Calvario dei poveri cristi V edizione "la crisi"

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APRILE 2012

Anno VI n. 1

"RI..bellamente"OUT SC poiché egli si identifica con loro: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).

La croce piantata sulle strade della vita

La passione di Cristo non si celebra solo nella settimana santa o percorrendo le stazioni della Via Crucis, ma la vediamo tutto l’anno sulle nostre strade. La sua croce è piantata sui sentieri della vita, su ogni monte della storia, in ogni angolo del mondo, in ogni uomo o donna, bambino, giovane o adulto, che soffre o muore vittima

della fame e della malattia, dei genocidi e della guerra, del terrorismo e della violenza, dell’abbandono e dell’inganno, del carcere e dell’esilio, dell’ingiustizia e dell’oppressione; in breve, vittima di tutto quello che è negazione della persona, dei suoi valori e dei suoi diritti. In ognuno di questi nostri fratelli «soffre e muore» Cristo,

Ogni deformazione e ogni cicatrice sul volto dell’uomo è uno schiaffo sul volto di Cristo. Se lamentiamo la morte ingiusta di Gesù, non possiamo smettere di addolorarci per la croce e la morte dei nostri fratelli, e di essere solidali con chiunque soffre. Come diceva Blaise Pascal: «Gesù sarà in agonia fino alla fine del mondo: non bisogna dormire fino a quel momento». Quest’anno vogliamo porre la nostra attenzione sulle conseguenze della crisi che sta attanagliando il mondo da diversi anni. Una crisi che si può scomporre in sette aree, per dirla col prof. Riccardo Milano, Responsabile delle relazioni Culturali di Banca popolare Etica; un po’ come il drago a sette teste dell’Apocalisse di San Giovanni. Queste aree potrebbero essere individuate nella crisi della Finanza, dell’Economia, della Politica, delle Teorie Economiche, dell’Etica, della Fiducia, della Cultura.


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I STAZIONE (a cura della Comunità Capi Potenza 2) Gesù è condannato a morte Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 19, 5 - 7)

Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: “Ecco l’uomo!”. Al vederlo i sommi sacerdoti e le guardie gridarono: “Crocifiggilo, crocifiggilo!”. Disse loro Pilato: “Prendetelo voi e crocifiggetelo; io non trovo in lui nessuna colpa”. Gli risposero i Giudei: “Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio”. Quante sono le leggi degli uomini a causa delle quali milioni di “poveri cristi” stanno andando sul lastrico: leggi alle quali ci si appella per giustificare una condotta a dir poco amorale; leggi come quelle “di mercato” (e del mercato finanziario in particolare) che dal 2007 stanno trascinando alla bancarotta tanti innocenti “condannati a morte”, che non conoscono neppure il motivo della loro rovina. Ci hanno detto che la crisi non era così drammatica come si voleva far credere e che bisognava essere ottimisti per uscirne fuori, eppure tante aziende chiudono perché non riescono più a reggersi e tanta gente ha perso e continua a perdere il posto di lavoro, tanti sono i fallimenti e tanti i suicidi, tanti i calvari. Il problema è che, forse, non conosciamo come stanno davvero le cose. Abbiamo mai cercato di capire quali sono, ad esempio, i nessi tra operazioni finanziarie che avvengono a New York ed il fallimento di un’impresa del nostro mezzogiorno con tutte le ripercussioni che ciò comporta? Beh, se non lo abbiamo ancora fatto, sarebbe ora di cominciare e proprio per comprendere meglio ciò che stava per accaderci, e che non è ancora detto che non accada.

Le origini di tutto questo, le condanne a morte di tanti, sono remote e prossime. Già nel lontano 1975, grazie a Margareth Thatcher e a Ronald Reagan tornò in vita una teoria del XVII secolo e si lasciò il mercato libero di agire senza alcuna restrizione, poiché ritenuto capace di autoregolarsi sempre al meglio. La globalizzazione unitamente alla tecnologia (Internet, cellulare, computer), poi, fecero il resto, rendendo l’attività finanziaria indipendente da quella economica, dimostrando che si poteva guadagnare solo con essa. Era il trionfo della New

Economy che comportò una crescita finanziaria senza precedenti e che avviò il mondo al mito della ricchezza e della rendita da capitale causando anche un’inquietante concentrazione di ricchezza e di disuguaglianze sociali. Grazie ad essa e alla velocità di comunicazione, si poterono abbattere costi e realizzare profitti anche in tempi di recessione, il tutto, naturalmente, a scapito dei “poveri cristi”. Il libero mercato, però, funziona bene quando i diversi attori hanno in sostanza pari dignità, e ciascuno può liberamente compiere le scelte di consumo e di produzione che giu-

dica convenienti. Ma nel mercato stesso non c’è nulla che impedisca a interi gruppi di essere privati della loro dignità, trasformando la libertà di mercato in una burletta. I meccanismi del mercato hanno una notevole tendenza proprio a pregiudicare la dignità dei partecipanti, che deve quindi essere difesa con altri mezzi. Nonostante l’enorme successo iniziale, da allora le crisi finanziarie iniziarono a susseguirsi sempre più intense grazie anche alla speculazione più facile, espellendo chi non reggeva perché non “all’altezza” fino a che, nel marzo del 2000 iniziò


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la sua fine: le borse crollarono, quasi 2 milioni di americani furono licenziati, un esercito di pensionati perse il fondo pensione e piccoli azionisti si impoverirono. Come se non bastasse, nel 2007 entrò in crisi anche il sistema bancario a causa dei prestiti a dir poco incauti che le banche americane avevano attivato per indurre la gente ad acquistare case: gli istituti bancari fallirono con effetto domino, contagiando anche quelli Europei a partire dalla Gran Bretagna. Si pensò allora che, senza un intervento degli Stati concertato a livello mondiale, il sistema finanziario fosse destinato a crollare. E se l’impresa che fallisce è grande anche le perdite lo sono e può essere difficile riassorbirle. E il fallimento di un’impresa può provocare il fallimento anche di uno o più dei suoi fornitori avviando una reazione a catena che porta dritto alla depres-

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sione economica e ad un peggioramento delle condizioni di lavoro per l’intero settore. Esito analogo ha il diffondersi di un clima di sfiducia per cui ogni operatore esita a prestare o esige interessi molto maggiori perché non ha chiaro quanto affidabile sia l’aspirante prenditore. Questo si è verificato dall’estate 2007 in poi. Dunque, gli Stati Sovrani si sentirono in “dovere” di salvare le banche

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proprio per salvare l’intero sistema, per evitare che dalla recessione si passasse alla depressione; tuttavia - a parte l’impossibilità di poter sostenere le imprese produttive in genere - si sono trovati con debiti pubblici altissimi e i loro cittadini con sempre maggiori tasse.

Il vero problema che ha portato il mondo alla crisi attuale è stata una “fede” nel mercato che permetteva ricchezze incredibili, ma solo a patto che fosse l’unico signore cui sacrificare tutto. Ricchezza senza limiti cominciò ad essere sinonimo di potenza senza limiti, senza pensare ai meno fortunati: i poveri, che cominciavano ad essere sempre di più anche nei paesi ricchi, e coloro che non ce la facevano a mantenere il passo. Ora, coloro che hanno causato tutti questi danni, ossia i mercati (impostati alla speculazione) e i loro sacerdoti, sono coloro che chiedono garanzie agli Stati sovrani col ricatto di non dare ascolto a quello che fanno. Incredibile: è come se un assassino mettesse sotto accusa colui che ha ucciso... dandogli la colpa!. E noi continuiamo ancora a credere nelle FAVOLE. SIMBOLO: Telefono cellulare


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II STAZIONE (a cura di CGIL) Gesù è caricato della croce

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 19, 17) Essi allora presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Gòlgota.

