ScubaZone n.51

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SOMMARIO

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ScubaZone è un pr odotto Zero Pixel Srl www.zeropixel.it - info@zeropixel.it

DESK Si può lavorare nella subacquea? di Massimo Boyer

owner

Zero Pixel Srl Via Don Albertario 13 20082 Binasco (MI) Italia P.iva e Cod.fiscale. 09110210961

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NEWS News di prodotto

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managing and editorial director

Massimo Boyer massimo@zeropixel.it

BIOLOGIA

art director & graphic executive

Sott’acqua con San Pietro di Francesco Turano

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Gli “alien” dei mari: i parassiti di Franco Tulli

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Massimo Boyer • Francesco Turano • Franco Tulli • Adriano Marchiori • Renato La Grassa • Nuova Caledonia Turismo • Roberta Cipressi • Andrea Alpini • Roberto Antonini • Federico Betti • Marco Daturi • Claudio Ziraldo • Cristian Umili • Pino Tessera • Caren Liebscher • Ornella Ditel •

La Pseudorasbora, da alieno ormai ambientato a soggetto fotografico di Adriano Marchiori e Massimo Boyer

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Il lavoro subacqueo nei diving center di Renato La Grassa

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Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale, del testo e delle immagini senza il consenso dell’autore.

Ritorno alle Maldive di Massimo Boyer

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Francesca Scoccia - francesca@zeropixel.it

contributors this issue

VIAGGI

Il mare lungo la costa est della Nuova Caledonia di Nuova Caledonia Turismo

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Benvenuto alle Bahamas di Roberta Cipressi

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Pubblicità: info@scubazone.it Download at www.scubazone.it

IMMERSIONI

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SS Burdigala, il relitto della prima classe tedesca di Andrea “Murdok” Alpini

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Colmegna beach di Roberto Antonini

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Nella botte piccola c’è il vino buono, la straordinaria biodiversità dell’AMP “Isola di Bergeggi” di Federico Betti

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NEWS MASCHERA MARES CHROMA UP La nuova maschera Chroma Up ha telaio tri-materiale con inserto morbido. Per la sua forma particolare, il cono ottico e il campo visivo risultano sensibilmente incrementati verso l’alto. Un sistema di sgancio rapido delle lenti, un nuovo meccanismo intelligente (in attesa di brevetto) permette la sostituzione delle lenti senza l’uso di attrezzi. Il facciale è in mono silicone.

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BIOLOGIA

SOTT’ACQUA CON SAN PIETRO di Francesco Turano

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onoscere gli animali, sott’acqua, tenendo l’occhio nel mirino di una fotocamera, è un’attività molto impegnativa e intrigante. La fotocamera è uno strumento, un mezzo che la tecnologia mette a disposizione come tramite tra noi a la natura che ci circonda. Ma dietro la fotocamera, che per vivere deve starsene dentro una custodia che la protegga dall’acqua, c’è l’occhio, e dietro l’occhio una mente e un’anima. Sono queste ultime a guidare l’occhio per interpretare la scena osservata e quindi usare la fotocamera al momento e nel modo che riteniamo corretto. La ricerca in natura di un’immagine che comprenda significato,

bellezza, plasticità, ci porta alla ricerca di soggetti animali o vegetali col maggior potenziale estetico e in contesti con la giusta luce e un adeguato ambiente. Questa ricerca della bellezza ci porta a selezionare tra i viventi nel mare alcuni pesci che, per un motivo o per l’altro, hanno caratteristiche uniche. Tra questi un posto d’onore, in Mediterraneo, lo merita lo Zeus faber. Oggi nel mio archivio sono conservati molti scatti di quella creatura, pesce difficile non tanto da avvicinare, quanto da riprendere a dovere per due fondamentali motivi: la livrea chiara e la posizione che assume sovente nei confronti del subacqueo, voltandogli regolarmente le spalle. Senza dimenticare che non è

mai facile individuarlo nel suo ambiente e che sono pochissimi i posti dove lo si può incontrare con una certa frequenza, oltretutto immergendosi nel periodo più freddo dell’anno. La passione per i pesci mi ha comunque portato a superare tutti questi ostacoli e la fortuna di vivere presso una delle due sponde dello Stretto di Messina ha agevolato questo lavoro, che ho portato avanti per lunghi anni, senza mai stancarmi. Oggi il pesce San Pietro è diventato un caro amico e nuotargli accanto è un emozione che ogni volta si rinnova. Ogni anno aspetto dicembre o al massimo i primi di gennaio per cominciare a sbirciare tra le ramificazioni di Paramuricea clavata dei fondali di Scilla, località che

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segna il confine nord dello stretto sul Tirreno. Le gorgonie di Scilla ricoprono grandi agglomerati di roccia, tra i 60 e i 30 metri di profondità, e rappresentano un ambiente perfetto per questi pesci, creando un vero e proprio bosco sommerso; con l’abbassarsi della temperatura dell’acqua e l’approssimarsi dei 14° C, gli zeidi risalgono dalle grandi profondità e si avvicinano alla costa. Il loro nuoto è lento e per scovarli punto lo sguardo in ogni angolo del fondale con molta attenzione, per cercare di vincere il loro straordinario mimetismo. Una volta individuato, mi avvicino al pesce con calma, cercando di capire se il soggetto è disponibile e tranquillo oppure nervoso e pronto alla fuga. Alcuni individui che si concedono per periodi abbastanza lunghi e altri invece non ne vogliono sapere e, nonostante la non particolare predilezione per il nuoto, riescono comunque a seminare il subacqueo, un po’ per via della loro struttura corporea (hanno il corpo alto e molto compresso sui fianchi, tanto da risultare quasi invisibili se osservati frontalmente) e un po’ per via delle forti correnti che lambiscono questi fondali, grande osta-

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colo all’idrodinamicità del subacqueo e invece ininfluenti per un pesce così sottile in sezione. Quando il soggetto è disponibile ho la possibilità di riprenderlo con le pinne ben distese e la livrea satura, specie se il pesce comincia a muoversi lentamente sfruttando le gorgonie come riparo e usando i soli movimenti ondulatori di due pinne: la seconda dorsale e quella anale. Il flash va puntato dall’alto o in ogni caso angolato in modo tale da non riflettersi sui fianchi del pesce, per evitare riflessi indesiderati. La reazione al flash è serena o nervosa secondo i casi, ma un pesce tranquillo può concedersi anche per ripetuti scatti. Tuttavia, specie di notte, non conviene stressare un individuo con troppi lampi, pena lo stravolgimento delle sue condizioni di salute. Il comportamento del pesce, di giorno o di notte, è completamente diverso. Fotografarlo con la luce del sole è sicuramente più complicato, avendo a che fare con una maggiore reattività dell’animale, ma gli sfondi blu della superficie nelle belle giornate creano un valido contrasto, in una bella immagine, con il giallo dorato della livrea; i disegni a linee longi-

tudinali brune, che corrono dal capo alla coda allargandosi intorno alla caratteristica macchia nera posta al centro dei fianchi, sono inoltre molto più evidenti (di notte la livrea potrebbe apparire slavata). Fotografando e rifotografando più volte questi favolosi pesci ho imparato a conoscere molte delle loro abitudini più comuni e ad osservarli mentre si nutrono o quando dormono. Raramente ho avuto anche occasione di vederli in azioni di caccia, particolarmente suggestive. Lo Zeus faber è un predatore vorace e, anche se non particolarmente abile nel nuoto, è capace di ottimi scatti. Abbinando allo scatto in avanti l’estroflessione della bocca, grande e dotata di denti piccoli e aguzzi, il pesce cattura la sua preda (che può esser una boga, una sardina o un’acciuga) in modo sorprendentemente rapido. Tutta la grazia e la straordinaria eleganza di un San Pietro mentre nuota nel suo ambiente scompare all’istante se osserviamo la sua foto da cadavere: nei mercati ittici o sui banchi di spacci o ristoranti, il San Pietro ha ben poco da mostrare. Solo oggi, dopo molte ore passate al suo fianco, posso cercare di celebrare la sua


BIOLOGIA

bellezza attraverso le immagini e la fotografia subacquea. Con corpo ovale, compresso lateralmente e coperto di squame piccolissime, ha una linea laterale evidente che presenta un’ampia curva in alto. Il profilo anteriore è obliquo e la testa è relativamente grossa, con occhi non molto grandi posti vicino il margine superiore.

Le aperture nasali sono vicine tra loro e la bocca è tagliata obliquamente, con mandibole prominenti e una protuberanza sotto la sinfisi. Molte le spine sparse sul corpo: sul muso, sulla nuca e sul margine preopercolare. Vi è una spina scapolare vicino all’estremità superiore dell’apertura branchiale e una omerale, al disotto della base della pettorale.

Sulla linea mediana del ventre si trova tutta una serie di scudetti ossei spinosi, con le punte dirette all’indietro. La pinna dorsale ha la prima porzione formata da raggi spinosi molto robusti, veri e propri aculei, con una spina basale da ogni lato; la membrana interradiale, quella posta cioè tra un raggio e l’altro della pinna, si prolunga invece in sottili filamenti, tanto maggiori quanto è più giovane l’esemplare. Quest’aspetto mi ha incuriosito più di altri nell’osservazione diretta di tali pesci ed ho notato, attraverso le mie immagini, delle differenze sulla morfologia delle pinne e della dorsale in particolare, con filamenti diversi, più o meno lunghi secondo l’età del pesce. La pinna anale ha una porzione anteriore a raggi spinosi, che è praticamente indipendente, specialmente nei giovani. Alla base della porzione molle della dorsale e dell’anale vi sono, su ogni lato, una serie di placche ossee con spine biforcute alla base, variabili sia come numero sia come grandezza, talvolta anche sui due lati nel medesimo esemplare. La coda è ampia, spatolata e col margine posteriore arrotondato. Le pinne pettorali sono invece piccole e a ventaglio, mentre le ventrali sono molto

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BIOLOGIA

GLI “ALIEN” DEI MARI: I PARASSITI di Franco Tulli

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o stretto di Lembeh, situato nell’arcipelago indonesiano all’estremità nord orientale dell’isola di Sulawesi, è uno dei migliori luoghi per incontrare e fotografare minuscole ed incredibili forme di vita: dalle decine di specie di pesci rana ai coloratissimi gamberi arlecchino, dai minuscoli gobidi che spuntano dai colli di bottiglia alle minuscole forme di vita che vivono in simbiosi con altre, ingannevolmente somiglianti a piante. Spesso occorre una buona vista e un’ottima conoscenza di biologia marina per capire dove si trova la testa o la coda di questi minuscoli esseri. Ma talvolta, se si osserva ancora meglio, magari con l’ausilio d’ingrandi-

menti fotografici, si possono osservare su di essi forme di vita ancora più piccole e assolutamente incredibili: i parassiti. Il primo, di cui approfondiremo le caratteristiche, è forse il più conosciuto tra questi, in quanto la sua vittima preferita di questi mari è il pesce pagliaccio, uno dei pesciolini più amati. Quell’essere che vedete nella foto qui sopra, all’interno della bocca spalancata del pesce pagliaccio, non è un succulento bocconcino appena catturato, bensì quello che gli inglesi chiamano “tongue eating louse” cioè letteralmente “pidocchio mangia lingua”. Infatti, il Cymothoa (questo il suo nome scientifico) è un piccolo crostaceo isopode della famiglia Cymothoideae. È un subdolo

parassita che passando dalle branchie dell’ignaro pesce s’insinua nella cavità orale e si attacca, con le sue tre paia di zampe anteriori, alla base della lingua, dove, dall’arteria, inizia a succhiarne il sangue fino alla sua atrofia e necrosi e alla conseguente caduta o disintegrazione; a quel punto ne prende letteralmente il posto collegandosi ai suoi muscoli. Da quel momento incomincia a nutrirsi di una parte del cibo che mangia il pesce o anche del suo muco. In questo modo continuano a vivere e a crescere insieme, infatti, questo genere di parassita non uccide il “padrone di casa”, ma sfrutta l’ospite per ricavare il nutrimento necessario alla sua sopravvivenza. Purtroppo non fa solo questo: infatti, il Cy-

