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N° 03 FEBBRAIO 2020 € 5,00

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2019- 2020

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EDITORIALE Ficatusc imaximint ut vellautat antectiaecus expernam re, asperit officabor sint facilias dolupid quo con nistia in cuptatur suntum fugitiis dundia quibus mollitatia sit et volest, con presto mos ea inum ea ium dempos pla dit andam veliatem qui que ium harci blacium, eum nam nos cusapita comnimi, que ea aspe vernam lant qui ommolorro beribus net experum, vellaut endempo remporro blaut volecto eatia plabor simpora excerum nimillu ptatur aturibus dus de sum hilictur? Maio veraeprorro temporporem ipsum comnimus ercidi temporrum aliqui nulla assequam illitio occab iminvel invendene est essimagnis aborerum aut entur solenit, nonsed quis debis accabo. Pit quis ea vollorerum reri aspedic tet elenda dem ratur aut vide in consequi odipist ibusam qui aut es ut perehende verum ipsamet doloris quuntia dolenem nima doluptia netur adis num rendit, quas qui tempossum volendi psumquate cus solum eos et aut poremolupti conseceperi int voluptatur aperepe liquas sum rerio consequissim ut labores nobit autest, cupis conetur, venisciis everchilibus aut aut ius a commolu ptatiatem fugit autatur? Itati cum et ipicia enihita que nobiti te volorioreius eum nia nonem voloris consed untibusant laboreptio estisqui culla ipsapid ulluptat aute nobisa in cuptatur suntum fugitiis dundia quibus mollitatia sit et volest, con presto mos ea inum ea ium dempos pla dit andam veliatem qui que ium harci blacium, eum nam nos cusapita comnimi, que ea aspe vernam lant qui ommolorro beribus net experum, vellaut endempo remporro blaut volecto eatia plabor simpora excerum nimillu ptatur aturibus dus de sum hilictur? Maio veraeprorro temporporem ipsum comnimus ercidi temporrum aliqui nulla assequam illitio occab iminvel invendene est essimagnis aborerum aut entur solenit, nonsed quis debis accabo. Pit quis ea vollorerum reri aspedic tet elenda dem ratur aut vide in consequi odipist ibusam qui aut es ut perehende verum ipsamet doloris quuntia dolenem nima doluptia netur adis num rendit, quas qui tempossum volendi psumquate cus solum eos et aut poremolupti conseceperi int voluptatur aperepe liquas sum rerio consequissim ut labores nobit autest, cupis conetur, venisciis everchilibus aut aut ius a commolu ptatiatem fugit autatur eos et aut poremolupti vollorerum reri aspedic tet enda quibus aut ius a ut labores.Itati cum et ipicia enihita que nobiti te volorioreius eum nia nonem voloris consed untibusant laboreptio estisqui culla ipsapid ulluptat aute nobisa in cuptatur suntum fugitiis dundia quibus mollitatia sit et volest, con presto mos ea inum ea ium dempos pla dit andam veliatem qui que ium harci blacium, eum nam nos cusapita comnimi, que ea aspe vernam lant qui ommolorro beribus net experum, vellaut endempo remporro blaut volecto eatia plabor simpora excerum nimillu ptatur aturibus dus de sum hilictur?

Sara Elisa


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Nuovi input per nuovi codici N°03 Febbraio 2020

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IDEATO DA Sara Mondelli Elisa Invernici PRODOTTO DA Sara Mondelli Elisa Invernici PROGETTO GRAFICO DI Sara Mondelli Elisa Invernici STAMPA Luogo di stampa (+via) Punto metallico Carta 120gr Copertina 300gr Testata con vernice a rilievo COPERTINA Sara Mondelli Elisa Invernici

SOMMARIO 08 14 20 24 26 32 40 48 50

Interview with La Polvere Intervista a Hanne dei FOR I AM – “Late Bloomers” il nuovo album Quattro chiacchiere con i Sangue È morto Jimmy Webb, icona di stile del punk rock Peti, pidocchi e patriarcato: il punk nel 2020 sa ancora darti un calcio in culo Slowthai è il rapper più punk di tutti Best mix 2019 Indirizzario Milano Map


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Interview with La Polvere di Chiara Tagliabue

Ecco la nostra intervista a uno dei gruppi che più adoriamo i La Polvere dalle marche. Ciao ragazzi, benvenuti. Raccontaci un po ‘di te. Ciao, siamo Luca (voce principale e chitarra), Diego (voce bassa e di supporto), Stivo (chitarra e voce) e Stefano (batteria). Siamo La Polvere, marchigiano, suoniamo un mix di punk rock e hardcore punk. Cantiamo esclusivamente in italiano. Hai iniziato nel 2010 con il nome Violent Tormenta e poi hai cambiato il nome in La Polvere. Perché hai scelto questo nome in particolare per questa band? Nel 2010 avevamo bisogno di un nome che dicesse quanto fosse aggressiva la nostra musica e pensavamo che i Violent Tormenta si sarebbero adattati perfettamente. Tuttavia, il progetto originale, dal punto di vista stilistico, era piuttosto diverso da quello attuale. La nostra musica stava iniziando a evolversi in una direzione diversa quando Luca suggerì di cambiare il nome della band in La Polvere. Ci è piaciuta l’idea del caos. Generalmente, quando si pensa alla polvere, o la pensano in due modi: quando balla caoticamente (come se fosse trasportata nell’aria) o quando cade lentamente su una superficie. Nel corso degli anni hai cambiato la tua formazione diverse volte, puoi dirci di più? La Polvere nasce quando si incontrano 4 persone di varie band appartenenti allo stesso movimento e praticamente allo stesso genere. Abbiamo condiviso palcoscenici, concerti e festival. Siamo diventati amici e abbiamo deciso di costruire qualcosa insieme mescolando sapientemente le nostre singole influenze musicali. Tuttavia, a causa di una varietà di cose accadute ai membri della band, alcuni di noi hanno dovuto reinventarsi, a volte più di una volta, e


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Non abbiamo regole nĂŠ alcun metodo specifico. Ognuno di noi contribuisce liberamente, portando testi e musica come sono ispirati.


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abbiamo dovuto trovare una nuova soluzione per la band. La svolta fu quando Luca divenne il nostro chitarrista e cantante. Questa è stata probabilmente la parte più importante della nostra, seppur breve, storia. Luca ha portato molte nuove idee e ha dato una forte direzione che ci ha aiutato a creare il nostro primo EP. Come scrivi la musica? Sei ispirato da qualcuno in particolare o hai qualche argomento a cui ti riferisci? Non abbiamo regole né alcun metodo specifico. Ognuno di noi contribuisce liberamente, portando testi e musica come sono ispirati. Discutiamo quindi tutto il materiale e lo organizziamo al fine di armonizzarlo il meglio possibile con tutte le nostre influenze individuali. Per lo più scriviamo testi che hanno a che fare con le nostre emozioni e sentimenti relativi alla nostra vita, collegati agli eventi che ci caratterizzano nel bene e nel male. In “Leviathan e La Rabbia di Athena” (dal Leviathan EP, 2016) abbiamo affrontato questioni contemporanee come l’immigrazione e la crisi economica da un punto di vista più emotivo piuttosto che politico. Sei marchigiano; come giudichi la scena nella tua regione? La nostra zona soffre della mancanza di eventi e luoghi. Fino a 5/6 anni fa una varietà di locali avrebbe dato la possibilità alle band che suonavano il loro materiale originale di suonare; al giorno d’oggi è principalmente tribute o cover band. Le persone non sembrano preoccuparsi tanto come una volta. Ci sono sempre meno persone che si presentano, il che ha un impatto sulla scena nel suo insieme. Vale la pena ricordare che in passato c’erano molte band che suonavano il nostro genere; ce ne sono sempre meno al momento, sembra che le persone non si preoccupino più di creare qualcosa insieme.