STORIA PRECARIA

«Desidera?». «Vorrei un lavoro». «Lungo o corto?». «Come?». «Questo lavoro, come lo vuole?». «Normale, di quelli che la mattina vengo qui, lavoro, faccio la pausa pranzo, la sera torno a casa e a fine mese arriva lo stipendio». «Sì, ma il lavoro come lo vuole? Co.co.co, co.co.pro, part-time orizzontale, part-time verticale, contratto di apprendistato, consulenza…». «Non sapevo che ci fossero tutti questi tipi di lavoro!». «Si vede che è un forestiero». «Vengo dalla Germania». «Per certe cose ci vuole fantasia, e noi italiani, modestamente... immagino che lì da voi funzioni che uno entra e chiede un lavoro. Così, secco». «Beh, sì». «Qui, in Italia, se lei chiede a trenta persone, vedrà che ognuna prende il lavoro in modo diverso. Prestazione occasionale, partita iva, job on call, staff leasing. Scelga: che tipo di lavoro vuole?». «Mi consigli lei». «Si lasci servire, che qui in Italia, modestamente, la legge prevede ben 46 tipi diversi di rapporti di lavoro! ». «Ho paura di sceglierne uno precario». «Ma sono quasi tutti precari! Attualmente, in Italia, l’80% dei contratti di lavoro, è precario! Ecco, guardi, provi a chiedere a questa giovane, che come lei vorrebbe un posto di lavoro».

Mi chiamo Annalisa, ho 22 anni. Risiedo in un paese dell’Area Nord. Ho iniziato a lavorare in un bar della Bassa a luglio. Per le prime settimane ero in nero poi a settembre mi hanno proposto un contratto a chiamata con scadenza lo scorso 31 gennaio. Un contratto ad intermittenza come quello proposto a tanti ragazzi, così il datore di lavoro può gestire a sua discrezione il tuo tempo di lavoro. Ovvero, ti chiamo quando servi, e tu stai lì in attesa della fatidica chiamata. Così gestiscono a loro discrezione anche il tuo tempo di vita. Nell’accordo era scritto che avrei lavorato solo alcune ore a settimana, ma venivo in realtà chiamata tutti i giorni dal lunedì alla domenica, durante l’orario serale che finiva anche alle 2 di notte. Ritmi di lavoro massacranti, parte dello stipendio pagato in nero. Non ho mai visto una busta paga. Ma l’importante era avere un lavoro e potere pensare, finalmente, ad una famiglia. Pensieri che mi sostenevano anche quando i turni notturni erano maggiori di quelli previsti. Poi, qualcosa di stupendo arriva nella mia vita. Sono rimasta incinta e

l’ho comunicato alla titolare del bar. E a questo punto, ogni sacrificio, ogni irregolarità sopportata viene liquidata in un’unica parola: licenziata!. Mi è stato chiesto di rimanere a casa perché il mio stato di gravidanza avrebbe messo a disagio i clienti, che una col pancione non vogliono vederla. Mi ha chiesto di firmare le dimissioni, così da poter vedere risolto il contratto a chiamata prima della scadenza, ma io non ho accettato, perché volevo che mi fosse riconosciuto il diritto alla maternità. Il mio contratto è rimasto in essere fino al 31 gennaio, ma ora, al sesto mese di gravidanza sono senza un lavoro, seppur precario, seppur al limite della sopportabilità. Come me migliaia di ragazzi, vittime di un contratto a chiamata che li trasforma in una sorta di burattini nelle mani del datore di lavoro. E se sei donna, la maternità, invece che una gioia, invece che una ricchezza, per tutti per la società intera, diventa una condanna, che rende ancora più amara e insopportabile la vita. SIMBOLO: Equilibrista


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III STAZIONE (a cura della Fondazione Interesse Uomo) Gesù cade la prima volta Dal libro del profeta Isaia (Is 53, 4 – 5a) Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità.

Questa è la storia di una vittima dell’usura che chiameremo Vincenzo, schiacciata da una cultura economica priva di etica che porta ad essere vessati da chi si approfitta della disperazione altrui. L’odissea di Vincenzo Sei anni nella morsa di un creditore, costretto a lavorare gratis per ripagare i debiti sempre maggiori all’interesse spropositato del dieci per cento a settimana, con la “vergogna” di ammettere di essere finito in un caso di usura e l’incapacità materiale di porre rimedio a una situazione ormai fuori controllo. E’ la storia di Vincenzo, ex commerciante, proprietario di un esercizio commerciale, finito dal 2000 nelle spire di un usuraio. «All’inizio sei persino riconoscente a chi ti sta dando una mano. Pensi sempre di farcela. Gli effetti desolanti li vedi soltanto dopo», racconta Vincenzo, che da alcuni anni ha deciso di venire allo scoperto e denunciare. Quello delle imprese a conduzione familiare è il principale terreno fertile dell’usura “di prossimità”, quella storica, più radicata, di alcuni personaggi locali, presenti in quasi tutte le comunità. Anche il modo in cui Vincenzo è finito al tavolo di un usuraio ricalca un percorso piuttosto ricorrente, in cui sono gli istituti di credito a indirizzare

i clienti a persone o finanziarie che prestano con facilità: «All’inizio ci rivolgevamo alla banca dove eravamo clienti da tempo, - racconta Vincenzo - poi è arrivato il momento in cui il direttore di filiale ci ha detto “guarda, non ti posso più aiutare. Sei arrivato al limite”. E’ lo stesso direttore ad indicare altre “vie di credito”: mi ha parlato di un tale ingegnere della zona, che prestava soldi e che forse poteva aiutarmi». Il primo approccio Vincenzo prova a rivolgersi alla persona indicata dal direttore di filiale che però gli nega il prestito. «Poi è arrivata la proposta del nostro commercialista. All’inizio ci ha prestato i soldi, senza interessi, dicendo che poi glieli avremmo ridati quando possibile». Dopo un po’ di tempo, il rapporto prende un’altra piega: «Ha detto che non poteva più darci i soldi ma che c’era una sua “amica” che avrebbe potuto darceli se pagavamo un piccolo interesse. Così abbiamo continuato a prendere i soldi da lui, ma dovevamo restituirli con l’interesse che, col tempo, cresceva. Sapevamo che c’era lui dietro ai prestiti, ma ha

sempre continuato a parlare di un’amica». Nella morsa dell’usura Nel giro di alcuni mesi, il tasso di interesse ha raggiunto la soglia del dieci per cento a settimana. «Lavoravamo tutto il giorno ma tutto quello che incassavamo lo davamo a lui e continuavamo ad essere sommersi dai debiti. C’è una specie di effetto valanga, i problemi si accumulano. In realtà non hai la percezione chiara della cosa quando ci sei dentro. Tutti i nostri problemi erano superare la settimana». Vincenzo ha finito per pagare al suo “benefattore” tra i 140 e i 160 mila euro l’anno. La svolta e la denuncia Nel 2006, Vincenzo decide di vendere l’attività e denunciare l’usuraio alla Guardia di Finanza e oggi, in attesa che abbia esito la vicenda giudiziaria, si è trasferito in un’altra località, dove vive e lavora con la moglie, per quanto in maniera precaria e impossibilitato ad accedere a qualsiasi tipo di credito bancario. SIMBOLO: Cappio


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IV STAZIONE (a cura della Comunità Capi Potenza 2) Gesù incontra sua madre

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 2, 25. 34-35) “Ora a Gerusalemme, c’era un uomo di nome Simeone, un uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto di Israele … Simeone li benedisse e parlò a Maria sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima.»”

