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LOUDER Nuovi input per nuovi codici

N° 02 GENNAIO 2020

€ 5,00

LOUDER FANZINE


I°

2019- 2020

Anno

Edizione

Settimanale

Fanzine


EDITORIALE Ficatusc imaximint ut vellautat antectiaecus expernam re, asperit officabor sint facilias dolupid quo con nistia in cuptatur suntum fugitiis dundia quibus mollitatia sit et volest, con presto mos ea inum ea ium dempos pla dit andam veliatem qui que ium harci blacium, eum nam nos cusapita comnimi, que ea aspe vernam lant qui ommolorro beribus net experum, vellaut endempo remporro blaut volecto eatia plabor simpora excerum nimillu ptatur aturibus dus de sum hilictur? Maio veraeprorro temporporem ipsum comnimus ercidi temporrum aliqui nulla assequam illitio occab iminvel invendene est essimagnis aborerum aut entur solenit, nonsed quis debis accabo. Pit quis ea vollorerum reri aspedic tet elenda dem ratur aut vide in consequi odipist ibusam qui aut es ut perehende verum ipsamet doloris quuntia dolenem nima doluptia netur adis num rendit, quas qui tempossum volendi psumquate cus solum eos et aut poremolupti conseceperi int voluptatur aperepe liquas sum rerio consequissim ut labores nobit autest, cupis conetur, venisciis everchilibus aut aut ius a commolu ptatiatem fugit autatur? Itati cum et ipicia enihita que nobiti te volorioreius eum nia nonem voloris consed untibusant laboreptio estisqui culla ipsapid ulluptat aute nobisa in cuptatur suntum fugitiis dundia quibus mollitatia sit et volest, con presto mos ea inum ea ium dempos pla dit andam veliatem qui que ium harci blacium, eum nam nos cusapita comnimi, que ea aspe vernam lant qui ommolorro beribus net experum, vellaut endempo remporro blaut volecto eatia plabor simpora excerum nimillu ptatur aturibus dus de sum hilictur? Maio veraeprorro temporporem ipsum comnimus ercidi temporrum aliqui nulla assequam illitio occab iminvel invendene est essimagnis aborerum aut entur solenit, nonsed quis debis accabo. Pit quis ea vollorerum reri aspedic tet elenda dem ratur aut vide in consequi odipist ibusam qui aut es ut perehende verum ipsamet doloris quuntia dolenem nima doluptia netur adis num rendit, quas qui tempossum volendi psumquate cus solum eos et aut poremolupti conseceperi int voluptatur aperepe liquas sum rerio consequissim ut labores nobit autest, cupis conetur, venisciis everchilibus aut aut ius a commolu ptatiatem fugit autatur eos et aut poremolupti vollorerum reri aspedic tet enda quibus aut ius a ut labores.Itati cum et ipicia enihita que nobiti te volorioreius eum nia nonem voloris consed untibusant laboreptio estisqui culla ipsapid ulluptat aute nobisa in cuptatur suntum fugitiis dundia quibus mollitatia sit et volest, con presto mos ea inum ea ium dempos pla dit andam veliatem qui que ium harci blacium, eum nam nos cusapita comnimi, que ea aspe vernam lant qui ommolorro beribus net experum, vellaut endempo remporro blaut volecto eatia plabor simpora excerum nimillu ptatur aturibus dus de sum hilictur?

Sara Elisa


LOUDER

Nuovi input per nuovi codici N°01 Dicembre 2019 IDEATO DA Sara Mondelli Elisa Invernici PRODOTTO DA Sara Mondelli Elisa Invernici PROGETTO GRAFICO DI Sara Mondelli Elisa Invernici STAMPA Luogo di stampa (+via) Punto metallico Carta 120gr Copertina 300gr Testata con vernice a rilievo COPERTINA Sara Mondelli Elisa Invernici

SOMMARIO 08 Mezz’ora a cuore aperto con Nitro su “GarbAge” 18 “Gesù era un fattone” i Cypress hill raccontano il nuovo album 24 Assalti frontali: intervista 30 Il Wu-Tang Clan e un’autocomplete review 36 La risposta di Flavor Flav a Chuck D: “Vuoi distruggere i Public Enemy per la politica?” 40 Lowlow è finalmente ritornato nella sua Itaca 46 Best mix 2019 54 Indirizzario




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"O cacci pensieri sul foglio perchè non ti stanno piÚ in testa, oppure ti ritrovi a dire solo cazzate" di Alfonso Pellegatta

Mezz'ora a cuore aperto con Nitro su 'GarbAge': abbiamo cercato di capire da dove nasce la rabbia del rap di Nitro.


prima barra del freestyle che ho fatto uscire pochi giorni fa. ‘Il virus mi dà fastidio a malapena, perché sono due anni che vivo in quarantena”. È la descrizione perfetta di questo momento, del luogo anche mentale in cui sono stato negli ultimi 7 o 8 mesi per costruire GarbAge. A dirla tutta, sono due anni che praticamente non esco. Ma da settembre è cominciato il trip serio, quando ho cominciato a chiudermi ogni giorno in studio con Stabber”. Nemmeno a fine giornata, per staccare e vedere qualche amico? È paradossale parlare di amici e concedersi il lusso di pensare al proprio isolamento come un fatto artistico o professionale, mentre le nostre facce si espandono nella cam e ci scrutiamo l’un l’altro consapevoli di quello che

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tutte le scale e tutti gli intervalli, per capire anche meglio come spostarmi nel mio range di note. Una volta che come cantante capisci dove va la tua estensione vocale, puoi lavorare su come raggiungere più note e superare i tuoi limiti, ma soprattutto puoi imparare dove potertela giocare. Nel tempo libero suono sempre, e che si tratti di scrivere, creare, o aiutare gli altri musicisti sono sempre chiuso qui dentro. E sto benissimo”, mi racconta con un sorriso ancora più evidente. L’impressione è che il percorso del Nitro musicista abbia finito per incrociare quello dell’uomo e del semplice appassionato di musica. Il risultato è una maturazione imprevista, la necessità di ampliare gli orizzonti e sviluppare una diversa grammatica sonora, come uno stato postem-

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i guardiamo attraverso lo schermo e come in uno specchio, io e Nitro siamo entrambi seduti al chiuso di una stanza, da soli e vicini al tavolo apparecchiato con i nostri ammennicoli: lui ha i suoi strumenti, l’impianto e i microfoni; io i taccuini, la tastiera e i miei appunti. Al tempo stesso è una maniera bizzarra per cominciare un’intervista faccia a faccia, e la più naturale possibile, distanti come possono esserlo due persone che non si sono mai viste prima e lontani come chiunque altro, nella quarantena. Da quello che ho ascoltato, letto e visto, ho però l’impressione che la situazione non lo colga impreparato. “Non cambia nulla,” mi conferma, “è proprio come nella

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(non) accade fuori a causa del COVID-19. “Al massimo al bar, a bere due cose per poi tornare indietro e continuare. Non credere, a me piace e piace tanto. Sapessi quanto cazzo è difficile tirarmi fuori di casa quando sono in mood da fare dischi. Specialmente adesso che ho il mio spazio e studio,” mi racconta allargando fisicamente e con un gesto lo sguardo lungo tutte le quattro mura della sua stanza. “Non puoi vederli, ma qui ho tutti i miei marchingegni. Mi sento come il ragazzino più fortunato del mondo nella cameretta dei suoi sogni, tanto che sto finendo per appassionarmi indirettamente a milioni di cose diverse, studiando con la drum machine o la tastiera. E prendo anche lezioni di canto, di musica e pianoforte. Sto imparando a riconoscere

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"Sapessi quanto cazzo è difficile tirarmi fuori di casa quando sono in mood da fare dischi."