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Di recente hai suonato all’Officina Popolare Jolly Roger HC Night di Civitanova Marche, condividendo il palco con Nix e 217. Collabori con band della tua zona? La notte di Jolly Roger è stata davvero fantastica. Molta cooperazione in giro. Siamo pochi ma disposti. Inoltre, adoriamo ciò che facciamo! Quali sono i maggiori ostacoli che una band proviene dalla campagna, non dalle città più grandi, come i tuoi volti? La mancanza di una solida e diffusa rete di contatti che consenta a bande, locali ed etichette di connettersi; una rete in grado di collegare bande con altre aree d’Italia e non solo. Vivere in una città, da questo punto di vista, è un enorme vantaggio, anche se il mondo è più piccolo di un tempo grazie al web e ai social network. Comunque, al di fuori dei grandi centri urbani, l’isolamento sta crescendo.


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Interagisci molto con la folla durante i tuoi concerti. È come se le persone davanti a te fossero vecchie amiche. È davvero bello, le persone si connettono davvero con quello. Sei contento di quanto segue? Ci riempie di gioia vedere vecchi amici venire ai nostri concerti. È un segno che le persone vedono la dedizione che mettiamo nella nostra musica e dimostra che le persone apprezzano ciò che scriviamo e suoniamo. Tuttavia, è molto importante per noi interagire con un nuovo pubblico il più spesso possibile. Per quanto ci parliamo durante lo spettacolo, ci viene naturale. Ci divertiamo molto e ci piace scherzare e prenderci l’un l’altro un po ‘. Lo facciamo anche durante le prove! Ogni performance è unica, è un momento in cui ci sentiamo davvero a nostro agio, senza limiti o barriere; un momento sincero in cui diamo il massimo.

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Dopo l’omonimo album La Polvere e Leviathan stai per pubblicare il tuo terzo EP. Cosa puoi dirci al riguardo? Sei contento di come è venuto fuori? Hindsight è 20/20 e ovviamente c’è qualcosa che potremmo voler cambiare, ma sarebbe un errore farlo. L’album racconta i nostri pensieri e sentimenti in quel momento specifico ed è per questo che dobbiamo tenerlo così come lo abbiamo fatto, anche se avremmo potuto migliorare leggermente la registrazione. Rispetto ai nostri primi 2 EP, “Iride” è risultato più schietto, onesto e puro. La sua imperfezione ci descrive perfettamente. Rappresenta la coerenza con ciò che ascolti dal vivo e ciò che ascolti nel disco, qualcosa a cui teniamo davvero; quella è stata una scelta che abbiamo fatto deliberatamente. Supponiamo che le persone che leggono questa intervista vogliano iniziare ad ascoltarti subito. Raccontaci le tue canzoni più iconiche. Lividi. Abbiamo anche girato un video che è disponibile sul nostro canale YouTube. Parlando di social media; dove possono raggiungerti? FACEBOOK - YOUTUBE Grazie mille ragazzi! Vuoi salutare qualcuno o aggiungere qualcosa al colloquio? Grazie a voi! Cogliamo l’occasione per farvi sapere che suoneremo dal vivo al Drunk in Public di Morrovalle (MC) il 15 febbraio, presenteremo il nostro terzo album “Iride”. Vieni, sarà un vero spasso!


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Intervista a Hanne dei FOR I AM – “Late Bloomers” il nuovo album di Alice Priante

Lunedì 11 Novembre sulle principali piattaforme musicali è uscito in anteprima il nuovo album dei For I Am. Ma noi avevamo già avuto occasione di scambiare quattro chiacchiere con Hanne, la vulcanica leader di questa giovane pop punk band del Belgio, durante il Punk Rock Holiday e parlare con lei del nuovo lavoro e del panorama musicale europeo. Ecco a voi quella breve intervista, rimasta fino ad oggi registrata sui nostri smartphone.


LOUDERFANZINE Ciao Hanne e benvenuta su Punkadeka. Racconta un po’ ai lettori italiani, chi sono i For I Am e come sono nati? Innanzitutto un ciao ai lettori di Punkadeka, è davvero un piacere poter essere qui. Allora, I For I am sono una pop punk band del Belgio e si sono formati nel 2014. Come sia nata la band è una storia un po’ articolata e fatta di piccoli episodi. Raccontaci… Bhe…Prima del 2014 non ci conoscevamo tutti, io cantavo in una cover band ed ero accompagnata da Stef e Bjorn (i nostri due chitarristi), ma eravamo arrivati a un pun-

INTERVISTA 1 3 /54 to in cui non volevamo più fare solamente cover e cercavamo qualcosa di più personale. Siamo cresciuti con i No use for a Name e con i Bad Religion, adoriamo il punk, e ancor di più il love punk e quindi sapevamo che stava maturando il tempo di fare un ulteriore step. Ma non è successo tutto nell’immediato, ci è voluto un po’ di tempo. Poi per un concerto, chiesero a Bjorn se volevamo suonare come band, ed è stata la molla da cui è nato il tutto. C’era un nostro amico che suonava la batteria in un’altra band ed avevamo anche trovato un bassista. Così abbiamo detto si, proviamoci. Tuttavia, giusto poco prima del nostro show, quello che doveva essere il nostro bassista si è tirato indietro, dicendoci che comunque aveva trovato un ragazzo asiatico dall’altra parte della strada che lo avrebbe sostituito. Era alquanto strana come situazione, ma si dall’altra parte della strada c’era un ragazzo asiatico, ed era Bo. E cosi quella sera abbiamo suonato insieme, ed è stato davvero divertente tanto che a fine concerto il batterista lanciò l’idea di formare una band. A tutti è piaciuta fin da subito quell’idea, e abbiamo detto che si, si poteva fare. La cosa buffa è che proprio il batterista a cui era venuta l’idea di formare la band ha trovato poco dopo un nuovo lavoro e non è potuto più rimanere nella band; per cui ci siamo messi alla ricerca di un nuovo


1 4 /54 INTERVISTA batterista, ovvero Bram che ci ha accompagnato nella nostra prima parte di avventura fino allo scorso anno quando è stato sostituito dal giovanissimo Stijn. Per essere una giovane band formata solo pochi anni fa, avete già all’attivo due album, giusto? Si giusto.. Nel 2015 è uscito “15 Minutes Late?” il nostro primo ep, e poi nel 2017 “All About Perspectives”. Due album che ci hanno dato davvero tanto e portato tanto in giro, anche fuori dai confini europei. Già, quest’anno infatti avete avuto un tour in Giappone, giusto? Già, verissimo. Ed è stato davvero emozionate. A ripensarci credo faccio fatica ancora a crederci. Sembrava letteralmente un sogno da cui non volevamo svegliarci. Non smetteremo mai di ringraziare tutti i promotori che hanno organizzato gli spettacoli, le band con cui abbiamo suonato e tutti coloro che ci han seguito e son venuti a vederci, per noi è stato davvero un’esperienza fantastica. Non solo Giappone, però. Quest’anno siete riusciti a partecipare ai tre più grandi festival punk rock Europei : Groezrock, Brakrock e Punk Rock Holiday. Cosa ci racconti di questi tre grandi festival. Bhe.. Iniziamo con il Groezrock: è veramente vicino a dove abitiamo, e personalmente ci vado da quando avevo 10 anni. Suonare lì è stato davvero speciale, perché non solo in Belgio ma in tutta Europa conoscono questo festival. E come dicevo è stato davvero come dire “Woowww, spettacolare”. Tutti quelli che conoscevamo erano li presenti ed è stato come il sogno di un bambino che si realizza. E’ un festival che negli anni è cresciuto tantissimo, spaziando a generi a volte anche diversi tra loro, ci sono sempre grandi band ma si ha sempre la possibilità di trovare piccole e giovani band. E questa è davvero una cosa fantastica. Il Brakrock Ecofest Invece? Bhe, anche il Brakrock è direttamente dietro casa, ovviamente perché sempre in Belgio. Questo lo

