rare porcellane italiane, MOBILI, OGGETTI D’ARTE DIPINTI ANTICHI ASTA
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VENEZIA 28 Febbraio 2010
PALAZZO GIOVANELLI
rare porcellane italiane MOBILI, OGGETTI D’ARTE DIPINTI ANTICHI
VENEZIA 28 FEBBRAIO 2010
RARE PORCELLANE ITALIANE MOBILI, OGGETTI D’ARTE DIPINTI ANTICHI
seduta UNICA DOMENICA 28 FEBBRAIO 2010, ore 15.30 dal lotto 1 al LOTTO 364
esposizione da SABATO 20 a SABATO 27 FEBBRAIO 2010 orario 10.00 - 19.00 DOMENICA 28 FEBBRAIO 2010 ORARIO 10.00 - 13.00
PALAZZO GIOVANELLI
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SEDUTA UNICA DOMENICA 28 FEBBRAIO 2010 ore 15.30 dal lotto 1 al LOTTO 364
Tutti i lotti presentati in questa vendita sono sottoposti alle condizioni e commissioni d’asta pubblicate alla fine del catalogo. La partecipazione all’asta presuppone l’integrale accettazione delle stesse. San Marco Casa d’Aste dà l’opportunità a tutti i clienti stranieri di pagare e ritirare i beni presentati in asta, a condizione che questi ottengano il permesso di esportazione. Nel caso lo Stato italiano ponga il veto all’esportazione, la vendita sarà ritenuta nulla.
San Marco Auction House gives the opportunity to all its foreign customers to pay for and collect the goods presented during the auction, provided that the said objects obtain the export permission. If Italy should put a veto on the exportation, the sale will be considered void. All the lots presented in this sale are subjected to the auction conditions and commissions published at the end of the catalogue. The participation in the auction implies their full acceptance.
1 TAZZINA € 1.000-1.500
completa di piattino in porcellana bianca dipinta a tutto campo in blu, rosso e oro, ispirata alle porcellane Imari, a creare elegante decoro a chinoiseire con motivi floreali di tipologia orientale come peonie, fiori di pesco, tralci fioriti stilizzati e diversi steli fogliati. La caratterizzano cornicette a motivi geometrici e fitomorfi. Piattino con tesa rialzata; tazzina a coppetta senza manici su piede ad anello. Marca di fabbrica con ancora in rosso Manifattura Cozzi, Venezia, 1765-1770 Bibliografia di confronto: F. Stazzi, Le porcellane veneziane di Geminiano e Vincenzo Cozzi, s.d., p. 227
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2 TAZZINA € 1.500-2.000
da caffè completa di piattino in porcellana bianca dipinta in blu e rosso e lumeggiata in oro, ispirata alle porcellane Imari, a creare elegante decoro a chinoiseire con motivi floreali. Due episodi decorativi: un paesaggio con casupole tra frondosi alberelli e un ornato a ponticello con la consueta radice orientale che regge una struttura rocaille e graticcio da cui si dipartono le peonie e altri steli fioriti o fogliati. Piattino con tesa rialzata; tazzina a campana con manico ad orecchio; piede ad anello. Marca di fabbrica con ancora in rosso Manifattura Cozzi, Venezia, 1765-1770 Bibliografia di confronto: A. d’Agliano, Le porcellane italiane a Palazzo Pitti, Firenze, 1986, p. 179 F. Stazzi, Le porcellane veneziane di Geminiano e Vincenzo Cozzi, s.d.
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3 TAZZINA € 1.500-2.500
completa di piattino in porcellana bianca impreziosita da elegantissimo decoro a chinoiseries con ramages fioriti in oro. La preziosa pittura raffigura uno dei motivi più frequenti di questa tipologia: dalla radice a ponticello si dipartono e si avviluppano tralci con diverse specie floreali: il pruno, il fiore di loto e i grappoli d’uva. Piattino circolare con tesa lievemente rialzata; tazzina a coppetta senza manici; piede ad anello. Pur essendo la “rama chinese” uno dei motivi più fiorenti della manifattura Cozzi questo esemplare si distingue per il decoro interamente dorato. L’opera riporta la rara marca di fabbrica in oro destinata «unicamente per i pezzi di eccezionale fattura». Marca di fabbrica con ancora in oro Manifattura Cozzi, Venezia, 1770 c.a Bibliografia: F. Stazzi, Le porcellane veneziane di Geminiano e Vincenzo Cozzi, s.d., p. 215, tav. L 3 part.
4 TAZZINA € 800-1.200
da caffè completa di piattino in porcellana bianca decorata a chinoiseries con ramages fioriti in oro. Dalla consueta radice orientale si diramano sottili steli fioriti e fogliati. Bordi dorati. Un raro esempio di «doratura come decoro a sé stante». Piattino circolare con tesa rialzata; tazzina a campana con manico ad orecchio; piede ad anello. Marca di fabbrica con ancora in rosso Manifattura Cozzi, Venezia, 1765-1770 c.a Dorature in parte abrase Bibliografia di confronto: F. Stazzi, Le porcellane veneziane di Geminiano e Vincenzo Cozzi, s.d., p. 215, tav. L
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COPPIA DI TAZZINE € 2.000-3.000
in porcellana dipinta in policromia in prevalenza nei toni del vede, rosso, giallo, rosso porpora e violetto a creare grandi fiori europei e fiori recisi sparsi. Piattino circolare con tesa rialzata; alta tazzina a campana con manico ad orecchio caratterizzati da profili in oro. Saul Levy ricorda a proposito delle “pitture” della manifattura Cozzi che «il maggior contributo per le decorazioni è dato dalla flora indigena, alla quale ricorrono largamente i miniatori veneziani, non disprezzando l’umile e semplice fiorellino del prato,
che volentieri associano alle rose, alle viole, ai tulipani, ai garofani: giunchiglie, gelsomini, ranuncoli, primule, giacinti, son dipinti con facilità e verità sorprendenti». Marca di fabbrica con ancora in rosso Manifattura Cozzi, Venezia, 1760-1770 c.a Bibliografia di confronto: F. Stazzi, Le porcellane veneziane di Geminiano e Vincenzo Cozzi, Venezia, s.d.
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6 TAZZINA € 1.500-2.000
completa di piattino in porcellana bianca dipinta in vivace policromia in prevalenza nei toni del giallo paglierino, verde e violetto a creare esuberante decoro ad imitare un canestro da cui traboccano fiori di diverse specie. Profili in oro. L’esemplare qui presentato si caratterizza per l’accuratezza nella resa del gentile intreccio di vimini e per l’estrema abilità e naturalezza con cui sono dipinte le diverse tipologie floreali. Lo Stazzi ritiene che questa particolare e unica «composizione […] dovrebbe corrispondere al decoro ricordato negli inventari col nome Cestella giala». Saul Levy ricorda a proposito delle “pitture” della manifattura Cozzi che «il maggior contributo per le decorazioni è dato dalla flora indigena, alla quale ricorrono largamente i miniatori veneziani, non disprezzando l’umile e semplice fiorellino del prato, che volentieri associano alle rose, alle viole, ai tulipani, ai garofani: giunchiglie, gelsomini, ranuncoli, primule, giacinti, son dipinti con facilità e verità sorprendenti». Piattino circolare con tesa rialzata; tazzina a coppetta senza manici; piede ad anello. Marca di fabbrica con ancora in rosso Manifattura Cozzi, Venezia, 1780 c.a
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Bibliografia: F. Stazzi, Le porcellane veneziane di Geminiano e Vincenzo Cozzi, s.d., p. 223, fig. 21
7 TAZZINA € 1.000-1.500
completa di piattino in porcellana bianca dipinta in policromia a creare decoro a strisce nei toni del verde e del rosso alternati e disposti a raggiera; al centro del cavetto, entro riserva circolare, un fiore reciso. Piattino circolare con tesa rialzata; tazzina a coppetta senza manici su piede ad anello. Marca di fabbrica con ancora in rosso Manifattura Cozzi, Venezia, 1780 c.a Bibliografia di confronto: F. Stazzi, Le porcellane veneziane di Geminiano e Vincenzo Cozzi, s.d.
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8 TAZZINA € 1.500-2.000
completa di piattino in porcellana bianca dipinta in policromia a creare decoro a “fioretto” con fiori di diverse specie isolati, divisi da strisce in verde disposte a raggiera. Al Muzeum Narodowe di Varsavia si conserva un esemplare del tutto simile a questo, sia per la particolare decorazione, sia per le iniziali dipinte T.G. Marca di fabbrica con ancora in rosso e iniziali T.G. in nero Manifattura Cozzi, Venezia, 1775-1780
8 part.
Bibliografia di confronto: A. Mottola Molfino, L’arte della porcellana in Italia, vol. I, Busto Arsizio, 1976, fig. 194 F. Stazzi, Le porcellane veneziane di Geminiano e Vincenzo Cozzi, s.d.
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9 TAZZINA € 1.200-2.000
completa di piattino in porcellana bianca dipinta in vivace policromia in prevalenza nei toni del viola, oro, rosso e giallo a creare elegante decoro raffigurante fiori e frutti sparsi, tra cui un melograno e un fico. I profili dorati sono impreziositi da cornici di gusto rocaille a volute fogliacee concatenate a comprendere riserve a squame di pesce in violetto. L’armonia delle cromie e la raffinatezza della decorazione fanno di questo pezzo un esemplare di rara bellezza. Piattino circolare con tesa rialzata; tazzina a coppa senza manici; piede ad anello. Marca con ancora in rosso Manifattura Cozzi, Venezia, 1770 c.a Bibliografia di confronto: F. Stazzi, Le porcellane veneziane di Geminiano e Vincenzo Cozzi, s.d. S. Levy, Tazzine italiane da collezione, Milano, 1968, tav. XVIII
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10 TAZZINA € 5.000-7.000
con piattino in porcellana bianca decorata con miniature dipinte in policromia in prevalenza nei toni del verde, rosa e rosso a creare diverse scenette: sulle pareti della tazzina un falconiere e una dama immersi in ameni prati, sul cavetto un cavaliere in un giardino con frondosi alberelli e rovine antiche così descritto da Stazzi «l’uomo si muove con la spavalderia di un Indifférent di Watteau». Ad impreziosire l’ornato profili e cornici a motivi fitomorfi stilizzati di gusto rocaille in oro. Piattino circolare con tesa rialzata. Tazzina a coppa dal profilo lievemente svasato; piede ad anello. La tazzina riporta la rara marca di fabbrica in oro destinata «unicamente per i pezzi di eccezionale fattura». Marca di fabbrica con ancora in rosso e in oro Manifattura Cozzi, Venezia, 1760 c.a Bibliografia: F. Stazzi, Le porcellane veneziane di Geminiano e Vincenzo Cozzi, Venezia, s.d., p. 213, tav. XXXIX
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11 PIATTINO € 2.000-2.500
circolare in porcellana bianca parzialmente dipinta in policromia in prevalenza nei toni del verde, giallo e rosa a creare una deliziosa scenetta raffigurante un gentiluomo mentre indica un’architettura in marmo bigio accanto a sè, all’intorno rigogliosi alberelli e vaporose nubi azzurrine. Nella tesa rialzata, dal profilo in oro, fruttini policromi arricchiscono la decorazione. Marca di fabbrica con ancora in rosso Manifattura Cozzi, Venezia, 1760 c.a Provenienza: già collezione Nino Barbantini Bibliografia: F. Stazzi, Le porcellane veneziane di Geminiano e Vincenzo Cozzi, Venezia, s.d., p. 213, tav. XLI Eccezionali porcellane e ceramiche italiane del Settecento, catalogo dell’asta Christie’s, Roma, 1977, n. 209, p.33
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12 TAZZINA â‚Ź 4.000-5.000
completa di piattino in porcellana bianca dipinta in policromia in prevalenza nei toni del verde, rosso porpora, rosso e oro a creare decoro con stemma coronato della famiglia veneziana Giovanelli entro cartiglio di gusto rocaille. All’intorno ad impreziosire l’esemplare fiori recisi sparsi, insetti, profili e cornici ad anelli concatenati in oro. La famiglia Giovanelli è annotata negli inventari fra i clienti della manifattura Cozzi. Piattino circolare con tesa rialzata; tazzina a coppetta senza manici su piede ad anello. Marca di fabbrica con ancora in rosso Manifattura Cozzi, Venezia, 1765 c.a Bibliografia: F. Stazzi, Le porcellane veneziane di Geminiano e Vincenzo Cozzi, s.d., p. 205, tav. XI
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VASETTO € 2.800-3.500
ad anfora in porcellana bianca dipinta in policromia in prevalenza nei toni del verde, rosso ferro e rosso porpora a creare elegante decoro a mazzetti di fiori sparsi e «a bersò» cioè, scriveva Levy, «un graziosissimo e notevolissimo tipo di decorazione riproducente in chiare tinte quei caratteristici giardini all’italiana che formavano la delizia delle antiche ville patrizie. […] Dietro le arcate, formate dai carpini educati dalla forbice sapientemente regolatrice del giardiniere, si eleva maestosa la villa ospitale e ricca». La descrizione dello studioso perfettamente si adatta alla miniatura dell’esemplare qui presentato. Piede circolare; fusto a balaustro; corpo cilindrico bombato sulla fascia superiore; breve collo a gola; tesa circolare eversa; manici sinuosi nervati. Lo caratterizzano i bordi lumeggiati in “turchino” con un finissimo profilo in oro. Esemplari decorati con il motivo “a bersò” si trovano in diverse collezioni pubbliche e private. Marchio di fabbrica con ancora in rosso Manifattura Cozzi, Venezia, 1770 c.a h. cm. 19 Bibliografia di confronto: Le porcellane di Venezia nel Settecento. Vezzi, Hewelcke, Cozzi, a cura di F. Pedrocco, Venezia, 1998 F. Stazzi, Le porcellane veneziane di Geminiano e Vincenzo Cozzi, Venezia, s.d., figg. 129-132 S. Levy, Tazzine italiane da collezione, Milano, 1968, tav. 26 G. Morazzoni, S. Levy, Le porcellane italiane, vol. I, Milano, 1960, tavv. 36b, 53a, 55-56
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CANESTRO E TREMBLEUSE € 3.000-4.000
in porcellana bianca parzialmente dipinta in policromia a creare decoro a mazzi di fiori sparsi. Cestino ovale caratterizzato da pareti a giorno a simulare un «gentile intreccio, ravvivato all’interno da mazzolini di fiori» policromi, decoro riproposto sulla tesa eversa del piatto; profilo polilobato con filettatura e cornicetta fitomorfa in rosso; manici in foggia di ramoscelli d’albero con foglie lanceolate. Tali manifatture, negli inventari della fabbrica Cozzi, venivano chiamate cestelle traforate. Saul Levy ricorda a proposito delle “pitture” della manifattura Cozzi che «il maggior contributo per le decorazioni è dato dalla flora indigena, alla quale ricorrono largamente i miniatori
veneziani, non disprezzando l’umile e semplice fiorellino del prato, che volentieri associano alle rose, alle viole, ai tulipani, ai garofani: giunchiglie, gelsomini, ranuncoli, primule, giacinti, son dipinti con facilità e verità sorprendenti». Marca di fabbrica con ancora in rosso Manifattura Cozzi, Venezia, 1770 c.a canestro cm. 8,5x20,5x15, piatto cm. 3,5x24x18 Bibliografia: F. Stazzi, Le porcellane veneziane di Geminiano e Vincenzo Cozzi, Venezia, s.d., p. 223, fig. 19
15 TAZZA DA PUERPERA CON PIATTO € 10.000-15.000
in porcellana bianca caratterizzata dai profili in oro ed elegantemente dipinta in prevalenza nei toni del verde, rosso e violetto a creare decoro a fiori recisi sparsi, tra i quali campanule, tulipani e viole, e a comporre con ghirlande di roselline e violette il monogramma coronato LR. Piede ad anello; coppa con manici sagomati ad orecchio; coperchio lievemente bombato con presa apicale in foggia di arbusto con bacche rosse; piatto circolare con tesa rialzata. Marca di fabbrica con ancora in rosso Manifattura Cozzi, Venezia, 1760 c.a Provenienza: già collezione Nino Barbantini Bibliografia: Eccezionali porcellane e ceramiche italiane del Settecento, catalogo dell’asta Christie’s, Roma, 1977, n. 206, tav. XXV, p. 32
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TEIERA € 8.000-10.000
in porcellana bianca parzialmente dipinta in policromia in prevalenza nei toni del verde scuro, bruno e azzurrino a creare, su un lato, una veduta di paesaggio con azzurri colli e alcuni personaggi che si dirigono verso un borgo, in primo piano due alberi simulano una quinta teatrale. Sull’altro lato troviamo l’elegante composizione del monogramma coronato BC in oro e ghirlande di fiorellini. Ad impreziosire l’ornato cornicette fitomorfe e fiori recisi sparsi in oro. Questo tipo di caffettiera riprende nella forma le porcellane di Meissen: piede ad anello; corpo bombato sulla sezione superiore; coperchio ingentilito da fiori recisi policromi, presa apicale in foggia di rosellina; manico a voluta percorsa da nervature e profilata in “turchino” e oro; versatoio sinuoso con terminale a testa di papero. Si conosco altre teiere con questo tipo di becco,ad esempio l’esemplare conservato al National Museum of Wales di Cardiff. La teiera qui presentata si distingue per la raffinatezza della decorazione e la maestria d’esecuzione del paesaggio, tema privilegiato nel Settecento tanto che queste opere divennero da subito oggetto di collezionismo da parte di viaggiatori del Grand Tour. Sottolinea Levy «i miniatori di Geminiano Cozzi subiscono il fascino della delicata arte dei paesisti veneziani di Marco Ricci, dello Zuccarelli, dello Zais, dei quali si sforzano di riprodurre nel loro “paesetto” la vastità degli orizzonti sereni e luminosi». Manifattura Cozzi, Venezia, 1760-1770 Marca di fabbrica con ancora in rosso h. cm. 12
16 retro
Bibliografia: Le porcellane di Venezia nel Settecento. Vezzi, Hewelcke, Cozzi, a cura di F. Pedrocco, Venezia, 1998, p. 57, fig. 69 F. Stazzi, Le porcellane veneziane di Geminiano e Vincenzo Cozzi, Venezia, s.d., p. 215, tav. XLVII. Bibliografia di confronto: A. Mottola Molfino, L’arte della porcellana in Italia, vol. I, Busto Arsizio, 1976, fig. 181 G. Morazzoni, S. Levy, Le porcellane italiane, vol. Milano, 1960
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CAFFETTIERA € 8.000-10.000
in porcellana bianca dipinta in policromia in prevalenza nei toni del verde scuro, bruno e azzurrino a creare su un lato un paesaggio lacustre dove nel primo piano si staglia un rigoglioso albero e sullo sfondo azzurre colline e un castello, che ricordano il paesaggio collinare veneto. Sull’altro lato troviamo l’elegante composizione del monogramma coronato BC in oro e ghirlande di fiorellini. Ad impreziosire l’ornato cornicette fitomorfe e fiori recisi sparsi in oro. Questo tipo di caffettiera riprende nella forma le porcellane di Meissen: piede circolare gradinato; corpo piriforme; coperchio a cupoletta ingentilito anch’esso da miniature paesaggistiche, presa apicale a bottone; manico a voluta percorsa da nervature e profilata in “turchino” e oro; versatoio a becco sotteso da testa di putto. L’esemplare qui presentato si distingue per la raffinatezza
della decorazione e la maestria d’esecuzione del paesaggio, tema privilegiato nel Settecento tanto che queste opere divennero da subito oggetto di collezionismo da parte di viaggiatori del Grand Tour. Sottolinea Levy «i miniatori di Geminiano Cozzi subiscono il fascino della delicata arte dei paesisti veneziani di Marco Ricci, dello Zuccarelli, dello Zais, dei quali si sforzano di riprodurre nel loro “paesetto” la vastità degli orizzonti sereni e luminosi». Marca di fabbrica con ancora in rosso Manifattura Cozzi, Venezia, 1760-1770 c.a h. cm. 19,5 Bibliografia: Le porcellane di Venezia nel Settecento. Vezzi, Hewelcke, Cozzi, a cura di F. Pedrocco, Venezia, 1998, p. 57, fig. 69 F. Stazzi, Le porcellane veneziane di Geminiano e Vincenzo Cozzi, Venezia, s.d., tav. 47 Bibliografia di confronto: A. Mottola Molfino, L’arte della porcellana in Italia, vol. I, Busto Arsizio, 1976 G. Morazzoni, S. Levy, Le porcellane italiane, vol. Milano, 1960
17 retro
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GRANDE CAFFETTIERA € 10.000-14.000
in porcellana bianca parzialmente dipinta in policromia in prevalenza nei toni del verde scuro, bruno e azzurrino a creare su un lato un paesaggio lacustre, in primo piano rigogliosi alberi e sullo sfondo azzurre colline, che ricordano il panorama collinare veneto, e personaggi che si dirigono verso un borgo. Sull’altro lato troviamo l’elegante composizione del monogramma coronato BC in oro e ghirlande di fiorellini. Ad impreziosire l’ornato cornicette fitomorfe e fiori recisi sparsi in oro. Questo tipo di caffettiera riprende nella forma le porcellane di Meissen: piede circolare gradinato; corpo piriforme; coperchio a cupoletta ingentilito anch’esso da miniature paesaggistiche, presa apicale a bottone; manico a voluta percorsa da nervature e profilata in “turchino” e oro; versatoio a becco. L’esemplare qui presentato si distingue per la raffinatezza
della decorazione e la maestria d’esecuzione del paesaggio, tema privilegiato nel Settecento tanto che queste opere divennero da subito oggetti di collezionismo da parte di viaggiatori del Grand Tour. Sottolinea Levy «i miniatori di Geminiano Cozzi subiscono il fascino della delicata arte dei paesisti veneziani di Marco Ricci, dello Zuccarelli, dello Zais, dei quali si sforzano di riprodurre nel loro “paesetto” la vastità degli orizzonti sereni e luminosi». Marca di fabbrica con ancora in rosso Manifattura Cozzi, Venezia, 1760-1770 h. cm. 26 Bibliografia: Le porcellane di Venezia nel Settecento. Vezzi, Hewelcke, Cozzi, a cura di F. Pedrocco, Venezia, 1998, p. 57, fig. 71 F. Stazzi, Le porcellane veneziane di Geminiano e Vincenzo Cozzi, Venezia, s.d., tav. XLVII, p. 215 Bibliografia di confronto: A. Mottola Molfino, L’arte della porcellana in Italia, vol. I, Busto Arsizio, 1976 G. Morazzoni, S. Levy, Le porcellane italiane, vol. Milano, 1960
18 retro
19
19
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FIGURA € 1.300-1.800
in porcellana dipinta in policromia in prevalenza nei toni del bruno, verde e rosso. La scultura raffigura un fanciullo abbigliato con una marsina aperta marrone, come i pantaloni al ginocchio, su un gilet a fiorellini e camiciola bianca. Ritratto assiso su una roccia, porge con una mano un mazzetto di fiori; accanto a sé un vaso, dipinto con un paesaggio in monocromo rosso, traboccante fiori. Il modellato risulta semplice, i tratti, soprattutto del volto, un po’ goffi e ineleganti che sono però tipici di alcune opere della manifattura Cozzi. Base polilobata e modanata di gusto rocaille. Manifattura Cozzi, Venezia, 1760 c.a h. cm. 13 Restauri Bibliografia di riferimento: A. Mottola Molfino, L’arte della porcellana in Italia, vol. I, Busto Arsizio, 1976, figg. 233-234
20
FIGURA € 2.800-3.500
in porcellana bianca modellata a tutto tondo a rappresentare una donna in abiti orientali. La scultura ritrae una esile figura femminile con una lunga casacca di tipo asiatico, come si può vedere dall’orlo lobato del profilo inferiore, su una lunga veste che lascia intravedere le scarpine a punta. I cappelli sono raccolti sul capo lasciando scoperti i dolci lineamenti del volto dall’espressione serena; fra le mani porta un papiro arrotolato. Base circolare. Manifattura Cozzi, Venezia, 1770 c.a h. cm. 11,5 Restauri al papiro Bibliografia di riferimento: S. Levy, G. Morazzoni, Le porcellane italiane, vol. I., Milano, 1960, tav. 83
21 FIGURA € 3.000-4.000
in porcellana bianca modellata a tutto tondo a rappresentare un giovinetto cha fa giocare un cane. Gustoso ritratto che riprende uno fra i temi più tipici della manifattura Cozzi i «fanciulli con animali», ripresi da Vincennes-Sèvres. Una ricciuta chioma incornicia il paffuto volto; il bimbo indossa una camiciola bianca su ampi pantaloni al ginocchio e scarpe a punta. Alla vita, su una fascia annodata, porta un pugnale che insieme allo svolazzante mantello lo fanno sembrare un piccolo eroe. Il modellato pur nella semplicità delle forme presenta momenti di “virtuosismo” nell’aggrovigliato panneggio degli abiti che riflette ed enfatizza la complicata torsione del corpo: il fanciullo mentre gioca con il cagnolino rivolge la testa nella direzione opposta ad esso.
22 NON IN ASTA
Base a rocchetto con festoni in rilievo. Manifattura Cozzi, Venezia, 1770 c.a h. cm. 19 Bibliografia di confronto: L. Melegati, Le porcellane europee al Castello Sforzesco, Milano, 1999, p. 42 F. Stazzi, Le porcellane veneziane di Geminiano e Vincenzo Cozzi, s.d. A. Mottola Molfino, L’arte della porcellana in Italia, vol. I, Busto Arsizio, 1976, figg. 226-227, 238 G. Morazzoni, S. Levy, Le porcellane italiane, vol. I, Milano, 1960
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COPPIA DI GRUPPI â‚Ź 14.000-20.000
in porcellana bianca modellata a tutto tondo a rappresentare due scene campestri. Le eccezionali sculture create come an pendant affrontano il tema degli idilli pastorali che riscontrava tanto favore nel Settecento. Attorno ad un albero dai rami fogliati si ha, nella prima opera, un pastore, con una giacca aperta su una camiciola dallo scollo arrotondato e le brache al ginocchio, si avvicina a piedi nudi, quasi compiendo una danza, ad una pastorella assisa su un masso roccioso e intenta a gustare una bevanda. La giovinetta indossa un abito che risalta le forme procaci. Ai sui piedi un agnellino accucciato e una zucca. Nella seconda un suonatore di mandola, anch’esso assiso, sfiora con un piede la pecorella accucciata mentre una giovane donzella, con una verdura fra le mani, cammina in torno al rigoglioso arbusto, dirigendosi verso il giovane putto che esibisce una lettera in mano. Il modellato semplice si carica di vezzosi particolari come il vello dell’agnello, i fiocchi
23 part.
delle scarpine o delle brache. Piedistallo circolare modanato con ghirlande rilevate. Manifattura Cozzi, Venezia, 1770 c.a h. cm. 26,5 c.a ciascuna Provenienza: già collezione Donà dalla Rose; già collezione Nino Barbantini Bibliografia: Eccezionali porcellane e ceramiche italiane del Settecento, catalogo dell’asta Christie’s, Roma, 1977, n. 246, tav. XXXI, p. 38 G. Lorenzetti e Planiscig, La Collezione dei Conti Donà dalle Rose, nn. 1091, 1092, tav. 91
23 part.
24
GRUPPO € 3.000-4.000
in porcellana bianca modellato a tutto tondo a rappresentare Sileno e altri satiri. La scultura, costituita di quattro figure, segue una composizione piramidale. Al vertice superiore Sileno, seguace dei cortei trionfali di Bacco, coperto nei soli fianchi da un tralcio di vite, è assiso su un otre, in preda agli effluvi del dolce succo d’uva innalza un calice, al suo fianco l’orcio svuotato. Accanto a lui due giovani satiri, con le corna e le zampe villose su zoccoli fessi, assisi su una capra accucciata. In basso un vigoroso satiro, sulla cui testa pesa un piede di Sileno, si aggrappa ad una grande valva di conchiglia. Lo splendido esemplare palesa l’estrema finezza ed espressività del modellato, infatti secondo lo studioso Stazzi il «brioso racconto di euforia bacchica […] fa sospettare la mano del giovane Tagliolini» Manifattura Cozzi, Venezia, 1770-1780 h. cm. 21 Provenienza: già collezione Eugenio Imbert Bibliografia: F. Stazzi, Le porcellane veneziane di Geminiano e Vincenzo Cozzi, s.d., p. 242, fig. 79 G. Morazzoni, S. Levy, Le porcellane italiane, Milano, vol. I, 1960, tav. 80b
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SALIERA € 15.000-20.000
in porcellana bianca dipinta in policromia in prevalenza nei toni del verde, azzurro e rosso ferro a creare elegante decoro a fiori recisi sparsi e motivi fitomorfi stilizzati. La forma si ispira ai manufatti di argenteria dell’epoca: piede esagonale con nervature a raggiera; coppa anch’essa poligonale, con pareti lievemente bombate caratterizzata da decoro interno e sul cavetto; manici a voluta percorsi da lunga foglia lanceolata e sormontati da una testa di ricciuto puttino. Il particolare riportato qui a fianco appartiene ad un’opera Hewelcke in collezione privata che ben evidenzia le similitudini con la nostra saliera. Si notino la resa delle chiome ad ampie ciocche, il contorno occhi e le palpebre sottolineate, il naso un po’ schiacciato. Nella relazione del 1758 riportata da Prospero Valmarana si legge a proposito di questa manifattura che le terre si riusciva «a depurarle e ridurle in paste sì bianche e delicate che nulla di più candido all’occhio, né di più fino e gentile al tatto può offrirsi». Manifattura Hewelcke, Venezia, 1758-1763 h. cm. 8,7 Restauri Bibliografia di confronto: A. Mottola Molfino, L’arte della porcellana in Italia, vol. I, Busto Arsizio, 1976 G. Morazzoni, S. Levy, Le porcellane italiane, vol. I, Milano, 1960
Manifattura Hewelcke, esemplare di confronto.
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TAZZINA € 2.000-2.500
completa di piattino in porcellana bianca dipinta in vivace policromia in prevalenza nei toni del rosso, rosso porpora, verde, violetto e giallo a creare splendido decoro a chinoiseires con personaggi orientali, impegnati in svariate attività, stanti o assisi su un terreno erboso e circondati da diversi paesaggi con rigogliosi arbusti e costruzioni di gusto orientale. La caratterizzano profili con fregi di foglioline e fiori minuti. Piattino circolare dalla tessa lievemente eversa; tazzine a coppetta, piede ad anello. Esemplari della stessa tipologia, caratterizzata dagli alberelli arcuati che sormontano i personaggi e dalle cornici fogliate, sono conservati presso il Museo Civico di Bassano. Marca di fabbrica con V incisa e il n. 43 in rosso Manifattura Antonibon, Nove, fine del XVIII secolo Bibliografia di confronto: La ceramica nel Veneto. La Terraferma dal XIII al XVIII secolo, Verona, 1990, p. 311 S. Levy, Tazzine italiane da collezione, Milano, 1968, tav. XXXII
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BOCCALE € 1.500-2.500
completo di piattino in porcellana dipinta in policromia in prevalenza nei toni del giallo, verde e bruno a raffigurare, entro una riserva lineare, un elegante gentiluomo in abiti scuri in una carrozza, con il cocchiere e altri due servitori. Sullo sfondo una grande città. Ad impreziosire il decoro filettature e fiori recisi sparsi in oro. Piattino con tesa rialzata, reca sul cavetto l’iniziale W e il monogramma CA dorato; alta tazza cilindrica con manico ad orecchio. Marca di fabbrica con asterisco in oro Manifattura Antonibon-Baroni, Nove, 1820 Provenienza: già collezione Eugenio Imbert Esposizioni: Le porcellane di Venezia e delle Nove, Ca’ Rezzonico, 1936 Bibliografia: N. Barbantini, Le porcellane di Venezia e delle Nove, tav. 93, ill. 265 S. Levy, G. Morazzoni, Le porcellane italiane, vol. I, Milano, 1960, tav. 125 Eccezionali porcellane e ceramiche italiane del Settecento, catalogo dell’asta Christie’s, Roma, 1977, p. 28 27
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TAZZINA DA CAFFÈ € 3.000-4.000
completa di piattino in porcellana bianca dipinta in policromia in prevalenza nei toni del rosso, oro e blu a creare decoro con stemma cardinalizio. La impreziosiscono fiori recisi sparsi e profili dorati. Piattino circolare dalla tesa rialzata; tazzina cilindrica con manico ad orecchio. Marca di fabbrica con asterisco in blu Manifattura Antonibon, Nove, fine del XVIII secolo
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TAZZINA € 2.000-2.500
completa di piattino in porcellana bianca dipinta in policromia a creare diverse raffigurazioni: sul cavetto un gentiluomo, abbigliato con un ampio tabarro nei toni dell’arancio, sembra essere stato distolto dalla contemplazione del paesaggio lacustre fra vaporosi alberelli, e colto nell’atto in cui si rivolge verso lo spettatore, quasi una voce esterna lo chiamasse. Su un lato della tazzina un mazzetto di fiori, sull’altro una dama assisa su un prato e immersa in un paesaggio idilliaco. Marca di fabbrica con asterisco in rosso Manifattura Antonibon, Nove, fine del XVIII secolo Bibliografia di confronto: G. Ericani, P. Marini, N. Stringa, La ceramica degli Antonibon, Milano, 1990 S. Levy, Tazzine italiane da collezione, Milano, 1968
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TAZZINA € 3.000-4.000
completa di piattino in porcellana bianca dipinta in policromia in prevalenza nei toni dell’azzurro, rosso, verde e nero a creare splendide miniature con ritratti di soldatini in uniforme francese fra agresti paesaggi veneti. Questa tipologia decorativa ebbe inizio dopo lo sanguinoso scontro tra Napoleone e gli Austriaci avvenuto a Nove nel 1796. Paola Marini scrive che «l’epica borghese del soldato, soggetto caro anche alle contemporanee stampe a larga diffusione, diviene piccolo aneddoto o gustosa cifra decorativa, prevalentemente usata per servizi da caffè o da tè». Ne impreziosiscono il decoro i profili e le cornici a motivi fitomorfi stilizzati in oro. Piattino circolate con tesa rialzata; tazzina a coppetta senza manici su piede ad anello. Marca di fabbrica con asterisco in rosso Manifattura Antonibon, Nove, 1790 c.a
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Bibliografia di confronto: La ceramica nel Veneto. La Terraferma dal XIII al XVIII secolo, Verona, 1990, p. 338 A. Mottola Molfino, L’arte della porcellana in Italia, vol. I, Busto Arsizio, 1976, figg. 267-268 G. Morazzoni, S. Levy, Le porcellane italiane, vol. II, Milano, 1960, p. N. Barbantini, Le porcellane di Venezia e delle Nove, 1936
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TAZZINA € 5.000-6.000
completa di piattino in porcellana bianca caratterizzata dai profili dorati e parzialmente dipinta a piccolo fuoco in vivace policromia, nei toni del viola, porpora, giallo, rosso ferro, azzurro e verde, a creare decoro a cineserie con personaggi stanti o assisi su un terreno erboso e circondati da paesaggi con rigogliosi arbusti e costruzioni di gusto orientale. Piattino circolare dalla tesa lievemente eversa; tazzine a coppetta, piede ad anello. Per la creazione delle fantasiose immagini i pittori novesi si sono ispirati alle incisioni del Livre des chinois disegnate da Jean Baptiste Pillement e incise da Carnot, edite a Londra nel 1758. Anche i singoli elementi che si inseriscono nei paesaggi, come i frondosi alberi, gli splendidi insetti e le architetture, sono desunti dalle incisioni di Carnot. Marca di fabbrica con asterisco in rosso Manifattura Antonibon, Nove, XVIII secolo Bibliografia di confronto: G. Ericani, P. Marini, N. Stringa, La ceramica degli Antonibon, Milano, 1990, pp. 129-130, scheda e fig. 179 La ceramica nel Veneto. La Terraferma dal XIII al XVIII secolo, a cura di G. Ericani e P. Marini, Verona, 1990, p. 328 S. Levy, Tazzine italiane da collezione, Milano, 1968 31
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TAZZINA â‚Ź 5.000-6.000
in porcellana bianca dipinta in policromia in prevalenza nei toni del rosso porpora, verde, bruno e rosso a creare splendido decoro con la raffigurazione di Venere e Amore. La dea della bellezza è stesa ignuda con Cupido, suo fedele compagno, in un’alcova immersa in un lussureggiante giardino con rigogliosi alberi. Entrambi guardano verso lo spettatore, quasi sorpresi e interrotti dalla sua presenza. Profili lumeggiati in oro. La minitura condotta con estrema maestria e il rarissimo soggetto rendono questo esemplare un unicum fra le opere della fabbrica di Antonibon. Piattino circolare con tesa rialzata; tazzina con manico ad orecchio su piede ad anello.