brionale di una nuova creatura. “GarbAge è stato registrato nello Studio Machete, certo, ma è stato prima pensato qui. Esattamente come un figlio: nasce in ospedale ma lo concepisci da un’altra parte. Una canzone come ‘Cicatrici”, con i suoi ‘Hai mai saltato nell’oblio/ Quando non c’è più scampo? / Hai mai chiesto un placebo a Dio / Se non c’è nulla in cambio?’, è nata letteralmente su questo tavolo davanti a cui sono seduto. “Credo sia anche il motivo per cui il disco è venuto così ibrido. Stavo qua e provavo” e provando riportava in circolo un approccio diverso, più libero e meno ancorato a schemi ormai collaudati: “Secondo me la situazione ha rievocato molto anche camera mia, un ambiente dove fregarsene metaforicamente di tutti e ascoltare tutta la musica che volevo, da un genere all’altro, senza interessarmi a quel che diceva la gente. D’altronde, quando ero io adolescente la musica era abbastanza schierata. C’erano i metallari, i truzzi… oggi si usa tanto il termine gang. Ma una volta la musica era davvero molto più gang. Era a compartimenti stagni.” A quelle barriere Nicola, questo il suo vero nome, è tornato per tirarle giù metodicamente, tanto che quando gli faccio notare quanto il suo approccio mi abbia ricordato spesso una sorta di crossover, come il genere musicale in voga a inizio Duemila, mi conferma: “Mi sono studiato e riascoltato proprio quei dischi, alcuni dei quali sono stati per me formativi: il primo Korn del 1994 e il primo

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persino ascoltato per un giorno intero Screamin’ Jay Hawkins.” Tutto da solo, chiedo? Figurarsi. “Stabber e Slait della Machete Crew mi hanno aiutato tantissimo. Slait, ha la grande dote di capire i cazzi degli altri e di lavorare dietro le quinte, lasciando tutta la libertà dovuta e voluta. Mi ha lasciato lavorare con Stabber come se fossimo in un immenso parco giochi fatto di musica. Ogni giorno in studio fino a orari improponibili. E lui sempre presente, a supervisionare. Ma quello che si è sorbito rotture di cazzo persino maggiori è stato Stabber: santo subito, pazienza infinita. Anche

dei System of a Down, poi sicuramente gli (Hed)Pe, gli Head Planet Earth, che sono il mio gruppo preferito. Li conosco e sono anche venuti a casa mia, ogni volta che passano a suonare in Italia li vado a beccare. Ho anche la loro bandana, guarda,” mi dice indicandomi la sua testa scapigliata ma imbrigliata proprio da quella bandana in nero e bianco. “Me l’hanno regalata proprio loro”, continua. “Sono un’ispirazione enorme e se li ascolti capisci molto il suono di Nitro: loro rappano, ma ci mettono dentro il metal, il growl, il reggae, il punk e lo scream anche se la canzone rimane rap. A me piace proprio sguazzare dentro questa concezione della musica. E poi ho riascoltato i dischi dei Gorillaz, dei Pink Floyd e dei Led Zeppelin, e a una certa ho

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Nitro è arrivato a una maturazione imprevista, alla necessità di sviluppare una diversa grammatica sonora, come una nuova creatura.

per i miei scompensi emotivi barra psicologici, d’artista.” Più che un cliché, l’esigenza di restare vero e a contatto con se stesso e i propri dubbi, “Mi posso svegliare la mattina ed essere convinto di non sapere fare nulla. Lo so che la gente non lo crede, che ha questa immagine super sicura di me che non capisco chi l’abbia instillata, visto che è dal primo disco che mi piango addosso. Sono una persona che pensa tanto. E come tutte questo tipo di persone, o cacci i pensieri sul foglio perché non ti stiano più in testa e fai i dischi come i miei, oppure ti ritrovi a dire solo cazzate, fare solo puro intratte-


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nimento e non pensare al resto, ai pensieri negativi. Sono entrambe soluzioni ottime, intendiamoci. E non è detto che a quarant’anni decida finalmente di divertirmi. Visto che a venti facevo dischi con la testa del quarantenne.” “È stata una scelta controcorrente e voluta,” continua Nitro, “perché oggi l’andazzo è: fai e produci. E poco considerato è il: fermati, pensa e solo dopo agisci. Penso che per interiorizzare una tecnica, come nel rap, all’inizio il suono possa risultare un po’ legnoso, ma una volta che la impari diventa parte di te e ti viene naturalmente. GarbAge è stato fatto proprio per formare un imprinting che mi dia la possibilità di pensare in maniera molto più aperta musicalmente. Io e Stabber siamo proprio sulla stessa lunghezza d’onda. Non è solo un bravissimo producer, è anche un eccezionale arrangiatore. Se questo disco vi suona matto, i prossimi saranno ancora peggio. È la mia metamorfosi: sono ancora io ma sto già diventando un’altra cosa.” Con la metamorfosi torna l’idea della fase di passaggio, di una maturazione in atto ma non ancora del tutto compiuta, come testimonia anche il riscontro frammentato dei fan e degli ascoltatori, divisi tra il solito apprezzamento e vari fraintendimenti. “Capisco bene, e qui lo dico, che una traccia come ‘Rap Shit’ possa sembrare preparata a tavolino, grazie al featuring con Gemitaiz e al ritornello affidato a tha

a sperimentare con questa voce bassissima e strana, che cerco da anni di affrontare, una voce un po’ alla Busta Rhymes. Mancava però il ritornello.” E da dove è arrivato, il ritornello? “Per chiedere una penna sono entrato da Slait, a fianco dello studio dove stavamo lavorando, e ci ho trovato Young Miles e tha Supreme. Abbiamo chiacchierato e mi han chiesto di sentire qualcosa del disco. Supreme si è preso benissimo ed è diventato naturale chiedergli se volesse partecipare, dandogli poi totale libertà. Visto anche il poco tempo a disposizione e la struttura del pezzo, ha dimostrato grande intelligenza compositiva nel lasciar rappare noi e limitarsi solo al ritornello. Credo, anzi, sia proprio questo a rendere il pezzo vincente, insieme alla melodia quasi orientaleggiante che ha tirato fuori, a cui io non avrei mai pensato. Niente mail, niente discorsi a tavolino. Persone reali beccate in occasioni reali.” Non posso a questo punto non chiedergli se lo stesso discorso è valido per le altre collaborazioni presenti nel suo GarbAge. La conferma arriva in velocità, “Assolutamente. Per esempio, vale per ‘Gostoso’ con Giaime e Andry The Hitmaker. Ero con la mia ragazza al concerto di Anitta, noi stavamo ballando e li ho incontrati entrambi per puro caso, dando vita a una situazione tipo quella nel meme di Spiderman. Abbiamo persino scoperto che tutte e tre le nostre morose sono brasiliane. Abbiamo passato una bellissima serata insieme e il giorno dopo in hangover non ho resistito, li ho chiamati e detto loro che dovevamo fare qualcosa insieme. Così è nato il pezzo, con il suo slang pseudo brasiliano. Perché quando ci mettiamo a fare gli zarri lo facciamo sul serio, non giochiamo. Tuttavia, mi spiace il pezzo non sia stato preso bene. Non è stato molto capito, direi, ma può essere dovuto anche al fatto che il funk brasiliano è molto particolare e ha un suono molto fisico.” Probabile, certo, ma l’impressione è anche che l’eventuale scontento rientri in una criticità più grande, quella di chi si aspetta un’omogeneità nei suoni che rasenta l’abitudine e la routine stilistica. Per questo diventa molto interessante chiedersi come sia andata anche per l’energica e nervosa “MURDAMURDAMURDA”: “Quel pezzo lo volevo fare da tre anni. Quel campione lì è di Lou X e Disastro, tratto da ‘La ragione e l’odio’, è il mio sogno da sempre, l’unica cosa che da piccolo mi ha fatto pensare che in Italia ci fosse

"Se questo disco vi suona matto, i prossimi saranno ancora peggio. È la mia metamorfosi: sono ancora io ma sto già diventando un’altra cosa." Supreme. Ma è una stronzata. Ero in un momento particolare della lavorazione, un po’ bloccato, e Davide e Stabber mi hanno invitato a Roma per staccare un po’ da Milano e dalla trafila dello studio dove ero piantato già da cinque o sei mesi. Come ho esplicitato anche nel pezzo. Dunque, ci siamo trovati e abbiamo cominciato a lavorare. Davide ha scritto mezza strofa, io mi sono esaltato e ho d’istinto registrato la prima barra, dove ho provato