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INTERVISTA 1 5 /54 possiamo considerare il nostro festival. Bo e Stefan fanno parte dello staff che lavora direttamente sul palco, io sono in carica per la zona merch, insomma va oltre il semplice festival, ed è parte di noi stessi. Poi ovviamente è un festival ancora ai primi passi rispetto agli alti due, ma negli ultimi tre anni ha avuto una crescita davvero enorme e confidiamo nelle potenzialità e nel futuro di questo festival per poter raggiungere quello che si è creato qui a Tolmin. Arriviamo a Tolmin dunque… Cosa ne pensi del Punk Rock Holiday? Il Punk Rock Holiday è in assoluto un paradiso per chi ama il punk rock, e non ci sono altre parole per definirlo. Quest’anno è stata davvero una sorpresa per noi essere qui a suonare perché ci avevamo già suonato due anni fa, e non pensavamo che ci avrebbero mai richiamati, soprattutto a soli due anni di distanza. Quindi siamo davvero elettrizzati. Tu hai anticipato il resto della band… Dobbiamo aspettarci qualche sorpresa? No.. Semplicemente perché adoro l’atmosfera che si respira qui a Tolmin, e avendone l’opportunità vengo qui prima per godermi questa fantastica e incredibile settimana immersa tra il verde e il punk rock. (In realtà poi la sorpresa Hanne il giorno dopo c’è l’ha fatta salendo sul palco con i Masked Intruder per cantare con loro “Heart Shaped Guitar”, ma questo durante l’intervista non c’è l’aveva spifferato) . Il 2019 dicevamo che è un anno davvero ricco per voi. Oltre al tour in Giappone e ai grandi festival di cui abbiamo già parlato, a Novembre sappiamo che uscirà il vostro nuovo album. Cosa puoi dirci di questo nuovo lavoro? “Late Bloomers” Yes… E’ il nostro nuovo album ed uscirà il 16 Novembre. Ci abbiamo lavorato per due anni, e a nome di tutta la band ci tengo a dire che noi siamo davvero molto molto orgogliosi del nuovo lavoro. Sarà qualcosa di


16/54 INTERVISTA diverso rispetto a quello fatto in passato. E’ un lavoro molto più maturo, che mantiene le armonie pop punk dei For I Am, ma ha qualcosa di più sviluppato sia nei testi che nel suono. Ha quel qualcosa di nuovo che io potrei definire come dire “Disney Punk” per le armonie molto musical, come nell’ultimo pezzo “Obsolete” oppure “Nowheresville Motel” un fantastico pezzo in acustico in cui l’esplosione punk rock di chitarra, basso e batteria non vi lasceranno indifferenti. Ma è pur sempre un album punk, quindi lo spirito e il sound punk resterà inalterato. Insomma è un vero e proprio cocktail di emozioni. L’abbiamo registrato presso la Big Dog Recording e il nostro produttore (Tim Van Doorn) è riuscito davvero a tirare fuori il meglio perché sa chi siamo e cosa vogliamo trasmettere, ed è una cosa che davvero arricchisce tantissimo la produzione di un album. Hai accennato al fatto di testi più maturi, ci puoi dire qualcosa in più? Nei precedenti lavori non mi ero mai focalizzata così tanto sui testi. Questa volta invece la stesura dei testi ha avuto una parte importante e più approfondita, grazie anche alla collaborazione con Tim Van Doorn. Ci sono un paio di canzoni su di me e del mio “feeling like a princess”. Ci sono poi un altro paio di canzoni dove parlo della vita dei giorni nostri, nella quale siamo costantemente sotto stress ma nella quale poi continuiamo a dire che tutto sia ok, a sorridere come se tutto fosse a posto. Poi nel primo singolo estratto, “The Armistace”, abbiamo anche parlato dei problemi di salute mentale e di come sia importante capirsi e aprirsi. Per la prima volta abbiamo affrontato anche tematiche politiche, ma siam pur sempre una band pop punk, e come già detto quest’album a quel non so che di “Disney Punk”, e quindi è più che naturale che a prevalere siano gli aspetti positivi della vita come l’amore, l’amicizia, l’essere felici e soprattutto l’essere se stessi. E il testo politico? C’è qualcosa che sta cambiando per i For I am? No assolutamente. I For I am restano quelli di sempre, cerchiamo di portare sempre il sorriso e gioia nei cuori punk. A parlare di temi politici ci sono sicuramente band più portate di noi. Ma anche se non attivi politicamente siamo antifasciti e siamo per l’uguaglianza: essere se stessi, sentirsi liberi di esprimere il proprio io, di esprimere il proprio amore o la propria sessualità. E’ vero che è una cosa alquanto inusuale per una band pop punk come la nostra affrontare certi temi, ma è giusto

LOUDERFANZINE conoscere ed parlare della realtà che ci circonda, avere modo di aprire gli occhi a chi ci ascolta, e poi perché oltre la musica resti anche un messaggio. Lo faccio come insegnante con i miei studenti, quindi è più che mai naturale riportare questo stesso pensiero nelle nostre canzoni e nei nostri show. Il nuovo album uscirà anche in Italia per NoReason Records. Avremo occasione dunque di vedervi in Italia? Lo spero. Abbiamo suonato un po’ ovunque in Europa, ma non siamo mai stati in Italia, e io adoro l’Italia. Non so nemmeno se in Italia ci conoscono, ma spero che il nuovo album e questa intervista siano una buona occasione per conoscerci. Io poi personalmente da nord a sud ho visitato l’Italia in diverse occasioni. Adoro l’Italia, adoro gli italiani e il vostro cibo, ma non abbiamo mai avuto occasione di poter suonare, quindi spero vivamente di poter toccare l’Italia nel prossimo anno. E in programma un tour quindi per il 2020? Penso inizieremo a pensarci dopo l’uscita dell’album. Ovviamente sarebbe fantastico poter accompagnare in tour una grande band per avere modo di farci conoscere, ma se così non fosse penso che organizzeremo un tour tutto nostro. Suonare credo sia il modo migliore per farsi conoscere e per crescere. Speriamo vivamente allora di ritrovarvi presto in Italia. Grazie per tutta la tua disponibilità Hanne! Grazie a voi! Continuate a seguirci sui canali social, arriveranno tanto novità e sicuramente non mancherà occasione di rincontrarsi!


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di Adrian Vargas

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Sangue sono una nuova band Punk/HC dal cantato rabbioso in italiano, proveniente dalla Sardegna, terra che gia’ ha sfornato diversi talenti nel genere, conosciuti in tutta Europa, dai “Gold Kids” ai “To ed Gein” per citare due dei nomi piu’ illustri e proprio da questi ultimi provengono Raffaele, Tore e Michele (chitarra,batteria,basso). Alla voce, a completare il combo, si aggiunge Giacomo, gia’ “Antimanifesto”. Quattro amici, uno strumento a testa, una sola voce che parla per quattro. Solo Punk Hardcore, l’unica soluzione per esprimere rabbia e disagio e soprattutto voglia di rivalsa.


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INTERVISTA 1 9 /54 più di due minuti, ci limitiamo a fare quello che sappiamo fare il più in fretta possibile. Ci sarebbero tantissime influenze, ascoltiamo punk hc da una vita intera , per una questione anagrafica siamo nati col punk rock e hc melodico anni 90 (tutta la roba uscita per Epitaph, Fat Wreck e Burning Heart insomma), scoprendo poi l’hc seminale dei primi 80 (la sacra triade Black Flag, Minor Threat e Bad Brains) , innamorandoci del periodo positive di fine anni 80 (tutto ciò uscito per Revelation è oro per noi) ,passando per la grande scuola dell’hc italiano (Negazione, Indigesti, Nerorgasmo,Kina, Raw Power e Sottopressione). Alcuni di voi erano fermi da un po, com’è stato riprendere in mano gli strumenti? In realtà non ci siamo mai fermati veramente, abbiamo solo aspettato che Giacomo (il cantante) ci desse la voglia di ritornare a produrre musica. Potrebbe essere una banalità ma è il puro divertimento e la voglia di sgabbiare dopo 8 ore nei rispettivi campi di cotone che ci porta a stare in sala prove.