Gesù viene al mondo come segno di contraddizione. Forse, però, non ce ne siamo accorti. Viene al mondo per indicare agli uomini un modo per vivere e costruire una società più giusta tra loro e per loro. Forse, però, non ce ne siamo accorti. S’incarna per lasciarci anche un insegnamento politico, ma pure di questo non ci siamo accorti. Evidentemente conosciamo troppo poco la democrazia, il bene comune, il Vangelo stesso, per poter vedere in queste realtà la possibile via d’uscita dalle crisi. E continuiamo a ragionare intorno a concetti economici come la “crescita” o il “Prodotto Interno Lordo”, la politica dei redditi o gli Eurobond, rimanendo attanagliati così da un

senso d’impotenza. Oppure continuiamo a invocare l’intervento di Dio perché risolva lui la situazione, sostituendosi a noi. Gesù introduce il concetto di libertà universale e quello di uguaglianza. L’uguaglianza si realizza solo quando gli uomini riconoscono la libertà dell’altro trattandolo nel modo in cui loro stessi vorrebbero essere trattati. In sostanza una comunità fondata sulla buona volontà. Le sue parole sono un invito a vivere sulla terra secondo i suoi insegnamenti. Essi si fondano sulla disposizione a esserne, o meno, persuasi. Forse siamo troppo concentrati, soprattutto noi cristiani, a ragionare in termini religiosi: sul concetto di salvezza, di un Dio giudice, dell’im-

mortalità dell’anima, ecc., ecc., ma ci sono anche altri interrogativi di grande rilevanza che dovremmo tenere in conto. Per esempio quelli legati all’interazione tra le persone. Forse la questione più importante su cui siamo chiamati a riflettere è come vivere la nostra vita sulla terra. Forse dovremmo essere più consapevoli che la libertà di ciascuno è assicurata solo quando è assicurata la libertà di tutti. Nessuna legge, divina o naturale, può imporre nel mondo tale rispetto reciproco; è qualcosa che le persone devono risolvere tra loro. Gesù offre consigli su come farlo, ma noi lo abbiamo relegato nelle chiese. La regola che Egli propone è “fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te”. Proviamo a immaginare questo comportamento nel campo della finanza, dell’economia, della politica, del lavoro. Che segno di contraddizione! SIMBOLO: Croce


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(a cura di Emergency) V STAZIONE Gesù è aiutato da Simone il Cirenaico

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 23, 26) “Mentre lo conducevano via, presero un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù.” Dall’ospedale di Emergency di Lashkargah, in Afganistan una testimonianza di Paolo Piagnieri, fisioterapista (tratto da un articolo pubblicato su E-il mensile di aprile 2012) Chi curo per primo? La salute è un diritto universale, di tutti; significa avere diritto alla vita. E sembra un diritto scontato cha a volte si finisce per non ricordarlo. Anche una ONG come Emergency deve far fronte a dei limiti dettati dalla situazione in cui si vive e si opera. Ho sempre sentito parlare di admission criteria, i criteri di ammissione, nei nostri ospedali, ma non ci avevo mai dato grande peso: pensavo fosse una regola come le altre. I criteri di ammissione stabiliscono i casi clinici che possono essere ammessi e curati all’interno dell’ospedale. Quello di Lashkargah ha una capienza di settanta posti letto e, se offrissimo cure per qualsiasi tipo di patologia e incidente, probabilmente non ci basterebbe un ospedale dieci volte più grande. Quindi bisogna fare delle scelte: sono ammessi tutti i feriti di guerra, vittime di incidenti stradali e traumi fino a quattordici anni, e feriti o malati che, per qualsiasi altra ragione, si trovino in pericolo di vita o siano stati rifiutati da altri ospedali. E’ tutto logico e giusto, altrimenti l’ospedale non potrebbe lavorare.

Verso mezzogiorno arriva in fisioterapia un bambino per rimuovere la doccia gessata, che gli abbiamo messo quattro settimane fa, e per iniziare la riabilitazione. Io e i miei colleghi facciamo il nostro lavoro e, a fine seduta, chiediamo al padre di tornare dopo tre giorni per continuare il programma di recupero. Quest’ultimo annuisce, ma prima di andare via ci chiede se possiamo fare qualcosa per l’altro problema che dalla nascita affligge il bambino di sei anni: una malformazione congenita alla vescica e alle vie urinarie. In Italia una patologia del genere sarebbe trattata nei primissimi mesi di vita, ma non qui. Chiamo Marilena, l’infermiera, le mostro il caso e mi suggerisce di parlarne con Sandro e Khushal , i due chirurghi. Entrambi riconoscono subito la patologia e dicono che questo bambino ha bisogno di chirurgia specialistica. Che però noi non possiamo offrire. Non rientra nei criteri e non abbiamo i mezzi per affrontare il suo problema. Il padre ci chiede, così, come possa fare , a chi possa rivolgersi , perché il bambino a volte ha anche dolore e altri sintomi che indicano una-

certa urgenza nel dovere affrontare il caso. Khushal , il medico locale, gli dice che negli ospedali di Emergency non è possibile curare questa patologia e che dovrà rivolgersi ad un centro specializzato di Kabul. L’uomo, però, non sembra molto felice della risposta: la capitale si trova a più di ottocento chilometri di distanza e lui non ha mezzi economici per affrontare il viaggio. Mentre tentiamo di trovare una soluzione, alzo gli occhi e vedo sul diafanoscopio dell’ambulatorio due radiografie orrende. Così mi giro con gli occhi sbarrati verso Roberto, infermiere di pronto soccorso, che mi dice: “ Visto che roba? Sono di quella bambina là “. Mi volto e vedo una bellissima ragazzina con i capelli neri che sorride con lo sguardo, avrà forse dodici anni . “ Ha l’osteomielite “ , continua Roberto. “ Le ha causato la frattura che vedi mentre stava camminando “. La tibia di questa bambina è infetta , la gamba presenta fistole evidenti, che stanno andando avanti da parecchio tempo. “ Le diamo degli antibiotici e le mettiamo una doccia gessata per la frattura, ma non la ricoveriamo. Non rientra nei criteri “ , mi dice Roberto, con lo sguardo che mostra tutta la sua impotenza di fronte a questa situazione. Non so che fare, ne cosa pensare. Davanti a me c’è questa ragazzina, dietro di me questo bambino con una malformazione congenita. Li guardo, li osservo , penso. Poi guardo Sandro e Marilena. Vorremmo tutti fare qualcosa, ma più di tanto non si può. Allora nella mia mente si scatenano il caos e la rabbia , una grande rabbia. Penso