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qualcuno come i Cypress Hill. È ancora incredibile e, se penso che è uscito quasi contemporaneamente agli stessi Cypress Hill, mi vengono i brividi. Ogni volta che qualcuno dirà che non faccio rap dovrà sentirsi ‘sta roba, c’è tantissimo della mia gioventù e di quello che ho amato, lì dentro.” E ancora: “Ocean Wisdom ha voluto partecipare dopo aver visto il mio Colors. Mi ha contattato lui, ci siamo visti, piaciuti e abbiamo collaborato insieme. Mentre i Ward21 li ho raggiunti grazie a un amico che si occupa di musica dub/ reggae e conosce un po’ tutto il giro, mi ha fatto conoscere il pezzo fatto con Major Lazer, oltre a tutto il resto della loro carriera che forse io ero ancora troppo piccolo per apprezzare. Qui ho voluto sperimentare questa sorta di rap-reggae. Tanto, di certo non eravamo alla spasmodica ricerca del singolone.” E di certo la ricerca della hit non è mai stata la priorità per Nitro, e meno che mai lo è adesso. “Sai quante volte crescendo mi hanno fermato per strada e insultato in faccia,” mi chiede, “‘Dove vai? Sei una merda, la tua musica fa schifo’. Mi hanno mai fermato? No” e non fatico a crederlo, non di fronte a tanta foga e, soprattutto, non di fronte ai risultati raggiunti. “Voglio migliorarmi in continuazione fino a essere considerato uno degli artisti migliori di ‘sto cazzo di posto. È vero che almeno una volta a disco penso di smettere. E, ti dico, non è ancora detto il contrario. Potrei mettermi a fare qualcos’altro, ho le capacità e i mezzi. Però c’è una parte di me che dice: non te .la do vinta. Dopo anni di lavoro persi a dare il meglio non solo per sé ma anche per gli altri, per le persone a cui piace


“Sai quante volte crescendo mi hanno fermato per strada e insultato in faccia? Mi hanno mai fermato? No." la tua musica… non è vero che non ti affezioni alle persone, ai tuoi fan. Ne ho almeno 10 o 15 che conosco per nome, che becco ogni tanto e a cui voglio davvero bene.” Un affetto che non sembra affatto parte di un racconto, quanto della necessità specifica di lanciare il cuore a ogni tratto, che lo voglia o meno. D’altronde, è quello che succede se, come Nitro, hai cominciato da giovanissimo: “Ho dovuto lottare per essere quello che sono. Forse è questo che mi fa sentire perennemente inopportuno. Però è anche la mia forza e devo imparare a conviverci. Staccare dal telefono e dai social e mettermi a scrivere. Ho visto come ti cambia la vita,” anche se quei social comprendono il solito Instagram, ma anche chicche quali Pinterest o Busuu, segno di una ritrovata leggerezza. “Ho cominciato a pensare al mio benessere. Non ho più tempo


per le situazioni negative. Voglio solamente imparare, divertirmi, fare e vedere cose. Andare a sentirmi qualche stand up comedian, la mia passione: magari uno tra Filippo Giardina, Giorgio Montanini, Giorgio Magri, Luca Ravenna e Tommaso Faoro, un altro veneto, che ti fa pisciare addosso dal ridere. Oppure, voglio poter dare qualche consiglio ai ragazzi che si approcciano a questo lavoro, come J. Cole che intervista Lil Pump, come hanno fatto altri come Bassi Maestro con me quando ho cominciato. Eravamo io e Rocco Hunt, due pargoletti”, e un poco di malinconia. “Casa mia è aperta a chiunque voglia fare rap. Salmo un giorno mi ha detto: quando tu hai i mezzi per far venire fuori qual-

cuno che merita, se non lo fai sei un codardo. Questa idea mi ha cambiato la vita. Perché comunque nella vita normale, fatta di spese, mutui e cazzi e mazzi, ci sono già tanti problemi, non dobbiamo anche farcene di ulteriori, e magari di virtuali. Soprattutto in quello che facciamo per divertirci. Dobbiamo smetterla di farci influenzare negativamente dal giudizio altrui.” E il tuo ultimo disco come si inserisce in questo discorso? “GarbAge significa proprio dire che Nitro non è più Nitro, che niente è più come prima, quindi tutto vale tutto. Che piaccia o meno, ho fatto quel che volevo. ‘Coltivo dove tutti han detto che non cresce un cazzo’, come dice Esa. Mi sono tanto divertito e chi se ne frega del resto.



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"GESÙ ERA UN FATTONE " I CYPRESS HILL RACCONTANO IL NUOVO ALBUM di Nicholas Banfo

Nonostante siano quasi cinquantenni, la band più solida e longeva del panorama hip hop americano non ha intenzione di mollare il colpo, come dimostra l'ultimo album 'Elephants on Acid', che ci hanno raccontato da Los Angeles.


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primati dei Cypress Hill, una delle band più solide e longeve del panorama hip hop americano, sono parecchi. Tanto per cominciare, sono il primo gruppo rap latino ad arrivare al disco di platino: Sen Dog (di origini cubane), B-Real (padre messicano, madre cubana) e dj Muggs (italo-cubano) si sono conosciuti da ragazzini a South Gate, in California, e da allora non hanno mai smesso di fare musica insieme, come solisti o nei loro side-project. L’ultimo, e forse il più celebre, è quello che vede B-Real impegnato nelle fila dei Prophets of Rage insieme a Chuck D dei Public Enemy e a buona parte dei Rage Against the Machine; li abbiamo visti in Italia quest’estate, in apertura al concerto milanese di Eminem. Sono anche stati tra i primi a celebrare la cultura dell’erba nei loro dischi, che non a caso sono tra le colonne sonore preferite dai fumatori di tutto il mondo, e a cimentarsi con successo nel crossover con il rock. E sono anche stati tra i primi a differenziare la propria immagine dall’estetica del rap: le illustrazioni che utilizzano da sempre per le copertine dei loro album, un tripudio di scheletri, croci, colori cupi e caratteri gotici, ricordano più quelle di un gruppo death metal. Oggi si avvicinano alla cinquantina, ma non per questo hanno intenzione di mollare il colpo, sottolinea Sen Dog ridendo, mentre si gode una rara mattinata di relax nella sua Los Angeles in attesa di ripartire per la promozione del loro nuovo disco, lo psichedelico Elephants on Acid.


Come mai ci avete messo così tanto a decidere di pubblicare un nuovo album? Dopo l’uscita del nostro disco precedente, Rise Up (2010), siamo stati in tour il doppio del tempo rispetto al solito. Non c’era un motivo preciso, semplicemente ci siamo adattati così bene alla vita on the road che non volevamo fermarci più! Avremmo voluto pubblicare un album molto prima, ma essendo sempre in giro non ci siamo riusciti. In ogni caso non cerchiamo scuse: ora siamo finalmente pronti, e molto soddisfatti. È anche il primo disco dei Cypress Hill prodotto da dj Muggs in quasi 15 anni. No, non credo, l’ultimo a cui ha lavorato anche Muggs è stato Till death do us part… Che in effetti è del 2004. Oddio, è già passato così tanto tempo? Com’è stato ritrovarsi? Eh sì.Sia chiaro, non è che avessimo smesso di parlarci o roba così: ci conosciamo da quando avevamo quindici anni, perciò siamo sempre stati molto uniti e non ci siamo mai davvero persi di vista. Negli ultimi anni magari ci frequentavamo meno, perché quando si cresce così è la vita, ma per lavorare a quest’album abbiamo ricominciato a vederci più spesso, ed è stato bellissimo. Il titolo del disco, tra l’altro, è stata un’idea di dj Muggs: leggenda vuole che ve lo abbia proposto dopo aver sognato degli elefanti in acido. Esatto. Ci piaceva un sacco il nome e l’idea, anche se per ciascuno di noi ha un significato diverso: per Muggs è quello del suo sogno, per me è solo un’immagine pazzesca, un trip folle, che si sposa perfettamente al sound dell’album. Da sempre ci piace differenziarci dagli altri gruppi rap per immaginario e grafiche, perciò scegliamo con molta cura i titoli e le copertine dei nostri dischi. La tracklist dell’album è lunghissima, ma non – come di questi tempi capita spesso – per acchiappare più play su Spotify: avete inserito un sacco di skit e interlude da poche manciate di secondi, una cosa che facevate spesso nei vostri primissimi dischi. Cosa rappresentano per voi? Nulla di particolare, in realtà: sono delle note di colore, dei piccoli groove inseriti qua e là che fa piacere ascoltare insieme alle tracce vere e proprie. È una mania di dj Muggs, e ora che è tornato a far parte in pianta stabile del gruppo ha ricominciato a darci dentro.