Ciao ragazzi e benvenuti su Punkadeka, il vostro EP ci è piaciuto molto, ma non solo a noi, qual’è la “ricetta segreta”? Le vostre influenze, le vostre ispirazioni… Ciao non c’è una “ricetta segreta”. Abbiamo deciso all’unanimità di non allungare mai il brodo, se un brano ci piace e dura 38 secondi a noi sta bene così. D’altronde non siamo neanche all’altezza di scrivere un brano punk hc che duri

Parliamo un po del disco e del messaggio che volete dare L’ep è un pugno in faccia, son 8 canzoni in 9 minuti scarsi di musica. Ascoltando i brani non diamo di certo un messaggio positivo, diciamo che tutto il malumore e le frustrazioni , soprattutto del periodo in cui son stati scritti i pezzi, sono rispecchiati in quei testi. Come mai l’idea di dare il titolo di un film ad ogni pezzo? Son alcuni dei film coi quali siamo cresciuti, sarebbe però lungo e tedioso spiegare uno ad uno il perchè ma se si analizza bene qualsiasi testo si possono trovare delle affinità con i titoli.


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Sardegna terra magica e che amo, ma quali e quante difficoltà per far conoscere le proprie fatiche fuori dai confini? (parliamo sia di distribuzione che di serate live) La difficoltà maggiore è di tipo logistico, spostare 4 persone, più gli strumenti , che sia in nave o in aereo è sempre una spesa. Per noi “il viaggio” per andare a suonare inizia sempre un giorno prima con tutti gli sbattimenti che questo comporta sul fattore lavoro. In fatto di distribuzione siamo sempre stati relativamente fortunati. A parte il web che aiuta tutti ,anche gli incapaci come noi, con Maurizio e Debora di Indiebox abbiamo instaurato un rapporto di stima e ci consigliano bene su come muoverci. E invece com’è la situazione “scena” nella terra dei Giganti? Diciamo che dopo un periodo di assopimento generale , c’è nuovamente una gran voglia di fare. Ci son delle realtà interessanti, alcune nuove band (molte composte da “vecchi”) e altre realtà più datate che resi-

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stono. Insieme crediamo ancora in questa roba, nell’aggregazione che ne deriva e nel sentirci parte integrante e viva di qualcosa. Non giriamoci attorno, fondamentalmente tutti cerchiamo la fantomatica “Unity” per sentirci un po’ meno soli. Andatevi a cercare band come Delirio, Second Youth (anche loro sotto la scuderia Indiebox), Eartfall, Amesua, My Own Prison, Lastbreath , Riflesso, Rusty Punx (con membri degli storici PSA) e Regrowth per capire un po’ come gira ultimamente il punk hc sull’isola. Prossima tappa, state lavorando a qualcosa? Adesso ci aspettiamo un bel disco Si,abbiamo già una bella manciata di pezzi nuovi. Ci siamo messi in testa che dobbiamo scrivere altri 5 brani oltre a quelli già finiti e rientrare subito negli studi del paziente Andrea Pica per registrarli. Ci saranno sempre i ragazzi della Indiebox a farci da spalla e ci saranno un sacco di sassolini da toglierci dalle scarpe.


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Ăˆ morto Jimmy Webb, icona di stile del punk rock di Elena Leonesio

Debbie Harry, Duff McKagan, Billie Joe Armstrong: tantissimi musicisti hanno reso omaggio al manager dello store newyorkese Trash and Vaudeville, che se n'è andato a 62 anni a causa di un cancro.


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immy Webb, iconico manager e buyer del celebre negozio di abbigliamento newyorkese Trash and Vaudeville (e poi titolare di I NEED MORE), è morto martedì mattina all’età di 62 anni. L’amico di Webb Heart Montalbano ha confermato la sua scomparsa a Rolling Stone, aggiungendo che Jimmy era malato di cancro. Pur non essendo un musicista, Webb aveva tra i suoi clienti e amici leggende del rock come Iggy Pop, Duff McKagan dei Guns N’Rose, Joan Jett e Debbie Harry delle Blondie, oltre a Chris Stein. Per questo, dopo la sua morte, molti artisti gli hanno reso omaggio. “Il nostro ​​ meraviglioso amico Jimmy Webb mancherà a tutti” ha detto Harry in una dichiarazione a Rolling Stone. “Se ne va un personaggio unico di New York. Mi sento fortunata ad averlo conosciuto”. “Jimmy Webb era un mio grande amico”, ha scritto Sebastian Bach. “Ho comprato da Trash and Vaudeville

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ogni paio di stivali con tacco cubano che ho indossato dal 1987 al 2011. Riposa in pace fratello, ci mancherai. Venivi dai tempi del vero rock and roll”. “Ho il cuore spezzato. Jimmy, sei un tesoro di New York, solo energia positiva. Hai sempre vissuto al massimo”, ha scritto Billie Joe Armstrong del Green Day, mentre McKagan ha aggiunto: “L’uomo più dolce e puro punk che si faceva il rock’n’roll. Jimmy ha una storia incredibile, e io e la mia famiglia siamo onorati di farne parte. Ti adoriamo Jimmy… ci mancherai, fratello”. Webb, che alle spalle aveva anche un passato di dipendenze, ha iniziato a lavorare presso Trash and Vaudeville nel 1999 e presto è diventato manager e buyer del negozio. Con un occhio per i jeans attillati dalla vestibilità perfetta e lo stile autentico, ha curato look per punk rocker e pop star, dai Ramones a Beyoncé e Justin Bieber. I suoi lavori sono stati presentati sulle pagine di Rolling Stone e Vogue.

IL NOSTRO MERAViGLiOSO AMiCO JiMMY WEBB MANCHERÀ A TUTTi


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Peti, pidocchi e patriarcato: il punk nel 2020 sa ancora darti un calcio in culo di Luca Fiore

Si dice in giro che il punk è morto, ma invece continua a uscire un sacco di musica punk vitale, incazzata, distorta e attuale in Italia e nel mondo: basta starci attenti.

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isto che il punk è sprovvisto di una narrazione mainstream, ed è per definizione (seppur la definizione stessa sia un po’ problematica) orizzontale, viaggia per passaparola e raccontarlo per mode o correnti non fa altro che mistificarlo e renderlo divisivo per chi ne è appassionato, ho pensato che scrivere “una panoramica sulla situazione attuale della musica punk”, come avevo concordato, fosse fuori luogo.


