 406. Romualdi Carlo 344, 414. Rongbi Luigi 156. Ronzio Antonio 160, 161, 397.


443

Santelmo Antonio 388, Santomauro Pasquale

Rosei 328. Rossaroll Cesare 329. Rossi Domenico 181, 182. Rossi Giovanni 37. Rossi, dottore 321. Rossini Nicola 178.

396.

Sargentini Francesco 415.

Raffini Luigi 416.

Ruggiero Francesco Paolo

9,

18, 19, 115, 121, 122.

Ruggiero Raffaele 233, 234. Ruocco Raffaele 2.59. Ruotolo Carmine 2, 110, 112. Ruotolo Domenico 42. Ruotolo Giovanni 42, Russai 832.

Russo

203.

Sabatelli Celestino 147, 227, 396. Sabatelli Domenico 227, 396. Sabatelli Gaetano 147. Sabatelli Gennaro 147. 227. Sabatelli Giuseppe 147, 227. Sabatelli Nicola 147. Sabatino Alfonso 254.

Sabatino Giuseppe 109. Sacchi Gabriele 129. Sacchi Gaetano 294. Sacco Ferdinando 125. Sacco Luigi 165, 166, 178. Sacco Serapione 93. Saffi Aurelio 285, 305. Salazar, capit. di fregata 250. Salazaro Demetrio 306. Salerno Ralìaele 170, 416. Saliceti Aurelio 4, 115, 121, 122, 298, 305, 306, 324, 341, 345. Salomone Federico 321, 344. Saluzzo Gioacchino 415. Salvagnoli 341. Salvati Giuseppe 265. Salvi Scipione 115. Salza Angelo 258, 278, 333.

Sanfelice Ferdinando

391. 147,

5.

Sangiorgio Luigi 121, 122. Sangiorgio Salvatore 121,122. Sangiovanni Giosuè 2, 239.

Sarnelli Gaetano 415. Sarnelli Giuseppe 415. Sarnelli Leopoldo 369, 386. Sarnelli Odoardo 415.

Sanile Luciano 129.

Savarese Roberto

19, 45, 298,

311, 341.

Savastano Antonio 134. Sevastano Biagio 143, 161. Savi Bartomeo 352. Scafati, commissario 134. Scala 293. Scarpa Carmine 178, 179. Schioppa Enrico 178. Scialoia Antonio 19, 103, 109, 323, 324. 331. 332, 346, 371 a 373, 383, 419. Schiavone Nicola 193, 258. Scordia, principe 378. Scrugli Napoleone 222. Scura Pasquale 324, 325. Seidita Stefano 344. Senese Filippo 398, 405. Serafini 203. Serafino Padre da Centola 39, Serao Francesco 415. Serbi Girolamo 254. Serino Ovidio 30, 41, 143, 146, 147, 226, 229, 230, 257, 258, 333, 377, 388. 390, 891. Sessa Angelo 416. Settembrini Luigi 11, 84, 85, 96 a 100, 217, 218 a 221, 251, 272, 274, 279, 281 a 287, 350, 407. 411. Settembrini Raffilale 281, 282, 283. Settimo Ruggiero 306. Sica Matteo 112. Siciliani Ferdinando 77. Sigismondi Goffì-edo 121, 122, Sirtori Giuseppe 305, 355, 388, Sodano Filadelfo 30. 137, 138, 216, 260, 272.


444

Sodano Giuseppe

121, 122.

Soraci prete 3S1. Sparano Massa Raffaele 133. Spaventa B^a-trando 284, "324, 827, 828, 411, 412. Spaventa Silvio 108, 105, 107, 109, 110, 215, 216 a 220, 251, 260, 272, 284, 286, 350, 382, 407, 412, 414. Spedalieri Francesco 344. Sprovieri Francesco 293, 299, 344, 369, 388 389. Sprovieri Vincenzo 361, 388. Squitteri Tommaso 42. Stabile Mariano 298. Stagliano 196, 203. Starace Antonio 303. Sterbini 300, 355. Sticco 208, 249. Stocco Francesco 293, 342, 381, 386. 888. Stornelli Onofrio 397. Strommillo Benedetto 30. Surace Francesco 257, 333.

Taddeo Pasquale

110,

112,

123,

Taiani Diego 416.

Tamaio

G-iorgio 306.

Tecchio Sebastiano 355, 357. Tiggiani 293.

Tempie William Tofano Giacomo

150.

17,

92, 103, 183, 294, 811, 327, 346, 349, 353 856, 367, 414, 417.

Tomeo Nicola 136. Tommaseo Nicolò

355, 357,

379.

Tommasi

Salvatore 324, 327, 328, 346, 372. 855, 886, 416. Torre Federico 816, 824, 325, 327, 328. Torquato Michele 242. Torrearsa Marchese (di) 297, 319 342. Torricelli Antonio 121, 122. Traino Luigi 374. Travia Raffaele 333, 386.

Trenti 388.

Trincherà Francesco 327, 328. 345, 374.

Tripepi

Giuseppe

259,

333.

414.

Tripoti Antonio 309, 414, Trisolini Giuseppe 344. Trisoliui Tito 344, 388. Troccoli Angelo Maria 128.

Tufani Carmine 243. Tupputi Ottavio 121, 122, 298, 299, 300, 311, 869, 372, 285.

Turco Ignazio 304. Tuzzo Leone 203, 207. Ulloa Girolamo 25, 296, 315, 342, 346, 855, 369, 407, 415. 58, 167.

Umbelì Giacomo

Vacca Domenico Antonio 192. Vacca Giuseppe 312, 415. Valente Domenico 386. Valla Giuseppe 4, 7. 48, 130, 136, 187.

Vallante Crescenzo 145. Vallante Michele 55. Vallante Tommaso 812. Vallo Achille 97, 99. Vairo Domenicantonio 53. Vairo Ferdinando 233.

Vairo Mariano 109. Vairo Melchiorre Giuseppe 60, 61, 63, 128, 144, 156.

Vanacore Gaetano 415. Vannucci Atto 385. Vare 379. Velucci Lorenzo 97 a 100. Veneziano Innocenzo 219,220, 254.

Ventra Aniello

232, 284, 278,

287, 416.

Verdoliva Giuseppe 116 a 119, 151, 807, 317.

Verrone Filippo 179. Vernieri Cantalupo li7. Vespoli Giosuè 415. Vignes Saverio 68 a 82, Vignolo Raffaele 178.

118.


445 Villa Tommaso 355. Villari Pasquale 416.

Vinciprova Leonino

23,

30,

316, 388, 391, 393, 409, 414. Viot Michele 234. Virgilio Giuseppe 316, 321, 344. Visconti Venosta Emilio 415. Viscusi Micliele 105, 109. Visetti, ten. col. 203. Visiano 378. Vitagliano Filippo 30, 151, 328.

Vitagliano Giuseppe 144, 147, 226, 818, 397.

Vitale Crispino 344. Vitro Leopoldo 166. Vitro Vincenzo 178.

Voso Michele

193, 203.

Vulpes, dottore 93. V^aleski 381.

Winspeare 74. Wreford 200. Zamparelli Achille 415. Zanardelli Giuseppe 416. Zeuli Alfonso 203, 207. Zoccoli 301.

Zuppetta Luigi

355, 416.



447'





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