Marca di fabbrica con asterisco in rosso Manifattura Antonibon, Nove, XVIII secolo Bibliografia di confronto: G. Ericani, P. Marini, N. Stringa, La ceramica degli Antonibon, Milano, 1990 La ceramica nel Veneto. La Terraferma dal XIII al XVIII secolo, a cura di G. Ericani e P. Marini, Verona, 1990
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RARA CAFFETTIERA € 13.000-20.000
in porcellana bianca dipinta in tenue policromia a creare decoro a tutto campo raffigurante due scene galanti in cui, con qualche variante, un gentiluomo corteggia una giovane dama porgendole dei fiori, all’intorno un paesaggio idilliaco con architetture e vaporosi alberelli. L’esemplare qui presentato si distingue per la rara qualità della pittura, l’armonia nell’accostamento dei colori e la vivezza naturalistica dei personaggi. Ad impreziosire l’ornato fiori recisi sparsi, farfalle e cornici in oro. Questo tipo di caffettiera riprende nella forma le porcellane di Meissen: piede circolare; corpo piriforme; coperchio con presa apicale in foggia pigna stilizzata; manico a voluta; versatoio a becco. L’opera riporta la rara marca di fabbrica in oro destinata «unicamente per i pezzi di eccezionale fattura». Marca di fabbrica Ven:a in oro
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Manifattura Antonibon-Parolin, Nove, 1785 h. cm. 23 Provenienza: già collezione Nino Barbantini Esposizioni: Le porcellane di Venezia e delle Nove, Ca’ Rezzonico, 1936 Bibliografia: N. Barbantini, Le porcellane di Venezia e delle Nove, Venezia, 1936, tav. XXI Eccezionali porcellane e ceramiche italiane del Settecento, catalogo dell’asta Christie’s, Roma, 1977, n. 178, tav. XX, p. 27 G. Morazzoni, Le porcellane italiane, tav. 112b
33 part.
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FIGURA € 2.500-3.500
in porcellana bianca modellata a tutto tondo a rappresentare il Suonatore di mandola. La gustosa scultura ritrae il giovane assiso su di un tronco d’albero arcuato; abbigliato con una marsina aperta su una camiciola, le brache con i tre bottoncini aperti al ginocchio; scarpe a punta con fibbia. La scultura costituisce il modello o una variante del Gruppo di tre suonatori, in collezione privata, in cui le varianti si hanno sull’acconciatura e sui pantaloni. Marca di fabbrica con inciso Nove all’interno del piedestallo Manifattura Antonibon, Nove, 1760-1780 h. cm. 16 compl. Bibliografia: G. Ericani, P. Marini, N. Stringa, La ceramica degli Antonibon, Milano, 1990, pp. . 39, scheda e fig. 236 La ceramica nel Veneto. La Terraferma dal XIII al XVIII secolo, a cura di G. Ericani e P. Marini, Verona, 1990, p. 317
35 retro
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GRUPPO € 3.000-4.000
in porcellana bianca modellata a tutto tondo raffigurante La vita in campagna. La scultura è costituita da quattro figure che gravitano intorno ad un albero dalle lunghe fronde. Da un lato si hanno un giovane contadino, stante e appoggiato con un piede ad un sasso, ritratto mentre tiene nelle mani un bicchiere e una fiasca di vino, e una contadinella assisa su una masso. Indossa una camicia e corpetto abbottonati su una veste e sopraveste, sollevata sul davanti a creare un bel panneggio che movimenta la superficie. Sulle ginocchia della fanciulla un cesto di uova. Nell’altro lato una coppia di bimbi, lei con un canestro ricolmo di succosi frutta in mano. L’esemplare è pervaso da uno spirito di euforia e carico di significati allegorici che rimandano ai temi dell’Arcadia. I due fanciulli presentano similitudini con le figure dell’infanzia di Cozzi che si datano intorno al 1760 e ispirate agli stessi soggetti delle manifatture di Dangel e di Du Paquier a Vienna. La studiosa Giuliana Ericani ipotizza che «il gruppo potrebbe pertanto costituire una prima esperienza del Bosello a Nove, dopo l’impiego presso Cozzi e a Vienna; a conferma dell’attribuzione va segnalato l’albero, che ritornerà nelle tre virtù di Bassano». Marca di fabbrica con Alle Nove e asterisco incisi all’interno del piedestallo Manifattura G. B. Antonibon - F. Parolin, Nove, 1775-1780 h. cm. 29 compl. Provenienza: già collezione Eugenio Imbert Esposizioni: La ceramica degli Antonibon, Palazzo Agostinelli, Bassano del Grappa, 1990 Bibliografia: G. Ericani, P. Marini, N. Stringa, La ceramica degli Antonibon, Milano, 1990, pp. 163-164, fig. e scheda 239 G. Morazzoni, S. Levy, Le porcellane italiane, vol. I, Milano, 1960, tav 80b Bibliografia di confronto: La ceramica nel Veneto. La Terraferma dal XIII al XVIII secolo, a cura di G. Ericani e P. Marini, Verona, 1990
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GRUPPO € 3.000-4.000
in porcellana bianca dipinta in policromia in prevalenza nei toni del verde, malva, azzurro e rosa acceso e carminio chiné. La scultura, modellata a tutto tondo, raffigurante Il concerto campestre presenta una fanciulla rapita nell’ascolto del dolce suono di un giovane pastore che suona un flauto. La deliziosa scena si svolge su una zolla di terra con fiori, il pastore, assiso su una roccia, con le gambe allungate, indossa una giacca e le brache al ginocchio carminio chiné, su una camicia bianca aperta, calze verde chiaro arrotolate su scarpe a punta. Sulla testa reclinata verso la fanciulla porta un largo cappello con fiore. La contadinella è abbigliata con una veste gialla rigata e una sopraveste anch’essa rigata nei toni dell’azzurro, su vistose calze rosso porpora. Le lunghe chiome ondulate sono parzialmente raccolte. Sul retro un amorino ignudo assiste alla scena. La graziosa composizione, caratterizzata dall’armonia dei colori, si ispira al tema dell’Arcadia, tanto di moda in questo periodo del Settecento e che
ha visto una vasta diffusione, grazie alle stampe di Remondini, delle incisioni francesi di Daman che presentavano pastorelli e fanciulle nei loro abiti festivi mentre conversavano amabilmente. Secondo la studiosa Giuliana Ericani l’opera può essere attribuita a Domenico Bosello (Venezia 1755-Nove 1821) in virtù del carattere fortemente classicheggiante ispirato alla produzione di Marchiori e del primo Canova. Manifattura G. B. Antonibon – F. Parolin, 1780-1790 h. cm. 15 Bibliografia: G. Ericani, P. Marini, N. Stringa, La ceramica degli Antonibon, Milano, 1990, pp. La ceramica nel Veneto. La Terraferma dal XIII al XVIII secolo, a cura di G. Ericani e P. Marini, Verona, 1990, p. 322
36 retro
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GRUPPO € 15.000-20.000
in porcellana bianca dipinta in policromia in prevalenza nei toni del rosa, rosso porpora, giallo, azzurro, bruno e verde. La scultura, modellata a tutto tondo, si costituisce di sei figure e rappresenta il culto di Cerere, la dea dell’agricoltura e dell’abbondanza. La dea si erge su un piedistallo a guisa di colonna come un idolo; coronata di spighe e abbigliata con una elegante veste bianca con profili in oro e un mantello rosa antico che le si avvolge in un complicato panneggio intorno ai fianchi; in mano tiene, con l’aiuto di un putto ignudo al suo fianco, dei fasci di grano, suo simbolo. Ai suoi piedi un giovane, abbigliato con un solo manto celeste che lascia risaltare le nerborute membra, si inginocchia di fronte alla dea per porgerle un cespo. Accanto, stante, la figura di una giovane donna sontuosamente abbigliata con un vestito ricamato con fiori rosso porpora su fondo bianco e bordato in oro; sulle spalle scende un drappo giallo pastello. Dietro due amorini ignudi assistono alla scena. La scultura, qui presentata, si afferma come un’opera importantissima della fabbrica di Nove caratterizzata da una notevole levatura tecnica e stilistica probabilmente da attribuirsi al Bosello. Il gruppo per l’estrema grazia e finezza di modellato si avvicina al Gruppo delle Virtù e a Giove che fulmina i titani. Bibliografia di confronto: G. Ericani, P. Marini, N. Stringa, La ceramica degli Antonibon, Milano, 1990, pp. La ceramica nel Veneto. La Terraferma dal XIII al XVIII secolo, a cura di G. Ericani e P. Marini, Verona, 1990 A. Mottola Molfino, L’arte della porcellana in Italia, vol. I, Busto Arsizio, 1976 G. Morazzoni, S. Levy, Le porcellane italiane, vol. I, Milano, 1960
37 retro
38
38
COPPIA DI TAZZINE â‚Ź 2.000-3.000
complete di piattino in porcella bianca parzialmente dipinta in policromia nei tono del blu e porpora scuro a creare il monogramma ME e l’elegante decoro a contrasto cromatico con cornici a nastro ritorto ingentilite da fiori stilizzati. Piattino circolare dalla tesa rialzata; tazzina alta con manico ad orecchio; piede ad anello. Manifattura Ginori, Doccia, fine del XVIII secolo
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COPPIA DI TAZZINE â‚Ź 1.800-2.500
complete di piattino in porcellana parzialmente dipinta in policromia in prevalenza nei toni del verde, azzurro e bruno a creare paesaggi lacustri con rigogliosi alberelli, architetture e rovine antiche. Piattino circolare dalla tesa rialzata; alta tazzina con manico ad orecchio, caratterizzato da filettature in porpora scuro. Manifattura Ginori, Doccia, fine del XVIII secolo
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COPPIA DI MARESCIALLE
40
€ 2.000-3.000
in porcellana bianca dipinta in vivace policromia a creare decoro a fiori e frutti sparsi, tra i quali si riconoscono un cocomero, una prugna, delle fragoline di bosco e delle amarene. La decorazione a fruttino è caratteristica della fine del secondo periodo e dell’inizio del terzo. Piatto a guisa di valva di conchiglia; tesa rialzata dal profilo mosso impreziosito dal bordo dorato sotteso da una fascia blu a creare decoro a contrasto cromatico. Manifattura Ginori, Doccia, 1780 c.a cm. 4x20,5x16 ciascuna
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Bibliografia di confronto: Lucca e le porcellane della Manifattura Ginori. Commissioni patrizie e ordinativi di corte, a cura di A. d’Agliano, A. Biancalana, L. Melegati, G. Turchi, Lucca, 2001 Settecento Europeo e Barocco Toscano nelle porcellane di Carlo Ginori a Doccia, a cura di A. d’Agliano, Roma, 1996 A. Mottola Molfino, L’arte della porcellana in Italia, vol. I, Busto Arsizio, 1976
PORTA AMPOLLE € 2.000-3.000
in porcellana bianca parzialmente dipinta in vivace policromia in prevalenza nei toni del rosa, giallo, verde e azzurro a creare decoro a fiori recisi sparsi. Corpo percorso da nervature sinuose in rilievo e da una fascia, al vertice superiore, decorata a canestrino; manico ad arco in foggia di volute percorse sulla sommità da lunghe foglie lanceolate lumeggiate in porpora e azzurro. Manifattura Lorenzo Ginori, Doccia, 1780 c.a cm. 16,5x16x9,5 Bibliografia di confronto: Lucca e le porcellane della Manifattura Ginori. Commissioni patrizie e ordinativi di corte, a cura di A. d’Agliano, A. Biancalana, L. Melegati, G. Turchi, Lucca, 2001, p. 154, scheda 95 Settecento Europeo e Barocco Toscano nelle porcellane di Carlo Ginori a Doccia, a cura di A. d’Agliano, Roma, 1996 A. Mottola Molfino, L’arte della porcellana in Italia, vol. I, Busto Arsizio, 1976 41
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TAZZA DA PUERPERA â‚Ź 2.500-3.500
completa di coperchio in porcellana bianca dipinta in policromia decorata a mazzi di fiori policromi e fiori recisi sparsi. La tazza è caratterizzata dal particolare decoro rilevato a foglie di cavolo intrecciate. Corpo a coppa; manici a voluta profilati in porpora scuro; coperchio lievemente bombato con presa apicale in foggia di tulipano. Manifattura Ginori, Doccia, 1760 c.a
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ACQUASANTIERA € 2.000-3.000
in porcellana bianca finemente dipinta in vivace policromia e lumeggiata in oro. Elegante profilo a volute concatenate e raccordate da conchiglie di gusto rocaille. Cartella istoriata con figure a bassorilievo raffiguranti la Sacra Famiglia. Al vertice inferiore coppa a guisa di valva di conchiglia caratterizzata dall’orlo sinuoso e da fitte nervature mosse. Opera di splendida manifattura che riflette il gusto rococò dell’epoca. Manifattura Carlo Ginori, Doccia, 1745-1755 cm. 22x14 Bibliografia di confronto: G. Morazzoni, S. Levy, Le porcellane italiane, vol. II, Milano, 1960, tav. 240B
44
COPPIA DI TAZZINE € 1.800-2.500
complete di piattino in porcellana magistralmente dipinta in rosso e lumeggiata in oro su fondo bianco, a creare decoro “a galletto” fra frondosi salici piangenti poggianti su rocce stilizzate. La rappresentazione riporta i tradizionali stilemi del decoro cosiddetto “del galletto”, molto impiegato nella manifattura doccese, che trae ispirazione sia dalla porcellana cinese del XVII e XVIII secolo, sia da quella giapponese del periodo Kakiemon, già conosciute dagli artisti di Meissen. Piattino circolare con tesa lievemente rialzata; tazzina con manico ad orecchio; piede ad anello. Un esemplare simile, ma di epoca successiva, si conserva presso il Mint Museum. Manifattura Ginori, Doccia, 1750-1760
Bibliografia di confronto: Lucca e le porcellane della Manifattura Ginori. Commissioni patrizie e ordinativi di corte, a cura di A. d’Agliano, A. Biancalana, L. Melegati, G. Turchi, Lucca, 2001 Settecento Europeo e Barocco Toscano nelle porcellane di Carlo Ginori a Doccia, a cura di Andreina d’Agliano, Roma, 1996 I. Baroli, V. Colonna, Lucca. Il fasto della tavola, catalogo della mostra, Novara, 1996 A. Mottola Molfino, L’arte della porcellana in Italia, vol. I, Busto Arsizio, 1976 G. Morazzoni, S. Levy, Le porcellane italiane, vol. II, Milano, 1960
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CAFFETTIERA € 3.000-4.000
in porcellana magistralmente dipinta in rosso e lumeggiata in oro su fondo bianco, a creare decoro “a galletto” fra frondosi salici piangenti poggianti su rocce stilizzate. La rappresentazione riporta i tradizionali stilemi del decoro cosiddetto “del galletto”, molto impiegato nella manifattura doccese, che trae ispirazione sia dalla porcellana cinese del XVII e XVIII secolo, sia da quella giapponese del periodo Kakiemon, già conosciute dagli artisti di Meissen. Piede circolare; corpo bombato sulla sezione inferiore; collo cilindrico; coperchio a cupola con presa apicale a trottola; elegante manico a voluta percorso da nervatura; versatoio con attacco a proboscide e desinente a testa di serpe. Manifattura Ginori, Doccia, 1750-1760 Bibliografia di confronto: Lucca e le porcellane della Manifattura Ginori. Commissioni patrizie e ordinativi di corte, a cura di A. d’Agliano, A. Biancalana, L. Melegati, G. Turchi, Lucca, 2001 Settecento Europeo e Barocco Toscano nelle porcellane di Carlo Ginori a Doccia, a cura di Andreina d’Agliano, Roma, 1996 I. Baroli, V. Colonna, Lucca. Il fasto della tavola, catalogo della mostra, Novara, 1996 A. Mottola Molfino, L’arte della porcellana in Italia, vol. I, Busto Arsizio, 1976 G. Morazzoni, S. Levy, Le porcellane italiane, vol. II, Milano, 1960, tav. XIX
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COPPIA DI TAZZINE € 3.800-4.500
complete di piattino in porcellana bianca. L’eccezionale coppia di tazzine si caratterizza per un decoro a rilievo; sulle pareti delle tazzine i manici sono modellati in foggia di tralci intrecciati che si congiungono in festoni fioriti. I piattini circolari presentano nella tesa rialzata un decoro lievemente rilevato con festoni di fruttini che si raccordano a conchiglie ornate da motivi fitomorfi. Tazzina a campana su piede ad anello. Il motivo dei manici a tralcio fiorito di gusto propriamente rococò deriva dalla manifattura di Meissen, già in uso dal 1735-1740. Manifattura Carlo Ginori, Doccia, 1750 c.a Lievi mancanze e restauri
Bibliografia di confronto: A. Mottola Molfino, L’arte della porcellana in Italia, vol. I, Busto Arsizio, 1976 G. Morazzoni, S. Levy, Le porcellane italiane, vol. I-II, Milano, 1960
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TAZZA DA PUERPERA CON PIATTO € 6.000-8.000
completa di coperchio in porcellana bianca. Lo splendido esemplare qui presentato è caratterizzato da un decoro a tutto rilievo in foggia di tralci, a volte intrecciati, con lunghe foglie lanceolate, roselline, campanule e boccioli di rosa che conferiscono all’oggetto estrema eleganza. Coppa a bowl ingentilita da manici a tralci fioriti, riproposti sul coperchio lievemente bombato; piede circolare a più modanature. Piatto circolare dal profilo mosso, tesa eversa con decoro rilevato a losanghe e nervature mosse; impreziosito anch’esso da tralci di fiori sparsi. Il motivo dei manici a tralcio fiorito di gusto propriamente rococò deriva dalla manifattura di Meissen, già in uso dal 1735-1740. Manifattura Carlo Ginori, Doccia, 1750 piatto d. cm. 24,5, tazza h. cm. 13, d. cm. 13,5 Bibliografia di confronto: A. Mottola Molfino, L’arte della porcellana in Italia, vol. I, Busto Arsizio, 1976 G. Morazzoni, S. Levy, Le porcellane italiane, vol. I-II, Milano, 1960
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ALTA TAZZA € 6.000-8.000
a campana in porcellana bianca. Lo splendido e rarissimo esemplare qui presentato è decorato secondo la tecnica della “doppia parete”, una delle più raffinate creazioni della manifattura di Doccia. La parete esterna è formata da un reticolato a giorno portante dei cammei a bassorilievo che rappresentano scene tratte dalla mitologia, che si apprezzano per l’estrema perizia con cui sono modellati. Si riconoscono Ercole che combatte contro Anteo, un satiro che compie un sacrificio, una figura allegorica con uno specchio in mano e probabilmente la raffigurazione di Galatea. La parete interna della tazzina, quella sottostante al traforo, è decorata a fiori blu con la tecnica “a stampino”, anch’essa peculiare di questa manifattura. Tale tecnica deriva da modelli chinesi e per l’enorme difficoltà d’esecuzione fu in uso per pochi anni, circa un decennio, e comunque non oltre 1755. Il marchese Leonardo Ginori –Lisci testimoniava che «queste porcellane sono molto rare, sia perché se ne fecero un numero limitato,
a causa della difficoltà di di fabbricazione che esse presentavano, sia perché ci sono state tramandate in quantità molto esigua, causa la loro fragilità» Un esemplare simile è conservato al Musées Royaux d’Art et Histoire di Bruxelles. Manifattura Carlo Ginori, Doccia, 1745-1755 h. cm. 9 Bibliografia di confronto: Lucca e le porcellane della Manifattura Ginori. Commissioni patrizie e ordinativi di corte, a cura di A. d’Agliano, A. Biancalana, L. Melegati, G. Turchi, Lucca, 2001, pp. 80-81, figg. 7-8 A. Mottola Molfino, L’arte della porcellana in Italia, vol. I, Busto Arsizio, 1976, n. 405 , fig. 46 L. Ginori Lisci, La porcellana di Doccia, introduzione di A. Lane, Milano, 1963
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COPPIA DI TAZZINE € 6.000-8.000
complete di piattino in porcellana dipinta in policromia su fondo bianco e caratterizzata dai profili in oro. La deliziosa decorazione, magistralmente dipinta, rappresenta su una parete delle tazzine lo stemma coronato delle famiglie Gerini e Franceschi. La famiglia Gerini fu una delle committenti della manifattura doccese, si conoscono infatti altri oggetti con eguale stemma araldico, fra questi un piatto conservato presso il Museo delle Porcellane di Palazzo Pitti. Mentre sull’altro lato della tazzina e sul cavetto del piattino troviamo diverse specie di insetti e farfalle policrome accanto a una zucca, un fiore e un tralcio con succosi frutti. L’occhio del fruitore viene ammaliato dalla straordinaria resa naturalistica dei minuziosi particolari descrittivi dei carnosi frutti e dei piccoli animaletti. Probabilmente la straordinaria decorazione si deve al pittore Anton Anreiter, figlio del celebre capo-pittore di Doccia Johann Carl Wendelin Anreiter von Zirnfeld che inventò il decoro a stampino. L’attribuzione della decorazione ad Anton Anreiter si conferma guardando il piatto in collezione Ginori Lisci (in L. Ginori Lisci, La porcellana […], tav. IX). Per quanto concerne i soggetti entomologici i repertori più consueti, a cui si rifacevano gli artisti della manifattura di Doccia, erano le incisioni in Insects, Diversae Insectarum Volatilium di Joris Hoefnagel edito nel 1630. Piattino circolare dalla tesa rialzata; tazzina a coppa dal profilo svasato; piedi ad anello. Manifattura Carlo Ginori, Doccia, 1745 c.a
49 part.
Esposizioni: Settecento Europeo e Barocco Toscano nelle porcellane di Carlo Ginori a Doccia, Galleria Lukacs & Donath, Roma, 16 novembre-7 dicembre 1996 Bibliografia: Settecento Europeo e Barocco Toscano nelle porcellane di Carlo Ginori a Doccia, a cura di A. d’Agliano, Roma, 1996, n. 42, pp. 58-59 Bibliografia di confronto: A. d’Agliano, Porcellane italiane a Palazzo Pitti, 1986, p. 29, n. 5 S. Levy, Tazzine italiane da collezione, Milano, 1968, tav. 39 L. Ginori Lisci, La porcellana di Doccia, introduzione di A. Lane, Milano, 1963, tav. IX
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TAZZINA € 10.000-15.000
a campana in porcellana bianca magistralmente dipinta in policromia a creare su un lato lo stemma coronato della famiglia Marana-Isola entro cartigli violetti. Lo stemma del marchese Marana è quello con il leone rampante dorato su fondo blu, quello Isola reca un’aquila nera con le ali spiegate su fondo oro. Sull’altro lato è dipinto un incredibile paesaggio lacustre con un cigno e grandi fiori, sullo sfondo antiche rovine. La impreziosiscono i profili in oro. L’eccezionale qualità pittorica e l’inusuale decoro, che non riporta i consueti mazzetti di fiori e frutta, elevano questo esemplare ad uno dei più superbi fin’ora conosciuti. Piede ad anello; corpo cilindrico lievemente svasato sulla tesa. Si conosco in collezioni pubbliche e private alcuni esemplari appartenenti a due diversi serviti per il marchese Marana di Genova, uno inviato nel 1749 riporta gli stemmi eseguiti secondo la tecnica dello stampino. Manifattura Ginori, Doccia, 1750 c.a Bibliografia di confronto: Settecento Europeo e Barocco Toscano nelle porcellane di Carlo Ginori a Doccia, a cura di A. d’Agliano, Roma, 1996
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COPPIA DI PICCOLI GRUPPI € 2.500-3.000
in porcellana bianca raffiguranti le cosi dette caccine ovvero piccoli gruppi di animali in lotta, ispirati alle illustrazioni del Livre d’animaux di Oudry (1686-1755). Negli esemplari qui presentati si raffigura lo scontro/gioco di un leone che assale una leonessa. Il modellato descrive magistralmente queste fiere in miniatura, indugiando nei dettagli anatomici, come le vertebre in rilievo e i ricci della criniera. Questi gruppi sono un’invenzione che sembra spettare alla manifattura di Doccia, venivano utilizzati per decorare la tavola, in alcuni casi gli stessi modelli servivano per realizzare le prese apicali nei coperchi di tazze da puerpera o altre forniture. Manifattura Carlo Ginori, Doccia, 1745-1750 h. cm. 7 e 6,5 Lieve mancanze e restauri Bibliografia di confronto: A. Mottola Molfino, L’arte della porcellana in Italia, vol. I, Busto Arsizio, 1976
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FIGURA € 2.800-3.200
in porcellana bianca modellata a tutto tondo a rappresentare un orientale. Stante, l’uomo indossa una lunga veste stretta in vita caratterizzata dallo scollo arrotondato e da un fitto panneggio; sopra un lungo pastrano. Sul capo un vaporoso turbante contrasta con lo scarno viso, incorniciato da una lunga barba ondulata. Poggia su una base quadrangolare. Manifattura Lorenzo Ginori, Doccia, 1760 c.a h. cm. 15
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Bibliografia di confronto: G. Morazzoni, S. Levy, Le porcellane italiane, vol. I-II, Milano, 1960
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FIGURA € 2.800-3.200
in porcellana bianca modellata a tutto tondo a rappresentare un orientale. Stante, l’uomo indossa una lunga veste, stretta in vita da una cinta, coperta da un mantello con cappuccio e ampie maniche. Il volto è caratterizzato da una lunga barba. La base è nella rara versione a volute rocaille. Un esemplare simile per la decorazione si trova nelle collezioni civiche del Museo Sforzesco di Milano. Reca sulla base il numero inciso 4 Manifattura Lorenzo Ginori, Doccia, 1760 c.a h. cm. 14 Bibliografia di confronto: G. Morazzoni, S. Levy, Le porcellane italiane, vol. I-II, Milano, 1960 52
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FIGURA € 3.000-4.000
in porcellana bianca dipinta in policromia in prevalenza nei toni del giallo oro, verde e bruno. La deliziosa scultura tratta dal repertorio della Commedia dell’Arte ritrae Brighella o Scapino. La maschera è nella Commedia dell’Arte il compare di Arlecchino, personaggio sempre pronto a escogitare inganni e tranelli. Abbigliato con un completo bianco elegantemente profilato e ricamato in verde con alamari neri: ampia casacca dallo scollo arrotondato e fittamente panneggiata, stretta in vita da una cinta, su lunghi pantaloni e mantello dal risvolto giallo oro. Stante, la figura tiene un braccio sul fianco su cui si avvolge parte della mantella svolazzante. Il volto barbuto dall’espressione baldanzosa è in parte celato da una maschera. Poggia su elegante e rara base a volute rocaille dipinta a imitare una zolla erbosa. Scrive Saul Levy «Per le figure più belle fatte dalla manifattura [Ginori] occorre dare la palma a quelle ispirate a soggetti della Commedia dell’Arte. […] Ogni gesto è appassionato in questi modelli, ogni espressione è studiata. Quanta armonia! Quanta grazia!». Reca sulla base inciso il numero 3 Manifattura Lorenzo Ginori, Doccia, 1760 c.a h. cm. 9,7 Bibliografia di confronto: Baroque luxury porcellain: the manifactories of Du Paquier in Vienna and of Carlo Ginori in Florence, 2005 M. Chilton, Harlequim Unmasked. The Commedia dell’Arte and Porcelain Sculpture, Toronto, 2001 A. Mottola Molfino, L’arte della porcellana in Italia, vol. I, Busto Arsizio, 1976, tav. LXXII L. Ginori Lisci, La porcellana di Doccia, introduzione di A. Lane, Milano, 1963 G. Morazzoni, S. Levy, Le porcellane italiane, Milano, 1960, voll. I-II
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FIGURA € 3.000-4.000
in porcellana bianca dipinta in vivace policromia in prevalenza nei toni rosso, giallo, giallo oro e violetto. La deliziosa scultura, tratta dal repertorio della Commedia dell’Arte, ritrae il personaggio di Arlecchino. Nella tradizionale veste, lunga casacca e pantaloni, che caratterizza il personaggio più celebre della Commedia dell’Arte, l’esemplare qui presentato si contraddistingue per l’aggiunta del tono viola, ai consueti giallo, rosso e bianco, e dei ricchi profili dorati. La scultura finemente modellata ritrae la maschera in una posa particolarmente complessa: in evidenza il fianco che sporge innaturalmente mentre, togliendosi il cappello, si protrae in avanti in un inchino. Una maschera lascia scoperto solo l’irsuto mento e le labbra “pittate”. La ricchezza e la cura dei particolari descrittivi fanno di questo esemplare un pezzo rarissimo di questo genere. Poggia sulla elegante e rara base a volute rocaille. Reca sulla base inciso il numero 3 Manifattura Lorenzo Ginori, Doccia, 1760 c.a h. cm. 11 Bibliografia di confronto: Baroque luxury porcellain: the manifactories of Du Paquier in Vienna and of Carlo Ginori in Florence, 2005 M. Chilton, Harlequim Unmasked. The Commedia dell’Arte and Porcelain Sculpture, Toronto, 2001 A. Mottola Molfino, L’arte della porcellana in Italia, vol. I, Busto Arsizio, 1976, tav. LXXII L. Ginori Lisci, La porcellana di Doccia, introduzione di A. Lane, Milano, 1963 G. Morazzoni, S. Levy, Le porcellane italiane, Milano, 1960, voll. I-II
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FIGURA € 3.000-4.000
in porcellana bianca dipinta in policromia in prevalenza nei toni del verde, giallo paglierino e bruno. La deliziosa figura tratta dal repertorio della Commedia dell’Arte ritrae “Pulcinella con Gnocchi”. Finemente modellata la figura ritrae un uomo stante, elegantemente vestito: grande cappello, marsina verde aperta sulla camicia bianca mossa da fitte pieghe, pantaloni giallo chiaro su calze bianche e scarpe a punta con fibbia. Reca sotto ad un braccio un cesto in vimini. La posa complessa costruita per contrapposti e la ricchezza dei particolari descrittivi fanno di questo esemplare un pezzo rarissimo di questo genere. Il volto rivolto verso destra è per lo più celato da una maschera che lascia intuire la bellezza dei tratti fisionomici e intravedere i vivaci occhi scuri e le labbra “pittate”. Poggia su elegante e rara base a volute rocaille. Manifattura Lorenzo Ginori, Doccia, 1760 c.a Reca sulla base inciso il numero 4 h. cm. 10,5 Bibliografia di confronto: Baroque luxury porcellain: the manifactories of Du Paquier in Vienna and of Carlo Ginori in Florence, 2005 M. Chilton, Harlequim Unmasked. The Commedia dell’Arte and Porcelain Sculpture, Toronto, 2001 A. Mottola Molfino, L’arte della porcellana in Italia, vol. I, Busto Arsizio, 1976, tav. LXXII L. Ginori Lisci, La porcellana di Doccia, introduzione di A. Lane, Milano, 1963 G. Morazzoni, S. Levy, Le porcellane italiane, Milano, 1960, voll. I-II
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FIGURA € 3.000-4.000
in porcellana bianca dipinta in policromia in prevalenza nei toni del verde, violetto e giallo. La deliziosa scultura tratta dal repertorio della Commedia dell’Arte ritrae una dama abbigliata secondo la moda dell’epoca con una sopraveste bianca e verde, dalle maniche rimboccate escono gli sbuffi della camiciola, sotto un’ampia gonna a fiori violacei, caratterizzata da un fitto panneggio, su scarpine gialle. Il volto è celato da una maschera che lascia però trapelare l’espressione maliziosa e i due nei vicino alle labbra “pittate”. I cappelli, raccolti in una complessa acconciatura, sono resi con particolare cura secondo gli stilemi docciani: «disegnati con moltissime e fittissime righe, a volte in nocciola». Poggia sulla consueta base lineare dipinta ad imitare un pavimento lastricato. Manifattura Lorenzo Ginori, Doccia, 1760 c.a h. cm. 10,7 Bibliografia di confronto: Baroque luxury porcellain: the manifactories of Du Paquier in Vienna and of Carlo Ginori in Florence, 2005 M. Chilton, Harlequim Unmasked. The Commedia dell’Arte and Porcelain Sculpture, Toronto, 2001 A. Mottola Molfino, L’arte della porcellana in Italia, vol. I, Busto Arsizio, 1976, tav. LXXII L. Ginori Lisci, La porcellana di Doccia, introduzione di A. Lane, Milano, 1963 G. Morazzoni, S. Levy, Le porcellane italiane, Milano, 1960, voll. I-II
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PIATTO € 35.000-45.000
in porcellana bianca dipinta in vivace policromia in prevalenza nei toni del verde, azzurro e rosso a creare uno splendido decoro sul cavetto raffigurante una scena mitologica. Venere si trova assisa su morbidi cuscini. Abbigliata come una principessa romana per i calzari e la lunga veste bianca all’antica, lasciata maliziosamente scendere da una spalla e scoprendo così un seno, e un drappo azzurro. Di fronte ai lei degli amorini alati portano un satiro, con le zampe villose e gli zoccoli fessi, finito loro prigioniero. Venere ordina a Cupido, accanto a lei, di scagliare una delle sue frecce sul satiro. All’intorno un paesaggio lacustre ricco di frondosi alberi. Sulla tesa si contano sei diverse
panoplie con armi, strumenti musicali, fruttini e fiori tenuti insieme da svolazzanti nastri. Piatto circolare, tesa rialzata dal profilo con nervature rilevate e lumeggiate in oro. Marca di fabbrica con giglio azzurro Manifattura Real Fabbrica, Capodimonte, periodo Carlo III d. cm. 26 Bibliografia di confronto: A. Mottola Molfino, L’arte della porcellana in Italia, vol. II, Busto Arsizio, 1976, fig. 264 G. Morazzoni, S. Levy, Le porcellane italiane, vol. II, Milano, 1960
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PIATTO € 35.000-45.000
in porcellana bianca dipinta in smagliante policromia in prevalenza nei toni del rosa acceso, violetto e azzurro a creare uno splendido decoro sul cavetto raffigurante una scena cortese. In un ampio giardino in cui si riconoscono scorci di architetture e rigogliosi alberelli si svolge un concerto con gentiluomini e dame. L’atmosfera cordiale e spensierata, non priva di intenti ironici, mostra i passatempi della fastosa nobiltà. A terra un canestro traboccante succosi frutti e fresche vivande su un rinfrescatoio. Le dame esibiscono raffinati vestiti dalle ampie scollature che mostrano la moda del tempo. Sulla tesa si contano sei diverse panoplie con strumenti musicali, canestri
di frutta e fiori tenuti insieme da svolazzanti nastri. Piatto circolare, tesa rialzata dal profilo con nervature rilevate e lumeggiate in oro. Marca di fabbrica con giglio azzurro Manifattura Real Fabbrica, Capodimonte, periodo Carlo III d. cm. 26 Bibliografia di confronto: A. Mottola Molfino, L’arte della porcellana in Italia, vol. II, Busto Arsizio, 1976, fig. 264 G. Morazzoni, S. Levy, Le porcellane italiane, vol. I-II, Milano, 1960
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VASETTO â‚Ź 1.200-1.500
biansato in terraglia bianca percorsa, in tutta la superficie, da larghe nervature; piede circolare baccellato; corpo bombato all’altezza della spalla; collo cilindrico che si apre nella tesa eversa e orlata; anse in foggia di delfino rampante. Marca di fabbrica con giglio azzurro Manifattura Real Fabbrica, Capodimonte, periodo Carlo III h. cm. 15,5
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TAZZINA â‚Ź 400-500
completa di piattino in porcellana dipinta in vivace policromia in prevalenza nei toni del verde, azzurro e bruno a creare su fondo bianco scene cortesi con gentiluomini e dame elegantemente abbigliate entro paesaggi con rigogliosi alberi. Si caratterizza per riserve di linea serpetina con fitti racemi in oro su fondo azzurro intenso. Piattino circolare con tesa rialzata; tazzina a campana con manico ad osso; piede ad anello. Marca di fabbrica con le due spade in blu Manifattura Meissen, XVIII secolo
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TAZZINA â‚Ź 400-500
completa di piattino in porcellana bianca dipinta in policromia a creare decoro a quartieri in cui si alternano fiori recisi su fondo turchese e paesaggi animati con scene cortesi fra frondosi alberelli su fondo bianco. La impreziosiscono profili e cornici a motivi fitomorfi in oro. Piattino circolare con tesa rialzata; tazzina a campana con manico ad osso; piede ad anello. Marca di fabbrica con le due spade in blu Manifattura Meissen, inizi del XIX secolo
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LATTIERA â‚Ź 1.800-2.200
in porcellana dipinta in vivace policromia in prevalenza nei toni del verde, rosa, rosso e bruno a creare fiori recisi sparsi e una scenetta di gusto popolare con due uomini e una donna che bivaccano entro un rigoglioso paesaggio campestre. Le miniature si caratterizzano per l’attenzione nella resa dei dettagli. La impreziosiscono le filettature in oro. Piede circolare, corpo bombato sulla sezione inferiore; manico a voluta lumeggiato in oro a creare racemi fioriti; versatoio a becco. Marca di fabbrica in azzurro Vienna, XVIII secolo h. cm. 7
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COPPIA DI TAZZINE € 4.000-5.000
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SERVIZIO DI QUATTRO TREMBLEUSES € 4.000-6000
complete di piattino in porcellana bianca parzialmente dipinta in policromia in prevalenza nei toni accesi del rosso, verde, blu e rosa a creare ironiche scenette popolari con personaggi colti in espressioni bizzarre e baldanzose e impegnati in diverse attività. L’eccelsa qualità della decorazione pittorica si caratterizza per una descrizione particolareggiata dei dettagli. Ad impreziosire l’ornato i profili e le cornici a motivi fitomorfi stilizzati in oro. Piattino con tesa rialzata; tazzine a campana, manico ad orecchio, piede ad anello. Marca di fabbrica in azzurro Vienna, XVIII secolo
modellate a guisa di valva di conchiglia in porcellana bianca dipinta in policromia nei toni del blu e verde a creare elegante decoro a racemi fioriti sparsi, la impreziosiscono le lumeggiature in oro nei bordi. Corpo a coppa percorso da costolature; tesa rialzata dal profilo polilobato; presa frangiata con lunghe foglie lanceolate; piede ad anello. Marca di fabbrica in azzurro Manifattura Locré, Parigi, 1775 c.a cm. 5x24x22 ciascuno
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ECCEZIONALE STIPO € 18.000-25.000
in noce ebanizzato, laccato e dorato impreziosito da marmi rari, alabastro e intarsi in madreperla, lapislazzulo e altre pietre dure. Lo caratterizza ricco decoro con doppie cornici concentriche, lineari e ovali, a motivi fitomorfi stilizzati in oro che racchiudono specchiature dipinte su un fondo in madreperla. Struttura rettangolare; cappello con profili modanati. Il prospetto architettonico della fronte si articola su tre ordini, la fascia centrale è scandita da colonne in stile dorico. Nella sezione superiore elemento ad arco. Dotato di vari tiretti a scomparsa di diverse proporzioni. L’esemplare qui presentato è decorato con la cosiddetta “lacca dorata” ovvero una vernice d’oro che imita per qualità di tecnica e per i motivi ornamentali i manufatti dell’Oriente islamico. In particolare si collegano all’arte della legatura e dell’oreficeria ottomana e persiana le fitte cornici e le
decorazioni ad arabeschi. Opera di rara preziosità che testimonia l’intensa e affascinante storia degli scambi culturali tra Venezia e l’Oriente. Venezia, seconda metà del XVI secolo cm. 26,5x33,5x22,5 Bibliografia: I monetieri veneziani dal XVI al XVII secolo: i preziosi scrigni del gentiluomo, Lucca, 2009, p. 18 Bibliografia di confronto: W. Koeppe and A. Giusti, Art of the Royal Court, New York, 2008 Venezia e l’Islam, 828 - 1797, a cura di S. Carboni, Venezia, 2007 A. González Palacios, Il tempio del gusto, Milano, 1986
67
ECCEZIONALE STIPO € 25.000-30.000
in noce ebanizzato, laccato e dorato impreziosito da marmi rari, alabastro e intarsi in madreperla e altre pietre dure. Lo caratterizzano fregi a motivi fitomorfi stilizzati in oro. Struttura lineare; cappello con elemento rialzato. Calatoia posta a celare il prospetto architettonico della fronte, articolato su tre ordini ingentiliti da riserve ovali in marmo; la fascia centrale è scandita da colonne in stile dorico; in quella superiore viene simulato un arco. Una cornice mediana a volute fogliacee concatenate divide le due sezioni. Dotato di vari tiretti a scomparsa di diverse proporzioni, tre con prese in foggia di testa leonina. L’esemplare qui presentato è decorato con la cosiddetta “lacca dorata” ovvero una vernice d’oro che imita per qualità di tecnica e per i motivi ornamentali i manufatti dell’Oriente islamico. In particolare il piano interno della ribalta offre una ricca
composizione ad arabeschi con ramages fioriti e girali fogliati concatenati entro riserve che rimandano allo splendore delle legature e dei manoscritti islamici. Opera di rara preziosità che testimonia l’intensa e affascinante storia degli scambi culturali tra Venezia e l’Oriente. Venezia, seconda metà del XVI secolo cm. 31x36x27 Bibliografia: I monetieri veneziani dal XVI al XVII secolo: i preziosi scrigni del gentiluomo, Lucca, 2009, p. 21 Bibliografia di confronto: W. Koeppe and A. Giusti, Art of the Royal Court, New York, 2008 Venezia e l’Islam, 828 - 1797, a cura di S. Carboni, Venezia, 2007 A. González Palacios, Il tempio del gusto, Milano, 1986
68
ECCEZIONALE STIPO € 30.000-40.000
in noce ebanizzato, laccato e dorato impreziosito da marmi rari, alabastro e intarsi in madreperla, lapislazzulo e altre pietre dure. Lo caratterizzano ricco decoro con doppie cornici concentriche, lineari e ovali, a motivi fitomorfi stilizzati in oro che racchiudono specchiature dipinte su un fondo in madreperla. Struttura rettangolare; cappello aggettante con elemento rialzato. Calatoia posta a celare il prospetto architettonico della fronte che si articola su tre ordini, la fascia centrale è scandita da colonne in stile dorico. Nella sezione superiore elemento ad arco. Dotato di vari tiretti a scomparsa di diverse proporzioni. L’esemplare qui presentato è decorato con la cosiddetta “lacca dorata” ovvero una vernice d’oro che imita per qualità di tecnica e per i motivi ornamentali i manufatti dell’Oriente islamico. In particolare il piano interno della ribalta offre una ricca composizione ad arabeschi con ramages fioriti e girali fogliati concatenati entro riserve che rimandano allo
splendore delle legature e dei manoscritti islamici. Le pareti esterne, anch’esse splendidamente decorate in oro, sono concepite come una rilegatura a cofanetto. Opera di rara preziosità che testimonia l’intensa e affascinante storia degli scambi culturali tra Venezia e l’Oriente. Venezia, seconda metà del XVI secolo cm. 29,5x34x24 Bibliografia: I monetieri veneziani dal XVI al XVII secolo: i preziosi scrigni del gentiluomo, Lucca, 2009, p. 20 Bibliografia di confronto: W. Koeppe and A. Giusti, Art of the Royal Court, New York, 2008 Venezia e l’Islam, 828 - 1797, a cura di S. Carboni, Venezia, 2007 A. González Palacios, Il tempio del gusto, Milano, 1986
69
ECCEZIONALE STIPO € 30.000-40.000
in noce ebanizzato, laccato e dorato impreziosito da marmi rari, alabastro e intarsi in madreperla, lapislazzulo e altre pietre dure. Lo caratterizzano ricco decoro con doppie cornici concentriche, lineari e ovali, a motivi fitomorfi stilizzati in oro che racchiudono specchiature dipinte su un fondo in madreperla. Struttura rettangolare; cappello aggettante con elemento rialzato; profili intagliati a nastro ritorto; piedi a riccio. Calatoia posta a celare il prospetto architettonico della fronte che si articola su tre ordini, la fascia centrale è scandita da colonne in stile dorico. Nella sezione superiore elemento ad arco. Dotato di vari tiretti a scomparsa di diverse proporzioni. L’esemplare qui presentato è decorato con la cosiddetta “lacca dorata” ovvero una vernice d’oro che imita per qualità di tecnica e per i motivi ornamentali i manufatti dell’Oriente islamico. In particolare il piano interno della ribalta offre una elegante composizione ad arabeschi con ramages fioriti e girali fogliati concatenati entro riserve che rimandano allo splendore delle legature e dei manoscritti
islamici. Le pareti esterne, anch’esse splendidamente decorate in oro, sono concepite come una rilegatura a cofanetto. Opera di rara preziosità che testimonia l’intensa e affascinante storia degli scambi culturali tra Venezia e l’Oriente. Venezia, seconda metà del XVI secolo cm. 28x28,5x22 Bibliografia: I monetieri veneziani dal XVI al XVII secolo: i preziosi scrigni del gentiluomo, Lucca, 2009, p. 17 Bibliografia di confronto: W. Koeppe and A. Giusti, Art of the Royal Court, New York, 2008 Venezia e l’Islam, 828 - 1797, a cura di S. Carboni, Venezia, 2007 A. González Palacios, Il tempio del gusto, Milano, 1986
70
ECCEZIONALE STIPO € 20.000-30.000
in noce ebanizzato, laccato e dorato impreziosito da marmi rari, alabastro e intarsi in madreperla, lapislazzulo e altre pietre dure. Lo caratterizza ricco decoro con doppie cornici concentriche, lineari e ovali, a motivi fitomorfi stilizzati in oro che racchiudono specchiature dipinte su un fondo in madreperla. Struttura rettangolare; cappello aggettante con elemento rialzato. Il prospetto architettonico della fronte si articola su tre ordini, la fascia centrale è scandita da colonne in stile dorico. Nella sezione superiore elemento ad arco. Dotato di vari tiretti a scomparsa di diverse proporzioni. L’esemplare qui presentato è decorato con la cosiddetta “lacca dorata” ovvero una vernice d’oro che imita per qualità di tecnica e per i motivi ornamentali i manufatti dell’Oriente islamico. In particolare si collegano all’arte della legatura e dell’oreficeria ottomana e persiana le fitte cornici e le decorazioni ad arabeschi.