LOUDERFANZINE Certo, avrei potuto parlare della rinascita del punk di New York a inizio anni Dieci grazie a etichette come Toxic State e Katorga Works e band come Crazy Spirit, Hank Wood and the Hammerheads, Dawn Of Humans. O dei primi EP degli Hoax che hanno fatto ricrescere le borchie anche a chi le aveva messe nel cassetto nel decennio precedente. Avrei potuto citare la rivoluzione transfemminista portata dalle G.L.O.S.S. nel 2015, o le Good Throb che con la loro semplice ricetta di rabbia,

A causa dell’onnipresenza di internet le informazioni sono sparse, difficili da trovare e spesso categorizzate per “bolle” in cui il modus operandi punk viene diluito e indebolito.

incompetenza e talento hanno rimesso l’Inghilterra sulla mappa. A proposito di UK, che ironia che proprio nel decennio della Brexit una delle personalità chiave del punk inglese sia stata un immigrato spagnolo di nome Paco con la sua etichetta La Vida Es Un Mus. Negli ultimi anni abbiamo osservato anche il fenomeno dei canali YouTube che si sono sostituiti ai blog come veicoli per le nuove uscite DIY di band provenienti da tutto il pianeta, alimentando secondo qualcuno mode e sottogeneri, il primo dei quali è sicuramente il post punk cartoonesco e robotico della scena dell’Indiana rappresentata dai leggendari Coneheads o, in maniera più “adulta”, dagli Uranium Club che hanno appena firmato per la quasi-major Sub Pop. E come dimenticare la scarica di 45 giri di Total Punk che ha riportato ai vecchi fasti il punk rock aggressivo, veloce e senza fronzoli, presentato nella veste più economica e diretta possibile (una bustina di carta con dentro un disco, la copertina un semplice timbro fatto a mano su ogni copia). E tra le altre cose che avrai notato se hai seguito il genere ci sarà stato che improvvisamente i dischi delle band an-

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gloamericane della tua collezione erano sempre meno e aumentavano quelli di band latinoamericane, europee, asiatiche. E le persone americane di seconda generazione hanno ricominciato a cantare nella lingua dei loro genitori, facendo tantissimo per abbattere il muro di pregiudizio del pubblico in favore della cultura occidentale. Abbiamo ascoltato punk cantato in spagnolo, catalano, portoghese, tedesco, greco, ungherese, ser-

Quello che annusiamo nell’aria non è lo spirito del tempo: siamo chiusi in uno sgabuzzino e ci stiamo avvelenando con i nostri stessi peti. bo-croato, russo, malay, finlandese… e anche italiano. E questo è una parte di quello che ho visto dal mio punto di osservazione negli ultimi dieci anni. Non è tutto manco per niente. Potrei davvero andare avanti per altre dieci pagine e non avrei coperto un decimo di quello che è successo in questa sottocultura presunta morta. Mi sono addirittura dimenticato di citare il mio disco preferito in assoluto, l’omonimo mini-album degli Anxiety. O forse è la seconda cassetta dei Kaleidoscope. O il primo album dei Low Life. Non importa. È un secolo complicato per il punk, non c’è dubbio. Prima di tutto nella vita reale, perché l’emergenza di governi legalisti, neoliberisti e di estrema destra soffoca la libera espressione di chi ama fare le cose al di fuori delle logiche commerciali, privando il movimento punk di spazi, influenza e libertà di azione. A causa dell’onnipresenza di internet le informazioni sono sparse, difficili da trovare e spesso categorizzate per “bolle” in cui il modus operandi punk viene diluito e indebolito. Anche le stamperie di vinile, che fino a 15 anni fa si sostentavano soltanto grazie ai proventi dei dischi punk prodotti in 300 copie, ora sono intasate di porcate “da collezione” che hanno lo stesso valore culturale dei souvenir per turisti. Ma siccome tutto ciò che è è vivo, il punk è vivo. Il fatto è che abbiamo scelto di costruirci attorno camere ecoiche che moltiplicano esponen-


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zialmente le voci della maggioranza. Ma quello che annusiamo nell’aria non è lo spirito del tempo: siamo chiusi in uno sgabuzzino e ci stiamo avvelenando con i nostri stessi peti. E così in molti di noi stanno allucinando un 21esimo secolo in cui a vivere sono soltanto alcuni generi musicali, perché è quello che respirano. La sottocultura continua a produrre musica e situazioni che, a seconda di quali fumi ti stanno avvelenando, sono le più stimolanti e vivaci o le più noiose e incomprensibili della contemporaneità. Scherzo, non sono nessuna di queste cose: sono e basta, come tutto il resto. Ecco cinque dischi che senza particolare ordine o motivazione ti consiglio di ascoltare in questo inizio di 2020: alcuni sono già usciti, altri sono solo online. (Neon - Neon) Folle, libero, fastidioso, atonale, completamente senza freni è il suono di Neon da Oakland, California. Questa è musica punk per teste pensanti, che si prende il 100 percento della tua attenzione e non lascia spazio per maledizioni come il lavoro e i social media, costringendoti a concentrarti sugli imprevedibili scrosci di chitarra e sulle improvvise sfuriate ritmiche, mentre la voce trasforma in mantra frammenti di pensieri tra la poesia e rivolta. Una delle uscite più interessanti ed esaltanti del punk contemporaneo, con una palette di colori infinita e brillante. Nella migliore tradizione punk, la band si è sciolta subito dopo aver pubblicato l’album. (Tuono - Ho scelto la morte) Hai presente la storia per cui ci sono infiniti universi paralleli con infinite versioni di te? I Tuono sono punk in ogni universo. La band è composta da membri di Kontatto, Horror Vacui, Sang, Impulso—ma se leggendo questo elenco credi di sapere già come suona ti sbagli di grosso. Ho scelto la morte fa l’hardcore italiano anni Ottanta, ma non nel senso che vi si rifà pedissequamente, ma perché allo stesso modo di band come Wretched, Impact o BedBoys incorpora e sintetizza influenze hardcore dal resto del mondo, mescolandole con suggestioni post punk per nulla scontate (l’intro

LOUDERFANZINE di “Non mi aspetto più niente” omaggia il dub alla Slits). I testi sono perfetti per riflettere su quello che sta succedendo dentro e intorno a noi, e magari decidere di cambiare qualcosa.

Se quest’anno devi ascoltare un solo disco hardcore italiano (ma perché porsi dei limiti), eccolo qua. (Sniffany And The Nits - I Love You (…But You’ve Got Nits!))La bandiera del punk hardcore diretto, stupido e col gusto per le cose schifose sventola alta nel punk di oggi più o meno da quando Lumpy and the Dumpers hanno iniziato a inondare il pubblico dei loro concerti di gelatina verde. Sniffany and the Nits si inseriscono in questa


LOUDERFANZINE tradizione con un EP di tre canzoni di brillante inettitudine. Riff semplici e diretti, batteria pogo, voce super espressiva e testi ironici su pidocchi e patriarcato. Il tutto dura poco più di 5 minuti ed è pura perfezione punk. (The Cowboy - The Cowboy) Due membri di The Cowboy vengono dalla formazione dei leggendari Homostupids, di cui questa band sembra decisamente la versione adulta: nel mio mondo questa informazione fa mettere subito mano al portafogli o almeno al pulsante Play, ma se proprio insisti ti spiego due cose in più.

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Questo EP di tre pezzi segue il primo album di due anni fa e anticipa il secondo che uscirà in primavera. In tipica formazione rock’n’roll chitarra-basso-batteria, The Cowboy mettono su un razzo un immaginario mid-America quasi da, beh, appunto, cowboy, e lo lanciano nello spazio interstellare abitato da fini futuristi come gli Hot Snakes. Riff di metallo liquido tipo T-1000 che incontrano un suono da scantinato di inizio anni Settanta, un’attitudine hardcore anni Ottanta e una sfacciataggine anni Novanta (se sul finale di “Way Out Beneath” non ti vengono in mente le Breeders non hai ascoltato abbastanza le Breeders). Quando la gente dice che se gli Stooges si fossero formati in questo secolo avrebbero suonato elettronica, si dimentica che si può fare anche roba come questa. (Iena - La Morte Chiama) Un sacco di gente ha paura ad avvicinarsi a un genere come l’Oi! perché è legato talmente a stretto giro con una sottocultura, quella skinhead, che da fuori pare così codificata da risultare inaccessibile. I fiorentini Iena, al secondo album, hanno spogliato le loro canzoni di quelle tradizioni polverose (il vocabolario per iniziati, le tematiche trite e ritrite, il suono freddo e impersonale) che avevano reso il genere solo una specie di rituale di culto, scavando più a fondo e ritrovando il filone dorato dell’Oi! primordiale: riff memorabili, ritmo trascinante, cori ingegnosi (i giochi con accenti e sillabe di “Sprofonda L’Abisso”, “Il Bacio Della Morte” o “Iena”), aggiungendo testi dal fascino cupo, che non si perdono in cazzate e banalità (anzi, “Contro La Città”, come avevano fatto “Firenze Nord” e “Lo Stivale Brucerà” nell’album precedente, suscita riflessioni sull’alienazione nelle città italiane). Certo che suona come un disco registrato nell’82, ma il suo essere retrò è soltanto un accessorio e non, come per tanti altri dischi con le chitarre, la caratteristica principale—serve solo a contestualizzare propriamente otto canzoni punk fatte come i Nabat comandano.

