MADAGASCAR
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MADAGASCAR
LA FAVOLA DI UN’ISOLA Il Madagascar è una grande isola, la quarta al mondo per estensione. La sua storia geologica è molto antica. Un tempo era unita all’Africa e all’India, poi, come una giovane bella e orgogliosa ma un po’ incosciente, decise di fare da sola e se ne andò via, in mezzo all’Oceano Indiano. Per qualche milione di anni, fin che ci furono la giovinezza e l’entusiasmo, le cose funzionarono bene: i lemuri, che non vollero diventare uguali alle scimmie delle altre parti dell’Africa, continuarono
a volteggiare tra le alte cime degli
alberi tropicali; dovevano temere solo il fossa, un felino che rimase l’unico predatore e diventò un po’ superbo, in mancanza di leoni e ghepardi. Ogni tanto qualche animale, o qualche specie vegetale alla deriva, attraversava il Canale di Mozambico e arrivava sul Continente, ma poi non ce la faceva a tornare indietro e così nessuno, in Madagascar, ne sapeva niente del resto del mondo e tutti pensavano che l’Oceano fosse infinito, come i
giovani in fondo pensano della loro stessa giovinezza.
i primi uomini che mettevano piede sull’isola e non venivano dall’Africa,
Le mangrovie regnavano incontrastate lungo le rive dei fiumi e per il resto erano palme, baobab e bambù, e frutti, tanti colorati e buoni frutti tropicali, come il mango, la papaya, l’ananas.
ma dalla lontanissima Indonesia e dalla Malesia, viaggiando su strane imbarcazioni con un braccio sporgente di lato. Questi uomini cominciarono a farla un po’ da padroni e tagliavano in continuazione gli alberi per coltivare risaie e i lemuri più grandi scomparvero e i camaleonti, per difendersi, impararono a prendere il colore delle cose.
Un giorno, circa duemila anni fa, qualcosa arrivò dal mare. Gli animali pensarono che fosse un altro animalenon avevano mai visto un animale viaggiare su pezzi di l, solo che egno così grandi e ben fatti: erano
Poi l’uomo attraversò il Canale e sbarcò in Africa e da lì tornò con 3
africani e i bambini che nascevano avevano a volte gli occhi a mandorla a volte no, e la loro pelle poteva essere del colore dell’ebano ma certe volte era chiara come la sabbia nella bassa marea. I Merina e i Bantu mescolarono i loro geni, la loro lingua, le loro tradizioni e gli strumenti musicali, e poiché, nonostante tutto, rispettavano e temevano gli elementi della natura, si trovarono d’accordo nelle pratiche religiose animiste, che dicevano esservi un solo Dio 4
creatore e che i morti dovevano tornare con il loro corpo tra i parenti e gli amici dopo cinque o sette anni e che bisognava festeggiarli con cibo e bevande per vari giorni, per poi salutarli con la risepoltura. Attorno alle capanne, tra i bagliori dei fuochi, gli zebù osservavano sonnolenti, con le loro lunghe corna e la gobba sulla schiena che li faceva sapienti e tristi. Furono gli Africani a pretendere un grande rispetto per gli zebù che davano
cibo con la carne e il latte, coperte con la pelle e ciotole e posate con le grandi corna. E così nacque un popolo che ebbe l’Africa come madre nutrice e il continente asiatico come padre. Poi vennero gli Arabi e i colonizzatori europei e nel 1960 il Madagascar ebbe l’indipendenza dalla Francia e da tutti quelli che ancora lo desideravano. Ma questa è storia politica. La storia umana, quella della vita biologica, si legge invece
nei sorrisi ingenui e luminosi dei bambini con la faccia scura dell’Africa e negli occhi pensosi dei bambini figli dei temerari venuti con le piroghe dal lontano mare dell’Asia.
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Cristina Bombana è nata in Brianza nel 1972. Esercita la professione di disegnatrice tessile ma predilige viaggiare alla scoperta di usi e costumi delle popolazioni. Appassionata di fotografia, nelle sue immagini riesce sempre a cogliere le più piccole sfumature che ai viaggiatore più distratto normalmente sfuggono.
© 2012 Cristina Bombana Photographer
Sebbene il Madagascar sia rinomato per i suoi animali particolari e le sue bellissime foreste, gran parte dell’isola ha subito gravi danni ambientali. Il Madagascar uno dei paesi più poveri del mondo e la sopravvivenza quotidiana della popolazione dipende dall’utilizzo delle risorse naturali. La maggior parte dei malgasci non ha l’opportunità di diventare dottore, programmatore di computer, operaio o segretaria; devono vivere di quello che la terra che li circonda ha da offrire loro, sfruttando tutte le risorse che trovano. Il Madagascar viene spesso denominato “la Grande Isola Rossa” per il colore rosso dei suoi terreni, generalmente inadatti all’agricoltura.