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RECENSIONI&REPORTS recensione

Vicktor von Weizsäcker Filosofia della medicina a cura di Thomas Henkelmann, Guerini e Associati, Milano 1990, € 24 «Mi fu data libertà di scegliere la mia professione. Ma ero ancora in grado di giovarmi veramente di tale libertà? Avevo davvero fiducia di poter scegliere un’autentica professione? La stima di me stesso dipendeva da Te più che da ogni altra cosa, da Te, ad esempio, più che da un buon successo ottenuto» (F. Kafka, Lettera al padre, 1972, p. 38). Se Vicktor von Weizsäcker avesse avuto la stessa disperata sensibilità di Kafka, avrebbe potuto indirizzare una lettera analoga al padre Karl quando accantonò la sua vocazione filosofica in favore dell’esercizio della professione medica. Forse per questa inconfessata ragione non smise mai d’interrogarsi sul senso del “mestiere” di medico, sull’imperscrutabilità di tale occupazione. E quando si trattò di scegliere fra dovere e inclinazione, Weizsäcker – come nota Henkelmann nell’ampio saggio introduttivo – elevò l’indecisione a principio, radicando così, in quell’intimo dissidio, la sua innata capacità di vedere i contrasti per poi superarli, di mantenerli inoperosi l’uno accanto all’altro. L’andamento della sua speculazione è antilogico e, parimenti, se la scienza medica vuol progredire nelle sue indagini bisogna che assuma anch’essa un’andatura simile. Filosofia della medicina è una raccolta di saggi scritti nell’arco di un ventennio (dagli Elementi per un’antropologia medica del 1926 agli Anonyma Scriptura del ’46) che esprime l’esigenza di quest’interrogazione fondamentale. Il

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