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Slowthai è il rapper più punk di tutti di Jacopo Medaglia

Cioè, se per "punk" intendiamo un ragazzo che non si fa problemi a insultare la regina d'Inghilterra, rappare delle bruttezze della Brexit e dare testate al muro quando suona dal vivo.


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yron Frampton—slowthai per gli amici—doveva nascere il giorno di Natale, ma è arrivato una settimana in anticipo. Non è un grande fan di questa festività e del suo barbuto rappresentante ufficiale, Santa Claus anche conosciuto come Babbo Natale. Sopra al violino di “Slow Down”, le sue rime si mescolano con il veleno: “Il boiler si è rotto il giorno di Natale / Chiedo a Santa “Perché la mia vita va così?” / Scriverò “riscaldamento” sulla mia prossima letterina / Fanculo Santa, fa un freddo cane”. È la prima traccia del suo EP Runt—il disco che lo ha trasformato da emergente

LOUDERFANZINE pronto a farsi strada in UK a potenza del rap mondiale da tenere d’occhio. “Un uomo entra in casa tua dal camino e si mangia i tuoi biscotti e beve il tuo latte? È una rapina!” esclama oggi nel giardino di un pub di Shadwell, dove stiamo sorseggiando birra. “Dirò ai miei figli che nessuno può entrare in casa nostra e soprattutto nessuno può bere il nostro latte! Loro si metteranno il loro bel pigiama, passeremo una bella serata insieme e poi il giorno dopo quando si sveglieranno troveranno tutti i regali che vogliono perché sono stati bravi e perché il papà gli vuole bene”. Nonostante di solito ci si riferisca a lui come un rapper, slowthai rientra perfettamente nella nuova ondata di artisti che si rifiutano o non hanno alcun interesse a farsi definire da un genere, come Octavian, 808INK e Kojey Radical. I suoi concerti selvaggi e sudati di solito finiscono con lui in mutande e calzini, appeso alle impalcature delle luci o alle balconate, che urla ‘Fanculo la regina’ davanti a una enorme bandiera inglese, come se fosse un vecchio cantante punk. Inoltre, i suoi testi si muovono con facilità tra i seguenti argomenti: la sua vita da piccolo spacciatore, bere il tè con sua nonna, abitare in una roulotte dentro al parco di Butlins, amore e persone che devono “levarsi dal cazzo”. E poi c’è il suo flow, incredibilmente versatile. In “Polaroid” ricorda il Dizzee Rascal di Boy In Da Corner su un beat scuro e grime, mentre nella traccia che chiude l’EP, “Call My Own”, canta un ritornello su un piano freddo e minimale. Nonostante le differenze fra le tracce, la sua voce si riconosce all’istante. Non sarebbe un’iperbole dire che la sua voce non assomiglia a quella di nessun altro. Ma qual è la sua storia? Quando slowthai parla, lo fa lentamente—il nome lo ha preso da un soprannome che gli avevano dato da bambino per come parlava. Oggi, si perde tra una parola e l’altra prendendo tangenti fantastiche—a un certo punto si lancia in una storia che parla di un cecchino che prende di mira Theresa May, una moglie che assassina suo marito con il brodo, una fatina e Elmo dei Muppets che salta fuori senza motivo. Ma quando rappa è un’altra storia: il suo flow può essere rapido e acuminato e sa esattamente cosa vuole dire e come dirlo.


LOUDERFANZINE I suoi concerti selvaggi e sudati di solito finiscono con lui in mutande e calzini, appeso alle impalcature delle luci o alle balconate. Forse per quanto suonano varie le sue canzoni, le sue influenze non sono ben definite. Quando gli chiedo che cosa ascoltava da giovanissimo, risponde che era in fissa con il grime ma poi si mette a cantare “Coconut” di Harry Nilsson, una canzone che ha scoperto guardando Le Iene da bambino. Sorridendo sornione, mi dice che “la scena dell’orecchio” era la sua preferita. Le colonne sonore dei film sono alla base di una buona fetta dei suoi gusti musicali, ma garage e jungle erano colonne portanti a casa sua, e sua zia per un periodo è stata insieme al proprietario di un negozio di dischi. Poi, naturalmente, ci sono gli elementi più punk della sua musica, che lui attribuisce al tempo passato con il suo fratellastro “indie”. “Ascoltavo le band con lui, e ovviamente ai tempi gli dicevo ‘ma sei matto, che cazzo è sta merda’, ma invece oggi penso che sia una figata!”. Il genere non importa per slowthai, tutto quello che conta è che gli piaccia. “Se una persona mi fa sentire un pezzo death metal io lo ascolto, magari mi carica così tanto che finisco per lanciarmi contro un muro di testa, che problema c’è”. Anche se il rap di slowthai racconta alla perfezione le storie e gli scenari elaborati dal suo cervello, i suoi video trovano il modo per aggiungere contenuti alla sua visione. Prendiamo quello di “Ladies”, contenuta nel suo primo EP, che potete vedere qua sotto. C’è una scena in cui lui è nudo e rannicchiato di fianco alla sua

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fidanzata completamente vestita. L’immagine è potentissima, anche solo per la sua rarità nella cultura pop, ma fa anche riferimento all’iconico scatto di Annie Leibowitz che ritraeva John Lennon e Yoko Ono 15 ore prima che lui venisse ucciso. Poi c’è “North Nights”, un’esperienza completamente diversa, fatta di riferimenti ai film preferiti da slowhtai: The Shining, Blair Witch, Arancia Meccanica, L’Odio. “Non so se è la mia curva dell’attenzione”, dice ridendo, in riferimento ai suoi video così elaborati, “ma non mi piace leggere. Sono una persona più visiva”. Giusto per dare un po’ di contesto, slowthai è cresciuto in una casa popolare a Northampton con sua madre e quattro fratelli e sorelle. Ha passato gran parte del suo tempo mettendosi nei guai—niente di serio, ma abbastanza da rendere il suo tatuaggio preferito la scritta “sorry mum” fatta a mano sul petto. “È la frase che pronuncio più spesso”, dice con un sorriso. Il suo torso è pieno di tatuaggi sparsi: uno in stile prigione russa dice “Forever Bruh”, poi c’è “Sometimes” scritto in stile titoli di testa dei Simpson, la testa della Gioconda con “Smile” scritto sulla fronte. Il suo primo tatauggio è stato una piccola nota

"Se una persona mi fa sentire un pezzo death metal io lo ascolto, magari mi carica così tanto che finisco per lanciarmi contro un muro di testa, che problema c'è". musicale sul polso che si è fatto da solo con un ago e inchiostro di china quando aveva 13 anni. “La mamma di mio fratello maggiore—che non è la stessa che ha avuto me—era andata via e lui aveva or-