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mothoa può cambiare sesso e all’occorrenza riprodursi, trovando un’accogliente casa nella bocca del malcapitato. Trovare, in questi mari, anemoni con i loro graziosi simbionti infettati da questo parassita è purtroppo molto frequente. Per accorgersene è spesso sufficiente osservare il comportamento di alcuni di loro, particolarmente nervoso, ancor più del solito, e con un curioso tic: aprono e chiudono la bocca in continuazione, come stessero masticando una gomma, in un modo talmente intenso e frenetico da non poter essere giustificato dalla semplice e normale ossigenazione. Ben più difficile è riuscire a cogliere l’attimo giusto per ottenere un’inquadratura dove la minuscola Cymothoa sia la protagonista. Per realizzare questo scatto, avevo osservato che un particolare pesce pagliaccio ogni tanto, a ritmi regolari, spalancava la bocca in modo estremo. Così, una volta calcolato in modo approssimativo il tempo di ripetizione del gesto, mi sono messo con tanta pazienza ad aspettare il momento buono per ottenere uno scatto soddisfacente; c’è voluto più di mezz’ora di appostamenti e tenta-

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tivi ma, alla fine, ho ottenuto quello che volevo. È anche possibile un lieto fine in questa prima storia, ma solo per il cattivo, infatti, oltre a sfruttare lo sfruttabile il parassita, nel caso il povero pesce dovesse morire, può sopravvivergli, ma poco o nulla si conosce di come faccia in seguito a cavarsela. Se pensate che il “pidocchio mangia lingua” sia una creatura orribile aspettate di leggere quello che possono fare i parassiti del superordine dei Rhizocephala. Questi sono cirripedi che a loro volta fanno parte del Subphylum Crustacea, quindi legati ai comuni granchi di spiaggia. Nella loro fase adulta, mancano completamente di appendici e di organi interni, tranne le gonadi e pochi resti del sistema nervoso, rendendosi di fatto irriconoscibili. Il nome significa “testa di radice” e la larva, pochi giorni dopo la nascita, attraverso le aperture del carapace del granchio o del gamberetto che sceglie come ospite, si fa strada nel sistema linfatico e, in breve, si fa carico di molte delle sue funzioni corporee. Che siano maschi o femmine, i malcapitati sono sterilizzati dal parassita come misura di risparmio energetico e perdono anche la capacità

di rigenerare gli arti. Nella foto, scattata a circa 20m di profondità, potete osservare un gamberetto (sp. Alpheus frontalis), infettato da un parassita Rhizocephala, molto probabilmente della specie thomsonia. Questo particolare parassita si insinua in un ospite e mutando inietta la sua massa cellulare internamente all’animale ramificandosi come delle radici, fino a raggiungere il sistema digestivo; contemporaneamente cresce con una parte esterna simile a una sacca che sporge dall’addome. A un’occhiata superficiale queste escrescenze sembrano delle uova appartenenti al gamberetto e, in fondo, non si è così lontani dalla verità; infatti, queste costituiscono la parte riproduttiva del parassita femmina adulta, la quale attira i maschi per la fecondazione. Raggiunta la maturità sessuale, il Rhizocephala induce il gamberetto, sia maschio che femmina, ad avere un comportamento materno e, di conseguenza, a prendersi cura del parassita e delle sue uova come fossero le proprie. Una volta che le uova sono fecondate, raggiunto il momento della schiusa, il parassita spinge il gamberetto ad andare in acque poco profonde e a rilasciare


BIOLOGIA

le nuove larve le quali pochi giorni dopo sono già pronte a parassitare altri ospiti. Nelle immagini in questa pagina e in apertura di articolo, nonostante le minuscole dimensioni del gamberetto (sp. Latreutes pymoeus), il quale non supera i 3 centimetri, sul suo dorso è facilmente individuabile, grazie alla sproporzionata mole, un terribile parassita isopode. Pur essendo di aspetto diverso, in realtà questo parassita, quale appartenente al sottordine Cymothoida, è un parente della Cymothoa, ma di un’altra famiglia, probabilmente la Bopyridae. Non è sempre facile da una foto individuare l’esatta specie, in quanto molte di queste, durante il loro ciclo di vita, hanno forme differenti e la metamorfosi è molto comune. C’è anche da dire che molte specie non sono ancora scientificamente descritte, perché poco conosciute e osservate. La famiglia degli isopodi Bopyridae, ad esempio, comprende oltre 460 specie, tutti ectoparassiti di crostacei decapodi di cui il Latreutes fa parte. Come molti dei Cimotoidi, anche i Bopiridi si fissano all’ospite definitivo nello stadio di larva. Si distinguono in branchiali e addominali a seconda che vivano nella cavità branchiale o attaccati all’addome dell’o-

spite. Una volta radicato, il parassita si trasforma gradatamente in femmina e, se incontra un maschio, raggiunge la maturità sessuale riproducendosi varie volte prima di morire. Nel 2012 è uscito un film “The Bay” dove un parassita mutante infetta la razza umana. Per fortuna è solo una finzione cinematografica ma, recentemente, alcuni scienziati dell’Università di Berger hanno

scoperto che alcuni di loro si stanno evolvendo molto velocemente: alcune nuove specie del superordine Rhizocephala (proprio uno dei nostri “Alien”), sono state trovate nel corpo degli squali a replicare l’esatto comportamento che i loro “cugini” parassiti attuano all’interno del corpo dei granchi e dei gamberi. Chi è allora il vero “squalo” tra i due e cosa ci riserva, in futuro, l’evoluzione della specie?


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BIOLOGIA

LA PSEUDORASBORA

DA ALIENO ORMAI AMBIENTATO A SOGGETTO FOTOGRAFICO di Adriano Marchiori e Massimo Boyer (foto di Adriano Marchiori)

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seudorasbora parva, conosciuto anche come Cebacek o Pseudorasbora, è un piccolo pesce d’acqua dolce appartenente alla famiglia Cyprinidae. Ha il corpo allungato, tipico dei ciprinidi, con dorso convesso. Livrea con dorso brunastro con una linea orizzontale scura sui fianchi argentei, non sempre ben visibile. Il ventre è bianco-argenteo. Le scaglie sono orlate di scuro. Le pinne hanno una sfumatura rossastra. Raggiunge una lunghezza massima di 11 cm. Si riproduce tra aprile e giugno in acqua molto superficiale e stagnante, quando

il maschio comincia a pulire una cavità nella roccia, dove la femmina corteggiata deporrà poi delle piccole uova adesive. Successivamente il maschio abbandona il nido prima della schiusa. Si nutre di larve d’insetto, piccoli pesci e uova di pesce. Originario dell’estremo Oriente, è stato introdotto nel XIX secolo in Europa, dove si è ambientato in fretta tanto da diventare infestante e dannoso in molte zone. Diffuso dapprima nei laghetti di pesca sportiva, è fuggito poi da questi tramite emissari e si è ambientato in molti fiumi e laghi del Nord e del Centro Italia. È una specie molto invasiva: forma popolazioni numerose che tendono a soppian-

tare le popolazioni locali di alborelle, triotti o rovelle. Le sue carni sono mediocri, talvolta amarognole piene di spine. Insomma, la sua importanza commerciale è pressoché nulla rispetto ai danni che apporta. Adriano Marchiori, autore delle foto, dice: “ho fatto molte immersioni in profondità senza pensare a che cosa si nasconde in superfice in pochi centimetri d’acqua, anche di notte. La pseudorasbora assomiglia a prima vista a una alborella (Alburnus alburnus) ma se ci soffermiamo un attimo con occhio attento ci accorgiamo che la differenza è notevole: la bocca in particolare è molto allungata”.

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FOTO: MARCELLO DI FRANCESCO

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IL LAVORO SUBACQUEO NEI DIVING CENTER di Renato La Grassa (foto Moby Diving Lampedusa)

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ono ormai lontani i tempi in cui era necessario prenotarsi con largo anticipo per un corso sub, a causa del grande numero di richieste. Ricordo che fra gli anni 80 e 90 più che ad una disciplina sportiva, i corsi sub erano equiparabili ad esercitazioni militari. Quelli di primo livello duravano mediamente dai 6 agli 8 mesi, con sessioni teoriche e pratiche di apnea, ARA e ARO e al termine degli esami, che non tutti superavano, si usciva con una preparazione davvero di primordine. Giungiamo agli anni 2000, con l’avvento delle didattiche internazionali che hanno rivoluzionato, nel bene e nel male, l’intero settore, favorendo l’esplosione del

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turismo subacqueo internazionale con Sharm El Sheik a guidare la cordata, dove per fare un’immersione bisognava fare la coda come al supermercato. I Diving aprivano ovunque, faticando ad accontentare la clientela che d’estate si riversava a flotte per immergersi. Quindi un settore economico fiorente che ha stimolato le grandi case costruttrici ad investire grandi capitali nella ricerca e produzione di nuove mute e attrezzature subacquee, in grado di rispondere alle esigenze di un mercato in continua evoluzione come, ad esempio, quella dell’immersione profonda. Un settore, quello della Subacquea, di assoluto interesse per le opportunità lavorative e professionali coinvolte, ma

mai oggetto della necessaria attenzione da parte delle autorità governative competenti in merito agli ambiti disciplinari e normativi. Gli attori coinvolti nei settori della subacquea professionale e ricreativa, profondamente interconnessi tra loro seppure molto diversi nelle finalità, sono molteplici. Fra questi rientrano gli OSS (operatori scientifici subacquei), OTS (Operatori tecnici subacquei), le grandi aziende di produzione sopra menzionate, il comparto della nautica, la ricerca scientifica, la Biologia marina, l’Archeologia, la Video-Foto sub, il comparto del Turismo subacqueo (Diving, Resort, Crociere subacque), la Pubblica Sicurezza, e l’elenco non finisce qui.


VIAGGI

Per una serie di concause, in questi ultimi anni abbiamo assistito ad una progressiva crisi dell’intero settore della subacquea ricreativa, con contraccolpi negativi soprattutto sui Diving. Per approfondire ulteriormente l’argomento e delineare quali sono i maggiori ostacoli alla crescita e al sostentamento di tale attività, ho rivolto alcune domande agli amici titolari del Moby Diving di Lampedusa. Ciao Roberta, ci puoi parlare della vostra attività in generale?