La traccia in assoluto più visionaria del disco probabilmente è Jesus was a stoner (letteralmente, “Gesù era un fattone”, ndr). Da dove salta fuori l’idea? Quando siamo in studio a registrare abbiamo una lavagna su cui appuntiamo gli spunti per le varie canzoni: possibili titoli, idee, cazzate… Chiunque abbia un’illuminazione si alza, prende il pennarello e ci scrive sopra qualcosa. Non ricordo chi se ne sia uscito con la frase “Jesus was a stoner”, se B-Real o Muggs, ma un bel giorno sono entrato in studio e l’ho trovata scritta lì, nero su bianco. Era fighissima e assurda, perciò l’abbiamo usata, ovviamente. Elephants on Acid è una specie di viaggio intorno al mondo attraverso il suono: dipende dagli ultimi anni di incessante tour in giro per i cinque continenti? Su questo non saprei dirti, ma era proprio così che lo volevamo! Cerchiamo sempre di trovare un approccio nuovo e diverso per ogni album che facciamo. Abbiamo fatto cose prettamente hip hop, progetti crossover, dischi in cui mescolavamo il reggae o la musica latina con il rap… Ci divertiamo a sperimentare e a non ripeterci troppo, pur rimanendo sempre noi stessi. Elephant on Acid assomiglia molto ai nostri primi lavori, ma è aggiornato al 2018. Quest’anno cadono i trent’anni dalla fondazione del gruppo. Avete in mente di festeggiarli in qualche maniera particolare? È vero, artisticamente siamo nati nel 1988, ma il nostro primo album omonimo è uscito nel 1991, perciò credo che aspetteremo il 2021 per le celebrazioni ufficiali in grande stile. O forse cominceremo già a festeggiare l’anno prossimo, quando ci assegneranno una stella sulla Hollywood Walk of Fame. Ti sei fatto un’idea di quale sia il segreto della vostra longevità come band? Non mollare. Credere in se stessi. Non far passare troppo tempo senza rivedersi o rimettersi al lavoro: anche quando trascorrono anni tra un album e l’altro, cerchiamo di riempire le pause con i tour, perché se non vai in tour e non spacchi dal vivo, non puoi definirti parte di una vera band. E restare fedeli alla propria arte: ovviamente crescendo ci si evolve, quindi cambiare idea è lecito, ma non tradire i propri princìpi è fondamentale. Devi nutrire la tua creatività e la tua carriera, allevarla come se fosse una figlia, per essere sicuro che cresca e diventi grande e forte. La tracklist dell’album è lunghissima, ma non – come di questi tempi capita spesso – per acchiappare più play su Spotify: avete inserito un sacco di skit e interlude da poche manciate di secondi, una cosa che facevate spesso nei vostri primissimi dischi. Cosa rappresentano per voi? Nulla di particolare, in realtà: sono delle note di colore, dei piccoli groove inseriti qua e là che fa piacere ascoltare insieme alle tracce vere e proprie. È una mania di dj Muggs, e ora che è tornato a far parte in pianta stabile del gruppo ha ricominciato a darci dentro. La traccia in assoluto più visionaria del disco probabilmente è Jesus was a stoner (letteralmente, “Gesù era un fattone”, ndr). Da dove salta fuori l’idea? Quando siamo in studio a registrare abbiamo una lavagna su cui appuntiamo gli spunti per le varie canzoni: possibili titoli, idee, cazzate… Chiunque abbia un’illuminazione si alza, prende il pennarello e ci scrive sopra qualcosa. Non ricordo chi se ne sia uscito con la frase “Jesus was a stoner”, se B-Real o Muggs, ma un bel giorno sono entrato in studio e l’ho trovata scritta lì, nero su bianco. Era fighissima e assurda, perciò l’abbiamo usata, ovviamente. Elephants on Acid è una specie di viaggio intorno al mondo attraverso il suono: dipende dagli ultimi anni di incessante tour in giro per i cinque continenti? Su questo non saprei dirti, ma era proprio così che lo volevamo! Cerchiamo sempre di trovare un approccio nuovo e diverso per ogni album che facciamo. Abbiamo fatto cose prettamente hip hop, progetti crossover, dischi in cui mescolavamo il reggae o la musica latina con il rap… Ci divertiamo a sperimentare e a non ripeterci troppo, pur rimanendo sempre noi stessi. Elephant on Acid assomiglia molto ai nostri primi lavori, ma è aggiornato al 2018. Quest’anno cadono i trent’anni dalla fondazione del gruppo. Avete in mente di festeggiarli in qualche maniera particolare? È vero, artisticamente siamo nati nel 1988, ma il nostro primo album omonimo è uscito nel 1991, perciò credo che aspetteremo il 2021 per le celebrazioni ufficiali in grande stile. O forse cominceremo già a festeggiare l’anno prossimo, quando ci assegneranno una stella sulla Hollywood Walk of Fame. Ti sei fatto un’idea di quale sia il segreto della vostra longevità come band? Non mollare. Credere in se stessi. Non far passare troppo tempo senza rivedersi o rimettersi al lavoro: anche quando trascorrono anni tra un album e l’altro, cerchiamo di riempire le pause con i tour, perché se non vai in tour e non spacchi dal vivo, non puoi definirti parte di una vera band. E restare fedeli alla propria arte: ovviamente crescendo ci si evolve, quindi cambiare idea è lecito, ma non tradire i propri princìpi è fondamentale. Devi nutrire la tua creatività e la tua carriera, allevarla come se fosse una figlia, per essere sicuro che cresca e diventi grande e forte.






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di Elena Leonesio

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Sei sempre riuscito a mettere i ragazzi in gioco, tu ti sei mai sentito fuori gioco? All’inizio mi mettevo il cappuccio, addirittura, perchè avevo come una timidezza di andare sul parlco. Gli altri pensavano che fosse una specie di coreografia, invece era proprio che mi vergognavo a salire sul palco. Nove album all’attivo e l’ultimo singolo che parla dello sgombero di un palazzo occupato dal 2013, una scelta precisa direi: Noi facciamo rap e rap racconta della realtà. Noi portiamo il rap nella realtà e la realtà nel rap. Raccontiamo come cambia la città attraverso le rime, le canzoni, attraverso le immagini dei video. Con questo cerchiamo anche di cambiare un po’ la percezione che c’è delle cose, cioè le parole, la poesia e le immagini possono cambiare un po’ la percezione di come vediamo le cose. Abbiamo visto le immagini forti della polizia che è intervenuta, c’erano tanti stranieri, abbiamo visto anche tantissimi bambini, molti di loro scappano da guerra e miseria. Tu nel testo dici “ Roma bolle”. Si beh, questo è un video che racconta di inclusione e solidarietà e di quanto è difficile raggiungere queste cose. Quelli erano bambini ad esempio che si stavano integrando dentro le scuole, nel quartiere che avevano comunque trovato lo ius soli, da soli al loro diritto di avere la cittadinanza, una scuola ecc.., e che quindi all’improvviso si sono ritrovati così. Intorno c’erano tante persone anche io sentivo le persone nei commenti e cioè che dicevano “quelli sono dei bastardi”, un po’ perchè non conoscono realmente chi sono queste persone perchè poi alle persone tutte quanto hanno un po’ di paura della loro vita instabile, dell’insicurezza economica. Quindi magari vedono negli stranieri un ulteriore fonte di pericolo, quindi noi diciamo col classico gioco di parole del rap dicevo “come bastardi sono gagliardi” magari avere il loro coraggio, magari avere la loro grazia, la loro bellezza da cui io prendo tanta ispirazione. You tube poi ha messo un limite di età al video, cosa che ci ha stupito negativamene dato che parla di inclusione ed è importante invece che venga visto.