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che di là , in quelle corsie, ci sono delle persone ricoverate perché si stavano sparando. Questi due bambini non stavano facendo la guerra; hanno più diritto loro ad essere curati . Loro non hanno fatto niente. Perché questi criteri? Per qualche secondo me la prendo anche con Emergency. Non parlo , esco dal pronto soccorso, devo andare via . ualeQuale sarà la fine di questi bambini ? Quando si ha dolore, e si è malati, si sta male: è un logorio continuo che arriva a privarti di qualsiasi speranza . E tutto questo è amplificato e ingigantito se vivi in un Paese che non riesce a fornirti le adeguate cure sanitarie, dove non ci sono tutte le comodità e i servizi che siamo abituati ad avere. Allora perché non dobbiamo ammette questi bambini? Perché? Mi faccio un giro nel giardino dell’ospedale, devo schiarirmi le idee e, alla fine, mi arriva la solita maledetta risposta: Paolo, E’ LA GUERRA!. Questa dannata GUERRA che ha distrutto tutto. Le scuole sono pochissime, le università altrettanto. La gente è povera, non ha soldi per spostarsi o studiare e la sanità è inesistente. Tutto questo per più di trent’anni di GUERRA che non accenna a scemare. Si leg-

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ge che sono stati investiti svariati miliardi di dollari nella costruzione di ospedali, scuole e cose simili: MA DOVE SONO? DOVE? Sicuramente di casi come quelli di questi due bambini qui a Helmand ce ne sono a migliaia: se iniziassimo a curarne uno dovremmo curarli tutti, come si potrebbe fare distinzione? Non sarebbe possibile, dobbiamo fare delle scelte. Non si tratta di stabilire chi ha più o meno diritti. Tutti hanno diritto alla salute, dal bambino al criminale più feroce. Sembra assurdo, ma è così, non sarebbe un diritto universale, altrimenti. Mi siedo sulla panchina del giardino che è di fronte al pronto soccorso e guardo l’enorme scritta che si trova davanti a me: Emergency Surgical Center for Civialian War Victims. Non è colpa di Emergency se questi due bambini non possono essere curati da noi. Fare tutto è impossibile, bisogna scegliere. Emergency cura le vittime di guerra, di quella GUERRA infame che ha ridotto questo Paese in ginocchio. Talvolta si cerca anche di andare oltre i criteri di ammissione. Ma più di tanto non si può fare. Per poter curare tutti i feriti di guerra, bisogna rinunciare a curare qualcun

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altro. E’ difficile da capire, molto difficile, ma è così. La guerra rende normale ciò che per noi è anormale. Allora a tutti coloro che scelgono la guerra “perché diversamente non si può…” , “perché la democrazia e i diritti…”, “ perché i bombardamenti sono necessari…”, mi viene da dire: “Venite a vedere che stato di democrazia porta la guerra! E’ la democrazia della sofferenza. Venite a leggerla negli occhi di questi bambini e dei loro genitori che ti guardano chiedendoti aiuto e il perché di tutto questo”. Poi potrete dire che “ purtroppo è un male necessario…” e girarvi dall’altra parte magari dando anche spiegazioni tecniche e geopolitiche alquanto dettagliate e incomprensibili, ma sappiate che state scendendo allo stesso livello di quei criminali che tanto volete cacciare. Perché la GUERRA è questo e nient’altro: UN ORRENDO CRIMINE VERSO LA GENTE CHE LA SUBISCE E UN ENORME AFFARE ECONOMICO PER CHI LA FA. SIMBOLO: E di Emergency trasformata in croce


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VI STAZIONE (a cura di Libera) Gesù cade la seconda volta

Dal libro del profeta Geremia (Gr 12, 1) “Tu sei troppo giusto, Signore, perché io possa discutere con te. Ma vorrei solo rivolgerti una parola sulla giustizia. Perché le cose degli empi prosperano? Perché tutti i traditori sono tranquilli?”

UNA STORIA DI CORRUZIONE Sorical: società a capitale misto, pubblico-privato per la gestione dell’approvvigionamento e la fornitura all’ingrosso dell’acqua a uso potabile sul territorio della Regione Calabria, che le ha affidato anche l’attuazione di un articolato piano di investimenti per le infrastrutture idriche. Bilancio 2010: capitale sociale 13,4 milioni, ricavi 79,4 milioni, utili 1,2 milioni.

Gli imprenditori prendevano tutto l’incartamento e lo portavano nei propri uffici dove, dopo avere rimosso la ceralacca sulla busta, controllavano le offerte degli altri e le reinserivano al loro posto in cassaforte.

Il 53,50% delle azioni appartiene alla Regione Calabria e il 46,50% a Acque di Calabria spa, del Gruppo Siba-Veolia environment.

Il Gip Cinzia Barillà titolare dell’inchiesta Ceralacca dice che si tratta di un’inchiesta, impressionante negli esiti e nei risvolti, che si contraddistingue per l’audacia e per l’impudenza criminale dei suoi protagonisti: non si sono fermati neppure dopo essere stati colti in flagranza con in mano le offerte sigillate prima dell’espletamento della relativa gara. Per mezzo delle

Questa società gestisce appalti miliardari. Soldi come se piovesse, una gallina dalle uova d’oro di cui si sono accorte le imprese non in regola e i dipendenti infedeli, secondo la ricostruzione degli inquirenti, nell’operazione denominata Ceralacca. Le indagini hanno portato all’arresto di alti dirigenti della Sorical. Nell’operazione Ceralacca, la Procura e la Gdf di Reggio Calabria hanno accertato che alcuni funzionari pubblici consentivano ad alcuni imprenditori di accedere alla cassaforte dove erano conservate le offerte delle varie ditte che partecipavano alle gare di appalto.

Così facendo, quattro imprenditori riuscivano ad aggiudicarsi le gare di appalto.

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intercettazioni e delle immagini riprodotte dalle videocamere installate fuori e dentro la stanza di custodia delle buste, nella Stazione unica appaltante della Provincia, è stato possibile assistere allo scempio che questi indagati, unitamente ai pubblici ufficiali, fanno della “cosa pubblica”, intromettendosi in modo spregiudicato nelle gare di appalto dell’intera provincia e regione. Il Gip sottolinea che gli imprenditori arrestati erano di casa nella sede della Sorical, dove coltivavano i loro rapporti corruttivi con i funzionari della società, più che convinti della loro immunità. L’operazione ha portato fortunatamente alla luce anche l’incorruttibilità di alcuni dirigenti che vogliono fare il loro dovere pretendendo il rispetto delle regole e che per questo, secondo la ricostruzione che ne fa la Procura di Reggio, vengono definiti dai corrotti come dei poveri allocchi. SIMBOLO: Brocca rivestita di banconote


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VII STAZIONE (a cura della Comunità Capi Potenza 2) La Veronica asciuga il volto di Gesù Dal libro dei Salmi (Sal 27, 8-9a. 11a. 13) “Di te ha detto il mio cuore: «Cercate il suo volto». Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto. Mostrami, Signore, la tua via, guidami sul retto cammino, Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi.”