Le pareti esterne sono anch’esse decorate come una rilegatura a cofanetto. Opera di rara preziosità che testimonia l’intensa e affascinante storia degli scambi culturali tra Venezia e l’Oriente. Venezia, seconda metà del XVI secolo cm. 28,5x34,5x22 Bibliografia: I monetieri veneziani dal XVI al XVII secolo: i preziosi scrigni del gentiluomo, Lucca, 2009 Bibliografia di confronto: W. Koeppe and A. Giusti, Art of the Royal Court, New York, 2008 Venezia e l’Islam, 828 - 1797, a cura di S. Carboni, Venezia, 2007 A. González Palacios, Il tempio del gusto, Milano, 1986
71
ECCEZIONALE STIPO € 50.000-60.000
in noce ebanizzato, laccato e dorato impreziosito da marmi rari, alabastro e intarsi in madreperla, lapislazzulo e altre pietre dure. Lo caratterizza ricco decoro con cornici a greca, a volute concatenate e a dentelli in oro che racchiudono specchiature con pietre dure. Struttura rettangolare; cappello con elemento rialzato. Fronte caratterizzata da complessa decorazione monumentale che si articola su tre ordini scanditi da colonne doriche. L’eccezionalità del manufatto è data dall’inserimento di cinque specchiature, disposte nelle due fasce superiori, dipinte a tempera su pergamena a raffigurare splendide scene mitologiche tra le quali si riconoscono Venere e Amore. L’esemplare qui presentato è decorato con la cosiddetta “lacca dorata” ovvero una vernice d’oro che imita per qualità di tecnica e per i motivi ornamentali i manufatti dell’Oriente islamico. In particolare si collegano all’arte della legatura e dell’oreficeria ottomana e persiana le fitte cornici e le
decorazioni ad arabeschi. Opera di rara preziosità che testimonia l’intensa e affascinante storia degli scambi culturali tra Venezia e l’Oriente. Venezia, seconda metà del XVI secolo cm. 26,5x33,5x22,5 Bibliografia: I monetieri veneziani dal XVI al XVII secolo: i preziosi scrigni del gentiluomo, Lucca, 2009, p. 18 Bibliografia di confronto: W. Koeppe and A. Giusti, Art of the Royal Court, New York, 2008 Venezia e l’Islam, 828 - 1797, a cura di S. Carboni, Venezia, 2007 A. González Palacios, Il tempio del gusto, Milano, 1986
72
ECCEZIONALE STIPO € 30.000-40.000
in noce ebanizzato, laccato e dorato impreziosito da marmi rari, alabastro con intarsi in madreperla, lapislazzulo e altre pietre dure. Lo caratterizzano eleganti laccature con fregi a motivi fitomorfi stilizzati in oro. Cappello con elemento rialzato. Il prospetto architettonico della fronte si articola su tre ordini, la fascia centrale è scandita da colonne in stile dorico, al centro un’edicola centrale centinata nella fascia superiore. Dotato di vari tiretti a scomparsa di diverse proporzioni. L’esemplare qui presentato è decorato con la cosiddetta “lacca dorata” ovvero una vernice d’oro che imita per qualità di tecnica e per i motivi ornamentali i manufatti dell’Oriente islamico. In particolare si collegano all’arte della legatura e dell’oreficeria ottomana e persiana le fitte cornici e le decorazioni ad arabeschi. Le pareti esterne sono anch’esse decorate come una rilegatura a cofanetto.
Opera di rara preziosità che testimonia l’intensa e affascinante storia degli scambi culturali tra Venezia e l’Oriente. Venezia, seconda metà del XVI secolo cm. 38x43x31,5 Bibliografia: I monetieri veneziani dal XVI al XVII secolo: i preziosi scrigni del gentiluomo, Lucca, 2009, p. 22 Bibliografia di confronto: W. Koeppe and A. Giusti, Art of the Royal Court, New York, 2008 Venezia e l’Islam, 828 - 1797, a cura di S. Carboni, Venezia, 2007 A. González Palacios, Il tempio del gusto, Milano, 1986
72 retro
73
ECCEZIONALE STIPO € 30.000-40.000
in noce ebanizzato, laccato e dorato impreziosito da marmi rari, alabastro e intarsi in madreperla e altre pietre dure. Lo caratterizzano fregi a motivi fitomorfi stilizzati in oro. Struttura lineare; cappello con elemento rialzato. Calatoia posta a celare il prospetto architettonico della fronte che si articola su tre ordini. La fascia centrale, a sua volta suddivisa da colonne in stile dorico in tre specchiature, presenta tre edicole, di cui le due laterali con coperture a timpano, mentre quella centrale a cupola; paraste a guisa di colonne. Sezione superiore con timpano fra specchiature lineari a comprendere riserve ovali. Dotato di vari tiretti a scomparsa di diverse proporzioni. L’esemplare qui presentato è decorato con la cosiddetta “lacca dorata” ovvero una vernice d’oro che imita per qualità di tecnica e per i motivi ornamentali i manufatti dell’Oriente islamico. In particolare il piano interno della ribalta offre una elegante composizione ad arabeschi con ramages fioriti e girali fogliati concatenati con riserve in madreperla che rimandano
allo splendore delle legature e dei manoscritti islamici. Le pareti esterne, anch’esse splendidamente decorate in oro, sono concepite come una rilegatura a cofanetto. Opera di rara preziosità che testimonia l’intensa e affascinante storia degli scambi culturali tra Venezia e l’Oriente. Venezia, seconda metà del XVI secolo cm. 39x45x33,5 Bibliografia: I monetieri veneziani dal XVI al XVII secolo: i preziosi scrigni del gentiluomo, Lucca, 2009, p. 16 Bibliografia di confronto: W. Koeppe and A. Giusti, Art of the Royal Court, New York, 2008 Venezia e l’Islam, 828 - 1797, a cura di S. Carboni, Venezia, 2007 A. González Palacios, Il tempio del gusto, Milano, 1986
74
ECCEZIONALE STIPO € 35.000-45.000
in noce ebanizzato, laccato e dorato impreziosito da marmi rari, alabastro e intarsi in madreperla e altre pietre dure. Lo caratterizzano fregi a motivi fitomorfi stilizzati in oro. Struttura lineare; cappello con elemento lievemente rialzato a più modanature; fianchi con riserve scorniciate; base gradinata; piedi a sfera. Il prospetto architettonico della fronte si articola su tre ordini. La fascia centrale, a sua volta suddivisa da colonne in stile dorico in tre specchiature, presenta tre edicole, di cui le due laterali con coperture a timpano mentre quella centrale a cupola; paraste a guisa di colonne. Sezione superiore con timpano fra specchiature lineari a comprendere riserve ovali. Dotato di vari tiretti a scomparsa di diverse proporzioni. L’esemplare qui presentato è decorato con la cosiddetta “lacca dorata” ovvero una vernice d’oro che imita per qualità di tecnica e per i motivi ornamentali i manufatti dell’Oriente islamico. In particolare si collegano all’arte della legatura e
dell’oreficeria ottomana e persiana le fitte cornici e le decorazioni ad arabeschi. Le pareti esterne sono anch’esse decorate come una rilegatura a cofanetto. Opera di rara preziosità che testimonia l’intensa e affascinante storia degli scambi culturali tra Venezia e l’Oriente. Venezia, seconda metà del XVI secolo cm. 50x46x36 Bibliografia: I monetieri veneziani dal XVI al XVII secolo: i preziosi scrigni del gentiluomo, Lucca, 2009, p. 12 Bibliografia di confronto: W. Koeppe and A. Giusti, Art of the Royal Court, New York, 2008 Venezia e l’Islam, 828 - 1797, a cura di S. Carboni, Venezia, 2007 A. González Palacios, Il tempio del gusto, Milano, 1986
75 ECCEZIONALE STIPO € 50.000-60.000
in noce ebanizzato, laccato e dorato impreziosito da marmi rari, alabastro e intarsi in madreperla, lapislazzulo e altre pietre dure. Lo caratterizzano fregi a motivi fitomorfi stilizzati in oro. Cappello lineare aggettante. Fronte caratterizzata da complessa decorazione monumentale che si articola su tre ordini. La fascia centrale presenta tre edicole con paraste scandite da colonne in stile corinzio. Quella superiore con pinnacoli e un grande timpano centrale. Le specchiature che si riferiscono a portali o finestre sono in alabastro. Dotato di vari tiretti a scomparsa di diverse proporzioni. L’esemplare qui presentato è decorato con la cosiddetta “lacca dorata” ovvero una vernice d’oro che imita per qualità di tecnica e per i motivi ornamentali i manufatti dell’Oriente islamico. In particolare si collegano all’arte della legatura e dell’oreficeria ottomana e persiana le fitte cornici e le decorazioni ad arabeschi. Le pareti esterne sono
anch’esse decorate come una rilegatura a cofanetto. Opera di rara preziosità che testimonia l’intensa e affascinante storia degli scambi culturali tra Venezia e l’Oriente. Venezia, seconda metà del XVI secolo cm. 51x60x39 Bibliografia: I monetieri veneziani dal XVI al XVII secolo: i preziosi scrigni del gentiluomo, Lucca, 2009, p. 13 Bibliografia di confronto: W. Koeppe and A. Giusti, Art of the Royal Court, New York, 2008 Venezia e l’Islam, 828 - 1797, a cura di S. Carboni, Venezia, 2007 A. González Palacios, Il tempio del gusto, Milano, 1986
76
ECCEZIONALE STIPO € 40.000-60.000
in noce ebanizzato, laccato e dorato impreziosito da marmi rari, alabastro e intarsi in madreperla e altre pietre dure. Lo caratterizzano fregi a motivi fitomorfi stilizzati in oro. Struttura lineare; coperchio incernierato aggettante con elemento rialzato. Fronte caratterizzata da complessa decorazione monumentale che si articola su tre ordini. La fascia centrale presenta tre edicole con paraste scandite da colonne in stile dorico. Quella superiore con pinnacoli e un grande timpano centrale. Le specchiature che si riferiscono a portali o finestre sono in alabastro e lapislazzulo a creare forte contrasto cromatico. Dotato di vari tiretti a scomparsa di diverse proporzioni. L’esemplare qui presentato è decorato con la cosiddetta “lacca dorata” ovvero una vernice d’oro che imita per qualità di tecnica e per i motivi ornamentali i manufatti dell’Oriente islamico. In particolare si collegano all’arte della legatura e dell’oreficeria
ottomana e persiana le fitte cornici e le decorazioni ad arabeschi. Opera di rara preziosità che testimonia l’intensa e affascinante storia degli scambi culturali tra Venezia e l’Oriente. Venezia, seconda metà del XVI secolo cm. 54x59x41 Bibliografia: I monetieri veneziani dal XVI al XVII secolo: i preziosi scrigni del gentiluomo, Lucca, 2009, p. 19 Bibliografia di confronto: W. Koeppe and A. Giusti, Art of the Royal Court, New York, 2008 Venezia e l’Islam, 828 - 1797, a cura di S. Carboni, Venezia, 2007 A. González Palacios, Il tempio del gusto, Milano, 1986
77
ECCEZIONALE STIPO € 60.000-80.000
in noce ebanizzato, laccato e dorato impreziosito da marmi rari, alabastro e intarsi in madreperla, lapislazzulo e altre pietre dure. Lo caratterizzano fregi a motivi fitomorfi stilizzati e cornici a diversi decori in oro. Struttura lineare. Fronte caratterizzata da complessa decorazione monumentale che si articola su tre ordini. La fascia centrale, a sua volta suddivisa da colonne in stile corinzio in tre specchiature, presenta tre edicole, di cui le due laterali con coperture a timpano mentre quella centrale a cupola; paraste a guisa di colonne in stile corinzio. Sezione superiore articolata in decoro a riserve ovali entro specchiature lineari a comprendere cimasa a timpano spezzato. Complesso decoro a contrasto cromatico dato dalle diverse superfici. Dotato di vari tiretti a scomparsa di diverse proporzioni. Lo caratterizzano i due piedi in foggia di leoncini accucciati. L’esemplare qui presentato è decorato con la cosiddetta “lacca dorata” ovvero una vernice d’oro che imita per qualità di tecnica e per i motivi ornamentali i manufatti
dell’Oriente islamico. In particolare si collegano all’arte della legatura e dell’oreficeria ottomana e persiana le fitte cornici e le decorazioni ad arabeschi. Opera di rara preziosità che testimonia l’intensa e affascinante storia degli scambi culturali tra Venezia e l’Oriente. Venezia, seconda metà del XVI secolo cm. 45x49x36 Bibliografia: I monetieri veneziani dal XVI al XVII secolo: i preziosi scrigni del gentiluomo, Lucca, 2009, p.11 Bibliografia di confronto: W. Koeppe and A. Giusti, Art of the Royal Court, New York, 2008 Venezia e l’Islam, 828 - 1797, a cura di S. Carboni, Venezia, 2007 A. González Palacios, Il tempio del gusto, Milano, 1986
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PIATTO € 14.000-20.000
in maiolica invetriata in verde chiaro con righe disposte a raggiera in verde scuro. Lo splendido esemplare presenta decoro con motivi incisi a riccio stilizzato che donano dinamicità alla superficie. Piede circolare; ampia coppa con pareti svasate; tesa rialzata. Arte bizantina, XII-XIII secolo d. cm. 21 Bibliografia di confronto: The Glory of Byzantium. Art and Culture of the Middle Byzantine Era, A. D. 843 – 1261, edited by Helen C. Evans and William D. Wixom, New York, 1997
79
PIATTO € 14.000-20.000
in maiolica invetriata color crema con righe disposte a raggiera in verde scuro. Lo splendido esemplare presenta decoro inciso a raffigurare un volatile, forse un falco, con le ali spiegate che sembra librarsi nell’aria. La composizione risulta sicura e in certi punti astratta, i girali incisi potrebbero riferirsi ai vortici d’aria creati dal movimento delle ali. Piede circolare; ampia coppa con pareti svasate; tesa rialzata. Arte bizantina, XII-XIII secolo d. cm. 21 Bibliografia di confronto: The Glory of Byzantium. Art and Culture of the Middle Byzantine Era, A. D. 843 – 1261, edited by Helen C. Evans and William D. Wixom, New York, 1997
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PIATTO
d. cm. 15
€ 5.000-6.000
Bibliografia di confronto: The Glory of Byzantium. Art and Culture of the Middle Byzantine Era, A. D. 843 – 1261, edited by Helen C. Evans and William D. Wixom, New York, 1997, p. 266, scheda 188
in maiolica invetriata color crema con alcuni segni in verde scuro. Lo splendido esemplare presenta decoro con motivi incisi a riccio stilizzato che donano dinamicità alla superficie. Piede circolare; ampia coppa con pareti svasate; tesa rialzata. Arte bizantina, XII-XIII secolo d. cm. 15 Bibliografia di confronto: The Glory of Byzantium. Art and Culture of the Middle Byzantine Era, A. D. 843 – 1261, edited by Helen C. Evans and William D. Wixom, New York, 1997
81
81
PIATTO € 5.000-6.000
in maiolica invetriata in verde chiaro con segni a “V” in verde scuro. Lo splendido esemplare presenta decoro con motivi incisi a riccio stilizzato che donano dinamicità alla superficie. Alcuni esemplari conservati al Metropolitan Museum di New York riportano lo stesso motivo a “V” che è stato interpretato come la rappresentazione di una pianta. Piede circolare; ampia coppa con pareti svasate; tesa rialzata. Arte bizantina, XII-XIII secolo
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PIATTO € 5.000-6.000
in maiolica invetriata in verde chiaro con alcuni segni in verde scuro. Lo splendido esemplare presenta decoro inciso a raffigurare probabilmente un elemento della natura o un semplice motivo ornamentale. La composizione mostra un tratto sicuro e veloce. Piede circolare; ampia coppa con pareti svasate; tesa rialzata. Arte bizantina, XII-XIII secolo d. cm. 15 Bibliografia di confronto: The Glory of Byzantium. Art and Culture of the Middle Byzantine Era, A. D. 843 – 1261, edited by Helen C. Evans and William D. Wixom, New York, 1997
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MORTAIO CON PESTELLO € 8.000-12.000
in bronzo ageminato in argento. Esemplare caratterizzato dal ricco decoro a motivi fitomorfi stilizzati e scritte in ebraico. Piede ad anello; corpo cilindrico bombato sulla fascia centrale e percorso da diverse fasce decorative con motivi simbolici, in quella centrale elementi in aggetto creano riserve lineari. XVI secolo h. cm. 8
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84
ACQUAMANILE € 10.000-14.000
in bronzo sbalzato e cesellato. Splendido esemplare di acquamanile modellato a guisa di animale fantastico, somigliante ad una cigno. Si caratterizza per un modellato semplice ed elegante. Versatoio arcuato desinente nel sottile becco; coda attorcigliata con terminale a motivo fitomorfo adibito a presa. L’intera superficie è decorata con finissime incisioni a creare fiori stilizzati. Arte bizantina, XIII-XIV secolo cm. 13,5x14x6,5
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COLOMBA € 10.000-15.000
modellata a tutto tondo in bronzo. Lo splendido esemplare rappresenta una colomba nelle forme stilizzate dell’epoca, caratterizzate da semplicità ed eleganza. Le forme sono ingentilite dai particolari del raffinato piumaggio finemente inciso. Esemplari simili si conservano al Museo Bargello di Firenze. Arte bizantina, IX secolo d. C: cm. 9x19x6
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BRUCIAINCENSO € 5.000-6.000
in bronzo sbalzato e cesellato. Modellato ad imitare un tempio orientale, presenta un corpo poligonale sormontato da coperchio incernierato in foggia di cupola con teoria d’archi a giorno nella fascia inferiore. Decoro finemente inciso. Brevi gambe. Arte bizantina, XVI secolo h. cm. 13
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SCATOLA â‚Ź 5.000-8.000
a struttura rettangolare in legno interamente rivestito in avorio, parzialmente dipinto nei toni del verde e del rosso a creare decoro a contrasto cromatico. La scatola è decorata a riserve lineari di diverse proporzioni ingentilite da decori floreali stilizzati e da specchiature finemente intagliate a raffigurare un feroce leone e altri animali fra girali fogliacei. Coperchio incernierato lievemente bombato. Russia, inizi del XVII secolo cm. 12x24,5x15
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SCATOLA â‚Ź 2.000-3.000
a struttura rettangolare in legno interamente rivestito in avorio parzialmente dipinto nei toni del verde a creare decoro a contrasto cromatico. La scatola è decorata a riserve lineari di diverse proporzioni ingentilite da decori fitomorfi stilizzati e da volatile fantastico entro cartiglio frangiato con fiori. Piano lievemente bombato; fascia sottopiano dotata di tiretto. Russia, inizi del XVII secolo cm. 3,5x12,5x10,5
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BROCCA â‚Ź 15.000-20.000
in rame sbalzato, cesellato e dipinto in policromia nei toni del verde e del rosso a creare decoro a contrasto cromatico. L’esemplare si caratterizza per un elegante ornato finemente inciso a creare fasce con diversi decori a motivi fitomorfi ispirati alle architetture islamiche: riserve polilobate racchiudono girali fogliacei concatenati. Piede circolare; corpo piriforme fortemente bombato sulla fascia inferiore; coperchio a cupola con presa apicale a pigna; versatoio a becco; manico arcuato. Arte islamica, XVI secolo h. cm. 36,5
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BOTTEGA DI SEVERO CALZETTA detto SEVERO DA RAVENNA Ferrara o Ravenna 1465/75 – Ravenna ante 1538
CANDELIERE
in bronzo sbalzato e cesellato, h. cm. 13. € 5.000-8.000
Un finissimo decoro caratterizza questo esemplare attribuito al bronzista Severo Da Ravenna. Ampia base circolare a due ordini di basamento, quello inferiore a palmette, quello superiore a teoria di foglie d’acanto; fascia mediana percorsa da fregio in rilievo con festoni ricolmi di frutti e fiori alternati a tre diversi mascheroni fantastici su superficie puntinata; bobéche in foggia di vaso con fascia anch’essa ornata a maschere grottesche; manici a guisa di erme. Severo, figlio di uno scultore ferrarese, nacque probabilmente a Ravenna, dove viene documentato nel 1496. Dal 1500 si trasferì a Padova, che però lasciò nel 1509, quando Massimiliano I attaccò la città. Ritornato a Ravenna, vi stabilì una florida bottega in cui ideava sia bronzetti ex novo, sia copie dall’antico. Bibliografia di confronto: J. Warren, Severo Calzetta detto Severo da Ravenna, in Donatello e il suo tempo. Il bronzetto a Padova nel Quattrocento e nel Cinquecento, catalogo della mostra di Padova, Milano, 2001, pp. 131-167
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BOTTEGA DI SEVERO CALZETTA detto SEVERO DA RAVENNA Ferrara o Ravenna 1465/75 – Ravenna ante 1538
COPPIA DI CANDELIERI
in bronzo sbalzato e cesellato, h. cm. 18,5 ciascuno. € 15.000-20.000
Un finissimo decoro caratterizza questi due esemplari attribuiti al bronzista Severo Da Ravenna. Ampia base circolare a due ordini di basamento, quello inferiore a squame di pesce, quello superiore a teoria di lunghe foglie lanceolate; fascia mediana a gola percorsa da complesso fregio a grottesche da cui emergono in rilievo mascheroni fantastici; fusto a balaustro ingentilito da due nodi a cespo fogliaceo, intervallati da una fascia anch’essa con mascheroni grotteschi; terminale con bobéche dal profilo everso. Severo, figlio di uno scultore ferrarese, nacque probabilmente a Ravenna, dove viene documentato nel 1496. Dal 1500 si trasferì a Padova, che però lasciò nel 1509, quando Massimiliano I attaccò la città. Ritornato a Ravenna, vi stabilì una florida bottega in cui ideava sia bronzetti ex novo, sia copie dall’antico. Bibliografia di confronto: J. Warren, Severo Calzetta detto Severo da Ravenna, in Donatello e il suo tempo. Il bronzetto a Padova nel Quattrocento e nel Cinquecento, catalogo della mostra di Padova, Milano, 2001, pp. 131-167 91
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BOTTEGA DI ANDREA BRIOSCO detto IL RICCIO Trento 1470 – Padova 1532
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BOTTEGA DI ANDREA BRIOSCO detto IL RICCIO Trento 1470 – Padova 1532
ROSPO
ROSPO
€ 15.000-20.000
€ 15.000-20.000
modellato in bronzo, cm. 9x20x12
modellato in bronzo, cm. 11,5x22x18
Il grande Rospo rappresenta una cosiddetta “fusione a imitazione della natura”. Poggiato a terra con le zampe aperte, probabilmente ritratto mentre sta per fare un balzo. Si caratterizza per il manto ruvido sapientemente descritto in modo veristico. Come spiega lo studioso Leithe-Jasper «La pratica della fusione mirata a produrre oggetti a perfetta imitazione della natura, risale in Italia, al XIV secolo ed è riconducibile a Cennino Cennini». Fin dal Rinascimento queste opere sono oggetto di collezionismo.
Il Rospo rappresenta una cosiddetta “fusione a imitazione della natura”. Poggiato a terra con le zampe aperte, probabilmente ritratto mentre sta per fare un balzo. Si caratterizza per il manto ruvido sapientemente descritto in modo veristico. Come spiega lo studioso Leithe-Jasper «la pratica della fusione mirata a produrre oggetti a perfetta imitazione della natura, risale in Italia, al XIV secolo ed è riconducibile a Cennino Cennini». Fin dal Rinascimento queste opere sono oggetto di collezionismo.
Bibliografia di confronto: Donatello e il suo tempo. Il bronzetto a Padova nel Quattrocento e nel Cinquecento, catalogo della mostra di Padova, Milano, 2001
Bibliografia di confronto: Donatello e il suo tempo. Il bronzetto a Padova nel Quattrocento e nel Cinquecento, catalogo della mostra di Padova, Milano, 2001
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CACHEPOT â‚Ź 12.000-18.000
in bronzo sbalzato e cesellato a creare cornici, alcune rilevate, a diversi decori a motivi geometrici e a motivi fitomorfi: fiori stilizzati entro riserve ovali, girali fogliacei e teoria di palmette; piede ad anello; corpo cilindrico lievemente bombato sulla fascia inferiore; manico arcuato con nervature. Venezia, seconda metĂ del XVI secolo h. cm. 12,5, d. cm. 20,5
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ANDREA SANSOVINO Monte San Savino, 1467 - 1529
PLACCA
ovale in bronzo sbalzato e cesellato, cm. 30x21,5 € 30.000-35.000
Entro una ghirlanda d’alloro viene raffigurata l’allegoria della Carità, che sembra derivare dalle figure pittoriche del rinascimento fiorentino. Dal fondo omogeneo ne emerge il corpo morbidamente modellato e avvolto da una sottile e fasciante veste, i cui drappeggi compiono complicati avviluppi. La figura porta sulle spalle un putto e un altro ne tiene in braccio. Ai suoi piedi altri cinque amorini tentano la scalata alle sue materne braccia. In basso a destra avviene una deliziosa scenetta: un bimbo fa capolino dalla lunga veste. Le forme arrotondate e
le linee morbide accentuano un certo pittoricismo chiaroscurale. Un cartiglio dal profilo everso funge da base per le figure. Probabilmente l’opera risale alla prima attività fiorentina di Andrea Sansovino, infatti si notano stilemi ancora quattrocenteschi. Reca iscrizione: DILECTIO VOC ORIATVS OPTIME. / A GAPEN PELASGI MORE ME VOCANT SUO / QUID NI DEVM SEQVOR LIBENTER OPTIMV / SERVIRE QVI ME PROT […] O IVBET MEO
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PICCOLO BUSTO € 1.500-2.000
in bronzo sbalzato e cesellato a raffigurare busto di donna con chiome ondulate raccolte in una complicata acconciatura sulla nuca. Abbigliata con veste all’antica dall’ampio scollo fittamente panneggiato. Si tratta di elemento decorativo per batacchio. Veneto, XVI secolo h. cm. 9
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DUE ANTICHE SCULTURE € 800-1.200
modellate in bronzo a ritrarre una un bimbetto con un buffo cappellino e un innaffiatoio in mano; l’altra il giovane Icaro ignudo, con i soli calzari alati ai piedi, assiso su una roccia. Entrambi gli esemplari presentano un bel modellato. h. cm. 11 , h. cm. 11,5
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SCULTORE NAPOLETANO ATTIVO NEL XIX SECOLO IL PESCATORE
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modellato in bronzo, h. cm. 24 € 800-1.200
Graziosa scultura raffigurante un giovane pescatore assiso nudo su uno scoglio, un solo cappello a tesa larga lo ripara dal sole. La roccia dal modellato vibrante contrasta con quello levigato del fanciullo. Il modellato e il soggetto si ispirano alle opere di Vincenzo Gemito.