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Il Wu-Tang Clan a una autocomplete Interview


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di Enis Hasanay

Il collettivo ha scritto pagine di storia dell’hip hop, collaborando con numerosi artisti e diventando la crew più leggendaria del genere. In questo video grazie a Google troverete un’ottima chance di ripasso, ottima sia per gli appassionati che per i semplici curiosi


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veri esperti di hip hop non hanno dubbi sulla rilevanza musicale e storica del collettivo Wu-Tang Clan, leggenda della East Coast e fucina insuperabile di talenti per il genere. Ma gli anni passano e forse i più giovani hanno bisogno di conoscere meglio il supergruppo newyorkese che, fondato nei primi anni Novanta a Staten Island, ha impresso una svolta al genere e ispirato generazioni di rapper e mc. Naturalmente sono numerosi i quesiti sulle origini e sulla leadership del clan. E, pur riconoscendo che la leadership del Clan è materia di discussione, i tre artisti ammettono il ruolo primario di Rza, tra i fondatori, un eccellente rapper e polistrumentista. C’è chi su internet si domanda se il Wu-Tang Clan sia ancora operativo o abbia tirato i remi in barca: tranquilli, fanno ancora hip hop e non si sono mai sciolti formalmente, per cui siete ancora in tempo. Uno degli ultimi lavori è la raccolta The Saga Continues, del 2017. E sulla piattaforma di streaming Hulu, lo scorso settembre, è stata lanciata la serie Wu-Tang: An American Saga. Come sottolinea Inspectah Deck, il clan è una famiglia o una confraternita dove non si litiga: semplicemente, ognuno può dedicarsi a scrivere e produrre anche progetti solisti. Insomma, “loyalty is royalty” Wu tang clan è ancora assieme? Certo! Non si è mai diviso. è una famiglia Est cost o west coast? Siamo globali Il wu tang è di staten island? La musica è nata li ma i membri vengono da tutta new york Fate gangstarap? No... Logic è del wu tang clan? Non proprio abbiamo fatto molte cose assieme Su cosa rappate? Rappiamo su tutto Per cosa sta wu tang clan? Lealtà

LOUDERFANZINE Chi ha formato il wu tang clan? Direi che ci siamo creati assieme, ma c’è da dire che Riza ha avuto un influenza davvero fondamentale. Chi è il leader? Non cè un leader vero proprio, ma anche qui se si dovesse guardare è Riza Chi e il membro del wu tang piu valido? Nessuno Perche i wu tang e il miglior gruppo? Perche siamo ancora qui e in tutto iul mondo Perche il wu tang si è sciolto? Non ci siamo mai sciolti. Perchè avete fatto un solo album? Ne abbiamo fatti 5. Qual’è lo stile del wutang? Non abbiamo stil e abbiamo energia. Qual’è il migliore album del wu tang clan? Il primo. Quale e la migliore canzone del wu tang clan? Gambino. Cosè il logo del wutang? Un aquila gialle. Cose il giovedi del wu tang? Un podcast. Come si è formato il wutang? Interessi comini. fratellanza, fare tutto cio che non si dovrebbe fare (droga, rapine, fuga dalla polizia). Quanti membri ha il wu tang? Probabilmente 13 abbondanti.


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La risposta di Flavor Flav a Chuck D: “Vuoi distruggere i Public Enemy per la politica?”


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di Tommaso Celletti

Il rapper è stato estromesso dal gruppo dopo aver criticato l’endorsement a Bernie Sanders, ma non ci sta e ribatte colpo su colpo. “Non uso droga come dici tu e non sono un tuo impiegato, non mi puoi licenziare” “Vuoi distruggere 35 anni di storia per la politica?”. Così Flavor Flav ha risposto via Twitter a Chuck D che l’ha licenziato dai Public Enemy. “Stai scherzando? Il problema è Bernie Sanders? Vuoi distruggere quel che abbiamo costruito in 35 anni PER LA POLITICA? E questo solo perché non voglio appoggiare un candidato. Sono davvero deluso da te e dalle tue decisioni, Chuck”. Domenica sera i Public Enemy Radio,sorta di rebranding dei Public Enemy da parte di Chuck D con DJ Lord, Jahi e S1Ws, si sono esibiti per Bernie Sanders al Los Angeles Convention Center davanti a 15 mila persone. Non c’era Flavor Flav. Come abbiamo riportato ieri, Chuck D lo ha licenziato. Dopo l’annuncio della partecipazione dei Public Enemy al comizio di Sanders, infatti, Flav aveva inviato tramite il suo avvocato una lettera di diffida al senatore, accusato di sfruttare l’immagine del rapper anche se questi “non ha supportato pubblicamente alcun candidato”. In ballo, naturalmente, non c’è solo l’endorsement a un politico, ma il possesso e l’uso del marchio Public Enemy. Chuck D ha specificato che la lettera a Sanders non è l’unica ragione del licenziamento e ha accusato Flavor Flav di essere inaffidabile per via dei suoi problemi con la droga. Ieri su Twitter ha scritto che Flav gli ha fatto causa venerdì e che farebbe bene a entrare in rehab. Accuse a cui il partner risponde: “Non faccio uso di droghe come dici tu, sono dieci anni che sono pulito. Ho combattuto la dipendenza e come milioni di americani conosco il prezzo che si paga. Chuck, puoi fare

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meglio che mentire sui un argomento del genere”. E ancora: “Venerdì non ho fatto causa a te. Ho solo chiesto che di correggere la campagna di marketing ingannevole di Bernie Sanders, tutto qui. Non sono un tuo impiegato, sono un tuo partner, non mi puoi licenziare. Senza Flavor Flav non esistono i Public Enemy. Facciamo la cosa giusta, Chuck”.


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Ecco gli album che non hai mai detto ai tuoi genitori che hai ascoltato da bambino di Davide Milesi

Per oltre 40 anni, l’hip-hop è stato conosciuto per i suoi testi socialmente attenti, le vibrazioni di festa e il commento della vita reale sulle strade.

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er oltre 40 anni, l’hip-hop è stato conosciuto per i suoi testi socialmente attenti, le vibrazioni di festa e il commento della vita reale sulle strade. Ma il genere ha anche il suo lato volgare e sessualmente esplicito. Poiché il rap è orientato verso l’atteggiamento senza esclusione di colpi e l’abbandono spericolato della gioventù, le interpolazioni e gli adolescenti non stanno solo spingendo la prossima generazione di superstar in cima alle classifiche, ma anche impostando le tendenze per ciò che è caldo nelle strade e nei tweet . Ciò significa che i genitori possono avere difficoltà a cercare di filtrare ciò che i loro figli stanno ascoltando. Dalla metà degli anni ‘90, i rapper sono stati criticati sia dai genitori che dalle forze dell’ordine per i loro testi rozzi e osceni. Il gruppo rap di Miami 2 Live Crew è un perfetto esempio di reazione del genitore al rap. Il loro album di debutto del 1989, As Nasty They Wanna Be, fu bandito in Florida a causa dei testi pornografici del gruppo. Sulla costa occidentale, l’album di debutto del 1988 di N.W.A, Straight Outta Compton, li ha resi un bersaglio dell’FBI per canzoni come “Fuck Tha

Police” e “Gangsta and Gangsta”. Ma ciò non ha impedito ai rapper di spingere al limite il loro discorso libero. Artisti come The Geto Boys e Three 6 Mafia lo hanno tenuto duro e grezzo nei loro album. E non possiamo tralasciare Eminem. Il rhymer di Detroit ha offeso i genitori sin dal suo capolavoro del 2000 The Marshall Mathers LP. Attualmente, rapper come Cupcakke non hanno timore di esprimere la loro sessualità nella loro musica. Il suo album Ephorize del 2018 farà sicuramente arrossire i volti di alcuni genitori dopo aver ascoltato le sue canzoni piene di sesso. Nel frattempo, Tyler, il progetto del Creatore del 2011, Goblin, lo aveva bandito nel Regno Unito a causa del parlamento che giudica i suoi testi omofobi e violenti. Che tu fossi un bambino di 20 anni fa o un bambino di soli cinque anni, c’è un tema comune: al momento il giovane è sempre impegnato in ciò che è caldo nell’hip-hop. E con ciò, i genitori non capiscono quando si tratta di musica rap esplicita. XXL mette in evidenza gli album che non hai mai raccontato ai tuoi genitori che hai ascoltato come un bambino di seguito.