È nato tutto per caso, in una vacanza fatta a Marsa Alam, dove facendo immersioni si è aperta un opportunità di lavoro. Ovviamente eravamo già subacquei e stanchi dalla vita milanese, siamo partiti alla volta di questa nuova avventura. Dopo qualche anno, abbiamo sentito la necessità di tornare in Italia e aprire qualcosa di nostro. Ormai da 8 anni abbiamo un Diving tutto nostro a Lampedusa. Le attività che svolgiamo riguardano la parte relativa alla scuola dove introduciamo nuove

persone alla subacquea e li addestriamo rilasciando brevetti e la parte relativa ai divers brevettati, quindi già abilitati ad effettuare immersioni, per i quali organizziamo escursioni guidandoli alla scoperta dell’affascinante mondo sommerso delle Isole Pelagie. Il nostro obbiettivo però è anche quello di portare la subacquea nelle scuole, infatti già con il progetto Scuola D’amare si è iniziato ad introdurre con lezioni gratuite il mondo marino, ma l’idea reale è quella di introdurla come materia nelle scuole con indirizzo sportivo, in modo tale da fare un percorso formativo graduale fino ad arrivare alla possibilità di farlo diventare uno sbocco lavorativo. Il Diving è un centro 5 Stelle PADI, situato a Porto Nuovo, direttamente sul punto d’ imbarco; il centro dispone di servizi doccia, spogliatoio, risciacquo, deposito attrezzatura ed aula corsi. Di fronte al Diving si trova una zona relax per scambiarsi quattro chiacchiere prima o dopo l’immersione, ma che diverrà anche un punto di riferimento per tutto il periodo del soggiorno a Lampedusa. Inoltre, essendo centro Mares, dispone di attrezzature di alta qualità. A livello di attrezzature il centro dispone di: 2 compressori (BAUER/COLTRI), una quarantina di bombole, attrezzature varie comprendenti mute, erogatori, maschere, pinne ecc. ed un gommone BAT di 8,50 m (omologato 22 persone) dotato di 2 motori Mercury da 150 cv cad.

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VIAGGI

Infine, il Diving si avvale di convenzioni per l’organizzazione dell’intera vacanza (volo, soggiorno ecc.) dei nostri clienti subacquei. Siete attrezzatti anche per la subacquea tecnica? No, facciamo solo immersioni ricreative. Dall’esperienza maturata riteniamo che i subacquei che vengono in vacanza hanno solo voglia di svagarsi e divertirsi. Quali siti di immersione raggiungete e qual è l’ organizzazione tipo di una giornata? Effettuiamo uscite giornaliere di Half Day con doppio tuffo attorno all’Isola di Lampedusa e Lampione, mentre in caso di Linosa come Full Day. Tra le più particolari escursioni, oltre ai siti attorno all’isola di Lampedusa, abbiamo l’ Isola di Lampione, unico posto nel Mediterraneo dove, con un pò di fortuna, potremmo avvistare gli squali grigi (da metà luglio a fine settembre) e l’Isola di Linosa (escursione di una giornata) dove poter effettuare una tra le più belle immersioni del mediterraneo “La Secchitella”. Tutte le escursioni sono rivolte sia ai subacquei sia a chi vuole scoprire le bellezze di Lampedusa anche a pelo d’acqua!

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I siti d’immersioni vengono decisi in base al vento ed al mare. Ovviamente tutto questo era prima del COVID-19, in quanto non abbiamo ancora informazioni su quando potremo riaprire e quali saranno le disposizioni per poter lavorare. Sono appena uscite delle linee guida che però vanno ad intaccare la fattibilità dello svolgimento della nostra attività. Al momento dobbiamo solo aspettare le disposizioni del governo e della Regione Sicilia, sperando che al più presto si possa portare ancora felicità a chi ci viene a trovare. Perchè Lampedusa? È stato anche qui un caso, ma una volta arrivati sull’isola ce ne siamo innamorati. Le peculiarità del mare di Lampedusa sono la sua visibilità che raggiunge i 40 mt e una biodiversità incredibile; abbiamo infatti molte specie “aliene”, pesci tropicali che sono ormai stanziali nel nostro bellissimo angolo di paradiso. Fra i vostri ospiti ci sono anche apneisti? Se si, Che tipo di supporto date? Ogni tanto abbiamo anche apneisti, per i quali l’uscita viene organizzata di volta

in volta, in base alle esigenze sia dell’ospite che della nostra logistica. Aspetti positivi e negativi della gestione di un Diving, specie in un’isola così remota? Questa meravigliosa isola ha sempre affrontato, in passato e ancora oggi, molte difficoltà, soprattutto per il suo grande cuore e la sua solidarietà verso le persone che giungono fin qui affrontando viaggi della “speranza” per trovare la libertà. Inoltre, trattandosi di un’isola, i problemi sono amplificati. Basti pensare al costo elevatissimo della benzina dovuto al fatto che arriva esclusivamente via mare, o al semplice reperimento delle attrezzature, l’assistenza sanitaria, e tante altre difficoltà alle quali i Lampedusani rispondono sempre con grande coraggio. Ovviamente il fattore positivo principale è quello di aver potuto fare di una passione un lavoro e soprattutto di poterlo svolgere in un luogo meraviglioso come Lampedusa. È comunque un lavoro stressante e faticoso, pieno di responsabilità ma anche di soddisfazioni e che offre l’opportunità di conoscere molte persone e di instaurare con esse un rapporto che va al di là del semplice rapporto cliente/negozian-



RITORNO ALLE MALDIVE di Massimo Boyer (foto Foto dall’archivio Albatros Top Boat)

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e vicende attuali, con la pandemia da Covid-19 e la conseguente chiusura dei viaggi intercontinentali (e non solo) sono tristemente note a tutti. Ma Albatros Top Boat non si è fermato, ha continuato a lavorare in vista di una riapertura. Che ormai sembra vicina, se è vero che le Maldive hanno annunciato una possibile riapertura delle frontiere a partire dal prossimo mese di luglio. Attenzione, si tratta di una riapertura che potrebbe riguardare all’inizio il mercato asiatico per estendersi all’Europa solo

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in un secondo tempo, e deve fare i conti con le decisioni del nostro governo, ma è comunque un primo segnale di ritorno alla normalità. Il lockdown, al di là delle conseguenze nefaste sulla nostra economia, cercando di vedere il bicchiere mezzo pieno, sembra (almeno dove i sub hanno già potuto immergersi) che abbia avuto conseguenze positive per la vita marina. Il blocco ha indubbiamente protetto la vita bentonica nei punti che prima erano più visitati dall’impatto dei sub, prevenendoli forzatamente dal danneggiare accidentalmen-

te il reef con le pinne o con le ginocchia. I pesci e altri animali mobili sembrano essersi disabituati alla nostra presenza, guadagnando fiducia e confidenza. Ne guadagneranno anche le nostre immersioni, tutte, in termini di stato di salute del reef migliorato e di presenza di tanto pesce attorno e vicino a noi, sempre più vicino. Ne guadagneranno le immersioni notturne. L’ immersione notturna alle Maldive è un’esperienza del tutto particolare, tanto che Albatros Top Boat ha deciso di organizzare delle crociere ad hoc, studiate per permettere ai subacquei di godere appieno di quello che offre l’arcipelago. Cosa ha di speciale l’immersione notturna? Mentre nella maggior parte delle zone ci si immerge di notte per vedere animali molto piccoli, dai nudibranchi ai gamberetti, alle Maldive tutto è grande. Anche l’immersione notturna è spesso finalizzata all’incontro con i giganti dell’Oceano, con i predatori in caccia, con spettacoli emozionanti e affascinanti. Ed è probabilmente la pass di Alimatha ad offrire il massimo in termini di scariche adrenaliniche, con enormi squali nutrice che si muovono



VIAGGI

IL MARE LUNGO LA COSTA EST DELLA NUOVA CALEDONIA

DA HIENGHÈNE A POINDIMIÉ, PASSANDO PER TOUHO: STRAORDINARI FONDALI SOTTOMARINI Testo di Nuova Caledonia turismo (Foto dall’archivio NCTPS)

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fondali sottomarini di questa regione sono tra i più ricchi e belli della Nuova Caledonia. Dall’ippocampo pigmeo all’incredibile granchio orangutan, dai branchi di mante giganti alla straordinaria varietà di coralli e anemoni lo spettacolo è garantito sia per chi pratica che per chi si limita allo snorkeling nei pressi dell’isoletta Tibarama a Poindimié. Hienghène è certamente anche un punto

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di riferimento per la biodiversità: la sua laguna è iscritta al patrimonio mondiale dell’UNESCO e ben due aree marine protette (Hienga e Doïman) sono state create per salvaguardare questo territorio. Pertanto, i centri per le immersioni situati lungo le rive di questo comune figurano tra i migliori di tutta la Grande Terre. Immergendovi qui potreste anche avere la possibilità di vedere il rarissimo ippocampo pigmeo.

LA LAGUNA DI HIENGHÈNE Basta infilarle la muta e imbarcarsi per una giornata in mare con Babou Côté Océan, facendo rotta verso la laguna dalla tribù di Koulnoué per vivere un’esperienza incredibilie. Per coloro che non hanno mai fatto immersioni con le bombole sarà un’ottima occasione per il primo battesimo. Per i più piccoli, accompagnati da una guida



BENVENUTO ALLE BAHAMAS di Roberta Cipressi (Foto di Bahamas Ministry of Tourism and Aviation)

L’

arcipelago delle Bahamas è un’oasi ecologica distribuita su oltre 160.000 chilometri quadrati di oceano e a soli 80 Km dalla costa della Florida. Comprende 16 isole principali, oltre 2.000 cays, e vanta l’acqua più chiara del pianeta con una visibilità di oltre 60 metri. A cominciare da Cristoforo Colombo, arrivato qui nel 1492, tutti i visitatori delle Bahamas ne rimangono affascinati. Storia e cultura si intrecciano e tour “storico/gastronomici” delle isole non si limitano solo a paesaggi ed architettura ma introducono anche alla conoscenza dei sapori locali. Lasciati accompagnare in questa visita vir-

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tuale delle Bahamas e scopri che la loro bellezza si estende ben oltre le straordinarie meraviglie naturali.

IMMERGERSI ALLE BAHAMAS La bellezza delle immersioni alle Bahamas è offerta dalle acque calde e limpidissime e dall’ampio ventaglio delle esperienze che offrono. Prima su tutte, ovviamente, la barriera corallina, la terza più grande al mondo vicino l’isola di Andros: le Bahamas vantano alcune delle comunità di coralli più varie e sane dell’Atlantico occidentale. Qui si trovano spugne, coralli a ventaglio e un caleidoscopio di colori oltre che una grande varietà di pesci in altissime quan-

tità: potrai perderti in un banco luccicante di pesci pipistrello argentati, dentici o meravigliarti della bellezza degli innumerevoli pesci angelo francesi. Seguono a ruota le immersioni più emozionanti: le Bahamas sono la capitale mondiale delle immersioni con gli squali! Preparati a rimanere a bocca aperta! Le Bahamas offrono incontri ravvicinati e sicuri con gli eleganti squali della barriera corallina caraibica, con gli impassibili squali tigre o i maestosi grandi martello. Esperienza imperdibile, poi, sono i Blue Hole: si trovano soprattutto attorno ad Andros ma tutto l’arcipelago offre il maggior numero di Blue Hole di qualsiasi altra parte del pianeta. Queste fa-


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mose doline si sono formate in seguito all’erosione della roccia calcarea delle grotte in profondità e offrono un’esperienza subacquea unica e suggestiva. Non scordiamoci inoltre che le acque delle Bahamas hanno presentato a lungo una sfida ai navigatori, e, pertanto, attorno a tutte le isole, si trovano relitti di tutte le epoche. Inoltre, il Governo delle Bahamas ha perseguito un programma di affondamento di imbarcazioni ecologicamente pulite per creare scogliere artificiali. Per la gioia poi anche di quanti non usano (ancora) le bombole: i banchi di sabbia delle isole occidentali sono un habitat privilegiato di tursiopi e delfini macchiati dell’Atlantico. Solitamente sono amichevoli e giocano sia con chi fa snorkel che con i sub.