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GIUSEPPE RENDA Polistena, 1862-1939
ACQUAIOLA
modellata in bronzo, h. cm. 25 € 800-1.200
La scultura ritrae una donna, dal volto paffuto, abbigliata con una veste mentre trasporta delle otri d’acqua. Il modellato espressivo dell’opera presta particolare attenzione alla resa del carattere del soggetto. Base quadrangolare in marmo bigio.
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100 SCULTORE NAPOLETANO ATTIVO NEL XIX SECOLO BUSTO DI FANCIULLA in bronzo, h. cm. 24 € 1.000-1.200
La scultura dal morbido e levigato modellato raffigura una giovane dai bei lineamenti. È colta in un’espressione serena. Tracce di doratura galvanica.
101 SCULTORE NAPOLETANO ATTIVO NEL XIX SECOLO RITRATTO DI DONNA VELATA in bronzo, h. cm. 36 compl. € 800-1.000
La scultura ritrae il volto di una donna bendata da una fascia annodata sul retro. L’artista indugia nella descrizione della folta chioma raccolta in uno chignon sulla nuca. Base in marmo. Tracce di doratura galvanica. Reca firma
100
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102 SCULTORE ATTIVO NEL SECOLO XIX CENTAURO
modellato in bronzo, cm. 132x190x64 € 5.000-8.000
La scultura qui presentata ritrae una delle creature mitiche descritte da Omero, caratterizzate dalla testa e il busto umani e il corpo equino. Gli sono solitamente attribuite modi brutali e lascivi. Qui il centauro viene raffigurato mentre lotta contro il cervo, e precisamente nell’audace gesto di affrontarlo frontalmente afferrandolo per le corna. La bruta forza dell’uomo-animale si legge anche nell’espressione fredda e violenta del volto. Il modellato non trascura i dettagli anatomici dei soggetti, dando un gran senso di naturalezza al gruppo. 102
103 SCULTORE ATTIVO NEL SECOLO XIX PREDATORE A CAVALLO
modellato in bronzo, cm. 108x83x40 â‚Ź 8.000-12.000
La scultura di dimensioni ragguardevoli rappresenta un cacciatore, abbigliato con vesti orientali, mentre avanza sul suo possente destriero. Sul retro della sella sono fissati i trionfi di caccia: un volatile e un cervo. Base sagomata a zolla di terra. Il gruppo si caratterizza per i ricercati passaggi chiaroscurali che rendono vibrante la materia, la naturalezza con cui sono resi gli animali e i particolari accuratamente descritti. Reca firma: Barge Fil
104 VASO € 2.500-3.000
con coperchio in maiolica bianca dipinta in monocromo blu a creare diversi decori fitomorfi, a girali fogliacei e a motivi geometrici e sulla fronte, entro riserva mistilinea, paesello agreste con diverse architetture. Piede ad anello; corpo fortemente bombato; collo cilindrico; coperchio a cupola con presa apicale a trottola. Manici modellati in foggia di serpi sottese da mascherone grottesco. Reca la data dipinta 1715 h. cm. 51
105 VASO DA FARMACIA € 1.000-1.500
in maiolica bianca dipinta in policromia in prevalenza nei toni dell’azzurro, giallo e bruno a creare decoro con un battaglia fra galeoni in mare. Piede ad anello; corpo cilindrico; breve collo a gola; tesa eversa. Reca iscrizione: primum / m borelli / iullii 1735 Italia Meridionale, XVIII secolo h. cm. 26, d. cm. 19,5
104
106 VASO DA FARMACIA € 1.000-1.500
in maiolica bianca dipinta in policromia nei toni del blu e giallo a creare decoro con diverse architetture entro paesaggio collinare e sulla fronte stemma coronato con leone rampante entro riserva a cartiglio. Piede ad anello; corpo cilindrico; breve collo a gola; tesa eversa. Italia Meridionale, XVIII secolo h. cm. 27,5, d. cm. 20,5
107 COPPIA DI VASI DA FARMACIA € 2.500-3.000
105
106
in maiolica bianca dipinta in policromia nei toni del blu e giallo a creare borghi immersi in idilliaci paesaggi e sulla fronte stemma coronato con leone rampante entro riserva a cartiglio. Piede ad anello; corpo cilindrico; breve collo a gola; tesa eversa. Italia Meridionale, XVIII secolo h. cm. 23,5, d. cm. 17 c.a ciascuno
108 ANTICO VASO € 800-1.000
in maiolica bianca dipinta in policromia nei toni del blu, verde e rosso a creare decoro fitomorfo. Piede ad anello; corpo cilindrico; breve collo a gola; tesa eversa. h. cm. 19, d. cm. 13,5 107
109
110
109 PICCOLA SCULTURA € 3.000-4.000
in argento vermeil inciso, cesellato e parzialmente smaltato con perline e perla barocca, a raffigurare Ercole che uccide il serpente. L’eroe, brandita la clava per sferrare il colpo mortale al terribile mostro, poggia su una base che simula il terreno roccioso. Zoccolo in legno laccato verde su piedini a boccia schiacciata. Germania, metà del XVIII secolo h. cm. 13 complessivamente
110 PICCOLA SCULTURA € 3.000-4.000
in argento vermeil con perle, granati ed un turchese, su base ottagonale in agata, raffigurante una Nereide che cavalca un cavallo marino. Con un solo drappo a cingerle i fianchi, essa stringe con la mano destra una perla; mentre l’animale è sorretto da rametti di corallo che emergono dalla base ovale, sbalzata a fogliame. Germania, metà del XVIII secolo h. cm. 10 complessivamente
111 VASSOIO € 8.000-12.000
rettangolare in argento vermeil finemente cesellato, a creare un fitto decoro a volute con mascheroni e busti muliebri alati, in cui si inseriscono placche in onice dalle venature variegate di diverse forme. Anse formate dall’intrecciarsi di spire serpentiformi con teste di grifi; quattro piedini a sfera. Vienna, metà del XVIII secolo cm. 33x23,4 111
112 IMPORTANTE VASO € 28.000-40.000
in avorio intagliato e impreziosito da inserti in rame smaltato in vivace policromia a creare splendide raffigurazioni ispirate alla mitologia classica. Si riconoscono: entro un rigoglioso paesaggio Sileno mentre versa una coppa di vino al giovane Dio Bacco, ai suoi piedi una Menade; Diana con l’arco e la faretra mentre va a caccia in compagnia delle sue ninfee e dei cani; il Trionfo di Galatea. Altre placchette di minori dimensioni presentano deliziosi amorini musicanti, con attributi allegorici o impegnati in diverse attività entro grottesche. Profili percorsi anch’esse da grottesche in metallo traforato. Base quadrangolare; fusto a strozzatura; corpo sfaccettato; tesa fortemente eversa; coperchio a cupola orientale con presa apicale in foggia di elegante ritratto muliebre con elmetto. Austria, primo quarto del XIX secolo h. cm. 69
112 retro
113 COPPIA DI DIGNITARI ORIENTALI ricavati dall’intaglio di zanne in avorio, cm. 116 ciascuno € 20.000-30.000
Gli splendidi esemplari qui presentati ritraggono due figure orientali finemente intagliati a creare nei raffinati chimoni esuberante ricamo a girali fogliacei, motivi fitomorfi e immagini allegoriche. Le complesse acconciature e i bizzarri copricapo fanno parte dei costumi orientali. Incantevoli dettagli realizzati magistralmente ammaliano l’occhio dello spettatore. Il personaggio maschile potrebbe essere identificato con un dei taoisti della cerchia degli “Otto Immortali”. Cina, XIX secolo
114 GRANDE PARAVENTO € 15.000-20.000
in legno ebanizzato riccamente scolpito e impreziosito da bassorilievi in avorio, madreperla, giada e altre pietre a creare decoro a contrasto cromatico di gusto orientaleggiante. Le cornici esterne presentano un decoro a giorno a motivi fitomorfi stilizzati. L’opera, di eccezionali dimensioni, presenta un’incredibile fregio narrante una storia ricca di valenze simboliche legate alla cultura orientale. Trattasi probabilmente dell’allegoria della Primavera: sette dame abbigliate con splendidi chimoni dalle impalpabili stoffe si trovano in uno splendido giardino dove raccolgono succosi frutti da rigogliosi alberi. Cina, XIX secolo cm. 194x260x68
115 PARAVENTO â‚Ź 10.000-15.000
in legno ebanizzato riccamente scolpito e impreziosito da bassorilievi in avorio, madreperla, giada e altre pietre a creare decoro a contrasto cromatico di gusto orientaleggiante. Le cornici esterne presentano un decoro a giorno a motivi fitomorfi stilizzati. Il paravento è costituito da tre ante, quelle ai lati riportano una scritta orientale, quella centrale il ritratto a figura intera di un saggio con un grande bastone in legno accompagnato da due gru e un cerbiatto. Cina, XIX secolo cm. 219x250
116 PARAVENTO â‚Ź 10.000-15.000
in legno ebanizzato riccamente scolpito e impreziosito da bassorilievi in avorio, madreperla, giada e altre pietre a creare decoro a contrasto cromatico di gusto orientaleggiante. Le cornici esterne presentano un decoro a giorno a motivi fitomorfi stilizzati. Il paravento è costituito da tre ante, quelle ai lati riportano una scrittura orientale, quella centrale il ritratto a figura intera di un saggio con una lunga barba, abbigliato con un elegante chimono; regge una lunga spada sotto un braccio. Cina, XIX secolo cm. 215x189
117 GRANDE PARAVENTO € 20.000-30.000
in legno ebanizzato riccamente scolpito e impreziosito da bassorilievi in avorio, madreperla, giada e altre pietre a creare decoro a contrasto cromatico di gusto orientaleggiante. Le cornici esterne presentano un decoro a giorno a motivi fitomorfi stilizzati. L’opera, di eccezionali dimensioni costituita da otto pannelli, presenta un’incredibile fregio narrante una storia ricca di valenze simboliche legate alla cultura orientale. Numerose dame abbigliate con splendidi chimoni dalle impalpabili stoffe o ignude, come ninfee, si
bagnano nelle fresche acque di un ruscello. Le fanciulle a gruppi o da sole sono impegnate in diverse attività: alcune suonano degli strumenti musicali, altre raccolgono frutti, altre ancora conversano amabilmente. Il primo piano offre una bellissima vegetazione in rilievo con variopinti fiori di loto, ninfee e altre numerose specie arboree. Cina, XIX secolo cm. 194x480
118 PANNELLO € 1.400-1.800
dipinto a tempera su seta in vivace policromia a raffigurare, sullo sfondo di un lussureggiante giardino ricco di alberi di diverse specie e con vasche d’acqua ove galleggiano ninfee, una coppia di dignitari al di sotto di un baldacchino e fra numerose ancelle. Fascia perimetrale dipinta a tralci di roselline su fondo verde. India, XIX secolo cm 108x90
119 PANNELLO € 1.500-2.000
dipinto a tempera su seta in vivace policromia a raffigurare, in un lussureggiante giardino ricco di alberi di diverse specie e con laghetto pieno di ninfee, due schiere di astanti - sulla destra gli uomini e sulla sinistra le donne – intenti ad ascoltare suonare una fanciulla musicante posta al centro. Sul primo piano, numerosi armenti assistono alla scena. Fascia perimetrale dipinta a tralci di roselline su fondo verde. India, XIX secolo cm 109x92
118
120 STENDARDO € 1.000-1.500
in seta color oro finemente ricamato in fili policromi a raffigurare un giovane dignitario col figlioletto per mano che, abbandonata l’elegante struttura tendata sul fondo, passeggia in un lussureggiante giardino scortato da un servo che gli sorregge il parasole. All’intorno più tralci fioriti con corolle variopinte di varie specie sembrano dipartirsi dal vaso cinese, sulla sinistra, e inquadrare la scenetta con un gradevolissimo effetto decorativo cui contribuiscono anche la variopinta farfalla e l’uccello del paradiso. Bordo inferiore frangiato e arricchito da passamanerie nei toni del verde, del bordeaux, del celeste e dell’avorio. Sorregge lo stendardo un bastone in legno dorato tornito a balaustro e desinente ai lati in elementi in foggia di trottola. Cina, XIX secolo cm 64x114 (compresa l’applicazione delle frange) 119
121
121 COPPIA DI PANNELLI â‚Ź 1.500-2.000
raffiguranti ciascuno una figura allegorica con volto dipinto, abito policromo di forme stilizzate geometrizzanti e strano copricapo desinente in ponpon in foggia di fiore. Entro cornice modanata in legno. Arte orientale, XIX secolo cm 108x65 ciascuno
122 TAPPETO KIRMAN â‚Ź 3.000-5.000
cm. 346,5x269 120
123 lampadario â‚Ź 10.000-15.000
a 15 luci in vetro soffiato in colore e vetro blu con applicazioni di fiori in pasta vitrea policroma; fusto centrale a balaustro con tre coppe argentate di diverse dimensioni, ingentilite da creste applicate, da cui si dipartono i bracci sinuosi a nastro ritorto con lunghe foglie lanceolate e steli fioriti, alcuni dotati di bobĂŠche a corolla. Murano, XIX secolo h. cm. 125, d. cm. 110
124
125
124 MORO € 1.500-2.000
montato a lampada in terracotta dipinta in policromia nei toni del blu, verde e giallo oro. Ritratto stante, il giovane moro elegantemente abbigliato, con una mano su un fianco trattiene un drappo che avvolge i fianchi; l’altra sul turbante. Base circolare modanata. XIX secolo h. cm. 76
125 PUTTO € 1.000-1.500
in ceramica. Stante il putto è ritratto ignudo con un ampio drappo che lo avvolge e ne enfatizza le torsioni. Il volto paffuto dall’espressione serena è incorniciato da morbidi ricci definiti ciocca per ciocca. La scultura è caratterizzata da un bel modellato che descrive senza pedanteria i dettagli anatomici e fisionomici. Alle sue spalle un tronco. XIX secolo h. cm. 84 Restauri
126 COPPIA DI POTICHES â‚Ź 6.000-8.000
in marmo e bronzo dorato a creare decoro a contrasto cromatico. Base quadrangolare; piede circolare percorso da ghirlande d’alloro; corpo a campana rovesciata, parzialmente percorso da scanalature e pendoni a campanule, e ingentilito da nodo in aggetto con festoni fogliacei; collo cilindrico modanato con corona di tralci intrecciati; coperchio a cupola con presa apicale a guisa di cespo fogliaceo; manici a cartiglio con attacco modellato a guisa di ritratto bacchico. Francia, periodo Napoleone III h. cm. 53 ciascuno
127 CANDELIERE â‚Ź 1.000-1.500
da scrivania con paralume in legno intagliato e dorato a mecca caratterizzato da cornici modanate; tripode sfaccettato con volute fogliacee; fusto a balaustro con elemento a cespo fogliaceo. Dotato di impianto elettrico e paralume in tessuto. Periodo Luigi XIV h. cm. 52
127
128 COPPIA DI FANALI â‚Ź 1.500-2.000
in rame dorato e bronzo caratterizzato da cornici a motivi fitomorfi stilizzati; fusto tornito; lanterna poligonale a pareti sfaccettate, sormontata da fusto con due ghiere decorative; al vertice superiore aquila con ali spiegate. Prima metĂ del XIX secolo h. cm. 106 ciascuno
128
129
129 GRANDE SERVANT â‚Ź 1.000-2.000
in bois fruitier; piano lineare con angoli arrotondati; fascia sottopiano ingentilita da cornici a fuselli e perline e girali fogliacei, dotata di tiretto; traverse a listelli modanati; gambe troncoconiche scanalate con attacco a nodo con cespo fogliaceo; piedi a trottola. MetĂ del XIX secolo cm. 92x208x61
130 SECRETAIRE â‚Ź 2.000-3.000
a struttura rettangolare in mogano caratterizzato da sottili filettature in legno biondo; piano lineare; sezione superiore costituita da un cassetto sotteso da ribalta celante quattro tiretti e vano a giorno; sezione inferiore dotata di altri tre cassetti; lesene angolari piatte; fianchi e grembiale diritti; piedi a mensola sagomata. XIX secolo cm. 155,5x96x48 130
131 ARMADIO â‚Ź 1.800-2.500
in noce intagliato; cappello sagomato con cimasa centinata e nervata, palmetta apicale aggettante; fronte dotata di grande anta con ampia riserva in vetro; profilo percorso da motivi fitomorfi stilizzati; lesene angolari a guisa di colonna; fianchi lisci; grembiale mosso e modanato; piedi a boccia schiacciata. Periodo Luigi Filippo cm. 250x140x60
132 ARMADIO â‚Ź 2.000-3.000
in noce intagliato a struttura rettangolare; cappello gradinato sotteso da fascia a motivi fitomorfi; fronte caratterizzato da due ante con specchi; parasta centrale con putti scolpiti a tutto tondo; fianchi lisci; grembiale con decori geometrici; piedi a boccia schiacciata. Periodo Luigi Filippo cm. 202x196,5x70 c.a
133 BUREAU TRUMEAU â‚Ź 10.000-15.000
interamente lastronato in noce caratterizzato da ampie riserve intarsiate a marquetterie. Sezione superiore con cimasa a doppia centinatura con elementi a pinnacolo; fronte costituita da due ante con riserve a specchio con cimasa polilobata al vertice superiore, sottese da quattro tiretti allineati; sezione inferiore dotata di ribalta, a celare tredici tiretti, due vani a giorno, uno sportellino e quattro cassetti; lesene angolari piatte; fianchi lineari; grembiale gradinato; piedi a mensola sagomata. Inghilterra, XVIII secolo cm.236x120x54
134
134 COPPIA DI CONSOLES â‚Ź 8.000-12.000
con piano demi-lune in noce intarsiato in legni di varie essenze a creare diversi decori a motivi geometrici su cornici concentriche; fascia sottopiano a losanghe; sostegni di linea sinuosa. Veneto, periodo del Direttorio cm. 78x156x67 ciascuna
135
134
135 DUE POLTRONE E SEI SEDIE â‚Ź 2.000-3.000
in mogano intagliato; le caratterizzano il dorsale a giorno dal profilo sinuoso ingentilito da cartella sagomata; montanti e braccioli mossi desinenti a riccio; sedile trapezoidale imbottito e rivestito in cuoio; gambe en cabriole ingentilite da decoro fitomorfo; piedi a guisa di zampa artigliata trattenente sfera. Stile Chippendale
135
136 SEI SEDIE â‚Ź 8.000-10.000
in noce intagliato; dorsale sagomato a cartiglio percorso da nervature e ingentilito al vertice superiore da rosellina; cartella imbottita e rivestita, come il sedile, in tessuto avorio; montanti mossi; grembiale di linea sinuosa nervato; gambe troncoconiche con attacco a strozzatura; piedi a trottola. Genova, XVIII secolo
137 COPPIA DI LIBRERIE â‚Ź 4.000-6.000
in noce intagliato; cappello sagomato a timpano spezzato percorso da nervatura; fronte costituita da due ante con vetro; lesene angolari piatte ingentilite da decoro fitomorfo e pendoni con fruttini in rilievo; fianchi lineari; base diritta. Veneto, Periodo Luigi Filippo cm. 220x124x48 ciascuna
138 OROLOGIO A PENDOLA € 8.000-10.000
lastronato in noce e intarsiato in legni di diverse essenze a creare decoro con cornici a motivi geometrici; cappello a timpano spezzato; sezione superiore dotata di anta centinata in vetro; quadrante circolare con numeri romani per le ore, arabi per i minuti e i giorni, entro cartella dipinta in policromia a raffigurare paesaggio e una nave mobile. Sezione inferiore con sportello compreso fra colonne tornite a balaustro. Base rettangolare; piedi a mensola sagomata. Reca firma: David Griffith / DENBIGH Inghilterra, XVIII secolo cm. 240x66x25
139 QUATTRO POLTRONCINE € 8.000-10.000
in legno intagliato e interamente dorato. Le caratterizzano le cornici a più nervature. Dorsale a cartiglio dal profilo ingentilito, al vertice superiore, da racemo fiorito in rilievo, cartella imbottita e rivestita, come l’ampio sedile lobato e parte dei braccioli, in arazzatto ricamato a raffigurare scene campestri con pastori entro ghirlande fiorate. Montanti e braccioli di linea sinuosa. Grembiale mosso anch’esso con decoro a steli fioriti; gambe en cabriole. Francia, periodo Luigi XVI 138
139
140
140 CASSETTONE â‚Ź 4.000-6.000
in noce caratterizzato da decoro a riserve lineari e motivi geometrici in legno dipinto; piano rettangolare lievemente in aggetto; fronte costituita da due cassetti; fianchi scorniciati; grembiale diritto; piedi troncopiramidali. Periodo Luigi XVI cm. 83x60,5x131
141 QUATTRO SEGGIOLINE â‚Ź 5.000-8.000
in legno intagliato, laccato e dorato. Dorsale a cartiglio dal profilo ingentilito da cornice a nastro ritorto, cartella imbottita e rivestita, come il sedile, in velluto rosso. Montanti mossi. Grembiale dal profilo di linea sinuosa percorso da fregio ad ampie volute fogliacee accartocciate e concatenate lumeggiate in oro; gambe en cabriole percorse da nervature e desinenti a riccio stilizzato. Napoli, periodo Luigi XV
141
142
142 CASSETTONE € 3.000-3.500
in noce caratterizzato da decoro a riserve lineari; piano lineare in aggetto; fronte costituita da tre cassetti di cui quello superiore di minori proporzioni; fianchi diritti; grembiale di linea sinuosa; gambe mosse. Veneto, periodo della Transizione, Luigi XV-Luigi XVI cm. 90,5x103x46,5
143 POLTRONA € 1.800-2.500
in legno intagliato, laccato verde chiaro e dorato. Profili anch’essi dorati; dorsale a cartiglio ingentilito da valva di conchiglia apicale, cartella imbottita e rivestita, come l’ampio sedile trapezoidale e parte dei braccioli, in tessuto fiorato su fondo azzurro; montanti e braccioli mossi con decoro a lunghe foglie lanceolate; grembiale dal profilo di linea serpentina con palmetta fra steli fogliacei; traverse mosse ad “H”; gambe en cabriole desinenti nel piede a guisa di zoccolo. XVIII secolo 143
144 COPPIA DI POLTRONE € 4.000-6.000
in noce intagliato; dorsale a cartiglio con cimasa fortemente centinata, cartella imbottita e rivestita, come l’ampio sedile trapezoidale e parte dei braccioli, in tessuto bianco. Montanti mossi e nervati; braccioli diritti: grembiale dal profilo serpentino con palmetta fra lunghi steli fogliacei; traverse mosse ad “H”; gambe sinuose desinenti nel piede a guisa di zoccolo. Veneto, XVIII secolo
145
145
145 CASSETTONE E COPPIA DI COMODINI â‚Ź 4.000-6.000
in noce e palissandro caratterizzati da decoro a riserve mistilinee in legno giallo del Portogallo. Piano lineare ad angoli arrotondati in marmo; fronte costituita da tre cassetti di cui quello nella fascia sottopiano di minori dimensioni; fianchi scorniciati; grembiale dal profilo mosso; piedi a mensola sagomata. Mobiletti caratterizzati da fronte con tiretto sotteso da sportello. Applicazioni bronzee a motivi fitomorfi. Periodo Luigi XVI cassettone cm. 90x117,5x56, comodini cm. 69,5x48x37 ciascuno
146 TAVOLINO SERVANTE
146
â‚Ź 800-1.000
in noce intagliato; piano in marmo dotato di ringhierina traforata perimetrale; dotato di due piani inferiori di minori proporzioni con sostegni torniti a fusello; sostegni sfaccettati; brevi gambe arcuate. XIX secolo cm. 78x62x37
147 TAVOLINO DA GIOCO â‚Ź 1.200-2.000
in noce intagliato; piano quadrangolare dotato di quattro tablettes sollevabili a celare piano da gioco con riserva in cuoio rosso; fascia sottopiano ingentilita da profili mossi; traverse tornite a raccordarsi a un piano quadrato; gambe tornite a rocchetto con fascia a fitte scanalature; dotato di rotelline ai piedi. XIX secolo chiuso cm. 75,5x56x56, aperto cm. 75,5x110x56 147
148
148 SCRIVANIA DA NAVE € 5.000-8.000
in mogano caratterizzato da cornici in metallo dorato; piano lineare lievemente in aggetto; fascia sottopiano costituita da tre cassetti di diverse proporzioni disposti a galleria, solo simulati sul retro; fianchi dotati di maniglie; gambe a listello piatto incrociate; piedi in metallo. L’esemplare si ispira agli arredi per navi. Inghilterra, XIX secolo cm. 79x140x71
149 VENTOLINA € 1.200-2.000
in legno intagliato e argentato a mecca; cornice mistilinea modanata; esuberante cornice esterna a giorno costituita da volute fogliacee accartocciate e concatenate; cimasa con grande palma apicale. Dal vertice inferiore si dipartono i due bracci sinuosi desinenti nella bobéche a vasetto. Napoli, XVIII secolo cm. 58x50 149
150 TESTIERA DA LETTO â‚Ź 3.000-4.000
in legno intagliato. Cartella, dal profilo sagomato, imbottita e rivestita in tessuto fiorato. Cimasa in legno dorato riccamente scolpito a volute frangiate e concatenate, lunghe foglie lanceolate e accartocciate, a raccordarsi in stemma aniconico entro riserva a cartouche con palmetta apicale. Napoli, XVIII secolo cm. 148x184
151 CASSETTONE € 12.000-16.000
in noce con venature disposte a farfalla, caratterizzato da decoro a riserve lineari in radica di noce; piano in marmo modanato dal profilo di linea serpentina a seguire le mosse e contromosse dei fianchi e della fronte; quest’ultima costituita da due cassetti ingentiliti in corrispondenza della serratura, e sui fianchi, di decoro con intarsio a stella. Lesene di linea sinuosa; gambe a sciabola con scarpetta bronzea a motivi fitomorfi di gusto rocaille. Napoli, periodo Luigi XV cm. 99x139x67
151
152 QUATTRO SPECCHIERINE € 12.000-18.000
a struttura rettangolare in legno intagliato e dorato. Cornice esterna modanata e ingentilita da steli frangiati, al vertice superiore cimasa a giorno con palmetta apicale e fiori in rilevo; cornice interna a teoria di palmette. Al vertice inferiore motivo fitomorfo da cui si dipartono due bracci sinuosi desinenti nella bobéche a vasetto. Napoli, periodo Luigi XV cm. 85x46 ciascuna
152
153 SEI SEDIE E QUATTRO SEGGIOLE â‚Ź 18.000-25.000
in legno intagliato e laccato, caratterizzate da profili in oro. Alto dorsale a struttura rettangolare, centinato al vertice superiore, imbottito e rivestito, come l’ampio sedile trapezoidale, in tessuto. Grembiale mosso percorso da volute centrate da palmetta; gambe en cabriole desinenti nel piede a riccio stilizzato. Marche, periodo Luigi XV
154 COPPIA DI CASSETTONI â‚Ź 50.000-60.000
interamente lastronati in noce e caratterizzati ampie riserve lineari in radica di noce. Piano modanato in marmo giallo di Siena, dal profilo di linea serpentina a seguire le mosse e contromosse dei fianchi e della fronte; quest’ultima dotata di tre cassetti ingentiliti in corrispondenza della serratura da decoro ad intarsio a guisa di corolla di fiore. Grembiale mosso; piedi a mensola sagomata. Napoli, periodo di Transizione, Luigi XV - Luigi XVI cm. 101x124x60 ciascuno
155 BUREAU â‚Ź 8.000-10.000
in noce caratterizzato da riserve in radica di noce e cornici modanate; piano fortemente sagomato a seguire le mosse e contromosse dei fianchi e della fronte; quest’ultima dotata di ribalta celante quattro tiretti dal profilo mosso e vano a giorno; sezione inferiore costituita da tre cassetti; lesene angolari ingentilite da palmetta in rilievo; grembiale di linea serpentina gradinato; piedi a mensola sagomata. Verona cm. 104x130x60 c.a
156 COPPIA DI GUERIDONS â‚Ź 1.800-2.200
in legno intagliato e metallo argentato e dorato; piede trilobato dal profilo frangiato; sostegni costituiti da antiche alabarde, che si raccordano nella sezione superiore al fusto ingentilito da nodo con mascheroni in foggia di teste leonine; piano circolare aggettante. Periodo Neogotico cm. 100x46x46
156
157 COPPIA DI ANGOLIERE â‚Ź 4.000-5.000
interamente lastronate in noce con venature disposte a farfalla; li caratterizzano le cornici modanate; piano triangolare con cornicetta a teoria di palmette stilizzate; fronte costituita da sportello; lesene angolari con riserve lineari scorniciate; gambe troncoconiche percorse da scanalature con attacco a strozzatura. Piemonte, periodo Luigi XVI cm. 87x48x30 ciascuna
157
158 PENDOLA DA CAMINO â‚Ź 6.000-8.000
a struttura architettonica in noce intagliato, caratterizzato da cornici in legno ebanizzato e ingentilito da applicazioni in ottone dorato a creare decoro fitomorfo; cimasa sagomata con presa apicale a cartiglio; quadrante circolare in metallo dorato con numeri romani inscritto entro cartella ingentilita da decori a volute fogliacee concatenate e motivi vegetali; fronte e fianchi vetrati; grembiale di linea spezzata gradinato; piedi a voluta bronzei. Base trapezoidale in legno ebanizzato. Reca firma: Gio. Batti. Bolonini Roma, XVIII secolo h. cm. 68x66x27 compl.