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Snoop Dogg, Doggystyle D12 Devil’s Night

Necro Murder Murder Kill Kill

2 Live Crew As Nasty As They Wanna Be Quando i 2 Live Crew hanno lasciato il loro album di debutto nel 1989, sono diventati un obiettivo per i genitori e le forze dell’ordine a causa dei loro testi grezzi e apertamente pornografici. Il loro contenuto fece sì che l’album del gruppo di Miami fosse etichettato osceno da un tribunale federale in Florida e successivamente rimosso dagli scaffali dei negozi di dischi. Tuttavia, l’album ha guidato il suono del basso di Miami. Il fulcro dell’LP è “Me So Horny”, una canzone volgare che è stata suonata in dormitori e strip club allo stesso modo. 2 Live Crew ha giocato con i limiti della libertà di parola e della propria follia con il loro controverso album.

Tyler The Creator, Goblin

Akinyele Aktapuss Akinyele ha attirato la prima attenzione con il suo versetto ospite esplosivo sul classico brano del 1991 di “Source at the Barbecue”. Ma sarà probabilmente ricordato per la sua ode sessuale del 1996 “Put It In Your Mouth”. Linee come “Sto arrivando come un coglione con cazzi screpolati” fanno sì che il nastro venga buttato fuori da una mamma o un papà arrabbiati allora. Quando si tratta dei suoi album, lo sforzo del 1999, Aktapuss avrebbe avuto la maggior parte degli affitti guardando da solo il titolo. Titoli di canzoni come “Pussy Makes the World Go Round” e “Butt Naked” danno a questo LP un’esperienza di ascolto classificata come X. Akinyele non è dispiaciuto quando si tratta di essere rozzo e maleducato verso album.

Necro è tutto incentrato sulla violenza e sulla morte. Nel suo settimo album in studio, Murder Murder Kill Kill, il rapper di Brooklyn si crogiola di sangue e sangue. Molte delle sue canzoni possono essere sconvolgenti e scioccanti. Ad esempio, Necro dedica “Feto di Sharon” al defunto leader e assassino di culto Charles Manson. “Ho qualcosa da dire / Ho ucciso il tuo bambino oggi / E non mi importa molto / Finché è morto”, sputa sul ritornello. In “I Like Like Howard Stern”, Necro sta uccidendo e violentando in modo fittizio celebrità. Proprio come suggerisce il titolo, Necro non è facile da offendere.

Prince Paul Psychoanalysis: What Is It?!


Lowlow è finalmente ritornato nella sua Itaca di Valentina Nosari

Lowlow come Ulisse, protagonista di una delle sue narrazioni in musica, dopo lunghe peripezie e un periodo di lontananza è riuscito a tornare, ricco di storie da raccontare, ma con ancora le cicatrici del viaggio, alla sua Itaca che, fuor di metafora, è il suo pubblico.


LOUDERFANZINE “Il rap è tecnica, ma per raccontare una storia essa deve essere messa al servizio del significato e, soprattutto, deve essere veicolo espressivo delle proprie emozioni”, così Lowlow mi descrive il suo modo di comunicare contenuto nel nuovo disco “Dogma 93”, uscito dopo un lungo periodo di

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silenzio, ma mai di stasi. “L’ho definito il mio miglior progetto, ma lascio al pubblico la possibilità di farsi una propria idea”, così esordisce nel parlarmi del nuovo album. “La scrittura è il mio regno, quando scrivo canzoni mi sento felice e indistruttibile. Infatti, la parte più difficile del lavoro è venuta dopo la fine di questa sensazione di invincibilità data dalla scrittura.” Lowlow ha voluto, dunque, raccontarmi quale è stato il valore che spera di aver trasmesso all’interno del suo nuovo progetto: “dovevo compiere un passaggio, un passaggio per me doloroso: riuscire a comunicare le mie emozioni, le mie sensazioni e la mia visione del mondo senza darle per scontate, ricordandomi che dall’altra parte c’è un pubblico a cui arrivare. Questo mettermi in discussione è stata una “condanna”, ma mi ha portato a dare maggior attenzione all’ascoltatore” e dichiara: “per me è ipocrisia realizzare un disco senza pensare di farlo per un pubblico: ho scritto come Lowlow, ma poi l’ho ascoltato uscendo da Lowlow, un “dentro e fuori” difficile, ma che ha conferito una maggior maturità al disco.” Credo proprio che, in seguito a questo “doloroso” passaggio attraversato, grazie al quale è riuscito a calare la propria storia anche in quella di altri, per noi ascoltatori sarà più immediato “fare nostre” e immedesimarci nelle parole dei suoi testi. A nome di tutti i fans che hanno seguito il suo percorso fin dagli esordi e notando l’assenza di quel fil rouge che lega la sua intera discografia con “Sfoghi di una vita complicata”, gli ho domandato perché non avesse deciso di proseguirlo. “Ho voluto decentrarmi” spiega, “il ruolo di quella canzone potrebbe rivestirlo “Bobby”: per far comprendere maggiormente le mie sottotrame, mi sono voluto mettere al di sopra. Ho voluto metter il mio dualismo tra ego e fragilità, togliendomi e mettendomi contemporaneamente in una storia sempre mia, ma impersonata da un’altra figura.” Il titolo del disco è un omaggio a “Dogma 95”, movimento cinematografico creato dai registi danesi


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Lars von Trier e Thomas Vinterberg, fondato su un decalogo di regole dichiarate in un manifesto. Spinta dalla curiosità di un titolo così ermetico e dal desiderio di capire di quale dogma volesse parlare, gli ho chiesto di spiegarmi le ragioni di questa scelta. “E’ un disco cinematografico e definisco la mia scrittura a immagini e visiva. Volevo creare un manifesto con i miei dogmi, intesi non come limiti, ma come caratteristiche della mia particolare visione” spiega. “Loro parlano di cinema da un punto di vista tecnico, dal portare la camera in spalla, al seguire una linea temporale coerente come nella tragedia greca. Ho voluto dare le mie “regole”. Quando dico che le parole e la scrittura vengono prima di tutto, anche della musica stessa, non è un togliere qualcosa a Big Fish, con il quale c’è stato un rapporto simbiotico, ma è il voler mettere in primo piano la mia urgenza espressiva e le mie intuizioni.” Riguardo alla scelta di una copertina così minimalista aggiunge: “anche dal punto di vista grafico, ho voluto esprimere l’attenzione alla sostanza contenuta nel manifesto. Per me l’estetica è irrinunciabile, ma ciò che è all’interno e le storie lo sono di più.” Inoltre, l’obiettivo di questo movimento cinematografico era quello di contrastare la diffusione degli effetti speciali nel cinema, evitando luci e scenografia. A tal proposito, ho voluto domandare a Lowlow se in una scena nella quale l’immagine spesso prevarica sulla musica, il suo rap, spoglio di sovrastrutture ed elementi accessori, fosse realmente compreso. “Ho cominciato a scrivere questo disco durante un momento molto cupo, un momento in cui non mi riconoscevo in ciò che vedevo e sentivo. Con l’uscita del disco sono curioso di capire quali sfaccettature verranno comprese o fraintese. Ci sono stati pezzi nei quali magari la parte del ritornello non suonava, sono stato male, ma poi è iniziato un percorso di stabilizzazione e da lì è stata una continua evoluzione. L’obiettivo non è la fine, è la crescita.” Una metafora molto delicata, ma allo stesso tempo forte che Giulio utilizza è quella della crepa: “questo disco è un tentativo di crearne una nel muro dell’attenzione delle persone: se solo si rompe leggermente, io ho tantissime cose da inserirci al suo interno.” Dalle sue parole traspare un attaccamento quasi vitale nei confronti della musica e mi piace immaginare Lowlow come Ulisse, protagonista di una delle sue narrazioni in musica: dopo lunghe peripezie e un periodo di lontananza, è infatti riuscito a tornare, ricco di storie da raccontare, ma