Chi mai, alla domanda “Chi è Cristo”, risponderebbe descrivendone l’aspetto fisico? Piuttosto ci verrebbe da raccontare cosa faceva, cosa pensava, cosa tutt’oggi propone. Il volto di Cristo non è altro che il suo messaggio. Guardare al suo volto non è altro che aderire al suo vangelo. E questo messaggio non si contenta di un’adesione spirituale ma vuole essere incarnato, reso carne, reso corpo, reso volto. Reso visibile, tangibile, reale. Vuole pervadere la vita di questo mondo, l’agire politico, il costume, la cultura. Così una cultura che ragiona in linea col “Me ne frego”, non è una cultura che guarda al suo volto, è una cultura dell’”io”, del profitto privato. Una cultura della crisi. Una cultura in crisi. Una cultura, invece, che dice “Mi interessa”, “Mi preme”, “Mi sta a cuore”, è una cultura del bene comune, quindi una cultura del benessere. L’unica degna di essere detta “cultura”, che per sua origine rimanda alla cura per ciò che si coltiva. È l’unica che irradia dal suo volto. È l’unica che muove qualsiasi Veronica ad asciugare un volto.


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Da “l’obbedienza non è più una virtù” di Don Lorenzo Milani Eravamo come sempre insieme [con i miei scolari] quando un amico ci portò il ritaglio di un giornale. Si presentava come un “Comunicato dei cappellani militari in congedo della regione Toscana”. [“I cappellani militari in congedo della regione Toscana, […] considerano un insulto alla Patria e ai suoi caduti la cosiddetta “obiezione di coscienza” che, estranea al comandamento cristiano dell’amore, è espressione di viltà”.] Più tardi abbiamo saputo che già questa dizione (cappellani militari in congedo della regione Toscana) è scorretta. Solo 20 di essi erano presenti alla riunione su un totale di 120. Non ho potuto appurare quanti fossero stati avvertiti. Personalmente ne conosco uno solo: don Vittorio Vacchiano […]. Mi ha dichiarato che non è stato invitato e che è sdegnato della sostanza e della forma del comunicato. Il testo è infatti gratuitamente provocatorio. Basti pensare alla parola “espressione di viltà”. Ora io sedevo davanti ai miei ragazzi nella duplice veste di maestro e di sacerdote e loro mi guardavano sdegnati e appassionati. Un sacerdote che ingiuria un carcerato ha sempre torto. Tanto più se ingiuria chi è in carcere per un ideale. Non avevo bisogno di far notare queste cose ai miei ragazzi. Le avevano già intuite.

Su una parete della nostra scuola c’é scritto grande “I care”. È il motto intraducibile dei giovani americani migliori. “Me ne importa, mi sta a cuore”. È il contrario esatto del motto fascista “Me ne frego”. Quando quel comunicato era arrivato a noi era già vecchio di una settimana. Si seppe che né le autorità civili, né quelle religiose avevano reagito. Allora abbiamo reagito noi. Una scuola […] come la nostra, ha il diritto e il dovere di dire le cose che altri non dice. È l’unica ricreazione che concedo ai miei ragazzi. Abbiamo dunque preso i nostri libri di storia […] e siamo riandati cento anni di storia italiana in cerca d’una “guerra giusta”. D’una guerra cioè che fosse in regola con l’articolo 11 della Costituzione. Non è colpa nostra se non l’abbiamo trovata. Da quel giorno a oggi abbiamo avuto molti dispiaceri: Ci sono arrivate decine di lettere anonime di ingiurie e di minacce firmate solo con la svastica o col fascio. Siamo stati feriti da alcuni giornalisti con “interviste” piene di falsità. Da altri con incredibili illazioni tratte da quelle “interviste” senza curarsi di controllarne la serietà. Siamo stati poco compresi dal nostro stesso Arcivescovo (Lettera al Clero 14-4-1965). La nostra lettera è stata incriminata. Ci è stato però di conforto tenere sempre dinanzi agli occhi quei 31 ragazzi italiani (obiettori di coscienza) che sono attualmente in carcere per un ideale. Così diversi dai milioni di giovani che affollano gli stadi, i bar, le piste da ballo, che vivono per comprarsi la macchina, che seguono le mode, che leggono giornali sportivi, che si disinteressano di politica e di religione.

Dovevo ben insegnare come il cittadino reagisce all’ingiustizia. Come ha libertà di parola e di stampa. Come il cristiano reagisce anche al sacerdote e perfino al vescovo che erra. Come ognuno deve sentirsi responsabile di tutto. SIMBOLO: Lavagna con scritto: I Care

"RI..b ellament cout" "RI..bellament ellamentee SScout" Periodico Associativo del Gruppo A.G.E.S.C.I. - Potenza 2° Rione Francioso - Potenza Caporedattori: Rocco Vinciguerra Anita Mazzuccato -------------------Redazione: Monica Viggiani Eugenio Vinciguerra Alessandro Melfi Francesco Laurita Marco Molinari Paolo Donadio Pasquale Molinari Floriana Salvia Maria Piera Barrotta Antonio Belmonte Michele Santarsiere Claudia Carlucci Lorena Florio Lucia Carlucci --------------------


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VIII STAZIONE (a cura del Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani) Gesù incontra le pie donne

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 23, 27-31). Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse: “Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato. Allora cominceranno a dire ai monti: Cadete su di noi! e ai colli: Copriteci! Perché se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?”.

Le mamme Lucane hanno di che piangere!!! Mentre in tutta la Basilicata si fan- il latte contaminato, no file agli uffici postali per attiva- la puzza di idrogeno solforato, re la “carta idrocarburi”, arrivano la gente giovane che misteriosanotizie inquietanti riguardanti l’in- mente si ammala di tumori e di quinamento delle acque in tutta la leucemie ……………….. Regione: lascia la politica indifferente La concentrazione di idrocarburi Le mamme Lucane hanno di nelle acque del Pertusillo è stata che piangere!!! trovata a 6,4 milligrammi/litro, ben ecco le loro testimonianze: 32 volte superiore al limite consen- Camilla Nigro: tito! Siamo un gruppo di mamme della E la POLITICA programma di Val D’Agri: Onda Rosa è il nome portare le estrazioni petrolifere in della nostra Associazione. Val D’Agri da 91 mila a 180 mila barili al giorno!!! Le associazioni ambientaliste e quelle nate sul territorio in difesa dei diritti dei cittadini danneggiati accusano: “mancano i controlli e non è stato fatto nessun monitoraggio ambientale serio per valutare i reali rischi e i danni causati dalle attività estrattive in Val D’Agri”. E intanto…… le carpe morte, il petrolio nel miele, le attività agricole compromesse,

Quando abbiamo iniziato a leggere su internet i pochi dati del monitoraggio Ambientale sulla nostra valle, abbiamo condiviso le informazioni, i dubbi, le paure…. E ci siamo allarmate. Io sono fortunata perché abito “solo” di fronte ad un pozzo di petrolio…….mentre….. Domenica Sono 20 anni che abito vicino al centro oli di Viggiano: non potete immaginare il disagio che c’è…


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La notte non si riesce a dormire, non serve la luce a casa mia… ho i doppi infissi, ma il rumore è continuo lo stesso. E’ la verità, non si può vivere più. La puzza è densa, di giorno e di notte: quando apro le finestre per cambiare l’aria, non entra aria pulita, ma aria sporca, e quando richiudo, rimango con la puzza in casa: mangio con la puzza, sto nel giardino con la puzza… La mattina metto la macchinetta del caffè sul gas e trema… le vibrazioni nella mia casa sono continue, sembra un terremoto, ma è peggio, perché non passa… La mia è una piccola casa, non è una reggia, ma per me è una grande casa, è tutto. Isabella Da mesi sto sempre con il fazzoletto in mano ad asciugarmi gli occhi. Non avverto odori perciò penso che ci sia l’emissione di qualche sostanza inodore. Stasera non ho bisogno di asciugare i miei occhi perché qui non c’è il centro oli. Rosa Marsicano Io abito poco distante dal centro oli: c’è puzza, rumore,l’aria è irrespirabile, lacrimano gli occhi, si avvertono mal di testa, manca la voce… Nel settore agricolo c’è la svalutazione totale: il formaggio non viene comprato, nemmeno la carne… e il resto del cibo… Praticamente non si vive più. … E la politica programma di raddoppiare l’estrazione giornaliera di barili di petrolio… e promette infrastrutture, occupazione e sviluppo… SIMBOLO: canovaccio imbrattato di petrolio.