159 CASSETTONE “A BAMBOCCI” € 22.000-28.000
a struttura rettangolare in noce riccamente scolpito a creare cornici a motivi fogliacei, a unghiature e a baccellature; lo caratterizzano diverse teste virili che fungono da pomelli; piano lineare aggettante; fronte costituita da tre cassetti sormontati da due mezzi cassetti separati da un tiretto pressoché quadrato con l’arme del casato coronato; lesene plasticamente decorate con figure di cavalieri sottesi da cariatidi fra pendoni fogliacei; fianchi scorniciati; grembiale a teoria di palmette; piedi a guisa di zampa belluina. Genova, XVII secolo cm. 142x110x75 Bibliografia di riferimento: A. González-Palacios, Il Mobile in Liguria, Genova, 1996
160
160 TAVOLINO â‚Ź 4.000-6.000
in legno intagliato e dorato riccamente scolpito; piano lineare aggettante in marmo; fascia sottopiano percorsa da teoria di foglie lanceolate; gambe en cabriole con motivi fitomorfi a comprendere stemma aniconico, zampe in foggia di zampe leonine. cm. 43x121,5x62
161 TAVOLINO â‚Ź 8.000-12.000
in legno e bronzo dorato; splendido piano lineare aggettante in marmo verde delle Alpi e alabastro a creare decoro geometrico a contrasto cromatico; gambe in foggia di pilastrino con elemento aggettante ingentilito da decori fitomorfi e lunghe foglie lanceolate accartocciate in rilievo, attacco a strozzatura. cm. 52x155x90
161
162 CASSETTONE â‚Ź 10.000-15.000
in legno intagliato e laccato avorio e verde chiaro impreziosito da decoro in oro a rilievo a creare lunghi steli fogliacei a comprendere coppa traboccante roselline; lo caratterizzano riserve scorniciate con profili perlinati; piano lineare in marmo; fronte costituita da due cassetti; lesene ingentilite da fregi a pendoni fitomorfi; grembiale modanato; gambe troncoconiche scanalate e con attacco a cespo fogliaceo. Piemonte, periodo Luigi XVI cm. 93x121x58
162
163 CONSOLE â‚Ź 6.000-8.000
in legno intagliato, laccato azzurro-bigio e impreziosito da cornici e decori a rilievo in oro; piano lineare in marmo aggettante; fascia sottopiano modanata; traverse a farfalla costituite da ampie volute con terminali a riccio, percorse da nervature e lunghe foglie lanceolate accartocciate, si raccordano al centro in un bouquet di fiori finemente scolpiti; gambe anch’esse a volute concatenate e ingentilite da decoro fogliaceo. Roma, XVIII secolo cm. 78x104x65
163
164
164 COPPIA DI CONSOLES € 3.000-4.000
in legno intagliato, laccato bianco e dipinto in rosso; lo caratterizzano cornici modanate, a dentelli e a losanghe dorate. Piano a demi-lune aggettante dipinto a imitare una superficie marmorizzata; alte gambe troncopiramidali. XVIII secolo cm. 86x81x36 ciascuna
165 LAMPADARIO € 1.000-2.000
a dieci luci in vetro incolore; fusto centrale a balaustro, da cui si dipartono i bracci sagomati con bobéche a corolla, pendoni di campanula e lunghi steli arricciati. Murano, XIX secolo h. cm. 120 165
166 SCRIVANIA MAZZARINA â‚Ź 4.000-6.000
in legno intagliato, laccato verde e dipinto in policromia in prevalenza nei toni del rosso, azzurro e rosso porpora a creare gentile decoro con bouquets di fiori e racemi fioriti sparsi entro riserve a cartouche. Impreziosiscono il decoro i profili a motivi di gusto rocaille e pendoni fogliacei con fruttini dorati in rilievo. Alzatina con sei tiretti e vano a giorno; piano lineare modanato in aggetto; fronte costituita da sette cassetti, quello centrale sotteso da antina, disposti a galleria e dal profilo lievemente bombato; fianchi lineari dipinti a raffigurare paesaggi idilliaci con architetture. Lesene angolari mosse; traverse a farfalla anch’esse mosse; piedi a boccia schiacciata. Prima metà del XIX secolo cm. 106x141x73
167 COPPIA DI COMODINI â‚Ź 8.000-12.000
intermante lastronati in noce e intarsiati in legni di diverse essenze a creare elegante decoro geometrico a piĂš riserve concentriche e a motivi fitomorfi stilizzati. Piano lineare; fronte costituita da due tiretti; fianchi e grembiale diritti; lesene angolari piatte; gambe troncopiramidali. Veneto, XVIII secolo cm. 76x50x34 ciascuno
168
169
168 CORNICE â‚Ź 1.500-2.000
A struttura rettangolare in legno intagliato e laccato rosso e giallo oro, ingentilita da decoro in arte povera con figurine di dame e gentiluomini occupati in diverse attivitĂ fra rigogliosi alberelli, probabilmente si tratta di stampe provenienti dalla tipografia Remondini. Venezia, XVIII secolo cm. 97x83, luce cm. 76x62
169 LAMPADARIO â‚Ź 1.000-1.500
a otto luci in legno intagliato e ferro laccati in avorio e giallo oro; ingentilito da decoro a pendoni fogliacei stilizzati di gusto orientaleggiante. Corpo lobato con grande nodo centrale da cui si dipartono bracci sinuosi percorsi da lunga foglia lanceolata; attacco a cespo fogliaceo sotteso da elemento a campana. Venezia, XIX secolo h. cm. 120, d. cm. 74
170 CASSETTONE € 3.500-4.500
in mogano intagliato; lo ingentiliscono profili e specchiature a cartouche percorse da volute fogliacee concatenate in bronzo dorato; piano in marmo verde delle Alpi modanato, dal profilo di linea serpentina a seguire le sinuosità dei fianchi e della fronte; quest’ultima costituita da due cassetti; grembiale mosso centrato da cespo fogliaceo; gambe en cabriole con scarpetta bronzea. Francia, periodo Napoleone III cm. 84,5x118x52
170
171 TAVOLO DA GIOCO € 3.000-4.000
interamente lastronato in noce e intarsiato a creare riserve mistilinee; piano aggettante modanato dal profilo di linea serpentina; fascia sottopiano diritta; lunghe gambe en cabriole. Veneto, XVIII secolo cm. 78x11x86
171
172 COPPIA DI COMODINI â‚Ź 5.000-6.000
intermante lastronati in noce e intarsiati in legni di varie essenze a creare elegante decoro geometrico a piĂš riserve concentriche e a motivi fitomorfi stilizzati. Piano lineare; fronte costituita da due tiretti; fianchi e grembiale diritti; lesene angolari piatte; gambe troncopiramidali. Napoli, periodo Luigi XVI cm. 76x50x34 ciascuno
173 OTTO SEDIE â‚Ź 10.000-12.000
in noce intagliato; dorsale a giorno a guisa di cartiglio con decoro “a otto� centrale; sedile sagomato imbottito e rivestito in tessuto giallo oro; grembiale mosso con palmetta centrale stilizzata; gambe nervate en cabriole desinenti del piede a riccio stilizzato. Veneto, XVIII secolo
174 QUATTRO POLTRONE â‚Ź 30.000-40.000
in noce intagliato; dorsale a cartiglio dal profilo serpentino frangiato con decoro a cartouche; cartella imbottita e rivestita, come l’ampio sedile, in tessuto; montanti e braccioli di linea sinuosa nervati e ingentiliti da motivi fitomorfi su riserve punzonate; grembiale mosso con volute fogliate concatenate in rilievo; gambe en cabriole desinenti nei piedi a riccio stilizzato. Venezia, XVIII secolo
175
175 COPPIA DI CASSETTONI â‚Ź 18.000-25.000
a struttura rettangolare in legno intagliato, laccato in avorio e riccamente dipinto in policromia in prevalenza nei toni del rosso, oro e azzurro a creare decoro di gusto rocaille. Piano lineare dipinto a imitare il marmo; fianchi e fronte caratterizzati da specchiature con composizioni fitomorfe su fondo a guisa di superficie marmorea; la fronte è costituita da quattro cassetti di cui due, di minori proporzioni allineati sulla fascia sottopiano; lesene e grembiale con pendoni fogliacei su fondo azzurro con profili dorati; brevi gambe troncoconiche con scanalature e attacco a dado centrato da rosetta. Veneto, XVIII secolo cm. 92x141x62 ciascuno Restauri alla policromia
176
175
176 SEI POLTRONE â‚Ź 12.000-18.000
in legno intagliato avorio, caratterizzate da cornici in verde chiaro; dorsale trapezoidale, cartella in paglia di Vienna incannucciata, come il sedile; montati mossi; braccioli arcuati desinenti in una lunga foglia lanceolata; grembiale di linea sinuosa ingentilita da racemi fioriti; gambe troncoconiche con attacco a strozzatura. Genova, periodo Luigi XVI
176
177 RARO ENSEMBLE DA SALONE € 50.000-80.000
composto da una console e da una coppia di gueridons in mogano, legno ebanizzato e dorato a creare eleganti cornici a steli fogliati concatenati. Console con piano modanato lineare in broccatello; fascia sottopiano diritta con tiretto a scomparsa; sostegni ad ampia voluta con attacco scolpito in foggia di cariatidi; piedi posteriori troncopiramidali, quelli anteriori a guisa di zampa ferina. Guerdions costituiti da piano circolare anch’esso in broccatello; alti sostegni a voluta, che si raccordano in una pigna dorata a tutto tondo, anch’essi presentano l’attacco a guisa di cariatide. Nella sezione inferiore fusto cilindrico percorso da fitte scanalature; base sagomata; piedi in foggia di zampa ferina. Sicilia, periodo dell’Impero console cm. 104,5x126x57, gueridons h. cm. 137,5 ciascuno
178 QUATTRO POLTRONE â‚Ź 40.000-60.000
in legno intagliato, laccato bigio e finemente dorato a creare decoro a contrasto cromatico. Cornici anch’esse dorate. Dorsale a struttura rettangolare centinato al vertice superiore e ingentilito da palmetta compresa fra steli fogliati. Ampia cartella imbottita e rivestita, come il sedile, in tessuto damascato in seta avorio; montanti frontali torniti a balaustro con attacco a cespo fogliaceo, motivo riproposto nelle gambe; braccioli di linea sinuosa percorsi da nervature e da lunga foglia lanceolata in rilievo, desinenti a riccio. Grembiale diritto nella fascia centrale con decoro fitomorfo, mosso nei fianchi. Brevi gambe troncoconiche con scanalature lumeggiate in oro; piedi a trottola. Genova, XVIII secolo
179 SCRIVANIA â‚Ź 45.000-65.000
in noce con venature disposte a spina di pesce e a farfalla ad esaltare le qualità del legno. Impreziosiscono il mobile l’intarsio in acero sul fondo nero del legno ebanizzato a creare decoro a contrasto cromatico con cornici a motivi fitomorfi stilizzati e riserve a motivi geometrici. Piano lineare lievemente in aggetto ad angoli arrotondati con ampia riserva in pelle; fronte dotata di cinque cassetti di diverse proporzioni disposti a galleria; sul retro nella fascia sottopiano viene simulato un tiretto; fianchi diritti ingentiliti da decoro a coppe baccellate di gusto neoclassico. Brevi gambe troncoconiche con scanalature; piedini bronzei. Bottega di Giuseppe Maggiolini, Lombardia, fine del XVIII secolo cm. 80,5x122,5x68
180 COPPIA DI GUERIDONS â‚Ź 20.000-30.000
in legno intagliato e laccato verde chiaro, caratterizzati da decoro in rilievo dorato. Piano fortemente sagomato a seguire le mosse e contromosse della fascia sottopiano; sostegno a balaustro percorso da volute incrociate ingentilite da eleganti, roselline, foglie accartocciate e frangiate, e palmetta apicale di gusto rocaille. Base dal profilo modanato di linea serpentina con riserve disposte a raggiera e, al centro, lunga foglia lanceolata; piedi in foggia di riccio. Venezia, XVIII secolo cm. 93x49x28 ciascuno
181 BUREAU DA LETTO â‚Ź 90.000-130.000
in legno intagliato, laccato azzurro e dipinto in policromia in prevalenza nei toni del verde e rosso porpora a creare gentile decoro raffigurante fregi fogliati con roselline e bouquets di fiori. Il raffinato mobile si impreziosisce di profili e riserve a cartouche rilevate in oro. Lo splendido esemplare è costituito da due corpi indipendenti perfettamente assemblati. Piano fortemente sagomato dal profilo di linea serpentina a seguire le mosse e contromosse dei fianchi, del verso e della fronte. Sezione superiore dotata di ribalta parzialmente laccata in rosso a creare decoro a contrasto cromatico. Calatoia posta a celare riserva con specchio, due tiretti e tre vani a giorno dal profilo superiore traforato a nastro ritorto con valve di conchiglia. Sezione inferiore costituita da due tiretti con meccanismo girevole. Grembiale mosso; gambe en cabriole. Si tratta di un rarissimo esemplare di bureau da letto. Venezia, XVIII secolo cm. 96x64x44 Bibliografia di confronto: S. Levy (a cura di), Il mobile veneziano del Settecento, testo di G. Morazzoni, vol. II, Milano, 1964
181 retro
182 SECRETAIRE â‚Ź 6.000-7.000
interamente lastronatro in palissandro, noce e radica e ingentilito da ricco intarsio in legni di varie essenze a creare esuberante decoro di gusto rocaille con grottesche, sfingi e cornucopie da cui si dipartono lunghi e sinuosi racemi fogliati che si raccordano a erme. Sezione superiore con piano lineare gradinato sotteso da tiretto e grande anta, compresa fra due
colonne, con scena raffigurante il Trionfo di David. Sezione inferiore costituita da tre cassetti; fianchi lineari; grembiale diritto; gambe a plinto. Periodo della Restaurazione cm. 158,5x89x47
183 INGINOCCHIATOIO â‚Ź 10.000-16.000
in noce impreziosito da intarsio in legni di varie essenze e avorio a creare esuberante decoro a diversi motivi fitomorfi e geometrici. Piano lineare; fronte caratterizzata dalla messa in opera di una vera e propria architettura in miniatura: sulla fascia superiore teoria di archetti, in quella centrale tre archi in stile orientale sostenuti da colonne tortili; sul retro un immagine simile intarsiata. Base lineare ingentilita da cornice a dentelli; piedi anteriori in foggia di sfinge. Lombardia, 1860 c.a cm. 94x57x59
183 retro
184 BOTTEGA DI GIUSEPPE MAGGIOLINI SCRIVANIA € 35.000-45.000
in noce con venature disposte a spina di pesce ad esaltare le calde tonalità del legno e impreziosito da intarsio in acero e bois de rose a creare elegante decoro a contrasto cromatico. Lo caratterizzano raffinate fasce ornamentali con pendoni fogliati, grottesche, composizioni con volute fogliacee accartocciate e lunghi steli fioriti di gusto rocaille. Entro riserve l’ebanista crea diverse scene ispirate alla mitologia, come l’arrivo di Cupido su una biga. Piano lineare lievemente in aggetto; fronte dotata di tablette estraibile, tre cassetti e due sportelli; lesene piatte; fianchi diritti; gambe troncopiramidali con attacco a strozzatura. Giuseppe Maggiolini è il rappresentante per eccellenza dell’ebanisteria italiana tardo barocca e soprattutto neoclassica. Realizzò i suoi mobili elegantemente intarsiati su cartoni ideati dai maggiori decoratori e architetti dell’epoca. Già nel 1771 il maestro è chiamato ai lavori per
i festeggiamenti del matrimonio dell’arciduca Ferdinando, figlio di Maria Teresa d’Austria, e della duchessa Maria Beatrice d’Este e successivamente lo troviamo attivo per il re di Polonia e per la corte di Vienna, Modena e Pietroburgo nonché al servizio dell’aristocrazia milanese. Fra i numerosi capolavori provenienti dalla bottega di Parabiago ricordiamo i pavimenti, ancora in loco,di Villa Reale a Monza e una coppia di commodes nelle Civiche Raccolte d’Arte di Milano Fine del XVIII-inizi del XIX secolo cm. 83x137x61,5 Bibliografia di confronto: E. Colle, Il mobile neoclassico in Italia. Arredi e decorazioni d’interni dal 1775 al 1800, Milano, 2005
185 IMPORTANTE BUREAU-PLAT â‚Ź 35.000-45.000
in mogano impreziosito da cornici modanate e riserve mistilinee con volute frangiate in bronzo dorato. Piano lievemente in aggetto, con riserva in cuoio stampigliato in oro, dal profilo di linea sinuosa a seguire le mosse e contromosse della fascia sottopiano ingentilita da maschere fra steli fogliacei; fronte dotata di tre cassetti allineati; alte gambe en cabriole con splendida applique finemente cesellata a raffigurare un soldato. Trattasi di una vera e propria scultura infatti il volto presenta una forte caratterizzazione e una minuziosa resa dei tratti fisionomici. Piedi con scarpa bronzea a lunga foglia lanceolata. Francia, periodo Napoleone III cm. 79x260x68
186 SCRIVANIA DA CENTRO â‚Ź 8.000-12.000
interamente lastronata in bois de placage e ingentilita da ricco intarsio in bois de rose a creare elegante decoro di gusto rocaille con riserve e cornici a girali fogliacei concatenati; piano lineare e aggettante con ampia riserva in cuoio; fronte costituita da cinque tiretti di diverse proporzioni disposti a galleria, dal profilo sinuoso e lievemente bombati, a seguire le mosse e contromosse dei fianchi e del retro. Doppie gambe en cabriole con attacco a erme alata e desinente a zampa ferina in bronzo dorato. La impreziosiscono profili e cornici lineari e a nastro ritorto anch’esse bronzee. Periodo Napoleone III cm. 80 x170x93
187 MOBILETTO â‚Ź 6.000-9.000
in legno intagliato, laccato avorio e dipinto in policromia in prevalenza nei toni del verde, rosso e azzurro a creare elegante decoro con mazzi di fiori trattenuti da nastri svolazzati e riserve a cartouche con volute fogliacee concatenate. Mobile caratterizzato da specchiature di gusto rocaille rilevate e lumeggiate in oro. Piano fortemente sagomato a seguire le mosse e contromosse dei fianchi e della fronte; fascia sottopiano a gola fra cornici modanate; fronte costituita da un’anta dal profilo mosso; Fianchi angolari anche loro a seguire le sinuosità del corpo; brevi gambe a voluta desinenti a riccio. Veneto, fine del XVIII secolo cm. 104x59x36 c.a
188 GRANDE CONSOLE € 55.000-65.000
in noce riccamente scolpito e dorato. Piano in marmo rosso di Francia dal profilo modanato e fortemente sagomato a seguire la fascia sottopiano, quest’ultima costituita da decoro con elementi a cartouche di gusto rocaille e girali fogliacei da cui si dipartono lunghi racemi fogliacei e fiorati rilevati, che vengono a reggere al centro uno stemma polilobato; traverse a farfalla composte da volute concatenate che si raccordano in un cartiglio accartocciato e frangiato; alte gambe sinuose en cabriole percorse da nervature, valve di conchiglia, cornici
mosse e palmette; piedi con attacco a cespo fogliaceo. Francia, periodo Luigi XV cm. 85x210x96 Provenienza: già collezione Principi Borbone già collezione conte Cella, Broni (PC)
189
189
189 COPPIA DI BUSTI € 18.000-25.000
scolpiti in marmo bianco, marmo giallo di Siena, marmo rosso e marmo bigio a creare decoro a contrasto cromatico. Le sculture, qui presentate, raffigurano due personaggi romani di nobile lignaggio come si può riconoscere dalle loro vesti all’antica che indossano. L’uno più giovane con capelli e barba ricciuti definiti ad uno ad uno in punta di trapano, l’altro più maturo presenta chioma e barba ondulatati, più morbidi. Entrambi si caratterizzano per lo sguardo assorto e solenne, enfatizzato dalle fonti corrugate. Le possenti membra sono avvolte da vesti colorate fittamente drappeggiate che contrastano con il candore e la severità dei volti in marmo bianco. Inizi del XX secolo h. cm. 90 c.a ciascuno
190 ACQUASANTIERA € 6.000-8.000
scolpita in marmo rosso di Verona, caratterizzata da cornici modanate. Base quadrangolare con specchiature lineari rilevate. Sostegno a balaustro con ampio nodo sulla fascia centrale; coppa circolare lievemente bombata; fascia a gola; tesa ad anello eversa. Veneto, periodo Luigi XIV h. cm. 118, d. cm. 66 190
191 VERA DA POZZO € 18.000-25.000
scolpita in marmo rosso di Verona; piede circolare; corpo cilindrico ingentilito sulla fascia superiore da elegante decoro a teoria di archetti che riprende i caratteri dell’architettura gotica. Veneto, seconda metà del XVI secolo h. cm. 94, d. cm. 105
192
192 COPPIA DI LEONI € 15.000-20.000
in pietra di Vicenza. Eccezionali esemplari scolpiti con abilità tecnica e intensità di modellato. Si caratterizzano per la cura nella resa anatomica e nella folta criniera, che enfatizzano la monumentalità e regalità dei felini. Veneto, seconda metà del XVII secolo cm. 86x182x42, cm. 60x178x44 rispettivamente
192A
192
192A COPPIA DI SCULTURE â‚Ź 6.000-8.000
da giardino in pietra d’Istria. Base quadrangolare sagomata. Elemento a balaustro con ampio nodo centrale ingentilito da fascia a baccellature; collo a strozzatura su terminale a cupola. Veneto, periodo Luigi XIV h. cm. 105 compl. ciascuna
192A
193 SERIE DI QUATTORDICI ACQUAFORTI: € 10.000-15.000
a) GIUSEPPE VASI
Corleone 1710 - Roma 1782
Disegno della Seconda Machina incendiata per comando di sua Eccellenza il signor DON LORENZO COLONNA Gran Conte stabile del Regno di Napoli … la sera de 29 giugno 1770 Festa de’ Gloriosi Santi Apostoli PIETRO e PAOLO... Incisione all’acquaforte, mm 415x560 (luce) Sul margine inferiore: titolo / Cavaliere Paolo Posi Architetto – Giuseppe Falozzi delin – Cavaliere Giuseppe Vasi incise b) GIUSEPPE POZZI
Attivo a Roma nel XVIII secolo
Disegno della Prima Machina rappresentante i Magnifici Portici d’Athene, Incendiata per commando di Sua Ecc(ellen) za il Sig. Prin(ci)pe DON LORENZO COLONNA... nella vigilia de’ Gloriosi Santi APOSTOLI PIETRO e PAOLO L’ANNO 1757. Incisione all’acquaforte, mm 415x560 (luce) Sul margine inferiore: titolo / Paolo Posi Architetto – Giuseppe Palazzi disegnò – Giuseppe Pozzi incise c) GIUSEPPE VASI
Corleone 1710 - Roma 1782
Disegno della Prima Machina rappresentante un Luogo dedicato alla Cinese Filosofia. Incendiata per comando di sua Eccellenza … DON LORENZO COLONNA Gran contestabile del Regno di Napoli... nella vigilia de’ Gloriosi Santi APOSTOLI PIETRO e PAOLO l’anno MDCCLXXII. Incisione all’acquaforte, mm 415x560 (luce) Sul margine inferiore: titolo / Cavaliere Paolo Posi Architetto – Giuseppe Palazzi delin – Cavaliere Giuseppe Vasi incise
Eccellenza il Sig. Principe DON LORENZO COLONNA Gran Contestabile del Regno di Napoli... il giorno 8 Settembre 1753 / Festa della Natività della Gloriosa VERGINE MARIA. Incisione all’acquaforte, mm 415x560 (luce) Sul margine inferiore: titolo / (Paolo Posi Arch)itetto – Giuseppe Palazzi disegnò – Giuseppe Pozzi incise e) GIUSEPPE VASI
Corleone 1710 - Roma 1782
Prospetto della Prima Machina eretta per Commando di Sua Eccellenza il Sig. Principe Don LORENZO COLONNA Gran Contestabile del Regno di Napoli... il giorno 28 Giugno 1759 / vigilia de’ Gloriosi SS. Apostoli PIETRO e PAOLO. Incisione all’acquaforte, mm 415x560 (luce) Sul margine inferiore: titolo / Paolo Posi Architetto – Giuseppe Palazzi disegnò – Giuseppe Vasi incise f) GIUSEPPE VASI
Corleone 1710 - Roma 1782
Disegno della Prima Machina rappresentante il magnifico Arco, in cui si vede collocato l’insigne Simulacro di Ercole Tebano, nella vigilia de’ Gloriosi Santi APOSTOLI PIETRO e PAOLO l’anno MDCCLXVII. Incisione all’acquaforte, mm 415x560 (luce) Sul margine inferiore: titolo / Cavaliere Paolo Posi Architetto – Giuseppe Palazzi disegnò – Cavaliere Giuseppe Vasi incise g) GIUSEPPE VASI
Corleone 1710 - Roma 1782
Disegno della Prima Machina rappresentante un Tempio dedicato alla Pace. Incendiata per comando / di sua Eccellenza … DON LORENZO COLONNA... nella vigilia de’ GLORIOSI SANTI APOSTOLI PIETRO e PAOLO l’anno 1773. Incisione all’acquaforte, mm 415x560 (luce) Sul margine inferiore: titolo / Cavaliere Paolo Posi Architetto – Giuseppe Palazzi delin. – Cavaliere Giuseppe Vasi incise
d) GIUSEPPE POZZI
Attivo a Roma nel XVIII secolo
Prospetto della Prima Machina eretta per Commando di Sua
h) GIUSEPPE VASI
Corleone 1710 - Roma 1782
Disegno della Seconda Machina rappresentante una Niosé, o sia Casino di Delizia all’uso Ottamano imbandito a diporto. Incendiata per (com)ando / di sua Eccellenza il Sig / DON LORENZO COLONNA... delli 29 Giugno 1762 Festa delli / Gloriosi SS. Apostoli PIETRO e PAOLO... Incisione all’acquaforte, mm 415x560 (luce) Sul margine inferiore: titolo / […] – Giuseppe Palazzi disegnò – Cavaliere Giuseppe Vasi incise i) GIUSEPPE POZZI
Attivo a Roma nel XVIII secolo
Disegno della Seconda Machina colla quale si rappresenta il Tempio di Cerere allusivo alle feconde, e fertili Campagne delle due Sicilie... l’Anno 1756. Incisione all’acquaforte, mm 415x560 (luce) Sul margine inferiore: titolo / Paolo Posi Architetto – Giuseppe Pozzi incise l) GIUSEPPE POZZI
Attivo a Roma nel XVIII secolo
Disegno della Seconda Machina rappresentante una Cuccagna a similitudine di quelle che si fanno nei felicissimi Regni delle due Sicilie... PAPA BENEDETTO XIV l’Anno 1757. Incisione all’acquaforte, mm 415x560 (luce) Sul margine inferiore: titolo / Paolo Posi Architetto – Giuseppe Palazzi disegnò - Giuseppe Pozzi incise m) GIUSEPPE POZZI Attivo a Roma nel XVIII secolo
Prospetto della Seconda Machina eretta per comando di sua Eccellenza il Sig.Principe DON LORENZO COLONNA Gran contestabile del Regno di Napoli... la sera delli 5 Settembre 1758... Incisione all’acquaforte, mm 415x560 (luce) Sul margine inferiore: titolo / Paolo Posi Architetto – Giuseppe Palazzi disegnò n) GIUSEPPE VASI
Corleone 1710 - Roma 1782
Disegno della Prima Machina rappresentante il Tempio di Nettuno. Incendiata per comando di sua Eccellenza il Sig DON LORENZO COLONNA Gran contestabile del Regno PAPA CLEMENTE XIII nella vigilia de’ Gloriosi Santi APOSTOLI PIETRO e PAOLO l’anno l’Anno MDCCLX. Incisione all’acquaforte, mm 415x560 (luce) Sul margine inferiore: titolo / Paolo Posi Architetto – Giuseppe Palazzi disegnò – Cavaliere Giuseppe Vasi incise o) GIUSEPPE VASI
Corleone 1710 - Roma 1782
Disegno della Prima Machina rappresentante il Tempio di Apollo e di Diana... incendiata nella vigilia de’ Gloriosi Santi APOSTOLI PIETRO e PAOLO l’anno l’Anno 1763. Incisione all’acquaforte, mm 415x560 (luce) Sul margine inferiore: titolo / Paolo Posi Architetto – Giuseppe Palazzi dis. – Cavaliere Giuseppe Vasi incise p) GIUSEPPE VASI
Corleone 1710 - Roma 1782
Disegno della Seconda Machina che rappresenta un suntuoso edifizio destinato a divertimenti pubblici... incendiata la sera de’ ..9 Giugno 1769... Incisione all’acquaforte, mm 415x560 (luce) Sul margine inferiore: titolo / Cavaliere Paolo Posi Architetto – Giuseppe Palazzi dis. – Cavaliere Giuseppe Vasi incise
194
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194 DODICI SERIGRAFIE € 3.000-4.000
stampate a monocromo su fondo azzurro polvere: a) ‘The first of September’ b) ‘Le venditeur italienne’ c) ‘Le Pansagre’ d) La visita del soldato e) ‘Le Chenal de sette’ f) ‘Seduction et Jalousie’ g) ‘La lutte’ h) Due cani a guardi del destriero i) Rognons au vin de champagne Francia, XIX secolo, Entro cornici modanate in legno laccato color avorio, cm 49x60 ciascuna
195 VALENTINO WHITE Positano 1909 – 1986
Festa in Piazzetta a Capri tempera su tela, cm 50x60 firma in basso a sinistra: V. White € 5.000-6.000
196 CARMELINA DI CAPRI Capri 1920 – 2004
Capri
olio su tela, cm 136x211 firma e titolo in basso a destra: Carmelina A. CAPRI € 18.000-25.000
Quella presentata è un’opera tipica e autografa di Carmelina di Capri, pittrice definita da Anatole Jakovsky “la naive la plus fameuse d’Italie” e conosciuta per più di quarant’anni a livello internazionale negli Stati Uniti e in Europa dove, nel 1964, esponeva a Parigi i suoi quadri nella importante Galleria Benezit. Figlia di un pescatore della Marina Grande, Carmelina si accostò alla pittura per caso quando un giorno il figlio Pasqualino di pochi anni si ammala e lei pensa di fargli un regalo: una scatola di colori e pennelli. Pur non avendo mai preso in mano un pennello, diventa la maestra del figlio malato e, intanto, impara lei stessa a dipingere. Quando il bambino guarisce, Carmelina, che ha scoperto il gusto dei colori, guarda con stupore fanciullesco le sue meravigliose scene colorate in cui immortala la sua Capri con le casette bianche e rosa dei pescatori dalle finestrelle e i balconcini traboccanti di rossi gerani, le barche che solcano il mare ceruleo, le villette ridenti della Marina Piccola disseminate tra il verde delle balze, la Certosa con i suoi chiostri armoniosi, i monumentali portici, la bella chiesa, la Piazzetta così colorata e suggestiva. Carmelina reinventa i luoghi della propria isola contaminando, ad esempio, il paesaggio caprese con scorci della laguna veneta, come se volesse trasferire nel mare di Capri la città lagunare e poi accostando strade dell’isola lontane l’una dall’altra, rappresentando così una realtà modificata secondo una personalissima rivisitazione sentimentale ed ideata della propria terra.
197
197 PITTORE NAPOLETANO DEL XIX SECOLO Veduta verso il Vesuvio gouache su carta, cm 33x44 € 1.500-2.000
198 PITTORE NAPOLETANO DEL XIX SECOLO Eruzione del Vesuvio
gouache su carta, cm 39x51,5 iscrizione sul margine inferiore: Eruzione 9 x 6 ore 1861 € 800-1.000
198
199 PITTORE NAPOLETANO DEL XIX SECOLO Scorcio del porto di Napoli
olio su tavoletta, cm 41x50 firma non chiaramente leggibile in basso a sinistra € 1.000-1.500
199
200 ERRICO PLACIDO Napoli 1909 – 1983
Paesaggio
tempera su carta, cm 41x50 firma e data in basso a destra: Placido Errico / 1955 € 1.000-1.500
200
201 RAFFAELE RAGIONE Napoli 1851 – 1919
Fanciulle sulla spiaggia
olio su tela applicata su cartone, cm 30x37 firma in basso a destra: R. Ragione € 2.500-3.000
201
202
202 NICOLAS DE CORSI
Odessa 1882 – Torre del Greco 1956
Passeggiata sul lungomare olio su tavoletta, cm 20,5x28,5 firma in basso a sinistra: DE CORSI € 2.500-3.500
203 GIUSEPPE CASCIARO Ortelle 1861 - Napoli 1941
La ricamatrice
pastello su carta, cm 35x26 firma in basso a sinistra: G. Casciaro € 2.000-3.000
203
204
204 ACHILLE VERTUNNI Napoli 1826 – Roma 1897
Paesaggio lacustre
olio su tavoletta, cm 22,5x41 (luce) firma in basso a destra: A. Vertunni € 6.000-8.000
205 NICOLAS DE CORSI
Odessa 1882 – Torre del Greco 1956
Barche alla fonda
olio su tavoletta, cm 24x39 firma in basso a sinistra: DE CORSI € 2.500-3.500
205
206 GIUSEPPE CASCIARO Ortelle 1861 - Napoli 1941
Strada costiera
tempera su carta, cm 23x43,5 firma in basso a sinistra: G. Casciaro € 1.500-2.000
206
207 GIUSEPPE CASCIARO Ortelle 1861 - Napoli 1941
Strada di campagna
tempera su carta, cm 21,5x30 firma in basso a destra: G. Casciaro € 1.500-2.000
207
208 E. ZENO (PSEUDONIMO DI EUGENIO BONIVENTO) Chioggia 1880 – Milano 1956
a) Campo Santa Margherita a Venezia olio su tela, cm 30x34 firma in basso a sinistra: E. Zeno
b) Campo Santa Maria della Misericordia a Venezia olio su tela, cm 30x34 firma in basso a destra: E. Zeno
c) Arco in rovina in un villaggio lagunare olio su tela, cm 30x34 firma in basso a destra: E. Zeno € 2.500-3.500
Le tre tele proposte, certamente eseguite in pendant viste le identiche
dimensioni, sono opera di Eugenio Bonivento, meglio noto come E. Zeno, pittore versatile attivo prevalentemente a Venezia e dedito all’imitazione dello stile dei grandi maestri del passato. E’ facile, infatti, riconoscere nelle tre vedute presentate in questa sede la volontà di riproporre la cifra di Francesco Guardi, grande vedutista del Settecento veneto di cui vengono adottati i bruschi stacchi di colore e l’andamento spezzato e nervoso del tratto. Lo stesso ‘capriccio’ con un arco in rovina in un villaggio lagunare è esemplato sulle innumerevoli varianti di Francesco Guardi su questo tema. Le altre due vedute ritraggono, invece, scorci veneziani realmente esistenti: l’uno Campo Santa Margherita, a Dorsoduro, la cui piazza è ancora deputata al caratteristico mercato con le sue bancarelle di erboristi e pescivendoli ed è ben riconoscibile, a nord, dal campanile troncato della chiesa omonima ora sconsacrata; l’altro il Campo Santa Maria della Misericordia, a Cannaregio, con l’antica chiesa duecentesca rinnovata nella facciata barocca col timpano curvilineo e l’adiacente Scuola Vecchia della Misericordia.
209 FERRUCCIO SCATTOLA Venezia 1873 – Roma 1950
Popolana con il figlioletto olio su tavoletta, cm 65x50 firma in basso a sinistra: F. Scattola € 2.500-3.000
209
210 GIUSEPPE VIZZOTTO ALBERTI Oderzo 1862 – Venezia 1931
Bacino di San Marco
olio su tavoletta, cm 25x35 firma in basso a destra: G. Vizzotto € 3.000-4.000
210
211
211 FRANCESCO SARTORELLI Cornuda 1856 - Udine 1939
Gondola
olio su tela, cm 25x50 firma in basso a sinistra: F. Sartorelli € 1.500-2.000
212 EUGENIO SELVA
Attivo a Roma e Venezia fra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo
Gondola in laguna
olio su tavoletta, cm 28x18 firma e data in basso a destra: E. Selva 87 € 1.000-1.500 212
213 EMILIO GAZZEI Attivo nel XX secolo
Interno del duomo di Siena
olio su tela, cm 85x88 firma e data in basso a sinistra: E. Gazzei / 1940 € 2.000-2.500
213
214 ADRIANO CECIONI
Fontebuona 1836 – Firenze 1886
Viale alberato
olio su tavoletta, cm 31,5x24 sigla in basso a destra: AC sul retro iscrizione: Adriano Cecioni € 3.000-4.000
214
215 EGISTO FERRONI
Lastra a Signa 1835 - Firenze 1912
Fanciulla in abiti orientali
olio su tela, cm 68,5x65,5 sul telaio antica iscrizione: Orentalin Cornice originale in legno intagliato e dorato dal profilo interno ovale.
Odalisca
olio su tela, cm 68,5x65,5 sul telaio antica iscrizione: Odaliske Cornice originale in legno intagliato e dorato dal profilo interno ovale. â‚Ź 4.000-5.000
216 PITTORE BAMBOCCIANTE DEL XVII SECOLO Contadinelle con caprette e mandriano olio su tela, cm 32,5x44
Mungitura della capra e contadini olio su tela, cm 32,5x44 € 5.000-6.000
Le due telette di soggetto popolare si pongono sulla scia della produzione dei pittori bamboccianti – essenzialmente fiamminghi,
olandesi e francesi – attivi a Roma verso la metà del Seicento che, meditando sulle idee caravaggesche, diedero vita ad un filone pittorico incentrato su una pittura di genere di vena narrativa, con minute descrizioni di vita quotidiana. In questo caso si tratta di piccole immagini di notevole freschezza pittorica, che mostrano l’una una pastorella rossovestita stante, con un rastrello sulla spalla, accanto ad una compagna che culla teneramente una agnellino e a un mandriano intento ad accudire ai suoi armenti sulla destra della scena; l’altra due fanciulle inginocchiata di spalle, di cui una munge una capra, avendo accanto un giovane pastorello e un contadino a cavalcioni di un asino. Entrambe concentrano in sé tutte le caratteristiche tipiche della produzione bambocciante identificabili nella libertà compositiva e nel magistero di usare luci e ombre per descrivere la materia vibrante.
217 PITTORE FRANCESE DELLA FINE DEL XVIII SECOLO Scenetta galante
olio su tela, cm 57,5x76,5 € 4.000-6.000
Si tratta di una tela di scuola francese da collocare sulla scia della leziosa pittura di genere di fine Settecento che si prefiggeva di rappresenta la società parigina ruotante attorno alla corte di Luigi XV attraverso figurazioni eleganti e sensuali, scene luminose, colori chiari, forme vaporose di gusto rococò. Il pittore raffigura una scenetta galante ambientata ‘en plein air’, sullo sfondo di un paesaggio che trascolora verso toni azzurrati sulla linea d’orizzonte e dove, alla sinistra della composizione, fanno da quinta scenica rovine classiche costituite da bassorilievi con putti e da un possente basamento su cui poggia un vaso. Ai piedi di quest’ultimo, una fanciulla in compagnia di una dama, mollemente adagiata sui gradoni, viene avvicinata da un giovinetto; quest’ultimo, abbandonato il cappello a terra e distolta l’attenzione dalle caprette e dalle pecore all’intorno, la corteggia con interesse.
217
218 PITTORE VENETO DEL XVIII SECOLO Gesù Cristo
olio su tela, cm 92x73,5 € 3.000-4.000
La tela è ascrivibile per cifra stilistica a un pittore veneto del Settecento e raffigura il Redentore a mezzo busto sullo sfondo uniformemente scuro. Egli emerge dalla penombra grazie ad un sapiente gioco di luci che, dalla sinistra, investono la figura esaltandone la chioma bionda scriminata sulla fronte e ricadente in boccoli sulle spalle e le vesti: la tunica rosa acceso e il vivace mantello ceruleo. Abbassato lo sguardo, il Cristo solleva la mano destra mentre con la sinistra sorregge un pane, chiara allusione alla Cena in Emmaus in occasione della quale, spezzando la pagnotta, con gesto benedicente si rivelò a due attoniti pellegrini di Emmaus.
218
219 PITTORE DEL XVIII SECOLO Scena devozionale olio su tela, cm 168x106 € 1.500-2.000
219
220 PITTORE FIAMMINGO DELLA FINE DEL XVIII SECOLO San Giovannino in un paesaggio olio su tela, cm 57x76 € 3.000-4.000 220
221 PITTORE DEL XVII SECOLO Vergine orante
olio su tela, cm 27x22 € 1.200-1.500
222 PITTORE DEL XVIII SECOLO Vedute con rovine
gouache su carta, cm 42x51 € 2.500-3.000 221
222
223 PITTORE DEL XVIII SECOLO Maddalena penitente olio su tela, cm 90x67 € 3.000-4.000
223
224 PITTORE INGLESE DEGLI INIZI DEL XIX SECOLO Contadinella con armenti
olio su tavola, cm 31x40 firma non chiaramente leggibile in basso al centro € 2.000-3.000 224
225
225
225 PITTORE GENOVESE DEGLI INIZI DEL XVII SECOLO Salvator Mundi
olio su rame, cm 21,5x16
Vergine Annunciata olio su rame, cm 21,5x16 € 2.500-3.500
226 PITTORE DEL XIX SECOLO Vergine orante
olio su tela, cm 60,5x49,5 € 2.500-3.500 226
227 LEOPOLD DE COEN Belgio 1834 – ?
Cristo deposto nel sepolcro
olio su tela, cm 180x242 firma e data in basso al centro: LEOPOLD DE COEN / ADUT 1864 € 20.000-30.000
Si tratta di un’opera autografa di Leopold De Coen, pittore belga attivo nel secondo Ottocento e dedito alla rappresentazione di scene di genere e di soggetto religioso. A quest’ultima produzione di associa il dipinto qui presentato raffigurante, in una scena notturna, la deposizione di Gesù nel sepolcro, secondo la narrazione dei Vangeli. Scrive Matteo che Giuseppe d’Arimatea, “preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia. … Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Magdala e l’altra Maria”, qui alla destra della composizione assieme alla bionda Maddalena, inginocchiata. Nel racconto di Giovanni, Giuseppe d’Arimatea fu aiutato da Nicodemo, il giovane uomo che sorregge il corpo esanime dalla parte della testa. L’azione si svolge di fronte all’ingresso della grotta, illuminato dalla torcia dell’angelo che, mesto, osserva la scena assieme a san Giovanni Evangelista, sulla sinistra, e agli astanti sul secondo piano. Al centro della composizione, disposta a terra, compare una notevole natura morta di strumenti della Passione tra cui figurano la corona di spine e la spugna imbevuta di aceto.