L’IMBARAZZO DELLA SCELTA: BREVE SELEZIONE DI ALCUNE DELLE LOCALITÀ DI IMMERSIONE PIÙ POPOLARI NASSAU, sull’isola di New Providence, è la capitale e qui le immersioni si concentrano sulla barriera corallina, sui relitti e sugli squali. Anche se ci si tuffa appena fuori città, le condizioni sottomarine sono

generalmente superbe: l’acqua è limpida, calda e invitante. Il lato ovest di Nassau è alimentato da correnti ricche di nutrienti provenienti dalla ‘Lingua dell’Oceano’, il canyon abissale al largo di Andros. Qui ci si immerge in parete; si parte da una profondità di circa 18 metri ed i calanchi di sabbia sono luoghi perfetti per i relitti affondati di proposito. Il migliore è, probabilmente, Ray of Hope, un mercantile affondato da Stuart’s Cove vicino alla sua zona di alimentazione degli squali. Per questo, piuttosto di frequente, alle immersioni presenziano anche curiosi squali di barriera. Non sono aggressivi nei confronti dei subacquei e, nel corso del rinomato feeding dive, si possono osservare in sicurezza ancora più da vicino mentre competono per il cibo. BIMINI è una piccola isola che ospita alcuni squali molto grandi. Si trova a soli 80 chilometri al largo della costa della Florida ed è, da sempre, ritrovo di pescatori e diportisti. Qui ha sede uno degli istituti di ricerca sugli squali più influenti al mondo, la Bimini Biological Field Station (biminisharklab. com), che monitora e studia le varietà di

squali presenti nell’area. Proprio a loro si deve la scoperta di un visitatore straordinario: il più grande rappresentante della famiglia delle teste a martello, lo Sphyrna mokarran. Questo predatore alfa, che può arrivare fino a 5 metri e mezzo di lunghezza, ha un’abitudine migratoria che lo porta a Bimini tra novembre e aprile di ogni anno. Uno squalo di queste dimensioni potrebbe essere considerato potenzialmente pericoloso, ma, adattando le tecniche di alimentazione diffuse a Nassau, gli operatori subacquei hanno scoperto di poterci interagire in sicurezza. L’ISOLA DI GRAND BAHAMA è la più settentrionale delle isole delle Bahamas (si trova infatti a soli 150 km a ovest di Palm Beach, in Florida) ed è la seconda isola più popolare dell’arcipelago. I fondali sono caratterizzati da un ampio banco poco profondo che si estende al largo delimitato dalla barriera corallina che offre la possibilità di immergersi con i delfini, di fare shark feeding o di visitare relitti di navi. Il West End è oggi la base per la visita della famosa Tiger Beach, dove è possibile immergersi con gli squali tigre. Si tratta dei più grandi squali predatori presenti in acque tropicali, sono assolutamente im-

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VIAGGI pavidi rispetto ad altre specie e, rispettando alcune regole ferree, è abbastanza facile partecipare allo shark feeding con loro. Non meno interessante il Parco Nazionale Lucayan: uno dei più grandi sistemi di grotte sottomarine del mondo. Per immergersi in luoghi come Ben’s Cave, uno dei due blue hole dell’entroterra all’interno del parco e sede di stalattiti, stalagmiti e conchiglie fossili, è richiesto il brevetto per le grotte. ANDROS. Se vuoi immergerti nella natura, esplorare antiche fratture geologiche e sperimentare il lato selvaggio delle Bahamas, Andros è l’isola che fa per te. Con i suoi 5950 kmq è l’isola più grande delle Bahamas offre chilometri di costa deserta e la terza barriera corallina più grande al mondo. La scogliera è lunga 300 chilometri e, congiungendosi al canyon sottomarino noto come la ‘Lingua dell’Oceano’, raggiunge anche la profondità di 2000 metri. Andros è rinomata per i suoi Blue Hole: si tratta di grandi caverne o doline marine causate dall’erosione della pioggia e dagli agenti atmosferici chimici che colpiscono il terreno ricco di calcare. Ne ha 220 fra entroterra ed oceano formatesi durante le ere glaciali passate quando il livello del mare era molto più basso di oggi,. Si possono persino vedere i fori ‘respirare’ quando l’acqua scorre dentro e fuori con le maree. Naturalmente, in compagnia di guide esperte, le immersioni tra i relitti e i feed con gli squali sono disponibili anche qui.

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IMMERSIONI

mersione e tornare a terra. Decidiamo di provarci. Scendiamo in quattro. La corrente di superficie non è molta, sotto il pelo dell’acqua aumenta un po’, ma è nell’approssimarsi al SS Burdigala che diventa più sostenuta. Anche qui scorre con direzione pari alle onde di superficie. Sul ponte di coperta tra i -55m e i -60m è maggiormente presente limitando la visibilità che da eccellente resta comunque superiore ai 25m, almeno. Al di sotto di questo taglio le condizioni cambiano drasticamente e la vista arriva tranquillamente almeno a 40m sull’orizzontale. Guardo spesso in alto dove ho fissato la strobo, a tratti il lampeggio scompare, oscurato dalla densità della corrente stessa. Appena approccio lo scafo, resto entusiasmato dalle dimensioni e dai colori che lo compongono. La visibilità è incredibile, almeno 30m sull’orizzontale. Mi dirigo inizialmente verso la parte poppiera del relitto, attraversando la parte alta della spaccatura che lo seziona a circa tre quarti scafo. I possenti cala scialuppe ornano entrambe le murate. Il ponte sottostante, sempre più corroso dagli agenti marini negli anni, è composto da monconi di legno che lasciano immaginare cosa stia al di sotto delle proprie pinne. Arrivati allo specchio di poppa iniziamo la discesa verso il timone e le eliche. Lo scarroccio si sente e ci spinge lontano dalla murata che stavamo esplorando, recuperiamo un po’ di metri ridossandoci sotto la murata sinistra. Compaiono davanti ai miei occhi le pale dell’elica poi, volgendo lo sguardo verso l’alto, appare la maestosità della poppa in tutta la sua ampiezza.

Seguo l’albero di trasmissione dal bulbo al punto in cui si innesta allo scafo. Non si tratta di un semplice collettore: è raffinato, rastremato in tubi concentrici e affusolati. È da queste modanature che si apprezza anche la qualità della progettazione del transatlantico SS Kaiser Friedrich. Recuperiamo la battagliola della murata sinistra. La risalita sembra interminabile tanto è alto lo scafo, in realtà sono circa 15m, l’elica si trova infatti a quota -70m. Attraversiamo il ponte trasversalmente diverse volte al fine di raccogliere più informazioni possibili sul relitto. Le spugne gialle, rosse e viola che lo hanno colonizzato rendono l’immersione ancora più entusiasmante.

Proseguo nel mio giro, inverto la rotta attraversando nuovamente lo squarcio e arrivo al ponte di coperta che conduce verso prua. Ritrovo molti degli elementi che ho visto nell’immersione precedente, comincio a orientarmi. Arrivo al ponte di comando, struttura bellissima su due livelli, elegante, grande e piena di strumentazione e dettagli. Non appena approccio la plancia di comando, un’infilata di cinque torrette si apre al mio sguardo tra telegrafi di macchina e sistemi di comando potenza. Quattro di queste sono ancora in verticale nella loro posizione originale, una quinta è coricata a terra. Seguendola con lo sguardo noto concretizzata tra le spugne azzurre, gialle, rosse e viola, una lampada il cui colore doveva essere bianco, adibita all’illuminazione del ponte prodiero sottostante. Qualche metro più in là e ancora più concretizzata si trova la rispettiva lampada destra. Entrambe hanno ancora il vetro al proprio posto. È davvero unico ritrovare questi elementi nella selva di colori di cui si compone la vista in questa parte di relitto. Qui si potrebbe stare per ore a identificare gli oggetti che sparsi giacciono qua e là. Riprendo lo scooter e mi dirigo verso prua per fare una carrellata di immagini sui cannoni e il tagliamare. Questa volta con occhio più attento mi accorgo che il cannone di dritta punta verso il mare aperto per proteggersi, mentre quello sinistro è interno alla murata, dato che la nave era già protetta dalla navigazione sotto costa. La visione di questi due co-

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COLMEGNA BEACH di Roberto Antonini (foto di Silvano Barboni)

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ersonalmente, quello che più mi emoziona prima di un’immersione è la location in cui si svolge. Mi piace arrivare sempre almeno una mezz’ora prima dell’appuntamento col mio buddy, per calarmi totalmente nella pace dell’ambiente circostante e gustarmi il paesaggio. La fortuna di noi subacquei lacustri è proprio quella di poter godere in prima persona dello spettacolo offerto dalla natura in ogni squarcio di stagione. Sia che ci s’immerga nel lago di Como, a Lecco, nel Garda o nel Maggiore, lo scenario è impagabile. A tal proposito devo confessare che uno dei luoghi a cui sono più affezionato, è quello di Colmegna beach. Situata a pochi chilometri dal

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confine elvetico, la piccola località abitata da non più di mille anime, si presta perfettamente alle caratteristiche e ai bisogni di ogni genere di subacqueo. Ricreativa o tecnica, l’immersione a Colmegna offre sempre gradite sorprese ed emozioni indimenticabili. Il parcheggio situato sul lungo lago, alla sinistra provenendo da Luino, è ben fornito e può accogliere fino ad una trentina di automobili. Uno spiazzo con al centro una fontana, monumento dedicato ai caduti della grande guerra, precede la piccola scalinata che porta direttamente alla spiaggia in ghiaia e sassi da cui, una volta attrezzati, si può procedere all’immersione. Dalla balconata che delimita l’accesso alla spiaggia, in ogni giorno dell’anno, ma soprattutto nei mesi in-

vernali e primaverili, si può gustare un panorama straordinario. L’ambito in cui si muove la nostra visuale dà veramente la netta sensazione di quello che un fotografo chiamerebbe profondità di campo. Lo sguardo spazia per tutta la lunghezza che il Lago Maggiore assume dal vicino confine elvetico della frontiera di Zenna fino alla parte piemontese nella zona turistica di Stresa. Le montagne di fronte a noi delimitano il confine con la Svizzera e con il Piemonte e la cornice regala in ogni momento scenari mozzafiato. Rilievi completamente innevati d’inverno, tramonti indimenticabili d’estate o temporali improvvisi con fulmini e acquazzoni talvolta violenti si alternano sulle vette esposte ad ovest. Ora il lago ci aspetta. Posizionate le stages