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ganizzato una festa. Aveva lasciato una finestra aperta e io sono entrato da lì. Erano tutti tipi indie in fissa con i tatuaggi stick and poke, così io e una ragazza ci siamo messi lì e ce ne siamo fatti uno da soli. Ero fattissimo”, aggiunge ridendo. “Sono tornato verso le 5 e alle 7 mia madre mi ha svegliato per andare a scuola, non mi ricordavo nemmeno di averlo fatto. Cercavo di grattarlo via perché ero troppo giovane, ma ovviamente non funzionava. Così mi tiravo giù la manica per nasconderlo”. Sua sorella minore ha trovato il suo kit per tatuaggi e ha provato a farsi un cuore sul polso, ma le è venuto talmente male che quando sua madre se n’è accorta non ha avuto il coraggio di punire nessuno dei due. Al momento, la sua vita si svolge per metà a Northampton e per metà a casa della sua ragazza a Londra Ovest. Quando parla della famiglia di lei, il suo affetto

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traspare chiaramente. “Mi hanno rimesso in salute, sia mentalmente che corporalmente. Non sapevo niente di tutta questa roba”, dice, parlando del cibo biologico che ha appena comprato da Whole Foods. “Costa un sacco ma è molto più buono, ti fa sentire meglio. Bacche di goji”. Il ragazzino che faceva gli scherzi ai vicini di casa scappando fra i palazzi popolari, insomma, oggi mangia bacche di goji a Kensington. Eppure, guardando quello che ha fatto fino a oggi, pare che sia soltanto all’inizio, e pare anche che non abbia competizione. Come ha detto in una delle migliori tracce dell’EP, “GTOMF”, “preparatevi alle botte”. La versione originale di questo articolo è stata pubblicata da VICE UK. Nel frattempo Slowthai l’ha fatto, un disco—si chiama Nothing Great About Britain ed è una fotografia perfetta del Regno Unito e del suo rap nel 2019. Lo dovresti ascoltare, e dovresti venire a Torino a sentirlo dal vivo. Noi te l’abbiamo detto.


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"Sono tornato verso le 5 e alle 7 mia madre mi ha svegliato per andare a scuola, non mi ricordavo nemmeno di averlo fatto. Cercavo di grattarlo via perché ero troppo giovane, ma ovviamente non funzionava. Così mi tiravo giù la manica per nasconderlo".

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l punk è uno dei generi più essenziali del nostro tempo. È una delle poche arene in cui le persone possono davvero sfogarsi, perdersi e celebrare i confini della società con persone affini. Chiunque sostenga che il punk è morto da anni - o addirittura decenni - ovviamente non è mai stato in un seminterrato, in una casa fai-da-te o in un bar per le immersioni. Sia che le band punk di oggi stiano abbracciando l’esperimento, l’angoscia, il sgangherato, il politico o una combinazione di tutti e quattro, questi gruppi sono essenziali per il panorama musicale odierno. Gli ascoltatori che si sentono alienati hanno bisogno del punk più che mai, e fortunatamente ci sono molte band per questo compito. Scorri verso il basso per 20 dei nostri album punk preferiti del 2019, votati dallo staff di Paste .

GIRL BAND THE TALKIES

“In molti modi l’idea alla base dell’album era quella di realizzare una rappresentazione audio della casa”, spiega il chitarrista Alan Duggan. La loro musica più recente parla di uno stato d’animo, abbastanza pervasivo in questi giorni: un’ansia apocalittica. Il loro acclamato debutto Holding Hands with Jamie derivava in gran parte dalla salute mentale della cantante Dara Kiely, incluso un episodio psicotico post-rottura. Sono tornati e pronti a rivisitare la materia grigia che galleggia tra le nostre orecchie. Il gruppo irlandese ha distillato la propria musica in merito al noise rock al suo interno: ondate di suoni che trasmettono emozione e testi che sembrano allo stesso tempo indecifrabili ed evocativi. Girl Band taglia il grasso dove altre band non riescono.

PATIO ESSENTIALS Tutti i 27 minuti dell’album di debutto di Patio Essentials sono abili e propositivi. Questi tre pezzi di Brooklyn - Alice Suh, Lindsey-Paige McCloy e Loren DiBlasi - ciò che creano con suoni sparsi è impressionante. Il soddisfacente contrasto tra il deadpan acuto di DiBlasi e la vocalizzazione soft di McCloy è solo una delle ragioni del loro intrigo. L’interazione vocale tra DiBlasi e McCloy su “Boy Scout” è il miglior esempio e mostra anche l’intera gamma del loro fascino lirico. Le linee sfarfallano tra autoironiche o violente o ironiche o semplicemente tristi. Le delicate armonie vocali di McCloy su “End Game” sono i benvenuti cuscini del pop melodico, e il punk di DiBlasi.


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HEART ATTACK MAN FAKE BLOOD Il secondo album della band Cleveland, Fake Blood, si immerge nel college rock, grunge, punk e power pop, ma tutto ciò a cui penserai sono i loro riff ribollenti e gli incisivi ganci che lasciano tutto fuori dal campo. Le loro melodie pompanti sanguinano abbondantemente mentre i loro riff più lenti sono sedativi in ​​modo soddisfacente. Durante le loro undici tracce, il frontman Eric Egan usa una lurida angoscia fisica come metafora dell’agonia emotiva. Da un lato, Heart Attack Man abbraccia una mentalità contro il mondo con il vapore che emana dalle loro narici, ma hanno anche un lato autodistruttivo che li espone al fuoco amico.

GRAYS AGE HASN’T SPOILED YOUE

“Volevamo spingerci il più lontano possibile da ciò che la nostra percezione di una” rock band “potrebbe essere pur mantenendo alcune caratteristiche che suonano come Grays”, afferma il frontman Shehzaad Jiwani. È un ascolto denso che attinge a tutto, dal punk, al noise e allo psych-pop, al jazz, al trip-hop e all’industrial. Si intrufolano in influenze non convenzionali in un modo che non sembra disgiunto o immediatamente stridente. Il centrotavola di sette minuti alla guida, “Aphantasia”, tiene insieme l’album e oscilla perfettamente come un pendolo da un’idea all’altra. Se lo scopo del punk è di spingere i confini e mettere in discussione la saggezza convenzionale, allora Age Has NOT Spoiled Yousembra un’inclusione nobile. I

DELILUH BENEHAF THE FLOORS Una delle regole non dette del punk è che non dovrebbe sembrare grazioso, ma Deliluh evita quella norma. La band di Toronto trasmette un realismo oscuro attraverso uno storytelling elaborato con cura, e le loro canzoni ronzano come il lento frastuono di una dura giornata di lavoro. Puoi ascoltare questo disco con lo stesso timore e la stessa desolazione che potresti provare quando guardi una colonia di formiche: c’è armonia e semplicità in tutto, ma scava più a fondo e scoprirai una struttura rigorosa che è ostile a sbandati e anticonformisti .


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IGUANA DEATH CULT NUDE CASINO

Il culto della morte dell’Iguana in cinque pezzi olandesi è tornato con un’assurdità ancora più grande di prima. Il loro nuovo album Nude Casino è una ricerca per uscire dalle grinfie amare della vita con i massimi livelli possibili di divertimento e dissolutezza. Mentre il loro debutto mescolava un veloce punk in garage con una costante psicologia e abilità post-punk, Nude Casino li vede abbracciare il loro lato più strano: si immergono persino le dita dei piedi nella New Wave e nella discoteca. Mentre l’album si maschera da riempitore di dancefloor e da antipasto di moshpit, i loro testi esplodono. Il frontman Jeroen Reek si presenta come un pasticcio nevrotico e Nude Casino è la sua vasta gamma di risposte a tali nevrosi: esaurimento totale.

EZRA FURMAN TWELVE NUDES . Al contrario, dodici nudiha un vantaggio punk caotico e crudo, fatto di fretta con una sensibilità al primo pensiero e al pensiero migliore che spruzza schegge psichiche in ogni direzione. È anche orecchiabile da morire. Usa l’umorismo come copertina mentre esplora la sua fluidità di genere in “I Wanna Be Your Girlfriend”, una canzone più lenta con un’atmosfera torcia. Dodici nudiè rumoroso, a volte sarcastico, spesso appuntito e invariabilmente divertente. L’album è opera di un artista con un acuto senso delle proprie capacità ed è una colonna sonora adatta a un mondo in subbuglio.