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Riflessione di Riccardo Della Rocca presidente nazionale MASCI «La politica è insostituibile per affrontare le grandi sfide del mondo e della società: la pace e la guerra, la solidarietà e il diritto all’uguaglianza tra gli uomini e i popoli, l’ambiente e la solidarietà con le future generazioni. La “buona politica” è la vera arma che i poveri e le realtà subalterne hanno a disposizione per affermare e conquistare i propri diritti sociali e di cittadinanza piena; i ricchi ed i potenti possono fare a meno della politica perché hanno già gli strumenti per difendere i propri interessi e spesso usano la politica

per garantire il proprio potere e la propria ricchezza. La democrazia si basa sul consenso e, senza un forte rigore morale, è facile che per un voto si ceda alle pressioni di potenti e di corporazioni organizzate! Per questo oggi, nel nostro Paese, assistiamo allo smarrimento del senso del “ bene comune” in favore di “interessi privati” individuali e di gruppo. Fu proprio pensando a ciò che Alcide De Gasperi disse: “gli statisti pensano alle future generazioni, i politicanti pensano alle prossime elezioni”!»


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IX STAZIONE (a cura delle sq. Corvi - Antilopi Potenza 2) Gesù cade la terza volta

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Da Oriana Fallaci, La rabbia e l’orgoglio

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 11, 28-29). Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete Ecco quel che ha detto Bobby, un bambino newyorkese (otto il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore.

La paura di Gaber - Luporini E camminando di notte nel centro di Milano semi deserto e buio e vedendomi venire incontro l’incauto avventore, ebbi un piccolo sobbalzo nella regione epigastrico-duodenale che a buon diritto chiamai… paura, o vigliaccheria emotiva. Sono i momenti in cui amo la polizia. E lei lo sa, e si fa desiderare. Si sente solo il rumore dei miei passi. Avrei dovuto mettere le Clark. La luna immobile e bianca disegna ombre allungate e drittissime. Non importa, non siamo mica qui per fare delle fotografie, dài! Cappello in testa e impermeabile chiaro che copre l’abito scurissimo, l’uomo che mi viene incontro ha pochissime probabilità di essere Humprey Bogart. Le mani stringono al petto qualcosa di poco chiaro. Non posso deviare. Mi seguirebbe. Il caso cane-gatto è un esempio tipico: finché nessuno scappa non succede niente. Appena uno scappa, quell’altro... sguishhh. Ed è giusto, perché se uno scappa deve avere una buona ragione per essere seguito. Altrimenti che scappa a fare? Da solo? In quel caso si direbbe semplicemente ‘corre’... E se poi lui non mi seguisse non ho voglia di correre come un cretino alle due di notte per Milano... senza le Clark. La luna è sempre immobile e bianca, come ai tempi in cui c’erano ancora le notti d’amore. Non importa, proseguo per la mia strada. Non devo avere paura. La paura è un odore e i viandanti lo sentono. Sono peggio delle bestie questi viandanti... è chiaro che lo sentono. Ma perché sono uscito? Avrei dovuto chiudermi in casa e scrivere sulla por-

ta: “Non ho denaro” a titolo di precauzione, per scoraggiare ladri e assassini. E lo strangolatore solitario? Quello se ne frega dei soldi. Dovrei andare a vivere in Svizzera. Non si è mai abbastanza coraggiosi da diventare vigliacchi definitivamente. Ma l’importante ora è andare avanti, deciso. Qualsiasi flessione potrebbe essere di grande utilità al nemico. La prossima traversa è vicina e forma un angolo acuto. Acuto o ottuso? Non importa Però sento che lo potrei raggiungere, l’angolo. Ma il nemico avanza, allunga il passo... o è una mia impressione? Ricordati del cane e del gatto. Anche lui ha paura di me. Devo puntargli addosso come un incrociatore, avere l’aria di speronarlo... ecco, così. È lui che si scosta... disegna una curva. No, mi punta. Siamo a dieci metri: le mani al petto stringono un grosso mazzo di fiori. Un mazzo di fiori?... Chi crede di fregare! Una pistola, un coltello, nascosto in mezzo ai tulipani. Come son furbe le forze del male! Eccolo, è a cinque metri, è finita, quattro, tre, due, uno… [segue con lo sguardo una persona che gli passa accanto]. [sospiro di sollievo] Niente, era soltanto un uomo. Un uomo che senza il minimo sospetto mi ha sorriso, come fossimo due persone. Che strano, ho avuto paura di un’ombra nella notte. Ho pensato di tutto. L’unica cosa che non ho pensato è che poteva essere semplicemente… una persona. La luna continua a essere immobile e bianca, come ai tempi in cui c’era ancora l’uomo. SIMBOLO: Foto con e senza towers

anni) che un telecronista ha intervistato oggi per caso. Ecco qua. Parola per parola. «My mom always used to say: “Bobby, if you get lost on the way home, have no fear. Look at the Towers and remember that we live ten blocks away ori the Hudson River”. Well, now the Towers are gone. Evil people wiped them out with those who avere inside. So, for a week I asked myself: Bobby, how do you get home if you get lost now? Traduco: La mia mamma diceva sempre: “Bobby, se ti perdi quando torni a casa non avere paura. Guarda le Torri e rammenta che noi viviamo a dieci blocchi lungo lo Hudson River”. Bè, ora le Torri non ci sono più. Gente cattiva le ha spazzate via con chi ci stava dentro. Così per una settimana mi son chiesto: Bobby, se ti perdi ora, come fai a tornare a casa?


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X STAZIONE (a cura del Clan Potenza 2) Gesù è spogliato delle sue vesti Salmo 21 (17 - 20) Un branco di cani mi circonda, mi assedia una banda di malvagi; hanno forato le mie mani e i miei piedi, posso contare tutte le mie ossa. Essi mi guardano, mi osservano: si dividono le mie vesti, sul mio vestito gettano la sorte. Ma tu, Signore, non stare lontano, mia forza, accorri in mio aiuto.