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per un’immersione tecnica, procediamo alla vestizione in un clima goliardico prima di effettuare il check pre-immersione. La parte destra di questo tuffo presenta un tratto iniziale caratterizzato da un fondo ghiaioso misto sabbia fino ad arrivare ad una profondità di circa 20 metri dove si incontra la parete. Di colore marrone rossastro, essa sprofonda all’ incirca per una sessantina di metri. Non è liscia, ma frastagliata e irregolare ed è una delle poche che più assomiglia a quelle di un contesto marino. Nei suoi anfratti, ben nascoste, non è difficile trovare esemplari di bottatrici che spesso raggiungono notevoli dimensioni anche perché i pescatori avrebbero grosse difficoltà a catturarle. Trovata la profondità, esploriamo il fondale con estrema lentezza; la presenza di una ricca fauna ci suggerisce di dover osservare in ogni direzione. Ogni tanto, sul fondo, fa bella mostra di sé un Luccio Perca che sembra assopito, ma in realtà è pronto a sferrare il suo attacco da cinico predatore qual è. Proseguendo, sempre attenti a tenere sotto controllo la pressione dei gas e i tempi di immersione sul computer, la parete lascia spazio

ad altre sagome granitiche isolate di forma appuntita che portano alla mente guglie di architettura gotica; le aggiriamo o ci infiliamo tra di esse per cercare nuove forme di vita. Oggi siamo fortunati perché il segnale con la torcia del mio compagno attira la mia attenzione e tra due scogli scorgiamo un magnifico esemplare di Luccio livrea Italia. Fermo immobile, lo abbiamo proprio di fronte a noi: maestoso, di lunghezza e grandezza ragguardevole. Lo contempliamo fermi anche noi fino a quando si muove lento per sparire tra i flutti in profondità. Risalendo di quota, per affrontare le tappe deco, ci avviciniamo nella zona che rimane sotto al ristorante situato sul lungolago. Qui complici i cuochi che riversano gli avanzi per pasturare, non è difficile incontrare le specie più comuni che popolano il lago: carpe, scardole, cavedani. Ci spostiamo ora verso l’uscita dell’immersione: poco distante dalla boa di segnalazione verso sinistra, c’è l’entrata di un piccolo fiumiciattolo che raccoglie le piogge della valle sovrastante l’abitato di Colmegna; ce ne accorgiamo perché qui l’acqua è molto più fredda. Il fondale è melmoso e in prima-

vera, tra legni e fogliame, è facile incontrare delle anguille di colore grigio, ben mimetizzate, con solo la testa che spunta dal terreno, pronte a sferrare l’attacco decisivo per sfamarsi di piccoli crostacei e di altri pesciolini. Pur essendo la stagione giusta, oggi, nonostante una lunga perlustrazione non ne abbiamo vista nessuna. Esauriamo gli ultimi minuti di deco e finiamo la nostra affascinante immersione. Fra poco ci tocca il faticoso, ma piacevole terzo tempo come nel rugby, a base di salame, pane, birra e cibarie varie: un lavoro duro, ma di cui, nessuno di noi vorrebbe farne a meno. Questa attesissima conclusione viene solitamente fatta nel tardo pomeriggio subito dopo esserci cambiati mentre, in notturna, ci aspetta sempre una buona pizza e un boccale di birra nel ristorante di fronte al parcheggio il cui proprietario, anche d’inverno, ci aspetta fino a tarda ora tra gli sbuffi del pizzaiolo ansioso di tornare a casa. Sono questi i momenti in cui il gruppo si affiatata e si cementa. Naturalmente il divertimento è assicurato ascoltando i racconti dei più giovani, le impressioni e le emozioni che questo tuffo ogni volta sa offrire.

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IMMERSIONI

Ciò che più colpisce gli scienziati, così come i subacquei che si immergono in zona, è la straordinaria ricchezza di biodiversità che prospera in un tratto di costa così ridotto; per fare un esempio, nelle acque bergeggine sono state osservate ben 55 delle circa 180 specie di antozoi (coralli, gorgonie e affini) note per tutti i mari d’Italia!

Dal punto di vista ecologico questa abbondanza di vita si può spiegare con una certa facilità: i fondali dell’AMP, della ZSC e le zone limitrofe, ospitano in un’area ristretta una forte ed inusuale concentrazione di ambienti molto diversi tra loro, quali pareti rocciose, aree di coralligeno, grotte sommerse, fondi detritici grossolani, fondali sabbiosi e fangosi, scogli profondi,

praterie di Posidonia oceanica e, poiché ogni ambiente presenta le proprie comunità peculiari, tanti ambienti diversi significano coesistenza in uno spazio ridotto di tante specie differenti. In aggiunta a ciò, la prossimità alla costa della scarpata continentale e la presenza di correnti profonde favoriscono fenomeni di upwelling: le acque di profondità cioè, ricche di nutrienti, scontrandosi con il pendio risalgono verso la superficie, trasportando cibo e sostenendo così una grande biodiversità costiera. Questo peraltro favorisce l’incontro in immersione subacquea con specie generalmente tipiche di profondità elevate, quali rane pescatrici, pesci San Pietro e gallinelle. Sulle pareti rocciose dominano le margherite di mare, ma non mancano alghe verdi, come le grandi palle di Codium bursa, diverse specie di spugne, e coralli duri fra cui la bella madrepora cuscino. Nudibranchi, vermi piatti, stelle marine e scorfani rossi e neri colorano le pareti, mentre donzelle e numerose murene si muovono nelle vicinanze del fondale. Nella colonna d’acqua, attratti dalle tante prede ed efficacemente protetti dall’AMP, nuotano banchi di saraghi, barracuda codagialla, orate e grossi dentici. Sulle rocce emerse,

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durante i mesi invernali e primaverili è possibile osservare l’idrozoo Paracoryne huvei; questo strano organismo forma grandi macchie di colore rosa, a prima vista simili ad alghe incrostanti, proprio a cavallo della superficie, fino a pochi decimetri di profondità. Osservato per la prima volta solo nel 1957, è ad oggi noto per il solo Mar Ligure, ed è ritenuto estremamente raro! L’ambiente coralligeno si trova al di sotto dei 20 metri lungo le pareti dell’Isola, e soprattutto su piccole secche rocciose che emergono dal fondale fangoso al di sotto dei 30 metri di profondità; qui prosperano grandi distese di gorgonie rosse, avvolte in nuvole di castagnole rosse, e robuste spugne massive. Particolarmente rilevante l’affioramento de “I Maledetti”, un lungo costone di roccia che risale da un fondale di 130 metri fino a circa 50 nella sua parte più superficiale; estremamente interessante dal punto di vista biologico, questo sito è caratterizzato dalla seconda popolazione ligure per estensione di corallo rosso. Le praterie di Posidonia oceanica, molto diffuse vicino alla costa da Vado Ligure fino all’abitato di Noli, ospitano una flora ed una fauna tipica e alquanto ricca. Fra le

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fronde si nascondono polpi e una grande quantità di pesci, alcuni dei quali sono forme giovanili di specie di valore commerciale. Sopra le fronde volteggiano donzelle, castagnole, sciarrani, salpe e menole. Fino al 2018 erano molto frequenti i grandi ventagli di Pinna nobilis, oggi purtroppo decimati ad una moria che ha colpito l’intero Mediterraneo.

I fondi incoerenti sono in genere sottovalutati dai subacquei, in quanto a prima vista più poveri di altri, ma in realtà ospitano animali che, in virtù degli straordinari adattamenti necessari per sopravvivere in un ambiente così difficile, si dimostrano estremamente affascinanti. Qui questi ambienti sono particolarmente floridi e ben conservati, e riservano grandi sorprese: bei



SCUBALIST: LISTA OPERATORI SUB di Marco Daturi

Sono state recentemente attivate le nuove ScubaList, uno strumento di ScubaPortal che permette ai sub di trovare e consigliare le proprie strutture preferite.

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li amici sub ci chiedono continuamente informazioni su centri immersioni, negozi e scuole. Naturalmente non abbiamo provato tutte le strutture e dobbiamo rivolgerci ad altri amici che invece l’hanno fatto. È molto importante questa condivisione di informazioni ma i tempi si allungano perché non sempre sappiamo chi è stato in un posto o presso una determinata struttura. Abbiamo quindi voluto creare un elenco che possa essere utile in questo senso. Il passaparola è molto importante e un lavoro di questo tipo può essere utile e tutti saranno onesti nel valutare le strutture che conoscono. Se su altri servizi di cui non abbiamo il controllo abbiamo sentito spesso di informazioni sbagliate e di vendita di voti, qui gestendo noi come comunità sub il database possiamo vigilare al meglio perché ciò non accada. Nelle directory ScubaList sono già inseriti più di 1.500 operatori italiani tra Diving center, Tour Operator, Negozi di subacquea,

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Associazioni, Scuole di subacquea e Crociere sub. Ora sono da votare e recensire con un sistema molto semplice e veloce. ScubaList aiuta i sub a trovare informazioni aggiornate e utili per organizzare al meglio la propria vacanza, sia in Italia che all’estero. Per questo stiamo lavorando al caricamento e rilascio di altre 1.000 schede di operatori esteri, a cominciare da Mar Rosso e Malta. I sub possono votare e raccomandare gli operatori preferiti con le classiche 1-2-3-4-5 stelle con un semplice click sulla mappa che vanno ad integrare la votazione già disponibile sulle schede di Google. ScubaList comprende un sistema di votazioni e raccomandazioni che genera le classifiche TOP 10 suddivise per categoria che compaiono in homepage su ScubaPortal. I collegamenti diretti Facebook, la visualizzazione nelle mappe e l’integrazione con altre sezioni e siti le rendono dinamiche e sempre in continuo aggiornamento



Imbarcatevi per un’affascinante odissea nell’Oceano Indiano

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OPERATORI Membri PADI affinché potessero iniziare da subito a tenere lezioni online dei vari corsi con i propri studenti, utilizzando le esistenti piattaforme online. Possiamo dire che il Team Italia (di cui fanno parte il sottoscritto, Fabio Figurella, Marco Mancinelli e Rosaria Apuzzo) è stato il primo ad avere la necessità di reagire in Europa ed abbiamo in qualche modo tracciato la strada per gli altri paesi, per cui siamo veramente un grande team! Marco Montaldo - Purtroppo noi siamo estremamente penalizzati da questa pandemia. I nostri clienti arrivano tutti tramite voli aerei che attualmente sono bloccati. Quindi non avendo ospiti stiamo facendo grandi opere di manutenzione e ristrutturazione per poter riaprire più belli di prima. Max Valli - purtroppo mi sembra ancora Presto per parlare di cambiamenti dovuti all’infezione del Covid-19, l’unica cosa che possiamo fare per ora è “rimanere fermi”. Qui siamo dal punto di vista della salute in un’isola felice (scusa il doppio senso, dato che vivo sull’isola di Malta), dato che abbiamo ancora relativamente pochi casi, nel momento in cui scrivo, e nessun decesso, quindi possiamo ancora circolare, ma nulla di più. Forse saremo anche gli ultimi a ripartire con il lavoro, dato che nessuno può arrivare sull’isola e non si sa per quanto. Dipendiamo totalmente dal turismo, da tutti i paesi del mondo intorno a noi, quindi la situazione si riprenderà quando tutto sarà risolto per lo meno in Europa, dove abbiamo i 90% dei nostri clienti. Giusto per fare un esempio, in Gran Bretagna o in Italia, quando la crisi sarà finita le persone potranno cominciare a frequentare palestre, ristoranti, città e ovviamente diving center, anche magari solo per un giorno od un week-end. Per venire da noi la gente deve prendere una vacanza, prenotare aerei e hotels ed è per questo che siamo ancora più negativi sul tempo di ripresa. Ci sono costi fissi alti. Gli stipendi degli istruttori che hanno un regolare contratto nazionale (istruttori che sono da noi da anni e che non vorremmo perdere), tasse e licenze sui veicoli e barche (a Malta ci sono moltissime immersioni da riva e ogni diving center ha da 4 fino a 10 veicoli da “mantenere”. Anche se siamo aperti tutto l’anno, Nel periodo invernale abbiamo speso “tutto” per le manutenzioni e per essere pronti per la stagione che forse sarà completamente compromessa.