227 part.
228 PITTORE VENETO DELLA FINE DEL XVIII SECOLO Capriccio con il ponte di Palladio
tempera su carta applicata su tela, cm 40,5x46,5
Capriccio coN Il Ponte di Palladio
tempera su carta applicata su tela, cm 40,5x46,5 € 10.000-15.000
I due dipinti ripropongono fedelmente le due tele di Canaletto di analogo soggetto conservate alla Pinacoteca Nazionale di Parma (1740 c.a). Entrambe raffigurano capricci con vedute ideate di Venezia ove compare il Ponte di Rialto così come fu progettato dal Palladio in occasione del bando per il suo rifacimento indetto nel 1551 dalle autorità veneziane e al quale concorsero altri architetti famosi come Jacopo Sansovino e il Vignola. Nel 1841 l’architetto parigino Antoine Rondelet diede alle stampe il Saggio storico sul Ponte di Rialto in Venezia, trattato poco noto ma di particolare interesse per le osservazioni ivi contenute a riguardo delle vicende che nel Cinquecento hanno avvolto la storia della costruzione di questo celebre ponte. Scrive Rondelet che “pare nondimeno che
questo progetto non andasse immune da censura... Che che ne sia, il mistero nel quale si avvolse l’autore sur una delle circostanze più importanti a conoscersi, e il suo silenzio al proposito del luogo per quale era destinato, han fatto nascere congetture diverse sulle cagioni che poterono porre in disparte un’opera di tanto pregio”. Rondelet fa presumere ci sia stata l’ostilità di Jacopo Sansovino contro il progetto del Palladio. Inoltre, “la risoluzione ben ferma di non cangiar nulla allo stato attuale delle cose, può essere considerata a ragione come la principal causa che fece rigettare nel progetto di Palladio la più splendida soluzione che questo problema potesse mai avere. Da un’altra parte, l’abbandono di quello del Sansovino, che, conformandosi senza dubbio a tale risoluzione, aveva dapprima raccolto tutti i voti, può far pensare che dietro maturo esame, la
Signoria sia venuta a capo di riconoscere che la questione d’arte ristretta a simili limiti, anziché produrre alcun buon risultamento, diveniva al contrario un accessorio senza alcun’importanza”. Non mancano questioni economiche; afferma Rondelet: “si disse fin qui che solo l’esorbitante dispendio che sarebbe stato necessario, aveva fatto porre in disparte il progetto di Palladio pel Ponte di Rialto”. Dopo la morte di Sansovino, avvenuta nel 1570, anno in cui Palladio pubblica I quattro libri dell’architettura, nel 1587 fu bandito un nuovo concorso per la progettazione del Ponte di Rialto a cui parteciparono Vincenzo Scamozzi e Antonio Da Ponte. Fu quest’ultimo a spuntarla e l’attuale ponte in pietra ad arcata unica, realizzato in collaborazione col nipote Antonio Contin, fu completato nel 1591 durante il dogado di Pasquale Cicogna.
229 JOHANN ANTON EISMANN Salisburgo 1613/1622 – Venezia 1700 c.a
Veduta marina con porto fortificato e galeoni all’approdo olio su tela, cm 69x114
Paesaggio con armenti all’abbeverata e rovine classiche olio su tela, cm 69x114 € 80.000-120.000
Le due bellissime tele, concepite fin dall’origine in pendat, possono agevolmente essere ricondotte a Johan Anton Eismann, maestro austriaco eclettico e di viva originalità, in un momento prossimo al 1680 e successivo al suo trasferimento a Venezia avvenuto negli anni Sessanta del XVIII secolo. L’eco della formazione romana accanto a Michelangelo Cerquozzi, Salvator Rosa e, soprattutto, il Borgognone, celebre “battaglista” dal quale Eismann desunse il gusto impaginativo e la generale animazione figurativa, assieme ad alcune costanti espressive, possono essere riscontrate nella caratteristica impronta cromaticoluministica e nel pittoricismo fluido e prevalentemente bruno, ma animato da vive macchie cromatiche più chiare e accese e da sintetici tocchi di luce. Nelle due tele, alle suggestioni rosiane e romane si
uniscono le tipiche desinenze eisemanniane delle vive macchiette definite sinteticamente ed in parte derivate dai modelli di Callot e dei bamboccianti olandesi, che egli aveva avuto modo di conoscere nella città dei papi. Significative, infatti, queste suggestioni nella produzione del pittore che, esulando dai paesaggi romantici alla Salvator Rosa, allargò di sovente la sua tematica a quelle vedute di porti che mescolano l’evocazione di vascelli, secondo la moda dei fiamminghi, a figurette d’un realismo tipico dei Bamboccianti stessi. Gli erano necessarie, queste ultime, nel racconto minuto e puntuale della vita che si svolge nei porti, ove si affaccendano calafati che lavorano alle navi, scaricatori di merci e pescatori che tirano le reti, mentre i pitocchi oziano sulla riva. Una tematica più classicistica, invece, importata a Venezia dal
lombardo Giovanni Ghisolfi, pervade la veduta con armenti presentata, aperta sulla sinistra verso un ampio paesaggio, e animata sul primo piano da viandanti e animali che si concentrano attorno ad una fontana addossata ad un edificio in rovina, secondo uno schema compositivo rovesciato ma similissimo a quello pensato nel Paesaggio con fontana di collezione privata romana (riprodotto in: R. Pallucchini, La pittura veneziana del Seicento, Milano 1981, II, fig. 1064). Con questo particolare genere, entrava così nella tradizione pittorica veneziana la cosiddetta ‘veduta ideata’, subito sviluppata egregiamente da Carlevarijs e da Ricci. Si ringrazia il prof. Dario Succi per aver confermato l’attribuzione.
230 FRANCESCO GUARDI Venezia 1712 – 1793
Veduta della laguna di Venezia col forte di Sant’Andrea olio su tela, cm 26x43,5 € 240.000-280.000
Riferendo con certezza la tela in esame a Francesco Guardi, Egidio Martini (comunicazione scritta) sottolinea come si tratti di “un lavoro delicato e finissimo del pittore che, pur nella sua limitata misura, ha un ampio respiro sia per l’alto spazio del cielo sia per la grande distesa dell’acqua” popolata, sul primo piano da numerose piccole barche e gondole ove spiccano le vivaci, nervose caratteristiche ‘macchiette’, quasi una firma del celebre vedutista. Sulla destra spicca il forte di Sant’Andrea, costruito entro il 1543 su progetto del veronese Michele Sanmicheli, sorto su una piccola isola lagunare di fronte a San Nicolò del Lido. In origine la principale difesa predisposta dalla Serenissima per fronteggiare l’eventuale ingresso in laguna di navi nemiche provenienti dall’Adriatico, il Forte fu immortalato dal pittore in altre tele, quali quella già a Londra in collezione Tooth, l’altra del Fitzwilliam Museum di Cambridge, quella in collezione Koester a Zurigo e quella recentemente passata in un’asta San Marco (Venezia, 2 novembre 2008, lotto 65). Si tratta di una significativa prova della più avanzata maturità del pittore veneziano, nel corso della quale Francesco ha prodotto – forse stimolato in questo dalla novità del tema – numerose immagini delle isole e dei luoghi “minori” della laguna veneziana, tutte di modeste dimensioni, ma similmente caratterizzate da riprese di amplissimo respiro, grandangolari, probabilmente messe in scena utilizzando nella fase preparatoria la camera ottica. Significative analogie, infatti, si rintracciano con L’isola di San Cristoforo in collezione privata a Ginevra, la Laguna presso l’isola della Certosa della Galleria Hallsborough di Londra e, ancora, la Laguna con la torre di Marghera della National Gallery of Victoria di Melbourne (riprodotte in: A. Morassi, Guardi, Milano 1973, figg. 606, 615, 626), dipinti tutti da considerare della fase più avanzata del percorso artistico del pittore. Tipiche di questo momento finale della produzione di Francesco sono la scrittura pittorica estremamente sommaria, che tende ad indicare più che a descrivere con perfetta adesione alla realtà architetture, oggetti e persone presenti nei suoi dipinti, e la splendida qualità del colore, liquido e trasparente, nella prevalenza degli azzurri toccati di impalpabili trapassi grigio-verdi che dall’acqua trascolorano nel cielo.
231 GIUSEPPE BERNARDINO BISON Palmanova 1762 – Milano 1844
Veduta del Canal Grande visto da Palazzo Balbi olio su tela, cm 81,5x50
Veduta del molo vista dal Bacino di San Marco olio su tela, cm 81,5x50 € 140.000-180.000
Nell’ambito della produzione vedutistica del friulano Bernardino Bison sono numerose le vedute di Venezia esemplate, come quelle in esame a lui confermate da Egidio Martini (comunicazioni scritte), sui modelli incisori o pittorici del Canaletto. Tra le molte immagini del tratto del Canal Grande compreso tra Palazzo Balbi (in primo piano a sinistra) e il Ponte di Rialto che sono state dipinte dal vedutista settecentesco, il Bison si è rifatto in questo caso all’esemplare del Castello di Pillmitz di Dresda e alle tele ora conservate a Ca’ Rezzonico e all’Accademia Carrara di Bergamo, quest’ultima più vicina delle altre sia nel taglio vedutistico, che tende a dare un ruolo solo marginale alla mole tardo cinquecentesca del palazzo dei Balbi, che per la disposizione delle imbarcazioni sul canale. Come nota Martini, “l’attribuzione della presente opera al Bison è indicata specialmente, oltre che dalla materia pittorica più tarda, dalla particolare tecnica con la quale è dipinta, cioè dalla grafia e dal tocco del pennello con cui è eseguita, che sono dei dati caratteristici dello stile del palmerino. Ancora tipici del pittore sono il gusto delle forti ombre che vediamo nei palazzi a destra e la stesura luminosa e liscia dell’acqua”. Anche nel caso della seconda veduta che ritrae il Bacino di San Marco,
il Bison si rifà a scorci di analogo soggetto di Tiepolo, Zuccarelli e Canaletto, impostando la composizione nella stessa disposizione scelta da quest’ultimo nelle tele già in collezione Palilavi e nella raccolta del duca di Bedford. Come nota Martini, “ancor più, cerca di imitarne lo stile e perfino la pennellata, con risultati di stupefacente bravura e di immedesimazione, tanto che, se la materia pittorica non fosse più tarda, il dipinto potrebbe essere preso per un Canaletto”. Si ipotizza una possibile datazione fra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento, quando il friulano, dopo essersi formato a Venezia accanto a Costantino Cedini, pittore di strettissima osservanza tiepolesca, si diletta anche nella pittura da cavalletto, producendo numerosissimi dipinti, eseguiti soprattutto a tempera, ma spesso anche a olio su cartoncino o su tela, raffiguranti capricci, paesaggi o vedute di Venezia. Siamo perciò in un momento antecedente alla presenza del Bison a Trieste, dove fu impegnato in numerosi interventi decorativi (salone della Vecchia Borsa, 1805–1807; palazzo Carciotti), a Capodistria e a Lubiana: oramai, infatti, eseguiva soprattutto paesaggi nei quali aveva abbandonato il retaggio settecentesco che aveva condizionato pesantemente la sua attività
Carciotti), a Capodistria e a Lubiana: oramai, infatti, eseguiva soprattutto paesaggi nei quali aveva abbandonato il retaggio settecentesco che aveva condizionato pesantemente la sua attività giovanile e di vedutista per rivolgersi a strutture compositive di gusto eminentemente scenografico, legate anche all’attività svolta in questo campo per i teatri triestini.
232 GIUSEPPE BERNARDINO BISON Palmanova 1762 – Milano 1844
Campo con la chiesa dei Santi Giovanni e Paolo olio su tela, cm 50x65
Campo con la chiesa della Madonna dell’Orto olio su tela, cm 50x64 € 140.000-180.000
Si tratta, come confermato da Egidio Martini (comunicazioni scritte), di opere tipiche del Bison che, nella sua fase da vedutista, si ispirò spesse volte a dipinti del Canaletto e alle incisioni del Visentini. Nel primo caso, infatti, lo scorcio su Campo Santi Giovanni e Paolo con la chiesa omonima, la Scuola di San Marco a sinistra, in un’ombra trasparente illuminata dal riflesso del selciato, e il monumento equestre del Colleoni al centro, il taglio compositivo è ispirato ad una veduta del Canaletto incisa dal Visentini (cfr. Prospectus Magnis Canalis Venetiarum, 1735), copiata poi anche da Francesco Guardi nella tela di analogo soggetto oggi al Louvre. Come nota Martini, “qui però il Bison l’ha interpretata a modo suo, rendendola più semplice e ariosa, direi di sapore più neoclassico”, secondo modi che permettono di avvicinarla ad altre opere dello stesso tempo, come ad esempio il
Ponte della Paglia con le Prigioni. La seconda veduta, quella raffigurante la chiesa della Madonna dell’Orto, è di particolare interesse perché ritrae uno degli angoli più belli e appartati della città lagunare con la neve, particolare, questo, assai raro nelle vedute del pittore palmerino che ritroviamo solo in pochi altri suoi dipinti. Come sempre, il Bison cerca di essere particolarmente fedele al luogo immortalato, rendendolo in questo caso umanamente più vero grazie alle macchiette eseguite con tocco abbreviato e squisitamente sommario. In entrambi i casi, infatti, il pittore ha reso i luoghi molto vivi popolandoli di bellissime figurette sparse per i due campi; figurette ormai ottocentesche, che ci portano a datare con sicurezza il pendant nei primi decenni del nuovo secolo e, più precisamente
fra il 1820 e il 1840, quando molto richieste erano ancora, da parte dei committenti stranieri, le vedute della città di Venezia. In questo momento il pittore friulano esegue ancora numerosi dipinti da cavalletto, ma soprattutto paesaggi, nei quali va via via abbandonando il linguaggio settecentesco che aveva condizionato fortemente la sua attività giovanile, per rivolgersi a strutture compositive di gusto eminentemente scenografico, legate anche all’attività svolta in questo campo per i teatri triestini. Trasferitosi nel 1831 definitivamente a Milano, dove trascorse gli ultimi anni di vita, produsse infatti molti altri dipinti, alcuni anche di grande formato, connotati di fresca vena realistica, nei quali il pittore fornisce le ultime prove della sua notevole capacità di paesaggista.
233 LUCA CARLEVARIJS Udine 1663 – Venezia 1730
Veduta di un porto di mare
olio su tela, cm 102,5x170 Tracce della sigla L.C. su una ruota del cannone € 80.000-120.000
Si tratta di un’opera di grande respiro, evidentemente esemplata, soprattutto per quel che riguarda il soggetto incentrato su un’ampia veduta di porto di mare, sui modelli prodotti dai pittori di scuola nordica che Luca Carlevarijs ebbe l’occasione di conoscere nel corso del suo giovanile soggiorno romano (1690 c.a), soggiorno in cui ebbe modo di venire in contatto anche con le opere dei Bamboccianti e dei maggiori paesaggisti di scuola nordica attivi alla fine del secolo in quella città. Da questi esempi egli trae precise indicazioni stilistiche e iconografiche per i numerosi paesaggi dipinti soprattutto nella sua fase iniziale, che risentono della conoscenza delle realizzazioni del Cavalier Tempesta, del Van Wittel e dell’Eismann. Colpisce la luminosità complessiva della scena che, più fosca sul primo piano in penombra, trascolora verso toni azzurrati e polverosi sullo sfondo. Traspare un gusto intenso e drammatico debitore ai modi dei Bamboccianti romani nella resa delle figure, qui colte evidentemente dal vero: quelle sulla destra sono impegnate nei lavori di carico e scarico delle merci che vengono trasportate a terra con delle barche dal vascello alla fonda nel porto mentre quelle sulla sinistra, sul lembo di terra ai piedi della fortificazione del porto, sono intente a controllare un grande caldaio posto sopra un fuoco improvvisato, a colloquiare e a riposarsi sdraiate contro le botti. Nella tranquillità generale, anche un cane sonnecchia fra gli oggetti appena scaricati e lasciati sulla riva: ceste, scatole, forzieri, anfore, fagotti di vario genere e tappeti arrotolati. Se è noto che vedute ideate di questo tipo appartengono per lo più al periodo giovanile del pittore, è probabile che egli ritornò anche in anni più avanzati su tali tematiche alternando esempi di quella produzione ai più noti scorci veneziani che, dall’inizio del nuovo secolo, gli venivano continuamente richiesti anche da committenti stranieri. Tipica del Carlevarijs è anche la resa delle architetture, qui appoggiate sulla costa verso lo sfondo evanescente, il loro sfumare in una foschia che le avvolge e ne ammorbidisce i contorni. Si noti, in particolare, il fantasioso ed insolito edificio turrito svettante al centro della composizione: esso sorge su di una minuscola isoletta e il suo accesso al mare è costituito da una larga scalinata che si tuffa nelle acque, percorsa da una figurina probabilmente appena scesa da una delle modeste imbarcazioni lì attraccate.
234 GIAMBETTINO CIGNAROLI Verona 1706 – 1770
Leda e il cigno
olio su tela, cm 114x152 firma in basso a sinistra: Cignarolius / P € 80.000-110.000
Si tratta di un’opera autografa di Giambettino Cignaroli, pittore veronese che spicca tra quelli della sua generazione per la fama di cui godette presso i contemporanei e presso i critici della generazione successiva. I principali committenti del pittore, privati e di ambito ecclesiastico, furono rigorosamente annotati dal maestro stesso che andava gradualmente a mettere insieme un gruppo internazionale di suoi estimatori che contava a Venezia, città dove era tra il 1735 e il 1738, esponenti dalle importanti famiglie dei Corner, Pisano, Pesaro, Barbarigo e Labia, in Francia la corte reale e il vescovo di Neustadt, a Dresda Augusto III, in Russia gli Straganoff, i Razamowski, gli Schuwalow, fino al penitenziario d’Austria conte Carlo Firmian e al console inglese a Venezia John Udney. Questo quadro di committenze fornisce precise indicazioni sulle scelte iconografiche dell’artista, prevalentemente attivo ad opere di soggetto sacro, che proprio con i clienti stranieri sperimenta il tema profano. A questo filone appartiene anche la nostra importante tela incentrata sul mito di Leda, l’affascinante regina di Sparta, figlia di Testio, di cui Zeus si innamorò perdutamente. Per poterla vedere il dio scese dal cielo e raggiunse la vetta del monte Taigeto, ove Leda dormiva sulle sponde di un laghetto; fu svegliata dallo starnazzare delle ali di un candido cigno che, col suo collo sinuoso, amorosamente la accarezzò. Era Zeus che si era tramutato per avvicinarla e appena la giovane regina si svegliò, si fece riconoscere e le preannunciò che dal loro amore sarebbero nati due gemelli, i Diòscuri Càstore e Polluce. Si tratta di una iconografia già frequentata dal pittore veronese in occasione della realizzazione della coppia di dipinti commissionatigli nel 1766 dal re di Polonia Stanislao Augusto Poniatowski. Uno raffigurava una Danae e l’altro Leda e il cigno; stando al marchese Francesco Albergati Capacelli, che agì da intermediario, “quando il regnante … ebbe in dono … il quadro del Cignaroli, in cui è figurata Leda col Cigno, restò dalla bellezza di questo sorpreso, e non si contenne dal dire replicatamente: bravo il Cignaroli … questo si chiama regalo da farsi per me”.
E’ nota una seconda identica coppia di dipinti in collezione privata, particolarmente interessante perché risarcisce il catalogo dell’esemplare raffigurante Leda e il cigno, mancante dalle opere provenienti dalla collezione Poniatowski. Come fece notare Magani, dalla nota al disegno preparatorio conservato nella raccolta Cignaroli alla Bibioteca Ambrosiana di Milano (n. 330) si evince che il maestro aveva realizzato nel 1756 un analogo dipinto per la collezione di Dresda del re di Polonia ed elettore di Sassonia Augusto III, ma, data l’identica redazione rispetto alle versioni destinate a Varsavia, si può ritenere che anche le due nuove opere siano state licenziate a ridosso di quelle, se non nello stesso 1766. La nostra tela si discosta considerevolmente dalla soluzione iconografica degli esemplari già noti, costituendo così una soluzione del tutto nuova ed originale sullo stesso tema. Essa, tuttavia, si caratterizza per la stessa notevole brillantezza cromatica e leggerezza di tocco, segni di una libertà pienamente settecentesca moderata, peraltro, da un classicismo di fondo. Se questultimo è debitore alla grazia e compostezza delle esperienze bolognesi e romane del Seicento, il rinnovato rapporto con la pittura veneziana sembra ormai indirizzarsi, dagli anni Sessanta, verso le morbidezze e l’essenzialità del pastello, lasciando alle spalle i virtuosismi e i viraggi cromatici di ascendenza tardo barocca. Tale orientamento accademico è chiaramente volto ad un classicismo colto e raffinato che valse al Cignaroli, nella storiografia locale, la fama di corrispondente veronese di Carlo Maratta.
234 part.
235 GIUSEPPE ANGELI (attr.) Venezia 1712 – 1798
Ritratto di un giovane con berrettone di pelo olio su tela, cm 47x39,5 € 12.000-16.000
Il Ritratto di un ragazzo in uniforme polacca (detto anche Ritratto di un giovane scultore dalla presenza del martello che il ragazzo impugna con la mano destra), dipinto da Giambattista Piazzetta nel corso degli anni Trenta e ora conservato al Museum of Fine Arts di Springfield, è più volte servito da modello per gli allievi della bottega piazzettesca: oltre alla versione che qui si presenta, ne è nota infatti un’altra, già in collezione Brass a Venezia, pubblicata come opera dello stesso Piazzetta dal Ravà nel 1921, ma poi passata giustamente a Domenico Maggiotto dal Pallucchini (1935). Il dipinto in esame, entro cornice veneziana dell’epoca in legno
scolpito e dorato, può essere riferito in via d’ipotesi alla fase giovanile, più strettamente legata agli insegnamenti del maestro, di Giuseppe Angeli, presente nella bottega del Piazzetta già dai primissimi anni Trenta. In particolare, esso potrebbe datarsi in un momento di poco precedente alla realizzazione di opere quali il Tamburino del Louvre, eseguito entro la metà del secolo, dove ritroviamo una simile pennellata morbida che peraltro descrive analiticamente le fattezze del volto e delle mani, e un colorismo su toni luminosi che può riconoscersi in quello che caratterizza il dipinto in esame.
236 GAETANO VETTURALI Lucca 1701 – 1783
Paesaggio fluviale con borghi medievali e viandanti olio su tela, cm 110x135 € 28.000-40.000
La tela presentata reca la giusta attribuzione di Dario Succi (comunicazione scritta) al lucchese Gaetano Vetturali, “pittore che ottenne notevole successo nella città natale e in Toscana per l’originale interpretazione data al paesismo e al vedutismo di matrice veneta, resi con suggestivi effetti di ampliamento scenografico felicemente alleggeriti da un genuino lirismo pervaso da note di accattivante freschezza”. Lo stile dell’artista denota una approfondita conoscenza del linguaggio pittorico e delle conquiste atmosferiche dei maestri veneziani, da Luca Carlevarijs a Canaletto e a Marco Ricci. Lo si evince dal nostro paesaggio che, costellato da borghi medievali e popolato da figurine di viandanti, fu già riferito a Marieschi. Qui accanto alle suggestioni derivate dalle invenzioni pittoresche di Salvator Rosa, l’artista si rifà chiaramente al Ricci, seppur rivisitandolo con effetti di ampliamento scenografico ottenuti ponendo al centro dell’immagine
un’altura su cui è abbarbicato un serrato nucleo di antiche case coloniche sormontate da un torrione quadrangolare a mo’ di porta urbica. Come nota Succi, caratteristico del Vetturali è l’uso della prospettiva angolare che conferisce rilievo monumentale agli umili edifici e rende maestoso il paesaggio. Si tratta di un espediente che è facile riscontare tanto nei suoi capricci quanto nelle vedute di più ampio respiro. Altrettanto caratteristiche dell’artista sono pure l’atmosfera tersa e luminosa nonché le figurette allungate, colte in pose vivaci e trattate con grande attenzione descrittiva. Datato dallo stesso studioso intorno al 1750, “il dipinto si distingue per freschezza inventiva e grandiosità scenografica, cui si coniugano una tecnica esecutiva accurata e disinvolta ed un cromatismo raffinato dominato da una calda e morbida luminosità dorata”.
237 ALBERTO CARLIERI Roma 1672 - 1720
Prospetto architettonico con due arcate olio su tela, cm 75x98,5
Prospetto architettonico con veduta marina sullo sfondo olio su tela, cm 75x98,5 € 80.000-100.000
Secondo l’Orlandi (1753) Carlieri fu scolaro di Giuseppe de Marchis e di Padre Andrea Pozzo. La sua personalità artistica fu ricostruita da Voss che pubblicò le sue prime opere certe raccogliendo un primo nucleo omogeneo intorno ad un quadro firmato e datato 1707, oggi di ubicazione ignota, ed altre tele conservate nel Museo di Kassel e a Monaco di Baviera (Staatliche Kunstsammlungen). Fu grazie ad Arisi, sulla scia del Voss, che fu messa in evidenza l’importanza del Carlieri per la formazione di Panini che in diversi quadri giovanili mostra un simile rapporto fra piccole figure e scenari architettonici non ancora rovinistici. E’ questo, infatti, il genere di dipinti cui era dedito il Carlieri, pittore debitore della grande tradizione quadraturista di Andrea Pozzo. Perfettamente in linea con la sua produzione si pongono le due telette presentate, squisite nella fattura accuratissima e nella minuta descrizione dei particolari architettonici, dai capitelli ai bassorilievi e alle statue di gusto classicheggiante. In un caso una profonda arcata che sfonda su un evanescente paesaggio marino con velieri fa da teatro ad una scenetta in cui, sul primo piano, alcuni armigeri, a destra, discutono mentre una fanciulla, accortasi di loro, si da alla fuga. Al centro, assisa su una specie di trono, una figura femminile assiste alla scena e ricorre praticamente identica nella seconda tela ove, invece, i soldati, ormai accortisi della fanciulla, la additano e la rincorrono di fronte ad una architettura elegantissima e caratterizzata dalla successione di una coppia di arcate in prospettiva. Le minute figurine, che quasi scompaiono di fronte alla grandiosità degli edifici raffigurati, veri protagonisti delle rappresentazioni, risentono fortemente dei modi del napoletano de Marchis che, ugualmente, era solito popolare i suoi ampi paesaggi con macchiette sì vivaci ma dal ruolo del tutto secondario.
237 part.
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A
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238 PITTORE DELLA CERCHIA DI FEDELE FISCHETTI
e) Cleobulo da Lindo
Napoli, XVIII secolo
olio su tela, cm 65x47,5 iscrizione sul basamento: CLÆOBULE
a) Periandro di Corinto
f) Biante di Priene
olio su tela, cm 65x47,5 iscrizione sul basamento: PERIANDER
olio su tela, cm 65x47,5 iscrizione sul basamento: BIAS
b) Chilone da Sparta
g) Talete di Mileto
olio su tela, cm 65x47,5 iscrizione sul basamento: CHILON
olio su tela, cm 65x47,5 iscrizione sul basamento: THALIS
c) Pittaco da Mitilene
h) La Filosofia
olio su tela, cm 65x47,5 iscrizione sul basamento: PITTACUS
olio su tela, cm 65x47,5 iscrizione sul basamento: FILOSOFIA
d) Solone da Atene
€ 80.000-100.000
olio su tela, cm 65x47,5 iscrizione sul basamento: SOLON
C
La otto telette presentate costituiscono una interessante serie incentrata sui Sette Sapienti (o Sette Savi), ovvero alcune personalità pubbliche dell’antica Grecia vissute in un periodo compreso tra la fine del VII ed il VI secolo a.C. ed esaltate dai posteri come modelli di saggezza pratica ed autori di massime poste a fondamento della morale comune. Nonostante i Savi siano in genere ritenuti i padri della coscienza speculativa greca e compaia tra di essi colui che è solitamente indicato come il primo filosofo, Talete di Mileto, non tutti sono da considerarsi pienamente filosofi, poiché il loro interesse è principalmente rivolto alla condotta pratica e non alla speculazione. Nonostante questo, quasi a volerli accomunare sotto un comune denominatore, completa la nostra sequenza la figura allegorica della Filosofia, ritratta come descritta da Boezio nel De consolazione philosophiae, con una piccola corona sul capo e lo scettro come attributo, mentre poggia la mano su due libri (solitamente intitolati Moralis e Naturalis); poco distante compare il globo terreste, a indicare il suo dominio sopra di esso. Il primo sapiente della serie, Periandro, è ritratto con la spada in mano, allusione, come i putti combattenti e i soldati che banchettano
D
sullo sfondo, alla sua tirannia su Corinto e alle azioni nefaste di cui macchiò: l’uccisione della moglie e l’avversione nei confronti del figlio Licofroone. Chilone, invece, è ritratto stante ad indicare il duello che si consuma sullo sfondo a sinistra, affiancato da due putti in lotta fra loro, di cui uno reca la bilancia. Quest’ultima richiama i doveri di giudice cui dolorosamente dovette assolvere, come egli stesso rivelò in punto di morte: “Mi sono trovato un giorno a giudicare uno dei miei buoni amici, che secondo le leggi, doveva essere punito di morte; io mi trovavo molto imbarazzato, poiché bisognava o violare la legge o far morire l’amico: dopo avervi ben riflettuto trovai questo espediente: esposi con tanta accortezza tutte le migliori ragioni dell’accusato, che i miei colleghi non fecero difficoltà ad assolverlo, ed io lo avevo condannato a morte senza dir loro nulla. Ho soddisfatto ai doveri di giudice e di amico; nulladimeno sento qualche cosa nella mia coscienza che mi fa dubitare se il mio consiglio non fosse condannabile”. Pittaco è qui raffigurato contro un simile sfondo paesaggistico, seduto su di un basamento dal quale si erge una piccola piramide.
E
A partire dall’impresa di far lega con il fratello di Alceo contro il tiranno Melancro che gli fece guadagnare il potere dell’isola di Lesbo, fu sempre considerato soldato coraggioso e gran capitano, qualità cui sembrano alludere i fatti luttuosi che si snodano sullo sfondo e i due putti che recano una corona di alloro e un fascio littorio fatto di verghe legate assieme da nastri di cuoio rossi (i fasces, appunto), simboleggianti sovranità e unione, e recante infissa un’ascia, a richiamare il potere di vita e di morte. La quarta teletta reca l’effige di Solone, che avendo suo padre sperperato tutto il patrimonio, fu costretto a diventare mercante prima di dedicarsi alla filosofia in età avanzata. E’ ritratto mentre indica, sullo sfondo, entro un’esedra di un fastoso palazzo, la scena che lo ritrae alla corte di Creso, re di Lidia; il sovrano, circondato da ogni sorta di ricchezza, gli mostrò i suoi tesori e gli chiese se avesse mai visto qualcuno più felice. Sì, gli rispose Solone: Tello, cittadino di Atene che visse da uomo dabbene, lasciò due figli molto stimati, con una sostanza proporzionata alla loro sussistenza ed ebbe la felicità di morire con le armi in mano combattendo per la sua patria. Gli ateniesi gli anno reso grandi onori, più che a un re.
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Proverbiale è anche la saggezza e l’acume di Cleobulo che qui regge il caduceo, simbolo di eloquenza e ragione. A queste doti sembrano rimandare anche i due putti recanti libri e gli oggetti posati sul basamento. In gioventù aveva viaggiato in Egitto, ove apprese la filosofia e acquisì grande fama per la facilità con cui era solito risolvere gli enigmi, qualità che tramandò alla dotta figlia Cleobulina. Biante, che aveva impiegato i suoi talenti per difendere ed aiutare i poveri e gli afflitti, reputava superflue le ricchezze materiali, cui allude lo scrigno pieno di gioie conteso dai due putti. Trovatosi a Priene, sua città natale, quando questa fu saccheggiata (la si vede data alle fiamme sullo sfondo della rappresentazione), vide che tutti i cittadini portavano via quello che potevano e qualcuno gli chiese perché non faceva la stessa cosa. Egli rispose: “io lo sto facendo: omnia bona mea mecum porto”. Infine, a concludere la serie è Talete che, dopo l’attività di magistrato, viaggiò nella Fenicia e in Egitto; soggiornando poi a Menfi si perfezionò nello studio della geometria e dell’astronomia, come allude il globo terrestre alle sue spalle. I due putti con una bacinella d’acqua e la veduta lacustre sullo sfondo sembrano alludere alla sua
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convinzione che l’acqua sia il principio di ogni cosa. La terra era da lui considerata acqua condensata e l’aria acqua rarefatta; ammetteva che tutte le cose perpetuamente cambiassero stato ma che, in ultima istanza, si sciogliessero in acqua. Per la cifra stilistica e per il gusto decorativo che la connota, la serie di dipinti proposta può essere avvicinata alla produzione del napoletano Fedele Fischetti, collaboratore di Bonito presso la Manifattura di Gobelins e soprattutto disegnatore e pittore di scene mitologiche, composizioni sacre e soggetti allegorici (come quelli per Casa Mariano Carelli) che gli vennero commissionati per diverse chiese del Napoletano e da illustri esponenti della corte reale.
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239 CLAUDIO FRANCESCO BEAUMONT Moncalieri 1694 – Torino 1766
Allegoria delle arti olio su tela, cm 194x174,5 € 35.000-40.000
Il dipinto qui presentato ritrae l’Allegoria delle arti come una giovane donna assisa a rimirare un taccuino, allusione all’arte del disegno e della pittura, mentre alle sue spalle un amorino sostiene una sculturina raffigurante la dea Minerva, protettrice delle istituzioni, delle scienze e delle arti. Esiste un modelletto recentemente passato in asta da Sotheby’s (Milano, 28 novembre 2006, l. 339, cm 85,2x69) ed un bozzetto per la sola testa della figura femminile (olio su carta riportata su tela) venduto dalla stessa casa d’aste come opera di scuola bolognese del ‘700 (Sotheby’s Londra, 23 Aprile 1998, l. 197). Una seconda versione di maggiori dimensioni (cm 201x136) si conservava presso la galleria Enrico Lumina a Bergamo (1999). Si tratta con ogni evidenza di un’opera del pittore Claudio Beaumont, al quale riconduce la cifra stilistica infarcita di classicismo. Per lui furono infatti fondamentali i viaggi a Bologna (1716) dove si avvicina ai Carracci, e a Roma, città in cui conosce Trevisani e viene a conoscenza dei codici elaborati dell’Accademia dell’Arcadia. Protetto fin da giovanissimo dalla corte sabauda, dalla quale già dal 1719 riceve importanti commissioni per il Palazzo Reale torinese, dopo essere stato nominato membro della confraternita di San Luca, si trasferisce a Roma dal 1723 al ’31, entrando a far parte dell’Accademia di Francia. In questi anni inizia la carriera di creatore di bozzetti per la tessitura delle tele auliche dell’arazzeria torinese e lavora per i sovrani sabaudi sia presso il succitato palazzo e il Castello di Rivoli, sia realizzando alcune tele dal gusto marattesco non senza spunti dal Conca, dal Brandi e da Trevisani. Alla fine del quarto decennio del secolo, all’incirca in concomitanza con il passaggio alla direzione della Scuola di Disegno per pittori, scultori e tappezzieri appena istituita nel palazzo dell’Università a Torino, risalgono alcune importanti opere della produzione a carattere profano del pittore; fra queste, a cui va associata anche la nostra tela, gioverà ricordare il Giudizio di Paride del soffitto del gabinetto cinese juvarriano di Palazzo Reale e la prima parte della decorazione della Galleria del Beaumont, oggi parte dell’Armeria Reale.