Intervista a Annalisa Minutillo, 45 anni Incoming Inspection della Jabil Da quanto tempo lavora alla Nokia-Siemens? Lavoro presso la Nokia-Siemens da 26 anni, gli ultimi quattro trascorsi con Jabil Che tipo di contratto aveva? Contratto a tempo indeterminato In cosa consiste il suo lavoro? Mi occupo della componentistica che entra in azienda la quale viene catalogata e suddivisa per caratteristiche e proprietà Che cosa si produce nello stabilimento di Cassina? Apparecchiature per ponti radio Cosa è successo dopo la join venture fra Nokia e Jabil? Dopo essere stati rilevati da Jabil, quattro anni fa, ci siamo impegnati a svolgere il lavoro per conto di Nokia, ossia le commesse che la stessa ci aveva incaricato di produrre. Dall’anno 2008 a tutto il 2010 è sopraggiunta la cassa integrazione ordinaria ,e nell’ultimo anno siamo passati alla cassa integrazione straordinaria. Cosa ne è stata dell’intesa raggiunta nel gennaio del 2008 con la Presidenza del Consiglio in cui la NSN si impegnava a man-

tenere in piena attività i siti italiani? L’intesa non è stata rispettata e allo scadere delle commesse per conto di Nokia la stessa non ha dimostrato interesse nel continuare a tenere aperta la sede di Cassina Dè Pecchi. Quali motivazioni ha apportato la Jabil per giustificare la chiusura dello stabilimento? Al momento nessuna motivazione con i lavoratori ma è chiara l’intenzione di chiudere e di portare altrove l’attività lavorativa, magari in Paesi dove il costo del lavoro è molto più basso a scapito delle competenze e della qualità. Da quanto tempo è in atto il presidio? Il presidio è in atto da oltre 4 mesi Cosa, in pratica, sperate di ottenere con questa forma di protesta? Speriamo di riuscire a trovare un compratore serio con volontà di non eliminare le conoscenze e la preparazione acquisita nel corso degli anni, ma speriamo anche di ricevere la giusta considerazione da parte delle istituzioni che fino ad ora

sono state parecchio assenti. Mantenere intatta la catena del valore di un’industria che è sempre stata il fiore all’occhiello della Lombardia e garantire il diritto al lavoro ed alla dignità di ognuno di noi, senza dimenticarci anche dell’indotto che verrebbe annullato con i nostri licenziamenti Il 12 dicembre è alle porte. Come vi organizzerete in seguito? Questo aspetto è quello che maggiormente ci spaventa perché è una sorta di corsa contro il tempo alla quale non vogliamo arrenderci. Resteremo fermi sulle nostre posizioni e non abbandoneremo il luogo che è diventato la nostra seconda casa. L’intenzione è quella di continuare a renderci visibili poiché senza lavoro non si è nulla. E’ come se non si esistesse nemmeno, si è condannati a morte e si finisce con il restare soli, unendo al danno la beffa. Non possiamo permettere che ciò accada e vogliamo continuare nella nostra lotta senza darci per vinti, resistendo sempre almeno un minuto in più rispetto al datore di lavoro. SIMBOLO: Soldi


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XI STAZIONE (a cura del Gruppo Iniziativa Territoriale Basilicata di Banca Popolare Etica) Gesù è inchiodato sulla croce

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 15, 23; 24a; 25a; 26-27) “Giunti che furono sull’altura del Golgota gli offrirono vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese. Poi lo crocifissero … Erano le nove del mattino … l’iscrizione con il motivo della condanna diceva: “Il re dei Giudei”. Con lui crocifissero anche due ladroni, uno alla sua destra e uno alla sinistra”.

“Se le banche lanciano i bond della morte”(Stefano Rodotà) da La Repubblica del 08/02/2012. Nella frenetica ricerca di nuovi “prodotti finanziari”, con i quali continuare ad intossicare il mercato, la riverita Deutsche Bank ha superato ogni limite, facendo diventare la vita stessa delle persone oggetto di speculazione. Il caso si può così riassumere. Si individua negli Stati Uniti un gruppo di cinquecento persone tra i 72 e gli 85 anni, si raccolgono con il loro consenso le informazioni sulle condizioni di salute, e si propone di investire sulla durata delle loro vite. Più rapidi sono i decessi, maggiore è il guadagno dell’investitore, mentre il profitto della banca cresce con la sopravvivenza delle persone appartenenti al campione. Sono così nati quelli che qualcuno ha definito i “bond morte”. Molte sono state le reazioni: la stessa Associazione delle banche tedesche ha detto che «il modello finanziario di questo fondo è contrario alla nostra morale e alla dignità umana». Ma il fatto rimane, segno inquietante di che cosa stiano diventando i nostri tempi. La vita entra senza riserve a far parte del mercato, è puro oggetto di calcolo probabilistico, è consegnata a uno dei tanti algoritmi che ormai regolano la nostra esistenza. E tutto diventa ancor più inquietante se si guarda alla composizione del campione. Si scommette sugli anziani, un gruppo che già conosce forme crescenti di discriminazione. Non più produttiva, la vita degli anziani diventa “vita di scarto”, la loro

dotazione di diritti si impoverisce, appare incompatibile con la logica dell’economia. Si scivola verso un “grado zero” dell’esistenza, con il trascorrere degli anni si entra in un’area nella quale si è sempre meno “persone”, disponibili come di uno dei tanti oggetti con i quali si costruiscono i prodotti finanziari. La questione è della massima rilevanza, perché tocca il tema attualissimo del rapporto tra libertà economica e diritti fondamentali. Nel 2004, la Corte di giustizia europea pronunciò una sentenza, indicando proprio nel rispetto della dignità umana un limite insuperabile nell’esercizio dell’iniziativa economica privata. Ma anche la Costituzione italiana, nell’articolo 41, afferma che

l´iniziativa privata è libera, ma non può svolgersi “in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Decreti di ieri e di oggi si aprono con forzature interpretative che vogliono imporre letture dell’articolo 41 tutte centrate sulla preminenza della libertà economica. Queste letture riduzioniste e “revisioniste” sono costituzionalmente inammissibili. L´esistenza “libera e dignitosa”, di cui parla l’articolo 36 della Costituzione, viene negata quando una considerazione tutta efficientistica del lavoro affida la vita delle persone al potere dell’economia, consegnandola alla logica della merce. SIMBOLO: Bond con teschio


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XII STAZIONE (a cura delle sq.Leoni - Linci Potenza 2) Gesù muore in croce

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 23, 44-46) “Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Il velo del tempio si squarciò nel mezzo. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo spirò.”

Ho capito cos’era successo solo quando la mia compagna di banco ha ricevuto la sua versione: nessuna correzione, nessun voto, solo alcune frasi sottolineate a penna con la dicitura “Questa frase non c’é nel testo: la trovi sul sito www …”. Il liceo Quinto Orazio Flacco di Potenza ha la copertura wi-fi; dai cellulari di ultima generazione, quattro miei compagni di classe si erano collegati ad internet durante la versione e l’avevano trovata già tradotta; peccato che il professore se ne fosse accorto solo correggendole… Risultato: versione annullata per tutti. In ogni classe succede così: se sbaglia uno, pagano tutti. Quindi ci ha fatto ripetere la versione, con un testo più difficile, qualche giorno più tardi. Mentre traducevo, la mia compagna di banco armeggiava con il cellulare nascosto nell’astuccio, e io

ho voluto credere che non sarebbe stata di nuovo così stupida da copiare la versione un’altra volta… Invece l’ha fatto, e il professore stavolta non se n’è accorto: lei ha preso sette, ed io 5 e mezzo; eppure sono sicura di aver studiato più di lei. Ora, questa cosa mi fa una rabbia... se qualcuno copia la versione, e il professore se ne accorge, viene annullata anche a chi non aveva fatto niente di male; se non se ne accorge, il furbo della situazione prende un bel voto senza aver faticato sui libri come chi magari prende 5. A questo punto a che pro sbattersi tanto? Ci sarà sempre qualcuno che vanificherà i nostri sforzi! A che pro essere onesti, impegnarsi? Quando penso a questa storia, mi cadono le braccia. SIMBOLO:Vocabolario che cade dalle mani.