LOUDERFANZINE con ancora le cicatrici del viaggio, alla sua Itaca che, fuor di metafora, è il suo pubblico. Addentrandoci nella tracklist di “Dogma 93” abbiamo parlato di “Bobby”, traccia che apre il disco e delle analogie che lo legano alla figura del celebre campione mondiale di scacchi Bobby Fischer. “Nelle sue dichiarazioni, seppur controverse, si legge un qualcosa della sua persona. Io sono innamorato delle persone “settoriali”, di quelle che mettono completamente loro stesse in ciò che fanno, di quelle che sacrificano tutta la loro vita ricercando l’eccellenza.” Descrivendo il messaggio intrinseco del pezzo, Lowlow spiega che spesso “essere speciale” e “sentirsi speciale” è la stessa cosa: “per sconfiggere la paura del “foglio bianco” io immagino che esso non esista, cerco di sentirmi invincibile: è un discorso legato al credere in ciò che si fa in modo incondizionato, questo poi si trasforma in fiducia. “Essere speciali” e “sentirsi speciali” non si equivalgono, ma, sicuramente “sentirsi speciali” è il punto di partenza per esserlo.” Lowlow, da vero “Poeta incazzato”, nome che lo ha accompagnato nei primi freestyle, ha deciso di inserire nell’album un flusso di coscienza con le rime, intitolato “Hikikomori”, termine giapponese che indica coloro che hanno scelto di ritirarsi dalla vita sociale, ricercando isolamento e confinamento. Colpita dalla singolarità di questa traccia, gli ho domandato quale fosse stato l’approccio alla scrittura con il quale ha lavorato. Rivela che: “tutto parte da un’idea, sono come una spugna e se qualcosa mi colpisce o mi emoziona, è fatta: le rime, poi, vengono da sole.” In questo viaggio cinematografico, reale e metaforico che viene tracciato dalla tracklist si arriva a Jonestown, comunità dell’America meridionale che nel 1978 decise di compiere il più grande “suicidio rivoluzionario” mai compiuto, nel quale persero la vita 909 persone, avvelenate con il cianuro. A questo episodio, Lowlow ha voluto intitolare un pezzo. “Su uno sfondo sociale fortissimo, ho voluto creare una storia molto più sottile con una tematica sociale. Il brano è una protesta in un momento di grandissima difficoltà nell’esprimere la propria individualità, in un momento nel quale basta dire una frase diversa da venir considerato un outsider.” Colpita dall’espressività di alcune frasi che aprono il pezzo, come “questa gente mi fa portavoce del loro dolore perché sanno che è anche il mio dolore” e dal fatto che dice di “parlare in nome di tutti i rifiutati”, gli ho do-


LOUDERFANZINE mandato da dove nascesse l’idea di essere “investito” da questo compito. “Sicuramente sono portavoce del mio dolore” risponde, “mi sento portavoce, non tanto per un discorso di essere più o meno sfortunato, ma poiché vivo in un perenne stato di tensione, miglioramento, inseguimento. Non mi sento mai “arrivato”, non riesco a racchiudermi in uno status come vorrebbero gli altri. C’è qualcosa dentro me che brucia, grazie alla quale riesco a parlare in nome di tanta gente.” Per salutare Lowlow, ho deciso proprio di collegarmi a questa costante incontentabilità, inquietudine e insofferenza che lo caratterizza. Infatti, nella presentazione del disco risalta una frase: “bandita ogni autocelebrazione”. Lowlow a differenza della maggior parte dei rapper in Italia, non è per nulla auto celebrativo e gli domando se finirà mai questa continua lotta con se stesso e con il suo pessimismo. “Non credo che la soluzione sia smettere di combattere”, esclama, “anzi, è la più alta forma di espressione. Io penso di aver ancora tanto

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da dare, sento che è così. Allo stesso tempo aspiro a un momento, anche solo a un istante, in cui mi potrò sentire soddisfatto di me stesso. Spero di riuscire a vivere meglio il mio lavoro, soprattutto ora che sono più stabile, spero di fare presto un concerto senza essere in uno stato d’ansia e spero che, in un momento in cui niente sembra smuoverci dalle nostre posizioni, io possa essere colpito da ciò che mi circonda. ” Glielo auguro, gli auguro di non sentirsi mai tra i “Supereroi falliti”, ma di credere di essere un “Superuomo” come dice nell’ultima traccia di “Dogma 93”, progetto in cui ha raccontato se stesso, anche utilizzando le storie degli altri. “Il talento non è così raro, il resto è solo sacrificio” e Lowlow nella sua carriera ne ha fatti e, come da sua natura, ne continuerà a fate ininterrottamente. Ma, solo grazie a una sottile sensibilità, si riuscirà a penetrare, cogliere e comprendere la sua scrittura e la sua persona. Altrimenti, come per Bobby Fischer, la maggior parte continuerà a vedere solo e semplicemente un campione in ciò che fa.


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BEST MIX L

2019

’anno appena iniziato potrebbe portarci molte sorprese in ambito elettronico, pop e rap. Tra gli artisti più attesi: Kendrick Lamar e Frank Ocean. Tra i sicuri: molta curiosità per Grimes e Tame Impala. Il 2019 si è concluso con la nostra classifica dei migliori dischi, ma all’appello mancano molti che ci aspettavamo. Fortunatamente, tra le tante previsioni, la più assurda e difficile si è avverata: il nuovo disco Fear Inoculum della band prog metal Tool, atteso 13 anni, è arrivato. Altri artisti, però, non hanno mantenuto le promesse: Cardi B e Grimes, per esempio, hanno posticipato, sulla prima non circola ancora alcun dettaglio, per la seconda invece manca molto poco. Poi Rihanna, immancabile tra i più attesi. Sul fronte elettronico, alcune conferme interessanti. Sul rap, alcune speranze: il probabile lavoro di Kendrick Lamar o l’improbabile di Childish Gambino. Abbiamo fatto alcune scelte, qualcosa di sicuro e qualcosa di incerto-ma-possibile, stranieri e italiani. Incrociamo le dita, di sicuro non mancheranno scherzi.

DARDUST S.A.D Si chiude la trilogia del producer, compositore e autore di origine ascolana. Tra una collaborazione e l’altra con i maggiori nomi della scena pop e urban italiana, arriva il terzo e ultimo tassello: S.A.D. Storm and Drugs, che, insieme a 7 e Birth, completa un viaggio europeo (Berlino-Reykjavík ed Edimburgo). Neoclassicismo e pulsazioni elettroniche si incontrano, creando atmosfere contrastanti, seguendo la tempesta personale e l’impeto musicale. Il 2020 sarà un anno importante per Dardust (Dario Faini): noi ne siamo sicuri.

CALIBRO 35 MOMENTUM Ultimamente non sbagliano un colpo, i Calibro 35, o forse non l’hanno mai sbagliato sin dai tempi delle ambientazioni “poliziottesche”. La band milanese, composta da Tommaso Colliva, Massimo Martellotta, Enrico Gabrielli, Luca Cavina e Fabio Rondanini, torna dopo il disco uscito nel 2018, Decade. Le prime novità si sentono subito: basta ascoltare il singolo con il rapper Illa J, nonché ex membro del super gruppo Slum Village e fratello minore del defunto leggendario produttore hip hop e rapper J Dilla. Per l’ennesima volta, potrebbero aprire nuovi varchi temporali e fuggire verso una nuova direzione.


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SQUAREPUSHER BE UP A HELLO Tom Jenkinson torna in pista dopo svariati progetti e a distanza di cinque anni dall’ultimo disco Damogen Furies. Per il producer inglese è sempre una questione di frammentazione del suono elettronico: in questo caso, al contrario del precedente lavoro, non utilizza software evolutissimi, bensì un Commodore Vic20. Ovvero un’esperienza produttiva vintage, per guardare sempre oltre.

LE ROUX SUPERVISION Il 2020 ci riporta Elly Jackson che, con Supervision, si rimette in gioco dopo sei anni da Trouble in Paradise. I fasti di In For the Kill e Bulletproof sono lontani, è vero, ma la capacità di far interagire il synth pop con nuove tendenze musicali, la rendono capace di muoversi agilmente in territori diversi e meno rigidi. Bentornata!