240 BONAVENTURA BETTERA Bergamo 1663 – notizie fino al 1718
Natura morta di strumenti musicali olio su tela, cm 75x83,5 € 8.000-10.000
La natura morta in esame raffigura una bella composizione con violino sul primo piano, chitarra, due liuti attiorbati, una pesca e alcuni spartiti musicali, tutti disposti su due livelli del nudo terreno ricoperto di prato. L’opera sembra riconducibile a Bonaventura Bettera, figlio di Bartolomeo, per il deciso schiarirsi e raffreddarsi delle tonalità cromatiche rispetto ai lavori del padre, e dal confronto con alcune delle sue migliori opere come quella proveniente da Palazzo Passi, oggi Pesenti, di Bergamo, firmata e datata dall’autore nel 1718 e ora in collezione privata a La Spezia e l’altra già in palazzo Greppi a Milano. Evidentemente esemplata sui modelli paterni, la tela ricalca
forme ampiamente consolidate e di complessa orchestrazione ma vede il pittore declinare alla moda fastosa e scenografica del Settecento attraverso un maturato registro luminoso e l’adozione di toni pastello, nonché tramite il reinventare lo spazio di fondo che, in questo caso, è di carattere naturalistico.
241 PITTORE DELLA CERCHIA DI FELICE BOSELLI Lombardia, metà del XVIII secolo
Natura morta di cacciagione con uccelli olio su tela, cm 75x62 € 3.000-4.000
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242 PITTORE DELLA CERCHIA DI FELICE BOSELLI Lombardia, metà del XVIII secolo
Natura morta di cacciagione con uccelli e lepre in un paesaggio olio su tela, cm 91x72 € 3.000-4.000
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243 EVARISTO BASCHENIS (attr.) Bergamo 1617 – 1677
Natura morta con cacciagione, una cassina e utensili da cucina olio su tela, cm 71,5x93 € 3.000-4.000
244 PITTORE DEL XVIII SECOLO Natura morta di cacciagione con pappagallo
245 PITTORE ATTIVO NEL CENTRO ITALIA NEL XVII SECOLO Tre coturnici
tempera su carta applicata su tela, cm 38,5x50 € 6.000-8.000
La teletta di genere proposta, già esposta alla mostra I piaceri della vita in campagna di Ariccia, ritrae tre coturnici, grandi uccelli bluastri nella parte superiore del corpo e sul petto, bianchi nella gola con una striscia nera che vi estende dalla fronte, le ali sui toni del bruno tendenti al rosso e bordate di nero, con angoli giallastri, e becco rosso, come il piede. Ascrivibile alla cultura figurativa dell’Italia centrale, l’opera appartiene al genere di animali ‘animati’ che, assieme alle nature morte, tanta fortuna incontrò a partire dal XVII secolo in Italia centro-settentrionale. Il genere ‘animalista’, con animali ripresi, come in questo caso, nel loro ambiente naturale, indagati nei loro comportamenti abituali attraverso lo studio attento delle posizioni e delle reazioni, fa sì che i tre pennuti siano ritratti appollaiati, come d’abitudine, sui rami di un albero.
olio su tela, cm 75,5x57 € 2.000-3.000
Bibliografia: I piaceri della vita in campagna, catalogo della mostra di Ariccia, Roma 2000, fig. a p. 135
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246 PITTORE ATTIVO NEL NORD ITALIA NEL XVII SECOLO Due beccacce
olio su tela, cm 44x35,5 € 5.000-6.000
La teletta di genere proposta, esposta di recente alla mostra I piaceri della vita in campagna di Ariccia, ritrae due beccacce, uccelli di passo invernale diffusi in Europa e Asia centro-settentrionale che d’inverno migrano nell’Europa meridionale, in India ed in Cina. Appese per una cordicella ad un chiodo fissato al muro, pendono esanimi con il caratteristico piumaggio color foglia morta, con barre trasversali nere sul capo e sul collo, il lungo becco, robusto e arrotondato all’estremità, e le zampe piuttosto corte e ricoperte di piumaggio sino al calcagno. La cifra stilistica e la grande fortuna che il genere ‘animalista’ ebbe nel nord Italia, farebbero pensare ad un pittore attivo nel settentrione nel corso del Seicento. Bibliografia: I piaceri della vita in campagna, catalogo della mostra di Ariccia, Roma 2000, fig. a p. 106
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247 LUCA CAMBIASO Moneglia 1527 – Madrid 1585
Amore e Psiche
olio su tela, cm 213,5x156 € 80.000-120.000
La tela in esame raffigura, in una bellissima ambientazione notturna, la favola narrata da Lucio Apuleio (Metamorfosi o l’asino d’oro, libri IV-VI) relativa alle vicende di Cupido e Psiche, fanciulla tanto bella da suscitare l’invidia di Venere. Cupido le era stato inviato dalla madre con il compito di farla innamorare di un essere insignificante ma egli, invece, si invaghì di lei. La fece condurre nel proprio palazzo dove si recava a visitarla solo dopo che era calata l’oscurità, imponendole di non posare mai lo sguardo su di lui. Incuriosita e intimorita dal misterioso aspetto del suo amante, una notte ella prese una lampada e lo guardò mentre dormiva ma distrattamente lasciò cadere una goccia d’olio che lo destò. Cupido, infuriato, abbandonò Psiche e il suo palazzo ed ella fu costretta a vagare per tutta la terra in cerca di lui finché Giove, commosso dalle implorazioni dello stesso Cupido, non la fece riportare in cielo da Mercurio per darla in sposa al dio dell’Amore. L’autore di questa intensa immagine va riconosciuto in Luca Cambiaso, pittore ligure attivo a Genova e in Spagna all’Escorial. Dopo aver aderito, sulla scia del padre pittore, al gigantismo del Pordenone, acquisì, mediante la collaborazione col Castello, una vasta cultura aperta alle influenze venete e correggesche. Non aderì mai pienamente alla coeva corrente manierista ma, come anche si evince chiaramente dalla nostra tela, volle far rivivere una sorta di neorinascimento caratterizzato essenzialmente da plasticità di forme e vigoria di lumi nel chiaroscuro morbido ed opalescente. L’opera va assimilata alla produzione profana del Cambiaso a cui appartengono capolavori come Diana e Atteone di collezione privata genovese con la replica autografa di Palazzo Bianco, Venere sul mare e Venere e Adone della Galleria Borghese, Io e Argo e Venere e Adone di collezione privata genovese. Sebbene l’impronta tizianesca e veronesiana non sia ancora così determinate come nelle opere suddette realizzate in un torno di anni fra 1550 e il 1565, alle divinità femminili menzionate si assimila comunque la nostra Psiche, dal nudo caratterizzato da un senso sodo e composto dei volumi. Tipica è la compattezza delle forme volumetricamente squadrate in ideali parallelepipedi, sì che le composizioni si impostino salde e vigorose. Ogni movimento delle figure è sottoposto all’intervento della luce, livida e netta, creatrice di macchie chiarissime decisamente contrastanti con le ombre. Gli incarnati sono di una luminosità diafana, accentuata da studiatissimi effetti di luce artificiale che sembrano preludere il momento dei notturni degli anni Settanta, una sorta di anticipazione delle conquiste caravaggesche del secolo successivo.
248 GIAN DOMENICO CERRINI Perugia 1609 – Roma 1681
San Sebastiano
olio su tela, cm 152x114 € 25.000-30.000
Sebastiano, ufficiale della guardia pretoria al tempo di Diocleziano, condannato alla pena capitale per aver fatto professione di fede, è qui raffigurato legato ad un albero, appena dopo essere stato trafitto dalle frecce che hanno miracolosamente risparmiato i suoi organi vitali. La tela è agevolmente riferibile al catalogo di Gian Domenico Cerrini, noto anche come ‘Cavalier Perugino’, pittore che, educatosi, secondo Lione Pascoli (1736), nella bottega romana di Guido Reni, sembra accogliere significative suggestioni che spaziano anche dallo Scaramuccia al Roncalli, dal Lanfranco al Guercino, dal Domenichino al Sacchi. Dosando con intelligenza queste diverse influenze, Cerrini mette a punto uno stile assai originale che, come ha osservato Hermann Voss, lo studioso al quale si deve la “moderna” riscoperta del pittore (1924), “è facilmente riconoscibile per i contorni ondulati, piuttosto morbidi, nei quali egli inserisce campi di colore chiaro e lattiginoso (molto caratteristico è il suo rosa)”. La giovane figura del santo, slanciata e ben tornita, lievemente inarcata, si staglia, investita pienamente dalla luce, sul fondo di una tavolozza fosca, dai toni romantici e dalle vibrazioni coloristiche cerulee di grande suggestione, di stretta derivazione guercinesca e lanfranchiana. Con pennellate morbide e dense l’artista definisce i contorni, adottando spunti dalle correnti classicistiche, principalmente dal Reni (si veda, ad esempio, il San Sebastiano di Palazzo Rosso a Genova), per le tonalità livide e nella posa elegante e statuaria. A sostegno dell’attribuzione soccorre la tipologia del santo, effettivamente affine nei tratti fisionomici e stilistici al David con la testa di Golia della Galleria Spada di Roma e al San Sebastiano della Galleria Colonna, opera quest’ultima databile intorno al 1650. E’ facile infatti notare le affinità del volto del nostro san Sebastiano, leggermente reclinato sulla spalla, con quello dell’analogo soggetto romano e con quello del Davide vincitore, ugualmente connotati dai languidi occhi rivolti al cielo, nonché dal medesimo equilibrio compositivo e dai valori chiaroscurali morbidi e trasparenti. Lo stesso soggetto fu trattato dal pittore perugino nell’antecedente dipinto di analogo soggetto del Musée d’Art et d’Histoire di Ginevra ove, allo stesso modo della tela della Galleria Colonna, il santo martire è soccorso e curato dalle pie donne. Qui il giovane artista continua a dialogare con la cultura manieristica senza farsi condizionare, come nel caso della nostra tela, dal classicismo bolognese.
249 LUCA GIORDANO Napoli 1634 – 1705
Ercole e Onfale
olio su tela, cm 151X202 € 50.000-60.000
Si tratta con ogni probabilità di una replica autografa del noto dipinto di Luca Giordano conservato nel Museo di Palazzo Reale a Napoli. Vi è raffigurato il mito narrato da Apollodoro secondo cui Ercole, per aver ucciso l’amico Ifito in un eccesso di follia, fu venduto come schiavo a Onfale, regina di Libia che aveva il diritto di tenerlo per tre anni e che ne fece il suo amante. Vivendo accanto ad Onfale, Ercole divenne effeminato, cominciò a vestirsi e a ornarsi come una donna e si diede a filare. In questo caso, infatti, l’eroe siede sulla pelle di leone accanto alla regina e, scambiandosi gli attributi, ha in mano il fuso mentre Onfale regge la clava. Il trattamento di questo tema da parte del pittore ricorre nella tela già in collezione Petrosini a Roma dal 1684 (Sotheby’s, New York, 24 gennaio 2008), di più complessa costruzione scenica. Come in questo caso, ci si trova di fronte al risultato della personale sintesi di Luca Giordano delle maniere dei maestri veneziani, soprattutto del Tiziano. Oltre alle suggestioni derivatigli dalle realizzazioni classicistiche dei Carracci e del Maratta conosciute a Roma, il pittore si avvale, infatti, del vivace e luminosissimo colorismo di derivazione veneta, caratteristico della sua pittura a partire dal giovanile primo soggiorno del pittore napoletano tra le lagune.
250 GREGORIO PRETI
Taverna, Catanzaro 1603 – Roma 1672
e MATTIA PRETI
Taverna, Catanzaro 1613 – La Valletta, Malta 1699
Resurrezione di Lazzaro olio su tela, cm 148,5x298 € 140.000-180.000
L’importante dipinto presentato, che nel tema riprende uno degli episodi più significativi della vita di Gesù narrato dalle Sacre Scritture (Gv 11, 1-44), potrebbe essere identificato con il quadro di analogo soggetto custodito nel palazzo del marchese Filippo Nari, sito nel quartiere di Sant’Eustachio a Roma e citato nell’inventario del 1697: “un quadro di N.S. e Lazzaro, resuscitato […che…] si dice di Gregorio calabrese”. Anche sulla base di questo documento, l’opera fu riferita da John Spike, nel volume realizzato in concomitanza della mostra del 2003 organizzata nell’ambito degli eventi celebrativi per il IV centenario della nascita di Gregorio nel Museo Civico della città natale del pittore, al maggiore dei fratelli Preti. Tale attribuzione venne sostenuta anche da Giovanna Aita nel catalogo dell’esposizione tenutasi di lì a poco a Cosenza e curata da Rossella Vodret; nello specifico, datando l’opera non oltre la metà degli anni Cinquanta, si notano, per quello che riguarda le tipologie facciali, alcune somiglianze con opere certe di Gregorio che qui, seppure memore di alcune evoluzioni stilistiche e compositive del fratello, punta tutto sulle figure strutturalmente più contenute di quelle che Mattia aveva delineato nella tela di analogo soggetto della Galleria Nazionale d’Arte Antica a Roma, dove, viceversa, l’attenzione maggiore è focalizzata, più che sui singoli personaggi, sull’impianto compositivo generale. L’obbligato confronto con il più noto dipinto barberiniano ha invece portato Claudio Strinati (comunicazione scritta, 16 luglio 2002) a riferire l’opera in esame direttamente a Mattia, noto anche con l’appellativo di Cavalier Calabrese, verso la metà del sesto decennio del secolo, in un momento prossimo al Ritorno del figliol prodigo di Capodimonte, documentato con quasi assoluta certezza al 1656. A parere di Strinati, “qui si sente il Preti in magistrale equilibrio tra caravaggismo e classicismo: il miracolo, a differenza del quadro in Palazzo Barberini, è ormai avvenuto e gli astanti si dispongono intorno al corpo di Lazzaro nelle pose nobili e magniloquenti degli antichi oratori, ciascuno intento a cogliere e spiegare un aspetto dello sbalorditivo evento. La forte plasticità della luce, le ombre profonde che solcano le figure e, nel contempo, il nitore acutissimo della stesura, riportano verso la fase più epica del maestro culminante nel complesso intreccio delle mani dei personaggi nel centro della composizione, dal dito del Cristo alle mani oranti delle donne a quelle di Lazzaro stesso sciolto dai suoi legami”. In realtà, come giustamente notato da Maurizio Marini nell’ambito di un nuovo studio dedicato a Gregorio in occasione del IV centenario della nascita, riferire ‘in toto’ il dipinto all’uno o all’altro dei fratelli Preti può essere semplicistico visto che, come è noto, spesso lavorarono in fortunate imprese ‘familiari’. Basti ricordare, ad esempio, la collaborazione dei due in opere come il Martirio di san Lorenzo, già Roma, collezione privata, che dipana valenze morfologico-narrative affini a Mattia ma in cui la quasi totale stesura pittorica si deve a Gregorio e la cui trama visiva è costituita in controparte dal “focus” san Pietro-Lazzaro del nostro dipinto. In questo caso sembra più probabile che tutta la composizione della tela proposta in questa sede possa dipendere da disegni di Mattia, che ne ha studiato la costruzione affollata per piani, con le mezze figure di spalle in funzione di quinte sceniche e il fulcro centrale nella figura
distesa, frequentemente utilizzata nelle sue soluzioni iconografiche. Se a lui sembrerebbero accreditabili anche il Cristo e i comprimari alle sue spalle, nonché lo stesso risorto, a Gregorio è ascrivibile il contesto secondario, dunque le mezze figure ai lati e quelle in secondo piano, secondo un incastro tra esecuzione e committenza che, in questo caso, potrebbe essere sopraggiunta al minore dei due fratelli qui maggiormente attivo. Da notare la gestualità amplificata dei singoli personaggi di fronte al miracolo e disposti attorno al corpo di Lazzaro e alla figura di Cristo che gli fa assumere pose nobili e magniloquenti esaltate dal forte contrasto fra luce e ombra. L’intonazione cromatico-chiaroscurale, pur nell’osservanza di matrice caravaggesca, esprime un gusto accademico, venato dalla ‘manfrediana methodus’ ma nella particolare accezione francofona di un Valentin de Boulogne.
Provenienza: collezione Marchese Fabrizio Nari, Roma Galerie Charpentier, Parigi collezione F. Fiedlaender Bibliografia: M. Marini, “Gregorio del Prete”, pittore suo fratello “Mathiias”, dalla Calabria a Roma: tra Accademia e Natura, in Gregorio Preti, da Taverna a Roma (1603-1672), catalogo della mostra a cura di C. Carino, Reggio Calabria 2003, p. 72, cat. 54 G. Aita, in Gregorio Preti calabrese (103-1672). Un problema aperto, catalogo della mostra a cura di R. Vodret e G. Leone, Cinisello Balsamo 2004, cat. II.5 J. T. Spike, in Gregorio Preti. I dipinti, i documenti. Catalogo completo delle opere, Firenze 2003, p. 17, cat. 20
251 GEROLAMO BASSANO
Bassano del Grappa 1566 – Venezia 1621
La regina Caterina Cornaro riceve le chiavi di Asolo olio su tela, cm 100x202 € 60.000-80.000
Le vicende di Caterina Cornaro (o Corner; 1454 -1510) sono ben note: discendente di una famiglia veneziana di antichissima nobiltà, ella venne data in sposa a soli quattordici anni d’età a Giacomo II di Lusignano, re di Cipro e dell’Armenia, in un matrimonio che rivestiva grande importanza politica per Venezia: in caso di morte del re, infatti, la Serenissima avrebbe potuto avanzare fondate pretese sulla proprietà dell’isola, rafforzando così la propria influenza su un’area strategicamente assai importante per i commerci nel Mediterraneo orientale. Caterina raggiunse il marito a Famagosta solo nel 1472 e già l’anno successivo rimase vedova; superate alcune vicissitudini, dovute al tentativo degli spagnoli di impossessarsi dell’isola, e dopo la morte del figlioletto, Caterina regnò per alcuni anni su Cipro, godendo della protezione veneziana e abdicando in favore della Serenissima il 26 febbraio del 1489. Caterina fece così rientro a Venezia il 6 giugno di quell’anno, venendo accolta con tutti gli onori dal doge Agostino Barbarigo. Pur mantenendo il titolo e il rango di regina, venne nominata Domina Aceli (Signora di Asolo) e si ritirò a vivere con la sua numerosa corte dapprima nel Castello della cittadina trevigiana e poi nel Barco appositamente costruito a partire dal 1491; si spense il 10 luglio del 1510 a Venezia, dove aveva trovato rifugio di fronte all’avanzare delle truppe della Lega di Cambrai. Le vicende dell’abdicazione di Caterina e del suo ritorno a Venezia hanno dato spunto a numerosi dipinti, per lo più incentrati sul suo trionfale ritorno a Venezia o sulla sua vita nel trevigiano; assai raro invece il soggetto della tela che qui si presenta, che mostra il momento in cui, il 10 ottobre del 1489, la regina di Cipro, in viaggio verso Asolo accompagnata dalla sua corte, viene accolta da due ambasciatori, che le consegnano le chiavi della città. L’autore del dipinto, di chiara impronta bassanesca, va identificato con sicurezza nel figlio minore di Jacopo Da Ponte, Gerolamo, che fu, a differenza dei fratelli Francesco e Leandro, fedelissimo seguace della lezione paterna, contribuendo in maniera decisiva al protrarsi fin ben dentro al Seicento delle formule ideate dal celeberrimo padre. Il confronto con le sue opere concordemente accettate dalla critica – ad esempio, la pala con la Madonna e i santi Ermagora e Fortunato del Museo Civico di Bassano del Grappa – fornisce precisa conferma a questa assegnazione. Di notevole qualità l’amplissimo paesaggio che si dipana alle spalle del corteo disposto in primo piano, che mostra in lontananza, adagiata sui colli, la cittadina asolana.
252 ORAZIO FIDANI
Firenze 1610 c.a – dopo il 1656
San Girolamo penitente olio su tela, cm 61x44 € 15.000-20.000
Il bel dipinto presentato è aggiunta al catalogo del pittore Orazio Fidani. Allievo del Bilivert, altro fiorentino attivo a Roma e a Firenze, dal quale desunse il gusto per i soggetti di intima religiosità caratterizzati da tinte smorzate e calati in tenui penombre, il Fidani si orientò verso un naturalismo dai risvolti morbidi e romantici, non senza rapporti con il Furini, specie nello sfumato ed avvolgente chiaroscuro. La nostra tela, dalla cifra stilistica caratterizzata da vivacità e sveltezza di tocco e da una tavolozza calda che spazia dai toni brunoverdi di fondo, ai rosa degli incarnati al rosso acceso e cangiante del manto abbandonato a terra assieme al cappello cardinalizio, si pone infatti in linea con la produzione dei cosiddetti naturalisti toscani, ovvero quei pittori che a partire dagli anni Venti del Seicento - sino all’affermazione del barocco - trassero dal caravaggismo la lezione del ‘naturale’, nobilitandola sulla tradizione del disegno fiorentino.
Risultato di questo atteggiamento sono tele di vario soggetto che raffigurano, come in questo caso, personaggi inseriti in paesaggi caratterizzati da una natura sovrabbondante, ma sempre idealizza, come quella in cui è calato il nostro san Gerolamo. Il Dottore della Chiesa è colto nell’atto di battersi il petto con la pietra che stringe con la destra, il santo si inginocchia di fronte al crocifisso appoggiato alla roccia, poco distante dai volumi e dal calamaio che alludono alla sua revisione della Vulgata e ai suoi numerosi scritti esegetici. Come nel dipinto romano, in alto a sinistra, nel fascio di luce che investe la figura, compare la tromba con cui l’angelo dell’Apocalisse annuncia il Giudizio, stimolando così la riflessione sulla morte, momento di ricongiunzione con Dio cui rimanda, quale memento mori, anche il teschio che il vecchio penitente stringe a se con la sinistra. Si ringrazia il prof. Maurizio Marini per avere suggerito l’attribuzione.
253 FRANS DE VRIENDT detto FRANS FLORIS IL VECCHIO Anversa 1516 – 1570
Lot e le figlie
olio su tavola, cm 79x108 € 18.000-25.000
Questa bella tavola, incentrata sul tema biblico dell’amore incestuoso di Lot e delle sue figlie (Genesi, 19, 30-38), è riconducibile all’opera di Frans de Vriendt, più noto come Frans Floris il vecchio, una delle voci più alte della pittura cinquecentesca nei Paesi Bassi. Formatosi in una famiglia di scultori, nel 1538 Frans intraprende un viaggio a Roma, dove scopre il Rinascimento italiano rimanendo affascinato in modo particolare dalle opere di Andrea del Sarto e ove ebbe modo di conoscere l’arte di Michelangelo, che nel 1541 svela il Giudizio Universale della Sistina. Saranno queste le componenti fondamentali della sua opera, che lo porteranno a diffondere il gusto italianizzante nei Paesi Bassi, dove verrà chiamato impropriamente il ‘Raffaello fiammingo’, conquistando una fama che si trasmetterà fino in Spagna.
Nonostante molti dei suoi dipinti importanti siano stati distrutti a causa dei rivolgimenti religiosi del Cinquecento, quanto rimane della sua produzione pittorica ne mostra lo stile libero e movimentato, in cui dolcezze memori di Andrea del Sarto si accompagnano ad originalità e autonomia d’ispirazione. E’ questo il caso anche del dipinto in esame raffigurante Lot e le figlie, in cui Floris compendia sapientemente i successivi momenti della storia, dallo sfondo con l’incendio di Sodoma e la moglie di Lot tramutata in statua di sale, al primo piano, in cui la suadente e sensuale figura della bella figlia seduttrice, di evidente matrice italiana, contrasta in modo suggestivo con quella più rigida e angolosa, più segnatamente nordica, del vecchio padre sedotto.
254 ELIO ORSI
Novellara, Reggio Emilia 1508 (?) – 1587
Deposizione nel sepolcro olio su tavola, cm 72x55,7 € 20.000-30.000
La bella tavola presentata è ascrivibile al catalogo del pittore Elio Orsi, uno dei più singolari e fantasiosi protagonisti del manierismo emiliano. La sua articolata cultura pittorica risulta strettamente legata alla conoscenza del modo di Correggio e del Parmigianino, oltre che dell’ambiente artistico mantovano rinnovato dalla presenza di Giulio Romano, e di quello michelangiolesco romano, che ebbe modo di conoscere in prima persona durante il soggiorno nella città dei papi fra il 1554 e il 1555. Raro esempio della sua limitata e preziosa produzione è questa piccola tavola raffigurante la deposizione del corpo di Cristo nel sepolcro da parte di Nicodemo che, per il fatto di sostenere a fatica il massiccio e pesante corpo esanime del Cristo adagiato sul sudario, senza l’aiuto di Giuseppe d’Arimatea, costituisce un’interpretazione assolutamente personale del tema. L’altissimo livello esecutivo e la qualità della pittura si esalta nell’acceso cromatismo che sfuma dai
bianchi e i grigi del lenzuolo e del perizoma del Redentore, al giallo oro e all’arancio delle vesti del soccorritore che richiama fortemente le imponenti figure barbute del Viaggio a Emmaus alla National Gallery di Londra o il vecchio Sant’Antonio del Paul Getty Museum di Los Angeles, dipinti ove ricorre quel particolare effetto di luminismo a “finta notte” che in questo caso fa riempire il cielo di bagliori rosati al di sotto dei nembi minacciosi. La posa manieristicamente dinamica di Nicodemo e l’uso del “contrapposto” per il Cristo conferiscono grande forza espressiva alle monumentali figure, ritagliate sul primo piano dalla luce che le investe sulla soglia del buio antro roccioso ove è albergato il sepolcro marmoreo, di gusto classico. Si ringrazia il prof. Maurizio Marini per aver confermato l’attribuzione.
255 TOMMASO ALENI DETTO IL FADINO (attr.) Attivo a Cremona agli inizi del XVI secolo
Adorazione del Bambino
tempera e oro su tavola, cm 29,5x32,5 € 8.000-10.000
La tavoletta presentata può essere ricondotta al pittore cremonese Tommaso Aleni, meglio noto come il Fadino, personalità sulla quale solo di recente si è fatta luce, distinguendola decisamente da quella del più modesto Galeazzo Campi, col quale spesso fu confuso (cfr. M. Tanzi, Risarcimento all’Aleni: verifiche in margine ad una mostra, in “Bollettino d’Arte”, LXXI, 37-38, pp. 75-94). Formatosi nel clima bramantinesco che anima la Cremona negli ultimi anni del Quattrocento, su cui si inseriscono cospicui spunti protoclassici di matrice peruginesca, il pittore si volge alla maniera di Boccaccio Beccaccino nella fase estrema della carriera, segnata dalla Madonna adorante il Bambino coi santi Antonio abate e Giovanni Battista del 1515, conservata nella Pinacoteca di Cremona. E’ con quest’ultima opera che sembrano più stringenti le affinità con la nostra tavoletta raffigurante l’Adorazione del Bambino da parte della Vergine, san Giuseppe e di un pastore che sopraggiunge sulla destra, oltre che dal
bue e dall’asino; in questi casi, infatti, più che nelle opere precedenti (Madonna col Bambino e sant’Antonio da Padova che presentano il Beato Amedeo, 1500, Cremona, Museo Civico; Polittico di San Giovanni in Croce; Polittico di Santa Maria Maddalena, 105 c.a; affreschi del refettorio e nel chiostro di San Sigismondo, 1508), sembra accentuato un classicismo quieto, misurato e per certi aspetti arcaizzante, desunto dal ferrarese Boccaccino.
256 MAESTRO DEL DOSSALE CORRER Attivo a Venezia all’inizio del XV secolo,
Madonna col Bambino
tempera e oro su tavola, cm 21,5x15,5 € 15.000-20.000
La tavoletta presentata raffigura la Vergine col Bambino secondo un impianto compositivo che segue lo schema della “Glycophilousa” (Madonna della tenerezza): la Madre stringe teneramente il piccolo Gesù che, aggrappato al manto rosso e carezzandole il volto, avvicina il suo viso a quello di Maria, quasi a volerla baciare. Per alcuni tipici aspetti fortemente espressivi, l’opera va riferita al Maestro del dossale Correr, un pittore tardogotico veneziano che crebbe nella stretta cerchia di Nicolò di Pietro e prende nome dal dossale conservato al Museo Correr di Venezia (inv. 382) raffigurante la Madonna del Latte tra storie della Vita di Cristo e vari santi (per la prima ricostruzione dell’anonimo: A. De Marchi, Uno sguardo su Venezia fra Tre e Quattrocento: il Maestro del Dossale Correr, in
“Civici Musei Veneziani d’Arte Storia. Bollettino”, n.s., XXXII, 1988, pp.5-16). Miklós Boskovits (Od Blaža Trogiranina do Lovre Kotoranina. Napomena o ranom quattrocentu u Dalmaciji, in Likovna kultura Dubrovnika 15 i 16 stoljeca, Zagreb 1991, pp.157 e 163-164) ha poi proposto l’identità di questo maestro con l’autore di una rovinata Madonna col Bambino del Museo d’arte sacra di Traù (Trogir), che reca la firma “Benedictus”. Potrebbe trattarsi del pittore Benedetto ricordato il 3 luglio 1400 come residente nel confinio di San Luca a Venezia.
257 PIETRO DI GALEOTTO (?) Perugia, prima del 1450 – 1483
San Rocco
tempera su tavola, cm 44x25 € 25.000-35.000
La piccola tavola raffigura san Rocco stante in un paesaggio che con la mano sinistra regge il bastone da pellegrino e con la destra scosta un lembo della veste per far vedere il bubbone della peste sulla coscia nuda. Come supposto da Alessandro Delpriori (comunicazione scritta), le dimensioni ridotte del supporto fanno pensare che il piccolo dipinto potesse in origine essere parte di un complesso di maggiori dimensioni e, ad esempio, poteva costituire una delle figure dei pilastrini laterali di una pala d’altare in pendant con san Sebastiano, altro santo antipestifero per eccellenza. Il piacevole brano paesaggistico alle spalle del santo, di nitidezza quasi fiamminga, sembra ricondurre al mondo figurativo umbro, “a metà tra il naturalismo entusiasta di Pintoricchio e la calma assolata di Perugino, con uno sguardo già alle prime prove del giovane Raffaello”. Il volto pieno del santo, tuttavia, caratterizzato in maniera netta dalla fronte alta e bombata, dall’incarnato levigato e dall’espressione corrucciata e triste ricordano la pittura lombarda tra Quattro e Cinquecento, caratterizzata dalla commistione anticlassica che tra Leonardo e lo stesso Perugino informava tutta una lunga serie di pittori, da Bramantino a Johannes Hispanus, fino ai veronesi Giovan Francesco Caroto e Domenico e Francesco Morone. Come nota Delpriori, è molto marcata la somiglianza fra il nostro san Rocco e il Cristo flagellato di un noto stendardo perugino conservato nell’oratorio di San Francesco e non a caso già riferito da Bellosi al Bramantino. Si tratta dell’unica opera finora nota di Pietro di Galeotto, allievo di Pietro della Francesca pagato per quel lavoro nel 1480. Sebbene di dimensioni maggiori e meno dimesso nei toni, a tratti quasi grotteschi nella definizione degli sgherri, esso mostra nel Cristo legato alla colonna tali analogie nei tratti fisionomici e la medesima “vena di rinascimento del nord Italia accostata alla grazia umbra” da far supporre il Galeotto autore anche della nostra tavola.
258 GIOVANNI MANSUETI
Venezia, attivo dal 1485 – morto tra 1526 e 1527
Madonna col Bambino tra una santa con donatrice e Sant’Andrea
olio su tavola, entro la cornice originale cm 80,5x93 (superficie dipinta cm 45,2x60,7) € 140.000-180.000
Questa tavola, già riferita ad Alvise Vivarini, va ricondotta, come ci suggerisce il prof. Andrea De Marchi, al catalogo del pittore veneziano Giovanni Mansueti, ad una data prossima al 1490. Palmare è il confronto con la Natività di Cristo firmata dall’artista, che si trovava nella chiesa di San Salvatore nel Castello di Collalto, distrutta durante la prima guerra mondiale, nel 1917 (riprodotta in B. Berenson, Italian Picitures of the Renaissance. Venetian School, London 1957, tav. 366): identica è la struttura del volto della Madonna, analoghi i gesti delicati ed esitanti, ben paragonabili i visi di san Giuseppe di Collalto e di sant’Andrea. Tipico del Mansueti è inoltre l’andamento minutamente franto delle pieghe di panneggio. Degna di nota è la particolare iconografia, per cui la santa abbraccia la donatrice da lei presentata alla Madonna col Bambino. Giovanni Mansueti fu allievo di Gentile Bellini, come si dichiarò nella firma di una delle tele per la Scuola di San Giovanni Evangelista. Nel solco del maestro si cimentò in affollate scene narrative nell’ambito dei cicli di teleri cui collaborò tra la fine del Quattrocento e i primi decenni del Cinquecento (Miracoli della vera Croce per la Scuola di San Giovanni evangelista; Vita di San Marco per la Scuola di San Marco, ecc.). Questo dipinto va riferito alla prima fase dell’artista, quando non mancarono probabilmente significative tangenze, nell’accentuata geometrizzazione dei modelli belliniani, con due i pittori di Parma formatisi a Venezia tra 1490 e 1495, Filippo Mazzola e Cristoforo Caselli.
INDICE ARTISTI
A ALENI TOMMASO DETTO IL FADINO ANGELI GIUSEPPE
255 235
B BASCHENIS EVARISTO BASSANO GEROLAMO BEAUMONT CLAUDIO FRANCECO BETTERA BONAVENTURA BISON GIUSEPPE BERNARDINO
243 251 239 240 231, 232
PITTORE DEL XVII SECOLO 221 PITTORE DEL XVIII SECOLO 219, 222, 223, 244 PITTORE DELLA CERCHIA DI FEDELE FISCHIETTI 238 PITTORE DELLA CERCHIA DI FELICE BOSELLI 241, 242 PITTORE FIAMMINGO DELLA FINE DEL XVIII SECOLO 220 PITTORE FRANCESE DELLA FINE DEL XVIII SECOLO 217 PITTORE GENOVESE DEGLI INIZI DEL XVII SECOLO 225 PITTORE INGLESE DEGLI INIZI DEL XIX SECOLO 224 PITTORE NAPOLETANO DEL XIX SECOLO 197, 198, 199 PITTORE VENETO DEL XVIII SECOLO 218, 228 PRETI GREGORIO 250 R
C RAGIONE RAFFAELE CAMBIASO LUCA CARLEVARIJS LUCA CARLIERI ALBERTO CASCIARO GIUSEPPE CECIONI ADRIANO CERRINI GIAN DOMENICO CIGNAROLI GIAMBETTINO
247 233 237 203, 206, 207 214 248 234
201
S SARTORELLI FRANCESCO SCATTOLA FERRUCCIO SELVA EUGENIO
211 209 212
V D DE COEN LEOPOLD DE CORSI NICOLAS DE VRIENDT FRANS DI CAPRI CARMELINA
227 202, 205 253 196
E EISMANN JOHANN ANTON ERRICO PLACIDO
VERTUNNI ACHILLE VETTURALI GAETANO VIZZOTTO ALBERTI GIUSEPPE W WHITE VALENTINO
229 200
FERRONI EGISTO FIDANI ORAZIO
215 252
G GAZZEI EMILIO GIORDANO LUCA GUARDI FRANCESCO
213 249 230
M MAESTRO DEL DOSSALE CORRER MANSUETI GIOVANNI
256 258
O ORSI ELIO
254
P PIETRO DI GALEOTTO PITTORE ATTIVO NEL NORD ITALIA NEL XVII SECOLO PITTORE BAMBOCCIANTE DEL XVII SECOLO PITTORE DEL XIX SECOLO
257 245, 246 216 226
195
Z ZENO EUGENIO
F
204 236 210
208
CONDIZIONI GENERALI DI VENDITA
INFORMAZIONI GENERALI PER I POTENZIALI ACQUIRENTI E PER I MANDANTI-VENDITORI
1.
In una fase precedente l’asta, la San Marco Casa d’Aste SpA provvederà all’esposizione delle opere, durante la quale il direttore della vendita, o banditore, ed i suoi incaricati saranno a disposizione per ogni chiarimento; l’esposizione ha lo scopo di far bene esaminare lo stato di conservazione e la qualità degli oggetti e chiarire eventuali errori ed inesattezze in cui si fosse incorsi nella compilazione del catalogo, la cui contestazione dovrà essere formulata, a pena di decadenza, nei confronti di San Marco Casa d’Aste SpA prima dell’aggiudicazione.
2.
I lotti sono venduti nelle “condizioni in cui si trovano” ivi compresi difetti ed imperfezioni presenti al momento dell’aggiudicazione.
3.