Valentina Valoncini - Evitando scontati riferimenti al virus e ai problemi che stanno affliggendo il Paese, argomenti per i quali potremmo dilungarci per ore, al momento noi ci troviamo in stand by. Mi spiego meglio: il nostro diving opera soprattutto nella stagione estiva, in generale da aprile a ottobre, ma specificatamente da giugno a settembre. Per noi il mese di marzo è sempre un mese di preparazione, di pulizie, di organizzazione, ma raramente di uscite e “lavoro” vero e proprio. C’è ovviamente un po’ di timore per la stagione estiva, che speriamo non salti totalmente. Le strutture ricettive con cui collaboriamo e che conosciamo non hanno ancora ricevuto disdette o cancellazioni. Abbiamo interrotto i colloqui per la ricerca di staff. Quindi, come dicevo, siamo in stand by, ovvero siamo in attesa di capire come muoverci, per non perdere la stagione o se proprio fosse necessario, per salvare il salvabile. Stiamo comunque cercando di “re-inventarci”, facendo webinar con amici e subacquei, parlando del nostro mare e delle nostre immersioni, abbiamo organizzato sempre via webinar l’inaugurazione virtuale della stagione 2020, stiamo cercando di coinvolgere gli appassionati a partecipare a corsi online, sperando ovviamente di poter tornare presto sott’acqua. Insomma, un nuovo modo di fare subacquea a secco. Carlo Cerrano - Prima dell’isolamento imposto dall’emergenza Covid-19 si andava metodicamente in mare per svolgere rilievi e campionamenti su cui poi svolgere vari tipi di analisi, per il riconoscimento, per lo studio dei cicli riproduttivi, per valutare eventuali interazioni. Ora il lavoro di campo è quasi del tutto sospeso e si lavora su collezioni già presenti in laboratorio, si registrano lezioni e si cerca di proseguire con le tesi per non fare perdere lezioni, esami e lauree agli studenti. Tutto questo per garantire al massimo le tempistiche prefissate prima dell’emergenza e cercare di dare continuità alle attività didattiche. Dai un consiglio a un giovane che si voglia avvicinare al nostro mondo. La carriera legata alla subacquea è una soluzione valida e praticabile? Massimo Zarafa - Assolutamente sì! Sono pochi i settori in espansione come la subacquea, abbiamo continuamente richieste di Istruttori PADI e quindi le possibilità di lavoro con PADI sono reali, in

tutto il mondo. Ora è un momento difficile ma passerà ed a quel punto ci sarà una gran voglia di riprendere a viaggiare ed a svagarsi, noi ed i nostri Membri saremo pronti a questa nuova sfida. Marco Montaldo - In questi ultimi anni abbiamo assistito a un calo delle attività subacquee dovuto sicuramente a una congiuntura economica non favorevole. A breve la situazione peggiorerà per colpa di questa epidemia ma sono convinto che in un paio di anni il settore subacqueo e turistico si potrà risollevare. Un piccolo consiglio a chi voglia lavorare nel settore: puntate sulla professionalità. Non basta avere un brevetto di divemaster per essere in grado di fare la guida subacquea ci vuole umiltà, serietà, bisogna fare esperienza e sapere almeno l’inglese, essere in grado di gestire il cliente in acqua e fuori dall’acqua, ascoltare quello che dice e capire quello che non ci vuole dire. Abbiamo delle precise responsabilità, l’improvvisazione può portare a delle gravi conseguenze. Max Valli - Quello che consiglierei ad un giovane, dopo 34 anni di cintura dei piombi intorno alla vita, è di non voler bruciare le tappe. Troppe persone diventano istruttori con il minimo di immersioni previsto per il brevetto (di media 100) e iniziano la carriera senza esperienza. Un esempio per tutti, se vuoi diventare istruttore di sci, devi essere prima di tutto un super sciatore e passare una dura selezione. Non è così per la subacquea, tutto è lasciato alla volontà personale dell’individuo. Per concludere, il mio consiglio è quello di fare il maggior numero di immersioni possibili, corsi anche con diversi istruttori o comunque frequentare gente esperta e diversa nelle immersioni di piacere (ricreative o tecniche) e cercare di “rubare” più esperienza possibile. Così facendo si entrerà nel mondo professionale con un Curriculum e una marcia in più che gli permetterà di avere migliori chances di essere “scelti” dagli operatori subacquei. Una cosa importantissima è la conoscenza delle lingue, veramente fondamentale, maggiore è il numero delle lingue parlate e maggiore è la possibilità di trovare un buon contratto. Nessuno da noi può lavorare se non con un inglese fluente, per fare un esempio. Non guastano poi un buon numero di specialità che l’istruttore può insegnare e aggiungerei anche brevetti tecnici (seri)

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con richieste in aumento anche se rimangono una nicchia rispetto al totale. Valentina Valoncini - Qui potrei parlare per ore. Da dove comincio?! Io personalmente ho fatto di questo sport, o meglio di questa passione, un lavoro. Sono stata fortunata perché essendo “figlia d’arte“ mi è anche stato facile esservi introdotta; quindi sono di parte, ma a mio avviso è il lavoro più bello e appagante del mondo. Come prima cosa bisogna fare esperienza, tanta esperienza, non smettere mai di studiare e informarsi, di tenersi aggiornati, e, cosa di fondamentale importanza, non bisogna mai pensare di “essere arrivati”. Una carriera legata alla subacquea può essere controversa: bisogna approcciarsi a questo lavoro con costanza, umiltà, dedizione e soprattutto passione. È la passione per questo sport che permette di svolgerlo al meglio. A tutti i ragazzi che vengono in addestramento(*) da noi, cerchiamo di far capire che “si diventa davvero delle guide o degli istruttori quando si smette di andare in acqua per se stessi e si comincia ad andare in acqua per gli altri, quando faccio divertire gli altri per divertirmi“. Inoltre molti ritengono che questo non sia un vero e proprio lavoro, quindi bisogna scontrarsi con l’opinione pubblica e solitamente lo scambio di battute è: “che lavoro fai?” “l’istruttore subacqueo” “no, intendo per vivere” “l’istruttore subacqueo, è quello che faccio per vivere” “ah…” silenzio imbarazzante che porta magicamente a cambiare argomento. Non solo, anche il DOVE si pratica questo lavoro può diventare oggetto di discussione; nel mio caso per esempio, io devo far fronte a commenti del tipo “ma

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tanto tu vivi in Sardegna, quindi sei in vacanza tutto l’anno”, oppure “si va be’, il tuo lavoro non è difficile, cosa vuoi che sia, lavori al mare”; solitamente a queste persone risponde sempre invitandole a trascorrere con me un giorno qualsiasi di mese di agosto. Non ho mai capito perché nessuno mi asseconda. (e qui ci starebbe bene un sorriso beffardo). Quindi, per tornare all’origine della domanda; si, io consiglio assolutamente questo lavoro e una carriera in questo settore, ma va affrontato con testa, cervello, cuore, e tanta tanta tanta passione! (*) per addestramento intendo ragazzi e ragazze che devono ancora raggiungere il grado di Divemaster/guida/Istruttore e lo fanno trascorrendo una stagione intera in internship lavorando con noi. Carlo Cerrano - L’interesse delle nuove generazioni verso le problematiche dell’ambiente marino è fortunatamente in aumento e la subacquea, scientifica in questo caso, rappresenta uno strumento fondamentale anche se non indispensabile per svolgere il mestiere del biologo marino. Il mio suggerimento a chiunque voglia intraprendere questo percorso è di coltivare al massimo la propria voglia di esplorare, di osservare e di conoscere. Sono ancora tantissimi gli ambienti marini inesplorati e non servono necessariamente ROV che scendono a profondità abissali per scoprirli. L’esplorazione subacquea della zona mesofotica è oggi una frontiera accessibile ma per fare nuove scoperte, come dicevo, basta sapere osservare. Anche a 1 m di profondità se ne possono fare di straordinarie. A titolo d’esempio consideriamo il crescente interesse del mondo scientifico verso composti naturali con un potenziale ruolo farmaceutico, nutraceutico e cosmeceutico è in continua crescita.

Cosa propone la tua azienda/organizzazione di nuovo per il 2020, o per quel che ne resta, e per il futuro? Massimo Zarafa - Nel 2020 abbiamo lanciato la nuova PADI Mission, vogliamo creare un miliardo di tedofori che porteranno la torcia PADI nei prossimi 50 anni perché solo così potremo avere un reale impatto non solo sui subacquei ma anche sugli amici dei subacquei, tutti insieme potremo realmente fare qualcosa di concreto per la salvaguardia degli oceani. Ma faremo di più: dal 2020 tutti i nostri materiali didattici, brevetti, gadget, ecc. sono il più possibile ecosostenibili in modo da creare il minor impatto possibile sull’ambiente. In questa filosofia abbiamo la nuovissima piattaforma digitale ed abbiamo iniziato a mandare eCard cioè brevetti in formato digitale anziché in materiale plastico, motivo per il quale abbiamo anche lanciato la nuova PADI App. Stiamo potenziando PADI Travel, canale assolutamente importante sia per chi dalle città vuole organizzare un viaggio, sia per i Centri PADI che si trovano ad operare nelle aree resort. Abbiamo anche diverse partnership, sia a livello mondiale che a livello locale Italiano: basti pensare a DAN, alle aziende di attrezzature con le quali abbiamo un ricco programma di corsi Equiment Specialist, al Progetto Scuola D’Amare approvato dal MIUR che darà la possibilità anche nel 2020 di portare ufficialmente la subacquea nelle scuole. Marco Montaldo - Stiamo preparando delle offerte speciali per quando riapriremo in modo da invogliare i nostri clienti a prenotare una vacanza da sogno e dare la possibilità anche a chi ha subito delle difficoltà economiche di venirci a trovare e visitare uno dei luoghi più belli del mondo. Abbiamo costruito il nostro


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resort su una piccola splendida isola privata dove siamo l’unica struttura presente cercando di rispettare al massimo la natura senza far mancare i confort ai nostri clienti (ad esempio abbiamo un impianto fotovoltaico che provvede al nostro fabbisogno energetico) curando attentamente sia la parte subacquea e dello snorkeling che la parte alberghiera, con cottages in legni pregiati tutti sulla spiaggia fronte mare, la piscina di acqua dolce, la spa con vari tipi di massaggi, una palestra attrezzata e una ristorazione di elevata qualità.

visto che la sua prima stagione fu proprio con noi a Costa Paradiso nel 1997. Stiamo organizzando un viaggio alle Maldive per novembre, la cosiddetta “Crociera in Arancione” (l’arancione è il colore ufficiale del diving) con gli amici e gli affezionati. Inoltre, festeggiando quest’anno il nostro 25° anno di età (1995 - 2020), le idee per scontistiche su corsi e immersioni erano già preventivate, così come una presenza più assidua sui social media e canali di informazione. Per il futuro, devo ammettere che abbiamo idee e progetti ambiziosi, ma per scaramanzia meglio non dire troppo.

Max Valli - Quello che la mia azienda prevede per il 2020, anzi prevedeva, è un contratto nazionale con tasse pagate dal datore di lavoro (tasse per pensione e salute), fornitura dell’attrezzatura per l’istruttore e possibilità di crescere in un ambiente veramente internazionale (abbiamo il 15% di italiani sul totale), di fare grande esperienza sull’ insegnamento e sull’accompagnamento dei subacquei. Date le immersioni da riva, gli istruttori di tutti i diving si ritrovano tutti i giorni sui siti di immersione e si scambiano esperienze di vita e di lavoro. Oltre agli istruttori “fissi” che abbiamo tutto l’anno abbiamo anche gli stagionali (8 mesi, sempre con contratto) che però per ora sono ancora tutti bloccati nei loro Paesi per via del virus.