La g uida e lo pong scou ono i t l loro nel m erita onor e re fi ducia

Qualche giorno fa, il mio professore di lettere è entrato in classe arrabbiatissimo, davvero fuori di sé. Ci aveva riportato le versioni corrette: ce le ha restituite e ha iniziato a dire di essere molto deluso, che da noi non se l’aspettava, che ci avrebbe punito e avanti così per un’ora. Io non capivo assolutamente di cosa stesse parlando, soddisfatta del mio 6-e-mezzo-quasi-7: ok, molti avevano sbagliato la versione, ma non c’era mica da prendersela così…

Trend della FIDUCIA


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Anno VI n. 1

XIII STAZIONE (a cura dell'INAIL) Gesù è deposto dalla croce e posto nel sepolcro

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 27, 57 – 61) Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatèa, chiamato Giuseppe, il quale era diventato anche lui discepolo di Gesù. Egli andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato ordinò che gli fosse consegnato. Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò. Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Màgdala e l’altra Maria.

“Aiutateci a fermare questa strage” Appello della madre di un caduto sul lavoro. Andrea è morto a 23 anni schiacciato da una macchina tampografica difettosa, insicura e non a norma. Andrea suonava la chitarra e voleva imparare a suonare anche la tromba, ma non ha fatto in tempo….e neppure il nuovo appartamento è riuscito ad abitare: doveva entrare nella nuova casa un sabato di inizio giugno, se ne è andato il 20 giugno di 5 anni fa. Oggi avrebbe 28 anni ma è morto in fabbrica alle sei dell’ultimo mattino di primavera. E suonerebbe ancora la chitarra e non darebbe il suo nome a una borsa di studio. Sarebbe, soprattutto la gioia di sua mamma Graziella e non la ragione della sua battaglia da neo cavaliere della Repubblica, per cultura sulla sicurezza. Una battaglia finita con una sconfitta dolorosa: nel nome del figlio e a nome dei tanti caduti sul lavoro, senza giustizia – Oli – Molfetta – Thyssenkrupp – Mineo - Francesco Pinna – ecc. – sono solo le stazioni più raccontate di una Via Crucis quotidiana, che per un po’ chiama a raccolta l’indignazione italiana e che poi guarda altrove. Un lavoro, quello di Andrea, eseguito per un misero stipendio e la sicurezza un optional; quella macchina tampografica era una macchina killer, non aveva i giusti sistemi di sicurezza e l’unico presente era stato

rimosso per velocizzare la produzione. “Te l’avevo promesso”, scrive mamma Graziella in una lettera aperta indirizzata al Ministro Fornero e pubblicata su Repubblica, - “Te l’avevo promesso e mi sono battuta affinché il tuo ricordo non svanisse nel giro di pochi mesi. Televisione, giornali, interviste… ho fatto più di quanto potessi immaginare, ma il dolore è stabile, anzi, più passa il tempo e più mi lacera il cuore. Il suono della chitarra, la tromba, le tue risate, i tuoi abbracci, i tuoi baci… tutto manca dentro casa; ora regna il silenzio più assoluto. Eri un figlio perfetto, Andrea, amavi la vita più di qualsiasi cosa al mondo, ma essa ti è stata strappata brutalmente in un giorno d’inizio estate ed io non sono in grado di capire perché tu, un ragazzo così dedito al lavoro, hai dovuto chiudere i tuoi splendidi occhi in una fabbrica. Non ha senso morire a 23 anni, tanto più mentre si sta lavorando. Tutto ciò è capitato a te, figlio mio, io non mi darò mai pace e continuerò a tenere vivo il tuo ricordo. … Ora la nostra famiglia sembra vuota, … ci manchi troppo, la tua era una figura essenziale, infatti, come un albero ha bisogno di svariati elementi per vivere, così a noi è stato tolto l’ossigeno, l’acqua e anche se la pianta è

una quercia secolare, piano piano appassisce come un piccolo germoglio… Vorrei dirti molte altre cose, amore mio, ma non basterebbe tutta una vita per scriverle; mi limito a ripetere una cosa che tu, da lassù, avrai ascoltato ed ascolterai tantissime volte: ti voglio un bene dell’anima, angelo mio. Ora Ministro comprenderà la ragione di questo mio scritto. Ogni anno muoiono circa 1200 lavoratori per la mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro e ci sono circa un milione di infortuni più o meno gravi. E’ inconcepibile e inaccettabile che in un paese “civile” succedano ancora questi “omicidi” per risparmiare sulla sicurezza mettendo a repentaglio la vita dei lavoratori… I lavoratori, caro Ministro, sono esseri umani e non macchine di produzione, hanno la loro vita, i loro affetti e il sacrosanto diritto di uscire la mattina per andare a lavorare e avere la certezza di tornare la sera con le proprie gambe e non dentro una bara come è successo al mio Andrea che era appena sbocciato alla vita… aveva solo 23 anni ed è morto con il cranio schiacciato da una macchina…”.


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Quella di Andrea è chiamata “morte bianca”, come quella di Francesco Pinna (20 anni) e di Matteo Armellini (32 anni), morti costruendo il palco per il concerto di Jovanotti e della Pausini, e di tanti altri che perdono la vita sul lavoro. Nessuna morte, però, può essere bianca; la morte non ha colore, anche se ci fa pensare al Rosso, come il sangue che sgorga dalle ferite profonde, al Nero, come il buio e il dolore dei familiari che restano, all’Oro come il denaro accumulato dagli imprenditori che, con la scusa della crisi, giocano con la vita della classe più debole. Queste morti non derivano mai dal caso, sono frutto dell’avidità di chi si rifiuta di rispettare le norme della sicurezza sul lavoro e di una società in cui il valore assoluto sembra essere il Dio profitto e non la vita umana, di un sistema in cui occorre far crescere una nuova “dignità del lavoro”, quella dignità per cui i lavoratori non vengano più considerati un costo per l’impresa, ma una risorsa impareggiabile L’INAIL, ogni anno, dirama il suo Rapporto Annuale sugli infortuni e le morti sul lavoro. Nell’anno 2011 le morti sul lavoro sono diminuite rispetto agli anni precedenti: un dato di certo positivo, anche se bisogna evidenziare che molti infortuni non vengono denunciati e che, comunque, occorre tener conto di altri fattori, come la crisi economica che, se da un lato, fa diminuire il rischio infortunistico (a causa della disoccupazione), allo stesso tempo incrementa il rischio dell’elusione dei costi della messa in sicurezza e della tutela dei lavoratori. Prevenire per l’INAIL è il principale strumento per evitare che fatti del genere possano continuare ad accadere; azzerare le tragedie è forse impossibile, ma lottare contro il malcostume da parte di alcuni datori di lavoro di considerare la sicurezza come un orpello superfluo, un fastidio, un costo da cassare e, quindi, impedire le morti sul lavoro è per l’INAIL un dovere di cui, nella sua valenza istituzionale, ha inteso farsi carico. SIMBOLO: i colori delle morti sul lavoro


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«Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).

«Ogni deformazione e ogni cicatrice sul volto dell’uomo è uno schiaffo sul volto di Cristo. Se lamentiamo la morte ingiusta di Gesù, non possiamo smettere di addolorarci per la croce e la morte dei nostri fratelli e di essere solidali con chiunque soffre».


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