La preventiva registrazione è condizione necessaria per la partecipazione alla procedura di vendita mediante asta (vedi “informazioni generali per i potenziali acquirenti”).
4.
La vendita dei lotti si conclude in favore del soggetto che presenterà l’offerta più alta accettata dal Direttore di vendita, o banditore. Il colpo di martello del direttore di vendita o banditore determina l’accettazione dell’offerta.
OPERAZIONE DI REGISTRAZIONE ED USO DELLE PALETTE PER LE OFFERTE Compilando e sottoscrivendo il modulo di registrazione e di attribuzione di una paletta numerata, l’acquirente accetta le “condizioni generali di vendita” stampate in questo catalogo. Tutti i potenziali acquirenti devono munirsi di una paletta per le offerte prima che inizi la procedura di vendita. È possibile pre-registrarsi durante l’esposizione. Nel caso l’acquirente agisca come rappresentante di una terza persona, si richiede una autorizzazione scritta. Tutti i potenziali acquirenti devono portare con sé un valido documento d’identità ai fini di consentire la registrazione. Le palette numerate possono essere utilizzate per indicare le offerte al Direttore di vendita o banditore durante l’asta. Tutti i lotti venduti saranno fatturati al nome e all’indirizzo comunicato al momento dell’assegnazione delle palette d’offerta numerate. Al termine dell’asta l’acquirente è tenuto a restituire la paletta al banco registrazioni. Ogni cliente è responsabile dell’uso del numero di paletta a lui attribuito. La paletta non è cedibile e va restituita alla fine dell’asta. In caso di smarrimento è necessario informare immediatamente l’assistente del Direttore di vendita o banditore. Questo sistema non vale per chi partecipa all’asta tramite proposta scritta.
5.
6. 7.
8. 9.
Il Direttore della vendita o banditore può accettare commissioni d’acquisto, a prezzi stabiliti, su preciso mandato. L’offerta effettuata in sala e durante l’asta prevale sempre sulla commissione d’acquisto. Durante l’asta, il Direttore della vendita, o banditore, ha la facoltà di variare l’ordine di vendita ivi compresa la possibilità di abbinare, separare, ritirare un lotto dall’asta. Il Direttore della vendita o banditore può adottare qualsiasi provvedimento che ritenga adatto alle circostanze, può accettare commissioni telefoniche e autorizzare connessioni in audio e videoconferenza finalizzate alla partecipazione all’asta. Gli oggetti saranno aggiudicati esclusivamente dal Direttore della vendita, o banditore, e l’acquirente è tenuto ad effettuarne il pagamento secondo le modalità prescritte dall’art. 7. Si precisa che le vendite si intendono immediatamente regolate per cassa. L’acquirente è tenuto a pagare in ogni caso, oltre al prezzo di aggiudicazione, la commissione d’acquisto pari al 25% fino a 250.000, e al 18,5% sul prezzo di aggiudicazione eccedente tale importo, comprensivo dell’iva prevista dalla normativa vigente. In conformità a quanto previsto dal d.l. 25/06/2008, n. 112, art. 32, la San Marco Casa d’Aste SpA non accetta il pagamento in contanti per importi superiori ad 12.500. La San Marco Casa d’Aste SpA è tenuta, altresì, a richiedere ai propri clienti l’esibizione di un documento di identità e la conferma del domicilio. I lotti venduti devono essere tempestivamente ritirati dall’acquirente a sua cura e rischio previo pagamento da effettuarsi secondo le predette modalità. Scaduto il termine previsto, la San Marco Casa d’Aste SpA addebiterà tutti i diritti di custodia e il rimborso delle spese di assicurazione maturati fino al momento del ritiro. La San Marco Casa d’Aste SpA agisce in qualità di mandataria con rappresentanza dei proprietari delle opere poste in vendita; pertanto, non acquista diritti né assume obblighi in proprio ad eccezione dei casi in cui è proprietaria di un lotto. Ogni responsabilità ex artt. 1476 ss. cod. civ. continua a gravare in capo ai proprietari delle opere.
10. Le opere presenti nel catalogo hanno schede dettagliate che ne descrivono l’autenticità e l’attribuzione. Si precisa che ogni singola scheda costituisce esclusivamente espressione di un’opinione critica. Le opere infatti possono essere sempre esaminate dal pubblico durante l’esposizione che precede l’asta. Per i dipinti antichi e del XIX secolo, si certifica l’epoca in cui l’autore attribuitoè vissuto e la scuola cui esso appartiene. I dipinti presentati nei cataloghi di arte moderna e contemporanea sono, solitamente, accompagnati da certificati di autenticità, indicati nelle relative schede. Nessun altro diverso certificato, perizia o opinione, richiesti o presentati a vendita avvenuta, potrà essere fatto valere quale motivo di contestazione alla San Marco Casa d’Aste SpA dell’autenticità di tali opere. 11.
Gli eventuali reclami potranno essere presi in considerazione solo se comunicati in forma scritta e mezzo raccomandata a/r alla San Marco Casa d’Aste SpA entro e non oltre 15 (quindici) giorni dalla data del ritiro del bene acquistato. La fondatezza di un reclamo, tempestivamente proposto, sarà valutata in contraddittorio fra un studioso o esperto indipendente nominato dalla casa d’aste e uno studioso o esperto indipendente e di pari qualifica indicato dall’acquirente.
12.
Un reclamo riconosciuto fondato comporta il semplice rimborso della somma effettivamente pagata, a fronte della restituzione dell’opera e sempre che l’acquirente sia in grado di riconsegnare alla San Marco Casa d’Aste SpA il lotto libero da rivendicazioni o da ogni pretesa da parte di terzi e il lotto sia nelle stesse condizioni in cui si trovava alla data della vendita.
13.
La San Marco Casa d’Aste SpA provvede ad indicare nel catalogo le opere dichiarate di importante interesse storico ed artistico ai sensi dell’art. 6 d.l. 29/10/99 n. 490. Su queste opere lo Stato può esercitare il diritto di prelazione; la vendita, pertanto, avrà efficacia solo dopo che sia trascorso il termine di legge per l’esercizio del diritto di prelazione. Nel caso in cui lo Stato eserciti il diritto di prelazione, l’aggiudicatario avrà diritto al rimborso delle somme eventualmente già pagate.
14.
Tutte le opere databili ad oltre cinquanta anni sono soggette alle relative norme di tutela. In particolare, non possono essere trasportate fuori dal territorio italiano senza avere ottenuto il certificato di libera circolazione da parte della competente autorità. Si precisa che il costo del rilascio degli attestati di libera circolazione e/o licenza di esportazione è a carico dell’acquirente. Il ritardo nel rilascio di una qualsiasi licenza non costituisce una causa di risoluzione, di annullamento e nullità della vendita, né giustifica il ritardato pagamento da parte dell’acquirente. La San Marco Casa d’Aste SpA dà l’opportunità a tutti i clienti stranieri di pagare e ritirare i beni presentati nel catalogo a condizione che questi ottengano il permesso di esportazione. Nel caso lo Stato italiano ponga il veto all’esportazione la vendita sarà ritenuta nulla.
15. DIRITTO DI SEGUITO Il 9 aprile 2006 è entrato in vigore il Decreto Legislativo 13 febbraio 2006 n. 118 che, in attuazione della Direttiva 2001/84/CE, ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano il diritto degli autori di opere d’arte e di manoscritti, ed ai loro aventi causa, ad un compenso sul prezzo di ogni vendita dell’originale successiva alla prima (c.d. “diritto di seguito”).
Il diritto di seguito è dovuto solo se il prezzo della vendita non è inferiore a 3.000,00 Euro. Esso è così determinato: a) 4% per la parte del prezzo di vendita compresa tra 3.000,00 e 50.000,00 b) 3% per la parte del prezzo di vendita compresa tra 50.000,01 e 200.000,00 c) 1% per la parte del prezzo di vendita compresa tra 200.000,01 e 350.000,00 d) 0,5% per la parte del prezzo di vendita compresa tra 350.000,01 e 500.000,00 e) 0,25% per la parte di vendita superiore a 500.000,00
L’acquirente si impegna a pagare oltre al prezzo di aggiudicazione e alle commissioni d’acquisto il diritto di seguito nella percentuale sopra indicata. L’importo totale per il diritto di seguito non può essere comunque superiore a 12.500,00. San Marco Casa d’Aste Spa, in quanto casa d’aste, è tenuta a versare il diritto di seguito alla Società Italiana degli Autori ed Editori (SIAE).
16. Tutte le presenti condizioni generali di vendita vengono accettate tacitamente da tutti i soggetti partecipanti alla procedura di vendita all’asta. 17. Si precisa che le presenti condizioni di vendita ed il contratto sono disciplinati dalla legge italiana. Per tutte le controversie che dovessero sorgere per l’esecuzione e l’interpretazione relative alle presenti condizioni generali di vendita e al contratto è stabilita la competenza esclusiva del foro di Venezia. 18.
Il soggetto acquirente dichiara di prestare il proprio espresso consenso ai sensi dell’art. 23 d.lgs. 30.06.2003 n. 196 alla trasmissione dei propri dati personali e dichiara, altresì, di aver ricevuto l’informativa di cui all’art. 13 d.lgs. 30.06.2003 n. 196.
SIGNIFICATO DELLE ESPRESSIONI PREZZI DI STIMA, PREZZI BASE D’ASTA, PREZZI DI RISERVA E PREZZI DI AGGIUDICAZIONE PUBBLICATE NEL CATALOGO Nel catalogo vengono usate le seguenti espressioni: - Il “prezzo di stima”: in tutti cataloghi della San Marco Casa d’Aste Spa, in calce alle schede dell’opera presentata, è riportato in euro, è cioè la valutazione che gli esperti assegnano ad ogni lotto. - “a richiesta”: in alcuni lotti di particolare pregio ed importanza appare l’espressione “a richiesta”. In questo caso, gli eventuali acquirenti potranno contattare i nostri esperti per ottenere informazioni specifiche sull’oggetto ed indicazioni di stima. - “offerta libera” o “m.o.”: queste espressioni indicano che la base d’asta è libera. - “prezzo base d’asta”: si intende la cifra di partenza della gara, che coincide generalmente con la metà del prezzo massimo di stima. - “prezzo di riserva”: è un dato confidenziale ed è riferibile al prezzo minimo concordato dalla casa d’aste con il Direttore di vendita o banditore di sotto del quale il lotto non potrà essere venduto. È facoltà del Direttore di vendita o banditore variare la base d’asta, correggendo in questo modo l’eventuale imprecisione nella stesura delle valutazioni. - “prezzo di aggiudicazione”: è il prezzo al quale il lotto viene aggiudicato e sul quale saranno applicate le commissioni d’acquisto. INFORMAZIONI PER AGEVOLARE LA LETTURA DEL CATALOGO Le misure, qualora non venga specificato altrimenti, vanno considerate in quest’ordine: altezza, larghezza e profondità. Per i beni mobili, le dimensioni indicano l’ingombro massimo dell’oggetto. Nei dipinti la data che viene indicata tra parentesi è solo indicativa dell’epoca di esecuzione, quella senza parentesi risulta invece dal recto o dal verso del dipinto o da una dichiarazione scritta, comunque di mano dell’autore, come specificato nella scheda descrittiva dell’opera. Sotto la voce “provenienza” sono elencati i timbri e le etichette delle gallerie e delle collezioni applicati sul retro, nel caso dei dipinti, oppure le appartenenze in collezioni nel caso di arredi. L’abbreviazione “(s.c.)” indica le opere sprovviste di cornice. Si precisa che per quanto riguarda i gioielli, la caratura delle pietre indicata in catalogo, essendo stata eseguita la perizia su pietre montate, è suscettibile di piccole variazioni. MODALITÀ DI OFFERTA PER I SOGGETTI CHE NON POSSONO ESSERE PRESENTI ALLA VENDITA. PARTECIPAZIONE MEDIANTE TELEFONO Se l’acquirente non può partecipare all’asta di persona, può comunque partecipare telefonicamente. La San Marco Casa d’Aste Spa potrà effettuare collegamenti telefonici, nei limiti della disponibilità di linee, per lotti con valore di stima superiore ad euro 500. Al fine di assicurare il collegamento telefonico, si invita a prendere accordi con il personale della San Marco Casa d’Aste Spa almeno 8 ore prima dell’asta e a compilare il modulo predisposto per gli acquisti
su commissione da inviare per fax con i documenti richiesti in allegato (vedere “acquisti su commissione”). Il servizio è gratuito. L’acquirente può anche indicare il “limite massimo” di offerta, in modo tale che qualora sia impossibile raggiungerlo telefonicamente possa comunque partecipare all’asta. La sopradescritta modalità di partecipazione resta comunque a rischio dell’offerente, anche in ordine alle possibili problematiche tecniche ad essa connesse. COMMISSIONI D’ACQUISTO San Marco Casa d’Aste Spa può accettare “commissioni di acquisto” delle opere in vendita a prezzi determinati su preciso mandato. I lotti saranno sempre acquistati al prezzo più conveniente consentito da altre offerte sugli stessi lotti e dalle riserve degli stessi. In caso di offerte identiche, sarà data la precedenza a quella ricevuta per prima. Si invita gli acquirenti ad indicare sempre il limite massimo in quanto non si accettano ordini di acquisto con offerta illimitata. Gli ordini dettati telefonicamente sono accettati solo a rischio del mittente e devono essere confermati per lettera, fax o telegramma prima dell’asta. Le offerte devono pervenire almeno 10 ore prima dell’inizio dell’asta. Non si riterranno valide comunicazioni esclusivamente verbali, incomplete o tardive. IL PAGAMENTO Il pagamento dei lotti dovrà essere effettuato immediatamente dopo l’asta e comunque entro e non oltre sette giorni lavorativi dalla data stessa, rispettando le modalità previste nelle condizioni generali di vendita riportate nel catalogo. Le seguenti forme di pagamento potranno facilitare l’immediato ritiro di quanto acquistato: 1. contanti fino a 12.500,00; 2. assegno circolare; 3. assegno bancario di conto corrente. Si precisa che il pagamento a mezzo bonifico bancario ed assegno circolare o bancario deve essere specificatamente concordato prima dell’asta con la direzione amministrativa. Ad ogni modo, in caso di pagamento a mezzo assegno circolare e bancario, San Marco Casa d’Aste Spa si riserva la possibilità di consegnare il lotto solo dopo aver verificato presso l’istituto di emissione la disponibilità dei fondi. Le condizioni generali di vendita impongono agli acquirenti il pagamento immediato dei beni acquistati. San Marco Casa d’Aste Spa può consentire a sua discrezione pagamenti dilazionati, ove richiesti e concordati preventivamente almeno 7 giorni prima dell’inizio della vendita. INFORMAZIONI PER I MANDANTI-VENDITORI Chiunque desideri far valutare o includere nelle vendite oggetti d’antiquariato e da collezione, può mettersi in contatto con il nostro ufficio di Venezia corrente in Santa Croce 1681/A, tel. 041/2777981 fax 041/2770664. I critici ed esperti di cui si avvale la nostra società sono a disposizione per studiare, valutare e valorizzare opere d’arte e ogni bene avente valore collezionistico o storico. In caso di vendita è attribuita a San Marco Casa d’Aste Spa una commissione normalmente pari al 15% più iva, calcolata sul prezzo di aggiudicazione dei lotti venduti. Qualora sia concordato un prezzo di riserva sul bene e definite le modalità d’asta, sarà richiesta la compilazione di un mandato a vendere alla San Marco Casa d’Aste Spa. Le spese di trasporto, assicurazione e fotografie, dovranno comunque essere pagate dal mandante-venditore, qualunque sia l’esito dell’asta. Il pagamento di quanto aggiudicato all’asta, al netto dei diritti e delle spese, sarà inviato al mandante-venditore dopo 35 (trentacinque) giorni lavorativi dalla data della vendita, a condizione che l’acquirente abbia onorato l’obbligazione assunta al momento dell’aggiudicazione, e che non vi siano stati reclami o contestazioni inerenti i beni aggiudicati. San Marco Casa d’Aste Spa metterà a disposizione del mandante-venditore le opere non vendute nei 40 giorni successivi all’asta, il quale provvederà al ritiro delle stesse a propria cura e spese, salvo che non si concordi una riduzione dei prezzi di riserva concedendo il tempo necessario all’effettuazione di ulteriori tentativi di vendita da espletarsi anche per trattativa privata.
GENERAL CONDITIONS OF SALE
1.
Before the beginning of the auction, a pre-viewing of the items will be arranged by San Marco Casa d’Aste S.p.A. During this time, the Director of the sale, or Auctioneer, and his representatives will be available for any clarifications; the purpose of the pre-auction viewing is to allow for a close examination of the conditions and quality of the items, as well as to rectify any error and inaccuracy that may have occurred during the compilation of the catalogue. Objections made to such regards are not admitted after the sale. To avoid exclusion, any objection to such regard must be raised against San Marco Casa d’Aste S.p.A. before the knocking down of the item of interest.
2.
Items are sold in their “existing conditions”. Such conditions include all defects and imperfections already existing at the time the single item is knocked down.
3.
Registration is necessary in order to participate to the sale procedure through auction (see “Information for prospective buyers”).
4.
Sale is carried out to the highest bidder, whose bid has been accepted by the Director of the sale or Auctioneer. The hammer-stroke of the Director of the sale, or Auctioneer, determines the acceptance of the bid.
5.
The Director of the sale or Auctioneer is entitled to accept bids on behalf of clients on commission at determined prices and upon a precise mandate. A bid made in the salesroom during the auction will always prevail over a commissioned bid. During the auction, the Director of the sale or Auctioneer is entitled to change the sale order, join or separate the lots, take back any lot and to adopt any measure that is he believes to be suitable to the circumstances, to accept telephone commissions and authorize audio and video connections to partecipate to the sale.
6.
Lots will be exclusively knocked down by the Director of the sale, or Auctioneer, and the buyer is required to make payment according to the conditions stated in art. 7. It must be pointed out that sales require immediate cash payments.
7.
The B uyer is required to pay at any event, i n addition to the price of his accepted bid, a premium of 25% up to 250.000,00, and of 18,5% for the amoun t of price exeeding such sum. Th is premium includes the VAT du e in accordance with the existing tax legislation. According to the Italian Law Decree 25/06/2008, n. 112, art. 32, San Marco Casa d’ Aste S. p. A. cann ot accept cash payments exceeding € 12.500. San M arco Casa d’Aste S.p.A. is furthermore obli ged to ask his clients for a valid ID and a conformation of th eir domicile.
€
8.
Purchased lots are to be collected at the buyer’s own risk and care upon payment made as outlined above. Upon expiration of the deadline, San Marco Casa d’Aste S.p.A. will charge the buyer for storage and insurance costs incurred up to the moment of collection.
9.
San Marco Casa d’Aste S.p.A. acts as an agent for the owners of the items for sale. Therefore San Marco Casa d’Aste S.p.A. does not acquire any rights, not directly takes on any obligations, exept when San Marco Casa d’Aste S.p.A. is the owner of the item. All the responsibilities pursuant to articles 1476 ff. of the Italian Civil Code continue to rest on the shoulders of those who own the items.
10.
The items presented in the catalogue have individual descriptions of authenticity and attribution. It must be underlined that each single description constitutes the expression of a critical opinion. Any item can always be examined by the public during the pre-auction viewing. For Old Master and 19th century paintings, the period and school in which the attributed artist lived and worked is guaranteed. The paintings presented in the catalogue of Modern and Contemporary Art are usually accompanied by certificates of authenticity which are indicated in the appropriate catalogue entries. No other certificate, appraisal or opinion requested or presented after the sale will be considered valid grounds for objections made to San Marco Casa d’Aste S.p.A. regarding the authenticity of any works.
11.
Any complaint will be taken into consideration only if presented in writings and by registered post (that is by “raccomandata a/r”) to San Marco Casa d’Aste S.p.A. within 15 (fifteen) days after the date of collection of the purchased work. The legitimacy of a complaint that is duly communicated will be evaluated on the basis of a cross-examination between a researcher or independent expert appointed by San Marco Casa d’Aste S.p.A. and an equally qualified expert nominated by the buyer.
12.
A complaint that is deemed legitimate will lead simply to a refund of the amount paid, only upon the return of the item and only if the buyer is able to return such item to San Marco Casa d’Aste S.p.A. free from third party rights and provided that the item is in the same conditions it was at the time it was sold.
13.
The items that have already been declared of significant interest as per art. 6 of the Legislative Decree n. 490 of 29/10/1999 are indicated as such in the catalogue by San Marco Casa d’Aste S.p.A. For such items, the Government may exercise the right of pre-emption at the hammer price; in these instances, the sale will be effective only after the legal period for exercising the right of pre-emption has elapsed. If the right of pre-emption is indeed exercised, the highest bidder will be entitled to a refund of any amounts paid.
14.
Any item datable to over fifty years ago is subject to the corresponding protective regulations and, in particular, cannot be transported outside the Italian territory without a certificate of free circulation issued by the competent Authority. It must be underlined that all charges for export licences or certificates as well as for any other required documentation shall be borne by the buyer. The delay in obtaining licenses or the denial of licenses shall in no way justify the rescission or the cancellation of any sale, nor shall it justify the delay in making full payment by the purchaser for the related lot. San Marco Casa d’Aste S.p.A. grants to all his foreign customers the opportunity of paying and collecting the items shown in the catalogue under the condition that an export permission is given. Should the Italian authorities be contrary to the export of the item, the sale of such item will be considered as void.
15.
ARTIST’S RESALE RIGHT On 9 April 2006, the Decreto Legislativo dated 13 February 2006, n. 118 came into force implementing the Directive 2001/84/CE, thereby introducing into the Italian legal system the right for authors of works of art and manuscripts and their beneficiaries to receive a royalty from the proceeds of each subsequent sale of the work following the original sale.
a) b) c) d) e)
Artist’s Resale Right is payable only if the sale price exceeds € 3.000,00 and is calculated as follows: 4% royalty rate for hammer price from € 3.000,00 to € 50.000,00 3% royalty rate for hammer price from € 50.000,01 to € 200.000,00 1% royalty rate for hammer price from € 200.000,01 to € 350.000,00 0,5% royalty rate for hammer price from € 350.000,01 to € 500.000,00 0,25% royalty rate for hammer price exceeding € 500.000,00 The buyer undertakes to pay the Artist’s Resale Right in addition to the sale price and buyer’s premium. San Marco Casa d’Aste Spa is responsible for forwarding any Artist’s Resale Rights to the Italian Society of Authors and Editors (SIAE).
16.
The present terms of sale and the contract are regulated by Italian law. All complaints regarding the present terms of sale and the contract are under the exclusive jurisdiction of the Venice Civil Court.
17.
The purchaser hereby confirms his consent to the processing, disclosure and transfer of sensitive information for the provision of auction and other related services, in accordance with article 23 of Italian Legislative Decree 30/06/2003, n. 196; the purchaser hereby confirms also having received the information provided for by art. 13 of Italian Legislative Decree 30/06/2003, n.196.
18.
The present general sale regulations are considered to be tacitly accepted by all participants to the auction.
GENERAL INFORMATIONS FOR PROSPECTIVE BUYERS AND FOR SELLERS REGISTRATION AND BIDDING PADDLES By filling out and signing the registration form and after a numbered paddle has been assigned, the buyer accepts the “Conditions of Sale” printed in this catalogue. All potential buyers are requested to get a paddle for bidding before the sale procedure begins. It is possible to pre-register during the pre-auction viewing. If the buyer is acting as an agent of a third person, a written authorisation is required. All potential buyers are requested to bring identification with them to allow for registration. The assigned numbered paddles can be used to indicate bids to the Director of Sale or Auctioneer during the auction. All lots sold will be invoiced to the name and address provided upon registration when receiving the numbered bidding paddle. At the end of the auction, buyers are requested to return their paddles to the registration counter. Each client is liable for the use of the paddle number assigned to him/her; paddles are not transferable and must be returned upon termination of the auction. The representatives of the Director of sale or Auctioneer must be informed promptly in case the paddle is lost. The aforementioned system does not apply whenever the prospective buyers is participating to the auction by means of a written bid. ESTIMATES, STARTING PRICES, RESERVE PRICES AND HAMMER PRICES Estimated price (“PREZZO DI STIMA”) in all our catalogues, namely the value assigned by our experts to each lot, are indicated in each catalogue entry. This amount is expressed in Euros. The specification “A RICHIESTA” (upon request) appears next to certain lots that are particularly precious and important. If such is the case, prospective buyers may contact our experts for specific information regarding those specific lots and for an indication of the related estimates. If the specification “OFFERTA LIBERA” (free bid) or “M.O.” appears, the starting price in the auction is open. The starting price (“PREZZO BASE D’ASTA”) is the price at which bidding starts; this is generally equal to half of the lower estimated price. The reserve price (“PREZZO DI RISERVA”) is a confidential amount and refers to the minimum price agreed upon between the Auction House and the Director of Sale or Auctioneer below which the lot cannot be sold. The Auctioneer may vary the starting price, thereby correcting any inaccuracies in the assigned estimates. The hammer price is the price at which any lot is sold and on which premiums are applied. USEFUL READING INFORMATIONS Unless otherwise specified, measurements are provided in this order: height, width and depth. For furniture, the measurements indicate the maximum space occupied by the object. Dates in parentheses are merely indicative of the period of the paintings; those without parentheses are taken instead from the back or front of the painting or from a written statement by the artist, as specified in the catalogue entry of the work. The heading “Provenienza” (provenance) is followed by a listing of the stamps and labels of the galleries and collections that are indicated on the back of the paintings, or of the related collections in case of furnishings. The abbreviation “(s.c.)” stands for unframed works. As for jewels, the weight in carats of all stones as shown in the catalogue may present minor variations, as appraisals are carried out on mounted stones. ABSENTEE BIDS San Marco Casa d’Aste S.p.A. may accept “absentee bids” for the items to be auctioned at determined prices and upon a specific mandate. All lots will always be purchased at the lowest price allowed for by other bids on the same lots and by the reserve prices. If identical bids are received, the first bid received by San Marco Casa d’Aste S.p.A. shall take precedence. A maximum limit must be indicated, as absentee bids with unlimited bidding will not be accepted. Bidding over the telephone is at the caller risk and must be confirmed by letter, fax or telegram prior to the auction. Bidding offers must be sent at least 10 hours before the auction. Oral, incomplete or late communications will not be considered valid. PARTICIPATING IN THE AUCTION BY TELEPHONE Buyers unable to participate in the auction in person may participate by telephone. San Marco Casa d’Aste S.p.A. offers the possibility to place bids by telephone, as warranted by line availability, for lots with an estimate greater than € 500. In order to ensure the telephone connection, we ask that you make arrangements with the staff of San Marco Casa d’Aste S.p.A. at least 8 hours prior to the auction, and that you fill out the appropriate form for absentee bidding, to be sent by fax along with copies of the required documents attached (see “absentee bidding”). The service is totally free. Buyers may also give a “maximum bid limit”, in order to ensure participation in the sale, should they not be reachable by telephone. The abovementioned method of participation remains at the bidder’s risk, given the possible technical problems related to it. METHODS OF PAYMENT Payment for purchased lots must be made immediately after the auction and no later than seven working days after the date of the sale, in accordance with the methods outlined in the sale conditions indicated in the catalogue. The following forms of payment may facilitate the immediate collection of the item(s) purchased: 1. Cash up to € 12,500.00. 2. Bank draft, subject to prior verification with the issuing institution. 3. Personal cheque. Please note that Money transfers, bank drafts and personal cheques must be specifically agreed upon with the administrative direction before the auction takes place. Whenever the payments are made with a bank draft or a personal cheque, San Marco Casa d’Aste S.p.A. reserves the right to verify the existence of the necessary funds in the buyer’s bank account before delivering the lot. According to the general conditions of sale, buyers are required to make immediate payments for purchased items. San Marco Casa d’Aste S.p.A. may occasionally allow, at its own discretion, deferred payment when requested and agreed upon at least 10 days prior to the start of the sale. USEFUL INFORMATION FOR SELLING THROUGH SAN MARCO CASA D’ASTE S.p.A. Should you wish to have your antiques or collectibles evaluated or included in our auctions, you may contact our Venice office. The office is located in Santa Croce 1681/A, phone +39 041/2777981, fax +39 041/2770664. The team of critics and experts of the Auction House is available for the appraisal and evaluation of works of art and other objects of collectible or historical value. In the case of a successful sale, San Marco Casa d’Aste S.p.A. will receive a commission; said commission is normally equal to 15% plus VAT of the hammer price of sold items. Once a reserve price is agreed upon for an item and the auction procedures have been defined, a sale mandate for San Marco Casa d’Aste S.p.A. will have to be drawn. The seller, regardless of the outcome of the sale, will be liable to pay for transportation, insurance and marketing costs. The payment of the hammer price with the deducted sale commission and expenses of sold lots will be sent to the seller 35 working days after the date of the sale, provided that the buyer has honoured the due payment and that there has not been any subsequent complaints or protests with respect to the sold items. San Marco Casa d’Aste S.p.A. will return any unsold items to the seller during the 40-day period following the auction. The seller will duly collect unsold items at his own expenses and care, unless a reduced reserve price and an extended period of time are agreed upon with the aim of making further sale attempts, even through private negotiations.
INFORMATIVA E CONSENSO AI SENSI DELL’ART. 13 DEL DECRETO LEGISLATIVO 196/03 CODICE IN MATERIA DI PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI Titolare de l trattamento dati La titolarità del trattamento spetta a: San Marco Casa d’Aste SpA con sede a Santa Croce 1681/A in Venezia, tel. 041 2777981, fax 041 2770664, e-mail: info@sanmarcoaste.com Fonte dei dati personali I dati personali in possesso della società sono raccolti direttamente presso la clientela in occasione dell’instaurazione di rapporti commerciali. Finalità de l trattamento a cui sono destinati i dati Con riferimento a tali dati Vi informiamo che saranno trattati nell’ambito della normale attività dell’azienda secondo le seguenti finalità: a) finalità strettamente connesse e strumentali alla gestione dei rapporti con la clientela (es: acquisizione di informazioni preliminari alla conclusione di un contratto, esecuzione di operazioni sulla base degli obblighi derivanti da contratti conclusi con la clientela, ecc.) b) finalità derivanti da obblighi di legge, da regolamenti, da normativa comunitaria, da disposizioni impartite da autorità a ciò legittimate dalla legge o da organi di vigilanza e controllo; c) finalità promozionali o di vendita diretta di propri prodotti o servizi; M odalità di tratta me nto dei dati In relazione alle indicate finalità, il trattamento dei dati personali avviene mediante strumenti manuali, informatici e telematici con logiche di trattamento correlate alle finalità stesse e, comunque, in modo da garantire la sicurezza e la riservatezza dei dati stessi, così come previsto e disciplinato dagli articoli da 31 a 36 del Codice in Materia di Protezione dei Dati Personali (D. Lgs. 30/06/2003, n. 196 – di seguito Codice) e sempre nel rispetto dell’art. 11 del codice. Il suo consenso non è necessario per il trattamento e la comunicazione relativamente alla finalità sub a), in quanto richiesti per l’esecuzione di obblighi contrattuali e pre-contrattuali, e sub b) in quanto obbligatori per legge. Pertanto l’eventuale rifiuto a fornirli o al successivo trattamento potrà determinare l’impossibilità della scrivente a dar corso ai rapporti contrattuali medesimi. Anche per la finalità sub c) il suo consenso non è necessario per il trattamento (art. 130 D. Lgs. 196/03), Lei ha comunque il diritto di opporsi in ogni momento al trattamento in modo gratuito. C ategorie di so ggetti ai quali i dati po ssono ess ere comunicati All’interno dell’azienda possono venire a conoscenza dei Suoi dati personali soltanto i dipendenti da noi incaricati del loro trattamento, nonché i soggetti incaricati all’installazione e manutenzione degli impianti telefonici. I dati saranno oggetto di comunicazione o diffusione a terzi in Italia e all’estero per i necessari adempimenti contrattuali o per obblighi di legge. Inoltre, qualora fosse necessario, i dati potranno essere comunicati ad agenti, Istituti di Credito per la gestione di incassi e pagamenti; a studi legali per recupero credito. I dati verranno trattati per tutta la durata dei rapporti contrattuali instaurati e anche successivamente per l’espletamento di tutti gli adempimenti di legge nonché per future finalità commerciali. D iritti de ll’i nte ressato previ sti dall’art. 7 del D.Lgs. 196/ 2003 Informiamo, infine, che l’art. 7 del D. Lgs. in argomento conferisce agli interessati la possibilità di esercitare specifici diritti. Responsabile del trattamento è il Legale Rappresentante protempore, domiciliato per i presenti fini presso San Marco Casa d’Aste SpA, con sede in Santa Croce 1681/A, in Venezia, tel. 041 2777981, fax 041 2770664, e-mail: info@sanmarcoaste.com Ad esso la S.V. si potrà rivolgere per tutto quanto concerne il trattamento dei Suoi dati, in particolar modo per l’esercizio di cui all’art. 7 del D. Lgs. 196/03.
Decreto Legislativo 30 gi ugno 2003 n. 196 A rt, 7 (D iritto di ac cesso ai dati pe rsonali ed altri diri tti) 1. L’interessato ha diritto di ottenere la conferma dell’esistenza o meno di dati personali che lo riguardano, anche se non ancora registrati, e la loro comunicazione in forma intelligibile. 2. L’interessato ha diritto di ottenere l’indicazione: a) dell’origine dei dati personali; b) delle finalità e modalità del trattamento; c) della logica applicata in caso di trattamento effettuato con l’ausilio di strumenti elettronici; d) degli estremi identificativi del titolare, dei responsabili e del rappresentante designato ai sensi dell’art. 5 comma 2; e) dei soggetti o delle categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono venire a conoscenza in qualità di rappresentante designato nel territorio dello Stato, di responsabili o incaricati. 3. L’interessato ha diritto di ottenere: a) l’aggiornamento, la rettificazione ovvero, quando vi ha interesse, l’integrazione dei dati; b) la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati trattati in violazione di legge, compresi quelli cui non è necessaria la conservazione in relazione agli scopi per i quali i dati sono stati raccolti o successivamente trattati; c) l’attestazione che le operazioni di cui alle lettere a) e b) sono state portate a conoscenza, anche per quanto riguarda il loro contenuto, di coloro ai quali i dati sono stati comunicati o diffusi, eccettuato il caso in cui tale adempimento si rivela impossibile o comporta un impiego di mezzi manifestamente sproporzionato rispetto al diritto tutelato. 4. L’interessato ha diritto di opporsi, in tutto o in parte: a) per motivi legittimi al trattamento dei dati personali che lo riguardano, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta; b) al trattamento dei dati personali che lo riguardano ai fini di invio materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale.
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PARTECIPAZIONE TELEFONICA AUCTION AT PHONE (n. tel.)
€ Dichiaro di aver ricevuto, di aver letto ed approvato l’informativa ex art. 13 del D.Lgs. 196/03 e presto, ai sensi degli artt. 23 e 43 del D.Lgs. 196/03 sulla protezione dei dati personali, il mio consenso al trattamento ed alla comunicazione, anche all’estero, dei miei dati, secondo i termini e le modalità di cui alla menzionata informativa.
I hareby confirm to have received, read and approved the information of article 13 of tha Italian Legislative Decree 196/03 on Data Protection, I hereby also consent to the use and disclosure of my personal data, for the purposes of articles 23 and 43 of the Italian Legislative Decree 196/2003, by San Marco Casa d’Aste S.p.a. including abroad, on the terms set out in the above-mentioned information.
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Approvo specificatamente ai sensi dell’art. 1341, II comma le seguenti clausole delle Condizioni generali di vendita pubblicate sul catalogo della San Marco Casa d’Aste SpA relative a questa determinata asta: 2, 4, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16. Approvo inoltre specificatamente ai sensi dell’art. 1341, II comma, i termini e le condizioni previste dall’Informativa generale per i potenziali acquirenti e per i mandanti.
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I hereby expressly approve for the purposes af article 1341, II comma of the Italian Civil Code, the following clauses of the General conditions of sale: 2, 4, 6, 7, 8, 9,10, 11, 12, 13, 14, 15, 16. I hereby also expressly approve, for the purposes of the above mentioned article 1341, II comma of the Italian Civil Code, the terms and conditions of the General informations for prospective buyers and for sellers.
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SAN MARCO CASA D’ASTE SPA - SANTA CROCE 1681/A, VENEZIA
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