Carlo Cerrano - Per riprendere il discorso sui composti naturali, il nostro gruppo di ricerca è per esempio coinvolto in un progetto europeo focalizzato proprio all’allevamento di spugne per produrre biomassa in ambiente controllato e non danneggiare gli stock naturali. Oggi, si nutre inoltre grande speranza nei progetti volti alla ricostruzione, al restauro di ambienti marini degradati dall’azione dell’uomo. Frammentazione degli habitat e sovrapesca sono le principali causa di perdita di biodiversità ed è nostra responsabilità cercare di invertire questo trend. Tuttavia, per qualsiasi ricerca le risorse umane ed economiche sono sempre insufficienti. Ecco quindi l’opportunità della Citizen Science come potente strumento di partecipazione all’esplorazione e di supporto alla ricerca. Un ambito non recente ma che si inizia solo oggi a valorizzare in modo adeguato. La drammatica chiusura forzata di numerose attività umane in tutto il mondo, sta documentando ancora una volta la grande capacità della natura di cogliere qualsiasi opportunità gli venga lasciata. Non assistiamo solo ad una riduzione dell’inquinamento atmosferico ma anche

Valentina Valoncini - Il 2020 per noi è l’anno del cambiamento. Lo sarebbe stato a prescindere dagli attuali problemi. Lo scorso anno il pilastro su cui fondava il diving, è venuto a mancare e quindi questo sarà il primo anno dei 25 trascorsi a svolgersi senza di lui. Il cambiamento è inevitabile. Sicuramente la prima novità è il ritorno di una nostra vecchia conoscenza, Fabio, che ha deciso di “tornare a casa”,

di quello acustico. Animali non più disturbati tornano ad occupare aree dalle quali erano scomparsi da tempo. Stiamo restituendo un po’ di silenzio e la natura può riprendere a comunicare dove prima non poteva. Sarà interessante poter documentare questi cambiamenti. Una parola per descrivere il lavoro del team Zero Pixel Massimo Zarafa - Se devo scegliere solo una parola, direi…. CONNESSI. Ed intendo connessi con il mondo, senza mai sedersi, senza mai fermarsi, sempre “sul pezzo”. Marco Montaldo - Bravi anzi bravissimi ! State facendo un buon lavoro considerando la difficoltà del settore dove le riviste storiche sono ormai tutte chiuse e la nuova risorsa è internet. Max Valli – Fantastici. Fate un lavoro fondamentale, quello di tenere “vivo” il mondo del diving, offrendo novità editoriali, notizie tecniche, mediche, notizie e letture che attraggono il subacqueo, che lo tengono sveglio. Valentina Valoncini - Devo dire che ci troviamo benissimo a lavorare con voi, sicuramente noi potremmo fare di più, ma devo dire che ci supportate alla grande. Carlo Cerrano - Il mondo delle riviste subacquee gioca un ruolo importante nella società. Divulgando aggiornate conoscenze sull’ambiente e sulle tecnologie, sono una preziosa fonte d’ispirazione per tutti i lettori. Scubaportal e Scubazone interpretano in modo scrupoloso questo ruolo e restano oggi il principale riferimento nazionale per questo tipo di informazione.

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SABBIE NERE di Claudio Ziraldo - www.ziraldo.net (Ricerca Tassonomica di Alessandro Ziraldo)

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ituato all’estremità nord orientale dell’isola di Sulawesi, lo Stretto di Lembeh è un tratto di mare che divide la terraferma dall’omonima Isola. In questo angolo di mondo, nonostante la presenza di diversi villaggi locali e Resort e la minima distanza dalla città di Bitung, oltre che dal relativo porto; la Natura è ancora sovrana ed una impenetrabile foresta pluviale racchiude le sue acque sia sul versante dell’isola, che su quello della terraferma, in una sorta di “mantello” verde smeraldo. Lo stretto forma una specie di collo di bottiglia; lungo circa 12 km e largo da

200 fino a 1200 metri appare come una sorta di enorme passe in cui si mescolano le acque del Mare di Celebes con quelle del Mare delle Molucche, con conseguente apporto di una grande quantità di sostanze nutritive. Le particolari condizioni ambientali hanno dato vita ad un habitat straordinariamente ricco di vita endemica. Questo fatto, in parte dovuto ai ripetuti fenomeni di rimescolamento ed isolamento delle forme viventi; ha favorito la nascita di molte nuove specie, senza che si estinguessero quelle già presenti; dando così luogo ad una eccezionale biodiversità, che ancora oggi stupisce non solo gli appassionati di fotografia, ma Biologi

e Studiosi e di cui molto rimane ancora da scoprire. I fondali, a parte qualche zona di reef adiacente agli isolotti che si trovano nel canale o ad alcuni punti dove tratti di costa rocciosa scendono perpendicolarmente verso il fondo; sono generalmente costituiti da sabbia e ghiaia vulcanica, con alcuni tratti mista ad alghe e qualche corallo. In questo ambiente particolare ho incontrato diverse specie di pesci e animali marini, spesso piuttosto rare. Nella foto di apertura un Hippocampus bargibanti nella variante gialla, un cavalluccio marino pigmeo che vive sulle gorgonie del genere Muricella, il cui corpo

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di colore chiaro imita la struttura ramificata, mentre i tubercoli sono simili ai polipi della gorgonia. Si tratta di animali di piccole dimensioni, circa 2 centimetri, è quindi preferibile impiegare una focale non inferiore ai 100 mm. Usando ottiche che comunque arrivano al rapporto di riproduzione 1:1, ma di focale minore, occorre avvicinarsi molto e, oltre alla difficoltà di far arrivare correttamente la luce sul soggetto, si corre il rischio di avere ombre riportate piuttosto evidenti. Meglio invece utilizzare focali più brevi (60 mm.) per riprendere “personaggi” di dimensioni maggiori come l’Hairy Frohfish Antennarius striatus (foto pagina accanto). Nonostante occupi un areale alquanto vasto: dalle acque tropicali e subtropicali dall’Oceano Indiano, fino all’Area Caraibica; è un soggetto abbastanza difficile da incontrare. Fotografare gli Antennaridi non è impresa ardua dal momento che questi pesci, anche se ci si avvicina, generalmente rimangono fermi e, se si spostano, lo fanno molto lentamente “camminando” sul fondo. I “Sacri Testi” attribuiscono le varianti cromatiche all’adattamento di questa specie all’ambiente in cui si trova.

Tra le tante specie rare che vivono nello Stretto di Lembeh ci sono due polpi davvero interessanti. Il Mimic Octopus Thaumoctopus mimicus (foto sopra), ufficialmente scoperto nel 1998, che ha la curiosa capacità imitare fisicamente l’aspetto ed i movimenti di molte differenti creature, tra cui: serpenti di mare, pesci leone, sogliole, stelle di mare, granchi, molluschi, meduse e anemoni.

Riesce a farlo contorcendo il proprio corpo, nascondendone alcune parti nella sabbia e cambiando il proprio colore. Il Wunderpus photogenicus (Hochberg, Norman e Finn, 2006) viene spesso confuso con il “Mimic”, dal momento che le due specie sono molto simili sia nella morfologia che nei comportamenti. Ci sono tuttavia elementi che permettono di distinguere i due cefalopodi, ne cito qualcuno.

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INTERVISTA CON MARCELLO DI FRANCESCO di Massimo Boyer

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(Foto di Marcello Di Francesco)

o abbiamo intervistato poco tempo fa, ma è sempre un piacere scambiare due parole con Marcello Di Francesco. L’uscita di un libro della collana Scatti Sommersi dedicato a lui ci dà l’occcasione per una breve chiacchierata a ruota libera. L’infezione da Covid-19 e i conseguenti provvedimenti hanno portato di nuovo nel tuo modo di lavorare, al di là del semplice fermo? Nel momento in cui scrivo siamo al venticinquesimo giorno di quarantena, e a tutt’oggi risulta davvero difficile poter fare

dei programmi a lunga scadenza. Per quel che mi riguarda ho dovuto cancellare tutti i corsi, i viaggi e workshop in programma per questo 2020 ed indubbiamente ci sarà da rivedere un po’ di cose prima che il tutto torni alla normalità; Giusto in questi giorni stò preparando delle clip per AQUA LUNG dove parlerò di viaggi e fotografia, un modo per tenersi compagnia durante questi lunghi giorni chiusi in casa; Stò anche cercando di organizzarmi per iniziare a fare formazione online, ma il 90% della mia attività come ben potete comprendere è legata ai viaggi ed alle immersioni, quindi spero quanto

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prima di poter tornare in mare, perché purtroppo credo che anche la più sofisticata delle tecnologie non può ridarci la possibilità lavorare e di vivere quelle emozioni che solo il mondo sommerso può darci. Sei uno tra i pochissimi fotografi subacquei che si possono definire professionisti, dai un consiglio a un giovane che si voglia avvicinare al nostro mondo. La carriera di fotografo subacqueo secondo te è una soluzione valida e praticabile? L’attività Fotosub fatta a certi livelli è un hobby economicamente molto oneroso, io ho da sempre cercato di trasformare la mia grande passione per le immersioni e la fotografia in una professione per poter avere la possibilità di crescere e praticare nella maniera che più mi era congeniale, viaggiando, facendo esperienze diverse e cercando di conoscere luoghi e situazioni sempre nuove. Premetto subito che in Italia risulta comunque difficile riuscire a vivere di sola di fotografia subacquea, qui da noi i numeri di questo sport sono relegati ad una piccola nicchia di appassionati, quindi il consiglio che mi sento di dare a

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chi vuole tentare di diventare un professionista è quello innanzi tutto di cercare di relazionarsi fin da subito verso una clientela internazionale, quindi avere una buonissima padronanza della lingua inglese così da allacciare contatti con aziende, resort, enti ed allargare la base dei possibili clienti promuovendo corsi, viaggi e workshop ad una clientela internazionale. Prima però di fare tutto ciò, è necessario diventare un bravo fotografo, sembrerà scontato dirlo, ma credo che in questo settore la conoscenza tecnica debba andare di pari passo con l’esperienza di scatto sul campo nelle diverse situazioni di immersione, e questo può fare la differenza tra portare a casa un lavoro o uscire dall’acqua con una scheda di memoria vuota. Quindi serve studiare fin da subito le tecniche fotografiche e di post produzione, ma soprattutto serve fare esperienze di scatto in un po’ tutti gli ambienti e le condizioni che si possono trovare sott’acqua, dalle acque limpide a quelle torbide, dagli scatti in apnea a quelli su relitti profondi in modo da farsi trovare sempre preparati ed a proprio agio per lavorare.

So che all’EUDI, rinviata per i motivi noti, avresti dovuto presentare un nuovo libro della collana scatti sommersi. Ne vuoi parlare qui? Diciamo che era tutto pronto ma questo virus ha deciso che la presentazione verrà fatta a novembre sempre all’Eudi show a Bologna; Come ho scritto nella prefazione questo libro della collana Scatti sommersi dedicata ai maestri della fotosub italiana rappresenta i miei primi 10 anni di attività come fotografo subacqueo; Devo assolutamente ringraziare Angelo Mojetta curatore dell’intera collana che ha voluto dedicare alle mie immagini ed al mio lavoro questa edizione; Lo considero davvero un bel regalo, arrivato nel momento giusto per raccontare la mia fotosub con una collezione di scatti che hanno segnato tutte le mie prime esperienze da fotosub, il mio percorso e la mia crescita fotografica, e spero vivamente che questo possa essere per molti lettori una fonte di ispirazione, e spero per me un punto di partenza verso nuovi viaggi e possibili-


FOTO/VIDEO SUB tĂ di scatto, in questo momento di quarantena ne abbiamo davvero un gran bisogno. Una parola per descrivere il lavoro del team Zero Pixel. Conosco Scubaportal fin dai tempi del forum Poverosub, uno strumento che in tempi in cui non erano presenti social e le notizie non erano cosĂŹ diffuse come oggi, era un vero punto di incontro tra tutti i protagonisti della subacquea e rappresentava una grandissima fonte di informazioni utili e quotidiano punto di confronto e scambio di idee tra i sub di tutta Italia; Zero Pixel ha dato seguito a questo processo adeguandosi alle nuove tecnologie ed ai nuovi strumenti di comunicazione rimanendo aggiornato e continuando a fornire un fondamentale servizio per tutta la comunitĂ subacquea.