DUA LIPA FUTURE NOSTALGIA Future Nostalgia è un pezzone pop in cui Dua Lipa dà il suo meglio e dimostra di essere una femmina alfa. Future Nostalgia serve come antipasto in attesa del nuovo album. È un pezzo gioioso e divertente che non si prende troppo sul serio. Il disco invece ancora non sappiamo come sarà: sappiamo solo che uscirà a qualche punto del 2020. Il mese scorso Dua Lipa aveva fatto uscire il primo singolo Don’t Start Now.


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GRIMES MISS_ANTHROPOCENE Avevamo già preventivato lo scorso anno il ritorno di Claire Elise Boucher aka Grimes. E possiamo dire di esserci andati vicino, perché l’annuncio del nuovo disco è avvenuto a marzo 2019, qualche singolo lo abbiamo potuto ascoltare nello stesso anno, ma l’album vero e proprio sarà a disposizione di tutti per questo 2020. La compagna di Elon Musk, tra un Cybertruck e le discussioni su Twitter sulla “propaganda fascista della Silicon Valley”, deve tornare a far parlare di sé soprattutto per la sua musica. Miss_Anthrop0cene sarà il quinto disco a cinque anni di distanza da Art Angels (2015). Intanto, le facciamo gli auguri: è in arrivo un bebè in casa Boucher-Musk.

CARIBOU SUDDENLY Il prof di matematica Dan Snaith è pronto per tornare con il suo progetto più conosciuto: Caribou. Si intitolerà Suddenly, avrà una copertina con un mare lievemente increspato. In questi anni non è stato fermo: ha portato in giro l’altro suo alter ego, Daphni con i dischi FabricLive.93 e Joli Mai, entrambi usciti nel 2017. L’ultimo lavoro a nome Caribou è Our Love e risale a ben sei anni fa. Si prospetta un bel mix di atmosfere con tanto groove, come possiamo ascoltare nei primi due singoli, Home e You and I.

COCORISE PUT THE SHINE ON Il duo composto dalle sorelle Cassidy sta tornando con un nuovo album dopo circa cinque anni (Heartache City, 2015). I loro deliri folk psichedelici hanno preso forme sempre più stranianti, dove arte, musica e immaginari surreali toccano lampi di incredibile surrealismo. Differenziarsi per loro è vitale, se non necessario. Vedremo fino dove riusciranno a spingersi.


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IOSONOUNCANE IRA Die, secondo album del musicista e cantautore sardo Iacopo Incani, è sicuramente uno dei dischi italiani più importanti degli anni ’10: un mix di mantra sonori, cantautorato, sperimentazione e suoni primordiali. Le attese sono altissime, per quella che potrebbe essere la definitiva affermazione di uno dei cantautori italiani più interessanti. La modalità di presentazione sarà un po’ diversa dal solito: suonerà i pezzi in anteprima in un tour italiano in primavera, con alcune date già sold out. La fiducia è altissima.

RUN THE JEWELS RT14 Lo aspettavamo nel 2019, ma sul sito del duo rap americano capeggia ufficialmente l’anno 2020 con scritto RTJ4: quindi almeno una certezza ce l’abbiamo. Che cosa ne possa venir fuori non lo sappiamo, ma il livello dei precedenti è sempre stato decisamente notevole. El-P e Killer Mike sono una macchina oliata, e il quarto disco non è così lontano.

RIHANNA R9 Il 22 dicembre 2019 Rihanna aveva pubblicato il video di un cane che abbaiava su Instagram, mentre – scriveva nel post – ascoltava il suo nuovo album pur ammettendo di non volerlo pubblicare. L’ultimo, ANTi, risale al 2016 e i tempi potrebbero essere maturi. Ovviamente, non si sa praticamente nulla se non il titolo che lei, proprio in quel post, chiamava R9. Sembrerebbe questione solo di dettagli e voglia dell’artista barbadiana. RiRi, fai con calma, noi siamo qui.


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FRANK OCENA BLOND Alcune date dei concerti hanno iniziato a circolare. Frank Ocean si è deciso a tornare sul palco dopo un po’ di incertezze nel tour precedente di Blonde. L’ultimo live risale all’agosto 2017. La cosa ancora più importante è che alcuni nuovi brani siano già usciti: DHL e In My Room. Sono partite anche le illazioni dei fan che, vedendo 17 sagome sulla grafica del secondo, hanno iniziato a ipotizzare il numero di brani. Sulla grafica di DHL, invece, ne sono presenti soltanto 13. L’idea è che l’album conterrà 13 canzoni e altri quattro remix per i singoli Dear April, Cayendo, Little Demon e In My Room. Incrociamo le dita.

CARDI B INVASION OF PRIVACY Il 2019 doveva essere la prosecuzione dei due precedenti luminosissimi anni di una delle rapper più di successo dell’ultimo periodo. A causa di alcune operazioni di liposuzione post-gravidanza, si sono verificate problematiche che l’hanno obbligata ad annullare i tour estivi rimanendo ai box fino a settembre 2019. Tre singoli sono, però, usciti: Money, Please Me e Press. Il 2020 sarà l’anno dell’album, non si può più aspettare.

KENDRICK LAMAR FINESSED IN RED III : Kendrick Lamar ha un tour europeo in ballo. Passerà dopo tanti anni anche da noi, in Italia, al Rock in Roma (per l’esattezza il 7 luglio). Potrebbe essere un buon anno per pubblicare il nuovo lavoro, seguito del pluripremiato DAMN, che lo ha portato anche a vincere un premio Pulitzer per la musica. Il rapper di Compton è ormai uno dei big della scena rap americana. To Pimp a Butterfly (2015) e DAMN (2017) sono pietre miliari contemporanee del genere. Si prevedono fuochi d’artificio


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BEST 2019 4 9 /58

DAFT PUNK POWDER IN SPACE Su quest’ultimo nome ci andiamo cautissimi. È più una speranza, anche se il sito Has It Leaked – punto di riferimento per le anticipazioni di album in arrivo – sul finire del 2019 ha scritto che la band era in studio a registrare materiale nuovo. Con i Daft Punk non si sa mai cosa aspettarsi. Se pensiamo che Random Access Memories non ha nemmeno avuto un tour, capiamo bene il livello di imprevedibilità del duo francese. Noi lo mettiamo in fondo a questa lista. Speriamo, “We’re up all night to get lucky”.

TAME IMPALA THE SLOW RUSH Kevin Parker e soci sono pronti a tornare dopo il grande successo di Currents, terzo lavoro del gruppo psych pop australiano. The Slow Rush si appresta a essere un altro viaggio attraverso synth, psichedelica e deliri cosmici. I primi quattro singoli ci hanno già dato qualche indizio sostanziale sul tenore dell’opera. L’eco dei Supetramp è lì nei dintorni, pronto a esplodere.

HALSEY MANIC Halsey affida il suo rientro nella scena pop internazionale a un disco tangibilmente intimo, in cui sembra recuperare, almeno in parte, l’afflato compositivo fresco e giovanile dell’Ep d’esordio del 2014. Potremmo definire questo “Manic” il suo “Melodrama” in quanto, al di là dell’evidente somiglianza stilistica tra lei e Lorde, entrambe le giovani artiste hanno deciso di mostrarsi disilluse e vulnerabili, restituendo un’immagine più introspettiva della propria musica rispetto al passato.




INDIRIZZARIO Se vi trovate in una di queste città, fate visita in questi posti: MILANO Rocket, Alzaia Naviglio Grande, 98 Q21, via Padova, 21 Byblos, via Messina, 38

BERLINO The Weekend Club, Alexanderplatz, 7 808,Budapester Straße, 38-40 Soda club, Schönhauser Allee, 36

NEW YORK The Tunnel Nightclub, 220 12th Ave Bob Bar, 235 Eldridge St Rooftop93, Wyndham Garden Chinatown 93 Bowery - 18th floor Cielo, 18 Little West 12th St

LONDRA Hip-Hop brunch LND Thrift Supa Dupa Fly



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