BEHAVIOR SPIRITS AND EMBELLISHMENT Il trio di Los Angeles Behavior rappresenta la grandiosa ala del punk. Il loro terzo album Spirits and Embellishmentssperimenta particolari segni del tempo e riflessioni filosofiche, ma sembra più grande del punk, a volte attingendo alle melodie pop e altre volte abbracciando la natura mercuriale del jazz. È un record di tensione avvincente e irrequietezza insopportabile, orchestrata dalla loro voce vocale che striscia lentamente. Ciò che appare malinconico e sobrio all’inizio si trasforma spesso in bellezza e indulgenza. Sono inquietanti, sia liricamente che musicalmente, Behavior si distingue per levaste costruzioni che vengono rapidamente abbattute.


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OTOBOKE BEAVER HITEKOMA HITS

Otoboke Beaver sono i principali contendenti per l’album punk tecnicamente più impressionante del 2019. Il loro secondo album Itekoma Hits è pieno del suono di un dissoluto cameratismo e di un polverizzante thrash strumentale. Con una voce che spazia dal giocoso twee-pop a grida minacciose, Otoboke Beaver ride allegramente mentre si alternano lanciando mazze da baseball ai finestrini della macchina. Si tratta di una musicalità di alto livello con tempi scivolosi e una barriera relativamente alta all’entrata, ma attingere ai loro groove vivaci e alla racchetta punk artistica è più che degno di una prova. Tuttavia, cavalcare le loro giostre è ancora un ottimo posto dove stare.

PARSNIP WHEN THE TREE BEARS FRUITS Si tratta di divertirsi nei lati più leggeri e più cupi della vita, il tipo che ha riempito la nostra infanzia di meraviglia immaginativa e purezza dagli occhi stellati. Ricordi quelle idee che hanno generato astronavi di scatole di cartone, castelli di sabbia alti dieci piani e pozioni di streghe fatte da vari liquidi nel tuo mobiletto del bagno? Pastinaca ti ricorderà. Non è affatto un disco infantile, ma la loro voce condivisa e le tastiere folli ti permetteranno di uscire temporaneamente da qualsiasi cinismo o nichilismo che ti sta affliggendo.

EMPATH ACTIVE LISTENING: NIGHT ON EARTH

I quattro pezzi Empath non sono la tua band noise-pop quotidiana. Si destreggiano magistralmente e curiosamente con dolcezza pop bubblegum, tornado rumorosi di chitarra, sintetizzatori off-kilter ed effetti sonori della natura ambientale. Nella cassetta dell’ultimo anno, l’EP Liberating Guilt and Fear, travolgono intenzionalmente rumori discordanti di punk-rumore, fascino con melodie pop melodiche e sconcertanti sfumature sperimentali. Contiene misteriose sinfonie che sfidano tutti gli stati della materia musicali precedentemente esistenti. Non tutti gli ascoltatori si divertiranno con la dissonanza burrascosa della band, ma coloro che lo faranno saranno ricompensati da una densa ricchezza pop e da testi poetici e profondamente toccanti.


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KIM GORDON NO HOME RECORD Gordon non fa molta scorta ai superlativi che si sono accumulati intorno a lei nel corso degli anni: pioniera, visionaria, icona, leggenda, faro. Ora, all’età di 66 anni, Gordon esce con No Home Record, un feroce debutto solista. È frastagliato, caotico e ipnotizzante in un modo che ti porta inevitabilmente nel bel mezzo di esso, come se le canzoni esercitassero la loro inevitabile gravità. Armeggia con ritmi, intonando brevi e incisive frasi liriche su un ritmo meccanico ipnotico su “Cookie Butter”, e lasciando cadere i tamburi elettro-scontro su “Sketch Artist” qua e là per intermezzi in forma libera. Verso la fine salta del tutto il ritmo di “Earthquake”, cantando in toni oscuri su chitarre alla deriva, crescendo di lavaggi di piatti e qualche rumore friabile elettronico in sottofondo.

CONTROL TOP COVERT CONTRACTS

L’album di debutto di Control Top a tre pezzi sposa melodie pop accorte, contorcendo chitarre punk e il ruggito degli occhi di Ali Carter. Covert Contracts è sfacciato nella sua non conformità, ma se stai cercando una band per combattere la macchina semplicemente per segnare punti di risveglio o per proiettare un vuoto richiamo all’unità, questa non è la tua band. Controlla il taglio superiore attraverso le cazzate senza battere un cavallo morto o allungando la mano per ottenere frutta bassa. I scrupoli di Ali Carter sono molto più profondi dell’attuale farsa presidenziale: si tratta di abbattere le strutture di potere e sgonfiare l’ego ovunque esistano.

BRUTUS NEST Il loro rock costruito in modo coscienzioso è filtrato attraverso obiettivi punk, black metal, post-rock e post-hardcore, ed è incentrato sulla voce principale a volte spietata, a volte incredibilmente bella di Stefanie Mannaerts. La sua collisione tra il tenero e l’abrasivo è ciò che rende il nido di Brutocosì succulento. Quando la voce di Mannaerts opta per una morbidezza effimera, i tamburi e le chitarre mostrano spesso i loro denti, quasi in modo materno e protettivo, e quando Mannaerts cerca i ruggiti taglienti, gli strumenti diminuiscono per un supporto più freddo.


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PUP MORBID STAFF L’abum è al crocevia di gioia vivace e debilitante odio di sé. Traboccano di testi angoscianti di ansia, crepacuore e feroci auto-abbandoni, ma i loro rassicuranti riff pop-punk e ritornelli ti faranno impazzire e riportarti ai tuoi sensi. La collisione di totale desolazione ed esuberanza giovanile che caratterizza questo disco si manifesta anche sulla copertina dell’album: quattro persone suonano sedie musicali con coltelli in mano, cappelli da festa e bende.

OSO OSO BASKING IN THE GLOW Arriva nel bel mezzo di “scavare”, prenotato sul front-end da un paio di minuti di pop-rock divertente che sbatte come Pinback e sul back-end da una coda che cresce bene, ma alla fine sembra inutile. Nel mezzo sono 34 gloriosi secondi in cui la canzone si apre e gira la faccia verso il sole, unendo distorsione pesca-fuzz, una progressione affidabile di accordi, una coltre di piatti e la voce impennata di Lilitri. La combinazione di suoni contrastanti e melodia accattivante è la materia di cui è fatta la pelle d’oca.

MANNEQUIN PUSSY PATIENCE L’album è più nitido, più piccante, più lungo e più pienamente realizzato di qualsiasi altra cosa abbiano pubblicato in precedenza. In 26 minuti ancora modesti, Mannequin Pussy, guidata dalla frontwoman Marisa Dabice, lancia un punk-pop che ti farà desiderare di abbracciare te stesso adolescente, ma anche di combattere per conto dell’adulto che sei diventato. Canta di relazioni violente, odio per se stessi e inadeguatezze personali, rivelazioni con cui ha lottato per anni prima di parlare di loro. Pazienzainizia con un battito cardiaco ansioso, ma si conclude con il tipo di battito cardiaco per cui tutti ci battiamo.


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INDIRIZZARIO Se vi trovate in una di queste città, fate visita in questi posti: MILANO Bastard Bowl, Via Scipio Slataper, 19 Virus,Via Correggio, 18 New Kary, Piazza San Giorgio Free Sound,Via Giorgio Washington,40 Pergola Move & Reload, Via Della Pergola, 5

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NEW YORK CBGB & OMFUG, 315 di Bowery street, Manhattan Duff's, 168 Marcy Ave, Brooklyn Iggy's Keltic Lounge,132 Ludlow Street



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