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SOLAR FLARE 12000 (WF073)

2 IN 1 - POTENTE ILLUMINATORE E VERSATILE FLASH IN UN UNICO STRUMENTO di Pino Tessera

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l Solar Flare 12000 è uno degli illuminatori subacquei della sua categoria che utilizza le piccole e leggere luci LED COB ad alta potenza e alta qualità. La potenza massima di 12.000 lumen del Solar Flare 12000 è sicuramente sufficiente in ogni situazione foto - video subacquea. Può essere utilizzato sia come illuminatore a luce continua sia come flash nella stessa immersione La modalità flash può essere regolata su 4 potenze. Quando si utilizza nella modalità flash è necessario collegare lo Smart Focus 12000 alla fotocamera mediante il cavo a fibra ottica WF-A14.

La possibilità di passare sott’acqua da una luce continua ad una luce flash, è diventata quasi indispensabile per non perdere l’attimo di una ripresa irripetibile. Nelle immagini ferme, la modalità luce flash è preferibile alla modalità luce video in quanto possiamo evitare quel leggero effetto di mosso sui soggetti in movimento.

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Anche a basse velocità dell’otturatore quando l’illuminazione del lampo è più forte della luce ambientale, i soggetti in movimento vengono congelati.

Questa unità, sorprendentemente piccola, fornisce un bellissimo ampio raggio di luce con temperatura colore di 5600K per una durata di 50 minuti potendo




SALUTE binetteria così che l’interno possa essere ispezionato. In questo la TSA è conforme alla IATA. I regolamenti possono cambiare. È quindi necessario controllare gli ultimi aggiornamenti nel sito della IATA. Bombole subacquee cariche e altre bombole con gas compresso contenenti aria o altri gas non infiammabili e non tossici sono classificate come materiali pericolosi una volta che hanno raggiunto la pressione di 2 bar a 20°C. Ciò significa che non si può volare con una bombola per immersioni sotto pressione poiché è elencata nella tabella delle merci pericolose della guida IATA. L’unico modo per trasportarla è togliere pressione e rubinetteria.

Eccezioni Le bombole con ossigeno medicale non sono soggette a questa regola, ma la compagnia aerea deve essere preventivamente informata e serve la sua approvazione per imbarcare una bombola di ossigeno medicale piena. Gli aerei privati non sono regolamentati dalla TSA né dalla IATA. Le bombole per immersione vuote o pressurizzate a meno di 2 bar non hanno le restrizioni dei materiali pericolosi. Tuttavia le linee aeree e gli addetti ai controlli in aeroporto possono richiedere che la rubinetteria venga rimossa per ispezione.

Come preparare la bombola per i controlli di sicurezza Comincia con aprire la valvola e svuotare la bombola. Poi svita la rubinetteria o l’erogatore (se hai una Spare Air) con una chiave inglese. Riponi la rubinetteria nel bagaglio a mano. Metti l’erogatore della Spare Air completo di tutte le sue parti (guarnizione metallica e o-ring, ecc.) in una busta chiudibile così da poter riavvitare tutto insieme senza perdere nulla. Portati qualche o-ring nuovo per quando riassembli la bombola. Sebbene siano piuttosto robuste, le bombole subacquee si possono danneggiare: avvolgi il cilindro con del cartone o fogli di millebolle dalla base fino a dove inizia a restringersi e fissa l’imballaggio con nastro da pacchi.

Ricorda • Mentre imballi: lascia aperto l’alloggio della rubinetteria per ispezione da parte degli addetti alla sicurezza dell’aeroporto. • Le bombole in alluminio sono più delicate. L’alluminio è più morbido dell’acciaio e di conseguenza l’esterno delle

bombole è più soggetto ad ammaccature, scalfitture e graffi che possono comprometterne l’integrità strutturale. • Le bombole devono avere un certificato valido (o una stampigliatura sul collo) dell’ispettorato competente del Ministero dei Trasporti del tuo paese. • Porta degli o-ring nuovi per riassemblare.

Da sapere Se rimuovi la rubinetteria, qualche negozio di subacquea potrebbe rifiutarsi di ricaricare la bombola finché non abbia superato una nuova ispezione visiva. Prima di poter essere ricaricate, è probabile che le bombole debbano aver superato il test idrostatico richiesto dal paese dove saranno utilizzate e avere quindi le relative stampigliature o certificazioni.

Normative nazionali Controlla quali sono le norme in vigore nel tuo paese e quali le regole stabilite dalla linea aerea. Alcune linee aeree vietano tout court il trasporto di bombole subacquee. È il caso di valutare se affittare una bombola a destinazione sia la soluzione più semplice.

SU STRADA… Il trasporto di bombole subacquee in un veicolo stradale Un subacqueo può arrivare al sito di immersione in automobile e portarsi la bombola con aria compressa o nitrox, l’ossigeno di emergenza, l’argon per la muta stagna. Un privato che trasporta bombole subacquee caricate con aria, nitrox o argon per motivi personali (es. immersioni ricreative o ricariche) non è tenuto ad avere alcun documento di trasporto né etichette sul veicolo o sulla bombola. Deve solo trasportare la bombola in sicurezza nel portabagagli o sul pavimento del veicolo. La bombola non deve stare in posizione verticale ma incastrata tra i bagagli o dietro ai sedili per non farla rotolare di qua e di là.

Norme europee Accord européen relatif au transport international des marchandises Dangereuses par Route (ADR) Gli stati europei e quelli confinanti hanno aderito all’ADR e adeguato la propria legislazione nazionale. Secondo l’ADR una bombola per autorespiratore carica è materiale pericoloso e appartiene alla classe 2.2 delle merci pericolose, gas non infiammabili.

Aziende Le norme per le aziende del settore subacqueo sono diverse da quelle per i privati. C’è un limite di 1000 litri di volume totale di bombole di aria, nitrox, ossigeno e argon entro il quale non serve l’indicazione di trasporto di merci e materiali pericolosi, ma è comunque necessario un documento di trasporto. Secondo l’ADR, un subacqueo singolo che trasporta nella propria automobile una bombola per autorespiratore per uso proprio non è un trasportatore di merci pericolose ma un soggetto privato ed è quindi esente da quelle norme. È comunque obbligato a imballare le bombole in modo corretto, a sistemarle in modo sicuro e ad evitare che il contenuto si disperda. Non è necessario mettere sulla bombola un adesivo o altro contrassegno per merce pericolosa. Comunque, per evitare qualsiasi problema con le forze dell’ordine metti un’etichetta di pericolo sulla bombola. Relativamente al trasporto su strada, il nitrox, l’ossigeno d’emergenza, l’aria con volume percentuale di ossigeno del 23,5 e l’argon (per le mute stagne) per uso personale di soggetti privati sono trattati come l’aria compressa. È importante fissare saldamente le bombole nell’automobile o nel portabagagli e assicurare sufficiente ventilazione se si trasportano miscele. Porta anche un estintore e non fumare. Controlla che le bombole abbiano superato il collaudo (test idrostatico valido) e che abbiano la relativa stampigliatura sul collo (timbro del certificatore e data) ovvero siano accompagnate da un certificato valido emesso dall’ispettorato tecnico.

Perché tutto ciò? – Sotto pressione... Il pericolo associato a una bombola per immersioni subacquee, come ad ogni altro contenitore sotto pressione, è che la valvola possa saltare o la bombola esplodere e trasformarsi in un missile in grado di attraversare la pancia di un velivolo o lo sportello di un’automobile senza rallentare troppo... Di conseguenza in aereo o in automobile (come su un’imbarcazione o in un centro immersioni) le bombole sotto pressione devono essere legate a una parete o tenute in un porta bombole adeguato.

Pagine internet http://www.tsa.gov/ http://www.iata.org/Pages/default.aspx http://www.icao.int/safety/

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LE BOLLE DI ORNELLA di Ornella Ditel

Come cambieranno i comportamenti dei subacquei nel post Covid-19?

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olti di noi in questi mesi si sono chiesti come cambierà il mondo nei prossimi anni. In questo primo numero della mia rubrica mi piace proporre ai lettori la stessa questione, pensando esclusivamente alla comunità di noi subacquei. Tentare di delineare scenari futuri non è facile in nessun settore, ma lo è ancora di più nel settore dei viaggi e del turismo, a cui la subacquea è legata da un legame indissolubile. Per cercare di rispondere all’incertezza ho coinvolto amici e clienti Zeropixel legati al mondo della subacquea, che come noi non solo osservano attentamente gli sviluppi della situazione, ma si preparano a gestirla.

Attrezzatura sub Per chi la noleggia le preoccupazioni non mancano. Come assicurarsi che dopo ogni utilizzo venga sanificata per bene? “Bisognerebbe pensare a protocolli igienici ben precisi, supportati da studi di fattibilità e test su scala internazionale”. Già perché soprattutto in vacanza, spesso i sub decidono di noleggiare l’attrezzatura e viaggiare più leggeri. “Noi produttori di attrezzatura ci aspettiamo un incremento nella vendita di erogatori e GAV nella fascia di appassionati con maggior potere d’acquisto. Un altro possibile scenario è l’aumento di interesse per l’attrezzatura da apnea, un’attività che comporta meno rischi dal punto di vista igienico”.

Aumento interesse per l’apnea Gli amanti del mare che hanno bisogno fisico di trascorrere minuti terapeutici tra pesci e coralli, ma che sono particolarmente preoccupati per la propria salute potrebbero trovare nell’apnea una valvola di sfogo inaspettata. “Non è in realtà così scontato”, ci dice Luciana, che ama sia immergersi con le bombole, che fare solo affidamento sui propri polmoni. Prima di poter appagare la voglia di trascorrere tempo sottacqua con avvistamenti simili a quelli durante le immersioni scuba, ci vuole allenamento e pazienza. Il trend dell’apnea era comunque in crescita prima dello scoppio dell’emergenza, quindi è verosimile ipotizzarne un ulteriore incremento.

Prevalenza di attività da terra Sarà probabilmente più semplice garantire la sicurezza sanitaria organizzando attività subacquee da riva, invece che dalla

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barca, dove gli spazi, soprattutto sui gommoni, sono particolarmente ridotti e il distanziamento sociale più duro da garantire. “Questo fatto privilegerà alcune mete piuttosto che altre, è chiaro. Porterà però anche maggiori possibilità per noleggi privati di barche per famiglie, per esempio dove i non sub potrebbero far sposare la voglia di snorkeling con quella delle immersioni per gli altri familiari brevettati”.

Diminuzione corsi per bambini e minorenni Le attività da riva, d’altro canto, potrebbero stimolare alcuni a iniziare un corso sub, che generalmente ha meno necessità logistiche. “Sì, teoricamente è vero, ma quanti genitori saranno disposti a considerare un corso sub per i propri figli? Soprattutto il fatto che per i principianti l’attrezzatura sub è normalmente presa a noleggio, inclusa nel corso”.

Aumento di viaggiatori interessati a micro esperienze sub Tutte le più autorevoli ricerche nel settore turistico concordano nel tratteggiare il viaggiatore di domani come qualcuno che






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